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vinaria di Eva Kottrova VINI ROSATI e misticismo ancestrale nella terra d’Otranto I complessi rituali collettivi del Salento, coniugando aspetti apotropaici di misticismo pagano a sfrenate danze popolari, veri e propri esorcismi musicali correlati alla dialettica del corpo, investono la psiche in un crescendo di emozioni ebbre di adrenalina e ottenebrano l’intelletto reso inquieto dalle menadi invasate e dai satiri folli che agitano il tirso nel corteggio di Dioniso. L’estratto dal vitigno niuru maru, intima espressione enoica del territorio salentino, infiamma l’anima di vitalità irrefrenabile, implementando il vortice di emozioni che accompagnano i ritmi ossessivi delle pizziche tarantate e scandiscono i momenti trascendenti nell’incedere del tempo delle genti messapiche, che da oltre tremila anni popolano l’italico tacco fra i due Mari. Il percuotere energico e ritmato del tamburello trafitto dal suono squillante di sonagli in metallo, la dolcezza penetrante delle note profonde del violino e il nostalgico pianto della fisarmonica animano la danza scomposta della donna tarantata, travolta da ombre disperate che le rapiscono la mente. L’atavica terapia purificatrice raffigura la donna morsa dall’aracne della follia, in preda ad esaltazione psicotica, che lenisce il patimento con la frenesia delle movenze e guarisce dal male calpestando simbolicamente la taranta. A stemperare lo stato corale di estasi medianica e ritemprare il corpo stremato con nuova linfa vitale, il succo del negroamaro regala una fresca versione, vinificata in rosato, che completa le molteplici sfaccettature di un popolo attorniato da colori decisi, sensazioni indelebili e sapori penetranti. Il calore solare emanato dalla pietra leccese, caldo come un tenero abbraccio filiale, le terre travelfood 86 vinirosati color ruggine ricche di idrossidi ferrosi, frutto del dissolvimento della roccia calcarea, presentano vistose analogie con l’indole genetica delle produzioni locali e con i caratteri peculiari, forti ma gentili, della popolazione autoctona. Al Castello di Otranto, nella stupenda cornice della cittadina porta d’oriente, laddove quotidie l’aurora per prima saluta la Penisola italica, si è tenuta la cerimonia di premiazione della seconda edizione del Concorso Enologico Nazionale dei Vini Rosati d’Italia, promosso dall’Assessorato alle Risorse agro-alimentari della Regione Puglia, al cospetto di una pletora di esperti internazionali del comparto, qualificati giornalisti della stampa specializzata e personaggi del piccolo e grande schermo. Sono stati premiati i migliori vini rosati tranquilli, frizzanti e spumanti, sia DOC che IGT per ogni tipologia, suddivisi in sei categorie. Per il rosato tranquillo DOC, ha meritato il podio più ambito il Cerasuolo d’Abruzzo DOC “Fantini” - 2012, estratto da uve allevate nel terroir ortonese. Fra i frizzanti DOC, la medaglia d’oro è stata attribuita dai giudici al Lambrusco di Modena vinificato in semisecco e battezzato “Rosa di Primavera” - 2012, della Cantina di Carpi e di Sorbara, mentre fra le rosee bollicine DOC la palma è andata allo Spumante Dry Rosé “Canal Grando” , prodotto dalla Casa Vinicola Bosco Malera nel trevigiano. Nella categoria Rosati Spumanti IGT, il perlage del ManzoniMoscato Aromatico Dolce - 2012 dei Colli Euganei ha sedotto la giuria e la dolce venatura del “Mosca Rosa” - 2011 del pavese, nei frizzanti IGT, ha vinto il metallo più prezioso. Nel gruppo dei vini rosati tranquilli IGT, trionfano tre aziende pugliesi. Bronzo per il Salento IGT Negroamaro Rosé “Rosaro” - 2012 di Feudi di Guagnano, vinificato da una pigiatura di uva cento per cento negroamaro, con riposo a temperatura controllata in presenza delle spesse bucce, che cedono tonalità consistenti in quindici ore di ammollo prima di proseguire con la fermentazione. L’intensità e la consistenza del vino, simile ad un rosso, permettono l’abbinamento con squisite polpettine di carne al sugo di pomodoro, fatte gustare agli esperti del settore durante l’educational tour presso il Museo Centro Studi del Negroamaro di Guagnano. La medaglia di argento, per il Salento IGT Negroamaro Rosato - 2012, è scaturita dal lavoro di milleduecentoquaranta agricoltori riunitisi nella Cooperativa “Vecchia Torre” di Leverano, che hanno aderito ad un comune progetto produttivo, reso possibile dall’unificazione delle minuscole parcelle di terreno che ogni proprietario coltivava per il sostentamento familiare. I millecento ettari in capo alla Cantina Sociale di Leverano, in provincia di Lecce, accolgono diverse varietà di antichi vitigni autoctoni e alcuni dei ceppi più popolari del panorama viticolo internazionale che facilitano l’export anche oltreoceano, spezzando gli aridi scenari delle rosse campagne salentine. In una terra cruda e a tinte sature, spaccata dal sole cocente, fra le distese di spighe di grano e infiniti uliveti secolari, è scontato che la stragrande maggioranza dei vitigni sia costituita da varietà a bacca nera. Il generoso negroamaro, composita espressione di cultura territoriale e principe dominante, sia sulla Pianura che sulle Serre Salentine, entra nell’architettura di numerosi vini rossi e rosati ormai noti anche al consumatore cosmopolita per la qualità ottenuta con le moderne tecniche di cantina. 87 travelfood v Il primitivo o primaticcio, ma volendo anche morellone o zagarese, sinonimo di zinfandel in California, è meno costante nella produzione dei grappoli dagli acini blu scuri e pruinosi, ma non meno profondo e intenso nei colori e nei profumi del più diffuso niuru maru. Puglia è anche uva di troia e malvasia negra, oltre che bianca e ancora bombino, anch’esso sia nero che bianco dalla buccia giallo verdolino con macchie marroncine e trebbiano per vini beverini al fine di completare le referenze di gamma, esaudendo spesso le richieste dei compratori. Accanto all’antico syrah, che ben sopporta la calura mediterranea, non mancano il montepulciano, l’aglianico e l’onnipresente sangiovese, vitigno nazionale più diffuso. Allo splendido rosato, Salento IGT “Merula Rosa” - 2012, della tenuta Carvinea (foto in alto), prodotto con cure amorevoli dai grappoli di montepulciano nei pressi di Carovigno, alle pendici della Murgia Salentina, accanto ad una splendida masseria cinquecentesca, ove il delicato profumo della vivace bouganvillea si fonde con quello inebriante delle rose rosse, è stato attribuito a pieno titolo l’oro per la categoria Vini Rosati Tranquilli IGT. Le nuance terribilmente brillanti illuminano il calice cristallino come un prezioso gioiello nelle mani di una bella donna e il profumo armonico di ribes rosso e ciliegia appena matura, unitamente alla grande freschezza ed eleganza gustativa, appagano ogni esigente travelfood 88 i n a r i estimatore. Il sole rovente dell’alto Salento, la brezza marina, la pietra tufacea e le sapienti cure del vigneron, unitamente a una raccolta rigorosamente manuale, consentono una limitata produzione di nicchia di poche migliaia di bottiglie l’anno. Perfetti con i vini rosati, gli immancabili abbinamenti con crudité di pesce, ricci, cozze e crostacei gratinati, brodetti oppure vermicelli al sugo di granchio, come anche sagne, tipica pasta locale a forma di tagliatelle attorcigliate (foto qui sopra), condite rigorosamente con pomodorini saltati in un filo di olio evo e crostacei insieme ad uno spicchio di aglio e una spolverata di prezzemolo freschissimo. Nella variante colorata delle sagne, tinte dal succo scurissimo delle minuscole Olive Celline, gli scampi attenuano la leggera amarezza delle olive. Anche i maritati con calamaretti, pomodorini e pesto di prezzemolo o seppie alla brace con patate alle erbette e ancora tiella di riso e cozze, con pomodorini, patate, cipolle, prezzemolo e pecorino grattugiato, sono opere eccellenti della cucina pugliese che sposano meravigliosamente i migliori rosati. A corollario dell’evento, il poeta contemporaneo Davide Rondoni, fondatore del Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna, ha declamato un’antologia di brani letterari di ogni epoca dedicati al vino, tra i quali i versi finali di “Ubriacatevi” dallo Spleen di Charles Baudelaire: “Ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare.” concludendo la cerimonia con l’Ode al Vino di Pablo Neruda: “Vino color del giorno, vino color della notte, vino con piedi di porpora o sangue di topazio, vino, stellato figlio della terra, vino, liscio come una spada d’oro, morbido come un disordinato velluto, vino inchiocciolato e sospeso, amoroso, marino, non sei mai presente in una sola coppa, in un canto, in un uomo, sei corale, gregario, e, quanto meno, scambievole…”. a