Testo - Provincia di Savona
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Provincia di Savona Natura Protetta del Savonese Natura in verticale Guida ai Siti di Importanza Comunitaria “Finalese-Capo Noli” “Rocca dei Corvi-Mao-Mortou” “Isola Bergeggi-Punta Predani” “Monte Carmo-Monte Settepani” “Monte Ravinet-Rocca Barbena” REGIONE LIGURIA NATURA 2000 RETE NATURA 2000 Pubblicazione della PROVINCIA DI SAVONA Assessorato Parchi ed Aree Protette Settore Tutela Ambientale Coordinamento editoriale: Paolo Genta, Laura Sartoris, Ufficio Parchi ed Aree Protette. Testi: Francesca Magillo, Rosella Milano. Foto: Archivio Ufficio Parchi e Aree Protette (F. Magillo, R. Milano, P. Genta, R. Malacrida, S. Ortale). Copyright 2006 Provincia di Savona. Tutti i diritti riservati. Stampa: Coop Tipograf, Savona - settembre 2006 1 LA RETE NATURA 2000 IN PROVINCIA DI SAVONA La Regione Liguria, in attuazione di due direttive della Comunità europea, ha localizzato, nell’ambito del territorio di propria competenza, un sistema di aree aventi un elevato valore per la biodiversità: sono i Siti di Importanza Comunitaria (SIC), individuati ai sensi della Direttiva “Habitat” 92/43, e le Zone di Protezione Speciali (ZPS), individuate ai sensi della Direttiva “Uccelli” 79/409; il loro insieme costituisce il contributo ligure alla “Rete Natura 2000” europea. I Siti d’Importanza Comunitaria proposti dalla Regione alla Comunità Europea sono 124, dei quali 26 interessano aree esclusivamente marine; complessivamente i SIC terrestri ricoprono una superficie di circa 130.000 ettari, i SIC marini circa 5.000 ettari; le ZPS sono invece 7, per un totale di circa 20.000 ettari, i cui territori si sovrappongono in parte a quelli di alcuni SIC terrestri. Obiettivo della Rete Natura 2000 è quello di garantire nel tempo la conservazione della biodiversità a livello comunitario, attraverso la tutela sia di habitat (Allegato I della Direttiva 92/43), sia di singole specie (Allegati II e IV della Direttiva 92/43, Allegato I della Direttiva 79/409); la direttiva “Habitat” attribuisce anche un interesse prioritario alla conservazione di alcuni habitat e di alcune specie; le specie prioritarie presenti in Liguria sono una farfalla, Euplagia quadripunctaria, ed una pianta, Campanula sabatia. I SIC terrestri liguri interessano 14 zone di tipo alpino, 11 zone di tipo continentale e 73 zone di tipo mediterraneo, dati che evidenziano la notevole biodiversità del territorio regionale, connettivo tra regioni biogeografiche differenti: una cerniera tra Euplagia quadripunctaria. Alpi ed Appennino, tra Mediterraneo e Pianura Padana. In provincia di Savona sono stati individuati 28 SIC terrestri e 7 SIC marini, ai quali si aggiunge parte di una ZPS situata tra le province di Genova e di Savona. I SIC savonesi appartenenti alla regione biogeografica alpina sono 9 e coprono complessivamente 15.147 ettari, quelli appartenenti alla regione biogeografica mediterranea sono 16, per un totale di 32.507 ettari, infine quelli riconducibili alla regione biogeografica continentale sono 3 con Campanula di Savona. 1.755 ettari. 2 24 12 33 5 22 A 4 18 32 25 21 16 26 14 15 20 3 2 13 27 11 1 28 6 10 19 9 17 29 8 7 34 30 31 35 23 La Rete Natura 2000 in provincia di Savona Siti di Importanza Comunitaria in provincia di Savona (Dir. 92/43/CEE “Habitat”) 1 Finalese - Capo Noli 2 Isola Bergeggi - Punta Predani 3 Rocca dei Corvi - Mao - Mortou 4 Rocca dell’Adelasia 5 Rocchetta Cairo 6 Ciazze Secche 7 Isola Gallinara 8 Torrente Arroscia-Centa 9 M. Acuto - Poggio Grande - Rio Torsero 10 M. Ravinet - Rocca Barbena 11 M. Carmo - M. Settepani 12 Foresta della Deiva - Torrente Erro 13 M. Spinarda - Rio Nero 14 Lago di Osiglia 15 Ronco di Maglio 16 Bric Tana - Bric Mongarda 17 Castell’Ermo - Peso Grande 18 Tenuta Quassolo 19 M. Galero 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 Bric Zerbi Croce della Tia - Rio Barchei Cave Ferecchi Capo Mele Piana Crixia Foresta Cadibona Fondali Varazze / Albisola Fondali Noli / Bergeggi Fondali Finale Ligure Fondali Loano / Albenga Fondali Capo S. Croce / Isola Gallinara / Capo Lena Fondali Capo Mele / Alassio Fondali Arenzano - Punta Invrea Beigua - M. Dente - Gargassa - Pavaglione Lerrone - Valloni Pizzo d’Evigno Zone di Protezione Speciale (Dir. 79/409/ CEE “Uccelli”) A Beigua - Turchino 3 IL PROGETTO “NATURA IN VERTICALE” Strumenti e programmi di livello provinciale per la valorizzazione della biodiversità Il processo di costruzione di un sistema organico di tutela e valorizzazione della Rete Natura 2000 a livello locale trova riferimento nel Piano Provinciale delle Aree Protette e dei Sistemi Ambientali, coordinato con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e mirato a realizzare un processo di tutela attiva e di promozione naturalistico-ambientale del territorio nelle aree protette (Siti Natura 2000, Parchi e Riserve Regionali, Aree protette di interesse provinciale). Il progetto “Natura in verticale” interessa i seguenti Siti di Importanza Comunitaria: * IT 1323201 Finalese - Capo Noli (per il territorio compreso nei comuni di Finale Ligure, Orco Feglino, Vezzi Portio) * IT 1323202 Isola Bergeggi - Punta Predani (nel comune di Bergeggi) * IT 1323203 Rocca dei Corvi - Mao - Mortou (per il territorio compreso nel comune di Bergeggi) * IT 1324011 Monte Ravinet - Rocca Barbena (per il territorio compreso nel comune di Toirano) * IT 1323112 M. Carmo - M. Settepani (per il territorio compreso nel comune di Magliolo) Esso è finalizzato a: - valorizzare la fruizione dei siti in funzione della sensibilizzazione delle diverse categorie di visitatori (turisti, studenti, escursionisti, free-climbers, bikers, ecc) anche nell’ambito di programmi di educazione ambientale e di ecoturismo, favorendo un approccio integrato ed improntato a schemi di sostenibilità ambientale; - aggiornare e organizzare a fini informativi e gestionali le conoscenze naturalistiche, raccogliere dati utili allo sviluppo delle opportune strategie di conservazione degli habitat e delle specie interessati dal progetto con particolare riferimento alle specie rupicole; - implementare attività di riproduzione / reintroduzione di specie di fauna e flora particolarmente rare e minacciate, a distribuzione localizzata nella Liguria di Ponente, come la lucertola ocellata (Timon lepidus) e la campanula di Savona (Campanula sabatia). La Rocca di Corno. 4 FINALESE - CAPO NOLI I SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA DEL FINALESE SIC “Finalese-Capo Noli” Il Sito di Importanza Comunitaria “Finalese - Capo Noli” (IT 1323201) si estende per un’area di circa 2.800 ettari. Geologicamente, l’area presenta aspetti peculiari che la rendono unica. La costa è dominata da falesie, “vive” e “morte” (non più soggette all’azione delle onde), spiagge fossili cementate dall’azione dell’acqua calcarea (beach rocks), terrazzi marini che testimoniano antiche linee di riva, e grotte, come la spettacolare Grotta dei Falsari, generata dall’acqua dolce ma modellata dal mare. Nell’entroterra, un sistema di altipiani carsici si sviluppa ad una quota di circa 300 metri, costituito da una roccia che esiste solo qui: la “Pietra di Finale”, un calcare bianco-rosato ricchissimo di fossili, nel quale si sono sviluppate morfologie carsiche come valli cieche, doline, grotte e caverne al cui interno si sono rinvenute testimonian- Beach rock. Pareti rocciose presso M. Cucco. 5 Falesie a Capo Noli. Vilucchio di Capo Noli. La Grotta dei Falsari. ze di un’antichissima presenza dell’uomo nel territorio. FINALESE - CAPO NOLI Campanula a foglie uguali. Una flora speciale e specifica La Pietra di Finale ha costituito un fattore di isolamento che ha favorito l’originarsi di endemismi, come la campanula a foglie uguali (Campanula isophylla), che cresce solo nelle fessure di questa roccia ed è stata proposta per l’inserimento nelle liste della “Direttiva Habitat”. Sul calcare troPelodite punteggiato. vano spazio anche la campanula di Savona (Campanula sabatia), endemica della Liguria occidentale, il vilucchio di Capo Noli (Convolvulus sabatius), relitto paleomediterraneo raro allo stato spontaneo, e terreni erbosi che ospitano oltre venti specie di orchidee protette a livello internazionale e/o regionale. Altre specie sono presenti con popolazioni isolate o al limite della propria distribuzione, come il fiordaliso ovoide (Leuzea conifera) e l’afillante (Aphyllanthes monspeliensis). Sopra le rupi e dentro le grotte Nell’area abbondano gli ambienti rupestri, che ospitano comunità vegetali casmofitiche (cioè adattate a vivere nelle fessure delle rocce) e sono siti idonei alla nidificazione del falco pellegrino (Falco peregrinus) e del gufo reale (Bubo bubo): la presenza di questi uccelli è il motivo del divieto di arrampicata sportiva su alcune pareti di roccia; sono comunque una novantina le specie di uccelli presenti e tutelate da norme internazionali. Nelle oltre 150 grotte vivono diverse specie di invertebrati di rilievo, molti dei quali sono endemici (come gli aracnidi Histopona paleolithica, Chthonius concii e C. gestroi, endemismi puntiformi); sono inoltre presenti diverse specie di pipistrelli ed il geotritone (Speleomantes strinatii). Animali al limite Il SIC rappresenta l’area di presenza meglio conservata di alcune specie che si trovano in Liguria al limite orientale della propria distribuzione. Tra i rettili e gli anfibi, la lucertola ocellata (Timon lepidus) ed il pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus) sono anche specie rare ed assenti dal resto d’Italia, proposte per l’inserimento nelle liste della “Direttiva Habitat”. ISOLA BERGEGGI-PUNTA PREDANI 6 L’isola di Bergeggi. SIC “Isola di Bergeggi-Punta Predani” Il Sito di Importanza Comunitaria “Isola di Bergeggi - Punta Predani” (IT 1323202) si estende per un’area di 10 ettari, sovrapponendosi parzialmente all’area della Riserva Naturale Regionale di Bergeggi. Il colore grigio della roccia è l’elemento dominante di questo paesaggio tormentato da grandi pieghe e faglie, ben visibili a monte dell’Aurelia. È un tratto di costa articolato, con falesie attive che si alternano a piccole spiagge incassate (pocket beach) e ciottolose, interrotto da minuscole grotte. Più grande è la Grotta Marina di Bergeggi, testimone delle variazioni del livello del mare: nei periodi glaciali, quando le acque si abbassavano e l’isola era collegata alla costa, l’uomo l’ha colonizzata lasciando preziose testimonianze del suo passato, mentre sulle sue pareti i fori dei litodomi (molluschi litofagi, cioè “mangiatori di roccia”) sono segno dell’innalzamento delle acque nei periodi interglaciali, come confermano linee di riva ed antichi terrazzi marini a varie quote. La flora Sulle rupi si rinvengono piante rare in Barba di Giove. Euforbia arborescente. Statice della Riviera. 7 ISOLA BERGEGGI-PUNTA PREDANI Liguria e prossime al limite nord della propria area di distribuzione, come la barba di Giove (Anthyllis barba-jovis), l’euforbia arborescente (Euphorbia dendroides) e la timelea barbosa o spazzaforno (Thymealea irsuta). L’isolotto, colonizzato da una nutrita popolazione nidificante di gabbiano reale (Larus cachinnans), ospita residui di macchia mediterranea, di oliveFalesie presso Punta Predani. ti, e piante nitrofile come la fella (Ferula communis), al limite nord della propria distribuzione. Nel sito è stata segnalata la campanula di Savona (Campanula sabatia), tutelata dalla “Direttiva Habitat”. Strategie contro l’aridità L’euforbia arborescente si protegge dall’eccessiva evaporazione perdendo le foglie d’estate, al contrario delle “normali” caducifoglie: questo “relitto terziario” era diffuso in Mediterraneo quando il clima era di tipo tropicale, e scomparì da molte zone con le glaciazioni quaternarie. Anche il sale tende ad “asciugare” i tessuti: le scogliere esposte agli spruzzi ed alla salsedine sono colonizzate da comunità vegetali alofitiche (cioè capaci di vivere in un ambiente “salato”), composte da specie altamente adattate, con foglie carnose e in grado di trattenere acqua al loro interno, come il finocchio marino (Crithmum maritimum) e lo statice della riviera (Limonium cordatum). Tra terra e mare L’area del SIC è frequentata da uccelli acquatici: garzetta (Egretta garzetta), nitticora (Nycticorax nycticorax), strolaghe (Gavia arctica e stellata), gabbiano corallino (Larus melanocephalus) e beccapesci (Sterna sandvicensis) sono tutelati dalla “Direttiva Uccelli”. Le piccole spiagge a tasca ospitano specie vegetali annuali che fioriscono sulla sabbia, formando una comunità estremamente vulnerabile, tutelata dalla “Direttiva Habitat”, così come gli ambienti di transizione costituiti da rocce esposte all’azione del moto ondoso, pozze di scogliera, grotte e sporgenze litorali. 8 CARMO-SETTEPANI SIC “Monte Carmo-Monte Settepani” Le Alpi Marittime, dal M. Carmo. Il Sito di Importanza Comunitaria “Monte Carmo - Monte Settepani” (IT 1323112) si estende per una superficie di circa 7.500 ettari. L’area è attraversata da nord a sud dallo spartiacque tirrenico-padano, che si estende dal Monte Settepani (1.386 m) alla Rocca Barbena (1.142 m). È un territorio molto vario nel quale gli 9 La faggeta della Barbottina. CARMO-SETTEPANI aspri e ripidi pendii del versante tirrenico contrastano con quelli padani, più dolci e verdeggianti. La zona del Melogno è una famosa area carsica dove si aprono cavità importanti come il Buranco Rampiun (profondo 150 m e con uno sviluppo di circa 2 Km), e fenomeni superficiali come le doline. Ma non solo le rocce calcaree sono le protagoniste di questo paesaggio: alla testata della val Maremola affiora la maestosa formazione della Costa dei Balzi Rossi, le cui rocce di colore rosa rappresentano antiche colate ignimbritiche, conseguenza dell’attività di vulcani esplosivi. Da qui cominciano le Alpi Nell’ambito della Rete Natura 2000 il sito è rappresentativo della regione biogeografica alpina, ed infatti si rinvengono popolamenti come quelli a rododendro (Rhododendron ferrugineum) e ginepro nano (Juniperus nana) del Bric Agnellino (1.337 m); sulle rupi esposte a sud si trovano però anche specie mediterranee, come la campanula di Savona (Campanula sabatia). Il Monte Carmo Genziana ligure. (1.389 m) è considerato il confine botanico tra Alpi e Appennini, in quanto molte specie alpine non si spingono oltre: tra queste, la genziana ligure (Gentiana ligustica), endemica delle Alpi sud-occidentali e tutelata dalla “Direttiva Habitat”, e la meleàgride ligure-provenzale (Fritillaria involucrata), dal fiore purpureo con disegno a scacchiera. Le due facce del SIC: rocce e boschi Sulle rupi calcareo-dolomitiche si rinvengono la primula impolverata (Primula marginata), dalle tipiche foglie di aspetto farinoso, e la sassifraga callosa (Saxifraga lingulata), dalle vistosissime fioriture a grappoli bianchi, protette in Liguria (L.R. 9/1984). Anche l’aquila reale (Aquila chrysaetos), tutelata dalla “Direttiva Uccelli”, frequenta gli ambienti rupestri. Gli habitat forestali sono invece rappresentati soprattutto da castagneti e faggete: queste trovano il loro ambiente ideale sui pendii fresco-umidi del versante padano. Di particolare pregio è la foresta demaniale della Barbottina, situata nei pressi del Colle del Melogno: si tratta di una faggeta pressochè pura estesa per 244 ettari, tra le più ben conservate della Liguria, con esemplari di notevole diametro e altezza. Un’elevata qualità ambientale Il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes), la sanguinerola (Phoxinus phoxinus) e l’habitat delle foreste alluvionali ad ontano sono entità di interesse comunitario legate a corsi d’acqua e sensibili all’inquinamento. Nel sito sono presenti altre specie indicatrici di qualità ambientale come l’endemico coleottero Philorhizus liguricus ed il rarissimo gatto selvatico (Felis silvestris). Sassifraga callosa. Costa dei Balzi Rossi. ROCCA DEI CORVI-MAO-MORTOU 10 SIC “Rocca dei Corvi-Mao-Mortou” La Rocca dei Corvi. Lande a calluna. Il Sito di Importanza Comunitaria “Rocca dei Corvi - Mao - Mortou” (IT 1323203) si estende per circa 1.600 ettari. La forma dell’area segue l’andamento del crinale tra il Bric Alpe (667 m) ed il Monte S.Elena (347 m), lungo il quale sono disposte culminazioni di quota relativamente modesta: la Rocca dei Corvi (793 m), dirupata e in parte coperta di frane, è la cima più elevata, dalla quale si gode di un panorama unico verso la Riviera di ponente, il golfo di Genova ed occasionalmente la Corsica. La dorsale che scende fino a Monte Mao (440 m) ha versanti aridi e scoscesi, con affioramenti di quarziti (biancastre) e calcari dolomitici (grigi): in questi si aprono varie cavità, come la Grotta del Mortou e la Tana della Ghirba. Andando oltre, in direzione di Capo Vado, si susseguono rocce di tipologie così differenti da rendere la zona geologicamente molto complessa, soprattutto se si considera un territorio relativamente piccolo come quello del Comune di Bergeggi. Contrasti vegetazionali A causa delle differenze nell’esposizione dei versanti e delle diverse tipologie di rocce, il sito presenta una notevole diversificazione degli habitat. Tipici dell’area mediterranea, nella parte sud-est del territorio, sono i boschi di quercia da sughero (Quercus suber), una tipologia di vegetazione tutelata dalla “Direttiva Habitat”. A quote 11 Flora protetta Sono presenti due importanti endemismi: la campanula di Savona (Campanula sabatia), inserita nella “Direttiva Habitat” come specie di interesse prioritario, ed il vilucchio di Capo Noli (Convolvulus sabatius), relitto della flora paleomediterranea, che in provincia di Savona è presente allo stato spontaneo solo qui e nel Finalese. Nelle praterie assolate e pietrose si può incontrare il raro fiordaliso ovoide (Leuzea conifera), una composita dal fiore a forma di pigna, e diverse specie di orchidee. Tutte queste specie sono protette dalla legge regionale (L.R. 9/1984). Un angolo per gli anfibi Nel sito, ed in particolare nell’area del Monte Mao e Mortou, si rinvengono ambienti idonei per la vita e la riproduzione di diverse specie di anfibi anuri: pozze dove l’acqua rimane stagnante per un periodo sufficiente a sostenere queste popolazioni. È stata segnalata la presenza della rana agile (Rana dalmatina), della raganella mediterranea (Hyla meridionalis) e del rospo smeraldino (Bufo viridis), diffuso in poche aree della provincia. Decisamente più raro in Italia, in quest’area è presente anche il pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus), che in provincia si rinviene solo in questo sito e nel Finalese. Salamandra pezzata. Rospo smeraldino. Fiordaliso ovoide. La sughereta di Bergeggi. ROCCA DEI CORVI-MAO-MORTOU insolitamente basse, sono presenti frammenti di faggeta e lande a calluna (Calluna vulgaris), affascinanti in autunno grazie alla vistosa fioritura violetta di questa pianta, che ama i terreni acidi e viene favorita da un pascolo moderato. MONTE RAVINET-ROCCA BARBENA 12 SIC “Monte Ravinet-Rocca Barbena” Il Sito di Importanza Comunitaria “Monte Ravinet - Rocca Barbena” (IT 1324011) si estende per un’area di circa 2.600 ettari. Dal punto di vista paesaggistico, è probabilmente una delle zone più suggestive della Riviera di Ponente, ma anche una delle più complesse delle Alpi Liguri: in pochi Torrioni in Val Varatella, nelle dolomie di S. Pietro dei Monti. chilometri presenta dislivelli superiori a 1.000 metri, raggiungendo il limite dello spartiacque ligure-padano. Il paesaggio è tipicamente carsico e costituito da profonde gole, limitate da aspri pendii rocciosi sui quali si aprono grotte e nicchie di dissoluzione, e che formano le principali culminazioni: la Rocca Barbena (1.142 m), la Rocca Berleurio (841 m), il Monte Ravinet (1.070 m) ed il vicino terrazzo sul quale è collocata l’antichissima abbazia di San Pietro dei Monti (895 m). Le Grotte di Toirano, uno dei complessi carsici più famosi della regione, rappresentano l’aspetto più noto al pubblico di un fenomeno molto più complesso ed esteso, comprendente quasi un migliaio di cavità. Grotte di Toirano: “sala del fascio”. Grotte affollate Anche se l’esempio di fauna cavernicola che più colpisce la fantasia è quello dell’antico orso delle ca- 13 Prati aridi ricchi di orchidee I versanti meno acclivi sono occupati da praterie pietrose, che sono il risultato della pressione del pascolo su un terreno roccioso e già poco adatto a sostenere una vegetazione forestale. Queste praterie rappresentano però un habitat di grande valore, in quanto ospitano numerose specie di orchidee selvatiche; nel SIC sono presenti molte specie del genere Orchis (O. tridentata, O. ustulata, O. morio) ed alcune specie del genere Ophrys (O. sphegodes, O. fuciflora, O. apifera), dal particolare fiore che imita un insetto, tutte protette dalla legge regionale. Altre specie di interesse comunitario Tra le specie vegetali tutelate dalla “Direttiva Habitat”, qui vivono la campanula di Savona (Campanula sabatia), endemica delle province di Savona e Imperia, e la genziana ligure (Gentiana ligustica), endemica delle Alpi sud-occidentali. Per la fauna, la falena Euplagia quadripunctaria, il gambero di fiume Austropotamobius pallipes, il raro anfibio Pelodytes punctatus. Una settantina sono le specie di uccelli censite nell’area, tra cui l’aquila reale (Aquila chrysaetos) ed il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus). Orchidea screziata. Campanula di Savona. Gambero di fiume. MONTE RAVINET-ROCCA BARBENA verne nelle Grotte di Toirano, le grotte del SIC sono oggi abitate da altri animali, meno noti ma scientificamente importanti per la loro vulnerabilità, rarità o per il fatto di essere endemici. Sono endemismi liguri dall’areale molto ristretto alcuni aracnidi della famiglia degli pseudoscorpioni (Roncus belluatii, Chthonius troglophylus) e piccoli crostacei (Speocyclops franciscoloi, Porcellio tortonesei). Abita le grotte e gli ambienti circostanti anche il geotritone Speleomantes strinatii, un anfibio tutelato dalla “Direttiva Habitat”. Tra i pipistrelli, sono presenti il ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus ferrum-equinum) ed il rinolofo euriale (Rhinolophus euryale). SENTIERI NATURA 14 Val Ponci Località di partenza: Verzi (124 m) Località di arrivo: Colla di Magnone (317 m) Segnavia: un bollo rosso pieno Tempo di percorrenza: circa 2 ore Accesso: l’inizio del sentiero si può raggiungere a piedi una volta lasciato il proprio mezzo a Calvisio o a Verzi (in entrambi i casi percorrendo un tratto di strada asfaltata); è anche possibile parcheggiare l’auto presso il bivio per il Monte Corno. La Rocca di Corno. Il sentiero natura segue la valle del rio Ponci da Verzi a Colla di Magnone, ricalcando in parte il tracciato dell’antica via romana Julia Augusta (13 a.C.); all’inizio del sentiero si trova una guglia rocciosa, il “menhir di Verzi”, ed un pannello illustrativo che ne spiega il significato. La prima parte dell’itinerario si svolge su una larga sterrata, panoramica sull’imponente Monte Corno, le cui pareti sono una delle mete più frequentate per l’arrampicata sportiva. In questo tratto si possono osservare, ai bordi della strada, essenze tipiche della macchia mediterranea, come il terebinto (Pistacia terebinthus), il lentisco (Pistacia lentiscus) ed il mirto (Myrtus communis). A pochi metri dal tracciato, gli arbusti sono già sostituiti da specie arboree della pineta e del bosco misto fino al fondovalle, che nel primo tratto si trova molto più in basso rispetto al sentiero, ma si innalza repentinamente presso il bivio che porta al Monte Corno. Questo salto morfologico è una caratteristica tipica delle valli sospese; la val Ponci è inoltre una valle fossile, nella quale rimangono visibili le tracce dell’antico passaggio dell’acqua. Lungo le pendici rocciose del Monte Corno le specie arboree tipiche del bosco misto vengono sostituite dai pini, più adatti a colonizzare i terreni rocciosi e poveri di suolo: nella parte bassa si trovano soprattutto pini marittimi (Pinus pinaster), dai 15 Cisto a foglie di salvia. Corbezzolo. Ponte romano delle Fate. Vigneto sulle terre rosse. Natrice dal collare. SENTIERI NATURA lunghi aghi rigidi, mentre nella parte superiore predominano i pini d’Aleppo (Pinus halepensis), dal colore più chiaro, con aghi e pigne nettamente più piccoli e portamento contorto. Questa specie, al contrario del pino marittimo, è il pino meglio adattato a vegetare in località vicine al mare e su suolo roccioso calcareo e le pinete che esso forma presentano un più alto grado di naturalità ed una maggior resistenza alle fitopatie. Ai bordi della sterrata, in primavera, si può anche notare la presenza della campanula di Savona (Campanula sabatia), specie endemica della Liguria occidentale, che cresce su terreni calcarei ed assolati; con una lente di ingrandimento si può osservare una delle sue caratteristiche distintive: la presenza di piccole papille che formano un fitto rivestimento sul calice. In breve si arriva al ponte delle Fate, il più grande e meglio conservato dei cinque ponti romani della valle: tra i conci del ponte si possono osservare piccole piantine della campanula a foglie uguali (Campanula isophylla), specie di grande interesse poiché si tratta di un endemismo puntiforme, diffuso solo nel Finalese ed in nessuna altra parte del mondo, che cresce praticamente solo nelle fessure della “Pietra di Finale”, con la quale sono stati costruiti i primi quattro ponti della valle. Poco prima del ponte, seminascosto tra la vegetazione, si trova il bivio che conduce alla grotta delle Fate. Si prosegue costeggiando il torrente parzialmente invaso dai rovi e, oltrepassata una casa isolata circondata da alberi ornamentali, si giunge ad un bivio e la sterrata diventa un sentiero. Prendendo a sinistra, si costeggiano dei vigneti impiantati su un suolo rossiccio, la così detta “terra rossa mediterranea”. Da sinistra confluisce nella valle principale l’incisione della Valle dei frassini, percorsa da un sentiero che porta al Ciappo del Sale, pavimento calcareo sul quale si trovano alcune incisioni rupestri. Un fitto bosco misto, dove è presente ma non dominante il frassino minore o orniello (Fraxinus ornus), rende questa valle buia ed umida: qui, con un po’ di fortuna, si possono incontrare specie di rettili ed anfibi che amano questi ambienti, come la natrice dal collare (Natrix natrix). Incontrando questo rettile è necessario fare caso alle sue caratteristiche per non giungere all’affrettata conclusione di avere a che fare con una vipera, che inoltre predilige zone più aride e pietrose. Le innocue natrici infatti hanno testa affusolata con grandi placche, squame lisce e parte terminale della coda sottile. Se allo stesso bivio si va invece a destra, si cammina per un tratto lungo il greto del rio Ponci entro una fitta boscaglia; si possono notare alcune pozze di acqua stagnante, dovute alla falda acquifera 16 SENTIERI NATURA che localmente emerge. Queste pozze sono frequentate dai cinghiali per il quotidiano bagno di fango (insoglio). Il cinghiale, ungulato attualmente diffuso in zona, era scomparso in Liguria nella metà dell’ottocento e non se ne segnalò più la presenza fino all’inizio del novecento; la ricomparsa fu dovuta all’immigrazione dalla Francia, dove era in espansione numerica, ed al ripopolamento a scopo venatorio. La veloce crescita della popolazione si deve alla notevole capacità di incremento, in grado di triplicare il numero degli individui in un anno, quando le risorse alimentari sono sufficienti: la cessazione dell’utilizzo del bosco (castagne, ghiande...) da parte dell’uomo ha determinato il ripristino delle fonti di cibo Bosco misto in Val Ponci. utili al sostentamento delle popolazioni di cinghiali. I due percorsi alternativi possono essere effettuati uno all’andata ed uno al ritorno. In ogni caso, si incontrano nuovamente a poca distanza presso il secondo ponte romano, detto “ponte sordo”, del quale rimane solo la rampa di accesso a monte. Presso il ponte si possono osservare alcuni esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa), un albero che necessita della presenza di abbondante acqua: si distingue per le foglie lucide e arrotondate, talvolta con apice rientrante; i frutti hanno l’aspetto di piccole pigne. A poca distanza si incontra il terzo ponte (“ponte muto” o “ponte delle Voze”), che oltrepassa il rio delle Voze, presso un bivio: il percorso a destra sale verso l’altopiano delle Manie arrivando all’Arma delle Manie, mentre il sentiero natura prosegue a sinistra. Per un buon tratto il sentiero, che conserva in parte il fondo a grossi ciottoli accostati, attraversa un ambiente di bosco misto, tipicamente dominato da leccio, orniello, carpino nero e roverella. Il leccio (Quercus ilex) è una quercia sempreverde Leccio. diffusa in ambiente mediterraneo, come albero nei boschi e come arbusto nella macchia mediterranea o negli ambienti rupestri; le sue foglie, di colore verde scuro nella pagina superiore e coperte da un tomento bianco in quella inferiore, sono adatte a sopportare la carenza idrica nelle calde estati secche. La roverella (Quercus pubescens) ha foglie a margine lobato, ghiande più allungate di quelle del leccio, con cupola più piccola. L’orniello (Fraxinus ornus) ha foglie composte da 5-9 foglioline picciolate, vistose infiorescenze bianco-crema e frutti secchi penduli di colore marrone. Il carpino nero (Ostrya carpinifolia) ha foglie appuntite, con margini dentati e fitte nervature; le infruttescenze hanno una caratteristica forma a cono pendulo. In inverno solo il leccio conserva le foglie mentre le altre specie si possono distinguere dalla corteccia: molto chiara quella dell’orniello, molto scura e liscia quella del carpino, mentre quella della roverella è bruna-grigiastra e ruvida, simile a quella del leccio. Sempre nel bosco, si arriva ad un punto in cui il fondo del sentiero è visibilmente scavato dall’acqua. Al termine di questo breve tratto si trova un bivio sulla destra che permette, con una breve deviazione, di visitare le Cave Romane di Pietra di Finale. Ancora un breve tratto all’interno del bosco e poi la visuale si apre: in prossimità del quarto ponte romano (“ponte dell’acqua”) si estendono vasti prati. La presenza di alberi da frutta e ruderi di vecchie case testimonia un passato utilizzo antropico di questa porzione di valle, motivato anche dalla presenza di una sorgente: è visibile l’opera di captazione realizzata alla base della casa detta “Ca’ du Puncin”. Questi ambienti pra- 17 SENTIERI NATURA tivi, costellati da pochi alberi ed arbusti sui quali si arrampicano il rovo e la vitalba, e circondati da boschi, costituiscono un ambiente di caccia ideale per alcune specie di rapaci che nidificano sulle pareti rocciose della vicina Rocca degli Uccelli, tra le quali il falco pellegrino (Falco peregrinus). Questa specie, dall’apertura alare di circa Vanessa io. un metro, può essere avvistata mentre volteggia lentamente per prendere quota: una volta avvistata la preda, si lancia velocissimo in picchiata, potendo raggiungere i 140 km/h. In primavera, i prati fioriti attirano un gran numero di farfalle diurne: questi insetti succhiano il nettare dei fiori attraverso una specie di “cannuccia” detta spiritromba, che a riposo è arrotolata su se stessa; esse hanno anche la necessità di trovare precise specie vegetali sulle quali deporre le uova, poiché la larva (il bruco) ha una dieta molto ristretta, in molti casi limitata ad una sola specie. Il sentiero si inoltra nuovamente nel bosco misto, mentre la pendenza, fino a questo momento in piano o in leggera salita, si accentua. Osservando il fondo del sentiero, cosparso da pietre spigolose disposte in modo disordinato, si possono notare due tipi di roccia: pietre grigie, lisce e compatte, e pietre più chiare, ruvide e formate da granellini di sabbia; le prime, dette “dolomie di San Pietro dei Monti”, sono calcari dolomitici e formano un suolo basico, mentre le seconde, delle “quarziti di Ponte di Nava”, danno origine ad un terreno acido. La differenza di chimismo del suolo si riflette sulle specie che compongono la vegetazione; da questo punto in poi si cominciano infatti ad osservare con maggior frequenza alcune specie che prediligono gli ambienti acidi: l’erica, il corbezzolo e il cisto a foglie di salvia. L’erica (Erica arborea) è un arbusto con minuscole foglie aghiformi ed altrettanto minuscoli fiori bianchi, che sbocciano abbondanti in primavera. Il corbezzolo (Arbutus unedo) ha foglie lucenti a margine dentellato, che contrastano con i toni rossicci del picciolo e dei rametti terminali; su questo arbusto si possono osservare contemporaneamente i bianchi fiori campanulati, che sbocciano a grappoli in autunno-inverno ed i frutti rossi dell’anno precedente in maturazione, sferici e granulosi in superficie. Il cisto a foglie di salvia (Cistus salvifolius) è un arbusto dai fiori bianchi, con corolla di cinque petali grande 4-5 centimetri; è particolarmente legato ai terreni acidi, al contrario della specie affine, il cisto tomentoso (Cistus albidus), più frequente nel Finalese, legato a terreni calcarei, con fiori rosa. Si arriva quindi ad un bivio: deviando a sinistra è possibile visitare i resti del quinto ponte romano (“ponte di Magnone”), parzialmente franato, e reimmettersi sul sentiero principale poco più a monte; la vegetazione attorno al ponte è caratterizzata dalla presenza del castagno (Castanea sativa), anch’esso amante dei suoli acidi, e della felce aquilina (Pteridium aquilinum), specie infestante, soprattutto in aree disturbate da incendi, grazie alla produzione di gemme da un rizoma sotterraneo. In breve si giunge al termine dell’itinerario, presso la cappelletta di S. Giacomo alla Colla di Magnone. Falco pellegrino. SENTIERI NATURA 18 Val Cornei Località di partenza: Ponte Cornei (90 m) Tappa intermedia: Orco loc. Chiesa (370 m) Località di arrivo: Boragni (195 m) Segnavia: Ponte Cornei - S. Lorenzino: una linea orizzontale e due bolli rossi ( ); S. Lorenzino - Val Nava: un triangolo e due linee verticali rosse ( ); bassa Val Nava Strapatente: nessuno; Strapatente - Boragni: un bollo rosso ( ). Tempo di percorrenza: circa 3 ore. Accesso: L’inizio del sentiero si raggiunge in macchina da Finalpia; presso Ponte Cornei è possibile parcheggiare. Il sentiero percorre l’intera valle del Rio Cornei, dalla sua confluenza col torrente Sciusa fino ad Orco, passando per le località San Lorenzino e Chiesa e ridiscende per la val Nava fino a Boragni. I primi metri del sentiero costeggiano in piano la sponda destra idrografica del Torrente Sciusa, in un ambiente parzialmente degradato, con vegetazione infestante (rovi, fichi); una nota di interesse immediato sono però le dismesse cave di Pietra di Finale (cave del Martinetto) il cui accesso è sommariamente sbarrato. Passando oltre una lastra rocciosa, situata in corrispondenza della base della val Cornei, il sentiero si stringe in salita ed il paesaggio cambia radicalmente. Ci si trova all’interno di una gola tra due pareti rocciose che da questo punto (circa 100 m di quota) si ergono fino a superare i 300 m: questo ambiente molto suggestivo si presenta buio, isolato dal rumore della vicina strada e con un’elevata umidità atmosferica. Questa umidità ha fatto sì che i lecci ed altre piante, arrampicati sulla parete a sinistra alla ricerca di luce, si siano accontentati di estendere le loro radici lungo la superficie rocciosa perennemente umida. È il regno delle felci, dei muschi e delle epatiche (queste ultime, meno “famose”, sono piante affini ai muschi con forma piatta e ramificata a ricoprire la roccia): lungo il sentiero, ma ancor meglio con una breve deviazione a sinistra direttamente sul letto del rio (facendo attenzione a non scivolare sulle rocce umide!), se ne possono osservare in grande quantità. È stata anche rinvenuta una specie rara in Liguria, la pteride di Creta (Pteris cretica), una felce dall’aspetto elegante, con fronda suddivisa in lamine lunghe e sottili. Sono presenti specie arboree del bosco misto (carpini, ornielli, noccioli), ma è soprattutto notevole il numero degli esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa), un’essenza arborea che tipicamente vegeta vicino ai corsi d’acqua, perché necessita di acqua in buona quantità e qualità, motivo per il quale questi popolamenti sono tutelati da norme comunitarie: sono infatti poco diffusi e molto vulnerabili all’inquinamento. Cisto tomentoso. 19 SENTIERI NATURA Il rio Cornei, che un tempo scorreva in superficie, è stato deviato nel sottosuolo per effetto del carsismo, e quello che normalmente copre questo roccioso tratto di greto è poco più di un velo d’acqua: ci si trova infatti su un substrato calcareo e carsificabile, la Pietra di Finale. Questa pregiata ed apprezzata pietra ornamentale, utilizzabile sia lucidata che grezza, è osservabile molto bene in questo punto lungo le lisce superfici delle cave, dal momento che qui veniva letteralmente affetDocce di erosione. tata mediante la tecnica del filo elicoidale, formato da una “corda” di fili d’acciaio lungo la quale scorreva acqua e sabbia. Sulle scarse fessure di queste pareti, ma anche nel letto del rio, si possono osservare piccole piantine di campanula a foglie uguali (Campanula isophylla), pregiato endemismo del Finalese, legato alla Pietra del Finale e frequente sulle rupi assolate: è quasi strano vederla qui, associata a felci, muschi ed epatiche. Proseguendo, si incontra ancora un’altra cava e si attraversa il rio. Si percorre quindi un tratto in cui il fondovalle, a destra, è decisamente più in basso del sentiero, che deve 20 SENTIERI NATURA essere affrontato con un po’ di attenzione, dal momento che al bordo presenta piccole frane verso valle. Superato questo tratto, il resto del sentiero in val Cornei non presenta più alcuna difficoltà, allargandosi fino a diventare quasi una strada sterrata. La vegetazione si apre, alternando la boscaglia con il castagneto: il castagno (Castanea sativa) è presente con individui di dimensioni relativamente piccole, non certo adatto alla produzione di buone castagne. Le essenze arboree, castagno compreso, sono piuttosto utilizzate come fonte di legname, come si può notare dai numerosi tronchi tagliati ed accatastati in alcuni punti della valle. L’ambiente del fondovalle, sebbene qui relativamente luminoso, è totalmente San Lorenzino di Orco. estraneo a quello delle vicine rupi e degli assolati altipiani che si estendono oltre queste: tra un castagno e l’altro si possono però scorgere in alto sulle rupi dei solchi molto marcati, detti “docce di erosione”, una particolare forma carsica. Sul sentiero, dal fondo terroso, è possibile osservare alcune pozze, spesso riempite di fango ma talora perfino asciutte, nelle quali vi sono in genere abbondanti impronte di cinghiale; questi infatti le utilizzano per i bagni di fango (insoglio), allo scopo di imprigionare in una crosta di fango i parassiti Vaschette di corrosione. presenti nella propria pelliccia. Più avanti, nella parte bassa del tronco di alcune conifere, è possibile anche osservare i “grattatoi” dove successivamente i cinghiali si liberano del fango essiccato: si tratta di scortecciamenti accentuati a spese del malcapitato albero, talvolta con tracce di peli. Siamo ormai in vista della testata della valle e della chiesa di S. Lorenzino di Orco (XII secolo): la valle si illumina sempre di più e la boscaglia si arricchisce di roverelle (Quercus pubescens) e pini marittimi (Pinus pinaster). Euplagia quadripunctaria. Dopo aver attraversato le case della località S. Lorenzino, vale la pena di salire all’antica chiesetta, soprattutto in primavera, quando la fioritura della ginestra (Spartium junceum) abbellisce l’altura, sulla quale si trovano altri ruderi ed i resti di un castrum medioevale. Lungo il sentierino si alternano pavimenti rocciosi sui quali sono presenti specie aromatiche come il timo (Thymus vulgaris) e la santoreggia (Satureja officinalis), specie rupicole come la Petrorhagia saxifraga (dai graziosi fiorellini rosa) e la stessa Campanula isophylla, tratti erbosi dominati dalle graminacee, ed arbusti della macchia mediterranea: tra questi spicca il cisto tomentoso (Cistus albidus), dai grandi fiori rosa a cinque petali. Dalla chiesa, incorniciata dai cipressi, si gode di un magnifico panorama sulle pareti di roccia del Monte Cucco e sulla valle sottostante, che in inverno permette di apprezzare chiaramente la distribuzione delle caducifoglie (nel fondovalle) e della vegetazione sempreverde (sui versanti). Tornando nuovamente alle case, si risale per un tratto la strada asfaltata e si devia seguendo il segnavia (un triangolo e due barre verticali) attraversando altre case, fino alla località Chiesa; qui si trovano una fontana ed alcune panchine. Per scendere nella val Nava, si prosegue verso il cimitero di Orco, lasciando l’asfalto dopo pochi metri. Qui il substrato è completamente diverso, trattandosi di quarzite; sul suolo acido che ne deriva prosperano i pini marittimi e l’erica arborea, oltre al cisto a foglie di salvia (Cistus salvifolius), che in questi casi sostituisce il già citato cisto tomentoso, 21 SENTIERI NATURA nuovamente presente più avanti. Il sentiero si distacca dalla strada sterrata principale e si inoltra nella boscaglia, riunendosi ad essa poco più a valle, quando ormai è diventata un largo sentiero. In questo punto è possibile fare una deviazione sopra le rocche a destra: la roccia è nuovamente calcarea, ed infatti sono osservabili altre forme carsiche, di dimensione minore rispetto alArma Strapatente. le docce di erosione, come i fori passanti e le vaschette di corrosione. Sulle rocce non è raro trovare tracce di rapaci che, dopo essersi cibati, rigurgitano le parti meno digeribili del loro pasto sotto forma di masse, simili ad escrementi, dette “borre”, nelle quali si possono trovare, a seconda della specie che le ha prodotte, frammenti di ossa, ossa intere, penne e piume, peli, esoscheletri di insetti. Il sentiero costeggia alcuni oliveti, poi cammina su terre rosse attraversando una boscaglia aperta Piante casmofite sulla Pietra del Finale. con erbe abbondanti, dove si possono osservare diverse farfalle, tra le quali in estate la vistosa Euplagia quadripunctaria. È questa una falena diurna, dalla livrea vivace rossa, gialla e nera, diffusa e comune in Liguria e sulle coste mediterranee; frequenta macchie e boschi radi, prati alberati e zone ecotonali in generale. La boscaglia si fa a tratti più fitta e si mescola alla macchia mediterranea, mentre sui rocciosi ed aridi versanti delle rocche si trovano specie di gariga, osservabili deviando dal sentiero di fondovalle per salire alla Grotta dei Balconi e all’Arma Strapatente. Dall’Arma Strapatente, una grotta molto particolare perché attraversa da parte a parte il versante, si ridiscende a valle attraversando invece la lecceta: si incontrano così i due estremi dell’evoluzione della vegetazione mediterranea, l’estrema involuzione (la gariga) e l’estrema evoluzione (la lecceta). Nuovamente in val Nava, il sentiero avanza su un fondo parzialmente ciottolato ed affiancato da muretti a secco, nella macchia mediterranea, che si fa sempre più fitta, fino ad arrivare presso una parete frequentata dai rocciatori, entro un fitto bosco. Qui gli alberi sono molto alti e la luce stenta a penetrare: grossi massi costellano il bosco e contribuiscono a creare giochi di luce suggestivi. Sono presenti diversi rami e tronchi caduti, che costituiscono un’importante risorsa per gli insetti xilofagi (“mangiatori di legno”), tra i quali possiamo annoverare il cerambice della quercia (Cerambyx cerdo). Poco più avanti il sentiero passa a fianco di una dolina, mentre dall’altra parte, a destra, si alza una parete di roccia calcarea intensamente corrosa dall’acqua: la quantità di fessure è impressionante ed abbondanti sono le piante “casmofite” (“che vivono nelle fessure”) che ne approfittano. Questo tipo di habitat è molto variabile, ma in generale sono presenti piante endemiche caratteristiche dell’area in cui si trova: qui infatti non manca la campanula a foglie uguali; è presente in abbondanza anche Moehringia muscosa, un’elegante piantina dalle sottili foglioline di un verde tenue. Ci si immette quindi su un breve tratto di sterrata, sempre nel bosco e si sbuca, infine, presso una curva della strada comunale che dalla val Sciusa porta ad Orco, attraverso il nucleo di Boragni, poco distante, che vale la pena di visitare. Una volta giunti a Boragni, si può percorrere la strada comunale fino alla valle Sciusa e, dopo un tratto sulla strada per Finale Ligure, tornare a Ponte Cornei. SENTIERI NATURA 22 Rio della Valle Località di partenza: Salto del Lupo (183 m) Località di arrivo: Giogo di Toirano (782 m) Segnavia: un rombo rosso Tempo di percorrenza: circa 2 ore e mezza Accesso: La partenza del sentiero si trova lungo la strada provinciale Toirano Bardineto: provenendo da Toirano, si trova subito prima del Ponte Salto del Lupo (piazzola prima del ponte, a sinistra). Volendo percorrere il sentiero partendo dall’alto, si può parcheggiare in un’ampia piazzola presso il Giogo di Toirano, al km. 18 della strada provinciale. La denominazione “Salto del Lupo”, attribuita al profondo canyon attraversato dal ponte, è dovuta ad una leggenda secondo la quale un lupo, braccato dagli abitanti della zona che volevano porre fine alle sue razzie di pecore, spiccò un balzo per oltrepassare il baratro e seminare i suoi inseguitori. Alla partenza dell’itinerario, un cartello segnala “antica via della valle”: questa era infatti un’importante via di comunicazione tra Bardineto ed il mare fin dal Medioevo. Nel tratto iniziale il percorso attraversa un ambiente parzialmente antropizzato, con terrazzamenti e oliveti in parte abbandonati; intorno sono presenti carpini neri (Ostrya carpinifolia), ornielli (Fraxinus ornus), terebinti (Pistacia terebinthus) e fichi (Ficus carica), accompagnati da numerose piante erbacee (graminacee e ciperacee). Sui pendii delle rocche circostanti, in parte ricoperti da falde detritiche, si arrampicano carpini neri, ornielli, lecci (Quercus ilex) e pini (Pinus pinaster). Il paesaggio della valle è modellato dal carsismo: le valli a canyon, dai ripidi versanti in roccia calcarea, sono generate prevalentemente dall’azione chimica dell’acqua, che crea incisioni molto più nette di quelle modellate dal “normale” scorrimento superficiale. Lungo la sterrata si incontra una vaschetta in pietra dove l’acqua, proveniente da una sorgente carsica, crea un microambiente molto diverso da quello circostante, colonizzato da diverse piante di capelvenere (Adiantum capillus-veneris). Questa graziosa felce ha la fronda suddivisa in una cascata di delicati ventagli, con rachide nerastro e lucido, simile a un capello; cresce su rupi e rocce umide, preferibilmente calcaree, e presso grotte e sorgenti. Proseguendo si incontra un bivio e si continua a destra per la traccia principale, che diventa un sentiero e conserva a tratti l’antica copertura a grossi ciottoli accostati. In corrispondenza dell’incisura della valle del torrente Servaira, si incontra un’altra sorgente ed il sentiero piega decisamente a sinistra, inoltrandosi nel bosco tra ornielli, carpini neri e biancospini (Crataegus monogyna). A tratti il bosco si apre in punti soleggiati e panoramici, su roccia affiorante, colonizzata da ginestre (Spartium junceum) e bassi arbusti, tra i quali il cisto tomentoso (Cistus albidus) dai grandi fiori rosa, ed essenze aromatiche come il timo (Thymus vulgaris) e la santoreggia (Satureja montana). In alcuni punti le rocce formano un vero e proprio pavimento, dalla superficie Ofride dei fuchi. 23 SENTIERI NATURA estremamente liscia. Questi ambienti rocciosi sono ottimali per i “bagni di sole” necessari ai rettili per raggiungere una ottimale temperatura corporea. Un colpo di fortuna potrebbe farvi incontrare la lucertola ocellata (Timon lepidus), un corpulento sauro che raggiunge i 60 centimetri di lunghezza, caratterizzato da una bella livrea verde con macchie blu ai lati del corpo. Nei tratti più erbosi si possono invece scorgere, soprattutto in primavera, minuscoli esemplari di orchidee selvatiche, che rivelano la loro bellezza se osservate a distanza ravvicinata. Nella zona sono presenti infatti diverse specie dei generi Orchis ed Ophrys: le prime hanno dense infiorescenze a pannocchia generalmente rosa e bianche, mentre le seconde sono veramente particolari in quanto il fiore imita le fattezze di un insetto. È molto importante evitare di cogliere queste piante, molto rare e vulnerabili per il loro delicato e complesso ciclo riproduttivo, che necessita la simbiosi con un fungo. Dopo un’ampia curva verso destra la mulattiera prosegue sempre su selciato, delimitato a valle da grossi massi, ed arriva ad un rudere, probabilmente un’antica stalla: sopra la porta una nicchia ospitava una statua della Madonna, come indica l’iscrizione “Ecco vostra madre”. Nelle vicinanze il bosco si arricchisce della presenza di sporadici esemplari di castagno (Castanea sativa). Dopo poco si passa un altro affluente del Rio della Valle su un antico ponte, sotto al quale l’acqua scorre sulla nuda roccia, formando marmitte di erosione. La vegetazione si apre regalando un magnifico punto panoramico, ma ben presto si richiude fino a divenire un fitto bosco, dove l’ombra favorisce la crescita di edera (Hedera helix) e pungi- 24 SENTIERI NATURA topo (Ruscus aculeatus) nel sottobosco. Tra le specie arboree abbondano gli esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa), dal momento che il sentiero si trova a passare molto vicino al torrente che, in questo tratto, scorre in superficie formando alcune pozze. In corrispondenza di un altro ponte si incontrano ancora marmitte di erosione, cascatelle, piccoli laghetti e strettoie nella roccia dove il flusso d’acqua è più rapido. L’enorme variabilità della corrente condiziona la composizione della fauna acquatica, specialmente per quanto riguarda gli invertebrati (molluschi, vermi, crostacei e larve di insetti): nei passaggi più turbolenti prevalgono specie che hanno sviluppato le più diverse strategie per resistere al Bosco ceduo. trascinamento, dotandosi di ventose, fili di seta che le fissano al fondo, muco vischioso, zavorre di sassolini e forme appiattite. La vegetazione circostante è caratterizzata dall’ontano nero, che in questo tratto si accompagna al sambuco (Sambucus nigra), simile all’orniello per quanto riguarda le foglie (foglie composte formate da 5-7 foglioline) ma molto diverso nella corteccia, che è bruna, spessa e fessurata, simile al sughero. Si attraversa il rio della Valle in un tratto secco per la maggior parte dell’anno e si inizia una decisa salita, abbandonando il fondovalle a sinistra. Il sentiero si inoltra, con andamento tortuoso, in mezzo al bosco misto con noccioli (Corylus avellana), aceri campestri (Acer campestre) e montani (Acer pseudoplatanus), ciliegi (Prunus avium) e betulle (Betula pendula). Più in quota, in corrispondenza di un tratto roccioso, si incontra un punto panoramico eccezionale che permette di abbracciare con la vista tutta la valle. Nelle ore più calde delle giornate serene si possono vedere i rapaci diurni volteggiare lentamente, sostenuti dalle correnti calde che salgono dal fondovalle: nella zona è presente l’aquila reale (Aquila chrysaetos), distinguibile per le sue grandi dimensioni (oltre 2 metri di apertura alare) e sagoma con ali e coda arrotondate. Tra i molti altri uccelli che frequentano queste pareti rocciose si possono avvistare il gheppio (Falco tinnunculus), il corvo imperiale (Corvus corax) e la rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), dal comportamento simile alla rondine ma con tinte brunastre e coda meno forcuta. Più facili da sentire che da vedere sono il passero solitario (Monticola solitarius), il codirossone (Monticola saxatilis) ed il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros): i primi due hanno un canto sonoro e melodioso che ricorda quello del merlo, mentre il terzo emette note metalliche. Raro e bellissimo, in zona è presente il picchio muraiolo (Tichodroma muraria), che ricorda una grossa farfalla per la forma e la vistosità delle sue ali aperte, nere con disegni bianchi e rosso carminio. Superata una decisa curva a sinistra, si arriva ad una sella erbosa. L’alta val Varatella ospita una popolazione di daini (Dama dama): l’alternanza tra bosco di latifoglie e zone aperte costituisce un ambiente particolarmente favorevole a questa specie, che ha una dieta varia comprendente sia graminacee, frutti e foglie di specie arboree. Molto timido, in fuga lo si riconosce dallo specchio anale bianco sul quale spicca la coda nera; i maschi hanno inoltre corna ramificate, che a partire dal terzo anno di età terminano con una caratteristica pala. Dal pianoro, attraversato da una linea elettrica, è possibile effettuare una variante dell’itinerario percorrendo la sterrata che si origina in questo punto ed arriva sulla provinciale, nei pressi della Sella Alzabecchi. Il sentiero per il Giogo di Toirano invece devia a destra perpendicolarmente alla sterrata. Si attraversa un tratto di bosco con scorci panoramici, dove alle essenze arboree già menzionate si aggiungono castagno e rovere (Quercus petraea), quindi si passa una vallecola oltre la quale il bosco diventa decisamente più umido e si arricchisce di pioppi neri (Populus nigra), tigli selvatici (Tilia cordata), qualche faggio (Fagus sylvatica) e betulla (Betula pendula), interrompendosi in alcuni punti per lasciare posto ad una bassa vegetazione infestante. Si sbuca quindi su una sterrata: seguendola verso destra si arriva in breve alla strada provinciale presso il chilometro 18, nelle vicinanze del Giogo di Toirano (a destra). 25 SENTIERI NATURA Località di partenza: Torre d’Ere Località di arrivo: Sughereta “Natte” Segnavia: due quadrati rossi vuoti ( ) da Torre d’Ere a Gola S. Elena; tre bolli rossi a triangolo ( ) da Gola S. Elena a M. Rocchetto; un triangolo rosso pieno ( ) da M. Rocchetto alla Sughereta; una linea orizzontale rossa ( ) dalla Sughereta a Bergeggi paese. Tempo di percorrenza: circa 2 ore Accesso: Via Torre d’Ere, strada che collega Torre del Mare con Bergeggi paese. Il sentiero botanico di Bergeggi Il territorio di Bergeggi, ricco di una straordinaria varietà di ambienti e di specie vegetali e animali, presenta un percorso botanico allestito lungo il sentiero che collega Torre d’Ere a Gola S. Elena e da qui fino alla sughereta “Natte”. Il sentiero botanico si snoda sulle alture di Bergeggi, fino a raggiungere, sulla cima, l’antico insediamento abitativo denominato Castellaro e, passando a fianco dei resti del Forte S. Elena, ridiscendere verso il più esteso bosco di quercia da sughero del Ponente Ligure (Area Protetta di Interesse Provinciale); da qui si rientra, attraverso via Luccoli, nei pressi del Municipio. Il percorso dispone di bacheche illustranti le norme di comportamento e la mappa del sentiero e di diversi leggii che descrivono le specie vegetali più rappresentative della nostra flora: cisto, leccio, lentisco, mirto, olivo, pino d’Aleppo, pungitopo, roverella, ginestra, quercia da sughero. Lungo il percorso sono state allestite due aree di sosta attrezzate con panche e tavoli: un’area si trova nel tratto di sentiero che collega Torre d’Ere a Gola S. Elena, l’altra si trova all’interno della sughereta. Estremamente interessante dal punto di vista naturalistico è la varietà di habitat e di specie vegetali che si alternano lungo il percorso: dalla gariga alla macchia mediterranea, dal bosco di roverella a quello, molto raro in Liguria, di quercia da sughero. 26 GEOLOGIA VALLE FOSSILE E SOSPESA La val Ponci è interessante dal punto di vista geomorfologico poiché presenta diverse caratteristiche tipiche dei paesaggi carsici, costituiti da rocce solubili di tipo calcareo. Si tratta di una valle fossile, dato che il rio che scorreva e che ne ha inciso l’alveo è stato ad un certo momento “catturato” dal sistema carsico profondo (ipogeo) e l’acqua deviata verso il Torrente Sciusa. All’altezza del ponte romano delle Voze (terzo ponte), sul versante destro della valle si apre infatti la grotta della Mala, un inghiottitoio che raccoglie le acque correnti e le convoglia fino alla sorgente dell’Acquaviva, con un percorso che taglia in modo trasversale la dorsale di Rocca di Corno. Poco lontano la grotta del Cane, nota anche come grotta Quattrocento, inghiotte le acque del rio Landrassa per congiungerle a quelle del rio Ponci presso il punto assorbente della Mala. La Val Ponci è quindi una valle secca, in cui le acque scorrono solamente durante eventi metereologici di grande intensità. Essa è anche una valle sospesa e già osservandola da lontano è possibile notare il grande gradino morfologico che la contraddistingue; questa morfologia è la conseguenza delle oscillazioni del livello marino del Quaternario, causate dalle variazioni climatiche che hanno portato all’alternarsi di periodi glaciali ed interglaciali. Nel periodo glaciale la linea di riva si spostava in avanti, la foce dei torrenti si allontanava e le valli tendevano ad approfondirsi per erosione. Ciò però non è potuto accadere in Val Ponci, perché nel frattempo la valle si era prosciugata ed il fenomeno erosivo si è interrotto, lasciando un brusco Il gradino morfologico della Val Ponci. salto di pendenza. IL CARSISMO Il carsismo prende il nome dal termine slavo “Kras” che significa pietra e indica un territorio molto particolare in cui la roccia è la protagonista principale delle forme del paesaggio. Se la roccia calcarea è la materia prima, l’acqua piovana è il fattore fondamentale, senza il quale il fenomeno non si sviluppa. L’acqua, nella sua discesa verso terra, si arricchisce di anidride carbonica (CO2) e, a contatto con la materia organica del suolo, diviene ancor più acida, acquistando il potere di sciogliere le rocce che contengono carbonato di calcio (CaCO3). CO2 + H2O + CaCO3 anidride carbonica acqua carbonato di calcio Ca(HCO3)2 bicarbonato di calcio L’acqua, scorrendo sulla roccia, che presenta sempre fratture, fessure o buchi, va ad incanalarsi in queste vie preferenziali operando col tempo lo scioglimento del materiale lapideo, che viene trasportato via dall’acqua stessa. È così che si formano le cavità sotterranee, con l’aiuto anche di altri fattori come crollo di blocchi o di pareti, unione di condotte molto vicine, fino a generare un ambiente sotterraneo molto complesso, fatto di gallerie, pozzi, saloni, cunicoli, vuoti o pieni di acqua a seconda della loro posizione ed età. Ma il carsismo non è solo di tipo distruttivo ed in certi casi, quando l’acqua che scor- 27 GEOLOGIA re in sotterraneo è satura, cioè ha il massimo contenuto di carbonato di calcio a quella temperatura e pressione, comincia a depositare il minerale sotto forma di concrezioni, formando stalattiti, stalagmiti, vaschette, drappi, cristalli ed altre forme che stimolano la fantasia di chi le osserva. Le forme del paesaggio carsico sono numerose, non solo sotterranee, ma anche superficiali come i canyons, le doline (depressioni a forma di ciotola create da crolli o dal flusso erosivo dell’acqua che scorre verso un punto di assorbimento), le valli fossili in cui non scorre più l’acqua in superficie perché catturata da cavità sotterranee, o le forme di modellamento della roccia come le docce di erosione, le vaschette, i campi carreggiati, le città di pietra ed altre ancora. Se il sottosuolo costituisce un meraviglioso mondo ricco di forme che da sempre stimola la curiosità umana, è anche vero che l’ambiente carsico, in generale, è un sistema molto delicato che è stato generato dai fenomeni naturali in migliaia di anni ma che l’uomo può distruggere in breve tempo se non ha la dovuta sensibilità di preservarlo dagli inquinanti e dall’azione di asporto di minerali, concrezioni, reperti fossili, che sono patrimonio di tutti. Concrezioni ipogee. Paesaggio carsico. Forme di erosione carsica superficiale. EROSIONI ALVEOLARI APPROFONDIMENTO GEOLOGIA GROTTE DELLA STRAPATENTE E DEI BALCONI APPROFONDIMENTO 28 La grotta dei Balconi è così chiamata per le due aperture che la caratterizzano: una più grande ed in parte chiusa da un antico muretto, che ne denota l’utilizzo umano e l’altra, più piccola e meno accessibile, che si apre sul versante ovest con uno stupendo panorama sulla Val Nava. È una piccola grotta a forma di galleria lunga 30 mt e larga circa 3 mt; sulla sua volta sono ancora visibili concrezioni, opache, di colore biancastro perché il fenomeno di concrezionamento, dovuto alla percolazione di acqua calcarea, non è più attivo. La grotta della Strapatente, curioso nome la cui derivazione non è ben nota ma potrebbe derivare da un storpiatura del nome “trasparente” o addirittura dal latino “extra patens” a causa della sua forma, ha uno sviluppo planimetrico di circa 70 m. ed una larghezza da 4 a 6 m. Il suo ingresso ha un’apertura molto ampia e al suo centro spicca una stalagmite grande e troncata, mentre sui muri si notano i segni segni di vecchie concrezioni ormai inattive. La grotta ha forma di galleria poiché, quando era attiva, l’acqua la riempiva e vi scorreva come in un tubo; successivamente l’erosione valliva dei versanti ne ha messo in luce i suoi due ingressi. Come la più piccola grotta dei Balconi, essa buca la montagna da parte a parte; segue un percorso in salita ed il suo pavimento è coperto di sabbia e grossi blocchi di roccia caduti dalla volta. La grotta si può percorrere anche senza l’ausilio di torce, a condizione di fare attenzione a dove si posano i piedi e di non guardare il foro di uscita per non restare abbagliati dalla luce. All’uscita della grotta sul versante verso Boragni, deviando a sinistra verso le pareti di arrampicata, è possibile osservare una caratteristica pietra dalla forma di dolmen: è la “Pietra altare”, uno dei tanti esempi di megalitismo nel Finalese. Diverse zone del Finalese presentano strane e spettacolari forme di erosione, caratterizzate da fori di forma subcircolare, vicinissimi tra loro, della dimensione variabile da pochi cm al decimetro, che conferiscono alle pareti l’aspetto di grandi alveari in pietra. La loro origine sembra sia dovuta a diversi fattori, da un lato la solubilità della roccia calcarea, dall’altro alla presenza nella roccia, già all’origine, di alveoli, cioè piccole cavità, che rappresentano superfici maggiormente attaccabili dai fattori esterni. Il vento porta dentro questi alveoli del materiale sabbioso che resta imprigionato e si muove con moti circolari, erodendo la roccia ed ampliando le cavità. Pare anche che dentro questi fori la presenza di umidità generi un microambiente che favorisce il proliferare di organismi come batteri ed alghe microscopiche i quali, rendendo più acido il substrato, ne favoriscono la dissoluzione. Questi fori, spesso comunicanti fra loro, hanno profondità di pochi cm. 29 FLORA E FAUNA CAMPANULA DI SAVONA Nome scientifico: Campanula sabatia De Not Fioritura: tra maggio e giugno Caratteristiche: questa specie ha fiori formati da una corolla campanulata a cinque petali, di colore azzurro-violaceo chiaro, del diametro di 1-2 cm. Il calice è fittamente ricoperto da un rivestimento di papille (piccole sporgenze dell’epidermide, molto ravvicinate e arrotondate all’apice). Il fusto, erbaceo, è alto 20-30 cm e porta fiori isolati, all’apice di lunghi rami arcuati verso il basso. Le foglie basali, picciolate, hanno lamina ovale con alcuni denti acuti. Habitat: ambienti sassosi e ben soleggiati, dal livello del mare fino a circa 1.000 metri di quota. Distribuzione: specie endemica ligure esclusiva, limitata alle province di Savona ed Imperia. Protezione: specie a protezione totale ai sensi della Legge Regionale n. 9/84 LUCERTOLA OCELLATA Nome scientifico: Timon lepidus Caratteristiche: è il più grande lacertide europeo, lungo fino a 60 cm; di aspetto vistoso, affine al ramarro, l’adulto ha la coda lunga fino anche il doppio del corpo, la testa larga e massiccia ed una livrea verde con macchiettature nere ed ocelli blu lungo i fianchi. Il ventre e la gola sono giallastri o verdastri. Habitat: macchie e terreni boscosi aperti in zone calde, aride e cespugliose, talvolta in ambienti rocciosi e sabbiosi, tra il livello del mare e i 1.000 metri di altitudine. Biologia: sauro difficilmente osservabile per la sua diffidenza, si nutre di insetti, uova di uccelli, altri rettili, bacche e frutta. L’attività annuale si estende da marzo fino alla fine di ottobre ed è particolarmente intensa nel mese di giugno. I maschi adulti sono territoriali e durante la stagione riproduttiva ingaggiano spesso furiosi combattimenti. Le femmine depongono 5-20 uova in buche nel terreno e dopo tre mesi nascono piccoli lunghi 6 cm con livrea brunastra a macchie circolari bianche con bordo nero. 30 FLORA E FAUNA Distribuzione: specie mediterranea occidentale, è rara e presente in Italia solo nella Liguria occidentale, dove raggiunge in provincia di Savona il limite orientale di distribuzione. Protezione: specie particolarmente protetta dalla L.R. n. 4/92 GUFO REALE Nome scientifico: Bubo bubo Caratteristiche: raggiunge una lunghezza di 70 cm ed un’apertura alare di 190 cm. Ha grandi occhi giallo-oro racchiusi in un disco facciale incompleto; il piumaggio è fulvo, più scuro sul dorso, macchiettato e striato di bruno. Caratteristica tipica del gufo reale sono i due ciuffi di penne erettili sopra gli orecchi. Diventa sedentario in età adulta, mentre è erratico negli inverni più freddi o in giovane età. È il rapace notturno più grande d’Europa. Diffusione: è presente, anche se non molto frequente, in quasi tutta l’Europa, nell’Africa settentrionale ed in gran parte dell’Asia. In Italia è diffuso ovunque, tranne che in Sardegna, e si valuta la sua presenza tra le 100 e le 200 coppie nidificanti. Habitat: preferisce le regioni montuose per il semplice motivo che vi trova i nascondigli a lui più consoni. Nelle pianure la sua presenza è limitata alle grandi foreste, in particolare nei boschi con scarpate rocciose. Alcuni esemplari si soffermano nelle vicinanze dei centri abitati. Biologia: il gufo reale nidifica nei primi mesi dell’anno, in genere tra marzo e aprile, collocando il nido nei fori delle rocce, in vecchi edifici, nel cavo degli alberi o tra i cespugli. Depone da 2 a 3 uova, bianche, tondeggianti e con il guscio ruvido, che vengono covate dalla femmina, nutrita dal maschio, per circa trentacinque giorni. Saranno poi entrambi i genitori a procurare il cibo per i piccoli. Alimentazione: esce al tramonto e all’alba in cerca di prede, in particolare mammiferi ed uccelli, anche di grossa taglia, mentre di giorno resta nelle fessure delle rocce o fra i rami degli alberi, tenendo le penne aderenti al corpo e i ciuffi degli orecchi abbassati. Come anche altri rapaci notturni, il gufo reale ingoia le prede intere e, nel caso che queste siano troppo grandi, le dilania con il becco. Ciò che non riesce ad assimilare, come pelle, piume, peli, ossa, viene rigettato sotto forma di piccoli gomitoli, detti borre, che è possibile trovare a terra durante le escursioni. Protezione: il gufo reale, da tempo cacciato dall’uomo, è oggi una specie protetta dalla Direttiva “Uccelli” ed è in pericolo di estinzione; spesso cade vittima dei fili dell’alta tensione. 31 COME PREPARARSI ALL’ESCURSIONE Per effettuare un’escursione naturalistica occorre equipaggiarsi in modo adatto: indossare scarponcini ed abiti comodi e robusti, dai colori poco vistosi. È inoltre opportuno vestirsi a strati, tenendo conto della stagione, dell’ora e delle condizioni meteorologiche. In estate è consigliabile portare con sé un copricapo e una sufficiente scorta d’acqua. Un piccolo binocolo è indispensabile per l’osservazione naturalistica; molto utili possono essere anche una macchina fotografica o una videocamera. Una lente d’ingrandimento potrà rivelarsi insostituibile per osservare i particolari di un fiore o di un insetto. Per annotare le osservazioni occorrerà un taccuino tascabile. Per riuscire ad osservare la fauna, durante l’escursione è sempre necessario muoversi con lentezza ed in silenzio. NORME DI COMPORTAMENTO È bene ricordare alcune norme di comportamento alle quali attenersi rigorosamente durante la visita ad aree naturali protette. In particolare NON BISOGNA: * accendere fuochi * abbandonare rifiuti * danneggiare alberi, arbusti, erbe e, in particolare, fiori * asportare rocce, minerali, fossili, reperti archeologici * usare mezzi motorizzati fuori dalle strade carrozzabili * causare disturbo o danneggiare gli animali * fare rumori inutili e schiamazzi * uscire dai percorsi individuati 32 PER SAPERNE DI PIÙ - Atlante degli uccelli nidificanti in Liguria. Regione Liguria, Cataloghi dei beni naturali. - Atlante degli uccelli svernanti in Liguria. Regione Liguria, Cataloghi dei beni naturali. - Atlante degli anfibi e rettili in Liguria. Regione Liguria, Cataloghi dei beni naturali. - Baccino P. (2003) - Orchidee spontanee della provincia di Savona - Provincia di Savona. - Bernardini E. (2003). Borghi nel verde. Blu Edizioni. - Fauna Italiana inclusa nella Direttiva Habitat (2003). Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. - Genta P., Rossi C. (2004). Savona Natura - Guida al patrimonio naturale della provincia di Savona. Erga Edizioni. - Mariotti M. et al. (2002). Biodiversità in Liguria. La rete Natura 2000. Regione Liguria. - Mariotti M. (2005). Valori e rarità della flora ligure. Regione Liguria, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio. - Meriana G. (1994). Valli di Finale. Sagep. - Spagnesi & Zambotti (2001). Raccolta delle Norme nazionali e internazionali per la conservazione della fauna selvatica e degli habitat. Quad. Cons. Natura, 1. Min. Ambiente, INFS. - Zotti M., Traverso M. (2004) - Funghi della provincia di Savona - Provincia di Savona. INDIRIZZI E NUMERI UTILI Provincia di Savona www.provincia.savona.it Via Sormano, 12 - Savona Ufficio Parchi ed Aree Protette Tel. 019 8313316 / 019 8313302 [email protected] Comunità Montana Pollupice Piazza Aicardi, 5- 17024 Finale Ligure (Borgo) Tel. 019 681037- Fax 019 680155 Corpo Forestale dello Stato Emergenza ambientale: 1515 Informazioni turistiche APT Riviera delle Palme www.inforiviera.it IAT Borgio Verezzi Via Matteotti, 158 - Tel. 019 610412 IAT Finale Ligure Via S. Pietro,14 - Tel. 019 681019 IAT Noli C.so Italia, 8 - Tel. 019 7499003 IAT Toirano Piazzale delle Grotte - Tel. 0182 989938 IAT Varigotti Via Aurelia, 79 - Tel. 019 698013 Comuni interessati Bergeggi via De Mari 28/D - Tel. 019 257901 Finale Ligure Via Tommaso Pertica, 29 - Tel. 019 689011 Magliolo Piazza Plebiscito, 20 - Tel. 019 634004 Orco Feglino Piazza Municipio, 3 - Tel. 019 699010 Toirano via Braida, 35 - Tel. 0182 98065 Vezzi Portio Via Porte di Spagna, 20 - Tel. 019 7428000 La tutela e la valorizzazione della Rete “Natura 2000”, la rete ecologica europea composta da Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale, rappresenta una formidabile occasione per la conservazione della biodiversità, ancora straordinariamente ricca nel nostro territorio. Questo volumetto rappresenta una sintetica ma esauriente guida ai Siti di Importanza Comunitaria del Finalese, nei quali si trovano alcuni dei più importanti ambienti rupestri mediterranei della nostra provincia. Arricchito da indicazioni e spunti per la visita, potrà costituire utile riferimento per l’osservazione diretta del meraviglioso - ma purtroppo fragile - mondo degli altipiani e delle valli della “Pietra del Finale” nei quali sopravvivono rare e particolari specie di flora e fauna. Auspichiamo quindi che questa pubblicazione possa svelare, agli occhi del visitatore incuriosito, aspetti della natura del nostro territorio talvolta poco conosciuti ma comunque eccezionali, da preservare per le generazioni future. L’Assessore ai Parchi ed Aree Protette della Provincia di Savona Progetto cofinanziato da Unione Europea-Obiettivo 2 FESR