Testo - Provincia di Savona

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Testo - Provincia di Savona
Provincia
di Savona
Natura
Protetta
del Savonese
Natura in
verticale
Guida ai Siti
di Importanza
Comunitaria
“Finalese-Capo Noli”
“Rocca dei Corvi-Mao-Mortou”
“Isola Bergeggi-Punta Predani”
“Monte Carmo-Monte Settepani”
“Monte Ravinet-Rocca Barbena”
REGIONE
LIGURIA
NATURA 2000
RETE
NATURA
2000
Pubblicazione della
PROVINCIA DI SAVONA
Assessorato Parchi ed Aree Protette
Settore Tutela Ambientale
Coordinamento editoriale:
Paolo Genta, Laura Sartoris, Ufficio Parchi ed Aree Protette.
Testi:
Francesca Magillo, Rosella Milano.
Foto:
Archivio Ufficio Parchi e Aree Protette (F. Magillo, R. Milano, P. Genta, R. Malacrida, S. Ortale).
Copyright 2006 Provincia di Savona.
Tutti i diritti riservati.
Stampa: Coop Tipograf, Savona - settembre 2006
1
LA RETE
NATURA 2000
IN PROVINCIA
DI SAVONA
La Regione Liguria, in attuazione di due direttive
della Comunità europea, ha
localizzato, nell’ambito del
territorio di propria competenza, un sistema di aree
aventi un elevato valore per
la biodiversità: sono i Siti di
Importanza Comunitaria (SIC), individuati ai sensi della Direttiva “Habitat” 92/43, e le
Zone di Protezione Speciali (ZPS), individuate ai sensi della Direttiva “Uccelli” 79/409;
il loro insieme costituisce il contributo ligure alla “Rete Natura 2000” europea.
I Siti d’Importanza Comunitaria proposti dalla Regione alla Comunità Europea sono
124, dei quali 26 interessano aree esclusivamente marine; complessivamente i SIC terrestri ricoprono una superficie di circa 130.000 ettari, i SIC marini circa 5.000 ettari; le
ZPS sono invece 7, per un totale di circa 20.000 ettari, i cui territori si sovrappongono in
parte a quelli di alcuni SIC terrestri.
Obiettivo della Rete Natura 2000 è quello di garantire nel tempo la conservazione della biodiversità a livello comunitario, attraverso la tutela sia di habitat (Allegato I della
Direttiva 92/43), sia di singole specie
(Allegati II e IV della Direttiva 92/43,
Allegato I della Direttiva 79/409); la
direttiva “Habitat” attribuisce anche
un interesse prioritario alla conservazione di alcuni habitat e di alcune
specie; le specie prioritarie presenti
in Liguria sono una farfalla, Euplagia
quadripunctaria, ed una pianta, Campanula sabatia.
I SIC terrestri liguri interessano 14
zone di tipo alpino, 11 zone di tipo continentale e 73 zone di tipo
mediterraneo, dati che evidenziano
la notevole biodiversità del territorio
regionale, connettivo tra regioni biogeografiche differenti: una cerniera tra
Euplagia quadripunctaria.
Alpi ed Appennino, tra Mediterraneo e
Pianura Padana.
In provincia di Savona sono stati individuati 28 SIC terrestri e 7 SIC marini,
ai quali si aggiunge parte di una ZPS
situata tra le province di Genova e di
Savona.
I SIC savonesi appartenenti alla regione biogeografica alpina sono 9 e
coprono complessivamente 15.147 ettari, quelli appartenenti alla regione
biogeografica mediterranea sono 16,
per un totale di 32.507 ettari, infine
quelli riconducibili alla regione biogeografica continentale sono 3 con
Campanula di Savona.
1.755 ettari.
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La Rete Natura 2000 in
provincia di Savona
Siti di Importanza Comunitaria in provincia di Savona (Dir. 92/43/CEE “Habitat”)
1 Finalese - Capo Noli
2 Isola Bergeggi - Punta
Predani
3 Rocca dei Corvi - Mao
- Mortou
4 Rocca dell’Adelasia
5 Rocchetta Cairo
6 Ciazze Secche
7 Isola Gallinara
8 Torrente Arroscia-Centa
9 M. Acuto - Poggio Grande
- Rio Torsero
10 M. Ravinet - Rocca Barbena
11 M. Carmo - M. Settepani
12 Foresta della Deiva - Torrente
Erro
13 M. Spinarda - Rio Nero
14 Lago di Osiglia
15 Ronco di Maglio
16 Bric Tana - Bric Mongarda
17 Castell’Ermo - Peso Grande
18 Tenuta Quassolo
19 M. Galero
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Bric Zerbi
Croce della Tia - Rio Barchei
Cave Ferecchi
Capo Mele
Piana Crixia
Foresta Cadibona
Fondali Varazze / Albisola
Fondali Noli / Bergeggi
Fondali Finale Ligure
Fondali Loano / Albenga
Fondali Capo S. Croce / Isola
Gallinara / Capo Lena
Fondali Capo Mele / Alassio
Fondali Arenzano - Punta
Invrea
Beigua - M. Dente - Gargassa
- Pavaglione
Lerrone - Valloni
Pizzo d’Evigno
Zone di Protezione Speciale (Dir. 79/409/
CEE “Uccelli”)
A Beigua - Turchino
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IL PROGETTO “NATURA IN VERTICALE”
Strumenti e programmi di livello provinciale per la valorizzazione della biodiversità
Il processo di costruzione di un sistema organico di tutela e valorizzazione della Rete Natura 2000 a livello locale trova riferimento nel Piano Provinciale delle Aree Protette e dei
Sistemi Ambientali, coordinato con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale
e mirato a realizzare un processo di tutela attiva e di promozione naturalistico-ambientale del territorio nelle aree protette (Siti Natura 2000, Parchi e Riserve Regionali, Aree
protette di interesse provinciale).
Il progetto “Natura in verticale” interessa i seguenti Siti di Importanza Comunitaria:
* IT 1323201 Finalese - Capo Noli (per il territorio compreso nei comuni di Finale Ligure, Orco Feglino, Vezzi Portio)
* IT 1323202 Isola Bergeggi - Punta Predani (nel comune di Bergeggi)
* IT 1323203 Rocca dei Corvi - Mao - Mortou (per il territorio compreso nel comune
di Bergeggi)
* IT 1324011 Monte Ravinet - Rocca Barbena (per il territorio compreso nel comune
di Toirano)
* IT 1323112 M. Carmo - M. Settepani (per il territorio compreso nel comune di Magliolo)
Esso è finalizzato a:
- valorizzare la fruizione dei siti in funzione della sensibilizzazione delle diverse categorie di visitatori (turisti, studenti, escursionisti, free-climbers, bikers, ecc) anche
nell’ambito di programmi di educazione ambientale e di ecoturismo, favorendo un
approccio integrato ed improntato a schemi di sostenibilità ambientale;
- aggiornare e organizzare a fini informativi e gestionali le conoscenze naturalistiche,
raccogliere dati utili allo sviluppo delle opportune strategie di conservazione degli
habitat e delle specie interessati dal progetto con particolare riferimento alle specie rupicole;
- implementare attività di riproduzione / reintroduzione di specie di fauna e flora particolarmente rare e minacciate, a distribuzione localizzata nella Liguria di Ponente,
come la lucertola ocellata (Timon lepidus) e la campanula di Savona (Campanula sabatia).
La Rocca di Corno.
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FINALESE - CAPO NOLI
I SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA DEL FINALESE
SIC “Finalese-Capo Noli”
Il Sito di Importanza Comunitaria “Finalese - Capo Noli” (IT 1323201) si estende per
un’area di circa 2.800 ettari. Geologicamente, l’area presenta aspetti peculiari che la rendono unica. La costa è dominata da falesie, “vive” e “morte” (non più soggette all’azione
delle onde), spiagge fossili cementate dall’azione dell’acqua calcarea (beach rocks), terrazzi marini che testimoniano antiche linee di riva, e grotte, come la spettacolare Grotta
dei Falsari, generata dall’acqua dolce ma modellata dal mare. Nell’entroterra, un sistema di altipiani carsici si sviluppa ad una
quota di circa 300 metri, costituito da
una roccia che esiste solo qui: la “Pietra di Finale”, un calcare bianco-rosato
ricchissimo di fossili, nel quale si sono
sviluppate morfologie carsiche come valli cieche, doline, grotte e caverne al cui
interno si sono rinvenute testimonian-
Beach rock.
Pareti rocciose presso M. Cucco.
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Falesie a Capo Noli.
Vilucchio di Capo Noli.
La Grotta dei Falsari.
ze di un’antichissima presenza dell’uomo
nel territorio.
FINALESE - CAPO NOLI
Campanula a foglie uguali.
Una flora speciale e specifica
La Pietra di Finale ha costituito un fattore
di isolamento che ha favorito l’originarsi di endemismi, come la campanula a
foglie uguali (Campanula isophylla), che cresce solo nelle fessure di questa roccia ed è
stata proposta per l’inserimento nelle liste
della “Direttiva Habitat”. Sul calcare troPelodite punteggiato.
vano spazio anche la campanula di Savona
(Campanula sabatia), endemica della Liguria occidentale, il vilucchio di Capo Noli (Convolvulus sabatius), relitto paleomediterraneo raro allo stato spontaneo, e terreni erbosi che
ospitano oltre venti specie di orchidee protette a livello internazionale e/o regionale. Altre specie sono presenti con popolazioni isolate o al limite della propria distribuzione,
come il fiordaliso ovoide (Leuzea conifera) e l’afillante (Aphyllanthes monspeliensis).
Sopra le rupi e dentro le grotte
Nell’area abbondano gli ambienti rupestri, che ospitano comunità vegetali casmofitiche
(cioè adattate a vivere nelle fessure delle rocce) e sono siti idonei alla nidificazione del falco pellegrino (Falco peregrinus) e del gufo reale (Bubo bubo): la presenza di questi uccelli è
il motivo del divieto di arrampicata sportiva su alcune pareti di roccia; sono comunque
una novantina le specie di uccelli presenti e tutelate da norme internazionali. Nelle oltre
150 grotte vivono diverse specie di invertebrati di rilievo, molti dei quali sono endemici
(come gli aracnidi Histopona paleolithica, Chthonius concii e C. gestroi, endemismi puntiformi);
sono inoltre presenti diverse specie di pipistrelli ed il geotritone (Speleomantes strinatii).
Animali al limite
Il SIC rappresenta l’area di presenza meglio conservata di alcune specie che si trovano
in Liguria al limite orientale della propria distribuzione. Tra i rettili e gli anfibi, la lucertola ocellata (Timon lepidus) ed il pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus) sono anche
specie rare ed assenti dal resto d’Italia, proposte per l’inserimento nelle liste della “Direttiva Habitat”.
ISOLA BERGEGGI-PUNTA PREDANI
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L’isola di Bergeggi.
SIC “Isola di Bergeggi-Punta
Predani”
Il Sito di Importanza Comunitaria “Isola
di Bergeggi - Punta Predani” (IT 1323202)
si estende per un’area di 10 ettari, sovrapponendosi parzialmente all’area della
Riserva Naturale Regionale di Bergeggi.
Il colore grigio della roccia è l’elemento
dominante di questo paesaggio tormentato da grandi pieghe e faglie, ben visibili a
monte dell’Aurelia. È un tratto di costa articolato, con falesie attive che si alternano
a piccole spiagge incassate (pocket beach)
e ciottolose, interrotto da minuscole grotte.
Più grande è la Grotta Marina di Bergeggi, testimone delle variazioni del livello del
mare: nei periodi glaciali, quando le acque si abbassavano e l’isola era collegata
alla costa, l’uomo l’ha colonizzata lasciando preziose testimonianze del suo passato,
mentre sulle sue pareti i fori dei litodomi
(molluschi litofagi, cioè “mangiatori di roccia”) sono segno dell’innalzamento delle
acque nei periodi interglaciali, come confermano linee di riva ed antichi terrazzi
marini a varie quote.
La flora
Sulle rupi si rinvengono piante rare in
Barba di Giove.
Euforbia arborescente.
Statice della Riviera.
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ISOLA BERGEGGI-PUNTA PREDANI
Liguria e prossime al limite nord della propria
area di distribuzione,
come la barba di Giove (Anthyllis barba-jovis),
l’euforbia arborescente (Euphorbia dendroides)
e la timelea barbosa o
spazzaforno (Thymealea
irsuta). L’isolotto, colonizzato da una nutrita
popolazione nidificante di gabbiano reale
(Larus cachinnans), ospita residui di macchia
mediterranea, di oliveFalesie presso Punta Predani.
ti, e piante nitrofile come
la fella (Ferula communis), al limite nord della propria distribuzione. Nel sito è stata segnalata la campanula di Savona (Campanula sabatia), tutelata dalla “Direttiva Habitat”.
Strategie contro l’aridità
L’euforbia arborescente si protegge dall’eccessiva evaporazione perdendo le foglie
d’estate, al contrario delle “normali” caducifoglie: questo “relitto terziario” era diffuso in
Mediterraneo quando il clima era di tipo tropicale, e scomparì da molte zone con le glaciazioni quaternarie. Anche il sale tende ad “asciugare” i tessuti: le scogliere esposte agli
spruzzi ed alla salsedine sono colonizzate da comunità vegetali alofitiche (cioè capaci di
vivere in un ambiente “salato”), composte da specie altamente adattate, con foglie carnose e in grado di trattenere acqua al loro interno, come il finocchio marino (Crithmum
maritimum) e lo statice della riviera (Limonium cordatum).
Tra terra e mare
L’area del SIC è frequentata da uccelli acquatici: garzetta (Egretta garzetta), nitticora (Nycticorax nycticorax), strolaghe (Gavia arctica e stellata), gabbiano corallino (Larus melanocephalus)
e beccapesci (Sterna sandvicensis) sono tutelati dalla “Direttiva Uccelli”. Le piccole spiagge
a tasca ospitano specie vegetali annuali che fioriscono sulla sabbia, formando una comunità estremamente vulnerabile, tutelata dalla “Direttiva Habitat”, così come gli ambienti
di transizione costituiti da rocce esposte all’azione del moto ondoso, pozze di scogliera,
grotte e sporgenze litorali.
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CARMO-SETTEPANI
SIC “Monte Carmo-Monte Settepani”
Le Alpi Marittime, dal M. Carmo.
Il Sito di Importanza Comunitaria
“Monte Carmo - Monte Settepani” (IT 1323112) si estende per
una superficie di circa 7.500 ettari. L’area è attraversata da nord
a sud dallo spartiacque tirrenico-padano, che si estende dal
Monte Settepani (1.386 m) alla
Rocca Barbena (1.142 m). È un
territorio molto vario nel quale gli
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La faggeta della Barbottina.
CARMO-SETTEPANI
aspri e ripidi pendii del versante tirrenico contrastano con quelli padani, più dolci e verdeggianti. La
zona del Melogno è una famosa area carsica dove
si aprono cavità importanti come il Buranco Rampiun (profondo 150 m e con uno sviluppo di circa
2 Km), e fenomeni superficiali come le doline. Ma
non solo le rocce calcaree sono le protagoniste di
questo paesaggio: alla testata della val Maremola affiora la maestosa formazione della Costa dei Balzi
Rossi, le cui rocce di colore rosa rappresentano antiche colate ignimbritiche, conseguenza dell’attività
di vulcani esplosivi.
Da qui cominciano le Alpi
Nell’ambito della Rete Natura 2000 il sito è rappresentativo della regione biogeografica alpina, ed infatti
si rinvengono popolamenti come quelli a rododendro
(Rhododendron ferrugineum) e ginepro nano (Juniperus nana)
del Bric Agnellino (1.337 m); sulle rupi esposte a sud si
trovano però anche specie mediterranee, come la campanula di Savona (Campanula sabatia). Il Monte Carmo
Genziana ligure.
(1.389 m) è considerato il confine botanico tra Alpi e
Appennini, in quanto molte specie alpine non si spingono oltre: tra queste, la genziana
ligure (Gentiana ligustica), endemica delle Alpi sud-occidentali e tutelata dalla “Direttiva
Habitat”, e la meleàgride ligure-provenzale (Fritillaria involucrata), dal fiore purpureo con
disegno a scacchiera.
Le due facce del SIC: rocce e boschi
Sulle rupi calcareo-dolomitiche si rinvengono la primula impolverata (Primula marginata),
dalle tipiche foglie di aspetto farinoso, e la sassifraga callosa (Saxifraga lingulata), dalle vistosissime fioriture a grappoli bianchi, protette in Liguria (L.R. 9/1984). Anche l’aquila
reale (Aquila chrysaetos), tutelata dalla “Direttiva Uccelli”, frequenta gli ambienti rupestri.
Gli habitat forestali sono invece rappresentati soprattutto da castagneti e faggete: queste
trovano il loro ambiente ideale sui pendii fresco-umidi del versante padano. Di particolare pregio è la foresta demaniale della Barbottina, situata nei pressi del Colle del Melogno:
si tratta di una faggeta pressochè pura estesa per 244 ettari, tra le più ben conservate della Liguria, con esemplari di notevole diametro e altezza.
Un’elevata qualità ambientale
Il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes), la sanguinerola (Phoxinus phoxinus) e l’habitat delle foreste alluvionali ad ontano sono entità di interesse comunitario legate a corsi
d’acqua e sensibili all’inquinamento. Nel sito sono presenti altre specie indicatrici di qualità ambientale come l’endemico coleottero
Philorhizus liguricus ed il rarissimo gatto selvatico (Felis silvestris).
Sassifraga callosa.
Costa dei Balzi Rossi.
ROCCA DEI CORVI-MAO-MORTOU
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SIC “Rocca dei Corvi-Mao-Mortou”
La Rocca dei Corvi.
Lande a calluna.
Il Sito di Importanza Comunitaria “Rocca dei Corvi - Mao - Mortou” (IT 1323203) si estende per circa
1.600 ettari. La forma dell’area segue l’andamento
del crinale tra il Bric Alpe (667 m) ed il Monte S.Elena
(347 m), lungo il quale sono disposte culminazioni di
quota relativamente modesta: la Rocca dei Corvi (793
m), dirupata e in parte coperta di frane, è la cima più
elevata, dalla quale si gode di un panorama unico
verso la Riviera di ponente, il golfo di Genova ed occasionalmente la Corsica. La dorsale che scende fino
a Monte Mao (440 m) ha versanti aridi e scoscesi, con
affioramenti di quarziti (biancastre) e calcari dolomitici (grigi): in questi si aprono varie cavità, come la
Grotta del Mortou e la Tana della Ghirba. Andando
oltre, in direzione di Capo Vado, si susseguono rocce
di tipologie così differenti da rendere la zona geologicamente molto complessa, soprattutto se si considera
un territorio relativamente piccolo come quello del
Comune di Bergeggi.
Contrasti vegetazionali
A causa delle differenze nell’esposizione dei versanti e delle diverse tipologie di
rocce, il sito presenta una notevole diversificazione degli habitat. Tipici dell’area
mediterranea, nella parte sud-est del territorio, sono i boschi di quercia da sughero
(Quercus suber), una tipologia di vegetazione
tutelata dalla “Direttiva Habitat”. A quote
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Flora protetta
Sono presenti due importanti endemismi: la campanula di Savona (Campanula
sabatia), inserita nella “Direttiva Habitat”
come specie di interesse prioritario, ed il
vilucchio di Capo Noli (Convolvulus sabatius),
relitto della flora paleomediterranea, che
in provincia di Savona è presente allo stato spontaneo solo qui e nel Finalese. Nelle
praterie assolate e pietrose si può incontrare il raro fiordaliso ovoide (Leuzea conifera),
una composita dal fiore a forma di pigna,
e diverse specie di orchidee. Tutte queste
specie sono protette dalla legge regionale
(L.R. 9/1984).
Un angolo per gli anfibi
Nel sito, ed in particolare nell’area del
Monte Mao e Mortou, si rinvengono ambienti idonei per la vita e la riproduzione di
diverse specie di anfibi anuri: pozze dove
l’acqua rimane stagnante per un periodo
sufficiente a sostenere queste popolazioni. È stata segnalata la presenza della rana
agile (Rana dalmatina), della raganella mediterranea (Hyla meridionalis) e del rospo
smeraldino (Bufo viridis), diffuso in poche
aree della provincia. Decisamente più raro in Italia, in quest’area è presente anche
il pelodite punteggiato (Pelodytes punctatus),
che in provincia si rinviene solo in questo
sito e nel Finalese.
Salamandra pezzata.
Rospo smeraldino.
Fiordaliso ovoide.
La sughereta di Bergeggi.
ROCCA DEI CORVI-MAO-MORTOU
insolitamente basse, sono presenti frammenti di faggeta e lande a calluna (Calluna
vulgaris), affascinanti in autunno grazie alla vistosa fioritura violetta di questa pianta,
che ama i terreni acidi e viene favorita da
un pascolo moderato.
MONTE RAVINET-ROCCA BARBENA
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SIC “Monte
Ravinet-Rocca
Barbena”
Il Sito di Importanza
Comunitaria “Monte Ravinet - Rocca Barbena”
(IT 1324011) si estende
per un’area di circa 2.600
ettari. Dal punto di vista
paesaggistico, è probabilmente una delle zone più
suggestive della Riviera di
Ponente, ma anche una
delle più complesse delle Alpi Liguri: in pochi
Torrioni in Val Varatella, nelle dolomie di S. Pietro dei Monti.
chilometri presenta dislivelli superiori a 1.000 metri,
raggiungendo il limite dello spartiacque ligure-padano. Il paesaggio è tipicamente carsico e costituito
da profonde gole, limitate da aspri pendii rocciosi
sui quali si aprono grotte e nicchie di dissoluzione,
e che formano le principali culminazioni: la Rocca Barbena (1.142 m), la Rocca Berleurio (841 m),
il Monte Ravinet (1.070 m) ed il vicino terrazzo sul
quale è collocata l’antichissima abbazia di San Pietro dei Monti (895 m). Le Grotte di Toirano, uno dei
complessi carsici più famosi della regione, rappresentano l’aspetto più noto al pubblico di un fenomeno
molto più complesso ed esteso, comprendente quasi
un migliaio di cavità.
Grotte di Toirano: “sala del fascio”.
Grotte affollate
Anche se l’esempio di fauna cavernicola che più
colpisce la fantasia è quello dell’antico orso delle ca-
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Prati aridi ricchi di orchidee
I versanti meno acclivi sono occupati da
praterie pietrose, che sono il risultato della
pressione del pascolo su un terreno roccioso e già poco adatto a sostenere una
vegetazione forestale. Queste praterie
rappresentano però un habitat di grande valore, in quanto ospitano numerose
specie di orchidee selvatiche; nel SIC sono presenti molte specie del genere Orchis
(O. tridentata, O. ustulata, O. morio) ed alcune
specie del genere Ophrys (O. sphegodes, O. fuciflora, O. apifera), dal particolare fiore che
imita un insetto, tutte protette dalla legge regionale.
Altre specie di interesse comunitario
Tra le specie vegetali tutelate dalla “Direttiva Habitat”, qui vivono la campanula di
Savona (Campanula sabatia), endemica delle
province di Savona e Imperia, e la genziana ligure (Gentiana ligustica), endemica delle
Alpi sud-occidentali. Per la fauna, la falena
Euplagia quadripunctaria, il gambero di fiume
Austropotamobius pallipes, il raro anfibio Pelodytes punctatus. Una settantina sono le specie
di uccelli censite nell’area, tra cui l’aquila
reale (Aquila chrysaetos) ed il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus).
Orchidea screziata.
Campanula di Savona.
Gambero di fiume.
MONTE RAVINET-ROCCA BARBENA
verne nelle Grotte di Toirano, le grotte del
SIC sono oggi abitate da altri animali, meno noti ma scientificamente importanti per
la loro vulnerabilità, rarità o per il fatto di
essere endemici. Sono endemismi liguri
dall’areale molto ristretto alcuni aracnidi della famiglia degli pseudoscorpioni
(Roncus belluatii, Chthonius troglophylus) e piccoli crostacei (Speocyclops franciscoloi, Porcellio
tortonesei). Abita le grotte e gli ambienti circostanti anche il geotritone Speleomantes
strinatii, un anfibio tutelato dalla “Direttiva Habitat”. Tra i pipistrelli, sono presenti
il ferro di cavallo maggiore (Rhinolophus
ferrum-equinum) ed il rinolofo euriale (Rhinolophus euryale).
SENTIERI NATURA
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Val Ponci
Località di partenza:
Verzi (124 m)
Località di arrivo:
Colla di Magnone (317 m)
Segnavia:
un bollo rosso pieno
Tempo di percorrenza:
circa 2 ore
Accesso:
l’inizio del sentiero si può
raggiungere a piedi una
volta lasciato il proprio
mezzo a Calvisio o a
Verzi (in entrambi i casi
percorrendo un tratto di
strada asfaltata); è anche
possibile parcheggiare
l’auto presso il bivio per il
Monte Corno.
La Rocca di Corno.
Il sentiero natura segue la valle
del rio Ponci da Verzi a Colla di
Magnone, ricalcando in parte il
tracciato dell’antica via romana
Julia Augusta (13 a.C.); all’inizio
del sentiero si trova una guglia
rocciosa, il “menhir di Verzi”,
ed un pannello illustrativo che
ne spiega il significato. La prima parte dell’itinerario si svolge
su una larga sterrata, panoramica sull’imponente Monte Corno,
le cui pareti sono una delle mete
più frequentate per l’arrampicata sportiva. In questo tratto si
possono osservare, ai bordi della strada, essenze tipiche della
macchia mediterranea, come
il terebinto (Pistacia terebinthus),
il lentisco (Pistacia lentiscus) ed il
mirto (Myrtus communis). A pochi
metri dal tracciato, gli arbusti
sono già sostituiti da specie arboree della pineta e del bosco
misto fino al fondovalle, che nel
primo tratto si trova molto più in
basso rispetto al sentiero, ma si
innalza repentinamente presso il
bivio che porta al Monte Corno.
Questo salto morfologico è una
caratteristica tipica delle valli sospese; la val Ponci è inoltre una
valle fossile, nella quale rimangono visibili le tracce dell’antico
passaggio dell’acqua. Lungo le pendici rocciose del Monte Corno le specie arboree tipiche del bosco misto vengono sostituite dai pini, più adatti a colonizzare i terreni rocciosi
e poveri di suolo: nella parte bassa si trovano soprattutto pini marittimi (Pinus pinaster), dai
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Cisto a foglie di salvia.
Corbezzolo.
Ponte romano delle Fate.
Vigneto sulle terre rosse.
Natrice dal collare.
SENTIERI NATURA
lunghi aghi rigidi, mentre nella parte superiore predominano i pini d’Aleppo (Pinus
halepensis), dal colore più chiaro, con aghi
e pigne nettamente più piccoli e portamento contorto. Questa specie, al contrario del
pino marittimo, è il pino meglio adattato a
vegetare in località vicine al mare e su suolo
roccioso calcareo e le pinete che esso forma
presentano un più alto grado di naturalità
ed una maggior resistenza alle fitopatie. Ai
bordi della sterrata, in primavera, si può anche notare la presenza della campanula di Savona
(Campanula sabatia), specie endemica della Liguria
occidentale, che cresce su terreni calcarei ed assolati; con una lente di ingrandimento si può osservare
una delle sue caratteristiche distintive: la presenza
di piccole papille che formano un fitto rivestimento
sul calice. In breve si arriva al ponte delle Fate, il più
grande e meglio conservato dei cinque ponti romani
della valle: tra i conci del ponte si possono osservare piccole piantine della campanula a foglie uguali
(Campanula isophylla), specie di grande interesse poiché si tratta di un endemismo puntiforme, diffuso
solo nel Finalese ed in nessuna altra parte del mondo, che cresce praticamente solo nelle fessure della
“Pietra di Finale”, con la quale sono stati costruiti i
primi quattro ponti della valle. Poco prima del ponte, seminascosto tra la vegetazione, si trova il bivio
che conduce alla grotta delle Fate. Si prosegue costeggiando il torrente parzialmente invaso dai rovi
e, oltrepassata una casa isolata circondata da alberi
ornamentali, si giunge ad un bivio e la sterrata diventa un sentiero.
Prendendo a sinistra, si costeggiano dei vigneti impiantati su un suolo rossiccio, la così detta “terra
rossa mediterranea”. Da sinistra confluisce nella
valle principale l’incisione della Valle dei frassini,
percorsa da un sentiero che porta al Ciappo del
Sale, pavimento calcareo sul quale si trovano alcune incisioni rupestri. Un fitto bosco misto, dove
è presente ma non dominante il frassino minore o
orniello (Fraxinus ornus), rende questa valle buia ed
umida: qui, con un po’ di fortuna, si possono incontrare specie di rettili ed anfibi che amano questi
ambienti, come la natrice dal collare (Natrix natrix).
Incontrando questo rettile è necessario fare caso alle sue caratteristiche per non giungere all’affrettata
conclusione di avere a che fare con una vipera, che
inoltre predilige zone più aride e pietrose. Le innocue natrici infatti hanno testa affusolata con grandi
placche, squame lisce e parte terminale della coda sottile.
Se allo stesso bivio si va invece a destra, si cammina per un tratto lungo il greto del rio Ponci entro
una fitta boscaglia; si possono notare alcune pozze di acqua stagnante, dovute alla falda acquifera
16
SENTIERI NATURA
che localmente emerge. Queste pozze sono frequentate dai cinghiali per il quotidiano bagno di
fango (insoglio). Il cinghiale, ungulato attualmente diffuso in zona, era scomparso in Liguria nella
metà dell’ottocento e non se ne segnalò più la
presenza fino all’inizio del novecento; la ricomparsa fu dovuta all’immigrazione dalla Francia,
dove era in espansione numerica, ed al ripopolamento a scopo venatorio. La veloce crescita della
popolazione si deve alla notevole capacità di incremento, in grado di triplicare il numero degli
individui in un anno, quando le risorse alimentari sono sufficienti: la cessazione dell’utilizzo
del bosco (castagne, ghiande...) da parte dell’uomo ha determinato il ripristino delle fonti di cibo
Bosco misto in Val Ponci.
utili al sostentamento delle popolazioni di cinghiali.
I due percorsi alternativi possono essere effettuati uno all’andata ed uno al ritorno. In
ogni caso, si incontrano nuovamente a poca distanza presso il secondo ponte romano,
detto “ponte sordo”, del quale rimane solo la rampa di accesso a monte. Presso il ponte
si possono osservare alcuni esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa), un albero che necessita della presenza di abbondante acqua: si distingue per le foglie lucide e arrotondate,
talvolta con apice rientrante; i frutti hanno
l’aspetto di piccole pigne.
A poca distanza si incontra il terzo ponte
(“ponte muto” o “ponte delle Voze”), che
oltrepassa il rio delle Voze, presso un bivio:
il percorso a destra sale verso l’altopiano
delle Manie arrivando all’Arma delle Manie, mentre il sentiero natura prosegue a
sinistra. Per un buon tratto il sentiero, che
conserva in parte il fondo a grossi ciottoli
accostati, attraversa un ambiente di bosco
misto, tipicamente dominato da leccio, orniello, carpino nero e roverella. Il leccio
(Quercus ilex) è una quercia sempreverde
Leccio.
diffusa in ambiente mediterraneo, come albero nei boschi e come arbusto nella macchia mediterranea o negli ambienti rupestri;
le sue foglie, di colore verde scuro nella pagina superiore e coperte da un tomento bianco in quella inferiore, sono adatte a sopportare la carenza idrica nelle calde estati secche.
La roverella (Quercus pubescens) ha foglie a margine lobato, ghiande più allungate di quelle del leccio, con cupola più piccola. L’orniello (Fraxinus ornus) ha foglie composte da 5-9
foglioline picciolate, vistose infiorescenze bianco-crema e frutti secchi penduli di colore marrone. Il carpino nero (Ostrya carpinifolia) ha foglie appuntite, con margini dentati e
fitte nervature; le infruttescenze hanno una caratteristica forma a cono pendulo. In inverno solo il leccio conserva le foglie mentre le altre specie si possono distinguere dalla
corteccia: molto chiara quella dell’orniello, molto scura e liscia quella del carpino, mentre quella della roverella è bruna-grigiastra e ruvida, simile a quella del leccio.
Sempre nel bosco, si arriva ad un punto in cui il fondo del sentiero è visibilmente scavato
dall’acqua. Al termine di questo breve tratto si trova un bivio sulla destra che permette,
con una breve deviazione, di visitare le Cave Romane di Pietra di Finale.
Ancora un breve tratto all’interno del bosco e poi la visuale si apre: in prossimità del
quarto ponte romano (“ponte dell’acqua”) si estendono vasti prati. La presenza di alberi da frutta e ruderi di vecchie case testimonia un passato utilizzo antropico di questa
porzione di valle, motivato anche dalla presenza di una sorgente: è visibile l’opera di
captazione realizzata alla base della casa detta “Ca’ du Puncin”. Questi ambienti pra-
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SENTIERI NATURA
tivi, costellati da pochi alberi ed arbusti sui
quali si arrampicano il rovo e la vitalba, e
circondati da boschi, costituiscono un ambiente di caccia ideale per alcune specie
di rapaci che nidificano sulle pareti rocciose della vicina Rocca degli Uccelli, tra
le quali il falco pellegrino (Falco peregrinus).
Questa specie, dall’apertura alare di circa
Vanessa io.
un metro, può essere avvistata mentre volteggia lentamente per prendere quota: una volta avvistata la preda, si lancia velocissimo in
picchiata, potendo raggiungere i 140 km/h. In primavera, i prati fioriti attirano un gran
numero di farfalle diurne: questi insetti succhiano il nettare dei fiori attraverso una specie
di “cannuccia” detta spiritromba, che a riposo è arrotolata su se stessa; esse hanno anche
la necessità di trovare precise specie vegetali sulle quali deporre le uova, poiché la larva (il
bruco) ha una dieta molto ristretta, in molti casi limitata ad una sola specie.
Il sentiero si inoltra nuovamente nel bosco misto, mentre la pendenza, fino a questo momento in piano o in leggera salita, si accentua. Osservando il fondo del sentiero, cosparso
da pietre spigolose disposte in modo disordinato, si possono notare due tipi di roccia: pietre grigie, lisce e compatte, e pietre più chiare, ruvide e formate da granellini di sabbia;
le prime, dette “dolomie di San Pietro dei Monti”, sono calcari dolomitici e formano un
suolo basico, mentre le seconde, delle “quarziti di Ponte di Nava”, danno origine ad un
terreno acido. La differenza di chimismo del suolo si riflette sulle specie che compongono la vegetazione; da questo punto in poi si cominciano infatti ad osservare con maggior
frequenza alcune specie che prediligono gli ambienti acidi: l’erica, il corbezzolo e il cisto
a foglie di salvia. L’erica (Erica arborea) è un arbusto con minuscole foglie aghiformi ed altrettanto minuscoli fiori bianchi, che sbocciano abbondanti in primavera. Il corbezzolo
(Arbutus unedo) ha foglie lucenti a margine dentellato, che contrastano con i toni rossicci
del picciolo e dei rametti terminali; su questo arbusto si possono osservare contemporaneamente i bianchi fiori campanulati, che sbocciano a grappoli in autunno-inverno ed
i frutti rossi dell’anno precedente in maturazione, sferici e granulosi in superficie.
Il cisto a foglie di salvia (Cistus salvifolius)
è un arbusto dai fiori bianchi, con corolla di cinque petali grande 4-5 centimetri;
è particolarmente legato ai terreni acidi,
al contrario della specie affine, il cisto tomentoso (Cistus albidus), più frequente nel
Finalese, legato a terreni calcarei, con fiori rosa.
Si arriva quindi ad un bivio: deviando a
sinistra è possibile visitare i resti del quinto ponte romano (“ponte di Magnone”),
parzialmente franato, e reimmettersi sul
sentiero principale poco più a monte; la
vegetazione attorno al ponte è caratterizzata dalla presenza del castagno (Castanea
sativa), anch’esso amante dei suoli acidi,
e della felce aquilina (Pteridium aquilinum),
specie infestante, soprattutto in aree disturbate da incendi, grazie alla produzione
di gemme da un rizoma sotterraneo. In
breve si giunge al termine dell’itinerario,
presso la cappelletta di S. Giacomo alla
Colla di Magnone.
Falco pellegrino.
SENTIERI NATURA
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Val Cornei
Località di partenza:
Ponte Cornei (90 m)
Tappa intermedia:
Orco loc. Chiesa (370 m)
Località di arrivo:
Boragni (195 m)
Segnavia:
Ponte Cornei - S.
Lorenzino: una linea
orizzontale e due bolli
rossi (
);
S. Lorenzino - Val Nava:
un triangolo e due linee
verticali rosse ( );
bassa Val Nava Strapatente: nessuno;
Strapatente - Boragni: un
bollo rosso ( ).
Tempo di percorrenza:
circa 3 ore.
Accesso:
L’inizio del sentiero si
raggiunge in macchina
da Finalpia; presso
Ponte Cornei è possibile
parcheggiare.
Il sentiero percorre l’intera valle del Rio Cornei, dalla sua confluenza col torrente Sciusa fino ad Orco, passando per le località San Lorenzino e Chiesa e ridiscende per la val
Nava fino a Boragni.
I primi metri del sentiero costeggiano in piano la sponda destra idrografica del Torrente
Sciusa, in un ambiente parzialmente degradato, con vegetazione infestante (rovi, fichi);
una nota di interesse immediato sono però le dismesse cave di Pietra di Finale (cave del
Martinetto) il cui accesso è sommariamente sbarrato. Passando oltre una lastra rocciosa,
situata in corrispondenza della base della val Cornei, il sentiero si stringe in salita ed il
paesaggio cambia radicalmente. Ci si trova all’interno di una gola tra due pareti rocciose che da questo punto (circa 100 m di quota) si ergono fino a superare i 300 m: questo
ambiente molto suggestivo si presenta buio, isolato dal rumore della vicina strada e con
un’elevata umidità atmosferica. Questa umidità ha fatto sì che i lecci ed altre piante, arrampicati sulla parete a sinistra alla ricerca di luce, si siano accontentati di estendere le
loro radici lungo la superficie rocciosa perennemente umida. È il regno delle felci, dei
muschi e delle epatiche (queste ultime, meno “famose”, sono piante affini ai muschi con
forma piatta e ramificata a ricoprire la roccia): lungo il sentiero, ma ancor meglio con
una breve deviazione a sinistra direttamente sul letto del rio (facendo attenzione a non
scivolare sulle rocce umide!), se ne possono osservare in grande quantità. È stata anche
rinvenuta una specie rara in Liguria, la pteride di
Creta (Pteris cretica), una felce dall’aspetto elegante,
con fronda suddivisa in lamine lunghe e sottili. Sono presenti specie arboree del bosco misto (carpini,
ornielli, noccioli), ma è soprattutto notevole il numero degli esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa),
un’essenza arborea che tipicamente vegeta vicino ai
corsi d’acqua, perché necessita di acqua in buona
quantità e qualità, motivo per il quale questi popolamenti sono tutelati da norme comunitarie: sono
infatti poco diffusi e molto vulnerabili all’inquinamento.
Cisto tomentoso.
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SENTIERI NATURA
Il rio Cornei, che un tempo
scorreva in superficie, è stato deviato nel sottosuolo per
effetto del carsismo, e quello
che normalmente copre questo roccioso tratto di greto è
poco più di un velo d’acqua:
ci si trova infatti su un substrato calcareo e carsificabile, la
Pietra di Finale. Questa pregiata ed apprezzata pietra
ornamentale, utilizzabile sia
lucidata che grezza, è osservabile molto bene in questo
punto lungo le lisce superfici
delle cave, dal momento che
qui veniva letteralmente affetDocce di erosione.
tata mediante la tecnica del filo
elicoidale, formato da una “corda” di fili d’acciaio lungo la quale scorreva acqua e sabbia. Sulle scarse fessure di queste pareti, ma anche nel letto del rio, si possono osservare
piccole piantine di campanula a foglie uguali (Campanula isophylla), pregiato endemismo
del Finalese, legato alla Pietra del Finale e frequente sulle rupi assolate: è quasi strano vederla qui, associata a felci, muschi ed epatiche.
Proseguendo, si incontra ancora un’altra cava e si attraversa il rio. Si percorre quindi
un tratto in cui il fondovalle, a destra, è decisamente più in basso del sentiero, che deve
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SENTIERI NATURA
essere affrontato con un po’ di attenzione, dal momento che al bordo presenta piccole frane verso
valle. Superato questo tratto, il resto del sentiero in
val Cornei non presenta più alcuna difficoltà, allargandosi fino a diventare quasi una strada sterrata.
La vegetazione si apre, alternando la boscaglia con
il castagneto: il castagno (Castanea sativa) è presente
con individui di dimensioni relativamente piccole,
non certo adatto alla produzione di buone castagne.
Le essenze arboree, castagno compreso, sono piuttosto utilizzate come fonte di legname, come si può
notare dai numerosi tronchi tagliati ed accatastati in
alcuni punti della valle. L’ambiente del fondovalle,
sebbene qui relativamente luminoso, è totalmente
San Lorenzino di Orco.
estraneo a quello delle vicine rupi e degli assolati altipiani che si estendono oltre queste: tra un castagno
e l’altro si possono però scorgere in alto sulle rupi
dei solchi molto marcati, detti “docce di erosione”,
una particolare forma carsica.
Sul sentiero, dal fondo terroso, è possibile osservare alcune pozze, spesso riempite di fango ma
talora perfino asciutte, nelle quali vi sono in genere abbondanti impronte di cinghiale; questi infatti
le utilizzano per i bagni di fango (insoglio), allo scopo di imprigionare in una crosta di fango i parassiti
Vaschette di corrosione.
presenti nella propria pelliccia. Più avanti, nella
parte bassa del tronco di alcune conifere, è possibile
anche osservare i “grattatoi” dove successivamente
i cinghiali si liberano del fango essiccato: si tratta di
scortecciamenti accentuati a spese del malcapitato
albero, talvolta con tracce di peli.
Siamo ormai in vista della testata della valle e della chiesa di S. Lorenzino di Orco (XII secolo): la
valle si illumina sempre di più e la boscaglia si arricchisce di roverelle (Quercus pubescens) e pini marittimi
(Pinus pinaster).
Euplagia quadripunctaria.
Dopo aver attraversato le case della località S. Lorenzino, vale la pena di salire all’antica chiesetta,
soprattutto in primavera, quando la fioritura della ginestra (Spartium junceum) abbellisce
l’altura, sulla quale si trovano altri ruderi ed i resti di un castrum medioevale. Lungo il
sentierino si alternano pavimenti rocciosi sui quali sono presenti specie aromatiche come il timo (Thymus vulgaris) e la santoreggia (Satureja officinalis), specie rupicole come la
Petrorhagia saxifraga (dai graziosi fiorellini rosa) e la stessa Campanula isophylla, tratti erbosi dominati dalle graminacee, ed arbusti della macchia mediterranea: tra questi spicca il
cisto tomentoso (Cistus albidus), dai grandi fiori rosa a cinque petali. Dalla chiesa, incorniciata dai cipressi, si gode di un magnifico panorama sulle pareti di roccia del Monte
Cucco e sulla valle sottostante, che in inverno permette di apprezzare chiaramente la
distribuzione delle caducifoglie (nel fondovalle) e della vegetazione sempreverde (sui versanti).
Tornando nuovamente alle case, si risale per un tratto la strada asfaltata e si devia seguendo il segnavia (un triangolo e due barre verticali) attraversando altre case, fino alla
località Chiesa; qui si trovano una fontana ed alcune panchine.
Per scendere nella val Nava, si prosegue verso il cimitero di Orco, lasciando l’asfalto dopo pochi metri. Qui il substrato è completamente diverso, trattandosi di quarzite; sul
suolo acido che ne deriva prosperano i pini marittimi e l’erica arborea, oltre al cisto a foglie di salvia (Cistus salvifolius), che in questi casi sostituisce il già citato cisto tomentoso,
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SENTIERI NATURA
nuovamente presente più avanti. Il sentiero
si distacca dalla strada sterrata principale e
si inoltra nella boscaglia, riunendosi ad essa
poco più a valle, quando ormai è diventata
un largo sentiero. In questo punto è possibile fare una deviazione sopra le rocche a
destra: la roccia è nuovamente calcarea, ed
infatti sono osservabili altre forme carsiche,
di dimensione minore rispetto alArma Strapatente.
le docce di erosione, come i fori
passanti e le vaschette di corrosione. Sulle rocce non è raro trovare
tracce di rapaci che, dopo essersi cibati, rigurgitano le parti meno
digeribili del loro pasto sotto forma di masse, simili ad escrementi,
dette “borre”, nelle quali si possono trovare, a seconda della specie
che le ha prodotte, frammenti di
ossa, ossa intere, penne e piume,
peli, esoscheletri di insetti.
Il sentiero costeggia alcuni oliveti,
poi cammina su terre rosse attraversando una boscaglia aperta
Piante casmofite sulla Pietra del Finale.
con erbe abbondanti, dove si possono osservare diverse farfalle, tra le
quali in estate la vistosa Euplagia quadripunctaria. È questa una falena diurna, dalla livrea
vivace rossa, gialla e nera, diffusa e comune in Liguria e sulle coste mediterranee; frequenta macchie e boschi radi, prati alberati e zone ecotonali in generale.
La boscaglia si fa a tratti più fitta e si mescola alla macchia mediterranea, mentre sui
rocciosi ed aridi versanti delle rocche si trovano specie di gariga, osservabili deviando
dal sentiero di fondovalle per salire alla Grotta dei Balconi e all’Arma Strapatente. Dall’Arma Strapatente, una grotta molto particolare perché attraversa da parte a parte il
versante, si ridiscende a valle attraversando invece la lecceta: si incontrano così i due
estremi dell’evoluzione della vegetazione mediterranea, l’estrema involuzione (la gariga)
e l’estrema evoluzione (la lecceta).
Nuovamente in val Nava, il sentiero avanza su un fondo parzialmente ciottolato ed affiancato da muretti a secco, nella macchia mediterranea, che si fa sempre più fitta, fino
ad arrivare presso una parete frequentata dai rocciatori, entro un fitto bosco. Qui gli
alberi sono molto alti e la luce stenta a penetrare: grossi massi costellano il bosco e contribuiscono a creare giochi di luce suggestivi. Sono presenti diversi rami e tronchi caduti,
che costituiscono un’importante risorsa per gli insetti xilofagi (“mangiatori di legno”), tra
i quali possiamo annoverare il cerambice della quercia (Cerambyx cerdo). Poco più avanti il sentiero passa a fianco di una dolina, mentre dall’altra parte, a destra, si alza una
parete di roccia calcarea intensamente corrosa dall’acqua: la quantità di fessure è impressionante ed abbondanti sono le piante “casmofite” (“che vivono nelle fessure”) che
ne approfittano. Questo tipo di habitat è molto variabile, ma in generale sono presenti
piante endemiche caratteristiche dell’area in cui si trova: qui infatti non manca la campanula a foglie uguali; è presente in abbondanza anche Moehringia muscosa, un’elegante
piantina dalle sottili foglioline di un verde tenue.
Ci si immette quindi su un breve tratto di sterrata, sempre nel bosco e si sbuca, infine,
presso una curva della strada comunale che dalla val Sciusa porta ad Orco, attraverso il
nucleo di Boragni, poco distante, che vale la pena di visitare. Una volta giunti a Boragni,
si può percorrere la strada comunale fino alla valle Sciusa e, dopo un tratto sulla strada
per Finale Ligure, tornare a Ponte Cornei.
SENTIERI NATURA
22
Rio
della Valle
Località di partenza:
Salto del Lupo (183 m)
Località di arrivo:
Giogo di Toirano (782 m)
Segnavia:
un rombo rosso
Tempo di percorrenza:
circa 2 ore e mezza
Accesso:
La partenza del sentiero
si trova lungo la strada
provinciale Toirano Bardineto: provenendo da
Toirano, si trova subito
prima del Ponte Salto del
Lupo (piazzola prima del
ponte, a sinistra). Volendo
percorrere il sentiero
partendo dall’alto, si può
parcheggiare in un’ampia
piazzola presso il Giogo
di Toirano, al km. 18 della
strada provinciale.
La denominazione “Salto del Lupo”, attribuita al profondo canyon attraversato dal ponte, è dovuta ad una leggenda secondo la quale un lupo, braccato dagli abitanti della zona
che volevano porre fine alle sue razzie di pecore, spiccò un balzo per oltrepassare il baratro e seminare i suoi inseguitori.
Alla partenza dell’itinerario, un cartello segnala “antica via della valle”: questa era infatti un’importante via di comunicazione tra Bardineto ed il mare fin dal Medioevo.
Nel tratto iniziale il percorso attraversa un ambiente parzialmente antropizzato, con
terrazzamenti e oliveti in parte abbandonati; intorno sono presenti carpini neri (Ostrya
carpinifolia), ornielli (Fraxinus ornus), terebinti (Pistacia terebinthus) e fichi (Ficus carica), accompagnati da numerose piante erbacee (graminacee e ciperacee). Sui pendii delle rocche
circostanti, in parte ricoperti da falde detritiche, si arrampicano carpini neri, ornielli, lecci (Quercus ilex) e pini (Pinus pinaster).
Il paesaggio della valle è modellato dal carsismo: le valli a canyon, dai ripidi versanti
in roccia calcarea, sono generate prevalentemente dall’azione chimica dell’acqua, che
crea incisioni molto più nette di quelle modellate dal “normale” scorrimento superficiale. Lungo la sterrata si incontra una vaschetta in pietra dove l’acqua, proveniente da una
sorgente carsica, crea un microambiente molto diverso da quello circostante, colonizzato da diverse piante di capelvenere (Adiantum capillus-veneris). Questa graziosa felce ha la
fronda suddivisa in una cascata di delicati ventagli, con rachide nerastro e lucido, simile
a un capello; cresce su rupi e rocce umide, preferibilmente calcaree, e presso grotte e sorgenti. Proseguendo si incontra un bivio e si continua a
destra per la traccia principale, che diventa un sentiero e conserva a tratti l’antica copertura a grossi ciottoli
accostati. In corrispondenza dell’incisura della valle
del torrente Servaira, si incontra un’altra sorgente ed il
sentiero piega decisamente a sinistra, inoltrandosi nel
bosco tra ornielli, carpini neri e biancospini (Crataegus
monogyna). A tratti il bosco si apre in punti soleggiati e
panoramici, su roccia affiorante, colonizzata da ginestre (Spartium junceum) e bassi arbusti, tra i quali il cisto
tomentoso (Cistus albidus) dai grandi fiori rosa, ed essenze aromatiche come il timo (Thymus vulgaris) e la
santoreggia (Satureja montana). In alcuni punti le rocce
formano un vero e proprio pavimento, dalla superficie
Ofride dei fuchi.
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SENTIERI NATURA
estremamente liscia. Questi ambienti rocciosi sono ottimali per i “bagni di sole” necessari ai rettili per raggiungere una ottimale temperatura corporea. Un colpo di fortuna
potrebbe farvi incontrare la lucertola ocellata (Timon lepidus), un corpulento sauro che
raggiunge i 60 centimetri di lunghezza, caratterizzato da una bella livrea verde con macchie blu ai lati del corpo.
Nei tratti più erbosi si possono invece scorgere, soprattutto in primavera, minuscoli esemplari di orchidee selvatiche, che rivelano la loro bellezza se osservate a distanza
ravvicinata. Nella zona sono presenti infatti diverse specie dei generi Orchis ed Ophrys: le
prime hanno dense infiorescenze a pannocchia generalmente rosa e bianche, mentre le
seconde sono veramente particolari in quanto il fiore imita le fattezze di un insetto. È
molto importante evitare di cogliere queste piante, molto rare e vulnerabili per il loro delicato e complesso ciclo riproduttivo, che necessita la simbiosi con un fungo.
Dopo un’ampia curva verso destra la mulattiera prosegue sempre su selciato, delimitato
a valle da grossi massi, ed arriva ad un rudere, probabilmente un’antica stalla: sopra la
porta una nicchia ospitava una statua della Madonna, come indica l’iscrizione “Ecco vostra madre”. Nelle vicinanze il bosco si arricchisce della presenza di sporadici esemplari
di castagno (Castanea sativa).
Dopo poco si passa un altro affluente del Rio della Valle su un antico ponte, sotto al
quale l’acqua scorre sulla nuda roccia, formando marmitte di erosione. La vegetazione si apre regalando un magnifico punto panoramico, ma ben presto si richiude fino a
divenire un fitto bosco, dove l’ombra favorisce la crescita di edera (Hedera helix) e pungi-
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SENTIERI NATURA
topo (Ruscus aculeatus) nel sottobosco. Tra le specie
arboree abbondano gli esemplari di ontano nero
(Alnus glutinosa), dal momento che il sentiero si trova a passare molto vicino al torrente che, in questo
tratto, scorre in superficie formando alcune pozze.
In corrispondenza di un altro ponte si incontrano
ancora marmitte di erosione, cascatelle, piccoli laghetti e strettoie nella roccia dove il flusso d’acqua
è più rapido. L’enorme variabilità della corrente
condiziona la composizione della fauna acquatica,
specialmente per quanto riguarda gli invertebrati
(molluschi, vermi, crostacei e larve di insetti): nei
passaggi più turbolenti prevalgono specie che hanno sviluppato le più diverse strategie per resistere al
Bosco ceduo.
trascinamento, dotandosi di ventose, fili di seta che le
fissano al fondo, muco vischioso, zavorre di sassolini e forme appiattite. La vegetazione
circostante è caratterizzata dall’ontano nero, che in questo tratto si accompagna al sambuco (Sambucus nigra), simile all’orniello per quanto riguarda le foglie (foglie composte
formate da 5-7 foglioline) ma molto diverso nella corteccia, che è bruna, spessa e fessurata, simile al sughero.
Si attraversa il rio della Valle in un tratto secco per la maggior parte dell’anno e si inizia
una decisa salita, abbandonando il fondovalle a sinistra. Il sentiero si inoltra, con andamento tortuoso, in mezzo al bosco misto con noccioli (Corylus avellana), aceri campestri
(Acer campestre) e montani (Acer pseudoplatanus), ciliegi (Prunus avium) e betulle (Betula pendula).
Più in quota, in corrispondenza di un tratto roccioso, si incontra un punto panoramico eccezionale che permette di abbracciare con la vista tutta la valle. Nelle ore più calde
delle giornate serene si possono vedere i rapaci diurni volteggiare lentamente, sostenuti
dalle correnti calde che salgono dal fondovalle: nella zona è presente l’aquila reale (Aquila chrysaetos), distinguibile per le sue grandi dimensioni (oltre 2 metri di apertura alare) e
sagoma con ali e coda arrotondate. Tra i molti altri uccelli che frequentano queste pareti
rocciose si possono avvistare il gheppio (Falco tinnunculus), il corvo imperiale (Corvus corax) e
la rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), dal comportamento simile alla rondine ma con
tinte brunastre e coda meno forcuta. Più facili da sentire che da vedere sono il passero solitario (Monticola solitarius), il codirossone (Monticola saxatilis) ed il codirosso spazzacamino
(Phoenicurus ochruros): i primi due hanno un canto sonoro e melodioso che ricorda quello
del merlo, mentre il terzo emette note metalliche. Raro e bellissimo, in zona è presente il
picchio muraiolo (Tichodroma muraria), che ricorda una grossa farfalla per la forma e la vistosità delle sue ali aperte, nere con disegni bianchi e rosso carminio.
Superata una decisa curva a sinistra, si arriva ad una sella erbosa. L’alta val Varatella
ospita una popolazione di daini (Dama dama): l’alternanza tra bosco di latifoglie e zone
aperte costituisce un ambiente particolarmente favorevole a questa specie, che ha una
dieta varia comprendente sia graminacee, frutti e foglie di specie arboree. Molto timido,
in fuga lo si riconosce dallo specchio anale bianco sul quale spicca la coda nera; i maschi hanno inoltre corna ramificate, che a partire dal terzo anno di età terminano con
una caratteristica pala.
Dal pianoro, attraversato da una linea elettrica, è possibile effettuare una variante dell’itinerario percorrendo la sterrata che si origina in questo punto ed arriva sulla provinciale,
nei pressi della Sella Alzabecchi. Il sentiero per il Giogo di Toirano invece devia a destra
perpendicolarmente alla sterrata. Si attraversa un tratto di bosco con scorci panoramici, dove alle essenze arboree già menzionate si aggiungono castagno e rovere (Quercus
petraea), quindi si passa una vallecola oltre la quale il bosco diventa decisamente più umido e si arricchisce di pioppi neri (Populus nigra), tigli selvatici (Tilia cordata), qualche faggio
(Fagus sylvatica) e betulla (Betula pendula), interrompendosi in alcuni punti per lasciare posto ad una bassa vegetazione infestante. Si sbuca quindi su una sterrata: seguendola verso
destra si arriva in breve alla strada provinciale presso il chilometro 18, nelle vicinanze del
Giogo di Toirano (a destra).
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SENTIERI NATURA
Località di partenza:
Torre d’Ere
Località di arrivo:
Sughereta “Natte”
Segnavia:
due quadrati rossi vuoti
( ) da Torre d’Ere a
Gola S. Elena;
tre bolli rossi a triangolo
( ) da Gola S. Elena a M.
Rocchetto;
un triangolo rosso pieno
( ) da M. Rocchetto alla
Sughereta;
una linea orizzontale
rossa ( ) dalla Sughereta
a Bergeggi paese.
Tempo di percorrenza:
circa 2 ore
Accesso:
Via Torre d’Ere, strada
che collega Torre del
Mare con Bergeggi paese.
Il sentiero
botanico
di Bergeggi
Il territorio di Bergeggi, ricco di una
straordinaria varietà
di ambienti e di specie vegetali e animali,
presenta un percorso botanico allestito
lungo il sentiero che
collega Torre d’Ere
a Gola S. Elena e da
qui fino alla sughereta “Natte”.
Il sentiero botanico si
snoda sulle alture di
Bergeggi, fino a raggiungere, sulla cima,
l’antico insediamento
abitativo denominato
Castellaro e, passando a fianco dei resti
del Forte S. Elena, ridiscendere verso il più esteso bosco di quercia da sughero del Ponente Ligure (Area Protetta di Interesse Provinciale); da qui si rientra, attraverso via
Luccoli, nei pressi del Municipio.
Il percorso dispone di bacheche illustranti le norme di comportamento e la mappa del
sentiero e di diversi leggii che descrivono le specie vegetali più rappresentative della
nostra flora: cisto, leccio, lentisco, mirto, olivo, pino d’Aleppo, pungitopo, roverella, ginestra, quercia da sughero.
Lungo il percorso sono state allestite due aree di sosta attrezzate con panche e tavoli:
un’area si trova nel tratto di sentiero che collega Torre d’Ere a Gola S. Elena, l’altra si
trova all’interno della sughereta.
Estremamente interessante dal punto di vista naturalistico è la varietà di habitat e di specie vegetali che si alternano lungo il percorso: dalla gariga alla macchia mediterranea,
dal bosco di roverella a quello, molto raro in Liguria, di quercia da sughero.
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GEOLOGIA
VALLE FOSSILE
E SOSPESA
La val Ponci è interessante dal punto di vista geomorfologico poiché presenta diverse caratteristiche tipiche dei paesaggi carsici, costituiti da rocce solubili di tipo calcareo. Si
tratta di una valle fossile, dato che il rio che scorreva e che ne ha inciso l’alveo è stato ad
un certo momento “catturato” dal sistema carsico profondo (ipogeo) e l’acqua deviata
verso il Torrente Sciusa. All’altezza del ponte romano delle Voze (terzo ponte), sul versante destro della valle si apre infatti la grotta della Mala, un inghiottitoio che raccoglie
le acque correnti e le convoglia fino alla sorgente dell’Acquaviva, con un percorso che taglia in modo trasversale la dorsale di Rocca di Corno. Poco lontano la grotta del Cane,
nota anche come grotta Quattrocento, inghiotte le acque del rio Landrassa per congiungerle a quelle del rio Ponci presso il punto assorbente della Mala. La Val Ponci è quindi
una valle secca, in cui le acque scorrono solamente durante eventi metereologici di grande intensità. Essa è anche una valle sospesa e già osservandola da lontano è possibile
notare il grande gradino morfologico che la contraddistingue; questa morfologia è la
conseguenza delle oscillazioni del
livello marino del Quaternario,
causate dalle variazioni climatiche
che hanno portato all’alternarsi
di periodi glaciali ed interglaciali. Nel periodo glaciale la linea
di riva si spostava in avanti, la foce dei torrenti si allontanava e le
valli tendevano ad approfondirsi
per erosione. Ciò però non è potuto accadere in Val Ponci, perché
nel frattempo la valle si era prosciugata ed il fenomeno erosivo si
è interrotto, lasciando un brusco
Il gradino morfologico della Val Ponci.
salto di pendenza.
IL CARSISMO
Il carsismo prende il nome dal termine slavo “Kras” che significa pietra e indica un territorio molto particolare in cui la roccia è la protagonista principale delle forme del
paesaggio.
Se la roccia calcarea è la materia prima, l’acqua piovana è il fattore fondamentale, senza
il quale il fenomeno non si sviluppa. L’acqua, nella sua discesa verso terra, si arricchisce di anidride carbonica (CO2) e, a contatto con la materia organica del suolo, diviene
ancor più acida, acquistando il potere di sciogliere le rocce che contengono carbonato
di calcio (CaCO3).
CO2 + H2O + CaCO3
anidride
carbonica
acqua
carbonato
di calcio
Ca(HCO3)2
bicarbonato
di calcio
L’acqua, scorrendo sulla roccia, che presenta sempre fratture, fessure o buchi, va ad incanalarsi in queste vie preferenziali operando col tempo lo scioglimento del materiale
lapideo, che viene trasportato via dall’acqua stessa. È così che si formano le cavità sotterranee, con l’aiuto anche di altri fattori come crollo di blocchi o di pareti, unione di
condotte molto vicine, fino a generare un ambiente sotterraneo molto complesso, fatto
di gallerie, pozzi, saloni, cunicoli, vuoti o pieni di acqua a seconda della loro posizione ed
età. Ma il carsismo non è solo di tipo distruttivo ed in certi casi, quando l’acqua che scor-
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GEOLOGIA
re in sotterraneo è satura, cioè ha il massimo contenuto di
carbonato di calcio a quella temperatura e pressione, comincia a depositare il minerale sotto forma di concrezioni,
formando stalattiti, stalagmiti, vaschette, drappi, cristalli
ed altre forme che stimolano la fantasia di chi le osserva.
Le forme del paesaggio carsico sono numerose, non solo
sotterranee, ma anche superficiali come i canyons, le doline (depressioni a forma di ciotola create da crolli o dal
flusso erosivo dell’acqua che scorre verso un punto di assorbimento), le valli fossili in cui non scorre più l’acqua in
superficie perché catturata da cavità sotterranee, o le forme di modellamento della roccia come le
docce di erosione, le vaschette, i campi carreggiati, le città di pietra ed altre ancora.
Se il sottosuolo costituisce un meraviglioso
mondo ricco di forme che da sempre stimola la curiosità umana, è anche vero che
l’ambiente carsico, in generale, è un sistema molto delicato che è stato generato dai
fenomeni naturali in migliaia di anni ma
che l’uomo può distruggere in breve tempo
se non ha la dovuta sensibilità di preservarlo dagli inquinanti e dall’azione di asporto
di minerali, concrezioni, reperti fossili, che
sono patrimonio di tutti.
Concrezioni ipogee.
Paesaggio carsico.
Forme di erosione carsica superficiale.
EROSIONI ALVEOLARI
APPROFONDIMENTO
GEOLOGIA
GROTTE DELLA STRAPATENTE E DEI BALCONI
APPROFONDIMENTO
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La grotta dei Balconi è così chiamata per le due aperture che la caratterizzano:
una più grande ed in parte chiusa da un antico muretto, che ne denota l’utilizzo umano e l’altra, più piccola e meno accessibile, che si apre sul versante ovest
con uno stupendo panorama sulla Val Nava. È una piccola grotta a forma
di galleria lunga 30 mt e larga circa 3 mt; sulla sua volta sono ancora visibili
concrezioni, opache, di colore biancastro perché il fenomeno di concrezionamento, dovuto alla percolazione di acqua calcarea, non è più attivo.
La grotta della Strapatente, curioso nome la cui derivazione non è ben nota
ma potrebbe derivare da un storpiatura del nome “trasparente” o addirittura
dal latino “extra patens” a causa della sua forma, ha uno sviluppo planimetrico di circa 70 m. ed una larghezza da 4 a 6 m. Il suo ingresso ha un’apertura
molto ampia e al suo centro spicca una stalagmite grande e troncata, mentre sui muri si notano i segni segni di vecchie concrezioni ormai inattive. La
grotta ha forma di galleria poiché, quando era attiva, l’acqua la riempiva e vi
scorreva come in un tubo; successivamente
l’erosione valliva dei versanti ne ha messo in
luce i suoi due ingressi. Come la più piccola grotta dei Balconi, essa buca la montagna
da parte a parte; segue un percorso in salita ed il suo pavimento è coperto di sabbia e
grossi blocchi di roccia caduti dalla volta. La
grotta si può percorrere anche senza l’ausilio
di torce, a condizione di fare attenzione a dove si posano i piedi e di non guardare il foro di
uscita per non restare abbagliati dalla luce. All’uscita della grotta sul versante verso Boragni,
deviando a sinistra verso le pareti di arrampicata, è possibile osservare una caratteristica
pietra dalla forma di dolmen: è la “Pietra altare”, uno dei tanti esempi di megalitismo nel
Finalese.
Diverse zone del Finalese presentano strane e spettacolari forme di erosione,
caratterizzate da fori di forma subcircolare, vicinissimi tra loro, della dimensione variabile da pochi cm al decimetro, che conferiscono alle pareti l’aspetto
di grandi alveari in pietra. La loro origine sembra sia dovuta a diversi fattori, da
un lato la solubilità della roccia calcarea,
dall’altro alla presenza nella roccia, già all’origine, di alveoli, cioè piccole cavità, che
rappresentano superfici maggiormente attaccabili dai fattori esterni. Il vento porta
dentro questi alveoli del materiale sabbioso che resta imprigionato e si muove con
moti circolari, erodendo la roccia ed ampliando le cavità. Pare anche che dentro
questi fori la presenza di umidità generi
un microambiente che favorisce il proliferare di organismi come batteri ed alghe
microscopiche i quali, rendendo più acido
il substrato, ne favoriscono la dissoluzione.
Questi fori, spesso comunicanti fra loro, hanno profondità di pochi cm.
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FLORA E FAUNA
CAMPANULA DI SAVONA
Nome scientifico: Campanula sabatia De Not
Fioritura: tra maggio e giugno
Caratteristiche: questa specie ha fiori formati da una corolla campanulata a cinque
petali, di colore azzurro-violaceo chiaro, del diametro di 1-2 cm. Il calice è fittamente
ricoperto da un rivestimento di papille (piccole sporgenze dell’epidermide, molto ravvicinate e arrotondate all’apice). Il fusto, erbaceo, è alto 20-30 cm e porta fiori isolati, all’apice
di lunghi rami arcuati
verso il basso. Le foglie
basali, picciolate, hanno lamina ovale con
alcuni denti acuti.
Habitat: ambienti sassosi e ben soleggiati,
dal livello del mare fino a circa 1.000 metri
di quota.
Distribuzione: specie endemica ligure
esclusiva, limitata alle
province di Savona ed
Imperia.
Protezione: specie a
protezione totale ai sensi della Legge Regionale
n. 9/84
LUCERTOLA OCELLATA
Nome scientifico: Timon lepidus
Caratteristiche: è il più grande lacertide europeo, lungo fino a 60 cm; di aspetto vistoso,
affine al ramarro, l’adulto ha la coda lunga fino anche il doppio del corpo, la testa larga e
massiccia ed una livrea
verde con macchiettature nere ed ocelli
blu lungo i fianchi. Il
ventre e la gola sono
giallastri o verdastri.
Habitat: macchie e
terreni boscosi aperti in zone calde, aride
e cespugliose, talvolta
in ambienti rocciosi e
sabbiosi, tra il livello
del mare e i 1.000 metri di altitudine.
Biologia: sauro difficilmente osservabile
per la sua diffidenza,
si nutre di insetti, uova di uccelli, altri rettili, bacche e frutta. L’attività annuale si estende da marzo fino alla
fine di ottobre ed è particolarmente intensa nel mese di giugno. I maschi adulti sono territoriali e durante la stagione riproduttiva ingaggiano spesso furiosi combattimenti. Le
femmine depongono 5-20 uova in buche nel terreno e dopo tre mesi nascono piccoli lunghi 6 cm con livrea brunastra a macchie circolari bianche con bordo nero.
30
FLORA E FAUNA
Distribuzione: specie mediterranea occidentale, è rara e presente in Italia solo nella
Liguria occidentale, dove raggiunge in provincia di Savona il limite orientale di distribuzione.
Protezione: specie particolarmente protetta dalla L.R. n. 4/92
GUFO REALE
Nome scientifico: Bubo bubo
Caratteristiche: raggiunge una lunghezza di 70 cm ed un’apertura alare di 190 cm.
Ha grandi occhi giallo-oro racchiusi in un disco facciale incompleto; il piumaggio è fulvo, più scuro sul dorso, macchiettato e striato di bruno. Caratteristica tipica del gufo
reale sono i due ciuffi di penne erettili sopra gli orecchi. Diventa sedentario in età adulta, mentre è erratico negli inverni più freddi o in giovane età. È il rapace notturno più
grande d’Europa.
Diffusione: è presente, anche se non molto frequente, in quasi tutta l’Europa, nell’Africa settentrionale ed in gran parte dell’Asia. In Italia è diffuso ovunque, tranne che in
Sardegna, e si valuta la sua presenza tra le 100 e le 200 coppie nidificanti.
Habitat: preferisce le regioni montuose per il semplice motivo che vi trova i nascondigli
a lui più consoni. Nelle pianure la sua presenza è limitata alle grandi foreste, in particolare nei boschi con scarpate rocciose. Alcuni esemplari si soffermano nelle vicinanze dei
centri abitati.
Biologia: il gufo reale nidifica nei primi mesi dell’anno, in genere tra marzo e aprile, collocando il nido nei fori delle rocce, in vecchi edifici, nel cavo degli alberi o tra i cespugli.
Depone da 2 a 3 uova, bianche, tondeggianti e con il guscio ruvido, che vengono covate
dalla femmina, nutrita
dal maschio, per circa trentacinque giorni.
Saranno poi entrambi
i genitori a procurare il
cibo per i piccoli.
Alimentazione: esce
al tramonto e all’alba in
cerca di prede, in particolare mammiferi ed
uccelli, anche di grossa
taglia, mentre di giorno resta nelle fessure
delle rocce o fra i rami
degli alberi, tenendo le
penne aderenti al corpo
e i ciuffi degli orecchi
abbassati. Come anche
altri rapaci notturni,
il gufo reale ingoia le prede intere e, nel caso che queste siano troppo grandi, le dilania
con il becco. Ciò che non riesce ad assimilare, come pelle, piume, peli, ossa, viene rigettato sotto forma di piccoli gomitoli, detti borre, che è possibile trovare a terra durante le
escursioni.
Protezione: il gufo reale, da tempo cacciato dall’uomo, è oggi una specie protetta dalla Direttiva “Uccelli” ed è in pericolo di estinzione; spesso cade vittima dei fili dell’alta
tensione.
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COME PREPARARSI ALL’ESCURSIONE
Per effettuare un’escursione naturalistica occorre equipaggiarsi in modo adatto: indossare scarponcini ed abiti comodi e robusti, dai colori poco vistosi.
È inoltre opportuno vestirsi a strati, tenendo conto della stagione, dell’ora e
delle condizioni meteorologiche. In estate è consigliabile portare con sé un copricapo e una sufficiente scorta d’acqua.
Un piccolo binocolo è indispensabile per l’osservazione naturalistica; molto
utili possono essere anche una macchina fotografica o una videocamera. Una
lente d’ingrandimento potrà rivelarsi insostituibile per osservare i particolari
di un fiore o di un insetto.
Per annotare le osservazioni occorrerà un taccuino tascabile.
Per riuscire ad osservare la fauna, durante l’escursione è sempre necessario
muoversi con lentezza ed in silenzio.
NORME DI COMPORTAMENTO
È bene ricordare alcune norme di comportamento alle quali attenersi rigorosamente durante la visita ad aree naturali protette.
In particolare NON BISOGNA:
* accendere fuochi
* abbandonare rifiuti
* danneggiare alberi, arbusti, erbe e, in particolare, fiori
* asportare rocce, minerali, fossili, reperti archeologici
* usare mezzi motorizzati fuori dalle strade carrozzabili
* causare disturbo o danneggiare gli animali
* fare rumori inutili e schiamazzi
* uscire dai percorsi individuati
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PER SAPERNE DI PIÙ
- Atlante degli uccelli nidificanti in Liguria. Regione Liguria, Cataloghi dei
beni naturali.
- Atlante degli uccelli svernanti in Liguria. Regione Liguria, Cataloghi dei beni naturali.
- Atlante degli anfibi e rettili in Liguria. Regione Liguria, Cataloghi dei beni naturali.
- Baccino P. (2003) - Orchidee spontanee della provincia di Savona - Provincia di Savona.
- Bernardini E. (2003). Borghi nel verde. Blu Edizioni.
- Fauna Italiana inclusa nella Direttiva Habitat (2003). Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.
- Genta P., Rossi C. (2004). Savona Natura - Guida al patrimonio naturale
della provincia di Savona. Erga Edizioni.
- Mariotti M. et al. (2002). Biodiversità in Liguria. La rete Natura 2000. Regione Liguria.
- Mariotti M. (2005). Valori e rarità della flora ligure. Regione Liguria, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio.
- Meriana G. (1994). Valli di Finale. Sagep.
- Spagnesi & Zambotti (2001). Raccolta delle Norme nazionali e internazionali per la conservazione della fauna selvatica e degli habitat. Quad. Cons.
Natura, 1. Min. Ambiente, INFS.
- Zotti M., Traverso M. (2004) - Funghi della provincia di Savona - Provincia di Savona.
INDIRIZZI E NUMERI UTILI
Provincia di Savona
www.provincia.savona.it
Via Sormano, 12 - Savona
Ufficio Parchi ed Aree Protette
Tel. 019 8313316 / 019 8313302
[email protected]
Comunità Montana Pollupice
Piazza Aicardi, 5- 17024 Finale Ligure (Borgo)
Tel. 019 681037- Fax 019 680155
Corpo Forestale dello Stato
Emergenza ambientale: 1515
Informazioni turistiche APT Riviera delle Palme
www.inforiviera.it
IAT Borgio Verezzi
Via Matteotti, 158 - Tel. 019 610412
IAT Finale Ligure
Via S. Pietro,14 - Tel. 019 681019
IAT Noli
C.so Italia, 8 - Tel. 019 7499003
IAT Toirano
Piazzale delle Grotte - Tel. 0182 989938
IAT Varigotti
Via Aurelia, 79 - Tel. 019 698013
Comuni interessati
Bergeggi
via De Mari 28/D - Tel. 019 257901
Finale Ligure
Via Tommaso Pertica, 29 - Tel. 019 689011
Magliolo
Piazza Plebiscito, 20 - Tel. 019 634004
Orco Feglino
Piazza Municipio, 3 - Tel. 019 699010
Toirano
via Braida, 35 - Tel. 0182 98065
Vezzi Portio
Via Porte di Spagna, 20 - Tel. 019 7428000
La tutela e la valorizzazione della Rete “Natura
2000”, la rete ecologica europea composta da
Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale, rappresenta una formidabile
occasione per la conservazione della biodiversità, ancora straordinariamente ricca nel nostro
territorio.
Questo volumetto rappresenta una sintetica ma
esauriente guida ai Siti di Importanza Comunitaria del Finalese, nei quali si trovano alcuni dei
più importanti ambienti rupestri mediterranei
della nostra provincia. Arricchito da indicazioni e spunti per la visita, potrà costituire utile
riferimento per l’osservazione diretta del meraviglioso - ma purtroppo fragile - mondo degli
altipiani e delle valli della “Pietra del Finale”
nei quali sopravvivono rare e particolari specie
di flora e fauna.
Auspichiamo quindi che questa pubblicazione
possa svelare, agli occhi del visitatore incuriosito, aspetti della natura del nostro territorio talvolta poco conosciuti ma comunque eccezionali,
da preservare per le generazioni future.
L’Assessore ai Parchi ed
Aree Protette
della Provincia di Savona
Progetto cofinanziato da
Unione Europea-Obiettivo 2 FESR