gabbia rubriche doppia
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/About L’UOMO Progetti per il banking avveniristico, videogiochi di nuova generazione e robot-musicisti. Il Media Lab dell’ateneo di Boston è una fucina di idee e strumenti per l’uomo di domani At MIT a factory of futuristic MARVELS di Gianni Jovine i l futuro, ha scritto il poeta premio Pulitzer Mark Strand, non è più nebuloso come una volta. Esistono posti dove viene studiato, analizzato, superato e poi studiato ancora. Come il Media Lab del Massachusetts Institute of Technology di Boston. Nel suo quarto di secolo (scarso) di vita, l’avveniristico “osservatorio” fondato da Nicholas Negroponte e diretto da Frank Moss ha sfornato brevetti (il ritmo attuale è una ventina all’anno) e creato una ragnatela di gruppi di ricerca. Gli ultimi, in ordine di costituzione, anticipano di alcuni passi gli sviluppi della società. Dal “Center for Future Banking”, che con i suoi ricercatori di economia comportamentale e pianificazione urbana studia una banca al 100% funzionale per il cliente, al “Next Bil- lion Network”, dedicato al miliardo di persone che entro tre anni si prevede cominceranno a usare internet e cellulari, nei paesi in via di sviluppo. O ancora all’“X-Reality Working Group”, che esplora la compenetrazione continua tra mondo reale e virtuale, attraverso la creazione di sofisticate mappe 3D (che ricordano un po’ l’universo online di Second Life), ma anche di nuove generazioni di sensori (vedi l’automa “Huggable”, una specie di orsacchiotto intelligente). Dal Media Lab arriveranno forse anche i cellulari che useremo nei prossimi anni: “MeBot”, per esempio, è un’applicazione che permette di condividere lo spazio dell’interlocutore, ovvero di vedere a 360° che cosa accade dall’altra parte del filo. E poi innovazioni per la cura dei bambini autistici e progetti come “Guitar Hero” (uno dei videogiochi più venduti: in realtà un esperimento sulla volontà e capa- cità di una persona qualsiasi di “entrare” nella musica). È proprio ai segreti delle dodici note che si dedica uno dei dipartimenti più attivi, diretto da Tod Machover, inventore degli “Hyperinstruments” (strumenti che si adattano all’espressione degli artisti che li suonano: li usano Yo-Yo Ma e Prince) e padre di “Hyperscore” (il software che permette a tutti di creare musica in modo intuitivo); adesso Machover punta all’opera. «Stiamo lavorando a “Death and the Powers” (in Usa ed Europa nella stagione 2010-11 ), in cui per la prima volta introdurremo i “sonitronics”, animatronics in grado di suonare da soli. È la storia di un uomo che THE HUMAN CONDUCTOR. E se ci si scambiasse una canzone, una foto, un biglietto da visita (digitali) con una semplice stretta di mano? Da domani, forse, si potrà fare. Per ora accade nei laboratori della Nippon Telegraph & Telephone di Tokyo. Il cervellone dietro all’operazione si chiama Mitsuru Shinagawa. Il suo “RedTacton” realizza un vecchio pallino degli anni 90: il corpo umano come piattaforma di trasferimento dati, in questo caso veloce quanto la banda larga, cioè circa 10 Mbps. Il chip ricevente potrà essere inserito per esempio in un palmare o un cellulare (NT&T ha già preso contatto col gestore telefonico Edy): la pelle agirà soltanto da conduttore e un apposito trasmettitore sarà portato a contatto con essa. I rischi per la salute, a sentire i giapponesi, sarebbero un milione di volte inferiori ai limiti di sicurezza. Le applicazioni possibili? Porte e serrature che si aprono al tocco del proprietario, cassieri che al supermercato “passano” i prodotti semplicemente sfiorandoli, flaconi di medicine che “suonano” se si prende la pillola sbagliata e un’infinità di oggetti e gadget personalizzabili al tatto. E se due persone equipaggiate col RedTacton si toccheranno, creeranno una temporanea rete di dati. Giuliano Di Caro Brevetti GENIALI sfornati al ritmo di 20 L’ANNO vuole realizzare il suo sogno di immortalità e usa ogni risorsa per sviluppare il “Sistema”, un ambiente nel quale può scaricare tutte le sue memorie e i suoi desideri. Così quello che gli sta attorno – i muri, l’arredamento e un coro di robot – si riveste a poco a poco delle sue caratteristiche». Il set, insomma, prende il posto del protagonista, mentre alla famiglia dello scomparso toccherà stabilire se lui “esista” ancora o no. Una metafora dell’evoluzione della tecnologia, che da accessorio si fa prolungamento dell’uomo. (in alto, il coro di robot di “Death and the Powers”; a sinistra, scena da un’altra opera di Tod Machover) 000