aspetti geometrici in astronomia diurna

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aspetti geometrici in astronomia diurna
MASTER “UNIVERSITÀ DI UDINE” – A.A. ’07-’08 – CORSO DI ASTRONOMIA
ASPETTI GEOMETRICI IN ASTRONOMIA DIURNA
di Maria Luisa Scillia
Dio geometrizza sempre. (Platone)
Nessuno entri che non conosca la geometria. (All’ingresso dell’Accademia di Platone)
Finalità
L’intervento di astronomia diurna nel Master sulla “Didattica delle scienze per insegnanti della
scuola media ed elementare” ha inteso perseguire le stesse finalità formative principali che hanno
caratterizzato il Master, consistenti nel:
 promuovere una ricaduta nella scuola delle ricerche didattiche e una mutua fertilizzazione
tra ricerca e prassi nella collaborazione tra scuola ed università;
 far acquisire padronanza relativamente a tre tipi di sapere:
o un sapere disciplinare;
o un sapere riguardante i processi di apprendimento;
o un sapere didattico, che sappia coniugare i primi due;
 rinnovare la didattica perché abitui alla costruzione del pensiero formale;
 favorire l’integrazione fra educazione informale e attività didattica valorizzando la
dimensione ludica.
In una cornice particolarmente suggestiva, all’interno della villa Manin di Passariano (UD), negli
spazi offerti dal Centro di riciclaggio creativo “RE MIDA”, dopo una breve introduzione, si sono
svolte delle attività all’aperto per una intera giornata (10 ore, di domenica!) con osservazioni e
misure su fenomeni relativi alla luce e al moto del Sole, allo scopo di far “vivere” ai corsisti le
stesse esperienze progettate per gli alunni con il duplice scopo di permettere loro di vagliarne la
fattibilità nelle classi e di individuare, sperimentandoli di persona, i termini e la portata dei problemi
sul piano cognitivo connessi alle tematiche affrontate.
Le proposte, presentate come percorsi didattici sviluppati attorno ad alcuni nodi concettuali,
potevano in larga misura essere realizzate anche isolatamente all’interno di percorsi diversi,
secondo le esigenze dell’insegnante. Esse si sono caratterizzate per un’impostazione “laboratoriale”
dell’attività nell’insegnamento dell’astronomia diurna, in grado di portare gli allievi alla costruzione
autonoma di concetti e modelli interpretativi.
Motivazioni
A tale scopo si è ritenuto di dover superare l’impostazione più diffusa in questo ambito che, per
interpretare i fenomeni riguardanti il sistema Terra-Sole, opera per deduzioni a partire da un
modello precostituito, quello eliocentrico.
L’attività svolta richiedeva invece un’interpretazione di quanto può essere rilevato per osservazione
diretta, quindi all’interno di un modello geocentrico. La ragione di tale scelta, e del conseguente
cambiamento di prospettiva che comporta, si è fondata su alcune considerazioni:
 è nota la portata della percezione come veicolo per l’acquisizione di un sapere
“significativo” per qualunque età, ma soprattutto nella scuola di base, quando gli alunni non
hanno ancora sviluppato appieno il pensiero formale, che consentirà di procedere anche per
deduzioni a partire da modelli astratti: per un approccio di tipo percettivo ai fenomeni in
ambito astronomico è necessaria l’adozione di un modello geocentrico, in quanto il sistema
di riferimento è rappresentato dall’osservatore;
 sarebbe opportuno che in un percorso costituito da microstep un modello (a volte anche più
di uno, a diversi livelli di approssimazione) venisse elaborato come “punto di arrivo”, anche
solo intermedio, per l’esigenza di mettere ordine nell’insieme delle esperienze acquisite e
dei dati a disposizione; la scelta di un modello geocentrico può consentire questo modo di
procedere nella costruzione di un sapere in questo ambito e di valorizzare l’apporto di
ciascun alunno a tale costruzione, mentre l’adozione di un modello eliocentrico richiede
un’accettazione passiva di un’interpretazione fornita da altri;
 si ha motivo di ritenere che l’adozione del modello eliocentrico abbia indotto in molti alunni
(ma anche in molti adulti che non sono stati adeguatamente formati in proposito) l’errata
convinzione, molto difficile da rimuovere, che esso sia l’“unico” in grado di descrivere i
moti dei corpi celesti, come se si potesse parlare di moti assoluti!
Metodologie adottate
L’attività svolta con i partecipanti si è fondata essenzialmente sul metodo PEC (previsione –
esperimento – confronto) e ha utilizzato la modalità della discussione collettiva in modo da far
emergere le idee spontanee che esprimevano eventuali diversità di rappresentazione, come
accadrebbe con una scolaresca, e da rappresentare anche un esempio per impostare un possibile
lavoro in classe. Nella discussione su quei quesiti–stimolo ai quali inizialmente non veniva data una
risposta univoca, veniva favorito il processo che porta alla nascita di qualche nuova idea per
interpretare i fenomeni, fondata sui dati che man mano si aggiungevano grazie all’attività
sperimentale condotta, e venivano messe alla prova le varie ipotesi fino a quando non si riusciva ad
arrivare ad un consenso unanime sulle conclusioni da trarre oppure, poiché si è proceduto per tappe,
al riconoscimento che i dati a disposizione non erano ancora sufficienti per trovare delle risposte
univoche. Durante la discussione spesso i corsisti sono stati invitati a pensare di gestire un’ipotetica
discussione con degli allievi, e a formulare dei quesiti sul tema affrontato.
Nodi concettuali emersi
Nel corso dell’attività, attraverso la discussione, a conferma di quanto più volte riscontrato
nell’interazione con scolaresche, sono emersi anche fra i partecipanti dei nodi concettuali
relativamente a
 divergenza apprezzabile, piuttosto che trascurabile, nel fascio di luce che illumina la Terra;
 la distanza Terra-Sole come variabile influente che determina le stagioni astronomiche;
 moto assoluto, piuttosto che relativo, della Terra nello spazio (emerso nella discussione).
Tematiche affrontate
Le tematiche attorno a cui si è sviluppata l’attività hanno riguardato:
1. la “forma” del fascio di luce solare che illumina la Terra;
2. il modello in scala del sistema Terra-Sole;
3. le stagioni e le fasce climatiche;
4. la determinazione della latitudine del luogo.
Di seguito, anche attraverso foto, alcune delle quali scattate nella data stessa dell’incontro, sono
illustrate le attività svolte e la strumentazione usata.
1. La “forma” del fascio di luce solare che illumina la Terra
Lo stimolo iniziale alla discussione è stato fornito con il seguente quesito:
“Quale forma attribuiresti al fascio di luce solare che illumina la Terra?”
I docenti potevano scegliere fra le alternative:
A. tronco di cono con base maggiore sul Sole;
B. tronco di cono con base maggiore sulla Terra;
C. cilindro;
o proporne altre. Sono state prevalentemente scelte le alternative B e C, il che evidenziava una
diversità di rappresentazione all’interno del gruppo e la necessità di compiere un percorso comune
per arrivare ad un modello condiviso.
luce dal
Sole
A
luce dal
Sole
luce dal
Sole
B
C
Era necessario innanzi tutto decidere con quale modello di sorgente di luce rappresentare il Sole.
Allo scopo si sono analizzati alcuni aspetti geometrici nei fenomeni di illuminamento ottenuti
utilizzando come sorgente da una parte una lampada, dall’altra il Sole.
Come illustrato nelle foto seguenti il Sole appariva come una sorgente “anomala”.
luce da una lampada: divergenza delle macchie di luce
luce dal Sole: parallelismo delle macchie di luce
luce di una lampada: forma “conica” del fascio di luce
luce del Sole: forma “cilindrica” del fascio di luce
osservazione del Sole: parallelismo delle linee di mira
Occorreva forse rinunciare al modello di una sorgente che emette radialmente in tutte le direzioni?
La conclusione parziale a cui i corsisti sono giunti era che occorrevano altri dati per riuscire a
trovare una risposta che mettesse d’accordo tutti.
Senza rinunciare al modello di un Sole che emette luce in tutte le direzioni, è stato riconosciuto che
si sarebbe potuta stimare la divergenza massima possibile sulla Terra fra due fascetti di luce solare
considerando due osservatori diametralmente opposti. La figura che si prestava allo scopo era un
triangolo isoscele in cui
 la base era rappresentata dal diametro della Terra;
 l’altezza era rappresentata dalla distanza Terra – Sole;
Si trattava quindi di far riferimento ai valori “ufficiali” di tali dimensioni per poter stimare
l’ampiezza dell’angolo al vertice, in un disegno “in scala”.
Prima però di operare con tali dati, è stato fatto un richiamo dei metodi, basati su una geometria
elementare, utilizzati rispettivamente da Eratostene per la determinazione del meridiano terrestre e
da Aristarco per la stima sia della distanza Terra – Luna, che di quella Terra – Sole.
Considerando poi i dati “ufficiali” del diametro della Terra (ø Terra = 1,3•107 m) e della distanza
Terra – Sole (d Terra-Sole = 1,5•1011 m) è stato notato che il loro rapporto è approssimabile a 1:10.000.
In un triangolo isoscele avente tale rapporto tra base e altezza l’angolo al vertice è di circa 21”
d’arco appena, un valore notevolmente inferiore rispetto alla sensibilità dei comuni goniometri.
Tutti hanno convenuto sul fatto che si fa un errore minore a considerare tale angolo nullo che a
considerarlo apprezzabile.
Tutti gli effetti considerati si spiegano quindi con il fatto che la Terra è troppo piccola, “non in
assoluto”, ma “in rapporto” alla sua distanza dal Sole perché si possa notare una divergenza fra due
fascetti di luce.
Pertanto non deve essere considerato anomalo il fatto che tutte le congiungenti osservatore – Sole
appaiono parallele e, per rispondere al quesito iniziale, il fascio di luce solare che illumina la Terra
dovrà essere considerato con buona approssimazione di forma cilindrica.
2. Il modello in scala del sistema Terra-Sole
Per realizzare un modello “in scala” del sistema Terra – Sole era necessario conoscere un altro dato:
il diametro del Sole.
A questo scopo è stata condotta un’attività ispirata a una proposta del prof. Vittorio Zanetti 1, che,
con l’utilizzo di un tubo (lungo 1 m) montato su un cavalletto con l’estremità da rivolgere al Sole
chiusa da un tappo provvisto solo di un piccolo foro, ha permesso di raccogliere all’altra estremità,
chiusa da un foglio di carta traslucida, l’immagine del disco solare e di misurarne il diametro (che è
risultato di 9 mm).
1
Già professore all’Università di Trento e punto di riferimento importante nell’ambito dell’AIF.
strumento per la determinazione del diametro del Sole
Tenendo conto della trasmissione rettilinea della luce è stato facile capire che per calcolare il
diametro del Sole si poteva impostare la proporzione: ø Sole : ø immagine del Sole = d Terra-Sole : ltubo. Il
valore ottenuto è stato: ø Sole = 1,4•109 m.
Confrontando tale valore con le dimensioni già note, si è osservato che esso risultava
 circa 100 volte più grande del diametro della Terra;
 circa 100 volte più piccolo della distanza Terra – Sole.
Nel modello in scala ridotta del sistema Terra – Sole, con un Sole rappresentato da una lampada
sferica del diametro di 4,5 cm, i corsisti stessi, invitati a completare il modello, hanno rappresentato
la Terra con un punto, delle dimensioni di 0,45 mm, cioè al limite del visibile, disegnato su un
foglio di carta che hanno collocato ad una distanza di 4,5 m! Tutto ciò ha consentito una descrizione
dei fenomeni scegliendo come sistema di riferimento il Sole.
3. Le stagioni e le fasce climatiche
L’attività relativa a questa parte è stata tesa a rispondere ai seguenti quesiti:
1. “Come pensi di spiegare l’avvicendarsi delle stagioni, a cui si assiste nel corso di un anno
stando nello stesso punto di osservazione?”
2. “Come pensi di spiegare l’esistenza di fasce climatiche riscontrabile nella stessa stagione da
chi cambia punto di osservazione muovendosi lungo un meridiano?”
Relativamente al quesito n° 1 sono state individuate come variabili influenti:
 l’inclinazione dell’asse terrestre;
 la distanza Terra–Sole variabile nel corso dell’anno (concezione molto diffusa anche
tra gli alunni).
A questa seconda idea si è dovuto obiettare che il perielio cade il 2/3 gennaio e l’afelio il 2/3 luglio,
il che non va certo d’accordo con l’ipotesi avanzata.
L’attività svolta allo scopo si è articolata nelle seguenti fasi:
 studio delle ombre allo scopo di tracciare sul piano orizzontale la direzione Nord–Sud,
necessaria per orientare tutti gli strumenti che avremmo usato dopo;
 determinazione delle coordinate altazimutali;
 “registrazione” delle posizioni del Sole nel cielo in un modello in scala ridotta e
ricostruzione, per punti, della traiettoria del giorno;
 osservazioni sulle traiettorie agli equinozi e ai solstizi (rappresentate in un modello);
 considerazioni sulla distribuzione dell’energia solare per unità di superficie in uno stesso
luogo al variare dell’ora del giorno o della data (in un modello).
determinazione delle coordinate altazimutali
determinazione della traiettoria del Sole del giorno
le traiettorie del Sole agli equinozi e ai solstizi
energia per unità di superficie in ore e/o date diverse
L’area illuminata risultava tanto meno intensamente illuminata quanto minore era l’altezza della
sorgente. Poiché il riscaldamento dei corpi dipende dall’intensità nell’illuminamento, l’andamento
delle temperature in superficie, a parte un certo ritardo nella risposta, dipendeva dall’altezza del
Sole (e non, come già detto, dalla sua distanza)!
Rispetto al quesito n° 2 sulle fasce climatiche tutti hanno riconosciuto l’influenza della curvatura
della Terra, fornendo un’interpretazione adeguata dei fatti.
Restava tuttavia l’esigenza di operare con dati “concreti” e quindi di rendere direttamente
controllabile nel proprio punto di osservazione quanto si verifica ad altre latitudini.
Allo scopo abbiamo usato piani inclinati, operando opportune traslazioni dei piani dell’orizzonte dei
luoghi che volevamo considerare.
Ci siamo limitati a simulare nel nostro punto di stazione la situazione all’Equatore e al Polo Nord,
rispettivamente con un piano inclinato di 46° (tale era la latitudine del luogo) immerso a Sud, e
l’altro di 44°, immerso a Nord, come risulta dalle figure.
Polo Nord
PN
N
E
W
S
Equatore
Equatore
= latitudine del luogo
= angolo complementare di
traslazione sul luogo di stazione dei piani dell’orizzonte al Polo Nord e all’Equatore
Operando poi con modelli su cui erano state già tracciate le traiettorie ai solstizi e agli equinozi dei
luoghi rappresentati, si è osservato che al Polo Nord il Sole risulta visibile solo per sei mesi
(dall’equinozio di primavera a quello d’autunno), rimanendo piuttosto basso (altezza massima 23°
27’ al solstizio d’estate), mentre all’Equatore l’altezza è sempre elevata (da un minimo di 66° 33’ ai
solstizi ad un massimo di 90° agli Equinozi), il tutto in accordo con le fasce climatiche esistenti.
modelli per rappresentare le traiettorie del Sole agli equinozi e ai solstizi visibili al Polo Nord e all’Equatore
4. La determinazione della latitudine del luogo
Per l’attività è stato utilizzato uno strumento, già suggerito dall’AIF, nell’ambito delle iniziative del
2005, anno della fisica, come strumento da utilizzare all’equinozio.
Poiché però l’incontro si è svolto nei primi di giugno, è stato necessario apportare delle modifiche
all’attività, basandosi su considerazioni di ordine geometrico.
verso
il Sole
verso lo
Zenit
1m
distanza zenitale Sole
strumento per la determinazione della latitudine del luogo
In base alla geometria del sistema, all’Equinozio, quando il Sole transita sul meridiano locale e
l’ombra di uno gnomone verticale risulta la minima della giornata, la distanza zenitale è congruente
con la latitudine (angoli corrispondenti).
Zenit
Polo Nord
distanza
zenitale
latitudine
Zenit
Polo Nord
distanza
zenitale
declinazione
latitudine
declinazione
Polo Sud
Polo Sud
situazione alla culminazione sul meridiano del Sole all’Equinozio (a sx) e nel semestre estivo (a dx)
Nel semestre estivo il Sole si trova a Nord dell’Equatore e la sua declinazione va sommata alla sua
distanza zenitale al momento della culminazione (nel semestre invernale va sottratta).
La declinazione è stata ricavata dalle effemeridi (ottenute consultando appositi siti Internet) e il
valore ottenuto per la latitudine si è discostato da quello ufficiale di appena lo 0,5%.
Verifiche
Ai partecipanti, oltre al coinvolgimento diretto nelle attività di tipo laboratoriale e nella discussione,
è stato chiesto di esprimere successivamente per iscritto le loro riflessioni personali su
 l’individuazione dei nodi concettuali;
 la valenza didattica delle proposte operative offerte nell’incontro;
 eventuali proposte alternative nella prospettiva di un lavoro in classe.
Materiali consultabili in rete
I file in Power Point “La luce del Sole” e “Coordinate e stagioni” utilizzati nell’incontro sono stati
inseriti nel sito dell’Università di Udine dedicato al Master http://disci.fisica.uniud.it
http://www.fisica.uniud.it/GEI/GEIweb/Attività complementari
Va precisato che rispetto ai materiali presenti nel sito di GEIweb sono state introdotte modifiche
nelle proposte operative, finalizzate a una più facile e univoca “lettura e interpretazione” dei
risultati sperimentali.