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CAMPIONATO GIORNALISMO 11
MERCOLEDÌ 5 FEBBRAIO 2014
SCUOLA MEDIA
Masaccio
AREZZO
AREZZO
L’uomo e la ricerca della felicità
Da Aristotele e Platone ai giorni nostri: cone cambia il senso della vita
ELICITÀ: «STATO di
chi è pienamente appagato
nei suoi desideri» recita il
dizionario. Certamente l’uomo di
ogni tempo ha avuto come fine ultimo della sua vita la ricerca della
felicità. Ma in che cosa consiste
davvero la felicità? Nell’antica
Grecia, al tempo dei filosofi Platone ed Aristotele, si aveva una concezione della felicità ben più nobile di quella di oggi: il primo, filosofo dell’amore, la identifica con
la Giustizia, il Sommo Bene, mentre Aristotele la fa coincidere con
la Sophia, il Sapere. Ambedue le
concezioni si ispirano però ad ideali di Bene Comune, che riguardano l’intera comunità e non l’individuo e la sfera privata.
Più avanti nell’ epoca ellenistica,
con l’enorme dilatazione dei confini fisici, linguistici e culturali
dell’Impero Alessandrino, si afferma una concezione più pessimistica: la felicità diviene solo assenza
di qualcosa, come assenza di dolore (l’atarassia degli Epicurei), di
passioni (l’imperturbabilità degli
stoici), di giudizio (la sospensione
o epokhé degli Scettici).
F
FELICITA’ AI RAGGI «X» Ecco gli ostacoli secondo il sondaggio
INFINE CON il Cristianesimo si
restituisce dignità al concetto di
felicità, anche se la si proietta interamente nella vita ultraterrena,
nella promessa della vita eterna,
possibile grazie alla morte e resurrezione di Cristo. I filosofi moderni, come Kant e Freud, hanno poi
affermato che nella vita dell’uomo non c’è posto per la felicità,
che non rientrerebbe nel piano
della Creazione.
LA CONCEZIONE moderna
della felicità è condizionata da
molti fattori tipici della nostra società: il ritmo di vita frenetico, la
difficoltà a creare relazioni profonde, una mentalità individualistica e utilitaristica che identifica
la felicità col benessere materiale
ed economico e con beni momentanei e illusori come il potere, il
successo e la fama.
Oggi più che mai l’uomo è tornato ad essere schiavo delle sue passioni, «costretto» ad una corsa affannosa, in lotta continua contro
il tempo, mai veramente appagato
dalle proprie conquiste, perché incapace di fermarsi a goderne e
chiamato a cercarne sempre di
nuove ed irraggiungibili.
Nel bellissimo film «La ricerca
della felicità» di Gabriele Muccino, citando le celebri parole di
Thomas Jefferson nella Dichiarazione di Indipendenza Americana, si dice che «la ricerca della felicità è un diritto e dovere di ogni
uomo»; l’incredibile storia del
protagonista ci insegna che la felicità si può raggiungere solo con
uno sforzo continuo e un enorme
spirito di sacrificio, ma soprattutto pensando non solo a se stessi,
ma all’altro. Solo riscoprendo il
valore e l’importanza dell’altro potremo tornare ad essere autenticamente felici.
LA FELICITA’ GIOVANI GIÀ «ADULTI»: POSSIEDONO TUTTO, MA MANCANO LORO AFFETTI E PICCOLE GIOIE
Tra i desideri e i sogni dei tredicenni di oggi
IL MURO Quanti ostacoli per
raggiungere la felicità
TREDICI ANNI…età di grandi mutamenti, non
solo fisici, ma anche psicologici: priorità, desideri,
modo di pensare cambiano in questa fase delicata
della vita. Essere adolescenti non è facile, si lascia
alle spalle l’infanzia, dove si vive con spensieratezza, come in una bella favola e siamo invece d’improvviso catapultati nel mondo degli adulti, con
nuove paure ed incertezze, stati d’animo contrastanti e richieste di responsabilità.
Perlopiù insoddisfatti, oggi i giovani hanno praticamente tutto, dal cellulare, al tablet, alla playstation, ai vestiti firmati. Dispongono di strumenti
come i social network, con cui possono comunicare ovunque e velocemente in tutto il mondo con
amici, parenti e sconosciuti. Eppure, dietro quegli
schermi, dove si nascondono fragilità e insicurezze, non ci sono persone felici.
Spesso imitano i grandi e sembrano adulti in miniatura: con genitori sempre più impegnati nel lavoro, crescono prima del tempo e imparano a divenire autonomi. Desiderano, come i grandi, diventare ricchi, famosi e potenti.
IN REALTA’ CIO’ che li rende felici non sono
questi beni materiali, ma semplici e intramontabili affetti: dei genitori, sempre più assenti e distratti, degli amici «in carne ed ossa», di cui si cerca fiducia e rispetto, del gruppo, dove ci si sente a proprio agio, come in una grande famiglia, che ti comprende e sostiene. Cosa al contrario li rende infelici? Lo stress che tormenta grandi e piccini, il poco
tempo libero per divertirsi e giocare, la difficoltà a
stringere amicizie, la famiglia in crisi, l’egoismo
dei più, la mancanza di ascolto degli altri.
i redattori in classe della III B...
STUDENTI
Ferdinando Autiero, Niccolò Bacci, Lorenza Benincasa, Gabriele Biondi, Lorenzo Bonoli, Silvia
Brandini, Chiara Crocetti, Michela Cuccurullo.
Davide Del Gaudio, Tommaso Failli, Myron
Francalanci, Beatrice Gironda, Alessio Itana,
Matteo Kamberi, Gemma Leonessi, Guoyan Lin,
Alessandro
Matassini, Haidi Myrtaj, Lorenzo Nepi, Letizia
Palombo, Francesco Panfilo Corvino, Leonardo
Saccomanno, Jacopo Saccomanno, Marco Salviati, Jagmeet Singh, Gioele
Sottani, Vincenzo Tinaglia
INSEGNANTI
Michela Martini e Elisabetta Palagi
PRESIDE
Francesco Dallai
FELICITA’ LETTERA
«Da giovani
ci bastava nulla
a essere felici»
«CARI RAGAZZI, è passato molto tempo, ma ricordo
bene i momenti di gioia della mia giovinezza. A scuola
andavamo volentieri, chi
più chi meno, perché era
l’occasione per incontrare
gli amici e per imparare tante cose dai nostri insegnanti, che erano per noi autentici maestri di vita. Eravamo
felici quando potevamo stare all’aria aperta nei cortili o
all’oratorio a giocare a pallone, a mosca cieca, a campana fino a tarda sera.
Un momento che ricordo
con nostalgia era quello della cena, quando a tavola raccontavamo cosa era accaduto durante la giornata e ci
piaceva stare tranquillamente seduti ad ascoltarci a vicenda.
PER NON PARLARE poi
delle feste, in cui, anche se
non ricevevamo grandi regali come voi, soprattutto a
Natale, stavamo tutti assieme con parenti vicini e lontani e c’era grande abbondanza di cibo. Si respirava
un’aria di vera solidarietà,
ci si aiutava a vicenda nei
momenti più difficili e, anche tra noi ragazzi, c’era un
forte senso di rispetto e collaborazione. Qualsiasi cosa,
anche la più banale, se arrivava inaspettata, ci faceva
salire al settimo cielo: ci stupivamo e meravigliavamo
di tutto e credo che questo
fosse il segreto della nostra
felicità. Vedete, forse questo tempo di crisi ci può insegnare ad assaporare le piccole gioie, a recuperare gli
affetti più veri, a sentirsi tutti parte di un’unica famiglia, insomma a ritrovare finalmente la vera felicità».
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