IL REPERIMENTO DELLE FONTI NELLA STORIOGRAFIA DELLA

Transcript

IL REPERIMENTO DELLE FONTI NELLA STORIOGRAFIA DELLA
M a r io
G io v a n a
IL REPERIMENTO DELLE FONTI
NELLA STORIOGRAFIA DELLA RESISTENZA
Mi si consenta di richiamare l’attenzione degli studiosi e degli amici
qui intervenuti su un problema che a mio avviso è essenziale, nel quadro
delle ricerche per la storia del movimento di liberazione. Intendo riferirmi
al problema del reperimento delle fonti in rapporto alla ricostruzione di
taluni aspetti politico-sociali del moto di resistenza. Faceva giustamente osservare il Vaccarino, in una sua comunicazione dedicata agii « Orientamenti
Storiograiici della Resistenza » e letta al Convegno di àtudi del dicembre
1952, come in Italia sia preminente la tendenza a considerare gli aspetti
politici della Resistenza quando altrove, in Paesi europei che vissero l analogo tenomeno della clandestinità e della guerriglia o dell’azione di sabotaggio contro 1 nazifascisti, si rivolge maggiore interesse agli aspetti mili­
tari. E il Vaccarmo stesso ne forniva la ragione rifacendosi ai carattere speanco che la Resistenza ebbe da noi, riconegata come tu alle condizioni
particolari di sviluppo storico della nostra società nazionale, ai comporta­
mento della sua classe dirigente, ecc. ecc. Codeste particolarità, così piena­
mente espresse d’aitro canto dal tipo di contributo popolare che si mani­
festo ancne nella partecipazione politica dei differenti orientamenti che
coesistettero entro l’unità del movimento, conferisce a quei medesimi aspetti
militari, se non un valore secondario, certo un interesse i cui limiti sono
determinati proprio da questo fatto: cioè dall’aver essi costituito, rispetto
al momento politico nel quale erano contenute le ragioni più profonde e
più lontane della Resistenza, il dato oserei dire « occasionale » e comunque
strumentale attraverso cui il fenomeno si è realizzato nella torma resa ne­
cessaria dalle condizioni intervenute dopo l’8 settembre 1943. Perciò, pare
a me, che in questo risieda fra l’altro un elemento distintivo fondamen­
tale della Resistenza italiana e di quella Jugoslava di fronte alla quasi gene­
ralità degli altri moti europei sviluppatisi sulla scia delle invasioni naziste.
Orbene, accertata ed accettata questa tendenza, diremo che la cono­
scenza delle fonti per quanto riguarda non solo i temi e gli atteggiamenti
delle correnti politiche ufficiali durante il corso della lotta ma anche il
pensiero, gli atti, le manifestazioni del più vasto concorso popolare sul
piano delle attività periferiche, ha un’importanza di primissimo ordine. Se
infatti le fonti documentarie e le testimonianze già acquisite, ci forniscono
una messe di elementi per ricomporre ed analizzare con soddisfacente com­
pletezza le linee di fondo della politica delle forze partitiche e delle correnti
di pensiero dal ’43 al ’45, la relazione fra le loro posizioni e il rapporto con
no
Mario Giovana
gli alleati, con le forze politiche del Sud e via dicendo; se del pari gli ar­
chivi ci permettono di ricucire e studiare le vicende dei Comitati di Libe­
razione nei centri regionali e talora in quelli provinciali; non altrettanto
accade per altri e talora più complessi problemi o modi di organizzazione
politico-amministrativa che assunse la Resistenza trasferendosi nelle ini­
ziative periferiche più intimamente connesse con la vita delle zone teatro
delle operazioni di guerriglia. Lo stesso va rilevato per quanto si riferisce
alla possibilità di esaminare settore per settore, non soltanto nei ranghi delle
formazioni, quale fosse il tessuto sociale di cui si componevano le maglie
della Resistenza attiva nelle sue multiformi manifestazioni.
Per questi aspetti, permane e si fa più grave quanto più avanzano gli
anni e ci si distanzia da} periodo in cui si verificarono tali avvenimenti, la
carenza quasi totale di fonti accertate, di testimonianze rese in modo da
aiutare la ricerca e la fatica di analisi dello studioso. Allo stato attuale delle
cose e degli strumenti in nostro possesso, la ricerca ad esempio intorno alle
forze che parteciparono dell’attività genericamente clandestina nei settori
periferici per determinarne l’origine sociale, costituirebbe un lavoro di Sisifo
per lo studioso, il quale dovrebbe, in primo luogo, trasformarsi in organiz­
zatore di una mastodontica — per le possibilità individuali — opera di cen­
simento, condotta su centinaia e centinaia di casi, anche contenendola nello
spazio di zone ben localizzate. Nè rientra nelle possibilità di alcun ricer­
catore, per dare un altro esempio, procurarsi direttamente materiale e testi­
monianze sulle relazioni che intercorsero in maniera concreta fra strutture
amministrative e strutture politiche della Resistenza, ove le prime ebbero
modo di esplicare i propri compiti alla luce del sole o di esercitare una
qualunque azione avvertita; nè ancora fa parte di siffatte possibilità reperire
quanto necessita per uno studio dei tratti peculiari, e peculiari talvolta in
misura realmente rivelatrice, che rivestirono gli atti, la composizione, l’opera
di tutta una rete estesissima di organi periferici del potere politico dei C.L.N.
regionali e provinciali.
Aggiungerò che impresa egualmente assurda per il singolo sarebbe
quella di tentare lo studio della composizione sociale delle stesse bande partigiane, stante il non mai abbastanza deprecato errore compiuto dagli or­
ganismi partigiani regionali allorché, versando alle Commissioni centrali
la documentazione sugli organici dei reparti, sui riconoscimenti attribuiti,
mancarono di creare un archivio locale raggruppante le copie dei fogli ma­
tricolari spediti a Roma ed ora presumibilmente riposti in qualche inacces­
sibile recesso di ministero, forse in un ordine non precisamente edificante.
L’inavvertenza, oltre ad ostacolare la ricerca cui accennavo, ne impedisce
anche una seconda, che non sarebbe per nulla oziosa, intorno alle variazioni
delle forze nei diversi periodi dell’esperienza partigiana e al rapporto fra
queste variazioni e l’ambiente, le reazioni di certe categorie sociali, gli av­
venimenti politici e militari di più largo respiro succedutisi in quegli spazi
di tempo.
Per quanto è a mia conoscenza, queste lacune nelle fonti sono generali.
In passato, vi furono1qua e là iniziative encomiabili indirizzate ad ovviarvi
nei limiti consentiti dai mezzi e dalle capacità di coloro che se le assun­
sero. Una di queste iniziative, concepita con criteri di notevole intelligenza
Il reperimento delle jonti
in
metodologica, risale alla Sezione di Cuneo dell’Istituto Storico della Resistenza in Piemonte, la quale diffuse, fra il 1947 e il 1948, un questionario
dettagliato fra sindaci, segretari comunali e parroci di tutti i centri, piccoli
e grandi, della provincia, chiamandoli a testimoniare su fatti, nomi, epi­
sodi del tempo, e chiedendo loro anche espliciti giudizi di merito sul moto
partigiano, sulle conseguenze che scaturirono, ad esempio, per l’economia
locale dalla giurisdizione delle Giunte amministrative popolari, ecc. ecc. La
scarsità dei mezzi e la mancanza di funzionalità organizzativa della Sezione,
non consentirono poi di svolgere il necessario lavoro di catalogazione del
materiale ritornato, nè permisero di reiterare le richieste di risposta verso
quegli interrogati sottrattisi all’appello. Tuttavia, l’esame che sto condu­
cendo della documentazione così radunata, mi conferma dell’estremo inte­
resse che rivestono queste testimonianze ai fini delle ricerche cui accennavo
poc’anzi.
Mi si obbietterà che la difficoltà di avviare un’opera di reperimento
quale quella di cui ho trattato, risiede precipuamente nella pochezza dei
mezzi di cui dispongono i nostri Istituti. Ne sono interamente convinto,
sebbene mi paia convenga unire sempre alla spiacevole constatazione una
deplorazione assai viva per l’incuria che lo Stato denunzia rispetto a questi
problemi e, in modo più generale, rispetto a tutto ciò che riguarda la ricerca
scientifica nei vari campi. Ciò non toglie però, mi pare, che qualcosa di più
delle scarse risorse pecuniarie e organizzative dell’Istituto possa e debba es­
sere rivolto al problema di un accertamento metodico e organico delle fonti,
di una raccolta razionale delle testimonianze. E ’ un compito che ritengo
non possa essere trascurato. Esso è quasi pregiudiziale a quello di sollecitare
e promuovere la ricostruzione storica delle vicende di singoli Comitati di
Liberazione locali o di singole formazioni.
L ’esperienza compiuta ad esempio nel compilare la storia del C.L.N.
Regionale Piemontese, mi ha posto a contatto di difficoltà non superate
nell’attendere all’esame ed alla stesura delle parti inerenti i rapporti fra
centro regionale e C.L.N. locali per tutto un lungo periodo precedente la
fase pre-insurrezionale vera e propria, e cioè per lo spazio di mesi nei quali
l’attività degli organi locali non è stata fissata in una serie di documenti poi
trasmessi agli archivi. Sicché, nel lavoro, questa trattazione è sommamente
scheletrica e lascia in pratica senza adeguate conclusioni un argomento di
tale importanza. La stessa osservazione vale per la parte riguardante i rap­
porti fra le Giunte Amministrative Popolari di talune zone liberate dai par­
tigiani nel corso dell’estate-autunno 1944 e gli organi provinciali o il C.L.N.
regionale.
Vorrei concludere esortando l’Istituto e gli amici che possono ad esso
procurare agevolazioni e aiuti nella sua opera, a prendere in considerazione
questa esigenza di una raccolta capillare di dati e testimonianze provenienti
dai settori periferici del moto clandestino, studiando gli opportuni accorgi­
menti per stimolare nella misura del possibile l’interesse e la collaborazione
sia dei protagonisti degli eventi della Resistenza sia di quanti, per le spe­
cifiche mansioni ricoperte in sede amministrativa o per le responsabilità di
natura religiosa o ancora per incarichi svolti in sede clandestina, sono in
grado di fornire delucidazioni. Mi rendo conto che il clima odierno, il tempo
112
Mario Giovana
trascorso, i comprensibili riserbi o le modificazioni intervenute in dodici
anni negli orientamenti politici dei singoli, rappresentano ostacoli e remore
all’ottenimento di risultati apprezzabili, mentre rendono meno attendibili,
e quindi bisognose di più accorte e meditate verifiche, le testimonianze che
possono essere rese.
Ma la sola alternativa a questi tentativi, risiede nell’abbandono totale
degli intenti di ricostruzione storica e di studio di aspetti essenziali del fénomeno della lotta di liberazione. E più gli anni corrono e maggiori sono le
difficoltà che si offrono, minore è la garanzia di venire in possesso di dati
non contraffatti, di risposte non ampiamente lacunose, perchè il naturale
svanire dei ricordi appanna la visione di fatti ormai sempre più lontani, così
come disperde eventuali documenti di cui i possessori finiscono di non ram­
mentare neppure più la presenza nei propri archivi.