Formazione, persona, democrazia - Riviste digitali

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Formazione, persona, democrazia - Riviste digitali
Formazione, persona, democrazia:
una questione aperta
GIUSEPPE SPADAFORA
Abstract: The education could drive the individual to a possible fulfillment of his/her
human potentiality and at the same time with the self, with other individuals in emphatic and ideological way.
Such ambivalent oscillation between indoctrination and emancipation has always characterized the human education process. Two are the categories to better understand the
individual’s problems: the knowledge of identity of an individual which is the final stage
of education and the possibility to consider an ethical limit necessary in order to promote
the development of the same human being.
Riassunto: La formazione può condurre la persona alla possibile realizzazione del suo
potenziale umano e del suo rapporto con il sé, con le altre persone in forma empatica e
dialogica. In siffatta oscillazione ambivalente tra la conformazione e l’emancipazione,
che ha sempre caratterizzato l’educabilità umana, due sono le categorie ulteriori di analisi delle problematiche della persona: il riconoscimento dell’identità, in altri termini il
punto di arrivo del processo formativo, e l’impossibilità di fare a meno di un vincolo, di
un punto fermo, necessario a determinare lo sviluppo della potenzialità umana.
Parole chiave: educazione, indottrinamento, emancipazione, limite etico.
Il concetto di formazione, sebbene sia stato variamente e lungamente
esplorato dalla cultura e dalla tradizione filosofiche e pedagogiche, necessita di continui approfondimenti. Un aspetto risulta chiaro dal dibattito
pedagogico, non solo italiano, ma anche in una prospettiva internazionale,
cioè che la riflessione pedagogica ha rinvenuto in questo concetto un saldo
punto di riferimento per comprendere il senso della pedagogia come sapere teorico-pratico che mira alla valorizzazione delle persone (Corsi, 2003;
Acone, 2005; Burza, 2008; Colicchi, 2009).
La formazione esprime una “famiglia di processi” che possono essere
definiti nello stesso momento e con modalità differenziate in modo autonomo e dipendente. Ci si forma perché si cresce nel tempo secondo una
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dimensione ontologico-biologica – la crescita involontaria – ma ci si forma
in modo più significativo attraverso un’attività intenzionale o non intenzionale nei confronti dell’ambiente di vita e degli altri soggetti e ci si forma,
altresì, indipendentemente da qualsiasi scelta e azione in virtù di accadimenti, di eventi positivi e negativi che caratterizzano la vita umana – si
pensi alla nascita e alla crescita, ma anche al trauma, agli stati patologici
congeniti o che si manifestano improvvisamente e progressivamente (Saito,
2006; Smeyers-Depaepe, 2006).
Il processo formativo, quindi, rinvia al tema filosofico dei rapporti soggetto-oggetto e soggetto-soggetto, ma in modo più complesso. Infatti esso
non solo è vario e plurale, ma si connette più o meno direttamente a tutti
quei processi sociali, culturali, politici ed economici che caratterizzano una
data realtà antropologica e sociale in uno specifico e determinato tempo
storico.
La formazione, quindi, esprime situazioni di crescita, di sviluppo, di cura
e di coltivazione autoformative ed eteroformative in una soggettività unica
e irripetibile, che si esprime nel tempo e nello spazio attraverso relazioni
di spontanea formazione, di consapevole autoformazione e di etero-formazione; ma nelle sue trasformazioni è condizionata soprattutto dall’occasionalità e dalla imprevedibilità dell’evento. In questa particolare accezione, il
processo formativo è da intendersi come sviluppantesi in modo oscillante
tra diversi contesti: i processi di condizionamento, di indottrinamento, di
conformazione, le regole religiose e etiche, le regole della competizione
sociale, le suggestioni sulla condotta dei soggetti del mondo mediatico, le
possibilità di emancipazione salvifica come aspirazione al progressivo miglioramento dell’esistente, come convinzione di una presenza metafisica
che ispira le regole della condotta umana.
La formazione può condurre la persona alla possibile realizzazione del
suo potenziale umano e del suo rapporto con il sé, con le altre persone in
forma empatica e dialogica. In siffatta oscillazione ambivalente tra la conformazione e l’emancipazione, che ha sempre caratterizzato l’educabilità
umana, due sono le categorie ulteriori di analisi delle problematiche della
persona: il riconoscimento dell’identità, in altri termini il punto di arrivo
del processo formativo e l’impossibilità di fare a meno di un vincolo, di
un punto fermo, necessario a determinare lo sviluppo della potenzialità
umana.
Il soggetto, quindi, si costituisce e si definisce progressivamente attraverso un complesso processo formativo che è insieme conformativo, emancipativo, legato al riconoscimento identitario e al vincolo di appartenenza
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o psicologico-interiore, oppure legato alle dipendenze con il mondo e le
persone esterne.
Un insieme di processi che disvela e costituisce la soggettività della persona nel mondo ma che, nel contempo, propone un complessivo ripensamento del concetto di libertà. La libertà della persona non è mai tanto
“libera” né nelle sue potenzialità, come “assoluto” biologico, né tantomeno
nella sua capacità emancipativa e progressiva di trasformazione del mondo; nondimeno deve necessariamente fare i conti con la costante tensione all’emancipazione che definisce il compito di una pedagogia critica
(Scheffler, 1960; Laporta, 1996; Granese, 2008).
In questo senso è possibile cogliere proprio nell’analisi del soggettopersona il significato di una pedagogia come disciplina capace intenzionalmente di analizzare e intervenire con l’elaborazione di modelli critici di
formazione, che traggono i loro elementi di giustificazione nell’individuazione di principi e criteri, come sono quelli di conoscere e interpretare le
possibilità di sviluppo personale e sociale dei soggetti-persone nelle situazioni specifiche della loro esistenza (Putnam, 2001; Kitcher, 2001).
Il processo formativo nella sua complessità rivela un problema centrale
che caratterizza in modo specifico il ruolo di una pedagogia critica: il soggetto-persona, infatti, è sempre da considerare nella situazione specifica in
cui vive, lavora e consuma. La teoria marxiana definiva, a questo proposito,
una “critica dell’economia politica” che doveva condurre l’indagine scientifica ad un’“autentica concretezza”, ma il soggetto di cui parlava Marx, pur
nella sua concezione di una formazione “onnilaterale” del soggetto liberato
dal capitalismo, era tendenzialmente collettivo, non rappresentava cioè la
soggettività unica e irripetibile a cui bisogna far riferimento e che le ricerche scientifiche contemporanee nonché gli approcci filosofici della postmodernità ci hanno ancora di più confermato e riaffermato (Cambi, 2006;
Manacorda, 2008).
Il soggetto-persona non è mai tanto debole da potere avere, in modo
relativistico, una sua verità nei contesti specifici in cui vive e opera; ma nello
stesso tempo il soggetto-persona non ha la forza cogente e trascendentalmente definita di orientare il principio veritativo della realtà. Il soggettopersona è unico, particolare, irripetibile, inviolabile e, soprattutto, è diverso
nel tempo, nello spazio e nel luogo in cui vive e opera. I processi educativi
e formativi, proprio nella contestualità dei vari aspetti in cui si evidenziano,
fanno emergere la diversità delle persone.
La soggettività delle persone, contestualizzata nella specifica situazione,
si evolve nel tempo e nello spazio ed esprime una imperfezione, in quan-
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to il soggetto-persona è problematico ed esprime un complesso rapporto
tra interiorità e esteriorità (Levi Montalcini, 1989; Matte Blanco, 2000;
Masullo, 2003; Trione, 2009). La persona, quindi, è da considerare non
solo un concetto di matrice filosofico-cattolica, ma espressione di una dimensione più ampia per quanto riguarda la tensione individuale dell’azione
delle persone verso i valori della vita, individuali e universali.
In altri termini, la soggettività della persona si forma all’interno dei momenti di conformazione, emancipazione, riconoscimento identitario e vincolo esterno o interno nella situazione specifica. Essa si forma nel tempo,
nello spazio e nei luoghi della vita, si esprime tra l’inconscio e il conscio, in
modo interpretativo e simbolico, e presenta alcune caratteristiche di diversità
contestualizzate nelle situazioni specifiche familiari, scolastiche e sociali. In
questo senso, il consumo materiale dei beni, che può essere sovrabbondante,
normale o minimo, secondo indici valutativi standard, il rapporto biologicoistintuale con il mondo e la complessità dei rapporti interpersonali e delle
persone con i media e i new media costituiscono i nodi centrali di questa
soggettività della persona che si manifesta e si sviluppa progressivamente.
Il processo formativo determina, quindi, lo sviluppo della persona. La
sua ontologia è messa in discussione proprio dalla complessità del processo formativo che sinergicamente lega la crescita al crescere, la dimensione ontologica della persona alla sua attività trascendentale, la sua dimensione biologico-istintuale alla sua costruzione simbolica e pragmatica
(Hildebrand, 2003).
Ciò comporta un aspetto fondamentale che era stato intuito da Dewey e
dal pragmatismo, ma che non era stato mai pienamente sviluppato (Anton,
2005; Spadafora, 2006) e che, comunque, il personalismo di matrice maritainiana aveva trascurato in nome della centralità della persona come esperienza metafisicamente fondante e giustificata dalla grazia divina ma, allo
stesso tempo, concreta e realizzabile nelle dimensioni dell’economia e della
politica (Viotto, 1985; Maritain, 2001).
La formazione genera la diversità delle persone, anzi le diversità delle
persone. Già le neuroscienze hanno individuato nella diversità del patrimonio genetico una caratteristica fondamentale del genere umano. Il genere
umano non è una caratteristica universale, ma è espressione di particolarità diverse delle persone nei luoghi specifici delle loro esistenze (Damasio,
2003; Cacioppo-Berenston, 2003).
Il tema del soggetto-persona che vive e definisce la sua diversità nella
situazione specifica è caratterizzato da una tensione tra la sua particolarità e
la universalità dei valori. In effetti egli vive le sue scelte e la sua condotta tra il
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perseguimento del soddisfacimento dei suoi bisogni primari di sopravvivenza, dell’utile, del piacere, e le regole etiche, le norme, le concezioni religiose
e i valori universali a cui tende la particolarità della sua esistenza: il bene
comune, l’equità, la giustizia, il senso delle scelte religiose, il rapporto del
soggetto-persona con il sacro. La complessa attività del soggetto-persona
oscilla tra particolarità e universalità, attività concreta che si esplica nella
quotidianità con una evidente tendenza verso i valori comuni a più persone.
L’educazione è la tensione che rivela il problema del soggetto-persona in
situazione tra particolarità e universalità, e la pedagogia è il sapere che criticamente analizza e orienta questa tensione. Il vero telos dell’educazione è la
possibilità di emancipazione del soggetto-persona, e cioè la possibilità che
la persona risolva concretamente i problemi della sua situazione specifica
con una tensione verso i valori più ampi e onnicomprensivi della cultura e
del gruppo a cui appartiene e di contesti valoriali più ampi che possono diventare universali, cioè comuni al maggior numero di persone al di là delle
differenziazioni genetiche e culturali.
La tensione all’emancipazione è atto pratico di superamento dei problemi nei vincoli e nelle situazioni specifiche della vita. Proprio per questo la
tensione all’emancipazione, che è l’ideale regolativo della pedagogia, è atto
concreto e modificabile giorno per giorno con una tensione a valori più
ampi e condivisi e non semplice aspettativa salvifica del futuro.
Il punto di equilibrio tra particolarità e universalità diventa il momento
di riflessione e di orientamento di una pedagogia critica. Una pedagogia
critica, nel tentare di definire l’oscillazione tra la particolarità e l’universalità
e di orientare l’attività umana verso l’emancipazione, deve esplorare alcuni
nodi cruciali del processo formativo del soggetto-persona e, in particolare,
la coscienza del limite etico e culturale verso cui l’attività umana inevitabilmente tende.
La ricerca dell’equilibrio tra i valori particolari e quelli universali è legata
strettamente al rapporto tra la formazione, la persona e la democrazia, anzi
rappresenta la questione centrale e aperta del problema pedagogico che
non può prescindere dalla correlazione tra queste tre categorie.
Il profondo nesso tra la formazione, l’emergenza della persona nella sua
singolarità e irripetibilità e la democrazia come svolgimento naturale delle
potenzialità di ogni soggetto-persona è il nodo centrale della cultura contemporanea.
E questo non tanto e non solo perché il tema della democrazia diventa,
nel complesso rapporto tra famiglia, comunità di base e società, il nodo istituzionale e politico del XXI secolo in uno scenario globale, come i polito-
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logi con discutibili teorizzazioni a volte hanno riflettuto sul problema (Sen,
2009), ma proprio perché, a mio avviso, la democrazia si pone come una
estensione naturale, teleologicamente orientata e orientabile della persona
nella sua azione costante. Al contrario nel mondo contemporaneo, in modo
ideologico, il tema della democrazia è riaffermato, secondo recenti studi, specialmente dalla cultura e dalla politica nordamericana per imporre un clima
di continua “pace armata” tra gli stati e non sempre di valorizzazione delle
persone all’interno del sistema di mercato e di consumo (Arlacchi, 2008).
In questa relazione naturale e organica tra formazione-persona-democrazia, diverse sono le finalità a cui il processo formativo deve tendere affinché il soggetto-persona costruisca la democrazia.
Il processo formativo del soggetto-persona, innanzitutto, deve essere
orientato e, conseguentemente, formato all’autonomia. È chiaro che l’autonomia come capacità critica che permetta al soggetto-persona di progettare
e di compiere scelte e azioni consapevoli non può che consustanziarsi alla
complessità del processo formativo e, di conseguenza, alla fondazione della
diversità del soggetto-persona nella sua specificità esistenziale.
Non esiste un’autonomia che non sia anche eteronomia, dipendenza dalle situazioni esterne e dagli altri, vincolo con la tradizione e con le
abitudini pregresse. La pedagogia critica deve analizzare le possibilità di
emancipazione del soggetto-persona che possano migliorare la sua capacità
di autonomia, e che possano limitare le sue dipendenze negative. Una pedagogia critica deve, a tal proposito, analizzare le possibilità emancipative
della persona definendo i suoi diritti umani inalienabili e, in particolare, il
suo diritto alla felicità che, sancito costituzionalmente dalla tradizione giuridica statunitense, diventa un problema pedagogico centrale per definire il
rapporto formazione-persona-democrazia (Rodotà, 2009).
In tal senso questo approccio deve esplorare le possibilità di rivelazione
delle potenzialità umane inespresse, delle vocazioni interiori, delle possibili
scelte alla vita futura in relazione a quelle che sono le situazioni specifiche,
le età della vita, i vincoli e i limiti imposti. Il passaggio dal conoscere al
“saper fare” e al “sapere essere”, e cioè il formarsi progressivamente della
persona dalle conoscenze alle competenze, per diventare “capitale invisibile”, “risorsa umana” – tendenza abbastanza accettata non solo da parte
di gran parte della letteratura scientifica internazionale ma, soprattutto, da
parte delle politiche dell’istruzione e dell’educazione (Delors, 1996) – deve
essere il presupposto su cui la pedagogia critica deve analizzare l’orientamento del soggetto-persona alle sue scelte consapevoli, ma soprattutto alla
coscienza del limite, punto di adattamento e di equilibrio tra le possibilità
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di realizzazione dei desideri e delle vocazioni e i limiti, le regole, le norme,
i condizionamenti culturali, sociali e politici.
La responsabilità consapevole del soggetto-persona è il punto di arrivo
del processo formativo dell’autonomia; pertanto una pedagogia critica deve
analizzare e, nel contempo, orientare nelle situazioni specifiche, questa dimensione della soggettività.
In altri termini, la formazione del soggetto-persona nella sua autonomia, nella sua dignità, nella ricerca della responsabilità come coscienza del
limite, dell’equilibrio tra particolarità e universalità, approfondisce e sviluppa il tema dei diritti della persona come valori universalmente definiti
e favorisce le potenzialità del soggetto-persona per costruire, attraverso le
dimensioni formative, la sua possibilità di emancipazione che coincide con
la ricerca della democrazia come garanzia istituzionale e politica al “bene
comune” (Possenti, 2003).
Il nesso formazione-persona-democrazia si basa, inoltre, sul grande
tema della relazione intersoggettiva. Rispetto alle tendenze dominanti della ricerca filosofica contemporanea che ha esplorato questo aspetto, sviluppando a mio avviso la tradizione confutativa e dialogica aristotelica nella
prospettiva di una rifondazione filosofica della democrazia, il tema pedagogico è centrale e sottovalutato (Habermas, 2007; Chiosso, 2007).
La relazione maestro-allievo, educatore-educando, uomo-donna, genitore-figlio, il rapporto tra modello da imitare e il relativo soggetto-persona
e, in genere, il legame affettivo tra le persone, la comunione valoriale tra le
diversità, sono espressione di un rapporto di autonomia e dipendenza tra un
soggetto-persona e un modello di riferimento. Dal punto di vista pedagogico, l’intersoggettività deve essere considerata come una relazione asimmetrica da analizzare e orientare per una possibile integrazione valoriale oscillante tra la tolleranza tra soggetti diversi fino ad una possibile integrazione
come costruzione comune di nuovi valori (Gobbo, 2000; Susi, 2002).
L’autonomia, la responsabilità come coscienza del limite e l’integrazione
valoriale intersoggettiva rappresentano le categorie pedagogiche che possono rifondare la relazione formazione-persona-democrazia come dimensione naturale, ontologicamente definita e nello spesso tempo problematica
e politica, basata cioè sull’istanza del soggetto-persona nella sua individualità, ma anche nella famiglia, nelle organizzazioni politiche, nelle istituzioni, di progettare e trasformare, nell’ambito delle leggi e delle regole etiche,
la realtà sociale.
Le possibilità di formazione della persona, infatti, si basano sulla ricerca
dell’autonomia e della dignità del soggetto-persona, della ricerca della sua
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responsabilità come coscienza del limite, dell’equilibrio particolare-universale e, quindi, inevitabilmente, devono confrontarsi con le possibilità di
costruzione della democrazia non solo come problema politico, ma come
dimensione metapolitica nel senso di una costante azione che favorisca lo
sviluppo formativo delle persone per costruire le possibilità del bene comune (Mortari, 2007; Gennari, 2007).
Il concetto di democrazia, come è testimoniato dal vastissimo dibattito al
riguardo, è limitato da diverse patologie istituzionali, così come è stato ed è
evidenziato nella letteratura giuridica, sociologica e politica contemporanea:
la mancanza di partecipazione, il principio di rappresentanza che spesso si
distacca dalla fiducia del corpo elettorale, l’apatia del voto da parte dei cittadini, la tecnocrazia mediatica che vanificherebbe la volontà di partecipazione
dei cittadini, la “poliarchia dei poteri”, tra cui il potere occulto e i poteri delle
organizzazioni criminali, che limiterebbero la sovranità del corpo elettorale,
la inevitabile distinzione tra costituzione materiale e costituzione formale, il
grande e ancora inesplorato tema delle élites dominanti in relazione alla globalizzazione economica, mediatica e politica che di fatto limitano il potere degli
Stati-nazione (Bobbio, 1984; Sartori, 2008; Piromallo Gambardella, 2009).
Proprio per questo bisogna rifondare pedagogicamente il problema della democrazia, imparando la democrazia come un processo sperimentale
in continua elaborazione che continuamente si sviluppa e che ha proprio
nell’educazione e, quindi, nella pedagogia, la sua “chiave d’oro” interpretativa fondamentale.
La democrazia nelle varie dimensioni della contemporaneità è caratterizzata da questa ansia verso l’emancipazione, verso la possibilità di una
migliore partecipazione dei cittadini al governo della cosa pubblica, verso il
controllo continuo di chi governa, come auspicava Popper, verso la dimensione della continua sperimentazione della democrazia come processo di
governo e di potere che si adatta alle varie situazioni sociali e politiche che
perennemente si trasformano.
La pedagogia critica nei vari luoghi dell’educazione, nella famiglia, nella
scuola, nel sociale in rapporto soprattutto al mondo mediatico, con approcci
culturali e metodologie diverse e attraverso l’azione degli educatori e degli
insegnanti (Masterman, 1994; Greco, 2009), deve analizzare e orientare il
processo formativo dei soggetti-persone, unici, particolari e irripetibili, per
favorire l’equilibrio tra individualità e universalità. La democrazia, prima di
essere tecnica politica da modificare e riadattare ai cambiamenti sociali e
economici, è fondamentalmente un modo di vivere, a “way of life”, che solo
una pedagogia critica può determinare.
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I processi formativi dei soggetti-persone che tendono ad una emancipazione nelle situazioni specifiche (dal soddisfacimento dei bisogni primari
dell’esistenza fino all’equilibrio tra gratificazione e frustrazione nel lavoro
e nell’affettività e al riconoscimento sociale), aiutano a costruire la democrazia come sistema culturale che persegue l’equilibrio tra aspirazioni individuali e valori di benessere economico diffuso, giustizia, pace, solidarietà
sociale collettiva.
L’educazione e la democrazia si incontrano su questo terreno comune
per autocomprendersi e progressivamente definirsi. “Imparare la democrazia” (Zagrebelsky, 2007) non è solo un ambito disciplinare di insegnamento
scolastico o culturale, ma è il processo formativo permanente della vita sociale e politica su cui una pedagogia critica può definirsi.
E la definizione è nella rappresentazione di un’autonomia del soggettopersona che rispetti l’altro e costruisca una possibile integrazione di valori.
La possibilità di fondare un nuovo senso della comunità come soggetto
culturale, etico e politico centrale per la democrazia non deve basarsi sulle
virtù carismatiche delle élites o su fascinose metafore che esaltano la democrazia come una “terra promessa” o come espressione del relativismo dei
valori. La ricerca della comunità che possa favorire una “nuova democrazia” più partecipata va oltre la teoria “comunitarista” (Hickman-Spadafora,
2009). Una pedagogia critica che migliori i processi educativi e formativi
diffusi, stimoli la costruzione di comunità sociali che dal basso possano determinare il miglioramento tecnico-politico delle istituzioni, è il progetto
culturale per rifondare la pedagogia e, di conseguenza, le possibilità della
democrazia.
La “difficile scommessa” pedagogica a cui faceva riferimento un noto
pedagogista italiano deve essere riletta come la riproposizione del rapporto
tra l’educazione e la democrazia attraverso un radicale ripensamento della
relazione formazione-persona-democrazia. Non può esistere educazione
senza democrazia e, parimenti, non può esistere democrazia senza educazione. Questo legame è organico e, direi, naturale, avviene cioè inevitabilmente nel complesso intreccio tra attività conoscitiva e dimensione
etico-politica.
Esso potrebbe forse aprire una nuova pista di ricerca per proporre nella
contemporaneità un nuovo umanesimo, che si basi sul ripensamento del
soggetto-persona in relazione alla tecnologia, alla crescente globalizzazione
economica e mediatica e, di conseguenza, alla ricerca di una nuova democrazia. Riproporre il rapporto formazione-persona-democrazia significa
proporre un “nuovo individualismo” che trovi il punto di equilibrio tra svi-
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luppo formativo delle potenzialità del soggetto-persona, competizione sociale, inclusione e recupero delle marginalità. Una nuova democrazia, dunque, sintesi del naturale rapporto tra formazione-persona-democrazia per
ipotizzare un possibile progetto di una nuova paideia per il XXI secolo.
Presentazione dell’Autore: Giuseppe Spadafora è ordinario di Filosofia
dell’educazione presso l’Università della Calabria. Si occupa, prevalentemente, del
problema epistemologico della pedagogia in relazione, soprattutto, al pensiero di
Giovanni Gentile e di John Dewey. Le pubblicazioni che testimoniano maggiormente questo percorso sono: L’identità negativa della pedagogia, Milano 1992; (a
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