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Moda Inpasserella modelledidiverseetnie
A Palermo una sfilata per l’integrazione
...
Mercoledì 2 Ottobre 2013
PAGINA30
Il connubio tra la fashion
blogger palermitana La Pinta e
l’associazione Hombre che promuove attività per coinvolgere
e sostenere minori, svantaggiati e stranieri ha dato vita a «Women of the World», un coloratissimo evento che si è svolto nei
giorni scorsi nel giardino dell’azienda Morettino. Una sfilata con i costumi di varie nazionalità del mondo, su modelle
di diverse etnie, Mabel dal Ghana, Jessica dalle Isole Mauriti-
us, Sonia dall'Iran, Mihaela dalla Romania, Federica e Claudia
dall'Italia. «Per me è molto importante far riflettere attraverso le mie sfilate – ha postato la
blogger, che si chiama Giulia
Pintagro, 23 anni, laureata in
Tecnologie dell'arte, dello spettacolo e della moda – abbiamo
un soundtrack adatto all'occasione, con musiche da tutto il
mondo per impressionare non
solo gli occhi ma anche le orecchie».
Mabel dal Ghana. Foto di Giusy Lo Grasso FotArtè
Riecco la tendenza scozzese ed inglese. Addio a tinte come cammello, verdone e blu: al loro posto nelle vetrine spazio a giallo, arancio, blu elettrico
Un inverno col Montgomery
Ma sarà l’anno dei colori accesi
Tra i modelli non solo la classica lana ma pure una maglia più morbida e meno spessa
Gli esperti: «La sua reinterpretazione è frutto di ricerca e rende questo capo moderno»
Milvia Averna
Palermo
U
omini e donne si
preparano ad un autunno arcobaleno
con pellicce e Montgomery colorati. È
il ritorno di due capospalla, bistrattati, uno perché antiecologico, l’altro perché «antico»,
che si vestono, è il caso di dirlo, di nuovo. La tendenza scozzese ed inglese, che fa capolino in quasi tutte le vetrine fisiche e virtuali dei negozi, non
ha risparmiato il genere cappotti. E cosa c’è di più inglese
del caldo e «scolastico» Montgomery, con il suo ampio bavero e i suoi alamari di legno allacciati con cordoncino? La novità è che il cammello, il verdone e il blu hanno perso spazio
e grucce negli stand, a favore
dei colori accesi, giallo, arancio, blu elettrico e delle fantasie, camouflage o militare, tartan e melange e persino con la
bandiera del Regno Unito. Li
propone così lo stilista inglese
Harnold Brook, marchio storico del genere che ha iniziato la
sua produzione, nella città di
Salford, nel cuore delle Midlands, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando
sono passati da divisa militare
ad uso comune. Protagonista
negli anni ’70 dell’indimenticabile «Swinging London
Era», per l’autunno inverno
2013-2014, li rivisita e attualizza con una vestibilità più
asciutta e corta.
La lana grezza, invece, che
sin dal 1914 ha caratterizzato
il «duffle coat», questo il nome
che ha assunto nelle Fiandre
Olandesi quando ancora vestiva i pescatori alle prese con le
acque gelide dei mari del
Nord, nella visione stilistica
del marchio Bark, viene sostituita da una maglia più morbida e meno spessa. Il giovane
brand, stavolta italiano, perché nato a Modena nel 2011 e
affidato alla direzione artistica
di Michele Nicolella, li propone lunghi da mettere sopra la
giacca o, tipo grossi maglioni,
da indossare con una t-shirt
sotto. Sono disponibili nei colori classici e colorati e sono
venduti nelle top boutique del
mondo da New York a Tokyo.
Presenti anche in molti shop
dell’Isola tra gli altri da Sinagra, Harrison e Dell’Oglio, a Palermo, da Chirico e Octo, a
Messina; da Rainbow a Ragusa; da Cammalleri Loft 3 a Caltanissetta; da Still Pell a Siracusa; da Map Prestigiacomo (Trapani). Bark propone anche la
linea Unique, una collezione
speciale di capi numerati in
edizione limitata, molto costosa, completamente foderati in
vera e alta pelliccia rex, indossabile separatamente. Anche i
dettagli sono accurati, con bottoni ed alamari in vero corno e
finiture in cuoio. «Sono capi divenuti veri e propri must have
per tutti gli amanti dell’high casual – sottolinea Vincenzo Sinagra, buyer palermitano –. È
uno stile molto apprezzato
che non sfugge a chi fa coolhunting, lo strumento di
marketing che si occupa pro-
prio dell'osservazione delle
tendenze e dei modelli culturali nei media, nella moda e nella società. Del resto il Montgomery è uno dei simboli dell’English Style, rifugio sicuro dell’eleganza. La sua reinterpretazione in nuovi colori e tagli, è
frutto di ricerca e rende questo capo, già intramontabile,
nuovo e moderno».
La collezione
DaPalermo
lapelliccia
chefaladonna
eccentrica
...
Sono, invece, pellicce,
colorate ed eccentriche, lontane dal capo tipico che ostenta
la signora borghese, quelle
presentate in anteprima a Palermo durante una sfilata a
Villa Malfitano da Massimo
Ardizzone, stilista nato proprio nel Capoluogo, ma che ha
iniziato la sua carriera, presto,
alla giovane età di 14 anni, a
Roma, all’atelier Gattinoni,
con donna Fernanda. È approdato a Milano nello
showroom di Elisa Gaito, ma
tiene rapporti commerciali
soprattutto con l’estero, mercati russi, asiatici, e medio
oriente. La sua ricerca di opposte dicotomie che inseguono
l’antico ed il moderno, più che
fondendoli, confondendoli
piacevolmente allo sguardo,
ha prodotto una collezione
preziosa e originale, frutto
della collaborazione con la
società Nordicfur srl di Scandicci. Rigorosamente made in
Italy, punta su tinture insolite, caratterizzate persino da
pois, e su nuove tecniche per
la lavorazione delle pellicce,
visoni snowpolar, patchwork,
gilet in Xiangao plissettato e
l'accostamento di tessuti come il cachemire insieme al
Breitschwanz, o velluto e Lapin o anocora con tessuti di
seta ricamati con cristalli.
Mi.Av.
Da sinistra Marco D’Alessandro
indossa un Montgomery dello
stilista inglese Harnold Brook
A seguire la modella Anastasia
Akolzina dell'agenzia The Fashion
Model Management posa per
Dario Michael De Boni con una
pelliccia di Massimo Ardizzone
Le origini. Durante la seconda Guerra mondiale divenne divisa ufficiale per proteggersi dal freddo
Il cappotto del comandante britannico
...
Il «duffle coat», letteralmente, cappotto di tessuto di lana
grezza, è conosciuto con il nome
di «Montgomery» grazie a Bernard Law Montgomery, comandante delle truppe alleate nello
sbarco in Normandia e vincitore
della celebre battaglia di El Alamein che era solito indossarlo, sopra la divisa militare, nella versione color cammello. Il cappotto si
identificò con il generale britannico tanto da essere soprannominato «Monty coat». Nella Royal Navy si era diffuso, già nel 1914, con
il nome «duffle coat», in omaggio
alla città di Duffelzandhoven, vicino ad Anversa, in Belgio, da dove
viene quel tipo di lana.
Durante la Seconda guerra
mondiale divenne la divisa ufficiale per proteggersi dai freddi
venti dell’Oceano Atlantico. Alla
fine del conflitto, Harold e Freda
Morris comprarono le rimanenze
della guerra per rivenderle ad un
prezzo accessibile e sul finire degli anni ‘40 e all’inizio dei ‘50, si
diffuse tra i liceali inglesi e francesi, in cerca di un capo pratico, caldo ed economico. Terminate le
scorte militari, i fondatori del
gruppo Gloverall, continuarono
la produzione, mantenendo i caratteristici alamari, che servivano
proprio per consentire una comoda abbottonatura continuando
ad indossare i guanti. È stato prodotto anche in montone e dopo il
boom degli anni Ottanta, il Montgomery, è riapparso sulle passerelle nelle ultime stagioni, non
più solo blu navy o cammello ma
con colori sgargianti. Mi.Av.