Generazione Scenario 2005 a Milano

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Generazione Scenario 2005 a Milano
Generazione Scenario 2005 a Milano
18-30 maggio 2006
PiM Spazio Scenico
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Generazione Scenario 2005 a Milano
Gli spettacoli segnalati dal Premio Scenario
La rassegna si svolgerà dal 18 al 30 maggio 2006 presso PiM Spazio Scenico e presenterà gli
spettacoli della Generazione Scenario 2005, per la prima volta a Milano all’interno di una
programmazione articolata ed organica. I quattro spettacoli in scena: “11/10 in apnea”
(Segnalazione Speciale) della Compagnia Teatro Sotterraneo di Firenze (18, 19 maggio), “Il
deficiente” (Vincitore del Primo Premio) di Gianfranco Berardi e Gaetano Colella, prodotto dal
Teatro Crest di Taranto in coproduzione con l'Amministrazione Comunale di Mesagne (BR) (21,
22, 23 maggio), “’O Mare” (Segnalazione Speciale) di Sara Sole Notarbartolo, prodotto
dall’associazione I Teatrini e Taverna Est in collaborazione con DAMM Teatro di Napoli (25, 26,
28 maggio) e “Qualcosa da sala” (Segnalazione Speciale) di Francesca Proia in collaborazione
con Danilo Conti, prodotto da TCP Tanti Cosi Progetti di Ravenna (29 e 30 maggio), rappresentano
modi diversi di affrontare il lavoro creativo ed espressivo e si offrono come il risultato del percorso
iniziato durante le tappe del Premio e proseguito grazie alla segnalazione di Scenario.
La rassegna vuole anche essere una risposta concreta alla domanda espressa dall’alto numero di
candidature e di gruppi partecipanti al Premio Scenario provenienti dalla città di Milano e dalla
Lombardia in generale, domanda che sottolinea la ricerca continua da parte delle compagnie
teatrali, in particolare delle più giovani, di uno spazio in cui proporre il risultato dei propri sforzi
creativi; l’obiettivo è di fare in modo che questo appuntamento entri nel novero delle iniziative che
Milano, città nella quale le problematiche relative al rinnovo dei cartelloni e delle programmazioni
mostrano un’inquietante costanza, propone come soluzioni per questa difficoltà.
La scelta del luogo, il PiM Spazio Scenico (maggiori informazioni su www.pimspazioscenico.it ) è
anch’essa frutto di una riflessione condotta secondo i principi suesposti, si tratta infatti di una sala
polivalente nata nel dicembre del 2005, che sta caratterizzando la sua programmazione con una
chiara predilezione per spettacoli di qualità, ma scelti fra le produzioni minori e di compagnie
giovani o di recente costituzione.
Ufficio Stampa
Mario Nuzzo
Barbara Benetti
[email protected]
Cell: 349-3752426
349-1992456
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Scenario 2005
La Giuria della Finale della decima edizione del Premio Scenario, svoltasi nel giugno scorso nell’ambito del
Festival di Santarcangelo dei Teatri, presieduta da Stefano Cipiciani (direttore artistico Fontemaggiore,
presidente dell’Associazione Scenario), è stata composta da Antonio Audino (critico teatrale), Andrea
Benetti (Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica), Stefano Casi (direttore artistico di
Teatri di Vita, studioso di teatro), Roberto Castello (coreografo e danzatore), Lucilla Giagnoni (attrice),
Andrea Nanni (critico teatrale, condirettore del Festival di Santarcangelo dei Teatri), Sabrina Petyx (attrice e
drammaturga, M’Arte movimenti d’arte, vincitore della nona edizione del Premio Scenario), Gregorio
Scalise (poeta e autore teatrale), Cristina Valenti (docente DAMS, Università di Bologna, direttore artistico
dell’Associazione Scenario), Milena Vukotic (attrice).
Anche la decima edizione del Premio Scenario ha potuto esistere sostanzialmente grazie all’impegno dei soci
dell’Associazione Scenario, ossia delle 38 imprese teatrali (compagnie e stabili di innovazione) che
raccolgono biennalmente le proposte dei giovani artisti e ne sostengono l’elaborazione e la presentazione
attraverso le fasi successive. A partire dall’ottobre 2004 è stato portato avanti il lavoro di raccolta e
valutazione di 457 progetti (224 nella precedente edizione) provenienti dalle diverse parti d’Italia, e in
particolare 212 dal nord, 151 dal centro e 94 dal sud; 53 sono risultati i progetti presentati pubblicamente
nelle due tappe di selezione che si sono svolte fra marzo e aprile 2005 a Parma (presso il Teatro delle
Briciole) e a Cagliari (presso il Centro Akròama).
Il percorso di selezione dei progetti ha evidenziato, come significativo elemento di differenziazione rispetto
alle passate edizioni, la presenza di artisti di livelli professionali diversi: accanto a giovani e giovanissimi
provenienti da laboratori e seminari, ma anche da scuole e accademie, si sono affacciati a Scenario artisti
provenienti da esperienze professionali maturate nel teatro “ufficiale”. Si conferma così il ruolo di Scenario
come osservatorio privilegiato della realtà teatrale contemporanea, evidenziando da un lato una tensione
degli artisti ad esprimersi al di fuori dei contesti “naturali” di appartenenza, e dall’altro la grave situazione di
chiusura e regressione che investe il teatro italiano, dove non sembra aprirsi spazio alle giovani generazioni,
a prescindere dall’apprendistato artistico di provenienza.
I tredici progetti finalisti (arricchiti da due proposte fuori concorso, Le Terre Rovesciate della Compagnia
ResExtensa di Bari e Prove di condizionamento della compagnia Cosmesi di Udine) presenti nella fase
conclusiva del Premio, che per la terza edizione successiva è stata ospitata dal Festival di Santarcangelo dei
Teatri, hanno evidenziato - a parere della Giuria - i tratti di un panorama estremamente ricco e articolato, che
ha raccolto proposte provenienti da contesti territoriali e culturali differenti e mossi da diverse necessità
espressive. Carattere distintivo di questa edizione è parso una decisa tensione verso la ricerca teatrale da
parte di una generazione estremamente composita, portatrice di contraddizioni e dotata di una forte volontà,
che individua nel teatro la possibilità di sperimentare forme di espressione originali attraverso modalità di
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lavoro fondate sulla relazione di gruppo e sulla necessità di confrontarsi con temi e inquietudini
generazionali. Giovani artisti tenacemente alla ricerca di strumenti di lettura di un mondo sempre più
raggiungibile virtualmente quanto precluso a possibilità di comprensione e interazione reali, impegnati a
misurarsi con lacune di storia e di memoria, trovando nel teatro originali possibilità di approccio e di
conoscenza.
Teatro d’attore e di narrazione, danza e teatro immagine, per artisti soli e per gruppi, teatro di regia e di
scrittura scenica collettiva, radicato nel sociale e impegnato nel disagio: un panorama assai diversificato, non
leggibile attraverso definizioni di generi, mode, tendenze, ma piuttosto attraverso una generale attitudine, da
parte dei giovani artisti, a reinterpretare i differenti linguaggi a partire dall’originalità della propria adesione
al teatro.
Va sottolineato che all’impegno dell’Associazione Scenario si sono aggiunti, a partire dalle fasi finali del
Premio, i contributi dell’ETI - Ente Teatrale Italiano e delle Regioni Emilia-Romagna, Toscana, Umbria,
Marche. Proprio con queste quattro Regioni l’Associazione Scenario ha recentemente firmato una
convenzione, sotto forma di accordo interregionale, che prevede forme di sostegno finanziario alle attività
dell’Associazione, riconoscendo i contenuti del lavoro svolto da Scenario nei rispettivi territori a favore delle
giovani generazioni e dell’innovazione dei linguaggi.
La Giuria ha assegnato tre segnalazioni speciali e al vincitore un premio di 8000 Euro a sostegno del
compimento del progetto. Tali progetti costituiscono la Generazione Scenario 2005 e hanno debuttato in
forma di spettacolo l’1 e 2 ottobre 2005 al Teatro Furio Camillo di Roma, a conclusione della rassegna
ALTRE SCENE 05 – lampi di teatro e danza organizzata dall’ETI – Ente Teatrale Italiano in collaborazione
con ARCUS spa.
Materiale tratto dal sito www.associazionescenario.it
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18 - 19 maggio 2006 h. 21:00
11/10 in apnea
Compagnia Teatro Sotterraneo (Firenze)
creazione collettiva di Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli,
Claudio Cirri, Daniele Villa
in scena Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri
elaborazione drammaturgica Daniele Villa
musiche originali Lorenzo Piggici
sound design Stefano Simonelli (Kama Studio)
falegnameria Gianluca Angelucci, Umberto Bonaventura
organizzazione Elena Lamberti
Lo spettacolo
Sotterraneo e superficie. Microsistema privato e macrosistema sociale a confronto. Tre personaggi che
svuotano uno spazio e un intruso. Una vicenda reale attraversata da incursioni non reali.
11/10 è anzitutto un lavoro di ricerca teatrale collettiva: diversi soggetti collaborano alla sua realizzazione
senza gerarchie o recinti fra competenze.
Siamo partiti da un nucleo drammaturgico abbozzato, poi rielaborato attraverso la condivisione di materiali
(testi, film, musiche, spettacoli teatrali) e la collisione fra background tecnico-culturali diversi. Il confronto e
la capacità di mettersi in discussione sono divenuti cifra del nostro lavoro: si cercano coordinate condivise, si
fa e si cancella con piacere: il risultato è un prodotto di sintesi in cui il collettivo artistico opera da “riduttore
delle complessità”. La ricerca avviene attraverso l’improvvisazione in prova, ripresa da una videocamera e
poi analizzata collettivamente, scomposta, discussa, pulita fino a selezionarne gli elementi a nostro parere più
efficaci per dar loro una forma (momentaneamente) definita, lasciando comunque aperta la possibilità di
recuperare i materiali di scarto. Altra cifra di questo lavoro è il riciclaggio: la scenografia proviene dai
cassonetti della città, gli oggetti di scena vengono usati per quel che sono, ma anche rifunzionalizzati a
seconda delle esigenze, portati alle estreme conseguenze da un’esistenza scenica significativa e persistente.
Lo stesso discorso vale per il testo: battute che ritornano, completa interdipendenza fra le diverse parti di
parlato, azioni gesti posizioni codificati e riproposti, il tutto secondo una partitura corale in cui l’attore è
talmente vincolato e meccanicamente indirizzato da risultare naturale, sicuro e protetto, ma libero di scartare,
capace di condizionare un’azione scenica pulita in sé. Non c’è niente di aggiuntivo: corpi, significati e
strumenti d’apparato nascono dall’interno della scena e la delimitano. Fuori, dietro, accanto, è pieno di gente
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che scrive, compone musiche, realizza costumi, ristruttura la scenografia e organizza il lavoro collettivo, ma
lo spettacolo contiene ogni prestazione e ogni prodotto. Nulla è dato al caso. Nella “patologica” ricerca della
più completa coerenza, cerchiamo di trovare risposte soddisfacenti a qualsiasi perplessità. Niente di quanto si
vede è semplice presenza, qualsiasi elemento consuma tutto il suo potenziale prima di essere tralasciato,
inscatolato e rimosso dalla scena, dove in ultima battuta non rimarrà che lo spazio vuoto, stadio ultimo d’un
prodotto artigianale a conduzione orizzontale.
Motivazioni del premio
Le traiettorie umane di alcuni giovani dalle identità imprecisate. In queste appare il segno evidente di una
generazione che cerca legami non costrittivi ma che sente il bisogno di una comunicazione, della possibilità
di esperienze e azioni comuni.
La compagnia, con un compatto lavoro di gruppo, costruisce intorno a questa dinamica interiore un
calibratissimo ritmo di racconto, di dialogo e di azione scenica, delineando in alcuni momenti dei credibili
microdrammi, ma definendo, poi, più esplicite astrazioni di movimento con una notevole efficacia di segno.
La compagnia
La compagnia Teatro Sotterraneo nasce nel 2002 dall’incrocio di percorsi formativi differenti e per certi
versi antitetici nel tentativo di definire un spazio artigianale collettivo in base al quale impostare la propria
proposta teatrale. I primi anni di lavoro, culminati nella messa in scena della commedia 5 x una (di E.
Luttman), servono così a creare un bagaglio d’affiatamento tecnico quanto extrateatrale: leggerezza, rapporto
biunivoco col pubblico, avvicinamento a registri ironici e sviluppo di una capacità d’ascolto reciproco.
Nel 2004 la compagnia si definisce nella propria struttura attuale: quattro performers (Sara Bonaventura,
Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri), un dramaturg (Daniele Villa), che collaborano senza
gerarchie o recinti fra competenze. Il punto di partenza di ogni creazione è la strutturazione di un soggetto
primordiale e la condivisione di materiali ad hoc (testi, film, musiche, spettacoli teatrali), da mettere in
discussione tramite un confronto diretto fino ad ottenere un prodotto di sintesi in cui il collettivo opera da
‘riduttore delle complessità’. Il lavoro prosegue attraverso training e improvvisazioni – libere o a tema –
riprese con una telecamera: attraverso un’operazione di analisi, scomposizione, limatura, vengono selezionati
gli elementi più interessanti per dar loro una forma convincente, sempre passibile di ristrutturazione o di
sostituzione con materiali ‘di scarto’. L’ultima fase di creazione consiste nel montaggio in scena, in cui
niente è dato al caso: il corpo attoriale porta su di sé azioni posizioni e gesti codificati e riproposti secondo
una partitura corale in cui l’attore è talmente vincolato e meccanicamente indirizzato da risultare naturale,
sicuro e protetto ma libero di scartare, capace di condizionare un’azione scenica pulita in sé. Da qui il
disegno registico definitivo, portato dunque a compimento da una sistematica e capillare opera di interazione
collettiva.
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21 – 22 - 23 maggio 2006 h. 21:00
Il deficiente
Teatro Crest di Taranto
in coproduzione con l'Amministrazione Comunale di Mesagne (BR)
di Gaetano Colella e Gianfranco Berardi
e con Angela Iurilli e Pietro Minniti
disegno luci Loredana Oddone
scene e costumi Sonia Cappellini
Spettacolo vincitore Premio Scenario 2005
Lo spettacolo
La deficienza, comunemente intesa come stupidità, nel nostro caso fa riferimento all’etimo della parola
stessa; “deficiente” è colui che ha un deficit, ovvero un limite, una “mancanza”. Partendo da questo, la nostra
indagine estende il concetto di deficienza non solo al limite psichico o fisico, ma a quello sentimentale,
spirituale e morale, indagando le diverse situazioni in cui la “mancanza”, da condizione limitante qual è,
diventa (per qualsivoglia motivo) causa dominante.
La storia è ambientata in una casa dove vivono tre fratelli. La condizione in cui vivono non è delle migliori e
la precarietà è un elemento costante. Nessuno dei ragazzi possiede un lavoro stabile e uno di loro non lavora
affatto poiché cieco. La sua condizione lo esonera da qualsiasi lavoro, ma aiuta l’intero nucleo famigliare
attraverso una pensione d’invalidità che, di fatto, è l’unico reddito certo nella economia della casa.
La sua condizione è di privilegiato poiché, essendo l’unico con un limite dichiarato, l’ordine della casa, lo
stile di vita e le abitudini sono dettate dalle sue esigenze. Tutto è a misura di cieco, e gli altri, loro malgrado,
si sentono in dovere di adattarsi a questa condizione. L’equilibrio di questa famiglia però diventerà precario
quando una donna incinta, fidanzata del cieco, andrà a vivere sotto lo stesso tetto. Da questo momento in poi
verranno alla luce tutte le dinamiche conflittuali, tutti i subdoli pensieri di rabbia, invidia e gelosia, dovuti
alla propria condizione di svantaggiati, che talvolta si paleseranno in piccoli e celati stratagemmi di vendetta.
In quest’aria di guerra intestina, ognuno sarà pronto a tutelare solo se stesso, rivelando gradualmente alla
scena come la “deficienza” sia un elemento di uguaglianza fra gli uomini e quanto smisurata e variegata sia
la miseria umana.
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Motivazioni del Premio
Un attento e originale disegno drammaturgico riportato in un complesso lavoro di scrittura scenica. Sotto il
segno di un’apparente linearità narrativa, si strutturano una serie infinita di piani diversi. Le geometrie di un
rapporto famigliare e le spezzature create dall’ingresso di una figura esterna, nascondono tensioni sottili,
tracciano angolature più dolorose, delineano un universo di difficoltà, di impossibilità, di limitazioni. La
nitidezza espressiva di tutto il progetto e la forte intensità dell’interpretazione rendono appieno la tessitura
del dialogo e la fitta dinamica delle relazioni. Il gioco si rovescia sullo spettatore, poiché non è detto che
tutto quello che si vede e si comprende sia esattamente così come lo si percepisce. Tutta la creazione mostra
in controluce una sottilissima riflessione sulla percezione, interiore ed esteriore, sui limiti di questa, apparenti
o no, sulle “deficienze” sensoriali ed emotive, riferite non soltanto a chi è in scena.
La compagnia
Gaetano Colella si è formato a Bologna attraverso laboratori condotti da Elena Bucci e Marco Sgrosso presso
il Cimes, Centro di Musica e Spettacolo del Dams. Ha inoltre partecipato a diversi altri laboratori diretti da
Rena Mirecka, Claudio Morganti, Gerard Toupiner, Gilles Granoillet. Ha avuto esperienze lavorative con la
compagnia Le belle bandiere/Diablogues di cui è stato assistente alla regia in diversi spettacoli (Il berretto a
sonagli, Anfitrione, Le smanie per la villeggiatura). Ha lavorato come attore con Claudio Morganti nel
Riccardo III, con Emma Dante in Medea. È autore, attore e regista del lavoro Passionae, finalista al Premio
Scenario 2001. Dal 2002 condivide l’esperienza autorale e registica con Gianfranco Berardi; insieme hanno
scritto e interpretato Nessuna Omelia (2004).
Gianfranco Berardi si è formato artisticamente attraverso laboratori diretti da Mauro Maggioni e Marco
Manchisi. Ha lavorato e lavora tutt’oggi con La Dama Bianca di Marco Manchisi; ha lavorato inoltre con la
Compagnia delle Vigne in diverse produzioni. È attore nella produzione Occhi Sporchi della compagnia
Sipario e Politeama della Toscana di Cascina (PI). Attualmente è direttore artistico della rassegna musicale e
teatrale Sonarìa che si svolge a Crispiano (Ta). È autore e regista dello spettacolo teatrale Briganti.
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25 – 26 - 28 maggio 2006 h. 21:00
‘O Mare
Taverna est e I Teatrini
in collaborazione con DAMM Teatro di Napoli
di Sara Sole Notarbartolo
con Glen Caçi, Sasà Pelliccia, Ilaria Migliaccio,
Claudio “Topo” Javier Valensuela Benegas, Giulio Barbato
disegno luci Paco Summonte
regia Sara Sole Notarbartolo
Lo spettacolo
In un luogo di confine, cinque personaggi si sono aggregati in comunità: Samir, immigrato argentino; Viciè,
immigrato napoletano; Tadzio, immigrato albanese; Simò, immigrato veneto; Elena, sordomuta dall'incerta
nazionalità.
Saltimbanchi, musicisti, cantastorie, acrobati sono costretti ad una perpetua erranza per via delle continue
richieste di documenti e permessi di soggiorno che li raggiungono ovunque provino a fermarsi.
Il motivo per cui si sono uniti in questa compagnia viaggiante è quello di raggiungere il mare, la libertà.
Arrivati al mare, dicono, non c'è più terra a cui appartenere, non c'è più terra da cui essere espulsi, in cui
essere perseguitati.
Le loro uniche forme di sussistenza derivano dall'immaginazione, dal senso poetico e dalla memoria, quindi
non possono fare altro che fuggire, di continuo.
Ma all'interno di questa piccola comunità è accaduto qualcosa che rischia di far andare tutto all'aria, proprio
nel momento in cui il mare sembra essere davvero vicino.
Tutto inizia con la celebrazione di un funerale, attraverso la celebrazione di un processo, e si conclude con la
celebrazione di un matrimonio.
La musica (bassotuba, chitarra, percussioni, armoniche e altro) è eseguita dal vivo.
’O Mare è la storia di una piccola rivoluzione possibile. Testimonia la realtà di minime zone di resistenza in
cui le cose che accadono – tutte le cose, tante, sublimi o terribili – vengono celebrate e non consumate. Ci
sono fughe che si compiono senza motivo, confini snaturati, leggi stupide e pericolose che impediscono il
cammino.
Ci sono poi piccole figure, personaggi che sembrano inventati, che riescono a resistere, a nascondersi nella
pienezza della propria luce. I personaggi di ’O Mare per restare nascosti fanno spettacoli, suonano, si
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mostrano al pubblico. Stanno camminando da molti anni senza motivo, solo perché nessuna terra è la loro
terra, perché non hanno il “permesso di soggiorno” e quindi l’unica cosa possibile è quella di andare, di
continuo, verso il mare, qualsiasi cosa nasconda.
Motivazioni del premio
Un viaggio verso il mare attraverso un territorio dai confini indefiniti, luogo di fuga e di incontro per una
piccola comunità di immigrati che parlano lingue diverse e dialogano attraverso la musica e le arti di strada.
Nato all’ interno di un centro sociale napoletano, ’O Mare porta in scena con forza e poesia l’utopia
impossibile di una microsocietà in pericolo. Un gruppo di artisti di nazionalità diverse, capace di elaborare in
scrittura drammaturgica condivisa, accenti, abilità e linguaggi scenici differenti per narrare una storia leggera
e spietata, ancora aperta su un finale inevitabilmente sospeso, interpretando magicamente le possibilità
metaforiche del teatro.
Le compagnie
Taverna Est + Damm Teatro riunisce artisti di diversa provenienza geografica (sud Italia, Albania, nord
Italia, Argentina) e professionale (circo, musica, teatro, drammaturgia, teatro di strada).
Riuniti da una zona di lavoro comune, il CSOA DAMM di Napoli, lavorano assieme dall' autunno
2004.
‘O Mare è il primo progetto che nasce da questo incontro.
Obiettivo del gruppo è quello di portare cronaca e poesia al livello di racconto e di elaborare
quest’ultimo affinché raggiunga uno standard di fruibilità tale che consenta al teatro di tornare ad essere
realmente un mezzo di comunicazione.
Perché il teatro sia sempre meno un’arte per pochi.
Nel nuovo progetto “Fuoco!” Taverna Est cercherà di ottenere questo risultato affrontando il tema del
conflitto, della guerra, della violenza intima e internazionale.
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29 - 30 maggio 2006 h. 21:00
Qualcosa da sala
assolo danzato
di e con Francesca Proia
in collaborazione con Danilo Conti
Lo spettacolo
Assolo danzato, senza volto, in cui la danza si origina da un rapporto intimo ed esclusivo con le vibrazioni
della musica per trautonium del compositore Oskar Sala (1910-2002).
Alcune musiche non sembrano concepite per un pubblico di persone, ma per creare concentrazione attorno a
un luogo vuoto. Così è per la musica di Oskar Sala, che comunica un senso di solitudine, di inabitato,
esattamente come può comunicarlo un corpo assorto in meditazione, che si riesce a percepire come oggetto,
eppure capace di generare visioni attraverso uno stato di immobilità perfetta.
Mi è sembrato possibile coniugare perciò questo tipo di musica, una sorta di vibrazione per un altro mondo, a
uno stato del corpo che si avvicina a quello del residuo, del guscio vuoto.
Il lavoro sul corpo parte infatti da uno studio sulle posture yoga, che nascondono in sé il desiderio di non
esistere, di solidificare il corpo in un nodo senza sentimenti e necessità (le posizioni yoga insegnano, ad
esempio, a non soffrire le coppie di opposti: caldo-freddo, fame-sete, sonno-veglia e così via). Ogni postura
yoga nega il corpo attraverso la sua dettagliata messa a fuoco.
La danza si genera così similmente alla ricostruzione di un codice preciso, dettato nel tempo, la cui natura si
definisce per sottrazione, e che si accosta allo yoga nella volontà di concentrazione su determinati punti del
corpo, nel mantenimento della minima tensione interiore possibile, nel desiderio di diffondere nello spazio il
silenzio perfetto interno al corpo.
Il corpo è profondamente legato allo spazio: entrambi condividono il fatto di non essere altro che qualcosa in
rovina, di inabitato, di apparentemente privo di tensione. Più precisamente, il vero protagonista è lo spazio,
vuoto, che cerco di disegnare come l’interno di una mente assorta in meditazione. Infatti il vuoto è la
condizione essenziale, e da questo vuoto si formano e si seccano delle figure, che sono come involucri, come
pietre, e rappresentano l’aspetto più visionario e colorato dello yoga in quanto viaggio immobile.
Il corpo non ha volto, poiché non ci sono emozioni da rappresentare, ma ci sono diverse maschere, che sono
come gusci, e che riescono talvolta a trasformare la massa palpitante del corpo, facendone una cosa
bidimensionale, e dando l’idea che la presenza umana sia solo illusoria.
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Motivazioni del premio
Il grande rigore formale e la raffinatezza della scrittura coreografica recuperano in modo sorprendente e
personale modi e forme della più alta tradizione espressionista, riuscendo a sviluppare una partitura gestuale
scabra e sensuale, velata di mistero, di grande suggestione e attualità. Emerge in questa direzione di lavoro
un’artista matura, consapevole delle inquietudini e delle riflessioni che attraversano la scena contemporanea.
La compagnia
Francesca Proia
Ravenna, 1975. Studia danza classica a Ravenna e Montecarlo. Studia danza contemporanea con Dominique
Dupuy, Lucia Latour e Monica Francia; danza butoh con Masaki Iwana, Carlotta Ikeda, Daisuke Yoshimoto,
Yoko Muronoi.
Si diploma all’EFOA (Federazione Europea Arti Orientali), studiando per diversi anni il sistema hatha yoga
e divenendo insegnante nel 1997. Lo yoga, attraverso le posture, il respiro, l’immobilità, lo studio del ritmo
interno, diventa un importante strumento per la concentrazione nella danza e per la creazione di un contatto
intimo tra il corpo e l’immaginazione.
Dal 1992 al 1998 danza con la coreografa Monica Francia, prendendo parte a tutti i suoi spettacoli.
Nel 1997 danza con il danzatore butoh Masaki Iwana.
Nel 2002/2003 collabora con la compagnia Habillé d’Eau.
Dal 1998 collabora con Danilo Conti e Antonella Piroli, entrando in seguito nel gruppo da loro fondato TCP
Tanti Cosi Progetti, prendendo parte a diversi progetti e spettacoli tra cui: Le ceneri di Lola Montés (1999),
Paura e meraviglia. La debuttante (2001), Le ore (2003), Il movimento apparente (2004). Gli spettacoli di
TCP, il cui cuore è la ricerca di uno stato di parità tra corpi e oggetti, sono invitati in alcuni tra i più
importanti festival europei.
Dal 2000 realizza progetti personali come: Can Can Live e Black out my love, assoli con la presenza di
animazioni proiettate, create a mano.
Nel 2002 crea Svankmajer Solo, accompagnamento danzato al documentario Kostnice (The Ossuary) di Jan
Svankmajer; nel 2003 Racconto Immorale, assolo ispirato al mondo erotico del regista Walerian Borowczyk.
Nel 2004 realizza Buio luce buio, assolo danzato ispirato al romanzo Valeria e la settimana delle meraviglie,
di Vitezslav Nezval (segnalazione speciale premio Iceberg 2005).
I suoi spettacoli e assoli vengono presentati nei più significativi festival in Italia e all’estero, ricevendo
numerosi riconoscimenti.
Collabora dal 2001 con il fotografo Enrico Fedrigoli per il progetto La tigre assenza.
A partire dal 2003 prende parte ad alcuni episodi (Berlino, Marsiglia) di Tragedia Endogonidia, della
Socìetas Raffaello Sanzio. Nel maggio 2004 danza nel nono episodio (Londra) dello stesso progetto,
collaborando alla creazione della coreografia.
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