mali mali-burkina: di mercato in mercato

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mali mali-burkina: di mercato in mercato
MALI
MALI-BURKINA: DI MERCATO IN MERCATO
CON BARNABA SALVADOR
1° giorno
Italia-Bamako
Voli di linea. Arrivo a Bamako. Pernottamento al Grand Hotel.
2° giorno
Bamako-Segou-Diafarabé
Bamako è attraversata dal Niger, sulle cui rive palpita l’operosità: piroghieri che caricano e
scaricano merci e persone, lavandaie e tintore con i panni variopinti stesi al sole, ortolani che
coltivano piccole parcelle lambite dall’acqua. Bamako si sta abbellendo con monumenti ed edifici
pubblici che affiancano i vecchi edifici lasciati dai coloni francesi, ma rimane un grosso villaggio con
estesi quartieri di case in banco. Il centro è piccolo ma invaso da mercati, traffico caotico, tante
curiosità e un viavai incessante degli ambulanti che portano sulla testa la loro scarsa mercanzia e la
offrono a tutti i passanti. Partenza verso nord-est. Campi coltivati e grandi frutteti ricchi di piante di
mango sfilano lungo la strada asfaltata. Arrivo a Segou, "la coquette", importante cittadina sul Niger,
prospero centro della coltivazione del riso. Lungo il viale d’accesso vari edifici coloniali ricordano i
tempi in cui fu la capitale del paese. Il lunedì a Segou è giorno di mercato! Il mercato coperto, di
coloniale memoria, si anima come ogni giorno con l’arrivo delle derrate alimentari: frutta colorata,
verdissima insalata, legumi vari, pesce fresco, carne appena macellata. Le strade tutto intorno si
riempiono dei venditori del lunedì che offrono ogni possibile mercanzia: tessuti, coperte, zucche
svuotate di varie dimensioni da adibire a contenitori, corde, scarpe, mobilio, intrugli per la farmacia
tradizionale…. colori, brusio, odori penetranti… un totale coinvolgimento dei sensi. Il mercato si
sviluppa fino al fiume e continua lungo le sue rive, dove predominano i venditori di terrecotte, in
parte fabbricate sul posto. Si lascia Segou per Markala, dove si attraversa l’unica diga sul Niger. La
navigazione inizia a Diafarabé, nella regione del Macina invasa dalle acque in periodo di piena e
verde di coltivazioni. Campo sulla riva del fiume, dove la piroga è in attesa.
3° e 4° giorno
Navigazione in piroga
Inizia la navigazione sul fiume con la tipica imbarcazione locale: la piroga dal fondo piatto e dalla
copertura tonda rivestita di stuoie che offre la necessaria ombra. Lungo il percorso si vedono sfilare
villaggi la cui vita è incentrata sul fiume: le sue acque dissetano, abbeverano, annaffiano, lavano,
trasportano, garantiscono un’abbondante pesca. I pescatori solcano il fiume con le loro piccole
piroghe a pertica, ma se il vento lo consente stendono le loro fantasiose vele fatte di coperte
colorate, pezzi di plastica, sacchi usati per l’imballaggio dei cereali, e con gesto ampio lanciano in
acqua grandi reti circolari, oppure poggiano le nasse, o bloccano con enormi reti interi bracci di
fiume, o ancora… Le rive del Niger, secondo le stagioni, offrono asilo a tutte le specie di uccelli
acquatici dell'Africa occidentale, dal martin pescatore alla gru coronata, dal pellicano alla cicogna,
dal cavaliere d’Italia all’airone cinerino: si potranno ammirare mentre la piroga scivola tranquilla
sulle acque, seguendo la corrente. Isolate, le popolazioni sono estremamente calde ed accoglienti
con i rari visitatori e permettono la visita dei saho, le case comuni dedicate alla gioventù e sempre
gradevolmente decorate, piccoli gioielli di architettura spontanea. I campi vengono posti sulle rive
del fiume.
5° giorno
Mopti
In mattinata arrivo a Mopti. In posizione strategica un ristorante tipico domina il porto e pranzare
sulla sua terrazza è d’obbligo. “La Venezia del Mali”, questo il titolo un po’ eccessivo di cui si
fregia Mopti, composta da tre isolotti legati tra loro da dighe. Il Niger ed il Bani uniscono qui le loro
acque e contribuiscono a rendere Mopti un importante nodo commerciale, grazie al porto,
all’aeroporto ed alle strade che vi confluiscono. Qui tutte le popolazioni si incontrano, transitano, si
insediano, anche stagionalmente. Nel porto si stipano le grosse piroghe da carico con il tetto di
stuoia, colme di merci e gremite di passeggeri estemporanei, intorno si affollano i mercanti, che
sulle rive scaricano la mercanzia e spesso già iniziano la vendita: c’è il settore del pesce
affumicato; quello del sale che arriva dalle miniere di Taoudenni, nel Sahara; quello della
chincaglieria, delle stuoie, della legna da bruciare… in un tutt’uno festoso che colpisce il visitatore. Il
mercato raccoglie tutto ciò che di artigianale si può desiderare, dai gioielli, poveri o preziosi, ai legni
scolpiti, alle terrecotte, ai tessuti. Nelle botteghe degli “antiquaires” si curiosa, si conversa, si
discute sul prezzo… e si acquista qualcosa per ricordare la piacevolezza del momento. Cena in
ristorante. Pernottamento in hotel.
6° giorno
Djenné
Si lascia Mopti lungo la strada principale. Una deviazione secondaria ci porta all’attracco della
chiatta a motore sulla quale si traghetta il fiume per raggiungere Djenné, la "regina del delta".
L’antica cittadina fu fondata presumibilmente intorno all’VIII secolo al centro di una laguna
comunicante con i fiumi Niger e Bani. La sua architettura sia religiosa che civile è il risultato di
diverse influenze culturali che si sono fuse fino ad assumere caratteristiche proprie, influenzando poi
l’intera valle del Niger. L’unica, enorme moschea presenta una facciata ornata di colonne e ripartita
da tre massicci minareti tronco-piramidali sormontati da uova di struzzo. E’ il più grande
monumento in "banco" africano e senza dubbio la moschea più nota in Africa occidentale. Djenné
fu un centro religioso e commerciale importante e lo stato, supportato dall’Unesco, si impegna per
conservarla intatta nella sua struttura originale imponendo il banco, un impasto di argilla e paglia
reso impermeabile spesso dall’aggiunta di sterco, anche all’edilizia attuale: con esso si fanno i
mattoni che saranno poi cotti al sole e l'intonaco che, steso prima della stagione delle piogge,
proteggerà le costruzioni. Una passeggiata nei quartieri in stile arabo-africano permette di
apprezzare le case a più piani, le cui facciate segnalano l’etnia di appartenenza degli abitanti e le
cui stanze si raccolgono intorno al cortile interno, l'intrico delle strette viuzze in terra battuta, il
garbuglio spontaneo eppure armonioso degli spazi che si compenetrano, le ampie terrazze e le
"torri-latrina", astuto espediente per un abitato che manca di sistema fognario. Si lascia l’asfaltato e
si percorre un tratto di una grande strada in laterite per incrociare una pista quasi abbandonata che
conduce ad una serie di villaggi dogon poco conosciuti che rappresentano la prima tipologia di
insediamento di questa popolazione. Costruiti in pietra sulla cima di roccioni d'arenaria e circondati
da basse muraglie, sono difficilmente accessibili. Nando, affascinante insediamento nascosto in una
piccola e suggestiva valle, invisibile dalla piana, può essere scoperto e conquistato con una breve
ma ripida salita. La sua minuscola, stupenda moschea presenta elementi architettonici e decorativi
davvero unici, tanto da ispirare una leggenda a proposito della sua costruzione. Campo nella
regione.
dall’7° all’10° giorno
Il Paese Dogon
Si raggiunge poi Bandiagara, il centro abitato più importante dal quale prende il nome l’intera
falesia, della quale si raggiunge poi il bordo. Visita di alcuni villaggi lungo la falesia e nella piana di
Gondo. Il popolo Dogon è originario della regione del Mandé da cui si allontanò intorno al X secolo
quasi certamente per proteggere la propria identità culturale e religiosa. Si stabilì in questa regione
montuosa scoscesa e quasi irraggiungibile e ciò ha permesso di mantenere quella cultura originale
che tanto ha interessato gli antropologi del secolo scorso e che lo rende il popolo etnologicamente
più interessante di tutto il Mali. La vita dogon è permeata di spiritualità che genera tra l’altro una
serie di manifestazioni artistiche: sculture, maschere rituali, porte e finestre in legno intagliato,
strumenti musicali e danze cerimoniali. I villaggi dogon sono arrampicati sulla falesia di Bandiagara
in posizioni spettacolari, tra blocchi di arenaria e cavità naturali, perfettamente mimetizzati. Sono
formati da piccole capanne affiancate da granai coperti da un tettuccio conico in paglia, e
presentano alcuni edifici di uso comunitario: dalla ghinna, la casa del patriarca custode del culto
degli antenati, alle capanne mestruali, dove le donne si isolano periodicamente, dai binou, case dei
feticci, ai togu na, dove gli uomini si riuniscono per discutere o riposare. Sopra ai villaggi, nelle
grotte che crivellano la falesia, vegliano i sepolcri, nei quali i morti vengono issati per mezzo di
corde. Una duna lunghissima corre parallela alla falesia, creando una vallata disseminata di baobab
e tamarindi nella quale i dogon coltivano il miglio. I Dogon , circa 300.000, traggono il loro
sostentamento dall'agricoltura. Nella piana coltivano miglio e mais, ma il prodotto agricolo per il
quale sono conosciuti è la cipolla, piccola e dolce, che cresce con grande difficoltà in terrazzamenti
suddivisi in parcelle di terreno minuscole, create con terra trasportata in prossimità di corsi d’acqua
chiusi da dighe e sbarramenti, ed annaffiate costantemente a mano. Non è difficile incontrare anche
donne Peulh dalle ricercatissime e preziose acconciature, che scambiano con i Dogon i propri
prodotti: latte e carne bovina contro verdura e cereali. Campi.
dal 11° al 13° giorno
Djibo-Aribinda-GoromGorom
Si raggiunge il Burkina Faso, letteralmente “il paese degli uomini integri”, ossia puri. Questo
romantico nome gli è stato attribuito da Tomas Sankara, suo presidente, il Che Guevara africano. La
prima meta è il villaggio di Djibo, dalla caratteristica architettura che ricorda i ksour del sud
marocchino, nel quale operano molti artigiani: gioiellieri peulh, tessitori, fabbri e vasaie. Nella
regione si spostano i nomadi Peulh Dogabe con i loro zebù dalle lunghe corna. Vivono sotto specie
di capanne provvisorie, costruite con dei rami ricurvi e ricoperte da tappeti dai bei disegni
geometrici. I Peulh coesistono con i Tuareg Tiguirmzalt, che perpetuano lo stile abitativo
tradizionale: tende in cotone o in cuoio, facilmente riconoscibili da lontano per le loro forme che
puntano verso il cielo. L’architettura moderna occidentale si è ispirata a questo stile per
rappresentare leggerezza e movimento. Con loro gli schiavi di un tempo, i Bella. Pozze d’acqua si
alternano alle dune favorendo il pascolo delle mandrie su grandi spazi, senza rischio di
sovrappopolamento. Quindi ecco le rocce che caoticamente circondano Aribinda, ricche d’arte
rupestre preistorica: cavalieri, armi ed animali appaiono sulle pareti a testimonianza di un passato e
di un popolo misteriosi. Gli archeologi si interrogano ancora sulla datazione, sulla provenienza di
questi uomini che ci hanno lasciato tali segni del loro passaggio e per i loro studi possono contare
anche su frammenti di terrecotte, statuette in bronzo e macine ritrovate nelle grotte della regione.
Aribinda è popolata da Kouroumba, Mossi e Peulh. Il loro re, Maiga Belko, ha mantenuto un ruolo
importante nella vita sociale della sua gente e riceve i visitatori per condividere le sue conoscenze
sulla storia del suo popolo. Altre figure tradizionali lo affiancano nella gestione del villaggio: i Signori
della Terra, che sono anche i guardiani delle maschere. Nell’incontrarli è possibile avere
l’opportunità di vedere alcune di queste maschere, che rappresentano antilopi dal collo allungato.
Una pista sabbiosa conduce al seducente lago di Oursi, nei pressi dell’omonimo villaggio, bordato
di dune vive bianche e rosa, punto d’acqua per le mandrie e dimora per molti uccelli acquatici: un
altro dei panorami salienti di questi territori ai bordi del deserto. Poi si entra nell’Oudalan, regione
tipicamente saheliana nella quale l’occhio si perde all’infinito sulla steppa bruciata dalla siccità,
interrotta qua e là da piccole dune che preannunciano la desertificazione. Qui ancora si possono
incontrare famiglie di nomadi che si spostano a d’orso d’asino con tutto il loro materiale ed il
bestiame. Il villaggio di Gorom-Gorom presenta vecchi quartieri che ospitano ottimi artigiani e funge
da punto d’incontro di tutti i nomadi di questa parte di sahel che al giovedì danno vita ad un mercato
del bestiame animatissimo ed assolutamente autentico. Sono Tuareg, ma anche mauri e Peulh, e i
sedentari Songhai. Vendono dromedari, asini, cavalli, zebù, montoni, pecore e pollame: una festa
per il visitatore! Le miniere d’oro della provincia di Dori rappresentano una sosta interessante per il
sistema di estrazione e per l’incontro con i cercatori ed il mondo che orbita intorno a loro. Notti al
bivacco o in piccole strutture locali.
14° e 15° giorno
Falagountou-Ouagadougou
Il mercato del bestiame di Falagountou, che si tiene il sabato, è uno spettacolo affascinante,
frequentato da nomadi che vi si recano a piedi, a dorso d’asino o issati su di un dromedario. Ci si
dirige verso la capitale attraverso tipici paesaggi di savana: campi di miglio, grandi baobab, acacie,
alberi di karité e frutteti carichi di manghi. Qua e là le capanne rotonde e coniche dei Mossi, antichi e
fieri proprietari di queste terre saheliane che in passato, organizzati attorno al loro re, erano in grado
di difendersi ed attaccare ogni nemico. Ed ecco infine Ouagadougou, tipica metropoli dell'Africa
Nera, una città che sembra ancora un grande villaggio. Nonostante il cemento e l’asfalto la
popolazione perpetua gli stili di vita dei villaggi d’origine. Anticamente la pianta della città era
centrata sul Palazzo del “Moro Naba”, il Grande Imperatore dei Mossi. Tra i quattro reami Mossi,
infatti, quello di Ouagadougou fu il più importante. Il Palazzo esiste ancora, ma il baricentro della
città si è spostato sul Mercato Centrale, verso il quale confluiscono tutte le strade unitamente alle
mercanzie e ai manufatti provenienti dalle popolazioni delle savane circostanti. Vi si possono trovare
canestri di paglia intrecciata, sacchi e contenitori di pelle, tessuti artigianali dai vivaci colori, in
particolare l'intenso blu indaco. Al centro artigianale veri e propri artisti producono, espongono e
vendono il risultato del loro lavoro.
16° giorno
Italia
Voli di linea. Arrivo in Italia.
Partenza da Milano/Roma - Prezzo indicativo per persona in doppia: € 3.150,00. Minimo 10
partecipanti con Marino Keller
La quota comprende:
I voli a/r da Roma/Milano in classe Economy
Circuito a bordo di veicoli fuoristrada e piroga, come da programma
Sistemazione per 3 notti in camere standard a due letti e per 11 notti in tende a due posti tipo igloo
Pensione completa tranne i pasti a Bamako e Ouagadougou
La quota non comprende:
Tasse aeroportuali, security tax & fuel surcharge
I visti d’ingresso (€ 110)
L’assicurazione medico/bagaglio (€ 70,00)
I pasti a Bamako e Ouagadougou
Le bevande, le mance, gli extra di natura personale, quanto non espressamente citato
Supplementi:
Sistemazione in singola: € 300,00
Partenza da altri aeroporti: su richiesta
Assicurazione annullamento facoltativa.
HARMATTAN Srl - via Marignana, 98 - 31021 Mogliano V.to
Tel. 041 8122956/041 5420641 Fax 041 8122938
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