RASSEGNA STAMPA COME UN BAMBINO ABBANDONATO

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RASSEGNA STAMPA COME UN BAMBINO ABBANDONATO
RASSEGNA STAMPA
COME UN BAMBINO ABBANDONATO NELLO SPECCHIO DELL’ARMADIO
Ci gira intorno quasi spaventata, la bambola di pezza stretta forte al petto, gli occhi insicuri che sondano il buio, le gambe curiose da bambina che non smettono di cercare. Si avvicina per scrutarne le fattezze, lo sguardo puntato oltre quel rettangolo spento incorniciato di blu. L’armadio nella camera di nonna Faustina è una fantasia infantile che solletica gli adulti, un’euforia sottile da assaporare al ritmo di un vociare sommesso ma costante. Piccoli grandi ne attraversano il confine, alla conquista di una dimensione in cui scoprirsi per la prima volta, attimo dopo attimo, senza pudore. Uno specchio invisibile con cui giocare a essere diversi, strizzando gli occhi alle proprie fattezze, storcendo il naso alle singole debolezze, facendo il verso a una corporeità che si mostra forte e vulnerabile, tenera e volitiva, complice del tutto ma irrimediabilmente sola. “Come un bambino
abbandonato nello specchio dell’armadio” della Compagnia Atacama, con ispirazione letteraria da Daniel Pennac, è una confessione epidermica intima e perspicace, un’armonia di parole e movimenti ideata dalla regia attenta di Patrizia Cavola e Ivan Truol. In scena sette danzatori/performer dalle eclettiche qualità interpretative, dalla presenza efficace, dalla gestualità sensibile ed incisiva. Cadono e si rialzano, brancolano disorientati, fremono d’emozione, tra assoli illuminanti e interazioni di gruppo, intrecci fisici e verbali concertati insieme, assecondati dalla notazione sensuale degli Epsilon Indi. E’ il corpo a dettare il tempo, è il corpo liberato da costrizioni inutili a decretare il senso di un vagare alla ricerca di sé. Funzionalismo delle parti ed esibizionismo collettivo, per una lezione di anatomia comparata che diverte piacevolmente. Mimica, dinamica, emotività associata. E una dose di proverbiale poesia che lascia incredibilmente avvinti.
Valentina De Simone (30)
CHE TEATRO CHE FA di RODOLFO DI GIAMMARCO
LA REPUBBLICA.IT
Uno specchio-­‐armadio al centro della scena è l’elemento attorno a cui ruota lo spettacolo di teatro-­‐
danza Come un bambino abbandonato nello specchio dell’armadio di Patrizia Cavola e Ivan Truol, liberamente ispirato dal romanzo Diario di un corpo di Daniel Pennac.
Uno dopo l’altro i sette performer irrompono sulla scena, ognuno con la sua gestualità peculiare, ognuno col suo modo di ri-­‐flettere non solo le proprie sembianze fisiche ma soprattutto l’immagine di se stessi. Davanti allo specchio – sorta di autocoscienza – ammiccano alle proprie imperfezioni, toccandole, deformandole, mettendole in risalto, studiandole per esorcizzarle. Ogni corpo ha caratteristiche che lo rendono speciale, ma al contempo tutti i nostri corpi possono essere ricompresi in quell’ironico elenco di parti come sedi e motori di sensazioni e stati d’animo, in un preciso meccanismo che alterna esperienza singolare e universale, rappresentato attraverso il continuo avvicendamento di assoli e situazioni corali sincrone. La parola, che sia di uno dei performer o della voce fuori campo, è dialogo interiore che esplicita l’evoluzione dei gesti e delle scene. Sbilanciamenti, cadute, brividi, solletico sono esercizi motori ed emotivi che consentono ai performer di riappropriarsi dei loro corpi riuscendo, tolti i costumi, finalmente a guardarsi ed a interagire soltanto a pelle. L’indagine della Compagnia ATACAMA si dipana per contrasti: la catena di piccolezze, paure, fobie umane è controbilanciata dal circo di esibizioni giocose e prodezze del corpo che viene condotto ad essere vero e proprio corpo-­‐teatro, scatola da cui possono uscire infinite meraviglie. L’armadio-­‐specchio è la soglia da attraversare per arrivare a questa consapevolezza, meglio se in solitudine, quando a guardarci c’è soltanto il bambino che vi abbiamo abbandonato dentro. LUDOVICA MARINUCCI 03/06/2014 NUCLEO ART-­‐ZINE