Classificazione e vantaggi dei concimi non a pronto - Haifa

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Classificazione e vantaggi dei concimi non a pronto - Haifa
Agronomia
BREVE RASSEGNA DEI PRODOTTI DISPONIBILI
Classificazione e vantaggi
dei concimi non a pronto effetto
Con l’obiettivo di aumentare l’efficienza nutritiva dell’azoto sono stati prodotti formulati in grado di modulare la
disponibilità dell’elemento nel tempo. I concimi non a
pronto effetto vengono classificati in base alla modalità
di cessione dell’azoto in concimi condensati a bassa solubilità, concimi ricoperti, concimi con inibitori della nitrificazione e dell’attività ureasica
A. Benedetti, P. Nardi, A. Trinchera, A.M. Sanipoli
Il ruolo dell’azoto quale elemento
nutritivo primario per le piante, nonché la dinamica di alcune sue forme
nel suolo, sono aspetti caratterizzanti
la concimazione azotata. Occorre, infatti, sottolineare che le rese ottenibili,
le caratteristiche qualitative del prodotto, le possibili ripercussioni sull’ambiente, conferiscono a tale pratica
colturale una valenza agronomica e
ambientale. Per definire tempi, dosi e
modalità di somministrazione del concime, le informazioni riguardanti i
quantitativi di azoto asportati dalla
pianta nel corso del ciclo colturale, il
ritmo di assorbimento dell’elemento,
il suo livello nel terreno, ecc., costituiscono per il tecnico uno strumento
molto importante ai fini della razionalizzazione della concimazione azotata.
Nonostante in linea teorica non sia difficile disporre di tali informazioni, l’efficienza d’uso dei concimi azotati è notoriamente bassa e raramente supera
il 50-60% (Fertilizer Manual, 1998), a
volte con valori molto inferiori (Nan-
nipieri, 1996). Infatti, mentre solo una
quota dell’elemento somministrato
con il concime viene realmente assorbita dalle radici, un’altra frazione, di
entità variabile in funzione delle diverse tecniche colturali, può essere dispersa nell’ambiente. Le voci di perdita di azoto sono attribuibili, in ragione
diversa e in relazione alle caratteristiche pedoclimatiche, a processi quali la
nitrificazione, la lisciviazione, la denitrificazione, la volatilizzazione, nonché al processo di mineralizzazioneimmobilizzazione da parte della biomassa microbica del suolo.
Il rischio di dilavamento dei nitrati, ad
esempio, è particolarmente elevato in
terreni sabbiosi a bassa capacità idrica
di campo. Nel caso della denitrificazione, le perdite dell’azoto sono legate alla
formazione di intermedi metabolici quali l’ossido di azoto (NO) e il protossido
di azoto (N2O). Inoltre, la distribuzione
in superficie di urea nei terreni calcarei
senza l’opportuno interramento del concime può essere causa di perdite di am-
moniaca per volatilizzazione. Successivamente, nell’atmosfera, questa può essere ossidata ad acido nitrico e ricadere
al suolo sotto forma di piogge acide.
È chiaro che una accurata modulazione della concimazione minerale,
operata mediante la stesura di piani di
fertilizzazione mirati che tengano conto delle specifiche esigenze della coltura, delle caratteristiche fisico-chimiche del terreno, nonché delle condizioni pedoclimatiche possa già di per
sé limitare i rischi di inquinamento da
lisciviazione di nitrati. Tuttavia in taluni casi, come ad esempio nelle aree
vulnerabili, può essere necessario seguire itinerari tecnici alternativi, utilizzando concimi a elevata compatibilità
ambientale.
Con l’obiettivo di aumentare l’efficienza nutritiva dell’azoto nei confronti delle colture sono stati prodotti dei
formulati in grado di modulare la disponibilità dell’elemento nel tempo.
Approcci diversificati alla risoluzione
di un unico problema hanno portato
all’immissione sul mercato di una molteplicità di prodotti, per caratteristiche e modalità di cessione dell’azoto
assai diversi. Tali concimi, che possono essere definiti «non a pronto effetto», sono solitamente classificati in
funzione del meccanismo che regola
la disponibilità dell’elemento. Si parla,
infatti, di concimi condensati a bassa
solubilità, concimi ricoperti, concimi
con inibitori della nitrificazione e dell’attività ureasica.
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TERMINOLOGIA TECNICA
Glossario sui concimi a lento effetto
Azoto potenzialmente mineralizzabile. Quantità di
azoto disponibile che normalmente, in condizioni di umidità e
temperature ottimali, il suolo può cedere alle colture.
Azoto prontamente disponibile per le colture. Azoto minerale dato dalla somma dell’azoto nitrico, ammoniacale e
nitroso presente nella soluzione del suolo o assorbito sui siti di
scambio della componente organica o minerale del suolo.
Concime a lento rilascio. Concime in cui gli elementi
principali della fertilità sono presenti in una forma chimica o in
uno stato fisico per i quali la loro disponibilità è dilazionata nel
tempo (definizione CEN-ISO).
Concime a rilascio controllato. Si definisce concime a
rilascio controllato un prodotto ricoperto in grado di permettere la cessione degli elementi nutritivi in base alla variazione della permeabilità della membrana costituente la ricopertura.
Concime a rilascio graduale. Si definisce concime a rilascio graduale un prodotto ricoperto in grado di permettere la
cessione graduale degli elementi nutritivi nel tempo in funzione
della solubilizzazione dello strato di ricopertura del prodotto
stesso.
Concime con inibitore della nitrificazione e dell’ureasi. Si definisce concime con inibitore della nitrificazione un
prodotto ottenuto per miscela di concimi minerali e organici
con una sostanza in grado di inibire o ritardare il processo di nitrificazione (inibitore della nitrificazione) e la mineralizzazione
dell’ureasi. Tali prodotti non sono ascrivibili alla categoria dei
concimi «non a pronto effetto».
Concime condensato. Si definisce concime condensato
qualsiasi prodotto ottenuto per via chimica e per reazione di un
composto azotato e di un aldeide.
Concime non a pronto effetto. Si definisce concime
non a pronto effetto un prodotto che indipendentemente dal
processo produttivo è caratterizzato da un rilascio degli elementi nutritivi in esso contenuto modulato nel tempo e in funzione delle condizioni pedoclimatiche e della coltura in atto.
Rientrano in questa categoria i concimi a lento rilascio e rilascio
controllato, a rilascio graduale, concimi ricoperti e condensati.
Concime ricoperto. Concime le cui particelle sono incapsulate con uno strato di materiale diverso (ad esempio con materiale insolubile) con lo scopo di migliorarne il comportamento e/o modificarne le caratteristiche (ad esempio ridurre la sua
solubilità in un determinato diluente) (definizione CEN-ISO).
Rientrano in queste categorie sia i concimi a rilascio graduale
Nella normativa EN 12366, il termine anglossassone slow release (lento
rilascio) è per lo più riferito ai concimi
condensati, mentre i termini coated o
controlled release (rilascio controllato) sono prevalentemente utilizzati
per i concimi ricoperti.
L’uso di questi concimi comporta alcuni indubbi vantaggi (Allen, 1984):
■ maggiore efficienza d’uso del concime. La maggiore disponibilità nel tempo dell’azoto determina l’ottimizzazione dell’assorbimento dell’azoto somministrato;
■ possibilità di ridurre gli interventi di
distribuzione del concime. In virtù della non immediata disponibilità azota-
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che a rilascio controllato.
Fabbisogno massimo di azoto. Quantità massima d’azoto di cui la coltura necessita per raggiungere un determinato
obiettivo di produzione.
Indice di attività (AI). Percentuale di azoto insolubile in
acqua fredda che si solubilizza in acqua calda, il cui rapporto
percentuale deve essere superiore a 40.
Inibitore. Sostanza, generalmente sintetica, che ritarda o ferma l’attività di specifici gruppi di microrganismi del suolo o di
enzimi da questi prodotti.
Lento rilascio (di un fertilizzante). Si definisce lenta la
trasformazione delle sostanze chimiche in forma disponibile
per le piante quando le quote di elementi nutritivi vengono rilasciate in condizioni prestabilite rispettando ciascuno di questi
tre criteri: non più del 15% (m/m) rilasciato in 24 ore; non più del
75% (m/m) rilasciato in 28 giorni; non meno del 75% (m/m) ceduto nell’arco di tempo prestabilito per il rilascio.
Mineralizzazione. Degradazione chimico-fisica e fiologica
nel suolo della matrice organica di un fertilizzante, che rilascia
elementi nutritivi in forma disponibile per le piante (definizione
CEN-ISO).
Quota di rilascio (di un fertilizzante). Quota di sostanze chimiche trasformate in forma disponibile per le piante in un
dato periodo di tempo.
Solubilità di un concime. La massa espressa in chilogrammi di un concime che si scioglie in 100 L di acqua a una certa temperatura (definizione ISO).
Solubilità di un elemento nutritivo. Quantità di un dato elemento estratto in uno specifico solvente e in specifiche
condizioni espressa in percentuale in peso del fertilizzante (definizione CEN).
Tempo d’azione (di un fertilizzante). Periodo di tempo
compreso tra l’applicazione del fertilizzante e il raggiungimento
del 75% della cessione di ciascun elemento nutritivo.
Urea condensata. Prodotto di reazione di urea e aldeidi che
forma un fertilizzante azotato a lento rilascio (definizione ai
sensi della legge 748/84).
Urea. Prodotto ottenuto per via chimica contenente, come
componente essenziale, diammide carbonica (carbammide)
(definizione ai sensi della legge 748/84).
Urea-formaldeide. Prodotto ottenuto per reazione dell’urea con l’aldeide formica e contenente essenzialmente molecole di urea formaldeide (definizione ai sensi della legge 748/84).
ta, è possibile somministrare tutto l’azoto di cui la coltura necessita in un’unica soluzione. In tal modo, possono
essere eliminati gli interventi in copertura diminuendo, da un lato, i costi di
distribuzione del concime e, dall’altro,
i danni alle colture;
■ bassa tossicità. La cessione graduale
dell’elemento nutritivo fa sì che non si
manifestino incrementi eccessivi della
salinità nell’intorno del granulo di concime, per cui è possibile distribuirlo
anche nelle immediate vicinanze delle
piante;
■ disponibilità dell’azoto nel lungo periodo. In ragione diversa, in funzione
della tipologia del concime utilizzato e
delle caratteristiche del terreno, la disponibilità dell’azoto è stimata in un
arco di tempo variabile da poche settimane a qualche anno, sebbene si stimi
che i concimi non a pronta cessione
esplichino la loro azione nell’arco di
mesi.
Tra i diversi vantaggi, occorre ricordare come l’uso di tali concimi comporti un’indubbia riduzione delle perdite di azoto per lisciviazione, per
scorrimento superficiale, nonché per
volatilizzazione dell’ammoniaca. È
giustificato pertanto l’appellativo di
environment friendly fertilizers,
spesso associato a tali prodotti. Purtroppo, l’elevata tecnologia legata ai
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Tabella 1 - Definizioni di lento rilascio riportate nella normativa EN
13266 (CEN/TC 260 - Task force Slow release fertilizers)
Rilascio: trasferimento di un elemento nutritivo dal fertilizzante al mezzo ricevente (acqua)
Quota di rilascio: frazione di massa (in percentuale) di un elemento nutritivo rilasciato in un determinato periodo
di tempo
Lento rilascio: rilascio di un elemento nutritivo secondo i criteri di seguito riportati:
■ non più del 15% della frazione di massa percentuale dell’elemento nutritivo deve essere rilasciato in 24 ore;
■ non più del 75% della frazione di massa percentuale dell’elemento nutritivo deve essere rilasciato in 28 giorni;
■ almeno il 75% della frazione di massa percentuale dell’elemento nutritivo deve essere rilasciato nell’arco di
tempo prestabilito
processi di produzione, fa sì che il prodotto finito abbia un costo di mercato
decisamente superiore a quello dei
concimi tradizionali, motivo per cui il
loro impiego in agricoltura resta ancora limitato.
Prima di passare brevemente in rassegna le differenti tipologie di concimi
non a pronto effetto, è utile ricordare
alcune definizioni date nell’ambito
dell’attività svolta dal Comitato europeo di normalizzazione/Commissione
tecnica «Fertilizzanti» (CEN7TC 260),
in particolar modo dal Working group
«Slow release fertilisers» (tabella 1).
Concimi condensati
a bassa solubilità
Come abbiamo visto l’elevata solubilità che caratterizza i concimi minerali azotati, quali l’urea, il solfato ammonico, il nitrato ammonico, ecc., può
essere causa di notevoli perdite di azoto. Per ovviare a tale inconveniente, si
è operato riducendo la solubilità dei
concimi in modo da preservare l’azoto
in essi contenuto da fenomeni di dilavamento e garantirne, al tempo stesso,
la cessione graduale. Una delle tecniche più utilizzate al fine di ridurre la
solubilità dei concimi è quella che prevede la reazione tra l’urea, concime
caratterizzato da alto titolo in azoto e
basso costo, e diverse aldeidi.
Un altro concime a bassa solubilità,
ma ottenuto con tecniche diverse, è
rappresentato dall’ossammide, diam-
mide dell’acido ossalico, con un titolo
di azoto pari a 31,8% e una solubilità in
acqua di 0,02 g/100 mL; la sua degradabilità dipende dal tipo di conformazione che la molecola viene ad assumere.
Pur avendo, infatti, una formula chimica molto simile a quella dell’urea viene
degradata molto più lentamente. Attualmente tale concime non è presente sul mercato italiano.
Tra i concimi a bassa solubilità si ricordano per importanza l’ureaformaldeide (UF), l’isobutilidendiurea (IBDU), la crotonilidendiurea (CDU). Tali prodotti, che derivano da reazioni di
condensazione tra i gruppi ammidici
dell’urea e quelli aldeidici dell’aldeide
corrispondente, hanno caratteristiche
chimiche diverse. Infatti, mentre l’ureaformaldeide è costituita da una miscela di metilenuree, i prodotti IBDU e
CDU sono dei composti esclusivamente monomerici. Di seguito si farà una
breve descrizione di questi tre prodotti, evidenziandone le caratteristiche di
maggiore rilievo.
Ureaformaldeide
L’ureaformaldeide (UF) indica una
miscela di composti di diverso peso
molecolare, derivanti dalla reazione di
condensazione e successiva polimerizzazione tra urea e formaldeide. Da
un punto di vista chimico l’UF è costituita da una frazione di urea che non
ha subito reazione di condensazione
(urea libera) e da polimeri di metilenuree (monomeri, dimeri, trimeri e così
via) legati, mediante ponti metilenici,
a molecole di urea. La solubilità dei diversi polimeri è inversamente proporzionale al numero di tali residui (Landi, 1972). Nel processo di produzione,
al variare di alcuni parametri di processo, quali il rapporto iniziale tra
urea e formaldeide (U/F), il pH, la temperatura e il tempo di reazione, varia il
rapporto percentuale tra i diversi polimeri. In relazione alla loro diversa solubilità in acqua, nell’UF è possibile individuare tre diverse frazioni:
■ frazione I, azoto solubile in acqua
fredda (25 °C) (CWSN);
■ frazione II, azoto insolubile in acqua
fredda (CWIN), ma solubile in acqua
calda (HWSN);
■ frazione III, azoto insolubile in acqua
calda (100 °C) (HWIN).
La frazione I contiene urea che non
ha reagito, monometildiurea [H2N-CONH-CH2-NH-CO-NH2] (MDU) e dimetilentriurea [H 2N-CO-NH-CH 2-NH-CONH-CH2-NH-CO-NH2] (DMTU) e altri
prodotti di reazione solubili in acqua
fredda. La disponibilità dell’azoto dalla frazione I dipende sia dalla temperatura del terreno (AAPFCO 73, n. 29 e
30 in Trenkel, 1997) che dall’attività
dei microrganismi del suolo (Alexander e Helm, 1990). Inoltre, Hays e Haden (1996) hanno dimostrato come la
cessione di azoto da MDU e DMTU si
verifichi generalmente nell’arco delle
prime 3 settimane successive alla
somministrazione.
La frazione II è costituita da metilenuree di media lunghezza e rappresenta la
frazione solubile in acqua calda (HWSN), ma non in acqua fredda (CWIN).
La velocità di degradazione delle metilenuree presenti nella frazione II varia
nel tempo. Infatti, si passa da un 15% di
azoto rilasciato nelle prime 2 settimane,
all’1,5% per settimana nei 4-6 mesi successivi (Hauck, 1972).
La frazione III è, invece, costituita da
polimeri di maggiore lunghezza e peso
molecolare. Essa rappresenta la quota
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AI = CWIN – HWIN × 100
CWIN
oppure
AI =
Fraz. II
× 100
Fraz. II + Fraz. III
Tale indice esprime la quantità di
azoto insolubile in acqua fredda che si
solubilizza in acqua calda: al variare
della quota di azoto insolubile in acqua fredda, varia la grandezza dell’IA.
Maggiore sarà l’IA dell’ureaformaldeide, minore sarà il contenuto di azoto
insolubile in acqua calda che, come
già ricordato, è responsabile di un effetto fertilizzante residuo legato a un
maggior tempo di rilascio. Al contrario, indici di attività molto bassi sono
tipici di prodotti con alti contenuti di
HWIN. La Aapfco (Association of american plant food and control officials)
ha fissato il limite inferiore per l’IA pari a 40. Sebbene sia stata dimostrata la
relazione tra indice di attività e nitrificazione (Fertilizer Nitrogen 1999), dalla seconda equazione si evince come
l’IA non tenga conto dell’eterogeneità
della prima frazione, costituita da oligomeri solubili in acqua fredda.
È inoltre importante ricordare come l’IA sia stato formulato per i prodotti a base di ureaformaldeide (Pereira e Smith, 1963). La sua applicazione, pertanto, non è giustificabile in
relazione ad altri prodotti condensati
quali l’IBDU, CDU, ecc., per i quali
non è possibile individuare frazioni a
diversa solubilità per la loro stessa
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Figura 1 - Crotonilidendiurea
(CDU)
Figura 2 - Isobutilidendiurea
(IBDU)
CH3
O
=
insolubile in acqua calda (HWIN). Sebbene l’azoto delle polimetilenpoliuree
venga rilasciato in ragione del 10% per
anno, non è tuttavia da considerarsi
privo di interesse agronomico, in quanto può garantire un «effetto residuo» di
disponibilità azotata, in funzione delle
caratteristiche di fertilità biologica del
terreno (Benedetti, 1984).
Da quanto sopra esposto risulta come le caratteristiche dei prodotti a base
di ureaformaldeide dipendano dal reciproco rapporto tra le diverse frazioni
azotate. L’ottenimento di un prodotto
caratterizzato da rapporti specifici tra
le diverse frazioni rappresenta uno dei
maggiori obiettivi da parte dei produttori, che mirano alla commercializzazione di formulati in grado di garantire
con la massima precisione i tempi di rilascio dell’elemento nutritivo.
Nei prodotti a base di ureaformaldeide la presenza di frazioni a diversa
solubilità sta alla base del calcolo dell’indice di attività o indice di disponibilità (activity index o AI), proposto
inizialmente da Morgan e Kralovec nel
1953. Esso si esprime come:
C
HN
NH - CO - NH2
CH
CH
NH
CH3 - CH
CH - NH - CO - NH2
CH3
NH - CO - NH2
C
H2
natura monomerica.
Sebbene la velocità di rilascio dell’azoto da parte dell’ureaformaldeide risulti essere influenzata dal pH, dalla
temperatura e dall’umidità del terreno, l’attività dei microrganismi, in particolare quella batterica, rappresenta
il fattore più importante nella degradazione di questi prodotti.
La natura microbiologica della degradazione dell’UF è stata dimostrata
in tre modi (Hauck, 1972):
■ in suoli sottoposti a sterilizzazione la
decomposizione era del tutto trascurabile;
■ una specie di Agrobacterium, isolata
da un suolo trattato con ureaformaldeide, era particolarmente attiva nella
degradazione della frazione solubile in
acqua fredda;
■ in piante di mais, l’inoculazione batterica della rizosfera ha determinato
un maggiore assorbimento dell’azoto
rispetto al confronto non inoculato.
Non avvenendo fenomeni di idrolisi
a carico dell’UF, il prodotto può essere finemente suddiviso senza che ciò
comporti variazioni nella velocità di rilascio dell’azoto.
Ricerche condotte da Benedetti
(1984), hanno evidenziato come il metabolismo delle formuree venga notevolmente influenzato dalla fertilità
biologica del terreno considerato. Infatti, a valori molto elevati di fertilità
biologica, anche prodotti con indici di
attività minori di 40 mineralizzano
completamente. Al contrario in terreni
a fertilità biologica più bassa anche
prodotti con indici maggiori di 40 non
risultano idonei in quanto la loro degradazione interessa sola la frazione a
più rapida cessione. La fertilità biologica risulta pertanto essere un parametro molto importante nella valutazione di questi concimi (Benedetti,
1996; Sinopoli et al., 2003).
Crotonilidendiurea (CDU)
La crotonilidendiurea (CDU) deriva
dalla reazione di condensazione tra
urea e aldeide crotonica. È un composto monomerico ciclico (figura 1) con
il 32% di azoto, la cui decomposizione
nel suolo è da imputare sia a fenomeni
di tipo chimico, quali l’idrolisi, che microbiologici.
Pertanto, temperatura, umidità del
terreno, attività microbiologica influenzano la velocità di rilascio dell’azoto da tale molecola. La granulometria non sembra influenzare le trasformazioni a carico della CDU. Prove di
incubazione condotte in laboratorio, a
7 e 25 °C, hanno evidenziato come la
decomposizione della CDU avvenga in
ragione dell’8-15% alle temperature
più basse. Ulteriori studi hanno invece
evidenziato l’influenza della tessitura
del terreno sulla velocità di rilascio
dell’azoto.
Isobutilidendiurea (IBDU)
Il maggiore prodotto di condensazione tra urea e isobutirraldeide è rappresentato dall’ isobutilidendiurea (figura
2), contenente circa il 30% di azoto
(32,18 valore teorico). Due aspetti debbono essere tenuti in considerazione
relativamente alla degradazione di
questo monomero nel terreno: la solubilizzazione in acqua e la successiva
idrolisi. A seguito del processo idrolitico, vengono infatti rilasciati nel suolo
urea e aldeide isobutirrica. Nel caso di
tale tipologia di concime si può quindi
parlare di urea lentamente solubile.
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Concimi ricoperti
(coated/controlled
release)
da granuli rivestiti con le resine è conseguente all’entrata dell’acqua all’interno della
membrana e si articola nelle
seguenti fasi:
■ l’acqua penetra all’interno
2NO3–
della membrana attraverso
microscopici fori incrementando la pressione osmotica
interna;
■ l’aumento della pressione
osmotica causa l’espansione
dei fori facilitando con ciò la fuoriuscita degli elementi nutritivi.
In particolare, tale meccanismo di
rilascio è tipico dei rivestimenti a base
di resine alchiliche. Per quanto riguarda i polimeri termoplastici, la cessione
è regolata facendo variare la permeabilità della membrana, ossia cambiando il rapporto tra etilenvinilacetato
(EVA), permeabile, e polietilene (PE),
impermeabile. Con un rapporto 1:1,
circa l’80% dell’azoto ureico viene rilasciato in 90 giorni, mentre un contenuto pari al 100% di PE comporta un rilascio dello stesso azoto in 1.300 giorni
(Saigusa, 1999).
Figura 3 - Intermedi di reazione del processo di
nitrificazione (Trenkel, 1997)
Abbiamo visto come, attraverso la riduzione della solu2 NH4+
bilità dei concimi, si riesca a
modulare la cessione dell’azoto nel tempo. Ciononostante, la produzione di prodotti
condensati a bassa solubilità
non è stata l’unica strada seguita dalle industrie dei fertilizzanti per
ritardare la cessione dell’azoto e la ricopertura dei granuli rappresenta uno dei
maggiori esempi in tal senso.
La ricopertura dei granuli di concime, sebbene dispendiosa e non priva
di complessità di ordine tecnologico,
si basa su un’idea molto semplice che
consiste nel porre una barriera tra il
concime stesso e l’ambiente esterno.
In tal modo, il passaggio degli elementi nutritivi dall’interno del rivestimento all’esterno può, in relazione alle caratteristiche del materiale impiegato,
avvenire con tempi e meccanismi diversi. La ricopertura può essere realizzata con membrane semipermeabili,
materiali a bassa solubilità come l’ureaformaldeide, oli, cere, polimeri, resine, nonché con una pellicola di
zolfo. Un’estrema varietà di materiali
possono essere teoricamente impiegati come ricoprenti, ma il loro numero,
in virtù delle caratteristiche richieste
nonché del loro costo, risulta essere,
di fatto, molto ridotto.
Tra i concimi ricoperti possono essere individuati i seguenti gruppi:
■ concimi zolfo ricoperti (SCU);
■ concimi ricoperti con zolfo e polimeri (PSCU);
■ concimi ricoperti con polimeri.
Come sopra ricordato, il tipo di rivestimento influenza il meccanismo di
rilascio che prevede diverse fasi (Saigusa, 1999):
■ rottura della membrana semipermeabile per effetto della pressione
osmotica;
■ passaggio del concime attraverso
piccoli pori presenti sul rivestimento
impermeabile;
■ degradazione della membrana per
azioni chimiche, fisiche e biologiche.
Il termine generico di «rilascio controllato», con il quale ci si riferisce alla
cessione degli elementi nutritivi da parte dei concimi ricoperti, nasce dal fatto
che la velocità di cessione può essere
controllata operando sullo spessore e
sul tipo di rivestimento (Shaviv, 2000).
Urea ricoperta con zolfo (SCU
- sulphur coated urea)
La produzione della SCU (con un titolo di azoto del 31-38%), ottenuta facendo reagire urea con zolfo fuso, è
Nitrosomonas
2 NH2OH
2 (NOH)
2 NO
* 2NO2–
N2O
* 2 NO2– + O2
Nitrobacter
* 2 NO3–
stata effettuata per la prima volta dalla
TVA (Tennessee Valley Authority) nel
1961 e, per almeno un trentennio, l’urea ricoperta con zolfo ha rappresentato il prodotto ricoperto più utilizzato.
L’impiego dello zolfo come ricoprente
ha il duplice vantaggio di essere poco
costoso e di rappresentare un elemento nutritivo essenziale per le piante.
D’altro canto, però, la presenza di imperfezioni nella ricopertura, che danno
luogo a canali preferenziali attraverso
cui l’acqua può facilmente penetrare
all’interno, nonché la porosità dello
zolfo, possono essere causa in fase iniziale di un eccessivo rilascio di elementi nutritivi, definito da Goertz (1995)
come «rilascio catastrofico» (catastrophic release). Tale inconveniente
persiste anche aumentando lo spessore dello zolfo, peraltro provocando una
diminuzione del titolo del concime. Al
fine di limitare tali inconvenienti, spesso vengono impiegati materiali sigillanti, come cere e polimeri.
Il rilascio di azoto da SCU avviene
sotto forma di urea. L’urea, che si trova all’interno del rivestimento, a seguito dell’entrata dell’acqua, solubilizza
e, per diffusione, passa all’esterno attraverso piccoli fori (Jarrel e Boersma, 1980). Oltre alla temperatura e all’umidità del terreno, anche l’attività
della biomassa del suolo sembra rivestire un ruolo importante nel regolare
la cessione di urea in questa tipologia
di concimi ricoperti.
Polimeri e resine (PCF - polimer coated fertilizers)
La ricerca industriale ha portato all’individuazione di numerosi polimeri
organici che possono essere utilizzati
come rivestimento dei granuli di concime. Tra i materiali presi in considerazione quali rivestimenti si ricordano
le resine, alchiliche e poliuretaniche, i
polimeri termoplastici come il polietilene (PE) e l’etilenvinilacetato (EVA).
Il pH, la tessitura del terreno, la salinità, così come l’attività microbiologica del suolo influenzano poco la velocità di rilascio degli elementi nutritivi,
che risulta invece essere sotto l’influenza della temperatura e dell’umidità del suolo.
La cessione degli elementi nutritivi
Inibitori della nitrificazione
e dell’ureasi
Il processo di nitrificazione consiste
nell’ossidazione, attraverso stadi successivi, degli ioni ammonio in ioni nitrato (figura 3). Come già ricordato,
però, a causa della loro carica negativa, che ne impedisce l’adsorbimento
da parte della frazione colloidale del
terreno, i nitrati possono essere facilmente allontanati dal sistema suolopianta. Pertanto, al fine di regolare tale processo ritardando la formazione
dei nitrati, sono state prodotte sostanze in grado di inibire il processo di nitrificazione. Gli inibitori, infatti, sono
sostanze capaci di bloccare o rallentare un determinato processo biochimico che, in questo caso, si identifica
con la nitrificazione. Ai concimi addizionati con inibitori ci si riferisce con
il termine di «concimi stabilizzati». Risulta pertanto erroneo identificare tali
concimi come concimi a lento effetto
o a rilascio controllato.
Tra i vantaggi che derivano dall’uso
degli inibitori si ricordano: una significativa riduzione dei rischi connessi alla lisciviazione dei nitrati, una diminuzione delle emissioni gassose sotto
forma di N2O, una maggiore efficienza
d’uso del concime.
Le caratteristiche ideali di un inibitore della nitrificazione sono qui di seguito riportate (Prasad e Power, 1995;
Hauck, 1972):
■ specificità. Il processo di nitrificazione è regolato da microrganismi appartenenti a generi diversi quali il geL ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 34/2004
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nere Nitrosomonas, responzione della biomassa in esuFigura 4 - Concimi con prestazioni ambientali
sabile dell’ossidazione degli
bero (Benedetti et al., 1998).
(Benedetti, 2003)
ioni ammonio a nitriti, e NiIl fosforo, invece, viene a estrobacter, che ossidano i nisere protetto dal processo di
Concimi non a pronto effetto
triti a nitrati. L’azione dell’iinsolubilizzazione del suolo
nibitore deve essere specifigrazie a un legame che nella
ca, nel senso che solo alcuni
formulazione del prodotto
Rilascio graduale
Lento rilascio
Rilascio controllato
microrganismi devono esseviene a instaurarsi tra le soRicoperti con
Condensati
Ricoperti
re interessati dalla sua aziostanze umiche e l’elemento.
sostanze
Organici
con membrana
a bassa solubilità
ne. Nel caso specifico degli
inibitori della nitrificazione,
Conclusioni
questi devono interessare i
Altri concimi con «prestazioni ambientali»
soli microrganismi NitrosoQuesta pur breve rassegna
monas, responsabili dell’ossui concimi cosiddetti non a
sidazione degli ioni ammopronto effetto, dà la possibiConcimi con inibitore
Forme
nio a ioni nitrito. Infatti, l’ilità di estrapolare alcune condella nitrificazione
d’azoto
nibizione del secondo staclusioni di seguito riassunte.
con inibitore dell’ureasi
dio del processo di nitrificaÈ stato anzitutto possibile
zione comporterebbe un peidentificare tipologie distinte
Efficienza
ricoloso accumulo di nitriti,
di concimi usate a volte, erroConcimi
degli elementi
notoriamente tossici;
neamente, come sinonimi; i
organo-minerali
nutritivi
■ persistenza. L’inibizione del
concimi a bassa solubilità ad
processo di nitrificazione deesempio, come le metilenuve essere garantita per un peree, l’IBDU e la CDU; i conciriodo di tempo compreso tra alcune set- li semplici o composti. Nei formulati mi ricoperti, la cui cessione degli eletimane a qualche mese. Inoltre, un inibi- ottenuti per miscela il prodotto deriva menti nutritivi è in funzione della pertore deve essere economico, mobile e dalla semplice miscelazione della com- meabilità del materiale impiegato per il
non deve risultare tossico per gli altri ponente minerale con quella organica. rivestimento; i concimi stabilizzati con
microrganismi del suolo, per gli animali Nel secondo caso, i prodotti ottenuti inibitori della nitrificazione e dell’ureae per l’uomo. Tra i fattori che maggior- per reazione e successiva granulazione si nonché i concimi organo-minerali
mente influenzano l’attività di un inibi- della componente minerale e organica, (figura 4). Per quanto riguarda i mectore, si ricordano la sostanza organica, partendo da materie prime polverulen- canismi d’azione questi si differenziano
la temperatura, il contenuto di umidità te. È chiaro che i prodotti ottenuti per in funzione del concime considerato.
e l’attività nitrificante del terreno. Il loro reazione assicurano una più efficace Infatti, mentre l’azione dell’attività miutilizzo deve quindi necessariamente interazione della frazione minerale con crobica del suolo è determinante per il
considerare tutti questi aspetti (Sequi e quella organica. Le matrici organiche rilascio degli elementi da alcuni proNannipieri, 1984) oltre al fatto che l’im- maggiormente utilizzate nella formula- dotti, la sua azione diventa superflua
piego degli inibitori trova maggiore giu- zione di un concime organo-minerale, per altri i cui meccanismi d’azione sono
stificazione nei terreni a più alto rischio sono riconducibili a: matrici azotate, riconducibili all’influenza dell’umidità
matrici fosfo-azotate e matrici preva- e della temperatura. Pertanto, a fronte
di dilavamento dei nitrati.
Per quanto riguarda gli inibitori del- lente umiche. Nonostante ciascuno dei di meccanismi d’azione distinti, diventa
l’ureasi, vale qui la pena ricordare che, tre gruppi offra un’ampia possibilità di indispensabile da parte del tecnico la
a seguito dell’attività ureasica del suo- scelta, le matrici organiche realmente conoscenza della realtà pedoclimatica
lo, l’urea viene trasformata in ammo- impiegate sono riconducibili al cuoio in cui si va a operare.
niaca e bicarbonato e, sebbene a se- idrolizzato, alla pollina essiccata, alla
Tra i più importanti vantaggi deriguito di tali trasformazioni l’azoto torba umificata e alle borlande (Bene- vanti dall’utilizzo di detti prodotti si riureico divenga disponibile per l’assor- detti e Ciavatta, 1998). Tali matrici or- corda l’efficienza d’uso degli elementi
bimento radicale, la produzione di am- ganiche differiscono sia in termini di somministrati, notoriamente maggiomoniaca comporta inevitabili perdite quantità di azoto apportati, che di qua- re di quella dei comuni concimi mineper volatilizzazione. Le perdite di azo- lità. Per quanto riguarda l’aspetto quan- rali. Inoltre, le ridotte perdite per liscito possono essere consistenti sia in titativo si osserva infatti che il cuoio viazione, nel caso specifico dell’azoto,
terreni calcarei che con le sommini- idrolizzato mediamente contiene il 12- cui i concimi cosiddetti non a pronto
strazioni in copertura del concime. In 15% di azoto organico, la pollina il 3-5% effetto danno origine, fanno pensare a
tale ottica trova giustificazione l’im- e la torba l’1-2%.
un loro possibile impiego nelle aree
piego degli inibitori dell’ureasi come
Per quanto riguarda gli aspetti quali- dove, per caratteristiche pedoclimatisostanze in grado di modulare l’idroli- tativi, la componente organica esalta che (clima e caratteristiche pedoclisi dell’urea e quindi della disponibilità le cosiddette proprietà fisiologiche matiche), il rischio del dilavamento
dell’azoto che contiene.
dell’humus (Trinchera e Benedetti, dei nitrati è molto alto.
2000). Infatti, le sostanze umificate
Anna Benedetti
contengono azoto in forme, spesso
Concimi organo-minerali
Pierfrancesco Nardi
eterocicliche, tali da rallentarne il proAlessandra Trinchera
I concimi organo-minerali rappresen- cesso di biodegradazione. Nel caso
Annamaria Sanipoli
tano un’altra tipologia in grado di cede- particolare dell’azoto, molto probabilre lentamente gli elementi nutritivi. Se- mente, la cessione dell’elemento miIstituto sperimentale
condo la legislazione in materia (legge nerale viene modulata dalla compoper la nutrizione delle piante
748/84) un concime organo-minerale è nente microbica del suolo che aumenRoma
definito come un prodotto ottenuto per tando ponderalmente immobilizza
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reazione o miscela di uno o più concimi azoto minerale per cederlo poi succesorganici con uno o più concimi minera- sivamente attraverso la mineralizza- La bibliografia verrà pubblicata negli estratti.
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L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 34/2004
Agronomia
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