Intervista della professoressa Anna Maria Poggi al giornale web

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Intervista della professoressa Anna Maria Poggi al giornale web
Intervista
della
professoressa
Anna
Maria
Poggi
al
giornale
web
“Retrò
online”
1.Immaginiamola Rettore dell'Università degli Studi di Torino. Il suo ruolo
la pone in cima ad una piramide formata da 70.000 studenti e un grande
numero di docenti, ricercatori, impiegati nell'amministrazione i cui diritti
sono stati più volte, nel corso degli anni, presi di mira dalla politica a
diversi livelli. Come può porsi l'istituzione Rettore nei confronti della
politica? Come intende porsi lei?
Il Rettore ha almeno tre livelli di “evidenza” pubblica che deve giocare,
perché in ciò consiste il suo vero ruolo di rappresentanza, non solo
formale, dell’Università.
Quello locale rispetto agli enti territoriali, quello nazionale quale
interlocutore del Ministro e del Ministero e quello internazionale.
Dei tre livelli mi pare siano i primi due al momento di cui l’Università di
Torino ha grande esigenza. In particolare il nostro Ateneo ha urgenza che
il suo Rettore acquisisca un ruolo nazionale, perché è la politica sul
sistema universitario che va cambiata e ciò potrà avvenire solo se i
Rettori dei principali Atenei italiani condurranno insieme un’azione
“politica” molte forte nei confronti del Governo, cercando alleati nel
mondo politico e nella società civile. La mia esperienza del sistema
universitario mi dice che non ci si improvvisa Rettori: bisogna conoscere
la “macchina” e bisogna sapere quali sono i luoghi in cui si incide, sia a
livello politico, sia a livello amministrativo.
Il livello internazionale, invece, richiede di essere condiviso. Un Rettore
per quanto ne abbia esperienza non potrà mai conoscere e comprendere
tutte le possibilità di sviluppo a livello internazionale delle varie aree di
ricerca dell’Ateneo e le aree della didattica che potrebbero rendere
attrattivo l’Ateneo Dunque deve circondarsi di un certo numero di
“ambasciatori”: colleghi autorevoli che sappiano pensare al futuro della
ricerca e della didattica nei loro settori e nello stesso tempo intercettarne
le possibilità di finanziamento al presente.
2.A seguito delle elezioni tenutesi nei vari atenei che hanno visto la
vittoria degli Studenti Indipendenti, come pensa/spera si svolgerà in
futuro la vita politica all'interno dell'Università?
Non c’è dubbio che gli studenti avranno un ruolo ancor più decisivo
rispetto al passato, poiché la loro presenza è ora garantita oltreché nei
Consigli di dipartimento e nei consigli di corso di studio, anche in organi
“centrali” con grande peso politico: a Torino, per esempio, sono due
(entrambi SI) degli 11 componenti il CDA, e cioè l’organo preponderante
rispetto alle decisioni più rilevanti. Ciò li carica di una responsabilità
ulteriore e cioè quella di collaborare al governo dell’Università. Penso che
la “cifra” dei prossimi anni dovrà essere la collaborazione: non è possibile
pensare di affrontare le sfide e le criticità prossime senza una
condivisione di fondo delle missioni dell’Università: sviluppo di didattica e
ricerca e garanzia del diritto allo studio.
Del resto se guardiamo a cosa accade oggi nel nostro Paese dobbiamo
registrare che quando
non c’è volontà di collaborazione, ma solo
contrapposizione ideologica, non si riescono ad affrontare i problemi reali.
Ciò non vuol dire venir meno alle proprie idee politiche ma attuare quello
che la nostra Costituzione all’art 67 chiede ai parlamentari una volta
eletti: operare per il bene comune e non della sola parte politica cui
appartengono. Mi auguro sarà questo lo scenario futuro e se sarò eletta
mi impegnerò per favorire in ogni modo uno spirito collaborativo.
3.Quali sono gli obiettivi che si propone di raggiungere da rettore?
Immaginiamo che lei conosca i suoi tre colleghi candidati, nello specifico
in cosa differisce la vostra idea di gestione dell'Università di Torino?
Gli obiettivi sono delineati nel mio programma (www.annapoggi.it).
Potrei sintetizzarli così: governare il presente pensando al futuro,
immaginando un futuro diverso. Quando mi sono iscritta all’Università di
Torino avevo grandi sogni e aspettative: la mia vita, anche professionale,
è stata la realizzazione di quei sogni, in primo luogo quello di insegnare.
Oggi mi ritrovo a candidarmi Rettore con lo stesso stato d’animo, con la
voglia di impegnarmi perché l’Università di Torino sia un luogo dove si
possa sognare e realizzare un futuro migliore.
In cosa mi vedo diversa dai miei colleghi?
In parecchie cose, ne elenco alcune, credo quelle più significative.
Nel grande patrimonio di relazioni istituzionali locali e nazionali che ho
maturato in questi anni: ho lavorato con gli ultimi tre Ministri
all’istruzione, conosco molto bene i meccanismi del sistema universitario.
Ho avuto rapporti istituzionali con tutti i responsabili locali del sistema
universitario, concludendo accordi su progetti importanti (la televisione
dell’Ateneo è nata cosi, quando ero Preside della facoltà di Scienze della
formazione). Sono interlocutore accreditato e autorevole delle due
Fondazione bancarie della città. Credo che nessuno dei miei colleghi
possa vantare questo patrimonio di relazioni e di cose realizzate per
l’Università.
Nella concretezza della gestione e nella capacità di realizzare progetti: v.
nel mio sito il link a progetti realizzati.
Nella capacità di mediazione, che non vuol dire promettere qualunque
cosa, ma addivenire ad un accordo che guardi al bene dell’Università.
4.Non crede che la scelta di investire in un'opera come il Campus Luigi
Einaudi senza prendere in considerazione eventuali ristrutturazioni alle
diverse strutture fatiscenti e poco confortevoli di cui l'università è dotata
costituisca un trattamento dispari tra studenti dotati di eguali diritti?
La domanda è politicamente corretta: l’eguaglianza sostanziale tra gli
studenti richiede di mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza e
non c’è dubbio che studiare in un posto confortevole, comodo, con
servizi adeguati costituisce un presupposto migliore e una chance in più.
Tuttavia il CLE è figlio di un errore di prospettiva di molti anni fa e cioè
quando si decise di sviluppare l’Università di Torino in sede regionale
(Piemonte orientale), anziché progettare il raddoppio sul territorio
torinese (come ha fatto il Politecnico). All’epoca ero studente e ricordo
che si discuteva di un grande unico campus universitario sullo stile delle
grandi università europee che avrebbe potuto collocarsi, tra l’altro, o al
Lingotto o a Villa Gualino, per citare due dei siti che andavano in voga.
Le cose sono andate diversamente e lo sviluppo edilizio su Torino si è
incrementato per “poli” (Grugliasco, Orbassano, CLE, Economia, asse di
Corso Massimo…) di cui alcuni sono rimasti decisamente penalizzati: si
pensi alla zona Molinette rispetto al polo di Orbassano.
A questo punto non è più possibile tornare indietro all’idea dell’unico
grande campus universitario e dunque occorrerà procedere su due binari:
quello della messa a norma e in sicurezza delle strutture più fatiscenti e
quello dello sviluppo di progetti a lungo termine che consentano di creare
condizioni di campus (medicina, polo scientifico…).