Una principessa alla sbarra La sorte di Cristina di Spagna

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Una principessa alla sbarra La sorte di Cristina di Spagna
ESTERI
Corriere della Sera Martedì 23 Dicembre 2014
Una principessa alla sbarra
La sorte di Cristina di Spagna
La sorella del re Felipe VI sarà processata per frode fiscale
L’annuncio è arrivato a ridosso del discorso di Natale del
re di Spagna e sicuramente lo
condizionerà. Perché non era
mai successo che un reale, in
questo caso la sorella di Felipe
VI, fosse chiamata a sedere sul
banco degli imputati.
Dopo un’inchiesta durata
quattro anni, l’Infanta Cristina
è stata rinviata a giudizio per
frode fiscale. A nulla sono valsi
i tentativi di mostrare la sua
estraneità ai fatti: per il gip José
Castro, la secondogenita di
Juan Carlos ha collaborato alle
malversazioni compiute dal
marito Iñaki Urdangarin nel
2007 e nel 2008 e rischia fino a
4 anni di carcere.
L’uomo, ex nazionale di pallamano, con la sua società di
promozione sportiva no profit,
la Nóos, ha ottenuto — spendendo il nome dei reali — 22
milioni di euro di fondi pubblici e privati, per manifestazioni
mai svolte. Gran parte dei soldi
venivano dirottati in una società di comodo, la Aizóon, i cui
unici azionisti, al 50% ciascuno,
sono appunto doña Cristina e
suo marito.
È dal conto della Aizóon che,
attraverso carta di credito o note spese di contanti, la famiglia
prelevava. Dall’euro del parcheggio al mezzo milione per
la ristrutturazione della dimora di famiglia nel quartiere di
Pedralbes, a Barcellona. Urdangarin sarà giudicato per essersi
giudizio è ora un atto definitivo
e inappellabile. Anche se il difensore Miguel Roca promette
battaglia: vuol chiedere l’applicazione della dottrina Botín del
Tribunale Supremo, secondo
cui un giudice non è legittimato a rinviare un imputato a giudizio contro il parere dell’avvocatura di Stato e del fisco.
Intanto gli spagnoli esultano: «Finalmente si cambia»,
«la legge è uguale per tutti» reagiscono in molti anche su
twitter dove tanti tornano a
chiedere che Cristina «rinunci
ai suoi diritti di successione».
Un invito indiretto al passo
indietro dell’Infanta l’aveva fatto da subito anche re Felipe
quando dopo l’investitura aveva prospettato una monarchia
nel segno dell’onestà e che garantisca l’indipendenza della
La pena del carcere
La principessa che
voleva vivere
da borghese rischia
quattro anni di carcere
Imputati Cristina
(49 anni) con
il marito Iñaki
Urdangarin (46
anni). Hanno 4
figli. La coppia si
è trasferita da
Barcellona a
Ginevra (Epa)
appropriato di sei milioni di
euro di denaro pubblico con il
suo socio di Nóos. Per lui la
procura chiede quasi 20 anni di
carcere mentre l’Infanta è tenuta a restituire 2,6 milioni.
La duchessa che voleva vivere da borghese (ha lasciato presto la reggia di Madrid per una
casa a Barcellona, è andata a lavorare alla Caixa, la banca catalana, ha sposato un ragazzo
prestante ma di nessun lignag-
gio) si è ritrovata invischiata
nella corruzione che affligge la
società spagnola alle prese con
continui scandali (l’ultimo
l’«Operación Púnica», la tangentopoli di Madrid).
E da borghese Cristina di
Borbone sarà processata: andrà
alla sbarra come una cittadina
qualsiasi. Il gip Castro ha ratificato ieri l’imputazione: a differenza che in passato c’è l’incriminazione formale, il rinvio a
magistratura. E anche ieri la
Casa Reale ieri ha ribadito il
suo rispetto per le decisioni
giudiziarie. Cristina non partecipa più da tempo agli eventi
ufficiali legati alla famiglia reale e non ha presenziato neanche alla proclamazione del fratello. Secondo la stampa spagnola, re Filippo avrebbe tentato nelle ultime settimane di
convincere la sorella a rinunciare ai suoi diritti dinastici.
Più per dare un segnale e marcare la distanza che per risvolti
effettivi (l’Infanta è solo sesta
in linea di successione). E per
difendere una Corona in crisi
di credibilità dallo smacco del
tribunale.
Alessandra Muglia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
19
 Il commento
I leader catalani
messi sotto indagine
(altro che Scozia)
di Luigi Ippolito
La vicenda
 Lo scandalo
scoppia nel
2011: il gip di
Palma di
Maiorca Juan
Castro scopre
contratti
sospetti della
Nóos, una
società non
profit fondata
dal marito
dell’Infanta
Cristina, Iñaki
Urdangarin, e
dal suo socio
Diego Torres
 Cristina è
formalmente
indagata nel
gennaio 2014.
A febbraio è
interrogata,
dice di non
sapere niente
degli affari del
marito. La
Procura le
crede
 Un gruppo di
avvocati chiede
il rinvio a
giudizio
dell’Infanta. Il
giudice
accoglie la
richiesta
Voi votate? E noi vi
incriminiamo. E’ la strada
imboccata dall’Alta Corte
della Catalogna, che ha
messo sotto inchiesta il
presidente regionale Artur
Mas, assieme alla sua vice
Joana Ortega e alla ministra
dell’Educazione Irene
Rigau, per il loro ruolo
nell’organizzazione del
referendum consultivo
sull’indipendenza che si è
svolto lo scorso 9
novembre. Una
consultazione che si era
tenuta nonostante la feroce
opposizione del governo
spagnolo guidato da
Mariano Rajoy. Le accuse ai
dirigenti catalani vanno
dalla disobbedienza alla
Costituzione allo sviamento
della giustizia fino all’abuso
di fondi pubblici. Degno di
nota il contrasto fra
l’atteggiamento di Madrid e
quello di Londra verso
l’analoga questione
scozzese: nel Regno Unito il
governo britannico non ha
avuto paura delle urne, ha
spiegato bene le sue ragioni
e ha portato a casa una
sonante vittoria sui
secessionisti. Forse che i
leader spagnoli temono di
non saper essere altrettanto
eloquenti? Ma così facendo
ottengono come unico
risultato di allargare il solco
con Barcellona.
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