il vanini non e` un plagiario

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il vanini non e` un plagiario
IL VANINI NON E' UN PLAGIARIO
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(RISPOSTA PROVVISORIA A LUIGI CORVAGLIA)
Dopo il mio articolo apparso nel decorso anno sopra la
Rinascenza Salentina (1) videro la luce quattro nuove pubblicazioni: i Dialoghi del filosofo di Taurisarto a cura del Corvaglia (2): un libello in ottavo grande di 95 pagine, sempre del
Corvaglia, in cui l'autore debacca con buffe furie dernolitrici,
le quali ad altro non riescono che all'auto-demolizione dell'autore stesso (3): un articolo, pure del Corvaglia, Vanini e Leys, (4)
apparso sopra la Gazzetta del Mezzogiorno (3 ottobre 1934):
infine sulla Rinasc. Sal. una molto arguta nota in margine
del Dott. N. Vacca ∎5).
La ristampa dei Dialoghi non presenta nessuna novità:
se mai insegna un'altra volta come non si debba fare un'edizione critica (5) Quanto al libello dal titolo Vanini, esso è un
(1) G. Ponzio : G. O. Vanini non è un plagidrio, un'edizione critica libello
in Rinasc. Sal. anno II, gennaio-febbraio 1935 - X11, n. 1 pp. 16-26.
(2) L. CORVAGLIA : Le opere di G. O. Vanini e le loro fonti. vol. Il, De admirandis natur. arcanis, Milano etc., Società anonima editrice Dante Alighieri,
1934, pp. 372.
(3) In. : Vanini, edizioni e plagi, Casarano, Fratelli G. e A. Carra 1934 - XII,
pp. 95: libro di amena lettura con lo spettacolo gratis del Corvaglia pettoruto e
franetico: dovrebbe recare qual motto il verso di Cecco Angiolieri da Siena: Ch'io
sono il pungilione e tu (Corvaglia) il bue : lo raccomando vivamente al lettore.
(4) L'articolo, ristampato tal quale sulla Critica del Croce (20 marzo 1935
pp. 147-150), è una delle consuete citrullaggini e gherminelle per cui il pensatoio
del Corvaglia — o, ch'è lo stesso, l'anticamera del mulino ove egli usa profondarsi
nell'infinito — dev'essere come un magazzino o deposito di chiavi false. Esaminerò
questo scritto nell'articolo definitivo: è certo considerato dal Corvaglia come base
granitica delle sue future costruzioni.
(5) NICOLA VACCA: In margine alla polemica vaniniana in Rinasc. Salent.
anno II, settembre-dicembre 1934, n.i 5-6 pp. 286-287.
(6) I soliti intrugli, specialità brevettata del Corvaglia, autoinsuffiazioni, note
ridicole, fonti più ridicole ancora, insomma qualcosa d'intermedio tra la falsità e
il raggiro. Un esempio di fonti recondite scovate dal Corvaglia è questo : a p. 319 della
nuova edizione Alessandro dice che spesso fa uso dell'espressione: Questo mondo
è una gabbia di matti. Il Corvaglia, pronto, pone quale scaturigine di parole siffatte il Campanella: vedere per credere. È un adagio che può essere uscito di bocca
a qualche zappatore. Ne parleremo nell'articolo definitivo.
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Rinascenza Salentina
mostruoso travaso di bile del grande pensatore di Melissano
provocato dal mio sincero amore alla verità per cui non credetti bene di aggiungere altre note al cantico di gloria in
excelsis che — se diamo retta al Corvaglia — s'eleva ogni mattina
dai quattro angoli dell'orizzonte e da ogni punto intermedio
verso la sua degnissima persona. Chè non appena accenna ai
balzi dell'orizzonte l'aurora dalle tinte purpuree, il pensatore
di Melissano — così immagino, con la spocchia che si rimpasta —
sale rapido sopra il campanile a spiare l'arrivo degli ammiratori osannanti unanimi ad una scoperta di fonti notissima,
fin dal 1615 e 1616, a tutti coloro che si eran data la pena di
leggere il Vanini. « Loro i re Magi, io il Messia », brontola il
Corvaglia : « venite, adoratemi ». Si trattava e si tratta — ben
s'intende — d'una fantastica costruzione che ha una base più
sottile della sottile punta di uno spillo. 11 fondamento è quella
tale scoperta delle fonti prima avvolte nel mistero : è l'inarrivabile intuizione del Corvaglia che innanzi alla pagine del Vanini travasò uno dopo l'altro nell'anticamera del cervello lo
Scaligero, il Pomponazzi, il Cardano, il Fracastoro, il Lemnio
ecc. col ciglio volto in soso come Farinata e con guizzi d'improvvisa gioia poliziesca ed esclamazioni ore rotondo di questa
fatta : « Ah ladro d'un Vanini l T'ho colto, birbaccione l ».
Via, confessiamolo : il quadro plastico era bello: tanto più che
il Corvaglia aggiungeva subito : Però, in fede mia, al Vanini
voglio un bene matto. Festevole detto in verità che suonerebbe
press'a poco così: Sei un assassino e lo proclamo innanzi al
cielo e alla terra: ma, nel dir questo, ti offro un pegno sicuro
della mia immutata benevolenza.
Or bene, dopo il mio provvido intervento nel decorso anno,
il quadro plastico venne spazzato via in mezzo a ripetuti scoppi
d'ilarità. Ecco perchè l'in dracato Corvaglia fece prova di rovesciarmi sul capo tutte le ampolle dell'Apocalissi. Grazie l La
sua rabbia spaccona accresce — se possibile — la mia naturale
giocondità e perciò ripeto coll'allegro milanese : Se la vol vegnir ca la vegna. Grazie!
Del resto a dar ragione dell'indracarsi smisurato del Corvaglia e della pioggia dei festevoli vituperi è venuto il Dott.
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Vacca, che col suo circospetto occhio clinico ci raccomandò e
ci raccomanda di badar bene ai fatti nostri e di rigar diritti
perchè il Corvaglia — se nol sapete — « alterna i colloquii siderali col mestiere di mugnaio ». Fu come l'improvviso folgorio
del baleno che illumina la notte. Dunque il Dott. Corvaglia
filosofeggia nel mulino fra la tramoggia e lo stridio delle macchine: dunque è mugnaio tra i filosofi e filosofo tra i mugnai.
Di bene in meglio ! « Sei livolnese ? oh dillo l », esclamano a
Firenze. Giusto: perchè non degnasti significare prima questa
tua intellettuale professione, o grande, o eccelso, o immensurabile pensatore di Melissano? E qui ammiro la sapienza dell'oste della Luna piena che, armato di penna carta e calamaio,
domandava a Renzo Tramaglino nome, cognome, paternità,
parentela ecc. ecc.
Basta: nel rispondere m'adoprerò di fare a miccino colle
ingiurie lasciando scappar via solo quelle indispensabili. Intanto
i dardi del Corvaglia si piegano, bazzotti, come telum imbelle
sine ictu. Questa volta il bersaglio è troppo alto per freccie
siffatte e, d'altra parte, è noto a ciascuno che dei vituperi plebei ho sempre avuto l'onore d'infischiarmi. Nel caso nostro
le parole plebee rimbalzan tutte, fino ad una, sopra il viso del
mugnaio vituperante perchè la vita trascorsa — di uomo privato, di studioso e di cittadino — mi colloca al disopra d'ogni oltraggioso linguaggio di qualsivoglia macinatore uso ,a
filosofare fra la tramoggia, gli sbuffi irosi delle macchine graveolenti e il trascorrere dei sudanti portatori.
* **
La risposta definitiva a questo nuovo aborto di filosofo
sarà data allorchè, dopo la faticosa gestazione di anni quindici,
vedremo infine balzare, completo, alla luce il parto trigemino
e tricipite. Basti per ora affermare — s'intende col rincalzo delle
prove che il Vanini ha citato (in maniera stravagante find'è volete e, a questi lumi di critica, non più ammessa), ha
citato, ripeto, tutti gli autori e tutte le opere dalle quali il Corvaglia ha messo in rilievo la derivazione.
Ed ora diamo mano a dimostrare l'assunto.
12inascenza Salentina
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Notiamo innanzi tutto :
1° — Quelle del Vanini son tutte citazioni spesso di pr ma come anche di seconda mano : citazioni ad ogni modo, non
note come il Corvaglia vorrebbe insinuare con una parentesi
pudica a p. 4 della nuova stampa dei Dialoghi (6 bis). Se poi si
vuole che sian note, son note-citazioni.
2° — Premettiamo che dei numeri delle citazioni il primo
si riferisce all'edizione originale delle opere vaniniane, il secondo tra parrentesi, ala ristampa del Corvaglia: l'uno e l'altro numero si possono riscontrare nella ristampa stessa.
Ed ora ecco le prove.
Gli scrittori dai quali il Vanini ha attinto in varia misura
sono (tra quelli a lui più prossimi nel tempo) lo SCALIGERO,
il POMPONAllI, il CARDANO, il LEMNIO, il FERNELIO, il FRACASTORO,
CORN. ENR. AGRIPPA, AGOST. NIFO, ALESS. DE ANGELIS, CELIO
RODIGINO: tra gli antichi CICERONE, IPPOCRATE, TEOFRASTO ecc.
Tralasceremo per ora di parlare degli antichi e anche di
alcuni al nostro filosofo vicini negli anni. Di certe fonti moderne — o scarse o immaginarie — ci occuperemo nell'articolo
definitivo, il quale offrirà pure materia a molta non frenabile
allegria. Pare impossibile che il Corvaglia colla sua mutria da
funerale sia poi tanto sollazzevole. Tacciamo, dunque, per ora,
del Della Porta, del Rabelais, di Pietro Codro Urceo (richiamo
molto adatto a sollazzare il lettore), di Galileo nei Massimi Sistemi (una fonte che al solo ricordo induce chi legge, per soverchio riso, a reggersi la pancia : infatti le opere del Vanini
sono del 1615, 1616, i Massimi sistemi videro la luce il 21 febbraio 1632), di S. Agostino, di S. Tommaso e anche degli scrittori e filosofi greci e romani. Ch'essi — parlo di questi ultimi —
siano o non siano fonti, poco importa.
Ebbene quegli scrittori — lo Scaligero, il Pomponazzi, il
Cardano ecc. — ai quali il Vanini ha attinto veramente in larga
copia, furoMo tutti da lui citati (7).
(6 bis) Cfr.
Dialoghi, nuova edizione, p. 4, nota 3a.
(7) S'intende che non miriamo a dare, fuor di proposito, enumerazioni complete, ma quanto basta a far persuaso il lettore. Certe minutaglie ridicole stan solo
a cuore al micrologo Corvaglia.
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SCALIGERO Anfiteatro 6 (4), 13 (9) (l'equivoco di cui ciancia
il Corvaglia in nota alla p. 9 esiste solo nella sua mente di
maniaco del plagio) 40 (25) : Dialoghi 202 (155 testo e citazione la), 203 (155), 217 (165 citaz. 2 a), 227 (174 testo e citaz. la),
308 (233 testo e citaz. l a) (8).
POMPONAllI Anfiteatro 36 (24), 52 (32), 57 (34), 67 (39), 70
(40), 75 (43), 234 (139), 327-328 (191): Dialoghi 205 (157 nel testo),
255 (195 testo e citazione 4a), 443 (330 testo e citaz. 1a).
CARDANO, un subisso di citazioni: Anfiteatro, 21 (14), 24
(15-16), 41 (26), 43 (27), 44 (27), 44-45 (28) 47 (29), 48 (30), 53 (32),
54 (33), 58-59 (35, citaz. molteplici): 61-62 (36), 63-64 (37, citaz.
moltiplici), 86 (50), 155-156 (92), 173, (103), 178-179 (106), 229 (136),
230-231 (137), 234 (139), 236 (140), 243 (144), 245 (145), 266 (157),
243 (144) 268 (159) 271 (160); Dial. 11 (9 testo e citaz. 2a) 47 (38
testo citaz. 2.), 48 (39 testo e citaz. l a), 56 (45 testo e citaz. 4a),
58 (46 testo e citaz. 5a), 65 (52 testo e citaz. l a) 88 (68-69 testo
e citaz. l a a p. 69), 100 (77 testo e eitaz. 2 a), 101 (78), 107 (83
testo e citaz. l a), 110 (85 testo e citaz. l a), 111 (86 testo e citaz. 1 a), 113 (88 testo e citaz. 2 a), 133 (102 testo e citaz. l a), 135
(104 testo e citaz. l a), 138 (105 testo e citaz. 7a), 139 (106 testo
e citaz. l a), 180 (137 testo e citaz. 4a), 202 (154 testo e citaz. 3a),
203 (156 testo e citaz. 1 a), 204 (156 e citaz. 2 a), 218 (166 e citaz. la),
222 (170 testo e citaz. 2a), 230 (176 testo e citaz. 4 a), 245 (188
testo e citaz. 1 a), 255 (195 testo e citaz. 2a), 289 (230 testo e citaz. l a), 306 (232 testo e citaz. l a), 309-310 (294 testo e citaz.
318 (241 testo e citaz. l a), 325 (245-246 testo e citaz. l a), 326
(246 testo e citaz. 2a) 328-329 (247 testo e citaz. 2a), 354 (267
testo e citaz. 1 a, 2 .9'- e 3a) 361 (272 testo e nota 2a), 370 (278)
371 (279 testo e citaz. 4a), 372 (280 testo e citaz. l a), 376 (282
testo e citaz. 2a), 396-397 (297 testo e citaz. l a), 404 (301 testo,
e citaz. 4a), 405 (302 citaz. 3a), 410 (305 testo e citaz. 3a), 449
(334), 454 (338 testo e citaz. 3a), 485 (306 testo e citaz. la).
(8) Il lettore ricordi che nella ristampa del Corvaglia le citazioni fatte dal
Vanini si trovano a piè di pagina, segnate con asterisco, e corrono risckio di per
dersi in mezzo a richiami varii: che, inoltre, in fine al volume si trova un indice
degli scrittori citati nel testo vaniniano,
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Rinascenza Salentina
LEMNIO, Dialoghi 102 (78 testo e citaz. 2.).
FRACASTORO, Dialoghi 74 (59 testo e citaz. l a ), 154-155 (118
testo e citaz. l a), 169 (129 testo e citaz. l a), 175 (133 testo e
citaz. l a), 272 (206 testo e citaz. l a), 333 (251 testo e citaz. 1),
443 (330 testo e citaz. la).
FERNELIO Dialoghi, 56 (45 testo e citaz. 2a), 74 (59 testo e
citaz. 2a), 304 (230 testo e citaz. l a), 334 (251, testo e citaz. 2a).
AGRIPPA Anfiteatro, 40 (25), 172 (103), Dialoghi 370 (280 testo e citaz. l a), 458 (341 testo e citaz. 2a).
NIFO Dialoghi 427 (318 testo e citaz. 3a).
DE ANGELIS Dialoghi, 343-344 (259 testo e citaz. 2a).
CELIO RODIGINO Anfit. 275 (162): Dial. 245 (188 testo e citaz. 2a).
Dopo gli autori vediamo le opere.
Opere dello SCALIGERO di cui s'è servito il Panini: De subtilitate per gran parte dell'Anfit. e dei Dial. (inutile citare pagine: basta abbassare lo sguardo sopra l'edizione del Corvaglia): De plantis (anche qui inutile citare). — Il Vanini cita tanto
il de subtilitate, — Dialoghi 202 (155 testo e citaz. D), 203 (165
testo e citaz. 2a), da notarsi che il titolo exotericarum exercitat.
recato dal Vanini nei passi indicati equivale a De subtilit.:
s'aggiunga poi che dal modo come nell'Anfit. s'esprime il Vanini (614), 13 (9) si comprende essere nei suoi tempi bastevole
il nome dello Scaligero per richiamare al pensiero il de subtil., — quanto il De plantis, Dialogh. 227 (174 testo e citaz. la).
Opere del POMPONAllI di cui s'è servito il Vanini De fata,
de incantationibus (da queste ha attinto largamente per la composizione così dell'Anfit. come dei Dial. : poco dagli altri scritti
del Peretto. — Il Vanini innanzi tutto ci avverte come i più stimassero aver egli accolto con fervore di discepolo le idee del
Pomponazzi (cum Pomponatii partes me segui plerique existiment Amphith.), 328 (191) e lascia capire in tal maniera ch'egli
di tale autore trarrà il più largo profitto possibile : cita, del resto, tanto il de fato (Amphith. 234 (139), Dialoghi 255 (195 testo
e citazione) quanto il de incantationibus, (Anfit. 36 (124) col titolo de effectuum naturalium rerum causis, che è poi il de incant.,
57 (34) 67 (39), 75 (43); Dialoghi 413 (330 testo e citaz. l a con
Fracastoro).
G. Forzi° - Il Vanini non è un plagiario 87
Opere del CARDANO di cui s'è servito il Vanini: De rerum
varietate, de subtil., comment. in libr. Ptolem. d. astron. iudic.
libri centum geniturae, de sapientia, de immortalit. anim. de
supplem. Alman. (il lettore troverà agevolmente queste fonti scor-
rendo la nuova edizione delle opere vaniniane). - Il Vanini citò copiosamente il Cardano : De rerum variet., Anfil. 24 (15-16), 43
(27), 44 (27) 86 (50) Dial. 108 (84 citaz. l a), 133 (102 citaz.
180 (137 citaz. 4a), 202 (154 cit. 3 a), 203 .204 (156 citaz. l a e 2),
ecc.: de subtilitate, Anfit. 21 (14), 41 (26) 155-156 (92), 173 (103),
229 (136), 230-231 (137), 234 (139) 236 (140), 243 (144, il Vanini
si riferisce al richiamo precedente), 245 (145), 266 (157), 271-272
(160), Dial. 11 (9 citaz. 2a), 47 (38 citaz. 2a), 48 (39 citaz. l a), 56 (45
citaz. 4a), ecc.: comment. in Ptolem de astr. iudic., Anfit. 44-45
(28), 47 (29), 48-49 (30), 54 (33), 58-59 (35), 61-62 (36) 63-64 (37)
268-269 (159), Dial. 354 (267 citaz. l a, 2a e 3a ) 454 (338 nota 3a):
lib. centum genitur, Anfit. 178-179 (106): de sapientia, Dial. 325
(245 citaz. l a), 325 (246 citaz. l a) 326 (246 citaz. 2a), 361(272 citaz. 24):
de immortalitate anim. Dial. 245 (188 citaz. l a) 328-329 (247 citaz. 2a),
396-397 (297 citaz. l a) ecc.: de suppl. Alman., Anfit. 53 (32).
Opere del LEMNIO di cui si è servito il Vanini: due, il
De miraculis occultis naturae e l'exhortatio il cui titolo veramente è Paraenesis sive exhortatio ad vitam optimam instiluendam : l'edizione da me consultata apparve in Antverpiae
1581 (per il de miraculis occultis ecc. il lettore può vedere da
sè dando una scorsa alla nuova ristampa dei Dialoghi: per
l'exhortatio vedere dell'ediz. Corvaglia i Dialoghi pp. 128, 141,
302 ecc. - Il Vanini ha citato esplicitamente solo il de miraculis:
cfr. Dialoghi 102 (78 testo e citaz. 2 a), ma l'exhortatio doveva
essere, d'ordinario, aggiunta al de miraculis (questo si verifica
nell'ediz. da me citata) e perciò il Vanini stesso mette il ricercatore sulle piste per la scoperta.
Opere del FRACASTORO di cui s'è servito il Vaninì : De contagio o de morb. contagio, de sympath., de morborum caus. (vedere nella nuova ristampa dei Dialogi pp. 58, 60, 62, 63, 64, 65,
96, 112, 113, 118,129, 206, 224-225, 252, 253, 335, 336, 352, 360).
Il Vanini citò tutte le opere del Fracastoro. de contag., Dialoghi 74 (59), de sympath., Dialoghi, 154 155 (118 testo e ci-
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Rinascenza Salentina
taz. •), 169 (129 testo e citaz. 1 a) ecc. (cfr. gli autori, Fraca
storo): de morborum causis, Dialoghi 79-80 (42 testo e nota 3a)
Opere del FERNELIO di cui si è servito il Vanini (sono molteplici) de abdiitis etc., de hom. procreat., de morborum cuasis,
de anim. facult., methodus medendi, de spirit. et innato calor.
de partium morb. etc., de sympt., de element., de function. et
humor.: vedere nei Dialoghi (ed. Corvaglia) pp. 2, 3, 6, 8, 13,
16, 17, 57-58, 63, 64, 203, 228, 229, 230 etc.: inutile continuare :
chi vuole vegga da sè.
Il Vanini citò: de spiri& et innat. cal. Dialoghi. 56 (45 testò e citaz. 2a), de medendi method. 74 (59 testo e citaz. 9'), 304
(230 testo e citaz. 1 a), de morb. causis 334 (251 testo e citaz. 2'):
come si vede le citazioni riguardano solo una piccola parte
delle opere di cui il Vanini s'è servito : ma gli scritti del Fernelio hanno avuto numerose edizioni complete : basti citarne
IoN. FERNELIO : Ambiani medio. et philosophi praeclarissim. opera
medicinalia, Venetiis apud Frano. Portinaris MDLXVI pp. 659:
IoN. FERNELII ambiani universa medicina etc. Franco furti ad
Meonum apud Andr. Wechelium MDLXXV,II ; anche in questo
caso il Vanini metteva sull'avviso i cercatori delle fonti.
Opere di GRIPPA di cui si è servito il Vanini: de vanitate
scientiarum, de fascinat., de occulta philosophia, cfr. Dialoghi
nell'edizione del Corvaglia, (ponendo mente alla colonna destra)
pp. 117, 153, 254, 264, 268-269, 298, 299, 300, 301, 303, 304, 308, 310,
315, 322, 323, 326, 327, 328, 336, 337, 338, 339, 340, 351, 353.
Il Vanini citò le tre opere: de vanitate scientiarum Dialoghi 477-478 (354), de occulta philosophia, Dialoghi 370 (278 testo e citaz. D), 458 (341 testo e citaz. 9a), de fascination. (chiari
accenni in Anfit. 40 (25), 172 (103).
Opere del NIFO di cui s'è servito il Vanini: è una sola, il
de auguriis: vedi Dialoghi ediz. Corvaglia, colonna destra
pp. 310, 312, 314, 315, 316, 317, 318, 319.
Il Vanini citò il de auguriis del Nifo, Dial. 427 (318 citaz. 3').
Opere del DE ANGELIS di cui si è servito il Vanini : una
sola, in astrologos ecc.: vedi ediz. Corvaglia, Anfit. 32, 34, 38,
91, 96, 162, Dialog. 237 ecc.
Il Vanini citò:quell'opera, Dial. 343-314 (259 testo e citaz. 2').
G. Porzio - Il Vanini non è un plagiario
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Opere di CELIO RODIGINO di cui si è servito il filosofo di
Taurisano : una sola, lection. antiquar. (vedi ediz. Corvaglia,
Anfil. 162: Dialog. 188).
Il Vanini citò Celio Rodigino e l'opera sua: Anfit. 275 (162),
Dialog. 245 (188 testo e citaz. 2 a) (9).
La conclusione è chiara. Giudicato alla stregua dei criterii
moderni intorno alla proprietà letteraria il Vanini avrebbe
commesso un plagio. Tale inutile dimostrazione ripete il Corvaglia, imperterrito sfondatore di porte aperte. Chi si è mai
sognato di dire il contrario? Ma quale scrittore del secolo
XVII il Vanini è uno dei più candidi e ingenui e le sue fonti
balzarono e balzano innanzi a qualunque più sbadato lettore
che abbia volto lo sguardo all'Anfiteatro e specialmente ai Dialoghi ove le citazioni (citazioni e non note) ai margini fan
chiara mostra di sè stesse.
Naturalmente non v'è merito a scoprire fonti indicate dall'autore: esse si scopron da sè. Basta leggere e poi verificare.
Così fece il Patin come ognuno può vedere nella Patiniana e
Naudeana apparsa agl'inizi del secolo XVIII: « Tout son livre
de Arcanis... est derobè de Scaliger in Cardanum, de Fracastor, de Pomponace, je vous assure qua cela est très vrai car
je l'ai moi-méme vérifié».
Vedete come s'esprimono i galantuomini! Il Patin ha visto
nel Vanini l'indicazione delle fonti e poi ha « verifiè » (10).
1° — Dunque il Vanini non è un plagiario. Egli ha significato a tutti di quali autori s'è servito e di quali opere.
Se così è — obietta il Corvaglia — come mai non ti sei
accinto ad un così agevole lavoro ? Rispondo: Perchè così mi
(9) Il Vanini non è un plagiario anche quando cita di seconda mano: ciò apparirà meglio allorehè verrà posto in rilievo che gpsa intendesse fare scrivendo le
sue opere.
(10) Naudaeana et patiniana ou singularitez remarquables etc., A Amsterdam chez Francois vander Plaats etc. 1703 pp. 51-52 (nella 2' parte : nella prima è
contenuta la Naudeana). Il Patin nacque a Houdan nelle vicinanze di Beauvais
l'anno 1602 e morì nel 1672. È una prova di quel che dissi nel 1° articolo: che, cioè,
delle fonti vaniniane s'eran già accorti i contemporanei, cioè tutti quelli che si son
dato la pena di leggere l'Anfiteatro e il De arcanis.
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Rinascenza Salentina
piacque. Avevo per la gloria operato quanto il Corvaglia non
ancora è riuscito di fare a vituperio del filosofo. M'è parso
che bastasse. Raccomandai lo studio delle fonti balzate ai miei
occhi — come, del resto, a quelli di qualunque altro — chiare,
esplicite, insistenti con nessun merito nè mio, nè di qualsiasi
altro leggitore. E con questo intendevo chiudere per sempre il
quinquennio delle fatiche consacrate al martire di Tolosa.
Venir poi fuori col dirci che io, pur spronando a cercar
le fonti, reputavo nondimeno originale il Vanini (cfr. il libello
p. 49), significa discorrere coi piedi o esser vaghi (l'infilzare
ragionamenti a pera, come li chiamano a Firenze.
E in questo — a dire il vero — nel suo libello ineffabile il
Corvaglia non ha chi l'arrivi.
Ed ora che rimane del lungo, lento, graduale e faticoso
ritrovamento delle fonti strombazzato dal Corvaglia con tutta
la veemenza delle sue corde vocali ? Il Corvaglia finora volle
darci a bere che, quando le citazioni dell'Anfiteatro e ai margini dei Dialoghi gli s'avventavano contro, aveva i paraocchi
e non l'ha viste. Poverino ! Si tocchi entro l'orale cavità se
ponzino ancora, per caso, alle sue gengive i denti da latte.
« Lo Scaligero, per es., m'è venuto innanzi, sa il Porzio condottomi da chi? Da Bacone da Verulamio », dice il Corvaglia (cfr. il
libello p. 40). Senonchè egli mente per inveterata abitudine e
perciò gli rispondo, chiaro e tondo, che non gli credo. Questo
si guadagna ad esser fanfaroni e bugiardi. Se poi fosse vero,
il meno che gli si possa buttare in faccia è un titolo che il
nostro amato Direttore — custode severo dell'igiene morale —
vieta di esprimere. Ma sia come detto. Infatti, per andar più
lesti dall'Italia al Congo uno potrebbe fare — puta caso una
capatina al polo nord e recarsi in seguito nel possesso colo•
niale del Belgio e della Francia attraverso l'Indocina, l'India,
l'Oceano Indiano e via discorrendo. Si direbbe però : Peccato !
Quel viaggiatore era un brav'uomo, ma non capiva nulla. Questo
valga per lo Scaligero. Non ha il Vanini confessato ripetutamente d'essersene servito ?
— Dunque la lunga e lenta e graduale e faticosa ricerca
delle fonti strombazzata dal Corvaglia ai quattro punti del-
G. Porzio - Il Vanini non è un plagiario
91
l'orizzonte con tutta la veemenza delle sue corde vocali non
è che una smargiassata per acquistare la nomea di non superabile sagacia, a disdoro del filosofo.
Infine si vogliono altre prove ? Le porge, più o meno inconsapevole, lo stesso Corvaglia scrivendo innanzi tutto a
p. 43 del libello citato : « Nell'ultima fase della ricostruzione delle
fonti m'ero già fatta un'idea della... tecnica particolare del plagio vaniniano, nella quale, perchè no? ha spesso parte anche
la citazione della fonte plagiata ». Quanto gli dev'essere costato
quel perchè no! Questa volta Stenterello, fremendo, si confessa.
Invece dello spesso si ponga sempre e le cose sono a posto,
Miser chi mal oprando si confida
Ch'ognor star debba il maleficio occulto
perchè, se non altro, alla fine il peccatore
se medesimo, senz'altrui richiesta
Inavvedutamente manifesta.
Intanto osserviamo : Se il Vanini cita spesso, il plagio non
è più gigantesco.
\ Inoltre — e qui viene il bello --l'idea della tecnica del plagid vaniniano il Corvaglia se l'è fatta, come egli dice, nell'ultima ricostruzione delle fonti. Ma come ?! Prima annunzi il plagio gigantesco e poi nell'ultima tua geniale fatica ti fai un'idea
della tecnica? Ma che modi son cotesti? L'espressione plagio
gigantesco doveva suonare quale parola conclusiva, doveva
essere la pietra del sepolcro rovesciata come mora grave ed
eterna sul Vanini filosofo e sul Vanini galantuomo. Senonchè
il Corvaglia ha fatto come lo storico, buon'anima, nel 1908, il
quale prima scriveva e poi studiava. Anch'egli ha messo il
carro avanti ai buoi, egli l'ansante faticatore quindicennal e
intorno alle scaturigini vaniniane. Venuto io e gridatogli posa
l'osso, il plagio, che è che non è, cessa di essere gigantesco.
Ah, bombone d'un Corvagha! Mugnaio ti credevo, ma fino a
questo punto... andiamo : tu passi il segno.
E non è finito.
Recentemente l'ultimo colpo al plagio gigantesco venne
92
Rinascenza Salentina
vibrato, un'altra volta, proprio dal Corvaglia incosciente, che
fa la critica con tentennii equilibristi giocando come a mosca cieca e avvolgendo le sue idee in periodi a pallottole,
come dicono usi formarne lo scarafaggio. Ma cosa rimugina
questo grande autore di commedie inaudite?
Crede egli che la critica sia farina da far biscotti?
Nella Gazzetta del Mezzogiorno il Corvaglia espone una
tesi che, ora com'ora, non m'interessa affatto, ma. che esclude
naturalmente nel Vanini, in quel che riguarda 1' Anfiteatro, qualunque anche lontana idea di plagio. Si domanda il Corvaglia :
Il Leys, pubblicando nel 1613 i due libri : De Providentia Numinis,
de animi immortalitate etc. « che cosa fa? Per le esigenze della
\sua apologia, spigola nelle opere del Peretto gli argomenti più
solidi contro la divina Provvidenza e l'anima immortale che poi
combatte. Ma, nell'esporli, egli li rimaneggia, sì che li ritrovi
svigoriti, in frammenti, fuori della loro connessione dialettica...
In questa forma gli riesce facile averne ragione ». Invece nell'Anfiteatro il Pomponazzi «è offerto nel suo testo originario
con le sue parole... È come se il Vanini abbia voluto dire al
Leys : Questi, e non quelli che tu adduci, son gli argomenti
del Peretto e della sua scuola. Ecco come suonano nella loro
efficacia originaria ». Bravo Corvaglia! Ma appunto il muto linguaggio attribuito al Vanini esclude il plagio. E difatti il Corvaglia stesso conclude l'articolo con queste parole :
« Così molti elementi del plagio vaniniano vengono oggi a
riscattarsi etc. ». (11-) cioè, per dirla chiara, abbandonando il
linguaggio corvagliesco, nell'Anfiteatro i plagi non son più plagi.
Poi si riscatterà, oltre l'Anfiteatro, anche il resto : si riscatterà,
o se si riscatterà!
Insomma sapete com'è? Nel plagio ormai — e tanto meno
gigantesco — non crede più nessuno. Non il Namer altamente
benemerito degli studi vaniniani, non il Petraglione, non io,
non... il Corvaglia medesimo, simile, in questo caso, a non so
quale bestia vaga di divorare il proprio lavoro o secrezioni che
(l i) L. CORVAGLIA, Vanini e Leys etc. in Gazzetta del Mezzogiorno 3 ottobre 1934, XII, p. 4.
G. Porzio - Il Vanini non è un plagiario 93
dir si voglia. Diamogli — il ciel ne scampi — un altro quinquennio di operosità vaniniana e vedrete che lago di porcherie !
Ma di grazia, bombon Corvaglia, queste esercitazioni di scrittore, che ancora non è passato dall'indistinto al distinto, non
potresti farle sopra un altro soggetto ? Il Vanini è morto per
noi, per la nostra libertà. Non ti pare, o mugnaio dell'anima
mia ? Vero è che l'incosciente dichiara — come abbiam visto —
di nutrire per il Vanini un affetto sviscerato.
In conclusione, il Corvaglia — se fosse in lui, anche lon- -tanamente, la stoffa di un critico — non doveva parlar di plagio finchè non avesse dimostrato che cosa intese fare il Vanini
scrivendo l'Anfiteatro e i Dialoghi. Invece egli operò proprio
al contrario di quel che doveva : fece passare, come già dicemmo, il carro innanzi ai buoi col magnifico risultato di rimangiarsi la roba sua. Difatti nell'articolo Vanini e Leys il Corvavaglia sconfessa sè medesimo, ciò ch'è apparso evidente al diritto buon senso del Petraglione (12). Dirò di più. Uno fra quelli,
che ultimamente scrisse intorno al Vanini, già ha indovinato
di che si tratti. Non aggiungo altro perchè il Corvaglia mimetico com'è (lo dimostreremo nella risposta definitiva) — è capace di furar l'idea e di dare poi addosso al suggeritore. Per ora
acqua in bocca ed aspettiamo compunti del Corvaglia l'ultima
fatica.
Ma tu parli per invidia, urla il Corvaglia. Ecco un sentimento estraneo alla mia natura gioconda. Invidia! Ma di che ?
(12) Riflettendo su ciò che aveva scritto il Corvaglia (così molti elementi del
plagio vaniniano vengono oggi a riscattarsi eec.) il Petraglione ammonisce : « Se
così stanno le cose, bisogna andare adagio nella valutazione delle opere del Vanini
prima di proclamarle un plagio gigantesco ». E poichè il Corvaglia aggiunse che
molti altri elementi del plagio « rimangono irriducibili ad ogni giustificazione*
(oh che bel modo di esprimersi!) il Petraglione ribatte: « anche per questi ultimi
noi riteniamo che sia bene non aver fretta prima di dire l'ultima parola ». cfr. Ginin Japigia riv. d'archeol. stor. ed arte, anno V, fasc. IV, 1934,
XIII pp. 465-466.
Chiunque — eccettuato il Corvaglia — si sarebbe accorto che il plagio giganSEPPE PETRAOLIONE,
tesco, con quell'accompagnamento di citazioni già da noi messe in rilievo, appunto
perchè gigantesco, cessava d'esser plagio.
94
Rinascenza Salentina
Ma di chi? Il Corvaglia — lui beato ! — ignora quanto sia piccolo e che i servigi da lui resi alle lettere si riducono alle diligenze delle reclute novelline. Ha scoperto quello che ogni
vero lettore del Vanini da tempo conosceva e come filosofo è
arrabattatore di parole, di quelli che nelle parole stesse si ravvolgono, al pari d'Adamo nelle foglie di fico per celare la propria
nudità. Finora di veramente cospicuo il Corvaglia ha porto
al lettore la sola dimostrazione della sua disinvoltura disonesta. Invidia?! Ma io son mosso dal solo desiderio di difendere
il Vanini e perciò — lo voglia o non lo voglia — Io sfacciato
denigratore mi troverà sempre a barrargli il passo tutte le
volte che vorrà tentare sul filosofo le sue traballanti esercitazioni in corpore vili. Perchè, grazie al cielo, i brutti musi non
mi fanno paura.
Affermerò dunque che il Corvaglia non ha nessun merito?
Questo non dico io. Ci ha dato un'edizione delle opere vaniniane : un'edizione manipolata, intrugliata, contaminata, un'edizione libello finchè si vuole; ma un'edizione. Inoltre usò
molta diligenza nel porre in rilievo in quale misura il Vanini
s'è servito de' suoi autori. Perciò confermo le parole che scrissi
nella cartolina a lui diretta, la quale non doveva in nessun
modo significare la rinunzia ad esprimere quello che , penso (13).
E lode non scarsa va tributaia anche alla casa editrice Dante
Alighieri per aver acconsentito di dar alle stampe un'opera
(13) Appena ricevuto il volume nell'autunno del 1933 mi rallegrai e scrissi le
parole degna fatica ecc. a me rimbrottate, dopo uno sguardo a scappa e fuggi. In
quei giorni ero gravato dalle fatiche degli esami e perciò ripresi in mano il libro
molto tempo dopo. Immaginavo che in un'edizione critica il Corvaglia non si sarebbe sbandato nei consueti spampanii, di cui aveva offerto prova non bella negli
articoli già apparsi. Esaminata l'opera, trovai il solito Corvaglia ripulsivo, frettoloso,
bombone, che giudica e manda con sicumera inaudita: perciò insorsi e non dissi
— in questo ebbi torto — quel bene che del libro poteva esser detto.
Che poi io, nel pronunziare giudizio intorno all'opera del Corvaglia, non vada d'accordo con tutti i grandi uomini, dei quali è nel citato libello un lungo elenco,
è tal fatto che mi lascia in una dilettosa e suprema indifferenza. Sono abituato a
pensare a modo mio, avvenga che può.
G. Porzio - Il Vanini non è un plagiario
95
che — per la sua stessa natura — non può trovare lettori e
compratori troppo numerosi.
***
Ed ora vorrà il Corvaglia atteggiarsi, come prima, a frugatore linceo, ansante nella fatica d'una titanica ricerca ? (14).
Seguendo le traccie indicate dallo stesso Vanini, il Corvaglia,
ripeto, vide, a poco a poco, accumulato innanzi un materiale
più abbondante di quel che prima sospettasse. Trascrisse ed
esagerò. Nient'altro. Che se poi a lui piacesse un'altra volta di
assumere le pose istrionesche poste da me in rilievo nel primo
articolo, egli mentirebbe — come del resto è sua abitudine ( 15) —
(14) Ognuno ricorda l'atteggiamento burlesco del Corvaglia già da me posto in
rilievo: l'amico lasciava credere che la questione delle fonti fosse come la terra prima della divina parola creatrice, deserta e vuota colle tenebre sopra l'abisso:
«Cicerone. Allibii (poveretto, che panico!). Possibile ? Ma pensai ad una svista...
Ma i plagi via via s'affittivano. Ed io a resistere... Ma anche dal contesto emergeva
uno strano molestissimo ronzio di echeggiamenti... io mi ostinavo... Ma quando
m'ebbi fra mano gli originali di alcune fonti che più avevano picchiato nel mio
cervello col senso tormentoso del già letto i miei raziocinati cavilli dileguarono in
una ventata d'uragano ». (cfr. il mie primo articolo in Ilinasc. Sal. anno II, n. 1 p. 26:
le parole tra uncini son del Corvaglia, tratte dalla Gazzetta del Mezzog.) Come si
vede, il Corvaglia è qui apocalittico. Senonchè è polvere di pimpirimpì per gli
occhi dei gonzi. La realtà, la prosaica realtà, è diversa. Il Corvaglia, dietro le indicazioni del Vanini, aveva arricchito, almeno fin dal 1930 — se non prima — la sua
biblioteca col Lemnio, col Fracastoro etc. e certo il medico Lemnio non gli doveva
servire per curarsi — puta caso — i calli, ma a vituperare il filosofo di Taurisano
come segno di gratitudine per averglielo indicato: cfr. Uno scrittore, Luigi Corvaglia, in Salento Almanacco illustrato 1930 p. 209-210.
(15) Trascelgo le menzogne più sfacciate. Dice che il Gentile « rese omaggio al
(mio) ingegno, alla coltura, all'arguzia stilistica, alla diligenza... Ma i molto amabili convenevoli servono a far cadere il Porzio sul soffice » (cfr. il libello Vanini
pp. 11-12). Inoltre: « Ove ognuno vede che la critica gentiliana si riduce di proposito ad un cenno sommario (nè meritava di più) e che con molta benevola e reticente indulgenza il Gentile, come s'usa quando non c'è altro da lodare, pone all'attivo del Porzio le disposizioni e le intenzioni » (ibid. p. 12). Le lodi tributate dal
Gentile al mio lavoro si vedranno in seguito : per far giudizio poi dell'importanza
che lo stesso Gentile dette ai miei studi intorno al Vanini e alla traduzione delle
96
Rinascenza Salentina
con faccia tosta più imperterrita del salcicciaio nei Cavalieri
di Aristofane. Traduco : « Quand'ero ragazzo usavo ben altre
gherminelle, giacchè traevo in inganno i cuochi dicendo : Guardate, guardate, o amici! Non vedete ?
primavera novellina:
ecco la . rondine. Essi guardavano ed -10 frattanto sgraffignavo
qualche po' di carne. Le più delle volte la facevo franca, ma
se qualcuno, per caso, m'adocchiava, paffete l: nascondendo la
refurtiva, tra le mele (mele o chiappe dice Aristofane, chiappe,
p
opere basti dire che egli, nell'esortarmi alla pubblicazione dell' Anfiteatro e dei Dialoghi nel testo originale, aggiungeva : « nessuno più del Porzio dovrebbe e potrebbe
fare che questa rarità (delle opere vaniniane in latino) cessasse: nessuno più di lui
è preparato a rendere questo servizio agli studi » (Critica, 20 luglio 1913, p. 308).
'S'aggiunga che il Gentile del mio lavoro faceva stima così scarsa che ripubblicò la
sua recensione negli Studi sul Rinascimento (Firenze, Vallecchi 1920 pp. 156-164)
— otto pagine dedicate ad un libro che non val niente, non c'è male —, continuò a
ripetere che io ero il più preparato a dare del Vanini il testo originale (op. cit. 160)
e anzi, discorrendo dell'opera Pensée italien. au XVI siécle etc. del Charbonnel,
rimprovera a quest'ultimo di aver trattato a lungo « della vita e degli scritti del
Vanini... e si è lasciato sfuggire gli studi biografici e la traduzione di Guido Porzio »:
Gentile, (Situi. s. Rinasc. 149). Mentitore d'un Corvaglia, eccoti servito.
Nel primo articolo accennai ad un docente universitario (del quale non feci
il nome) dicendo sul conto suo parole non benevoli. Ed ecco il Corvaglia saltellarci
innanzi con faccia menzognera per dirci che fu mio intendimento di lanciare offesa
ad Annibale Pastore, al Farinelli, a Gentile ecc., mentre a questi degnissimi signori
nè pensai scivendo quel passo, nè vi allusi. Or ecco che il Corvaglia per la seconda
volta mente per la gola.
Il Corvaglia — a dargli retta — mostrò verso di me un riserbo generoso perchè
il suo cuore è magnanimo ed egli era punto a mio riguardo di caritatevole compassione : questo il mentitore ripetè a sazietà affinchè gli si creda, (cfr. il citato libello
pp. 34 nota 1°, 87-88, 92). Ebbene, il lettore sentirà appresso quali lodi smaccate mi
tributava allorchè non aveva ancora provate le trafitture del mio articolo. Conclusione: il Corvaglia è bugiardo per abitudine.
Inoltre egli presenta il Namer come giudice sdegnoso e malevolo dei miei lavori. È vero che il Namer — così benemerito degli studi vaniniani, il Namer ch'io
stimo molto e che ha detto intorno ai supposti plagi del pensatore di Taurisano
così sensate parole — nel Giornale critico della filosofia italiana mi rimproverò
d'esser caduto in errore •e precisamente d'essermi chiesto «a proposito d'una lettera dello Chamberlain... pubblicata dal Palumbo... se i partiti religiosi a Londra
G. Porzio - Il Vanini non è un plagiario
97
o Corvaglia tartufo, chiappe) spergiuravo in tal guisa, invocando gli dei, che uno dei rètori, vedendomi far questo, esclamò:
Non è possibile che un tal bimbo non guidi un giorno il popolo sovrano. « Tutto il passo calza a capello, salvo che il Corvaglia guidi un giorno i destini dei popoli. Questo poi no :
cerebrum non habet.
***
Il Corvaglia — con mio grandissimo diletto perchè i suoi
furori dimostrano quanto il colpo sia sceso profondo nelle ca-
eran due o tre » e d'aver mosso rimprovero al Palumbo « di non aver gettato luce
su questo punto capitale mentre si tratta di un semplice errore d'ortografia ». Altre
cose non piacevoli aggiunse allora il Namer intorno alla sterilità delle mie fatiche
per non aver « saputo o potuto controllare certi pretesi documenti » (cfr. Giornale
crit. della filosofia italiana vol. XII 1932, p. 162). Corsi a cercar nelle mie opere
vaniniane l'errore da me commesso. Si tratta di un abbaglio. Innanzi tutto il Namer errò nel citare il volume (è il 2° e non il 1°): errò poi nel presentarmi preoccupato intorno al numero dei partiti religiosi a Londra mentre, dopo aver riprodotte le lettere del Palumbo, mi domandavo se i frati italiani, dei quali nelle lettere era fatta allusione, fossero due oppur tre. Da tutto questo (errore nella citazione del volume, errore nel riferire le mie indagini) conchiusi che il Namer aveva
citato di seconda mano e per sentito dire. Quando poi il Namer — che è un simpatico
gentiluomo e acuto indagatore critico francese — ebbe tra mano le mie opere e potè
di esse servirsi largamente, il Namer, dico, non ebbe per me che parole di elogio
(cfr. Rinascenza Salentina nov.-dicemb. 1933 pp. 281: «infine ci è gradito, prima
d'iniziare questo capitolo rendere omaggio al Professore Guido Porzio, la cui
traduzione delle opere del Vanini ci è stato di prezioso ausilio »: è citata la mia
traduzione ripetutamente in un primo (pp. 286, 287, 290, 291, 295), e poi in un secondo articolo Rinasc. Baleni. (maggio-giugno): poi in un terzo ibid. sett.-dicemb.
1934, 219, 229: infine a pag. 294 del 1° articolo : « Il Porzio ben giustamente notava
che Vanini nella misura in cui si possono controllare le sue affermazioni, non mente
mai. Noi condividiamo il parere di Porzio ».
Hai tu udito mentitor Corvaglia La reticenza, è una forma di menzogna.
A sentire il filosofo-mugnaio nella mia traduzione mi serei servito del Rousselot
incespicando ogni qualvolta mi manca la sua guida. Questa poi è carina! Il Rousselot accumulò una serie di svarioni ad ogni piè sospinto: è traduttore infelice che,
quasi sempre, alla prima difficoltà, non capisce il testo. Il Gentile chiamava quelli
98
Rinascenza Salentina
vità del mugnaio, denigratore frenetico del Vanini — il Corvaglia, dico, si scagliò con fegatosa acrimonia contro i miei volumi, che furono per lui come una miniera dalla quale ei fece
prova di estrarre una parte del marmo pario per erigere il monumento della sua gloria vincitrice dei secoli ed emula dell'eternità. Nell'epoca della telegrafia senza fili, della radio, del
velivolo, della televisione imminente venirci a discorrere di
volumi usciti per le stampe 25 anni addietro (le prime dispense
sono del 1910) significa rinculare verso la preistoria. D'altra
parte troppo a me repugna imitare il Corvaglia che, pettoruto e
gonfio di autoinsufflazioni, ha per uso di grattarsi piacevolmente
l'amor proprio a spese del grande martire, come una qualsiasi
bestia parassita.
Mi restringo, pertanto, a far parlare gli altri recando alcune
citazioni atte a porre — se bisogno vi fosse -- in maggior rilievo
con quali birbe a volte vien fatto d'imbatterci attraversando
questa lacrimarum valle.
Scrisse il Gentile (al suonar di tanto nome il Corvaglia, a
corpo morto, si butta in ginocchio e intuona il Te Deum): « Il
prof. Porzio, ch'è persona d'ingegno e di solida coltura, e scrive
in modo assai vivace ed arguto, ha fatto tutto quello che si
poteva per far parlare il suo Vanini in un italiano agile e facile e accostarne quindi gli scritti a un gran numero di lettori...
Le prefazioni sono parecchie, varie e lunghe: e attestano anch'esse una somma non piccola di lavoro perseguita per più
anni con una viva passione, con sottile acume nel distrigare
le vecchie ed arruffate questioni di cui è irta la biografia vaniniana, con studio assiduo di precisione e di compitezza e sono
scritte con brio, con ardore polemico, in forma colorita... (16).
del Rousselot inverosimili errori e infida la sua traduzione. Ma io — che ho corretto e rabberciato il Rousselot quasi ad ogni passo — avrei poi tratto dal Rousselot
grandissimo profitto. Sempre così. Il Corvaglia mente per abitudine : quando non
mente, infilza ragionamenti a pera a non finire: a volte poi ragiona coi piedi e
mente nel tempo stesso. Sono i casi in cui egli raggiunge inarrivabili perfezioni.
(16) In Critica del CROCE, anno XI, fase. IV, 20 luglio 1913, pp. 305 e segg:
inoltre, Di una traduzione delle opere di G. C. Vanini in Studi sul Rinascimento, Firenze, Vallecchi 1920, p. 156-164.
G. Porzio - Il Vanini non è un plagiario
S'intende che il Gentile del mio lavoro pose, a buon diritto, in
rilievo anche i difetti. Chi non ne ha scagli la prima pietra.
Scrisse Pietro Silva, insegnante nella Scuola superiore di
Magistero in Roma e perciò equiparato ai docenti universitarii
(qui il Corvaglia scodinzola giulivo e si scopre la cuticagna):
« Con questa sua lunga e degnissima fatica non ha soltanto
il Porzio compiuta la rivendicazione della figura e dell'opera
di Vanini contro gli antichi detrattori, ha rintuzzato anche
nuovi velenosi attacchi... Il Porzio unisce le doti dello storico
esperto nelle finezze dell'induzione e della ricerca scientifica,
capace di ricostruire solidamente la verità dei fatti, e insieme
le doti di una rara tempra di polemista, dallo stile tutto punte,
dall'argomentare solido e stringente come le branche di una
tenaglia, che par ti afferri l'avversario e lo inchiodi al muro
facendolo dibattere in un sforzo impotente
11 saggio sui
biografi e critici del Vanini e la Biografia di G. C. Vanini
sono un modello del genere... Ma lode ampia ed incondizionata
deve tributarsi al Porzio per la traduzione con cui, pur essendo
fedelissimo al testo, ha trasformato il latino secentistico del
Vanini, in ricca, viva nervosa prosa italiana » (17).
E scrisse infine il Corvaglia (aria di tremebondo spaccone,
sfidatore... a debita distanza): « Frutto di fantasia ed errore
le notizie d'altre opere (vaniniane). Chi vuole avere notizia di
questa fioritura cerchi nel Porzio che è il più dovizioso e geniale
lustratone del Vanini (18) ». Ancora : « Il Porzio di solito così
acuto » (19): « Guido Porzio, il risuscitatore del Taurisanense » (20):
« il paladino più ardente e colto, il Porzio » (21): « il Porzio
(17) Nella Voce di G. PruzzoLim anno V, n. 26, 26 giugno 1913 : Bollettino bibliografico pp. 1109.1110.
(18) L. CORVAGLIA, Sulle traccie di un grande Salentino: le opere di G. C.
Vanini, in Il Salento, almanacco illustrato, 1930, p. 83.
(19) ID.
ibid. 84.
(20) In. ibid. 86.
(21) ID.
bre 1931.
L'opera di G. C. Vanini nella Gazzetta dcl Mezzogiorno, 18 dicem-
100
Rinascenza Salentina
non sospettabile certo di scarsa diligenza » ( 22 ). S'aggiungano
le molte citazioni delle mie opere vaniniane (23 i contro le quali
adesso si scaglia con rabbia impotente e canina.
Il lettore ha udito. Ora a me poco importa di quello che
intorno ai miei lavori vaniniani di 25 anni addietro pensi un
qualsiasi Corvaglia. incompetente. E invero, questo signore si
dette, sì, d'attorno per conquistarsi il brevetto di operaio qualificato nel trucco letterario ma, come ognun sa, quest'unica
competenza, della quale era in procinto di menar vanto, gli
scivolò tra le dita a causa del mio provvido intervento. D'altra
parte ho l'incancrenita abitudine di non pensare (a meno che
sia tirato pei capelli) agli scritti trascorsi: se mai volgo l'anima
a quelli che preparo. Tuttavia che colpa ho io se preferisco
attenermi al giudizio del Gentile, di Pietro Silva, del Corvaglia del 1930-31 piuttosto che al Corvaglia del 1934 ? Ad ogni
modo ora ci è noto di quale squisita delicatezza morale sia
impastata la natura del filosofo-mugnaio. Egli loda e biasima
guidato, non dall'amore per la verità, ma dal suo amor proprio accarezzato o ferito. Ora sa egli quale epiteto si adatti a
tal maniera di procedere? L'epiteto... Senonchè il Dott. Vacca,
(22) ID. ibid.
(23) Citata e sfruttata l'opera mia nell'articolo del Salento, almanacco ecc.
a pp. 84, 85, 86, non solo: nel 1931 in una progettata pubblicazione del testo vaniniano il Corvaglia si proponeva d'intercalare «una serie di utili raffronti con le
traduzioni del Porzio e del Rousselot, allo scopo di facilitare riscontri con l'originale ». ecc. p. 87. Altre citazioni appaiono nell'articolo sulla Gazzetta dellMezzogiorno (18 dicembre 1931), nella quale è pure riportato un passo mio, poi nel proemio dell'An/lt. L. CORVAGLIA Le opere di G. C. Vanini, ecc. I Amphith ecc. 1931,
pp. VI, VII, VIII (testo e note) e nelle note dei Dial. (ID. Le opere ecc. II De Admirandis etc. 272 nota 3°, 289 nota 5° ove inserisce una mia correzione del testo vaniano). Dunque hai mangiato nel mio piatto e poi, come le scimmie, hai rotto
la scodella, eh! E poi io sono del pensatore di Taurisano il • paladino più ardente
e colto! » Or guarda ingratitudine! Egli, il gran Cor vaglia, tra quelli che han scritto
intorno al martire di Tolosa è per me il più sfacciatamente spaccone e prestidigitatore.
G. Porzio - Il Vanini non è un plagiario
101
intransigente custode dell'igiene morale, a questo qunto mette
il veto. A lui, persona così degna ed amabile, non posso dire:
va retro, Satana, e perciò m'acconcio a tacere. Ma l'epiteto s'indovina facilmente. E sia come detto. Del resto il Corvaglia non
è alle sue prime armi: tutti sanno ch'egli s'è comportato verso
il Dottor Vacca con un'identica delicata onestà.
***
Vale, per ultimo, la pena di porre in rilievo del Corvaglia
alcune parole in cui vibra una sorda minaccia : atte quindi
mirabilmente a provocare una grande irrefrenabile allegria.
« Fisicamente il Porzio deve immaginarmi spettrale come un
mangiatore di locuste. Chi dirà (bello il chi dirà invece chi sa ?)
che egli non abbia a conoscermi di persona » (p. 34, nota 2a
del libello citato).
Ecco: di che cosa si nutra il mugnaio-filosofo di Melissano
propio non mi è mai accaduto di pensare. Ma se dovessi pronunziarmi in proposito, ricorderei l'apoftegma di Luigi Feuerbach superbamente noto al Corvaglia (queste cose lui l'ha sulla
punta delle dita), che nelle manipolazioni vaniniane ha lasciato
filtrare, tratto tratto, come da uno spiraglio, certi lampeggiamenti filosofici al tutto impensati. Per esempio, ove mai sarà
concesso al lettore d'imbattersi in considerazioni come questa?
Alessandro dice nei Dialoghi : Sed quis tuus sensus de isto sensu?
Ed il Corvaglia scattando rapido a piè di pagina: « Nota il bisticcio ». O abissi inesplorati di filosofica sapienza! Se non
c'era il Corvaglia chi mai avrebbe squarciato i veli del mistero? ( 21) Diceva, dunque, il Feuerbach: L'uomo è quel che
mangia. E i suoi nemici: Si vede ch'egli è ghiotto di salame.
Ora io mi guarderò bene dal dire che il filosofo-mugnaio, o
mugnaio filosofo che dir si voglia, faccia satolle delle carni
(24) Con questa preparazione filosofica egli « avvezzo alle vie solitarie ove i
colloqui si svolgono a tu per tu colle grandi cose dell'universo », che cosa trover4
Sai, Dio onnipotente? Orripilesco al sol pensarvi.
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Rinascenza Salentina
vietate dalla legge mosaica : mi sembra, ad ogni modo, si possa
azzardare l'ipotesi ch'egli si nutra di cibi generatori di parti
letterarii distocici e teratologici giusta la diagnosi sapiente del
nostro amato Direttore Dott. Vacca, e di una prosa a intermittenze asmatiche, spessissimo stracciona e sempre convulsiva.
Quanto alla personale conoscenza col filosofo-mugnaio (c'è
nel Salento, Almanacco del .1930, un ritratto del sofo di Melissano con certe ariacce da leone in miniatura quaerens quem
devorel: dev'essere terribile colle mosche), mi sia acconsentita
questa semplice osservazione. Fare mostra di pugni stritolatori
alla distanza di 800 o 900 chilometri — o giù di lì — significa
tentare festevolmente la reincarnazione del Sor Panera di ferravilliana memoria ed è il gesto tipico del can da pagliaio.
Quando si dice aver a che fare coi mugnai! Il Corvaglia, perchè
vibra tuttora l'eco delle mie polemiche vaniniane del 1908-1910,
fa prova adesso d'imitarne l'intonazione vivace, ma sforza le
note e giunge al bromuro e alla camicia di sicurezza. Poi, smoccolando e sbofonchiando, si toglie la casacca infarinata, rimbocca le maniche della camicia e vocia: se hai coraggio vieni
fuori! Giunge in tal modo (bombone qual è doveva cascar lì) a
quello che i seguaci di Aristotele avrebbero chiamato il sito suo,
il quale, nel caso nostro, non è che la ridicola, ventosa, innocua, consueta smargiassata.
Naturam expellas furca... con quel che segue.
Guido Porzio