Monastero Invisibile Estate 2001

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Monastero Invisibile Estate 2001
FAMIGLIA DEL MURIALDO
Giovani, Amici, Collaboratori, Ex-Allievi
A.M.A., L.d.M., Ist. Secular, Murialdine, Giuseppini
Carissimo, carissima,
come stai? Anche quest’anno, come gli anni scorsi abbiamo preparato per il periodo estivo (LUGLIO, AGOSTO e SETTEMBRE) un unico sussidio di preghiera.
Sono un aiuto per la tua preghiera da utilizzare con la
maggiore tranquillità che, forse, il periodo delle vacanze permette.
Il nostro “stare davanti a Gesù” a pregare, fa crescere il bene in noi e attorno noi, moltiplica le Benedizioni per il mondo intero, ci dà coraggio e fantasia per cambiare concretamente ciò che non va, dona forza, speranza e fedeltà a chi sta per cedere... Val sempre la
spesa di ricordare che tutto quello che daremo a Gesù (in tempo, attenzione, lode...), certo
Gesù lo “restituirà” con sovrabbondanza, spesso per vie impensabili, diverse... Continuiamo
dunque con costanza in questo impegno.
Accordiamoci soprattutto per: 1) chiedere benedizioni per tutto il mondo giovanile
2) chiedere un’attrattiva speciale in alcuni che sentano la interiore chiamata a consacrare la vita all’Ideale di Dio Amore, da servire nei piccoli.
Ti proponiamo, per questi prossimi mesi estivi, in continuità con l’ultimo numero del Monastero invisibile, quello del mese di Giugno, la meditazione sulle regole del discernimento
di s.Ignazio di Loyola.
Vogliamo sperare che ti possano essere di aiuto per scorgere il Signore accanto a te, che ti
accompagna e non ti lascia mai solo, che con lo Spirito Santo, come ci ha promesso, “ci insegna ogni cosa”e ci aiuta a intendere la sua voce, a scoprire il suo progetto specifico su di noi
proprio qui ed ora!.
Per ciascuno di noi egli ha progetti e pensieri di bene! Leggere ed ascoltare dentro noi la
Sua voce non farà altro che convincerne ancora di più.
Forse i fogli che ora ti ritrovi ti sembreranno un po’ tanti. Ricorda, non c’è bisogno di fare
tutto: non lasciarti cogliere dall’ansia di arrivare al fondo. Piuttosto ogni volta che leggi cerca di capire se queste parole parlano anche di te. Tutto ciò che vorrai fare in più, rispetto
all’ora di tempo che hai promesso ogni mese aderendo al Monastero invisibile, è un dono e,
forse lo capirai tu stesso/a, sarà proprio a te per primo/a che gioverà.
buona estate, uniti come tralci alla Vite, per portare molto frutto
i Giuseppini del Murialdo
P.S. 1) Se per il giorno o l’ora della preghiera, in questo periodo estivo ti trovassi in particolare difficoltà, trova un altro giorno o momento adatto per farla. 2) Se hai intenzioni di
preghiera, per cui pregare tutti insieme, facci sapere, siamo felici di aggiungerle la prossima
volta. Grazie
UN MONASTERO INVISIBILE
una rete di preghiera nel segreto del mondo
UN’ORA SOLA
Sussidio di preghiera della Famiglia del Murialdo: Giovani, Amici, Collaboratori, Ex-Allievi, AMA., CLdM, Ist.
Secular “São Murialdo”, Murialdine, Giuseppini.
luglio-settembre 2001, n.63
ENTRA NELLA PREGHIERA
«Donaci Signore la sapienza del cuore, perché possiamo vedere Te nella vita di ogni giorno,
perché possiamo amare Te in chi vive la sua vita senza scopo.
Donaci Signore d’esser pieni di gioia, perché possiamo cantare a Te che ci vuoi tutti fratelli,
perché la gioia ci unisca a Te così formiamo un solo corpo e un solo amore.
Facci camminare o Signore insieme, fa che sentiamo presente in noi tutto il male che è nel mondo,
facci capire che amiamo Te quando vive la speranza dentro noi.
Noi ti ringraziamo perché Tu vivi in noi, conferma la nostra fede in Te inviandoci il tuo Spirito,
fa che lodiamo in eterno Te che ora vivi presso il Padre nella gloria.»
a. Quando vai di male in peggio
PRIMA REGOLA
Quando vai di male in peggio, il messaggero cattivo di solito ti propone piaceri apparenti facendoti immaginare
piaceri a godimenti, perché tu persista a cresca nella tua schiavitù. Invece il messaggero buono adotta il metodo
opposto: ti punge a rimorde la coscienza, per farti comprendere il tuo errore (ES, n. 314).
Quando fai il male, come ti parla il nemico e come
ti parla Dio? Se ti lasci dominare dai tuoi istinti, schiavo
del «mi piace, non mi piace», se non cerchi di uscire dal
tuo egoismo, se sei chiuso in te stesso senza interesse
per gli altri a per l’Altro, in una parola, quando vai di
male in peggio, il nemico parla adescandoti col piacere.
Ma è apparente, perché esiste più nell'immaginazione
che nella realizzazione, e cessa comunque dopo l'azione,
lasciandoti più vuoto e affamato di prima: è come le Sirene, che seducono e fanno naufragare.
In questa situazione Dio invece parla col rimorso,
che è un dispiacere o disagio interiore, presagio della
sciagura che ti stai procurando con le tue stesse mani e
dalla quale vuol distoglierti.
Quindi, quando fai il male, il linguaggio del piacere
apparente è dal nemico, quello del dispiacere da Dio: il
primo ti vuol impantanare del tutto, il secondo tirar fuori.
Il male cerca sempre di apparire bene, ma non ci riesce del tutto. Alla fine si rivela menzognero: non mantiene ciò che promette, e lascia un'insoddisfazione che non
diminuisce, anzi cresce, anche se cerchi con affanno di
rimuoverla o di colmarla con altra ricerca di piacere.
Il nemico è un comunicatore seducente. Come ogni
venditore, soprattutto di cattivi prodotti, rende appetibile
il suo veleno falsificando la realtà, facendola apparire il
contrario di quella che è: il male deve apparire bene e il
bene male. Attualmente può godersi... un po' di ferie,
perché ben sostituito dai mezzi di comunicazione. Gli
spettacoli, la pubblicità, la stessa letteratura, tutto fa leva
sugli istinti più immediati per indurre al "consumo", unico problema di una società che tutto può produrre, a condizione che si venda.
Il piacere ha sempre l'apparenza di un bene appetibile ai sensi, ma non sempre è bene. Non confondere piace-
re e felicità. Il piacere è soddisfazione dei propri bisogni oltre quelli del corpo, ci sono anche quelli della mente a del
cuore! - , prescindendo dalla relazione con l'altro. La felicità è la soddisfazione che viene da una relazione: è apertura,
amore verso l'altro. Nessun piacere appaga l'uomo, perché
è fatto per amare. Non fare quindi una cosa solo perché ti
dà piacere immediato. Il piacere è criterio sufficiente di azione per l'animale, programmato dall'istinto per la conservazione dell'individuo e della specie mediante il cibo e il
sesso.
Anche l'uomo è sensibile al piacere, e giustamente.
Tuttavia è chiamato a viverlo in modo umano, addirittura
divino. Per lui anche gli atti "animali" hanno valore di relazione e amore. Allora, oltre che piacere, danno anche felicità. Diversamente sono abbrutimenti che allettano sul
momento, ma poi lasciano l'amaro in bocca.
Quando piacere a felicità coincideranno, allora sarà
"bello": il bene piacerà a anche il piacere sarà bene, non
apparenza. Fin che viviamo, o non siamo perfetti, accettiamo la conflittualità, almeno iniziale, tra i due.
Il piacere cercato in sé, al di fuori di una relazione positiva, crea frustrazione, assuefazione e, alla fine, meccanismi autistici, come la droga. Se ti piace bere due bottiglie
di whisky, vedi come stai il giorno dopo. Se ti piace farti
una "canna", pensa se non è altro ciò che cerchi. Se gusti
dell'ebbrezza del volo, non buttarti dal decimo piano: è un
piacere che, dopo pochi istanti, ti spiacerebbe assai.
Anche il piacere del sesso, cercato come fine, è la fossa dell'amore; provoca insoddisfazione a infelicità, oggi più
che in altri tempi. Il piacere però non è da demonizzare.
L'ha fatto Dio e l'ha connesso innanzitutto al mangiare e al
generare - e poi al capire e all'amare -, necessari per mantenere a trasmettere la vita. Senza piacere, chi lo farebbe?
Ma tieni presente che il tuo mangiare non sia con la testa
nella mangiatoia, prototipo dei fast food, bensì attorno
alla mensa. Il cibo è relazione d'amore tra famigliari, che
il Signore ha preso come segno della comunione con lui
nell'eucaristia. La stessa sessualità non è semplice accoppiamento, ma rapporto d'amore tra maschio a femmina,
relazione di alterità, immagine di Dio. È il «mistero
grande» (Ef 5, 32), sacramento dell' unione tra Dio e uomo in Cristo.
Per capire se ciò che ti attira è bello o brutto, dolce o
amaro, bene o male, canto delle Sirene o di Orfeo, vedi
sempre "il dopo", anche dall'esperienza altrui, oltre che
dalla tua: se dà gioia anche dopo, è da Dio, se dà rimorso, è dal nemico.
Il bene lo paghi subito, ma meno di quello che pare;
il male lo paghi dopo, e ben più di quanto supponi. li bene lo paghi prima, ma poco, e ti appaga tanto; il male è
offerto gratis, ma lo paghi dopo e tanto, a non ti appaga
per niente. L’eccesso di cibo e di alcool, l'infedeltà al partner, la prostituzione, l'uso di droga, certo danno piacere
sul momento. Ma di sicuro non danno felicità. Non fanno
che accumulare a catena frustrazioni e dispiaceri, senza
via di uscita, se non con grande fatica e dopo tante pene.
La caduta di Adamo, prototipo di ogni altra, descrive
con finezza psicologica come si infiltra la suggestione del
nemico: ti adesca al male facendolo apparire « buono,
bello a desiderabile» (Gn 3, 6). Nessuno lo farebbe, se
sapesse prima che è cattivo, brutto e indesiderabile.
Dio, che fa verità, lo fa apparire male: attraverso il
rimorso esci dall'inganno, riconoscendo di aver sbagliato.
Il rimorso, inteso come responsabilità del male, è un gran
buon segno: è la medicina amara contro la menzogna. La
sua eclissi, ai nostri giorni, è segno di follia collettiva! Solo
una pazzia generale, come il nazismo o lo stalinismo, e,
oggi, il consumismo, toglie la responsabilità dei propri atti.
Questa, che può sembrare un'attenuante morale - manca la
libertà! - è invece il male peggiore: la mancanza di libertà,
che impedisce all'uomo di compiere azioni umane! Ognuno
ripete gli errori dei suoi padri, giustamente incolpandoli e
aggiungendo, senza colpa sua (!) il proprio piccolo pezzo
alla loro strada di perdizione. Quando uno arriva, senza
sensi di colpa, a incolpare se stesso, allora può rompere in
quel punto la catena di male. È molto preoccupante vedere
uno che fa il male e non sente vergogna, o addirittura se ne
vanta: è la peggior malattia che gli possa capitare. Vergognarsi delta propria stoltezza è la potente espiazione e purificazione che il bene opera nel cuore del sapiente.
Distingui bene tra colpa e rimorso.
I sensi di colpa che hai, perché non sei quello che vorresti o dovresti essere, sono bloccanti a mortiferi. Tacitali,
se puoi, o fatti aiutare, se necessario. Se non riesci a peccare, va' dallo psicologo e curati; se hai peccato, va' dal prete
e riconciliati.
Il rimorso invece, che hai per il male fatto, ti distingue
dall'animale. Non tacitarlo, ma ascoltalo. È stimolante e
salutifero: è tristezza che viene da Dio e porta alla vita, a
differenza della depressione che il nemico tenta di inocularti per rinchiuderti nel tuo bozzolo di morte (cf 2 Cor 7,
8-10)!
A questa regola, come poi a tutte le successive, applica
la premessa: avverti e riconosci la voce del nemico, avverti
a riconosci la voce di Dio, per accogliere questa a respingere quella.
PASSI BIBLICI
Gn 3: svela il meccanismo del male come bene apparente e del rimorso conseguente.
2 Sam 11, 1 s: Davide, sedotto dalla bellezza di Betsabea, è adescato all'adulterio, alla viltà e all'omicidio.
2 Sam 12, 1 ss: Natan porta Davide a scoprire il male come tale.
2 Cor 7, 8-10: Paolo contrappone la tristezza che viene da Dio a quella che viene dal nemico.
b. Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene
SECONDA REGOLA
Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, è proprio del messaggero cattivo bloccarti con rimorsi,
tristezze, impedimenti, turbamenti immotivati che paiono motivatissimi, perché tu non vada avanti. È proprio
invece del messaggero buono darti coraggio, forza, consolazioni, lacrime, ispirazioni e pace, rendendoti facili
le cose e togliendoti ogni impedimento, perché tu vada avanti (ES, n. 315).
Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, come parla il nemico e come parla Dio? Il nemico ti
parla con sentimenti negativi che ti impediscono di andare avanti, disturbandoti in ogni modo. Dio, al contrario, ti
parla con sentimenti opposti, per farti andare avanti, aiutandoti in ogni modo.
Il nemico, che prima ti faceva apparire bene il male
per invogliarti, ora ti fa apparire male il bene, per distoglierti; e ti tenta con mille ragioni, false o vere: sensi di
colpa e scrupoli presi per giusti rimorsi, tristezze e incertezze, turbamenti e angustie, sfiducie e scoraggiamenti,
così il bene pare difficile, anzi impossibile! Avverti il
male che hai fatto o subìto come impedimento insormontabile a cambiare.
Dio, al contrario, che prima ti distoglieva dal male
col rimorso, ora ti invoglia al bene con la sua consolazione: ti dà coraggio e gioia, forza e lucidità, pace e fiducia tutto è possibile e facile! -. Anche il peso del male fatto o
subito, non è più un muro insormontabile, ma una spinta a
uscire verso la libertà.
Se nel male il nemico ti incoraggia e Dio ti scoraggia,
nel bene il nemico ti scoraggia e Dio ti incoraggia. È naturale che sia così: cambiando tu campo, il tuo alleato diventa tuo avversario e viceversa. Non meravigliarti quindi se il
nemico ti lasciava in pace quando lo servivi da buon suddito, e ti combatte ora che vuoi riprenderti la tua libertà.
Sappi che la tentazione non è peccato: è per sé occasione di crescita, non di caduta. Anche Gesù fu tentato dopo la scelta del battesimo.
Essa comincia quando scegli di fare il bene, non prima: «Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati
alla tentazione» (Sir 2, 1). Se la senti, sii contento e coraggioso: stai davvero lottando contro il male.
La prima tentazione, tipica per chi inizia, è questa: «lo
non ce la faccio. Non è per me! Come farò ad andare avanti
così?». Il nemico rattrista e appesantisce con difficoltà
immaginarie, per distogliere dal buon proposito.
Antonio abate, non appena decise a diciotto anni di
seguire la chiamata del Signore, pensò: «Noi giovani non
siamo forti come quelli di una volta». La cosa avvenne
più di diciassette secoli fa: nulla di nuovo sotto il sole!
Difatti durò nel deserto solo per circa novant'anni ... e
poi, dopo una vita serena, morì! Ignazio di Loyola, all'inizio della sua conversione, si terrorizzò all'idea di come
avrebbe potuto perseverare in questa nuova vita fino a
settant'anni. E difatti morì prima, dopo un'esistenza tutta
nella consolazione e nella pace!
Il nemico «menzognero e padre della menzogna»
(Gv 8, 44), è specialista in illusioni positive e negative,
per attirare al male e distogliere dal bene. Dio, al contrario, chiama le cose col loro nome: il male come tenebra e
tristezza, il bene come luce e gioia.
Come vedi, i due spiriti contrari desiderano in te
l'uno contro l'altro, così che non fai mai senza lotta ciò
che vorresti (cf Gal 5, 17): la vita è conflittuale, come dice Paolo in Rm 7, 14 ss. Se vuoi il male, il Signore col
rimorso ti dissuade proprio da ciò che il nemico ti facilita
con l'adescamento del piacere immediato. Se vuoi il bene,
il nemico ti rende difficile con la sfiducia ciò che il Signore ti facilita con la consolazione.
La tentazione agisce facendoti fissare la difficoltà,
per incantarti e immobilizzarti. Il male è come le Gorgoni: pietrificano nella paura. Perciò guarda in alto verso il
Signore, e il tuo piede non cadrà nel laccio del cacciatore
(cf Sal 25, 15).
I due spiriti li distingui sempre bene dal risultato:
uno ti impedisce e l'altro ti fa andare avanti nel cammino
della libertà. Ogni pensiero di sfiducia, oscurità e tristezza,
che ti impedisce di andare avanti nel bene, è da respingere:
è dal nemico. Egli ha facilmente buon gioco, perché istintivamente siamo più sensibili al male che al bene. Devi imparare a «renderti insensibile alla tua sensibilità», a non
dipendere troppo dalle
tue sensazioni, umori e
paturnie.
Qualche volta il
nemico ti blocca con
l'atteggiamento "critico": ti sembra di essere
buono e intelligente
perché individui subito
e ovunque il male. Ma
così diventi solo un po'
acido e malevolo. In
realtà vedere il bene esige molto più acume e
rende ben disposti e
propositivi.
Vedrai che oltre la
sensibilità al male, più appariscente, c'è, in profondità, anche una consonanza al bene, che dà grande calma e coraggio. Impara ad avvertirla e a coltivarla. Ogni pensiero di
fiducia e speranza, di gioia del cuore e luce della mente, di
pace e forza, che ti facilita il cammino, ridimensiona gli
ostacoli e ti fa andare avanti nel bene, tutto questo è da accogliere: è da Dio. Guarda a lui, alla sua promessa e ai
buoni sentimenti con i quali ti attira verso di essa e verso di
sé. Camminerai con scioltezza.
PASSI BIBLICI
Rm 7, 14-8, 15: Paolo descrive la lotta interiore tra bene e male come luogo dell'esperienza della salvezza di
Cristo.
Es 14, 10-14: vedi l'opposta reazione del popolo che vuol tornare in schiavitù e di Mosé che lo vuol liberare.
TERZA REGOLA
Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, Dio ti parla con la consolazione spirituale. Questa è di
tre tipi: il primo quando sorge in te qualche movimento intimo che ti infiamma d'amore per il Signore, e ami in
lui e per lui ogni creatura, oppure versi lacrime che ti spingono ad amare il Signore a servire i fratelli o a detestare i tuoi peccati; il secondo quando c'è in te crescita di speranza, di fede e di carità; il terzo quando c'è in te
ogni tipo di intima letizia che ti sollecita e attrae verso le cose spirituali, verso l'amore di Dio e il servizio del
prossimo, con serenità e pace del cuore (ES, n. 316).
Quando ti impegni per uscire dal male a cerchi il bene, come parla Dio? Questa terza regola, sviluppo della
prima parte della precedente, chiarisce - per contrasto con
la successiva - il linguaggio base di Dio: Dio parla con la
consolazione.
La sua parola è azione, e la sua azione è con-solare,
stare-con-chi-è-solo, procurando quei sentimenti che prova chi è in una compagnia desiderata. Lui è
l’Emmanuele, il-Dio-con-noi. E noi siamo sempre soli
senza di lui: niente può colmare il vuoto di chi è capace
di Dio, se non Dio stesso. Egli è la sola compagnia che
vince la tua solitudine, la relazione d' amore che ti fa esistere, la fiducia che ti fa respirare e sviluppa le tue potenzialità.
Il suo Spirito è il Paraclito, colui che è "chiamato-vicino", l'avvocato difensore, il consolatore: ti sta appresso, non ti lascia solo, esposto alle avversità dell'esi-
stenza. I sentimenti che manifestano la sua presenza si descrivono in termini di amore per lui e in lui per ogni sua
creatura. Dio è amore, e l'amore è sempre presente dove è
amato. È presente come fuoco e acqua, vita e gioia di chi
ama, in un dinamismo che fa crescere in forza, lucidità e
pace.
Amare è "ri-cordare" l' altro, "portarlo-nel-cuore", "averlo-dentro" come "inter-esse" primo, sul quale regoli ogni azione. Se ami, il tuo piacere è piacere all' altro, che
diventa norma del tuo sentire, pensare a agire. (Un simile
amore è solo per l'Altro, l' "as-soluto", che slega la tua libertà. Diversamente è idolatrico: non ti fa crescere, ma diventa un rapporto di vittima-carnefice. L' altro è da amare
né più né meno di te stesso, nella verità tua e sua, assumendoti la conflittualità, talora anche violenta, dei limiti e
del male).
Ci sono tre tipi principali di consolazione: una sensibile a un'altra insensibile o quasi, più una terza poco
sensibile, che sta tra le due.
La prima è la più sensibile, ma anche la più pericolosa, proprio perché sensibile. Infatti può essere prodotta da
te o dal nemico; inoltre a essa facilmente ti attacchi per il
piacere che procura; infine essa, come viene, così anche
rapidamente va, e può lasciarti in secca.
Questa consolazione è come la pioggia su un giardino nell'arsura estiva: le piante rialzano il capo e il verde
riprende vigore. Per lo spirito è gioia, sollievo, riposo e
forza. La pioggia passa, ma il suo beneficio perdura come
fecondità di vita. Tuttavia gran parte dell'acqua si perde.
E se, invece di una pioggia, è un piovasco o un uragano,
che lava via il terreno buono senza penetrare e reca più
danno che utilità, allora non viene dal Signore.
Non è quindi detto che la consolazione, più è sensibile, meglio è: è vero piuttosto il contrario. Essa può sia
fecondare che devastare lo spirito, soprattutto se la cerchi. Guardati dal cercarla; ma, anche se non la cerchi, facilmente ti attacchi e ti inorgoglisci se ce l'hai. Addirittura, come vedremo in seguito, la può procurare anche il nemico.
Questa consolazione è descritta come movimento intimo, un moto che viene dal più interno di te, che è lui, a
te più intimo di te stesso. Ed è fiamma, fuoco e luce, che
muove a commuove, scalda e illumina. È una "fiamma
d'amore" per Dio solo, al di là di ogni oggetto e progetto:
un sentimento che ti dilata il cuore a tutti e a tutto, dandoti la capacità di vivere con serenità la realtà quotidiana,
senza estraniarti da essa.
A questa categoria appartengono anche le lacrime di
com-passione, che aprono a lui a agli altri: sono acqua
che viene da questo fuoco e lo alimenta. Sono ben diverse da quelle di autocommiserazione, impotenza, rabbia a
disperazione. Anche quando riguardano ferite del passato, sono balsamo che cicatrizza e libera dalla parte dolorosa dell'esperienza.
Tutto questo dà piacere e nutre lo spirito, come il cibo dà piacere e nutre il corpo. Ma è anche rischioso: c'è il
pericolo della ghiottoneria spirituale, perché è appetibile
allo spirito appunto come il cibo al corpo. La "golosità"
di consolazioni è più pericolosa di ogni altro vizio. Se
Dio le concede, non è perché ti attacchi a esse, ma per
facilitarti il distacco dai piaceri più grossolani. Se le insegui e ricerchi, diventi non un uomo spirituale, ma una
sorta di animale spirituale, come dice Gagliardi: un animale, che istintivamente insegue, invece dei piaceri del
corpo, quelli dello spirito. Si tratta di una "bulimia spirituale". Bisogna che impari a vivere con distacco il piacere della consolazione d'amore, perché la sua presenza non
ti stordisca o esalti, e la sua assenza ti ridimensioni senza
abbatterti.
La seconda è assai poco sensibile o addirittura insensibile: è una crescita di speranza, di fede a di amore,
che riscontri nella tua vita concreta. È una consolazione
molto efficace, che meno si presta a inganni, perché meno sensibile e più al riparo da contraffazioni.
Questa consolazione è come una vena d'acqua sotterranea che gorgoglia, ma solo all'interno. È il fiume d'acqua viva che scaturisce dal seno di chi ama il Signore (cf
Gv 4, 14). Essa tiene umida la terra e nutre le radici di
ogni pianta buona, senza che all'esterno ci sia nulla di visibile, se non il costante rigoglio di vita. Di quest'acqua,
che zampilla per la
vita eterna (cf Gv 4,
14b), nulla si vede e
nulla va perso, come
del pane di vita eterna
(cf Gv 6, 12).
A questa seconda
categoria, che non ha
particolari manifestazioni di fuoco che ravviva e di acqua che
feconda, appartengono quelle consolazioni, profonde a sostanziali, che consistono
in una crescita della forza dello spirito, che ti fa "andare
avanti” nella libertà di amare a servire Dio e il prossimo.
Esse sono il frutto infallibile promesso a chiunque prega
con cuore sincero e fiducioso. Sono il dono dello Spirito
(cf Lc 11, 13), che ci fa figli e ci porta a fare la volontà del
Padre. Sono cibo dei forti, spesso accompagnato da aridità
nella preghiera e da forte lotta contro moti contrari.
Qui per sé non sono possibili inganni, se non la tentazione costante di impadronirsi del dono di Dio, come fece
Adamo.
La terza è poco sensibile, o lo è in modo soave a leggero. Sono sentimenti, avvertibili solo nel silenzio a da una
sensibilità raffinata, che guidano al bene, anche se in superficie possiamo sentire violenti moti contrari.
Questi sentimenti sono: un'intima letizia, sobria ebbrezza che viene non da droghe ma dalla sua compagnia;
un'attrazione verso Dio e la sua promessa che senti più reale di ogni realtà e ti eleva al di sopra delle difficoltà; una
serenità e pace che ti fa trovare in lui il tuo riposo.
Queste consolazioni, meno sensibili delle prime e più
delle seconde, sono estremamente efficaci: senza particolari emozioni, se ti addormenti al sole, ti svegli bruciato dai
suoi raggi. Sono per l'anima come un ruscello tranquillo
che scorre attraverso il giardino con i suoi canali, senza alcun rumore. Non lo avverti, a differenza della pioggia o
dell'uragano, ma la sua acqua feconda meglio la terra, anche se subisce il pericolo dell'evaporazione.
Quest'acqua è l'affiorare in superficie, in modo più o
meno visibile, della vena profonda invisibile.
La consolazione, come detto, non toglie la lotta: è anzi
la forza per non soccombere e vincere. Paolo parla della
consolazione che lo consola in ogni tribolazione (cf 2 Cor
1, 1-7). Si tratta di una visita del tuo Signore. Con lui ti
senti felice, perché a casa tua. Pregusti la caparra del "paradiso", il giardino del desiderio, e ne sei attratto. Dio ti dà
questi gusti quando vuol purificarti dal male. Ma quando
vuol purificare il tuo amore e darti il solo gusto di lui, allora lascia che scompaiano i gusti ed escano i disgusti contrari, come vedremo in seguito.
Individuare e conoscere, custodire nel cuore e far memoria ed eucaristia delle visite del Signore è la parte più
bella del cammino spirituale: è la parte positiva, che aiuta
a camminare meglio. È il "canto più bello", che incanta le
Sirene e ti libera dalla loro seduzione. È il primo punto dell'esame della coscienza.
La consolazione ti spinge a operare bene. Sentila, riconoscila e acconsenti a essa. È l'albero della vita: vivine
con gratitudine, gioia e amore verso lui. Non appropriartene, però, e non fame il tuo feticcio: sarebbe per te la morte.
Qui sorge una domanda: se il Signore ha promesso di
essere-sempre-con-noi, fino alla fine del tempo (cf Mt 28,
20), come mai lo senti così poco? È importante che tu
conosca i vari tipi di consolazione, che sono i vari modi
con cui lui è con te. Allora sai dove pascola il suo gregge
(cf Ct 1, 7), e puoi cercarlo dove si trova in quel momento: lì lo ritrovi, e non altrove.
Spesso non lo trovi, non tanto perché non lo cerchi o
lui si nasconde per fare con te il suo gioco (cf nona regola), quanto perché lo cerchi dove in quel momento non è
per te. Sei come Elia, padre dei profeti, che non lo trovò
dove lo aspettava (cf 1 Re 19, 11 s). Sei come la Madda-
lena, che chiede al Signore stesso dove è il suo Signore,
perché pensa che sia altrove (cf Gv 20, 15).
Se ti è vicino col fuoco dell'amore, non cercarlo tra le
lacrime. Se ti è vicino con l'acqua della lacrime, non cercarlo nel fuoco. Se ti è vicino con l'aumento della fede,
speranza a carità, non cercarlo né nel fuoco né nell'acqua.
Se ti è vicino nell'intima letizia e nell' elevazione del cuore,
non cercarlo nel fuoco, nell' acqua o nell' aumento della
virtù. Se ti è vicino nel riposo sereno in lui e ti senti a casa,
sta' tranquillo e non cercarlo in nessuna emozione. Non
chiederti dove è nascosto. Lì è massimamente presente nel
silenzio di tutto. Lui è l'essere del tuo essere. E tu, superata
la coscienza di te, sei immerso in Lui.
PASSI BIBLICI
Gal 5, 22: la consolazione è descritta come il frutto dello Spirito, unico a multiforme.
1 Cor 13, 4-7: attraverso verbi di azione, Paolo enumera le quattordici caratteristiche dell'amore, che si manifesta nei fatti.
QUARTA REGOLA
Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, il messaggero cattivo ti dà desolazione spirituale. Essa
è il contrario della consolazione: è oscurità, turbamento, inclinazione a cose basse e terrene, inquietudine dovuta a vari tipi di agitazione, tentazioni, fiducia, mancanza di speranza e amore, pigrizia, svogliatezza, tristezza
e senso di lontananza del Signore. Infatti, come la consolazione è contraria alla desolazione così i pensieri che
nascono dalla consolazione sono opposti a quelli che nascono dalla desolazione (ES, n. 317).
Quando ti impegni per uscire dal male e cerchi il bene, come parla il nemico? Questa quarta regola sviluppa
la seconda pane della seconda regola e chiarisce, per contralto con la precedente, il linguaggio base del nemico,
opposto a quello di Dio: il nemico parla con la desolazione.
Il suo nome è diavolo, che significa "divisore". La
sua azione, contraria a quella dell'Emmanuele, ti divide
dalla sua "compagnia", ti lascia de-solato, abbandonato,
con quei sentimenti di tristezza che ne conseguono. Prima ti divide da Dio e dalla sua parola, quindi da te stesso
(«sono nudo!», rispose Adamo), poi dagli altri, e infine
dalla natura: tutta l'esistenza, dal nascere al morire, è divisione, trauma e fatica (cf Gn 3, 10-24).
Separato da Dio, di cui sei immagine, perdi la tua identità. Rotta la tua relazione fondante, si spezzano anche
le altre. Resti solo, "desolato", appunto, in una solitudine
sempre maggiore e senza confini, avvolto nell'oscurità
del nulla, senza sapere chi sei, da dove vieni a verso dove
vai. Sei turbato a sconvolto, pieno di paura, sospeso in un
vuoto vorace che inutilmente cerchi di riempire con illusori piaceri. Sei agitato, incapace di agire, senza fiducia,
senza speranza a senza amore.
II suo nome è anche satana, che vuol dire "accusatore, pubblico ministero". È il contrario di Paraclito, l'avvocato difensore. Implacabilmente, dopo averti condotto
nelle tenebre, punta il dito contro di te, per schiacciarti
con la persuasione che per te questa situazione è la giusta
punizione, dalla quale non uscirai mai.
La consolazione è quando sei in armonia con l'opera
di Dio, e trovi nella calma e nell'abbandono confidente in
lui la tua forza (cf Is 30, 15). La desolazione è quando sei
in contrasto con essa, per colpa tua o per insinuazione del
nemico. Allora sei senza pace come gli empi: un mare
agitato che non può calmarsi e le cui acque tiran su melma e fango (Is 57, 20 s).
Conosciamo tutti la desolazione meglio della consolazione, anche perché il male è più percepibile del bene:
senti più una puntura di spillo che il benessere del corpo.
Essa fa parte dell'esperienza quotidiana, con o senza colpa
tua, come rimorso o come afflizione: è il luogo tipico della
tentazione, propria di chi lotta contro il male.
Se, quando cerchi il male, il nemico ti alletta col piacere apparente, quando vuoi uscire dalla schiavitù, ti ostacola
con la desolazione, dispiacere apparente. Il pericolo è fermarti a dialogare con essa, fino a cadere sempre
più nell'angoscia, in un
inferno che è assenza di
quanto desideri e presenza di quanto temi.
Se nella consolazione senti "movimento intimo" e "fuoco", qui avverti "blocco" e "oscurità": sei infelice, fermo, in
una vita invivibile.
La desolazione ha un
triplice linguaggio, opposto a quello della consolazione.
C'è una desolazione sensibile, con oscurità, turbamento, attrattiva al male, agitazione, ribellione e repulsione al
bene: è l'opposto della consolazione sensibile. In sé non è
un male: è solo una prova, con forte pericolo di caduta, ma
anche opportunità di purificazione.
C'è una desolazione sostanziale, un calo di fede, speranza e amore, opposta alla consolazione sostanziale, non
sensibile. Questo calo - non però la sensazione di esso!- è
sempre un male. Può portare all'infedeltà, alla disperazione, all'indifferenza o addirittura all’odio verso Dio. È l'accidia, nemico mortale della vita spirituale, il terribile "demonio meridiano", che ti coglie nel mezzo del cammino
spirituale, spente le gioie dell'inizio. Allora la pigrizia e la
mancanza di entusiasmo per ciò che è bene, la tristezza per
il male che vedi o temi, diventano la tua prigione ovattata,
la gabbia che ti chiude sempre di più nell'amarezza e nella scontentezza di te e di tutto.
C'è infine una desolazione quasi insensibile, opposta
alla consolazione corrispondente, che si traduce in assenza di gioia, di pace e di ogni buon sentimento, con i sentimenti contrari o, peggio, di tepore e apatia, che possono
portare all'accidia.
Non dare ascolto a questi sentimenti che ti bloccano;
liberatene ricorrendo a quelli contrari. La parte negativa,
e fondamentale, del cammino spirituale è togliere quel
"pieno di vuoto” che ti impedisce di accogliere la pienezza di Dio. Nell'esame della coscienza, la prima cosa è
stanare questi pensieri negativi (cf secondo capitolo).
Le desolazioni, se non avvertite e riconosciute, portano
al male e dal male al peggio. Sentile e riconoscile; ma dissenti da esse. Non coltivarle: sono l'albero della morte. Dio
le permette solo perché, prese con pazienza e fiducia, siano
per te opportunità di crescita.
C'è una desolazione che immancabilmente ti coglie
quando leggi la Scrittura: senti con sfiducia la distanza tra
te e quanto la Parola propone. «Che c'entra con me?», ti
chiedi con i demoni davanti a Gesù. Sotto c'è la presunzione di volerla possedere e la disperazione di non riuscirci.
Ricordati allora con umiltà che ogni brano di Vangelo non
è innanzitutto ciò che devi fare tu, ma quanto il Signore fa
per te: è un dono per te, se tu lo desideri e lo chiedi con fiducia.
PASSI BIBLICI
Gal 5, 19-21: la desolazione e le sue conseguenze sono enumerate e chiamate "opere della carne".
Giobbe mostra come comportarsi nella desolazione: senza "prendersela" con Dio, "prende-bene" anche il male.
Giona è il prototipo contrario: "prende-male", addirittura con ira, ciò che è bene!
QUINTA REGOLA
Quando sei desolato, non fare mai mutamenti. Resta saldo nei propositi che avevi il giorno precedente a tale
desolazione, o nella decisione in cui eri nella precedente consolazione. Infatti, mentre in questa ti guida di più
lo spirito buono, nella desolazione ti guida quello cattivo, con i consigli del quale non puoi imbroccare nessuna
strada giusta (ES, n. 318).
In tempo di desolazione cosa non fare? Quando sei
desolato, la prima cosa da non fare è prendere decisioni
nuove. Sta' saldo nei tuoi propositi, senza cambiarli. Devi
esattamente non fare ciò che istintivamente faresti.
La desolazione ti agita e non sai dove andare. Non
assecondare i suoi impulsi: fermati! Abbi fiducia nel Signore e mantieniti nella risoluzione presa alla luce della
consolazione: l'oscurità e la paura ti farebbero cadere nel
male che temi.
Nella desolazione, attento al fatalismo! Su un pendio
montano, se ti prende la paura, ti inclini in modo tale che
inevitabilmente cadi. Se ti viene la vertigine, addirittura ti
butti. Se sei impaurito, subito decidi eroicamente di fuggire; se sei arrabbiato, subito decidi di attaccare; se sei
scoraggiato, subito decidi di smettere; se sei stufo, subito
decidi di sederti; se sei distratto e arido nella preghiera,
subito tralasci di pregare.
Normalmente le decisioni sono prese in desolazione
e sono sempre sbagliate, perché dettate dal nemico. Questi, se sei sulla strada sbagliata, ti fa correre avanti, adescandoti con prospettive illusorie, e ti impedisce di tornare indietro, facendoti paura alle spalle, in nome della "coerenza", per paura del giudizio della gente, per timore di
cosa sarà. Ma se sei sulla strada giusta, ti fa scappare indietro, facendoti paura davanti con infiniti dubbi, incertezze irragionevoli, timori del futuro, terrori dell' ignoto,
che ti fanno dire: «Ho certamente sbagliato!». Contemporaneamente ti richiama indietro con ricordi piacevoli, sicurezze abbandonate, comodità allettanti, attrazioni del noto,
familiarità recise, che ti fanno dire: «Si stava bene quando
si stava peggio! Erano meglio le cipolle d'Egitto! » .
In questa situazione sei portato a prendere decisioni
delle quali poi ti pentiresti. Tali decisioni hanno il carattere
dell'urgenza; vorrebbero essere immediate. Il male ha bisogno di essere fatto "subito", perché, se ci pensi, non lo fai!
Il male infatti si consuma in fretta, mentre il bene cresce
nella pazienza. Per dare la vita è necessaria una lunga gestazione; per toglierla basta un istante! Per salire su una
cima ci vuole tempo a fatica; per precipitare a valle basta
un niente!
Comunque, quando c'è nebbia, non cambiare il cammino: tieni con fermezza quello che avevi intravisto alla
luce del sole e non lasciarlo per sconforto. Quando trovi
difficoltà a eseguire i buoni propositi, non abbandonarli. È
normale essere combattuti dal male se lo combatti. Va' avanti tranquillo in ciò che avevi stabilito di fare. Quando,
per esempio, nella preghiera sei arido, pieno di distrazioni
e senza voglia, più attento a una mosca che a Dio, vorresti
smettere di pregare, se non altro per rispetto! Allora non
desistere. Offri al Signore questa situazione e prega solo un
minuto di più. Ne vedrai i vantaggi!
PASSI BIBLICI
Ger 42-43: Giovanni di Careca a compagni, dopo aver ucciso Godolia, governatore assiro, fuggono per paura
verso l'Egitto. Nel viaggio si fermano presso il profeta Geremia per chiedergli che fare. Ma non gli credono,
perché dice loro di non aver paura e non fuggire. Invece di arrestarsi a tornare sui loro passi, continuano la
loro fuga fino in Egitto, nemico tradizionale degli Assiri, in cerca di protezione. E saranno trucidati, proprio
come temevano, perché l'Egitto, per la prima volta, si alleerà con l'Assiria!
Es 16, 2 ss; 17, 1ss: Israele nel deserto, davanti alle difficoltà, vuol subito tornare indietro: pensa di aver sbagliato a cominciare il cammino dell'esodo.
1 Re 19, 1ss: Elia, al contrario, nel momento di desolazione, torna al deserto, nell'intimità con Dio, e riscopre
la propria vocazione.
SESTA REGOLA
Se nella desolazione non devi cambiare i primi propositi, ti gioverà molto reagire contro di essa, restando per
esempio più tempo nella preghiera e nella meditazione, allungando gli esami e facendo, secondo che sarà
meglio, qualche tipo di rinuncia volontaria (ES, n. 319).
Nella desolazione che fare? Non assecondarla: anzi,
contrastala! Istintivamente sei portato a coccolare la desolazione, in una forma di vittimismo che si autocompiace del proprio male. Quando sei triste, vorresti che tutto il
mondo fosse in lutto, che il sole non sorgesse e scomparisse. Per questo confini la luce fuori dalle imposte, ti isoli da tutti, ti infastidisce l'altro, ascolti musica mesta e
coltivi i pensieri più neri, ricordandoti del male tuo e del
mondo, che crescerà sempre di più. Non si può far nulla
di bene, non vale la pena... Tanto vale anticipare l' ineluttabile; o almeno abbandonarsi a qualche piccola consolazione compensatoria!
Non prestare ascolto e non "coccolare" queste voci
negative. Prendile a pedate, ridimensionale o ridicolizzale, se ci riesci. Comunque abbi fiducia e consegnati al
Signore, che anche in esse è presente e ti lavora e addestra robustamente, come il padre fa con il figlio (cf Eb
12, 5 s; Prv 3, 11 s).
Nella desolazione non devi retrocedere, ma anzi reagire positivamente. La prova ti renda più forte: il pericolo
del male diventi occasione per un bene maggiore.
Il male esce allo scoperto e oppone le sue resistenze,
proprio quando, avendo deciso per il bene, ci lotti contro
e lo stai vincendo. Non scoraggiarti e non cadere nell'avvilimento, foriero del peggio. Mostrati invece risoluto e
fiducioso nel Signore, dedicandoti più intensamente al
lavoro spirituale.
Con questo atteggiamento ti educhi a diventare libero dai tuoi umori, senza lasciartene dominare. Diversamente non farai nessun cammino spirituale: resterai
schiavo dei tuoi stati d' animo, in balia delle tue velleità,
spossessato della tua volontà, volubile come una piuma al
vento. Sarai esaltato quando va bene, depresso quando va
male; sarai al di sopra o al di
sotto di te, sempre fuori di te
e mai in te stesso!
Se nella tua vita vuoi dare
il dovuto spazio alla preghiera, ti capiterà di non riuscire a
pregare nel tempo stabilito l'unico libero! - perché, proprio in quel momento, «non
hai voglia». Oppure, se ti metti a pregare, proprio in quell'istante ti vengono in mente
cose utilissime, anzi necessarie, che puoi fare proprio solo
allora. Se non sai che fare,
mettiti a pregare, e vedrai che
subito ti vengono in mente
cose importanti da fare, pur di
non pregare!
È necessario resistere a queste tentazioni a pregare più
intensamente, anche se ti pare di perdere tempo. Pregare in
desolazione è utilissimo: ti fa capire che a te non interessa
né Dio né la preghiera. Questa è una grande scoperta, che ti
associa a tutti i peccatori. Presentala a Dio e alla sua misericordia! La tua tenebra finalmente esce alla luce, ed è
grande dono. Se preghi solo quando sei consolato, ti potresti addirittura illudere di essere santo.
Resistere e contrastare la desolazione, non lasciarsi
prendere dalla massa oscura che ti assale è la massima libertà dal male. È una lotta tua, ma è anche una "pedagogia"
divina, con la quale il padre e-duca il figlio, temprandone l'
amore.
PASSI BIBLICI
Gn 32, 23-32: Giacobbe, nella sua drammatica lotta notturna, riceve il suo vero nome: "Israele", padre del
nuovo popolo che nasce dal corpo a corpo con Dio.
Mc 14, 32-42: Gesù nel Getsemani, preso da tristezza e angoscia mortale, sentendo la ripugnanza alla volontà
di Dio, essenza del peccato, la vince con la preghiera incessante: «Sia fatta non la mia, ma la tua volontà».
Da lui, per la prima volta sulla terra, Dio riceve il suo vero nome: «Abbà».
Eb 4, 14-5, 9: ricorda le «forti grida e lacrime» di Gesù nell'orto per essere liberato dalla morte, e fu esaudito
per la sua «eulàbeia» (= prender-bene). Fu ascoltato non perché ne fu liberato, ma perché prese-bene
quella che è la condizione umana dopo il peccato. Per questo è Figlio, causa di salvezza per tutti.
Eb 12, 1-12: ripresenta lo stesso tema, proponendoci di tenere lo sguardo fisso su Gesù, «autore e perfezionatore delta fede».
SETTIMA REGOLA
Quando sei nella desolazione, considera come il Signore ti lascia nella prova, affidato alle tue forze naturali,
perché tu resista. Puoi farlo, con l'aiuto divino che ti resta sempre, sebbene tu non lo senta chiaramente: il Signore ti ha sottratto la sua consolazione, ma ti lascia sempre la sua grazia per combattere efficacemente il male (ES, n. 320).
Nella desolazione, che pensare? Pensa che l'esito sarà certamente positivo: essa ti è data non per essere vinto,
ma per vincere.
Non sei abbandonato fatalmente in balia del male,
come sua vittima predestinata, né lasciato con la sola arma della tua buona volontà. Bando al fatalismo e al vit-
timismo, ma anche al puro volontarismo: Dio, che ti «ha
chiamato alla compagnia di suo Figlio» (1 Cor 1, 9), è fedele e non permetterà che tu sia tentato oltre le tue forze,
ma con la tentazione ti darà anche la via di uscita e la forza
per sopportarla (cf 1Cor 10, 13).
Cadi, anzi ti butti, solo quando tu pensi che non sia
possibile non cadere. La forza del male è la sua suggestione, che lo fa ritenere l'unica possibilità, fatale e senza
scampo. Se pensi che non ce la fai, sta' sicuro che non ce
la farai: smetterai subito a farai di tutto per non farcela.
Ricorda che non il male, bensì solo Dio è Dio; e tu
sei suo figlio, e puoi sempre contare su di lui. Tutto puoi
in colui che ti dà forza (cf Fil 4, 13). Se ti volgi al male,
ne resti incantato come dal serpente, e cadi nelle sue fauci. Tieni invece i tuoi occhi rivolti al Signore: egli libera
dal laccio il tuo piede (cf Sal 25, 15).
Se nella prova ti volgi al Signore e a lui ti abbandoni,
hai la sua stessa forza; se ti "converti" a lui invece che al
male, il tuo volto da scuro si farà raggiante (cf Sal 34, 6).
La tentazione è una prova. La parola greca peira, da
cui peiràzo (tentare), significa prova, tentativo, esperimento, cimento, quindi esperienza e conoscenza. Deriva
da peìro, che significa attraversare da parte a parte con
una punta, e ha la stessa radice di sperimentare, esperienza, esperto, pericolo, perito: è trovare il guado insperato,
passare l'inguadabile, l'a-porìa (stessa radice!). Solo così
si fa "esperienza" e si diventa "esperti" e "periti", superando il "pericolo" di "perire". La stessa desolazione sarà
l'occasione per convertirti - ne hai sempre bisogno! -, per
essere realista, conoscendo i tuoi limiti e diventare umile,
acquistando fiducia in Dio.
Ogni esperienza comporta una certa fatica. Te ne lamenti spesso, o sempre, come se fosse indebita. Oggi la
tecnica offre tutto e subito. Solo premendo un pulsante,
puoi ottenere la bibita che vuoi, anche esotica. Se fatichi, è
perché qualcosa non funziona o tu ti sbagli. Ma nella vita
spirituale non è così. La fatica non è una disfunzione o un
errore: è semplice mancanza di allenamento. Invece di lamentarti, affrontala. L'abitudine ti allenerà, fino a darti il
piacere di agire senza sforzo. Abbi quindi fiducia nella lotta: vedrai che ti irrobustisce spiritualmente, e questa è già
la vittoria.
Dice una storia zen che un grande guerriero giapponese, di nome Nobunaga, decise di attaccare il nemico, sebbene il suo esercito fosse numericamente solo un decimo di
quello avversario. Era sicuro che avrebbe vinto, ma i suoi
soldati erano dubbiosi. Durante la marcia si fermò a un
tempio scintoista e disse ai suoi uomini: «Dopo aver visitato il tempio, butterò una moneta. Se viene testa vinceremo,
se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino» .
Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e
gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà.
«Nessuno può cambiare il destino» , disse a Nobunaga il
suo aiutante dopo la battaglia. «No davvero» , rispose Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutte a
due le facce.
E la nostra moneta ha sempre solo testa, da quando lui
ha preso su di sé la croce.
PASSI BIBLICI
2 Cor 12, 7-10: Paolo prega il Signore di liberarlo dall'«angelo di satana che lo schiaffeggia», dalla «spina nella
carne» che si sente conficcata dentro. Riceve come risposta: «Ti basta la mia grazia, che si manifesta pienamente nella tua debolezza» . Allora conclude: «Quando son debole, allora sono forte» , forte della forza
di Dio.
1 Sam 17, 38-51: Davide, nella sua debolezza, sfida a vince il gigante Golia con la «forza del nome del Signore».
Sal 27; 34; 91: come tutti gli altri salmi di fiducia, esprimono speranza in situazioni disperate.
OTTAVA REGOLA
Quando sei desolato, cerca di rafforzarti nei sentimenti contrari a quelli che senti e pensa che presto sarai
consolato (ES, n. 321).
Nella desolazione, cosa sperare? Nella desolazione
crollano le speranze fasulle, i nostri idoli da cui speravamo salvezza e nasce la speranza teologica.
Per questo Paolo si vanta «anche nelle tribolazioni,
ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La
speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato
riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo
che ci è stato dato» (Rm 5, 3-5).
Invece di disperarti, sappi che puoi e devi rafforzarti
nei sentimenti contrari a quelli che senti: se sei sfiduciato, cresci nella fiducia, se impaziente nella pazienza, se
irascibile nella calma, se instabile nella perseveranza, se
sensuale nell'autocontrollo ecc. In questo modo il male
che stai sperimentando, invece di distruggerti, è l'occasione che il Signore permette perché tu ti radichi di più
nel bene opposto.
Ti giova inoltre pensare che, se sei desolato, presto
sarai consolato. Dopo la pioggia viene il sole, dopo il
buio il giorno. Questa non è solo la regola di Bertoldo,
che aiuta a star contenti. È il mistero stesso della morte/risurrezione di Cristo, il passaggio dalla tenebra per
giungere alla luce. Ma, fin che tieni chiusi gli occhi per
paura, non finisce la notte!
Per non soccombere è indispensabile sapere che la difficoltà è transitoria ed è il preludio a un dono maggiore.
Ciò che la rende insopportabile è immaginare che sarà
sempre così, anzi peggio. Se uno, passandoti accanto, ti
pesta il piede, puoi sopportarlo. Ma se pensi che il tuo callo
starà sotto la sua scarpa per un minuto, anzi per un'ora o
per un giorno o... senza fine, allora la semplice idea ti è insopportabile e reagisci subito, anzi in anticipo, se possibile.
Questo vale per ogni vessazione esterna a interna: la
difficoltà, proiettata nel futuro, ti succhia le energie e ti distrugge il presente. Questo però è puro lavoro di fantasia,
che esaurisce le tue energie nella pre-occupazione, ancora
prima che tu passi all'occupazione.
Il 90% delle forze è sprecato per resistere a difficoltà
irreali, che (ancora) non ci sono, o non ci saranno mai; il
resto per contrastare ciò che avviene lo stesso, e che poi
scopri essere bene! L'immaginazione della sofferenza futura è più dolorosa e angosciante di qualunque dolore presente, al punto che arrivi a fare del male reale per non sentire
quello immaginario. Questo è veramente insopportabile.
Infatti nessuno è in grado di sopportarlo, per il semplice
motivo che non c'è, e forse non ci sarà mai, almeno così
come lo prevedi.
Puoi sempre e solo portare quel carico che c'è qui e
ora. La tua capacità è adeguata solo alle difficoltà di oggi: «A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6, 34). Oggi
non puoi portare il peso di domani: ti schianteresti. Oggi
non puoi respirare l'aria di domani: scoppieresti.
Ridimensiona quindi sulla realtà le tue fantasie e sii fiducioso. Se c'è nebbia, ciò che hai visto quando c'era il sole
c'è ancora. Non pensare che sia reale solo quello che (non)
vedi quando sei desolato!
PASSI BIBLICI
Rm 5, 3-5; Gc 1, 2-4; 1 Pt 1, 6 s; 4, 13 s: parlano del nostro atteggiamento positivo nella prova. Le tribolazioni frantumano i nostri idoli di speranza e ci
danno la speranza nel solo Dio, l'unica che non delude.
2 Cor 4, 7-18: nelle sue tribolazioni Paolo scopre di rivivere il mistero della
passione-risurrezione del suo Signore. Esse non sono un ostacolo al ministero, ma addirittura la credenziale stessa, che gli garantisce di star compiendo, in favore di chi evangelizza, ciò che ancora manca alla passione di
Cristo (cf Col 1, 24).
At 14, 22: Paolo afferma che è necessario passare attraverso molte tribolazioni
per entrare nel regno dei cieli. Esso infatti appartiene ai "violenti", a chi sa
usare forza con sé e con le proprie resistenze (Cf Mi 11, 12).
Lc 24, 26 s.44-46: il Risorto, attraverso tutte le Scritture, mostra come le promesse di Dio si realizzano nella necessità della croce, ritenuta dai discepoli
un fallimento. «Noi speravamo», dicono i due di Emmaus (Lc 24, 21).
NONA REGOLA
Tre sono le cause principali per cui sei desolato. La prima è perché sei lento, pigro o negligente: è colpa tua se
la consolazione spirituale si allontana da te. La seconda, perché Dio vuole dimostrarti quello che sei e quanto
avanzi senza l'incentivo delle sue consolazioni. La terza, perché tu sappia per esperienza tua che non sta a te
procurarti o mantenere grande devozione, amore intenso, lacrime e qualunque altra consolazione spirituale,
ma che tutto è grazia di Dio, in modo che tu non faccia il nido in casa altrui, inorgogliendoti o attribuendo a te
ciò che è dono di lui (ES, n. 322).
Come interpretare la desolazione?
Mentre su un pendio di ghiaccio stai iniziando a scivolare, non è bene che ti metta a pensare perché stai cadendo. Innanzitutto fermati. È quanto dicono le regole
precedenti. Dopo, con calma, puoi vedere quali sono le
cause che ti hanno messo in pericolo, per saperti regolare
in seguito. Prima ti ho detto cosa non fare e cosa fare, che
pensare e che sperare nella desolazione: atteggiamenti
pratici necessari per l'immediato, per evitare la caduta o
rimediare ai danni. Ora è bene che ti dica come interpretare la desolazione.
È il male che ti dà tristezza e ti prova, non Dio. Lui
per sé ti dà gioia e ti approva, e non può tentare nessuno
(cf Gc 1, 13). Come con Giobbe, è sempre il nemico che
affligge e tenta. Dio lo permette per un bene maggiore:
veramente "tutto" concorre al bene dell'uomo (cf Rm 8,
28). Anche il male, una volta che c'è, è il luogo in cui sovrabbonda la grazia (cf Rm 5, 20) - anche se non per questo dobbiamo fare il male (cf Rrn 3, 8; 6, 1.15)!
Le cause della desolazione possono essere tre: il male fatto da te, il male fatto a te e il male stesso del mondo
che è in te come in tutti. Nel cammino della libertà ti
scontri progressivamente con queste tre schiavitù sempre
più profonde, che rappresentano rispettivamente i frutti, il
tronco e le radici dell'albero del male. Il fine di questo
scontro è sempre l'opportunità di un bene: la tua progressiva liberazione. La desolazione è da prendere come l'uscire e lo spurgarsi, la riparazione e la purificazione, l'espiazione e la vittoria dei tre livelli del male che è in ciascuno di noi.
La prima causa della desolazione è il male che tu fai:
è colpa tua, perché «zoppichi con i due piedi» (1 Re 18,
21), sei addormentato, fiacco, pigro e negligente. Invece
PASSI BIBLICI
di fare quello che piace a Dio, fai quello che piace a te: segui le tue voglie, invece della sua volontà. È giusto, se tu lo
abbandoni, che senta il suo abbandono. Non perché lui abbia abbandonato te, ma perché tu hai abbandonato lui. L'oscurità che senti è un richiamo alla luce, campanello d'allarme per un maggior impegno. Assumiti la tua responsabilità.
È il rimorso (prima regola) che ti fa capire di volare
troppo basso, al di sotto di te: stai buttando via la tua vita.
Si tratta di un'esperienza mistica negativa: la privazione di
ciò che dà luce alla tua esistenza. Ti senti annoiato, spento,
oscuro, triste, senza desideri, depresso, vuoto, angosciato,
non appagato da nulla, estraneo a tutti e a tutto, anche a te
stesso, proprio perché sei fatto per altro, per l'AItro. Quindi
svegliati!
È una desolazione salutare, con la quale Dio vuol toglierti dalla schiavitù del male che fai (anche per omissione!), perché ti raggiunga la gioia per cui sei creato. II
cammino passa attraverso la pena, il disagio, la sofferenza,
la vergogna e la confusione per tutto ciò che si è imposto a
te in modo menzognero, con l'apparenza del piacere, della
gioia, della bellezza e della bontà.
Se riconosci il, tuo male, fai la cosa più sublime che
l'uomo possa fare e che sempre è tentato di non fare. Non
cercare di giustificarti, attribuendo la colpa agli altri, alle
situazioni, agli imprevisti. Non fare come Adamo, che incolpa Eva, ed Eva il serpente. Tu vinci il male nella misura
in cui sei effettivamente capace di assumertene la responsabilità in prima persona. Quindi, invece di difenderti o deprimerti, ripiegandoti su te stesso, riprendi con maggior
generosità a coraggio a seguire colui che hai abbandonato a
che mai ti abbandona. Vedi bene se c'è qualcosa in te che
non va, a lavora su questo punto con l'esame particolare.
Lc 23, 40-43: uno dei due malfattori rappresenta l'esempio estremo e paradigmatico di ogni croce: sa di essere lì giustamente, per colpa sua e si apre alla salvezza che gli offre il Signore, che è lì ingiustamente, per
essere vicino a lui.
Os 2, 4-15: la devastazione è richiamo alla conversione.
Ez 18, 23-32: è un forte appello alla responsabilità personale, oltre che collettiva. Tema centrale della predicazione profetica è portare l'uomo a sentirsi responsabile del proprio male, presupposto per accedere alla
salvezza.
La seconda causa della desolazione non è il male che
fai tu, ma quello che hanno fatto a te o gli altri o le tue
malefatte, le cui ferite e il cui ricordo ti chiudono in te
stesso e ti tengono in ostaggio, portandoti a pagare e far
pagare con interesse ciò che hai subìto. La desolazione
per questo tuo egoismo, naturale dopo il peccato, è salutare: mediante essa, con un paziente lavoro di interpretazione, elaborazione e integrazione, Dio vuol purificare il
tuo amore liberandoti dal tuo egoismo, origine immediata
di ogni male che fai.
Questo tipo di desolazione avviene quando, esaminandoti bene, ti pare di essere vigilante e disposto a fare
ciò che piace a lui. Eppure, mentre prima ti sentivi contento di essere col Signore, ora sei desolato o, meglio,
arido: non provi gusto di lui. Sei come in un deserto,
senza acqua, senza consolazioni, impaurito, turbato, malinconico, esposto a ogni pensiero negativo, tentato di
scoraggiarti e abbandonare tutto. Tutto il male che hai
sperimentato, con o senza colpa tua, viene a galla, ti assedia e ti vuol bloccare su tutti i fronti. Questo fenomeno,
in forma attenuata, capita a tutti quelli che cercano il Signore. Quando viene in forma più forte a prolungata, è
chiamata "la notte dei sensi" (probabilmente i profeti e i
mistici dicono e sperimentano per primi ciò che in epoche successive è per molti, e alla fine sarà per tutti: vedono in anticipo la verità della realtà).
Quando è così, non avvilirti e ringrazia Dio. Ti sta
facendo un dono: vuole che tu ami lui e non il tuo piacere
di lui. Lui ti fa vedere la sua mano vuota, perché tu finalmente alzi lo sguardo verso il suo volto. Desidera che
tu passi dalle consolazioni di Dio al Dio delle consolazioni, dall' amore dei suoi doni all' amore per lui. Accetta
questa desolazione come purificazione da tutto il male
passato, che si solidifica nel tuo egoismo, spontaneo anche nei suoi confronti.
Il pollo ama il becchime, non la massaia. Così tu sei
avido di ciò che Dio ti dà, non di Dio stesso. Non confondere lui con le tue sensazioni su di lui: faresti del tuo
becchime il tuo dio, come purtroppo spesso o sempre fanno le persone spirituali!
A questo punto delicato del cammino, se non stai attento, rischi di cadere: non sentendolo più, ti scoraggi e
smetti di pregare, o ti accontenti di sostare nel penoso limbo della mediocrità. È invece il momento di fare il salto
qualitativo: affronta questa aridità come spogliazione dei
tuoi gusti e chiamata a un amore più vero per lui. In questa
situazione la tua preghiera, che neppur ti pare degna di
questo nome, è come una "flebo": senza che tu avverta nessun gusto - anzi senti solo la noia dell' ago che ti punge Dio ti alimenta direttamente.
Non fare come quelli che dicono: «Che vantaggio ho
avuto a seguire il Signore?». È una cosa veramente «dura
ai suoi orecchi» (cf MI 3, 13-15) e al suo cuore: tu stimi i
suoi doni più di lui! È in pratica disprezzo per lui: apprezzi
l'anello di fidanzamento più del fidanzato.
All'inizio della vita spirituale Dio ti dà più piacere solo
perché sei debole e vuol controbilanciare l'attrattiva del
male. Ma quando questo non ti piace più e ti piace solo
piacere a lui, allora cessano i suoi piaceri, perché tu cerchi
solo lui. E così gli piaci totalmente. E questo, se ami, è il
tuo piacere, fonte di ogni gioia.
Sta' quindi attento a non cercare il piacere tuo invece
che suo. Le tecniche di preghiera, in specie quelle orientali,
rischiano di servire a trovare il proprio io invece di Dio. Il
proprio benessere, pace e serenità, le proprie sensazioni e
palpitazioni interiori, possono essere utili, ma non vanno
confuse con la mistica. Non confondere Dio neanche con le
tue vibrazioni dicendo parole magiche, quali "Ohm!" o
mantra di qualunque tipo. Tutto questo ti può giovare alla
salute; ti può anche aiutare, forse, a pregare, ma non sono
né la salvezza né la preghiera.
La "pulsione mistica", come quella sessuale, può consumarsi in autoerotismo spirituale, finire nella ricerca del
proprio piacere invece di sfociare nell'amore gratuito verso
l’Altro. Questo fa la differenza tra paradiso a inferno, relazione con Dio a chiusura nell'io. I contemplativi del proprio io sono chiamati da Ruysbroeck «contemplativi di Satana»! La sete dei risultati sensibili sostituisce la sete di
Dio e la fiducia riposta in essi elimina la fede in lui a nella
sua parola.
PASSI BIBLICI
Os 2, 16-25: il deserto è il luogo privilegiato per riprendere il dialogo d' amore con Dio.
Il Cantico dei Cantici è tutto un nascondersi dell'amato come stimolo al desiderio e alla ricerca.
Lc 11, 9-11: nella preghiera escono le nostre proiezioni negative su Dio - le nostre durezze, i nostri veleni -,
per lasciar luogo al dono del suo Spirito.
La terza causa della desolazione non è né il male che
hai fatto, né quello che hai subìto; è piuttosto l’aria malsana che respiriamo tutti, il male del mondo: la non conoscenza di te e di Dio, del quale ognuno ha la sua quota
parte.
Questa desolazione è ancor più dura, ma ancor più
salutare della precedente. In essa affronti ed estingui la
sorgente stessa del male, per giungere alla libertà piena
che ti dà la conoscenza della verità tua e di Dio.
Più che di desolazione e aridità, si tratta di notte, di
buio fitto nello spirito. Ti senti lontano dal mondo a da
Dio, e questo ti tortura! Sei come separato da colui che ami, sospeso nel vuoto, senza il gusto di nulla, nel disgusto
di te stesso e di tutto. Anche la preghiera non ti dà alcun
piacere o sollievo. Avverti sordità dall'altra parte e cecità in
te. Sei sgomento di non scorgere nessuna luce. Quel poco
che ti è dato vedere è solo il male che ti assedia-dentro e
affligge.
Di e da Dio nessun cenno di approvazione o benevolenza. Ti senti sprofondare nel nulla, esposto all'accidia e
all'angoscia, tentato di disperare di lui, maledicendolo per
la sua assenza, o di presumere di te, facendo di te e del
tuo vuoto, coi suoi riempitivi fantastici o reali, il tuo dio.
Questo fenomeno, in forma attenuata, capita a tutti
quelli che davvero cercano il Signore; se si presenta in
forma più forte a prolungata, si chiama "la notte dello
spirito", in cui uno siede alla mensa degli empi, computato tra loro, come Cristo (cf Lc 22, 37; Is 53, 12), partecipe del loro banchetto, saturo fino alla nausea del loro
cibo amaro.
Accetta con coraggio questa notte, corta o lunga, dura o durissima che sia. È l’opportunità per la vittoria definitiva, la liberazione dal male del mondo che ti ritrovi
nel cuore e nel cui cuore ti ritrovi. «Tieni il tuo spirito
agli inferi e non disperare» (Silvano del Monte Athos).
Con il fatto che la consolazione non sia a tua disposizione, il Signore ti vuol far capire che tu, senza di lui,
nulla sei e puoi; e lui, per sua grazia, è colui che ti fa essere e potere tutto. Ti accorgi che non puoi appropriarti
del dono. Sarebbe distruggerlo, come fece Adamo, dal
cui male vieni così guarendo proprio con questa medicina
omeopatica. Inoltre capisci meglio che la consolazione è
dono suo: è puro amore suo per te, senza che tu possa o
debba in alcun modo meritartelo.
Così cresci in umiltà a fiducia, sapendo che tutto è
grazia: ti svuoti di ogni pretesa e resti in attesa dei doni
di Dio e di lui stesso come dono. Lui infatti desidera donarti se stesso e vuole che tu, con pazienza, lo attenda, non accontentandoti d'altro che di lui, il quale è nulla di ciò che tu
pensi o vuoi, eppure è tutto o ciò che tu desideri.
Qui, dove è vinta la radice di ogni male, esce pure tutto il male; e tu ti ritrovi più che mai vulnerabile. Se tu avessi solo e sempre consolazione, te ne approprieresti e inorgogliresti: diventeresti come Lucifero. La desolazione
invece ti tiene umile a fiducioso: ti fa conoscere te stesso,
che tutto ricevi con amore, a lui, che tutto dà per amore.
Grande cosa è questa desolazione, che tanto ti pesa e
che, immancabilmente, se non sei paziente, costituisce il
pericolo della caduta nella disperazione o nel tepore che fa
vomitare Dio (cf Ap 3, 15 s), oltre che te. Condurre una
vita spirituale mediocre è squallido, come rassegnarsi a un
matrimonio fallito.
In questa situazione, in cui credi che sia inutile pregare, la tua preghiera è come una "trasfusione", nella quale
Dio misteriosamente ti comunica il suo sangue, la sua vita,
il suo stesso Spirito. In questa notte abita la sua luce. Con
questo vuoto lui crea in te il "suo" spazio: ti dà l'umiltà che
ti svuota di te e la fiducia che ti riempie di lui.
L'umiltà senza fiducia è depressione. La fiducia senza
umiltà è presunzione. Depressione e presunzione sono i
due nemici mortali. Sono sempre insieme, anche se di solito ne vedi solo uno: quello meno forte in quel momento.
PASSI BIBLICI
Gn 15, 1 ss: Abramo ha fiducia nella promessa di Dio, anche senza vedere nulla. E questo gli è computato a
giustizia: è la "giustizia" radicale, quella del figlio che crede all' amore del padre.
Gn 18, 1 ss: Dio mantiene la promessa di donare il figlio quando ormai Abramo a Sara non sono più in grado
di generare.
DECIMA REGOLA
Quando sei consolato pensa a come ti troverai nella desolazione che in seguito verrà e accumula nuove forze
per allora (ES, n. 323).
Nella consolazione, che pensare? Invece di cullarti e
crogiolarti in essa, pensa a che fare nella desolazione che
di certo seguirà.
La consolazione, e il ricordo di essa, ti serve per andare avanti anche nei momenti di oscurità. La fede stessa
è ricordo di ciò che Dio ha fatto, che diventa chiarezza e
forza interiore per leggere e reggere positivamente la realtà, alla luce della sua promessa.
Non credere di essere già arrivato. Ti rimane ancora
un lungo cammino. Per questo ti è dato il pane (cf 1 Re
19, 8). I doni non ti sono offerti per compiacerti, come
fanno le persone spirituali che tanto apprezzano e vorrebbero veder apprezzate le proprie doti e virtù, soprattutto
l'umiltà e la modestia! Non sono un bene di consumo guai al consumismo delle sensazioni, spirituali o meno! -,
ma un mezzo di produzione. Con essi dobbiamo imparare
a servire Dio; e per amore di lui, non di ciò che ti dà.
Il nostro amore non deve essere pagato: saremmo
delle prostitute! Le gioie spirituali non ci sono date per
nostro piacere, ma per piacere a lui. Molte persone, gruppi di preghiera, cristiani o meno, ricercano nell'esperienza
religiosa le loro sensazioni. Questo non deve mai essere il
fine della preghiera. È solo un mezzo - per altro ambiguo! -, che Dio dà quando, come e se ritiene opportuno;
PASSI BIBLICI
mai può essere ricercato
in sé, o addirittura preteso, e sempre verrà, prima o poi, sottratto.
Le persone che cercano consolazioni non
sono "uomini spirituali",
ma "animali spirituali",
come già detto. A somiglianza degli animali,
seguono l'istinto del piacere, e non il desiderio
dell'amore. La consolazione ti è data per caricare le batterie e accumulare energie nella tua lotta quotidiana contro il male, per amare e
servire meglio il Signore. Impadronirti di essa, senza servirtene per lodare Dio e aiutare il prossimo, è il peccato a
cui sei più esposto. Per questo Dio ti fa pochi doni fin che
non sei umile: li useresti per vantarti. Il male, da Adamo in
poi, è impossessarsi dei doni di Dio. Servirsi del bene per
fare il male è il peccato originate, che origina ogni peccato
- cosa comune e poco originale -: è così fin dall'origine!
Gn 41, 1 ss: Giuseppe consigliò il Faraone, che aveva sognato sette vacche grasse e sette magre, di accumulare in tempo di abbondanza per il tempo di carestia che sarebbe seguito.
Ez 16: la storia d'Israele è letta simbolicamente come un tentativo di impadronirsi e inorgoglirsi dei doni del Signore, dimenticando lui che dona.
Dt 8, 7-20: la tentazione del "possesso" della terra promessa è la via dell'esilio. È un ripetere il peccato di Adamo, che lo portò dal giardino al deserto.
UNDICESIMA REGOLA
Se sei consolato pensa a umiliarti e a ridimensionarti, pensando al poco che vali nella desolazione, senza
quella grazia o consolazione. Al contrario, se sei nella desolazione, pensa che, con la sua grazia, puoi resistere, prendendo forza dal Signore (ES, n. 324).
Nella consolazione, che fare? Nella consolazione,
invece di inorgoglirti, sii umile pensando a cosa sei nella
desolazione. E in questa sempre pensa che il Signore ti è
vicino e ti aiuta.
La consolazione sia, invece che pericolo di autocompiacimento mortale, occasione di umiltà: «Che cosa mai
possiedi, che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto,
perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto?» (1 Cor
4, 7).
Ridimensionati, conosci le tue esatte dimensioni,
pensando chi sei e cosa fai senza i suoi doni. La coscienza del tuo limite e del tuo niente è grande sapienza. È co-
noscenza vera di te, che sei come tutti gli altri, e di Dio,
che tutto dona a te e agli altri.
II vuoto attira il pieno: l'umiltà ti svuota di te e attira in
te Dio. Egli fa dell'umile il suo tempio, dimora della sua
gloria (cf Is 57, 15). Fino a quando non sei umile, non sei
in grado di accogliere ciò che Dio ti vuol dare; e quello che
lui ti dà, se inorgoglisci, è già perso, anzi è divenuto occasione di caduta.
Per questo il nemico ti tenta sempre di orgoglio nel
bene e di depressione nel male, che è la stessa cosa. Quindi, se nella consolazione devi umiliarti e considerare il tuo
nulla, nella desolazione non deprimerti e considera il tuo
tutto: Dio, che riempie di se stesso il nulla tuo e di tutti.
PASSI BIBLICI
Mc 14, 26-31: Pietro è un esempio di esaltazione che porta alla sconfitta.
Lc 1, 46 ss: Maria è il modello di chi nell'esaltazione si umilia.
DODICESIMA REGOLA
Il nemico si comporta come la donna che diventa debole davanti alla forza e forte davanti alla dolcezza. Infatti,
come è proprio della donna che litiga con qualche uomo perdersi d'animo e fuggire quando l'uomo le mostra il
viso duro - mentre al contrario, se l'uomo comincia a fuggire e a perdersi d'animo, l'ira, la vendetta e la ferocia
della donna sono molto grandi e smisurate -; così è proprio del nemico indebolirsi, perdersi d'animo e indietreggiare con le tentazioni quando la persona che si esercita nelle cose spirituali si oppone con fermezza alle
sue tentazioni, facendo in modo diametralmente opposto. Ma se, al contrario, la persona che si esercita comincia ad avere timore o a perdersi d'animo nel fronteggiare le tentazioni, non c'è sulla faccia della terra bestia
più feroce del nemico della natura umana che persegua con maggiore malizia il proprio dannato intento (ES, n.
325).
Qual è il fine della strategia del nemico? Questa regola dice a cosa mira il nemico: incutere paura.
Prima del commento, è utile un'osservazione sul testo. Giustamente urta la nostra sensibilità e provoca indignazione: è impregnato di maschilismo, che per Ignazio e
la sua epoca era normale. L'ho lasciato così com'era; non
per provocazione antifemminista, ma per mostrare che
anche una persona illuminata può esprimere come verità
ovvie gli errori suoi e del suo tempo, senza neanche accorgersi, nella più perfetta tranquillità. Pure un grande
maestro di discernimento è tributario degli idola tribus e
fori della sua epoca, oltre che degli idola specus di sempre. Il condizionamento culturale è più forte di ogni fede,
soprattutto se inconscio. Uscirne è più un risultato di evoluzione storica che di buona volontà personale.
Questo mi fa chiedere quali saranno le ovvietà mie w
del mio tempo! Me lo diranno quelli che verranno dopo.
Se Giove ci ha dato due bisacce, una davanti con i difetti
altrui e l'altra sulle spalle con i nostri, ciò che vediamo
davanti ci faccia giustamente sospettare di ciò che portiamo dietro.
Oggi, se ci piace, possiamo capovolgere il testo, dicendo: «Il nemico si comporta come un maschio, che diventa debole ecc.». La reazione dei maschi è la stessa che
provano le donne!
Comunque il senso è chiaro: il nemico è debole coi
forti e forte coi deboli. Anzi, non ha nessuna forza su di te,
se non quella che gli accordi tu stesso: la tua paura è la
sua unica forza.
I diavoli sono dei... poveri diavoli. Tutti insieme sono
più deboli di te e non possono farti alcun male, se tu hai
fiducia. Il male lo fai tu, e non loro, quando perdi la fiducia. Allora la paura blocca le tue energie: desisti subito dal
bene e ti butti in braccio a ciò che temi. II nemico ti domina soprattutto con la paura della morte (Eb 2, 14), principio
di ogni altra.
Dio, dal giorno in cui il primo uomo gli disse: «Ho udito i tuoi passi e ho avuto paura» (Gn 3, 10), quando si
manifesta, dice normalmente: « Non temere». La paura che
ebbe Adamo dopo la caduta denota il vero peccato: la perdita di fiducia in Dio. Gesù disse ai suoi discepoli: «Perché
avete paura, non avete ancora fede?» (Mc 4, 40), e a Giairo: « Non aver paura, continua solo ad aver fede» (Mc 5,
36). Anche lui nell'orto sperimentò « paura e angoscia»
(Mc 14, 33), frutto maturo del peccato. E di ciò fece il luogo della fede assoluta nel Padre dicendo: « Abbà» (Mc 14,
36).
Il timor di Dio, che ti fa riconoscere Dio come tuo Padre e tuo Padre come Dio, ti toglie la paura. Allora puoi
calpestare ogni potenza del nemico (Lc 10, 19); sotto le sue
ali, nulla ti potrà colpire: camminerai su aspidi a vipere,
schiaccerai leoni a draghi (Sal 91, 4.7.13). II Signore ti ha
«dato potere su tutti i demoni» (Lc 9, 1).
Paura e fede in noi sempre convivono, ma in proporzione inversa. Lo spazio che occupa l'una è tolto all'altra.
A volte la nostra fede è sufficiente per piccole difficoltà;
se queste sono maggiori, ci viene paura. Allora è il momento di chiedere il dono di una fede maggiore: «Credo,
aiutami nella mia incredulità» (Mc 9, 24). Siamo infatti
«di poca fede» (Mt 6, 30; 8, 26), e dobbiamo domandare:
«Aumenta la nostra fede» (Lc 17, 5).
Ognuno realizza quello che si pro-pone, che si pone-innanzi. La paura ti pone innanzi il male che temi: ritieni vere le cattive fantasie, quindi dai loro corpo e le realizzi. La fede ti pone davanti Dio e le sue promesse: le ritieni
vere e quindi le realizzi. Il male e il bene lo fai tu, a seconda che segui la paura o la fiducia. Quando senti paure, non
nasconderle e non nasconderti; sarebbe peggio. Conoscile e
riconoscile come opera del nemico. Invece di restare pietrificato davanti a esse, volgi il tuo occhio verso il Signore e
abbi fiducia in lui: il tuo volto sarà raggiante (Sal 34, 6).
PASSI BIBLICI
Sal 23; 91: come tanti altri, sono salmi di fiducia nelle prove a nelle paure del profondo.
Mc 5, 1-20; 9, 14-29 : il male, con la sua potenza devastante, alla presenza del Signore - presente nella fiducia
e nella preghiera -diventa arrendevole ed è sconfitto.
TREDICESIMA REGOLA
Ugualmente, il nemico si comporta come un falso amante che non vuole venire scoperto: infatti, come l'uomo
falso parla maliziosamente e adesca la figlia di un buon padre o la moglie di un buon marito, desiderando che
le sue proposte restino segrete, mentre, al contrario, gli dispiace molto se la figlia scopre al padre o la moglie
al marito le sue parole, perché comprende che non potrà più portare a compimento l'impresa cominciata; allo
stesso modo, quando il nemico ti suggerisce le sue astuzie a persuasioni, vuole che siano accolte e tenute in
segreto: gli dispiace molto se tu le manifesti al tuo confessore o ad altra persona spirituale esperta, perché si
rende conto di non poter portare avanti l'opera incominciata, dal momento che sono stati scoperti i suoi inganni
(ES, n. 326).
Il nemico quale mezzo usa per fare paura? Il suo
mezzo è la menzogna. Con essa ti terrorizza, per incantarti e farti fare ciò che temi.
La menzogna, però, per funzionare, non deve essere
conosciuta come tale; deve agire nel nascondimento, o che è te stesso - proporsi pubblicamente come ovvia, comunque sempre senza un confronto calmo e obiettivo.
Come nell'Eden il serpente si nascose dietro la parola
di inganno - affermò impunemente e senza prove il contrario di Dio (cf Gn 3, 1-5) -, così anche Adamo, ascoltata
la sua parola, senti subito il bisogno di nascondersi a Dio,
a se stesso e agli altri con foglie di fico.
Quanto vuoi nascondere, innanzitutto a te stesso, è
quanto devi verbalizzare a te e a persona esperta non
coinvolta. Non solo a te, che ti faresti da specchio, o a
persona inesperta o coinvolta, che ti farebbe da specchio
deformante, alimentando le tue paure con le sue.
Rivelare a persona esperta e fidata il male che vuoi
tener nascosto addirittura a te stesso, nell'inconscio, è sbugiardare il bugiardo. Chiunque fa il male odia la luce (cf
Gv 3, 20). Le sue opere sono tenebrose e non vogliono essere svelate. Il nemico è menzognero e omicida fin dal
principio (cf Gv 8, 44); ti tiene nelle tenebre e vuole impedirti di uscirne.
Davanti alla verità la menzogna si dissolve come la
notte davanti al sole. Vedrai come le tue difficoltà, quando
le riconosci e le manifesti a persona esperta, cessano, o almeno si ridimensionano, perdendo il loro alone di minaccia
immaginaria e assumendo contorni reali.
Come sarebbe stata la storia se Eva, alla suggestione
del serpente, invece dì nascondersi, si fosse presentata a
Dio per chiedergli spiegazioni?... Questa è una legge spirituale, ancor prima che psicologica!
PASSI BIBLICI
2 Sam 11-12: vedi l'atteggiamento tenebroso di Davide nei confronti di Uria, per rubargli la moglie di cui si era
invaghito. Il profeta Natan fa luce sul fatto.
1 Re 21, 1 ss: il re Acab fa uccidere fraudolentemente Nabot e gli ruba la vigna. Elia lo sbugiarda.
QUATTORDICESIMA REGOLA
Similmente, il nemico si comporta come un capo militare: dopo aver piantato la tenda di comando e osservato
le postazioni o la posizione di un castello, ti attacca dalla parte più debole. Così il nemico ti osserva da tutte le
parti ed esamina tutte le tue virtù teologali, cardinali e morali, e ti attacca e cerca di prenderti dove ti trova più
debole (ES, n. 327).
Qual è lo stratagemma che il nemico usa per farti
credere la sua menzogna? Qui sta la sua astuzia: attaccarti sui punti deboli, dove sei più sprovveduto e incline
a cadere e quindi a temere.
Dove sei debole - e la carne è sempre debole (cf Mc
14, 38), perché non disposta ad accettare il proprio limite
-, hai più paura e sei disturbato nell'intendere e nel volere.
Le tue concupiscenze, che sono i tuoi bisogni più forti,
sono anche i tuoi punti deboli, dove sei più facile preda
dell'inganno. Per questo devi esserne ben cosciente. Inve-
ce di chiudere gli occhi e lasciare che il male entri in te, sii
vigilante e confida in Dio.
In sintesi: la strategia del nemico è incuterti paura. Allo scopo si serve della menzogna, e per questo si inserisce
nei tuoi punti deboli, dove la tua volontà, più fiacca, e la
tua intelligenza, più confusa, ti rendono più fragile.
Riconosci quindi i tuoi punti deboli, manifesta ciò che
vuoi tener nascosto e non aver mai paura delle tue debolezze, ma solo confida in lui.
Il male lo fai sempre tu per paura e depressione, là dove il tuo limite non accettato ti fa sentire la sua minaccia.
Allora, timoroso e triste, cerchi conforto regredendo all'istinto. Qui ti attacca il nemico che, dopo averti spaventato, ti alletta con l'esca del piacere apparente e immediato... si può forse negare l'ultimo pasto al condannato a
morte?
Il Signore però non ti abbandona: agisce in direzione
opposta, incoraggiandoti a riconoscere la tua verità e, nel
tuo limite, a incontrare lui.
PASSI BIBLICI
Gn 25, 29-34: Esaù, per avidità di cibo, cede la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie.
1 Sam 15, 9 ss: Saul perde la regalità per avidità di beni.
1 Re 11, 1 ss: Salomone, il sapiente, è traviato dal suo debole verso le belle donne straniere.
PREGHIAMO IN UNITÀ
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Estate ragazzi, oratori, campeggi, campi scuola: una preghiera per le migliaia di ragazzi che vivranno l’esperienza estiva, perché sia
un momento particolare di scoperta di valori per la vita e di grande amicizia con tutti.
Esercizi spirituali. Tempo di preghiera per rinvigorire le forze e santificare il gregge affidato a noi: dal 17 al 23 giugno a Torreglia
(Pd); dal 24 al 30 giugno a s.Ignazio (Cn); dal 16 al 21 luglio a Lonato (Pd); dal 26 agosto a l 1° settembre a Viterbo.. Per la settimana nazionale di spiritualità dei Laici del Murialdo dal 28 luglio al 2 agosto a Bucchianico (Chieti). Per la Scuola per Educatori a
s.Giuseppe Vesuviano (Na) dal 25 al 29 agosto; per la Scuola per Operatori dell’accoglienza dal 2 al 5 settembre.
Immersi nella vita, sottoposti a prove, a tentazioni donaci Signore di sentirci custoditi dal tuo amore, fa che risuonino in noi queste
parole con la forza e tutto l’affetto che contengono “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato”(Gv. 17,11).
Ti preghiamo, Spirito Santo, donaci la capacità di discernimento sia per scorgere la tua volontà nel cammino di ogni giorno, sia per
le scelte fondamentali della vita. Ti affidiamo particolarmente i ragazzi che stanno facendo un cammino spirituale.
Signore aiutaci a vivere vacanze serene, che siano momento di divertimento e di riposo, ma anche un tempo di incontro con Te e
con gli altri,. Fa’ che ovunque siamo “portiamo anche Te. Ti preghiamo per chi in questo periodo estivo rimane più solo e in difficoltà.
Sempre invochiamo la pace perché ogni giorno scorgiamo i conflitti che si celano nel cuore umano primo campo di battaglia, donaci cori nuovi, mentalità rinnovate dalla luce dello Spirito perché possa “scoppiare la pace”.
11-luglio S. Benedetto, patrono d’Europa. Preghiamo perché tutti i popoli che compongono questo continente, così ricco di possibilità, operino al servizio della pace, della giustizia, del bene di tutta l’umanità..
26 luglio Festa della riconoscenza verso i nonni. Preghiamo con riconoscenza per queste persone, per tutto ciò che hanno saputo
comunicarci con la loro vita…preghiamo in particolare per chi tra loro vive situazioni di sofferenza, di malattia, di solitudine.
20 agosto Giornata mondiale della gioventù. Ti preghiamo per ogni realtà dell’immenso mondo giovanile. O Signore, dona luce, speranza, verità e amore ai loro cuori.
8 settembre Giornata mondiale dell’alfabetizzazione. Aiutaci a comprendere che non possiamo stare tranquilli non solo quando c’è
chi ha fame, ma anche quando qualcuno è lasciato ai margini della società, è sfruttato, è escluso perché analfabeta. Perdonaci, Signore.
Preghiamo per tutte le persone unite a noi tramite il Monastero Invisibile, per le loro Famiglie. Ricordiamo in modo particolare Mariella di Torino, gravemente malata. e affidiamo alla bontà di Dio la signora Mignetti Rosina, del gruppo Monastero Invisibile di Torino, che è deceduta.
PREGHIERA DEL MONASTERO INVISIBILE
“Grazie Signore che mi hai chiamato ad appartenere al Monastero invisibile, una rete di preghiera ininterrotta, gettata nel segreto del mondo. Cercherò con il tuo aiuto di mantenere questo impegno per contribuire, in piccola parte, alle GRANDI COSE che vuoi operare in mezzo a
noi, alla chiamata di altri discepoli, alla perseveranza di quanti tu hai già chiamato. Amen."
Se vuoi scriverci per dirci che cosa ti piace o cosa non va:
Monastero Invisibile – Scuola Apostolica s.Giuseppe – via Sombreno 2 – 24030 Valbrembo (BG)
Ti leggeremo sempre volentieri! Ciao!