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I numeri della bellezza: la valenza didattica
dell’accostamento matematica/arte
Silvia Benvenuti1
Abstract: Che la matematica sia uno strumento "tecnico" fondamentale in
discipline quali l’architettura e il design è abbastanza evidente. Meno ovvio,
invece, è che possa fungere da strumento "creativo", ispirando la progettazione artistica, col risultato di suggerire soluzioni originali e inattese. Nella mia
esperienza didattica ho avuto modo di riscontrare come l’analisi del “contenuto matematico” nascosto negli oggetti d’arte (intesa come musica, pittura,
architettura, letteratura, design,…) consenta, solleticando l’appetito esteticocreativo degli studenti, di insegnare loro quanto la matematica possa rivelarsi
sorprendente e, soprattutto, sorprendentemente bella. L’elenco dei temi utili
a questo scopo è potenzialmente infinito: si va dall’uso della sezione aurea
in Le Corbusier alla presenza dei numeri di Fibonacci nelle installazioni di
Merz, dalle animazioni dei cartoni animati alle superfici rigate negli edifici di
Gaudí, dalla forma degli specchi ustori a quella della camma della macchina
da cucire Singer, dalle finestre dell’Alhambra alla Leda Atomica di Dalí. In
questo articolo vorrei presentare qualche esempio pratico, discutendo la valenza didattica e culturale di questo approccio.
Introduzione
Il mio interesse per l’accostamento matematica/arte nella didattica ha radici schiettamente autobiografiche: insegno infatti da quasi dieci anni presso la
Facoltà (ora Scuola) di Architettura e Design dell’Università di Camerino, e
precisamente nei corsi di laurea di Scienze dell’Architettura e Disegno Industriale e Ambientale. Come si può facilmente immaginare, la matematica non
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Mathesis Camerino.
Relazione tenuta al Convegno Nazionale Mathesis di Rovigo.
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è tra le passioni di un giovane studente che si iscrive a uno di questi corsi di
laurea - in particolare al secondo. E questo è ovvio, perché altrimenti lo stesso
avrebbe scelto un percorso universitario diverso, in una facoltà scientifica o
tecnica di altro tipo. Tuttavia, nel piano di studi di un aspirante designer il corso di matematica esiste, è unico, dura ben ottanta ore e, come se non bastasse,
si tiene al primo semestre del primo anno. Un corso di benvenuto, insomma.
E al docente cui spetta l’ingrato compito di tenere il corso in questione non resta che chiedersi, preliminarmente, quale matematica insegnare, quanta somministrarne, come impostare le lezioni e, soprattutto, perché imboccare una
strada invece che un’altra. Dalla risposta a queste domande dipende la scelta
del programma e il livello di soddisfazione dei ragazzi. Dalla risposta a queste
domande dipende, anche, la percentuale degli studenti che sosterranno quello
di matematica come ultimo esame - che è, in sostanza, la misura del nostro
fallimento. Quando, nel 2005, l’allora preside della Facoltà di Architettura
mi propose di tenere il corso di Matematica per gli studenti di Disegno industriale, l’idea era individuare quegli argomenti in grado di convincerli che la
matematica può essere non solo linguaggio e strumento, ma anche ispirazione
e stimolo creativo. Attraverso l’analisi del “contenuto matematico” nascosto
nelle forme della natura (chimica, biologia, fisica,…) e nelle costruzioni umane (musica, pittura, architettura, letteratura, design,…), volevamo cioè solleticare il loro appetito estetico-creativo, insegnando loro quanto la matematica
possa rivelarsi sorprendente e, soprattutto, sorprendentemente bella.
Questa mia esperienza mi ha convinto dell’utilità, ai fini didattici, dell’accostamento matematica/arte. Sono inoltre convinta che tale accostamento si
possa utilizzare con profitto non solo per gli studenti universitari, ma ad ogni
livello, e non solo nella scuola, ma anche nei confronti del pubblico generico,
che spesso vede nella matematica una disciplina arida e poco affascinante, ma
che con il tramite dell’arte può riuscire a superare questo pregiudizio e avvicinarsi alla materia in modo tanto inedito quanto fertile.
Matematica come supporto creativo
Che discipline artistiche quali l’architettura, il design o anche la musica abbiano bisogno della matematica come strumento tecnico è abbastanza ovvio:
senza aver fatto i giusti conti per valutarne la stabilità, le case non stanno in
piedi; e, per dirla con Gottfried Leibniz, «la musica è un esercizio aritmetico
della mente, che conta senza sapere di contare». Quello che è molto meno ovvio è che la matematica possa fungere come utile supporto creativo, ispirando
la progettazione artistica, col risultato di suggerire soluzioni originali e inat-
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tese. Eppure, questo punto di vista è condiviso da molti artisti, di diverse epoche e discipline. Basti pensare per esempio a Salvador Dalí, uno dei creativi
più visionari del suo tempo, uno di quelli da cui forse meno ci aspetteremmo
l’influenza di una disciplina ritenuta arida e fredda, e che invece "pubblicizza" l’uso della geometria tra i suoi Cinquanta segreti dell’artigianato magico (1948): «devi» raccomanda all’aspirante artista «usare la geometria come
guida alla simmetria nella composizione delle tue opere. So che i pittori più o
meno romantici sostengono che queste impalcature matematiche uccidono l’ispirazione dell’artista, dandogli troppo su cui pensare e riflettere. Non esitare
un attimo a rispondere loro prontamente che, al contrario, è proprio per non
aver da pensare e riflettere su certe cose, che tu le usi». In tempi molto più recenti, il matematico e artista concettuale americano John Sims, perfettamente
in linea con la tesi che vogliamo sostenere, afferma che «sarebbe meglio se la
matematica fosse presentata meno spesso come una schiava delle altre scienze, e più sovente come una partner dell’arte».
Creativi matematici
Gli artisti che usano la matematica come uno strumento creativo in una
maniera cosciente e deliberata sono davvero molti, in un ampio ventaglio di
discipline: per quanto riguarda la musica, andiamo dal classico Bach al molto
meno classico Xenakis; per quanto riguarda la pittura basti menzionare, oltre
al già citato Dalí, Mauritius Cornelius Escher o Tobia Ravà; per la scultura,
si va da artisti famosi come Max Bill ad altri forse meno noti quali l’italiano
Claudio Capotondi e il valenziano José Maria Yturralde; ed è molto interessante analizzare l’opera di architetti e designer, che più avanti vedremo in
maggiore dettaglio, e tra i quali ci limitiamo adesso a citare Le Corbusier e
Buckminster Fuller.
L'ultima cena, Salvador Dalí, 1955
Salam Shalom, T. Ravà e A. Khaled, 2003
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Limite del cerchio III, M.C.
Escher, 1959 (rielaborazione al computer realizzata da
Dough Dunham)
Fontanasfera, Claudio Capotondi
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Un "nastro infinito" di Max Bill
Estructura volante, José
María Yturralde
La Valenza didattica dell’accostamento matematica/arte
Ma perché l’accostamento matematica/arte può, a mio parere, rivelarsi particolarmente fertile dal punto di vista didattico? Una ragione su tutte è la seguente: l’artista normalmente è percepito come una persona che si fa guidare,
nel suo lavoro, dalla curiosità, dalla ricerca della bellezza, dall’intuizione e
dalla creatività. Concetti che sono visti spesso come molto lontani dalla pratica della matematica. Qualunque matematico sa, invece, che le stesse caratteristiche sono ingredienti fondamentali del suo lavoro, unite ovviamente alla disciplina e al rigore - che peraltro non guastano neppure nel lavoro dell’artista.
C’è, tra i nostri studenti, una minoranza che ama fare i conti, che si diverte con
problemi ed equazioni e che della matematica apprezza anche il formalismo.
Altri, però, non si sentono portati per questa materia, perché vedendone solo
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l’aspetto convenzionale tendono, come già si diceva, a considerarla una disciplina distante e fredda, costituita da un enorme corpus di conoscenze morto
e immutabile da secoli. Non è così, e credo che investigare la matematica
nascosta nelle opere d’arte possa essere molto utile per catturare anche questi
ultimi studenti, e portarceli dietro in quello che è un vero e proprio viaggio di
scoperta. Dopo averli affascinati in questo modo, è più facile chiedere anche
a loro di affrontare la fatica, innegabile, di impadronirsi del linguaggio e della simbologia matematica. E questo perché, avendone compreso la bellezza,
quella fatica trova una sua giustificazione.
Un esempio
Ci sono, in effetti, parti della matematica che difficilmente possiamo trovare affascinanti in sé. Pensiamo per esempio alle coniche a alle loro proprietà
focali: quando affrontiamo un argomento simile, i nostri studenti si trovano
davanti a una lunga lista di formule, che il più delle volte imparano a memoria
nella speranza che servano una sola volta nella vita, in occasione della relativa
interrogazione. In quella occasione, non appena l’esaminando apre la bocca,
esse escono tutte in fila, quasi indipendentemente dalla sua volontà, e così abbandonano per sempre, senza l’ombra di
un rimpianto, la sua mente di nuovo vergine, pronta a occuparsi di qualcosa di più
affascinante.
Provate, però, a mostrare ai vostri studenti l’esperimento degli specchi ustori,
presente in molti musei scientifici e facilmente realizzabile anche in classe, a patto
di disporre di due specchi parabolici, una
lampadina, un fiammifero e qualche semplice collegamento elettrico. Quello
che mostrerete è come sia possibile, tramite due specchi parabolici disposti
opportunamente, accendere un fiammifero senza toccarlo.
Il meccanismo alla base dell’esperimento è molto semplice e sfrutta proprio le proprietà focali della parabola: i raggi di luce prodotti dalla lampadina
rimbalzano sulla superficie dello specchio adiacente e vengono riflessi, parallelamente all’asse della parabola, fino ad arrivare allo specchio più lontano,
il quale a sua volta li riflette e convoglia nel punto in cui abbiamo disposto
il fiammifero, non a caso detto ... fuoco! Narra una famosa leggenda che Archimede usò specchi ustori per dare fuoco alle navi romane che assediavano
Siracusa (212 a. C.).
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In base allo stesso principio funzionano molti oggetti, alcuni dei quali di
uso quotidiano: si possono trovare, per esempio, specchi parabolici commercializzati come accendini, o "cucine da campo", pensate per i paesi in via di
sviluppo, in grado di far bollire in tempi incredibilmente rapidi l’acqua di una
pentola posta nel loro fuoco. Ancora con lo stesso sistema funziona la parabola per la ricezione dei segnali satellitari, mentre l’uso di due specchi parabolici
accoppiati consente di creare divertenti miraggi.
Accendino solare
Cucina solare
Un miraggio realizzato con
specchi parabolici
Parabola per la ricezione dei
segnali satellitari
Sulle proprietà focali di un’altra conica, l’ellisse, si basa invece il funzionamento della volta ellittica, un particolare tipo di soffitto molto in voga nei
palazzi rinascimentali (per esempio il palazzo Schifanoia a Ferrara e quello
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di Carlo V a Granada). Una tale volta consente a due persone che si trovano
molto lontano tra loro ma in due punti particolari (corrispondenti ai due fuochi
dell’ellisse) di parlare tra loro a bassa voce, sentendosi perfettamente, mentre
tutti gli altri presenti nella sala non sono in grado di udire nulla (come schematizzato nell’immagine).
E sempre sulle proprietà focali dell’ellisse si basa il lavoro di tesi di un mio
ex studente, ormai affermato designer, al quale una nota ditta internazionale
propose la progettazione di un amplificatore che coniugasse l’efficienza con
la bellezza. Lo studente in questione propose di realizzare i suoi amplificatori
in forma ellissoidale, ottenendo oggetti di design decisamente più belli delle
familiari casse a parallelepipedo e, in virtù della proprietà focale sopra ricordata, forse anche più efficienti.
Quello di cui sono convinta, anche per esperienza personale, è che chi abbia visto anche una soltanto di queste applicazioni non si dimenticherà mai più
della matematica che ci sta sotto, accettando anzi di studiarla con rinnovato
entusiasmo e con maggiore profitto.
Potenziali argomenti
Quello che abbiamo visto è solo un esempio, ma l’elenco dei temi utili a
questo scopo è potenzialmente infinito. Muovendoci ad esempio nell’ambito
dell’architettura, possiamo cominciare con un esempio molto classico, mostrando come Donato Bramante (1444-1514) abbia utilizzato le leggi delle
prospettiva per risolvere un problema di spazio altrimenti insolubile, realizzando in questo modo il magnifico finto coro della chiesa di Santa Maria
presso San Satiro a Milano.
Sempre rimanendo su esempi abbastanza classici, è estremamente affascinante analizzare l’opera di Antoni Gaudí (1852-1926), l’architetto catalano
noto soprattutto per il suo capolavoro incompiuto, la Sagrada família, cattedrale-cantiere simbolo della città di Barcellona. Quello che maggiormente stupisce e incanta, nei suoi lavori, è la pervasività delle superfici curve: non c’è un
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muro diritto, una parete a piombo, un profilo squadrato. Al contrario, tutto è
morbido, arrotondato, fluido. Per edificare, infatti, a gloria di Dio, le superfici
curve si impongono, nella convinzione, più volte ribadita da Gaudí, che «[la linea] curva è la linea di Dio». D’altra parte, «la linea retta è la linea degli uomini»: in quanto uomo, quindi, doveva riuscire a realizzare le sue superfici curve
utilizzando solo linee rette. Problema solo apparente per chi, come il catalano,
evidentemente un po’ di geometria la conosceva: basta infatti servirsi delle cosiddette rigate, particolari superfici che si ottengono facendo muovere una retta
lungo un profilo predeterminato. Il risultato è un’architettura in cui iperboloidi
a una falda, paraboloidi iperbolici, elicoidi e conoidi la fanno da padroni.
E se già una geometria di tipo abbastanza classico come quella utilizzata
da Bramante e Gaudí è in grado di produrre meraviglie, immaginate cosa può
succedere se l’architetto di turno ha il coraggio di sganciarsi dai paradigmi
tradizionali, per lasciarsi ispirare e trascinare da un mondo geometrico nuovo,
i cui principi sono quelli delle geometrie non euclidee, della topologia, della
geometria dei frattali o di quella di dimensione maggiore di 3. Coraggio supportato tra l’altro dalla disponibilità di nuovi materiali e nuove tecniche, che
permettono di realizzare quello che in passato non era neppure ipotizzabile.
Nasce così la cosiddetta architettura topologica, che vede suoi esponenti di
spicco negli olandesi Van Berkel e Bos di UNStudio, nel giapponese Toyo Ito,
nello spagnolo Santiago Calatrava, nel canadese Frank O. Gehry, nei britannici Foster + Partners, per fare solo qualche nome. È curioso, per esempio,
osservare come, in quest’ultimo caso, lo studio di Foster preveda una sezione
speciale, lo Special Modeling Group, interamente composto da matematici,
nella consapevolezza che una progettazione matematicamente attenta possa
consentire di realizzare edifici in grado di massimizzare il risparmio energetico risultando così, oltre che esteticamente affascinanti, economicamente ed
ecologicamente sostenibili.
Ma limitarsi all’architettura sarebbe riduttivo: è molto interessante, per
esempio, analizzare anche il tema della simmetria, osservando come semplici
regole matematiche consentano di analizzare fregi, rosoni e mosaici, realizzandone di nuovi e classificando quelli che incontriamo in giro. Sempre a
proposito di simmetria, può essere utile analizzare anche quella presente nella
natura, con lo scopo di giungere a definire "quanta simmetria" possiede un
oggetto, e confrontando i tipi di simmetria di oggetti diversi. Trattando argomenti simili, è utile e divertente servirsi in classe di strumenti atipici come gli
specchi, che possiamo utilizzare da soli, accoppiati in vario modo (paralleli o
a libro), o uniti tre a tre, a formare le cosiddette "camere di specchi", suggestive creatrici di infinito.
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Un altro argomento che certo non può mancare è quello delle proporzioni,
e in particolare del rapporto aureo che fa capolino, oltre che nelle creazioni
umane, anche nella natura, a partire dalle proporzioni del nostro corpo fino ad
arrivare al numero di petali di un fiore, alla disposizione dei semi nella corolla
di un girasole, alla fillotassi, alla conchiglia del Nautilus.
Ed è oltremodo interessante investigare il rapporto tra matematica e musica, argomento in grado di far apprezzare anche ai più restii dei nostri studenti
oggetti matematici indigesti quali i logaritmi e le funzioni trigonometriche.
Ma l’elenco dei potenziali argomenti potrebbe allungarsi ancora di molto. È senz’altro interessante esplorare la relazione tra matematica e pittura,
a partire dalla tradizione figurativa classica per arrivare a quella moderna,
fortemente influenzata dalle geometrie non euclidee e dalla geometria di dimensione maggiore di 3. È appassionante, inoltre, approfondire il rapporto tra
matematica e letteratura, analizzando le opere di grandi scrittori quali Dante,
Dostoevskij, Musil, Borges, Queneau, Gadda e molti altri. Ma fornire un quadro esaustivo è un’impresa titanica, che esula dagli scopi di questo articolo:
ognuno, secondo i suoi gusti, le sue conoscenze e le sue passioni, può delimitare il campo d’indagine e scegliere i temi, gli artisti e le opere che stimolano
maggiormente la sua curiosità. Per questo ci sembra utile fornire qualche indicazione bibliografica, a cui rimandiamo il lettore interessato, certi che potrà
trovarvi adeguati spunti di approfondimento.
Indicazioni bibliografiche
[1] S. BENVENUTI, Geometrie non euclidee, monografia, 185 pp., Alpha Test,
2008.
[2] S. BENVENUTI, Insalate di matematica 3. Sette variazioni su arte, design
e architettura, monografia, 224 pp., Sironi editore, 2010.
[3] S. BENVENUTI, F. CECCANTI, X. DE KESTELIER, Living on the Moon: topological optimization of a 3D-printed lunar shelter, Nexus Network Journal, vol. 15, 2013.
[4] S. BENVENUTI (2011). Matematica per creativi, XLaTangente, vol. 24, p.
20-23, 2011.
[5] S. BENVENUTI, Dimenticare Euclide?, Linx Magazine n. 8/2011, p. 16-23.
[6] S. BENVENUTI, Sfera madre, XLaTangente n. 31/2012, p. 32-33.
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[7] C. CORRALES, Contando el espacio: de la casa a la red en matematicas y
pintura, Mobcoop Ediciones, 2000.
[8] C. CORRALES, L. TEDESCHINI LALLI, Local/global in mathematics and art, in
The Visual Mind II, MIT Press, 2005.
[9] G. DI CRISTINA, Architettura e Topologia. Per una teoria spaziale dell’Architettura, Librerie Dedalo Editore, 2002.
[10] M. DEDÒ, Forme, Zanichelli, Bologna, 1999.
[11] L. HENDERSON, The fourth dimension and non euclidean geometries in
modern art, MIT Press.
[12] M. LIVIO, La sezione aurea, Rizzoli, 2007.
[13] C. TOFFALORI, L’aritmetica di Cupido. Matematica e letteratura, Guanda,
2011.
Quando è nato Isaac Newton?
Secondo il calendario giuliano, I. Newton è nato il 25 dicembre 1642
e morto il 21 marzo 1727; secondo quello gregoriano è nato il 4 gennaio
1643 e morto il 31 marzo 1727. Durante l’intera esistenza di Newton,
in Inghilterra, era ancora in uso il calendario giuliano mentre nel resto
d’Europa si usava già il calendario gregoriano, entrato in vigore nel 1582
sopprimendo i dieci giorni dal 5 al 14 ottobre (il giorno successivo a
giovedì 4 ottobre è stato indicato come venerdì 15 ottobre). In Inghilterra
il calendario gregoriano è stato accolto solo nel 1752 sopprimendo gli
undici giorni dal 3 al 13 settembre (da mercoledì 2 settembre si è passati
a giovedì 14 settembre) [Antonella della Peruta]