a christmas carol - Mediateca Toscana

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RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA
A CHRISTMAS CAROL
Editore S.A.S. Via Bonomelli, 13 - 24122 BERGAMO
Tel. 035/320.828 - Fax 035/320.843 - Email: [email protected]
A CHRISTMAS CAROL
1
Regia: Robert Zemeckis
Interpreti: Jim Carrey (Ebenezer Scrooge/fantasma presente, passato e futuro), Colin Firth (Fred), Gary Oldman (Bob Cratchit/Marley/Tiny
Tim), Robin Wright Penn (Fan/Belle), Cary Elwes (Dick Wilkins/ruoli vari), Bob Hoskins (Sig. Fezziwig/vecchio Joe), Daryl Sabara (Peter
Cratchit/ruoli vari), Jacquie Barnbrook (Sig.ra Fezziwig/reoli vari), Lesley Manville (Sig.ra Cratchit), Molly C. Quinn (Belinda Cratchit), Fay
Masterson (Martha Cratchit/Caroline), Leslie Zemeckis (Moglie di Fred), Fionnula Flanagan (Sig.ra Dilber)
Genere: Fantasy - Origine: Stati Uniti d'America - Anno: 2009 - Soggetto: Charles Dickens (racconto) - Sceneggiatura: Robert Zemeckis Fotografia: Robert Presley - Musica: Alan Silvestri - Montaggio: Jeremiah O'Driscoll - Durata: 90' - Produzione: Jack Rapke, Steve Starkey,
Robert Zemeckis Per Imagemovers, Walt Disney Pictures - Distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures, Italia (2009)
Dickens-Zemeckis e Disney, un'accoppiata obbligata. Il grande Walt chiamò
Scrooge Zio Paperone, l'inguaribile adoratore di denaro di Paperopoli. E Robert Zemeckis, in una lunga carriera
che fa di lui uno dei più sicuri registi
americani, ha spesso diretto film favola,
dai lontani ma non dimenticati "Ritorno
al futuro" all'esemplare "Forrest Gump"
con Tom Hanks. Pur autore molto personale, Zemeckis ha riaperto con una
sorta di venerazione il bellissimo racconto 'Canto di Natale' di Dickens traendone un film che può essere visto sia
in 3D (dove gli effetti speciali sono determinanti) sia in versione tradizionale,
rispettando le invenzioni dello scrittore.
Quasi una traduzione per immagini di
una storia che, sottolinea il regista, si
direbbe scritta 'con l'intenzione di farla
diventare un film, considerando la sua
forza visiva e cinematografica', con un
rispetto assoluto per le figure narrative
proprio delle illustrazioni ottocentesche
e un calco davvero lodevole della Londra dell'800. Lì, solo lì, poteva vivere
nell'anno 1843 (data di nascita e di
pubblicazione di 'A Christmas Carol')
l'avaro per definizione, il vecchio Ebenezer Scrooge, guardingo affarista e
uomo solo, nutrito da astio per il mondo intero e da un'avversione radicale
per il Natale, titolare di un'impresa che
nell'insegna reca ancora accanto al suo
il nome di Jakob Marley, socio defunto
sette anni prima. In una Londra innevata e in una giornata in cui anche il
Creato pareva fosse veramente di cattivo umore, lo scorbutico Scrooge allontana dal suo ufficio i malcapitati che gli
chiedono un obolo per i poveri della
città, maltratta l'ubbidiente commesso
Bob che si scalda alla fiamma della
candela, congeda il nipote Fred che è
venuto ad augurargli un felice Natale e
a invitarlo al pranzo natalizio. Fred è
uomo cortese e anche un poco filosofo.
Sostiene che il giorno della nascita di
Gesù, mai nominato nel libro e nel film
(ma presente sia nell'uno che nell'altro),
è 'l'unico momento nel quale uomini e
donne sembrano disposti ad aprire liberamente il proprio cuore, disposti a
pensare ai loro inferiori non come a
creature di un'altra specie destinate a un
altro cammino, ma come a compagni di
viaggio, del medesimo viaggio verso la
morte'. Questo invito a care consuetudini familiari (i pranzi del commesso
Bob Cratchit e del nipote Fred) sono
invisi all'avaro. Lo vediamo tornare alla
sua misera casa, sedersi presso il focolare, accogliere suo malgrado l'inattesa
visita del socio Marley ormai fantasma
che, bontà sua, gli spiega l'inutilità di
far troppo denaro e gli dà una possibilità di salvezza. Tre spiriti del Natale
verranno da lui, lo accompagneranno
nel passato, in un presente che egli ignora e nel tremendo futuro. Alla fine,
il risveglio, il distacco dai rimorsi e l'attesa di un domani da condividere con il
prossimo. A Christmas Carol, da oggi
nelle sale in 300 copie, è film bello e
consolatorio. Per restituire il senso del
racconto di Dickens era necessario disporre, oltre che di un bravo regista, di
attori (il lungo naso, la bazza e il corpo
affilato) dal trasformismo di Jim Carrey
e della bravura di caratteristi (primo fra
tutti Gary Oldman che nel film ricopre
diversi ruoli) che, nei visi buffi, ricordano le vignette ottocentesche.
Avvenire - 03/12/09
Francesco Bolzoni
'Finalmente sullo schermo' afferma una
pubblicità ascoltata alla radio di "A
Christmas carol 3D" di produzione Disney, ma non è vero dacché il celeberrimo racconto di Dickens da cui il film
di Robert Zemekiss è tratto è stato portato ripetutamente sullo schermo sin dal
1914 in versioni fedeli o originali adattamenti, vedi il cartone animato disneyano "Il canto di Natale di Topolino", o
"Sos fantasmi" in cui Scrooge è un
manager televisivo senza scrupoli ma
anche "Festa in casa Muppet" con Michael Caine-Scrooge affiancato dai buffi pupazzi.
E' invece la prima volta che la vicenda
dell'avaro che disprezza il Natale, e che
nella notte della vigilia riceverà la visita di tre spiriti che gli faranno cambiare
atteggiamento e lo renderanno felice e
generoso, viene portata sullo schermo
nella versione 3D e con la tecnica della
motion capture che Zemekis ha preso a
sperimentare in "Polar express" e perfezionato in "Beowulf" (la cui versione
3D è stata proposta in Italia solo da un
paio di sale). Tecnica che consiste nel
riprendere gli attori con cineprese computerizzate che spaziano a 360 gradi
per poi trasformarli in personaggi da
animazione, ma che deve fare ancora
un po' di strada, dacché spesso crea
l'impressione di trovarsi di fronte ad un
videogame. Per la cronaca, stavolta il
meglio, si ha con Jim Carrey che di per
sé ha una grande mimica facciale ed è
sia uno Scrooge grifagno con naso aguzzo e mento appuntito, sia i tre spiriti
del Natale, quello del passato dalle
sembianze di candela, quello del presente ricco e sovrappeso, ma anche effimero, e quello del futuro, ridotto a
ombra nera dalle dita adunche. Per il
resto, altri attori, vedi Gary Oldmanscrivano Bob (ma anche spettrale Marley e bimbo Uny Tim) e Colin Firthnipote Fred, appaiono un po' 'facciosi'
(riprendo la definizione data da Lucy a
Charlie Brown) .
Quanto alla vicenda, Zemekis si mostra
decisamente rispettoso, limitando l'innovazione al prologo che vede Scrooge
pagare di malaggrado i funerali del socio Marley e riprendersi i due penny
posti, come tradizione del tempo, sugli
occhi. Mentre le invenzioni riguardano
il 3D con sequenze che sfruttano spesso
la verticalità e il volo più che la profondità con esiti spettacolarmente e vertiginosamente coinvolgenti. Non adattissimo per i bambini più piccoli per
qualche sequenza dall'horror-gotico
marcato, lo spirito di Marley soprattutto, e a tratti così buio da affiocare se
non annullare l'effetto 3D, il film è un
prodotto piacevole e ben confezionato,
ma non privo di un'impressione di freddezza da digitalizzazione che non fa
emergere completamente la lezione di
umanità data da Dickens. j.
Il Giornale di Brescia - 04/12/09
Marco Bertoldi
Dopo gli ambiziosi esperimenti con
"The Polar Express" e "Beowulf", Robert Zemeckis utilizza la tecnica del
motion capture per portare sullo schermo una nuova versione de 'Il Canto di
Natale' di Charles Dickens. Protagonista di questo film dalla vocazione gotica e in 3D nei panni detto spilorcio Ebenezer Scrooge è Jim Carrey che mostra, con la sua mimica facciate unica,
come la tecnologia abbia fatto dei notevolissimi passi in avanti per 'catturare'
le interpretazioni degli attori tradotte
digitalmente poi sul grande schermo in
animazioni. Zemeckis sfrutta In pieno il
talento di Jim Carrey che interpreta anche i tre spiriti venuti a visitare il vecchio Scrooge la notte della vigilia di
Natale per indicargli un cammino di
riscatto dalla sua vita fatta di avarizia e
grettezza. Il regista, rispettoso dell'eredità letteraria, accentua gli elementi lugubri e spaventosi della novella di Dickens, discostandosi da quello che, sulla carta, si sarebbe potuto immaginare
essere un film natalizio distribuito in
tutto il mondo dalla Disney. I toni gelidi e le ambientazioni vittoriane contribuiscono a restituire in pieno allo spettatore il senso della redenzione e della
felicità di chi riesce ad abbracciare in
pieno lo spirito del Natte.
Rivista del Cinematografo - 2009-12-67
Marco Spagnoli
I vostri figli non sanno che "Christmas
Carol" di Robert Zemeckis è più o meno la cinquantesima versione cinematografica del celebre racconto di Dickens e si godranno la terribile avventura del vecchio avaro Scrooge. Ma in
realtà si divertiranno anche gli adulti,
come capita sempre più spesso quando
tocca accompagnare i bambini al cinema. Questo film non sarà magari esilarante come i primi "Shrek" ed "Era
Glaciale" o commovente come l'ultimo
"Up", ma è di sicuro fra il meglio dell'offerta di Natale. Tanto per cominciare è di tutte le versioni che si ricordino
la più meravigliosa per stile, tecnica e
forza visionaria. Zemeckis lo conosciamo tutti, viene dal laboratorio di
Spielberg e Lucas, è un maestro del cinema popolare, chiunque prima o poi
ha visto la serie di "Ritorno al Futuro",
"Forrest Gump", "Chi ha incastrato Roger Rabbit"? Da qualche anno si è convinto che il cinema non sarà più quello
inventato nel secolo scorso e si è dedicato alla stupefacente tecnica digitale
del perfomance capture, dove i computer catturano la recitazione degli attori e
la traducono in disegno tridimensionale. Così ha prodotto due esperimenti,
uno fortunato ("Polar Express") e l'altro
assai meno ("Beowulf "). Ma "Christmas Carol" fa impallidire i precedenti,
per tecnologia rivoluzionaria, l'uso estremo del 3D, le trovate di regia e la
capacità di un cast formidabile, da Jim
Carrey, Gary Oldman e Bob Hoskins,
di adattarsi al nuovo metodo di recitazione, in teoria deprimente per un attore e in passato (ma non qui) anche per
gli spettatori. La storia è troppo nota
per ripeterla. Alla vigilia di Natale il
vecchio Ebenezer Scrooge viene visitato dal fantasma del suo socio e poi da
quelli dei Natali passati, presenti e futu-
ri, rivive un'esistenza arida e si converte all'amore per il prossimo. Il racconto
sul rapporto con la morte e i sentimenti
fu scambiato fin dall'esordio nel 1843
per una lieta novella natalizia e ciò fece
la fortuna del grande Dickens, perseguitato da stuoli di creditori, Scrooge
autentici e irredimibili. Zemeckis lo riporta allo spirito dickensiano più puro,
gotico, alla crudeltà dei tempi, nella
Londra della rivoluzione industriale,
ricostruita con passione filologica. È il
racconto di un incubo psicologico e sociale, vissuto con la prospettiva del protagonista. Il lieto fine è liberatorio anche per i piccoli spettatori, che non devono essere troppo piccoli. La Disney,
sempre molto attenta in queste faccende, lo consiglia soltanto sopra gli otto
anni. Alcune scene le ricorderanno per
anni. Per esempio quella iniziale, a volo
sui cieli londinesi, che ricorda l'apertura
di "Forrest Gump" con la piuma del destino portata dal vento ai piedi di Tom
Hanks. La Disney si gioca un pezzo di
bilancio e forse la sua gloriosa storia
nella scommessa di Zemeckis. Ma
"Christmas Carol" è un film vero, non
un'operazione commerciale, e in qualche modo rappresenta l'antidoto allo
spirito del Natale presente, da centro
commerciale.
La Repubblica - 05/12/09
Curzio Maltese

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