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Trib. Forlì – Sezione distaccata di Cesena – g.u. Barbara Vacca
Sentenza n. 35 del 21 settembre 2006
(omissis)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 10.3.2003, N. E. conveniva in giudizio,
davanti all’intestata giustizia, l’Azienda USL di Xxxxxxx, esponendo che il 7.6.1999,
intorno alle 12,14, in esito all’avvertimento di una fortissima sintomatologia dolorosa al
basso addome, si era recata presso il pronto soccorso dell’ospedale Bufalini di Xxxxxxx,
dove era stata visitata dal medico di guardia, dr. C, e successivamente ricoverata presso
l’unità di Ginecologia ed Ostetricia con la diagnosi “coliche pelviche”.
Riferiva l’attrice che, il medesimo giorno, era stata sottoposta ad esame ecografico il
cui referto riportava “U.M. 27/5 con 6 giorni di ritardo e persiste tuttora. Ecografia:
Utero di volume normale, endometrio proliferativi con all’interno area iperecogena
diam. 5 mm. (verosimile polipo). Ovaio sinistro regolare. Adiacente all’ovaio destro e
nel Douglas è presente formazione allungata liquida con sepimenti incompleti diam. 5,4
x 2,4 x 2,6 cm. (verosimile sactosalpinge) minimo versamento nel Douglas. Si consiglia
ricovero”; persistendo il dolore il 9.6.99 era stata sottoposta ad un duplice intervento di
laparoscopia ed isterectomia, in esito ai quali era stato diagnosticato: isterectomia
“Cavità uterina in antiversione spiccata,. Endometrio sottile su tutto l’ambito. Sulla
parete uterina anteriore, in prossimità del fondo, si evidenziano 2 formazioni
pseudopolipoidi biancastre, diam. 1 cm. circa che vengono asportate con curette Novak
in aspirazione e curette finestrate successivamente”; laparoscopia “Pneumo-peritoneo
regolare. Utero regolare con 2 fibromi sottosierosi, fundici di cm. 3 di diam. Tuba di dx
regolare fissata all’ovaio omolaterale. Ovaio sx fissato alla fossetta omolaterale,
presenta un follicolo. Lisi delle aderenze. Aderenze ovaio sinistro e fossetta ovarica nel
Douglas che vengono completamente lisate. Endometriosi: non evidente Douglas
libero, nulla nell’intestino. Si segnala la presenza di un modico versamento nel
Douglas (…) addomino-pelvico. Conclusioni: esiti di flogosi pelvica”.
Spiegava la N. che, in data 11.6.1999, era stata dimessa dai sanitari per insussistenza
di alcuna patologia. Persistendo forti dolori in zona pelvica, nei giorni successivi, si era
sottoposta, presso il medesimo nosocomio, a visita practologica, effettuata il 16.6.99 dal
dr. Giunchi, dalla quale erano emerse ragadi anali, e il 30.6.99 ad ecografia addominale,
con referto negativo. Il 15.7.99, si era sottoposta a nuova visita ginecologia, effettuata dal
primario dr. M., il quale l’aveva rassicurata circa l’insussistenza di patologie in ordine alle
sintomatologie dolorose lamentate, consigliando insufflazioni tubariche ed un esame
seminale per il marito.
Riferiva ancora l’attrice che, dalla visita urologica effettuata presso lo stesso ospedale
il 13.8.99, era stato escluso il coinvolgimento urologico nella causazione della
sintomatologia dolorosa pelvica ed era nuovamente tornata dal dr. M. per una visita, il
quale aveva ancora una volta escluso l’esistenza di patologie.
Sottopostasi a visita ecografica il 28.8.99, a cura del dr. M., rilevava la N. che era
stata segnalata la presenza di una formazione come per sactosalpinge dx. (misure 7,2 x
2,8), e consigliata una laparoscopia.
Precisava l’attrice che, a fronte di tale situazione, si era recata ad una visita presso il
Primario della IV Divisione del Policlinico Umberto I di Roma, prof. R. R., il quale ne
aveva disposto l’immediato ricovero e il 10.9.99 era stata sottoposta ad intervento di
laparoscopia, effettuato dal prof. T., dal quale si era evidenziato “idrosalpinge destra e
cisti ovarica di diametro 4 cm. a sinistra. Si procede a salpingectomia dx ed a
enucleazione della cisti ovarica di sinistra. In corso di intervento si procede a
cromosalpingoscopia che evidenzia pervietà della tuba”. L’esame istologico refertava
“tuba esente da alterazioni istologiche di rilievo con evidenza di cisti paratubariche”.
Riferiva ancora la N. che, successivamente al secondo intervento, ed in seguito al
forte stress accumulato nel mesi precedenti, era stata interessata da insopportabili
condizioni di malessere fisico, tanto che dal 4 al 7 gennaio 2000 era stata ricoverata
presso la casa di cura M. N. di xxxxxx ove era stata diagnostica “febbricola serotina ed
algie pelviche”, oltre che da gastralgie con correlate difficoltà digestive, per le quali le
era stata diagnosticata, in seguito a gastroscopia “gastrite a prevalenza antrale. HP
negativo” e “gastrite cronica in fase quiescente. Non evidenza di Helycobacter pilory”.
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Lamentava, inoltre, l’attrice che, in seguito a tali eventi, le era stata confermata
l’impossibilità di una gravidanza ed avevano avuto esito negativo anche i tentativi di
inseminazione omologa e di procreazione medico assistita.
Considerato che da accertamenti medico-legali svolti, era emerso che l’intervento di
laparoscopia effettuato presso l’ospedale Bufalini di Xxxxxxx era stato eseguito con
grave imperizia e negligenza, non avendo rilevato la presenza di idrosalpinge dx già
evidenziata dall’esame ecografico, rendendo necessario un secondo intervento nel quale,
per il persistere della sintomatologia dolorosa e l’avvenuto deterioramento della struttura
anatomica, si era dovuto asportare in toto la salpinge, con conseguente menomazione
anatomica, la N. chiedeva la condanna della ASL di Xxxxxxx al risarcimento del danno
biologico, morale e patrimoniale subito a causa del negligente operato dei sanitari e di
tutte le conseguenze derivatene, anche sul piano psico-fisico e impossibilità di
gravidanza.
Con comparsa depositata il 13.5.2003 si costituiva in giudizio l’Azienda USL di
Xxxxxxx contestando la domanda avversaria e chiedendone il rigetto, per assenza di
qualsiasi responsabilità professionale a carico dei sanitari.
Spiegava la convenuta che, in campo medico, l’idrosalpinge o sactosalpinge costituisce
una situazione clinica che si manifesta in seguito ad occlusione, più o meno completa,
dell’ostio addominale della tuba e, solitamente, anche di quello uterino, che comporta il
rimpimento della salpinge di liquido essudatizio, trasudatizio infiammatorio e di secrezioni
proprie, nel contesto di fenomeni flogistici acuti ripetuti o cronicizzati. Aggiungeva la
convenuta che tale condizione si può formare in un breve arco di tempo e, talora, regredire
spontaneamente.
Deduceva, inoltre, la convenuta che l’esame ecografico non era pienamente affidabile,
contrariamente all’evidenza dell’esame laparoscopico, eseguito proprio per chiarire i dati
incerti dell’esame ecografico. Precisava la ASL di Xxxxxxx che l’esito della prima
ecografia del 7.6.99 evidenziava un ovaio sinistro regolare e la formazione allungata liquida
con sepimenti incompleti diam. 5,4 x 2,4 x 2,6, mentre la successiva ecografia visualizzava
una formazione ipoecogena di 19 mm. all’ovaio sinistro (prima refertata regolare) ed
indicava le misure per la formazione ipoecogena 53x29x37 (mentre prima erano di
54x24x26).
Negava, pertanto, la convenuta la sussistenza di una negligenza od imperizia dei propri
sanitari, avendo l’esame laparoscopico smentito le risultanze ecografiche. Contestava
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comunque qualunque responsabilità per le condizioni psico-fisiche lamentate dalla N.,
evidenziando che la sterilità causata dalla salpingectomia monolaterale, non sarebbe stata
evitata anticipando l’intervento demolitivo di un paio di mesi, dipendendo certamente da un
fattore patologico preesistente (la possibilità di gravidanza esiste infatti anche in donne con
una sola tuba).
Verificata all’udienza del 29.5.2003 la regolare instaurazione del contraddittorio e
rinviata la causa per la trattazione al 27.11.2003, alla quale compariva la sola attrice, i
loro procuratori parti chiedevano l’assegnazione dei termini ex art. 183, 5° co., c.p.c.
Concessi alla successiva udienza i termini per le deduzioni istruttorie e depositate le
relative memorie, all’udienza del 16.9.2004, veniva disposta CTU medico-legale e
ammesse le prove orali richieste. La causa veniva istruita con l’interpello dell’attrice e
l’espletamento della CTU. All’esito, convocato il consulente a chiarimenti, e respinta la
richiesta di rinnovazione della consulenza, la causa veniva rinviata per la precisazione
delle conclusioni.
All’udienza del 26.10.2006 i procuratori delle parti precisavano le conclusioni come in
epigrafe trascritte, e il Giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando i termini di
cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica,
ritualmente svolte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda proposta dall’attrice non è fondata e deve, pertanto, essere respinta.
Va, innanzitutto, respinta la richiesta di rinnovazione della consulenza ribadita da
parte attrice anche in sede di conclusioni.
Dall’esame della consulenza e dei chiarimenti resi dal CTU, sia in forma scritta che
verbalmente all’udienza del 18.5.2005, non emerge alcuna contraddizione o erronea
valutazione delle produzioni documentali. Al contrario, il CTU dr. B., con l’assistenza
dell’ausiliare specialista, prof. P., ha ricostruito in maniera chiara, attenta e scrupolosa
l’intera vicenda clinica, supportando le proprie conclusioni con motivazione logica,
coerente ed assolutamente condivisibile.
L’attrice ha evocato in giudizio l’Azienda USL di Xxxxxxx chiedendo
l’accertamento della responsabilità per la grave negligenza ed imperizia dei propri
sanitari per non aver diagnosticato, nell’intervento di laparoscopia eseguito il 9.6.1999,
l’idrosalpinge alla tuba dx, la cui presenza era già stata evidenziata dai due esami
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ecografici eseguiti il 6.6.99 e l’8.6.99, rendendo necessario un successivo intervento di
laparoscopia, eseguito a Roma il 10.9.99, nel quale era stata eseguita la salpingectomia
dx (asportazione della tuba uterina dx).
In realtà, come chiaramente evidenziato dalla CTU, l’esame istologico eseguito sul
reperto operatorio costituito dal segmento di tuba asportata nell’intervento di Roma, ha
rilevato che la tuba dx era sana e non vi era alcuna idrosalpinge o sactosalpinge,
confermando quindi la correttezza della diagnosi effettuata dai sanitari cesanati
nell’intervento laparoscopico del 9.6.99.
Il referto istologico indica infatti “tuba esente da alterazioni istologiche di rilievo con
evidenza di cisti paratubarica”.
Dall’esame istologico effettuato sul reperto di tuba asportato è, pertanto, emerso che
la deformazione della tuba dx con ingrandimento di volume, rilevata nel corso della
laparoscopia del 10.9.99, non era in realtà dovuta ad idrosalpinge, come ipotizzato dai
medici al momento dell’intervento e dall’ecografista nell’esame del 9.9.99. La tuba dx
risultava infatti sana ed esente da alterazioni istologiche, sebbene adesa alla tuba fosse
presente una formazione cistica del diametro di 3 cm. a parete liscia (cd. cisti paratubarica),
mai rilevata prima, né dai medici dell’Ospedale di Xxxxxxx né dai sanitari romani,
responsabile della tumefazione.
L’esame istologico condotto a Roma (e non erronee valutazioni dei documenti da
parte del CTU) dimostra quindi inequivocabilmente che, a dispetto dei referti ecografici
(ben 5 delle 6 ecografie effettuate deponevano per l’esistenza di idrosalpinge dx) e del
verbale operatorio dell’intervento laparoscopico eseguito a Roma, la tuba dx della N. era
perfettamente sana e non era presente idrosalpinge, come già rilevato dai medici di
Xxxxxxx nel corso della laparoscopia del 9.6.99.
Ai medici xxxxxxxti può essere unicamente contestata l’inesattezza e frettolosità
della diagnosi di “flogosi pelvica”, atteso che le aderenze rilevate nel Douglas e fra
l’ovaio sx e la fossetta ovarica, non potevano essere considerate espressione di
periviscerite adesiva da malattia infiammatoria pelvica. Tuttavia, tale diagnosi,
peggiorativa rispetto alla situazione reale, non ha in concreto causato alcun danno o
conseguenza lesiva alla N..
Quanto al mancato prelievo del versamento rilevato nel Douglas, nel corso della
laparoscopia eseguita a Xxxxxxx, ai fini di un esame batteriologico, deve rilevarsi che
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tale omissione, seppur censurabile, non ha causato alcun danno, atteso che la N. non ha
sviluppato alcun quadro infiammatorio pelvico.
Anche la mancata esecuzione, da parte dei medici di Xxxxxxx, della salpingocromoscopia non assume alcun rilievo, non sussistendo alcun motivo per l’esecuzione di
tale esame, atteso che la N., in quel periodo, non aveva formulato istanze riproduttive.
Dall’excursus dell’intera vicenda clinica, ben tracciata e ricostruita dal CTU, emerge
pertanto che la patologia da cui era affetta la N. non era l’idrosalpinge dx bensì una cisti
paratubarica non rilevata da nessuno, né dai medici di Xxxxxxx né da quelli di Roma.
Solo con l’esame istologico è stata infatti accertata la presenza della cisti paratubarica.
La diagnosi dei medici di Xxxxxxx è risultata pertanto corretta con riferimento
all’assenza di idrosalpinge. Nessuna responsabilità può essere, dunque, ascritta alla ASL
di Xxxxxxx per tale questione, contrariamente a quanto sostenuto dall’attrice.
Per quanto riguarda, invece, il mancato rilevamento della cisti paratubarica, si
osserva che effettivamente i sanitari di Xxxxxxx, né in sede di esame ecografico né in
sede di laparoscopia, si sono accorti della presenza della cisti, responsabile della
tumefazione riscontrata dall’esame ecografico e della patologia dolorosa accusata dalla
N..
Deve tuttavia rilevarsi che, alla luce di quanto emerso dalla consulenza, tale
omissione non è dipesa da una grave imperizia o negligenza dei sanitari e, ai sensi
dell’art. 2236 c.c., va esclusa la responsabilità dei sanitari, trovandosi in presenza di
problemi tecnici di particolare difficoltà.
Innanzitutto, va precisato che la presenza della formazione cistica adesa alla tuba dx
non è stata rilevata né dai medici xxxxxxxti né da quelli romani che, ipotizzando
l’idrosalpinge hanno asportato la tuba dx, peraltro del tutto inutilmente, essendo la tuba
risultata sana all’esame istologico ed avendo il CTU spiegato che le cisti paratubariche
non richiedono, in condizioni normali, la resezione della tuba ma la semplice
asportazione della cisti (incisione del peritoneo sopra al cisti in una zona avascolare,
scollamento della cisti dalla sua sede ed emostasi dei piccoli vasi nutritivi della cisti).
La speciale difficoltà della diagnosi di cisti paratubarica è dunque desumibile, oltre
che dal dato obiettivo che di essa non si sono accorti né i medici che hanno eseguito, in
tempi diversi e con macchinari diversi, ben sei ecografie, né i medici che hanno eseguito
i due interventi di laparoscopia, anche dalla circostanza che le cisti paratubariche sono
solo raramente sintomatiche (i forti dolori pelvici accusati dalla N. non deponevano,
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pertanto, per la presenza di una cisti paratubarica). Inoltre, le dimensioni di tali cisti,
quanto meno al momento dell’intervento effettuato a Xxxxxxx, erano piuttosto ridotte,
atteso che dall’esame istologico, eseguito tre mesi più tardi, risultava un diametro di
appena 3 cm.
Come spiegato dal CTU tali cisti sono originate da residui di strutture embrionali e si
sviluppano attigue all’ovaio o alla tuba, aderendo ad essi quando aumentano di volume.
Tali formazioni cistiche di origine disembriogenica si sviluppano normalmente entro le
pagine peritoneali che costituiscono il mesosalpinge o mesovario e, quindi, sotto il
peritoneo che le ricopre. La tuba, pertanto, aderisce strettamente a tali cisti
“incravattandole”, rendendole difficilmente visibili.
La mancata individuazione laparoscopica della vera patologia da cui era affetta la N.
è dipesa, dunque, dalla speciale difficoltà di una tale diagnosi con tale mezzo
d’indagine. Ciò, anche tenendo conto del fatto che la laparoscopia, indirizzata alla
diagnostica pelvica ed ancor di più la laparoscopia operatoria, sono sempre precedute da
uno studio ecografico degli organi del bacino che rappresenta un importantissimo fattore
di orientamento per il laparoscopista. Nella situazione in esame, come già evidenziato,
sono state eseguite, da operatori diversi, 6 ecografie pelviche, nessuna delle quali ha
neppure ipotizzato la presenza di una cisti, suggerendo invece la presenza di idrosalpinge.
La mancata rilevazione della cisti non è, pertanto, dipesa dalla negligenza o
imprudenza dei medici xxxxxxxti, ma dalle particolari difficoltà diagnostiche - la cisti
adesa alla tuba dx non era infatti rilevabile dall’esame laparoscopico - complicate dalla
presenza di sintomi (dolori acuti e persistenti in zona pelvica) non deponenti per la
presenza di cisti paratubariche, normalmente asintomatiche.
Il ritardo di ca. 3 mesi con il quale è stato risolto (in maniera peraltro inadeguata, con
l’asportazione non necessaria di una tuba sana) il problema della N. è quindi dipeso
dalla speciale difficoltà diagnostica sopra descritta, non ascrivibile a colpa grave dei
medici.
In assenza di colpa grave, deve, quindi, escludersi la responsabilità della ASL di
Xxxxxxx convenuta che, in ogni caso, sarebbe stata limitata alle sofferenze patite dalla
N. nei tre mesi decorsi tra il primo intervento di laparoscopia e la salpingectomia
eseguita a Roma. I successivi problemi lamentati dalla N., in particolare quelli legati al
problema della fertilità ed impossibilità di gravidanze, non hanno alcun nesso eziologico
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con la mancata tempestiva individuazione della cisti paratubarica da parte dei medici di
Xxxxxxx.
La domanda risarcitoria dell’attrice va quindi rigettata.
Quanto alle spese del giudizio, in considerazione di quanto emerso dalla CTU sulla
presenza di una omessa diagnosi di cisti paratubarica (seppur non dipesa da colpa
grave), si ritiene comunque equo disporne la compensazione.
Le spese della CTU, già liquidate con separato decreto, devono essere poste a carico
definitivo dell’attrice soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale di Forlì - Sezione Distaccata di Xxxxxxx, in composizione monocratica,
definitivamente pronunciando, rigetta la domanda proposta da N. E., con citazione
notificata il 10.3.2003, nei confronti dell’Azienda USL di Xxxxxxx.
Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio.
Pone le spese della CTU, già liquidate con separato decreto, a carico definitivo della
attrice soccombente.
Così deciso in Cesena 12.4.2007
IL GIUDICE
Dr.ssa Barbara Vacca
Depositata in Cancelleria lì 13.4.2007
(omissis)
Depositata in Cancelleria il
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