Coniglio al cioccolato - Provincia Regionale di Catania

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Coniglio al cioccolato - Provincia Regionale di Catania
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CUCINA NOSTRANA LIBRI IN VETRINA
Coniglio al cioccolato
Sono bellissime le campagne siciliane in autunno. Profumi di
terra e di erbe si confondono con gli aromi che provengono dalle
cantine dove, al fresco, si conservano mele, fichidindia, grappoli
di uva, fichi, per essere gustati più tardi in numerosissime preparazioni tutte allettanti. L’autunno siciliano rappresenta un vero e
proprio punto di partenza per tante ricette tipiche. Cominciano,
in una vera e propria festa di sapori e di colori, gli arrosti di funghi e di salsicce all’aria aperta, i brodetti di lumache, si maturano
i cachi, le melagrane e – naturalmente - le uve più dolci e profumate. Anche tutti i piatti di cacciagione si riferiscono a questo
periodo. Lepri e conigli, soprattutto, intorno a cui si celebrano dei
veri riti di frollatura e marinatura, con l’aggiunta di tutti i tipi di
erbe aromatiche, bacche, alloro, aglio, cipolle, sedano, carote.
Per quanto riguarda il coniglio, nelle ricette più antiche, trova
posto persino la cioccolata. Il pomodoro è raramente presente in
queste ricette, talvolta soltanto un poco di estratto fa da base alle
salse che condiranno queste carni pregiate. In cottura, non
manca mai del buon vino rosso, o un vino marsalato oppure l’aceto. Anche il miele, nelle preparazioni in agrodolce, sostituisce
spesso lo zucchero conferendo ai piatti degli aromi speziati cha
solo in Sicilia si possono gustare. Le pere stufate, le puree di mele
o di legumi, le verdure selvatiche saltate completano questi piatti succulenti.
Dose per quattro – sei persone
1 coniglio ( o 1 lepre), 1 cipolla, 3 coste di sedano, 2
foglie di alloro, 35 grammi di pinoli, 35 grammi di uva passa,
2 “ pastinache” (sorta di carote siciliane), 3 chiodi di garofano, 20 grammi di semi di finocchio selvatico, 1 bicchiere di aceto bianco, 25 grammi di zucchero, 40 grammi di
cioccolato amara
farina, olio di oliva, sale, pepe.
Preparazione
Spellare, nettare il coniglio (o la lepre) e ridurlo in pezzi.
Infarinarlo e farlo rosolare dolcemente in un tegame con
dell’olio caldo finché sarà dorato da tutte le parti.
Separatamente, nettare e tritare la cipolla, le coste di sedano, e le “pastinache”.
In un’altra padella, porre il battuto a soffriggere nell’olio, a
fuoco moderato, con l’aggiunta delle foglie di alloro, dei
pinoli, dell’uva passa, dei chiodi di garofano e dei semi di
finocchio.
Appena anch’esso sarà ben dorato, unire il coniglio ( o la
lepre) già soffritto, il sale, il pepe e cospargere con lo zucchero e con la cioccolata a pezzetti.
Rimescolare irrorare con l’aceto, coprire e fare cuocere, a
fiamma lenta, finché si sarà formata una saletta piuttosto
consistente.
Servire caldo.
Aldo Motta, Catania antica in pillole
Edizioni Incontri, Euro 9,00
Un libretto che si spulcia con avidità, questo “Catania antica
in pillole” dell’inesauribile Aldo Motta, di cui avevamo apprezzato l’elegante “ Diario di una Gentildonna inglese che soggiornò a lungo a
Catania”. Una lunga attività di cronista e storico, dedita all’amore di
una città (Catania) unica e rara, nel corso della sua storia scomparsa
e risorta come L’Araba Fenice, a causa delle continue eruzioni del suo
vulcano, da cui è stata sempre nutrita ed edificata.La prefazione del
nostro direttore Daniele Lo Porto ci introduce alla lettura di questo breviario, e anticipa le
chicche che qua e là troveremo sparse: a partire da “Catania” del 1901 di quel tal Federico
de Roberto che avrebbe regalato alle patrie lettere uno dei romanzi storici più belli “ I
Viceré”, che forse i catanese dovrebbero cominciare finalmente a leggere.
Dalle dominazioni straniere all’origine del Liòtru, dalle porte di Catania al San Berillo,
sono tutte notizie che incuriosiscono ed invogliano all’approfondimento. A proposito del
quartiere di San Berillo vi è una scheda che consiglierei di far leggere, a tutti i politici e tecnici della città, solo per farli riflettere sulle grandi potenzialità del più grande quartiere mutilato del meridione d’Italia.
Grazie Aldo Motta.
Domenico Trischitta
STORIE DI PIETRE
URSINO, IL CASTELLO DAL NOME MISTERIOSO
Il castello Ursino, ubicato a suo tempo sulle rive del mare, è una tra le più prestigiose
costruzioni difensive che esistono nel Mezzogiorno. Realizzato tra il 1239 e il 1250 dall’architetto
Riccardo da Lentini, per conto di Federico II di Svevia, è stato sede di molti re e parlamenti. L’etimo
di “Ursino” è incerta. Vi sono storici che asseriscono che derivi dalla famiglia Orsini che fu ospite
nel castello dopo essere stata cacciata da Roma; c’è chi sostiene che Ursino era chiamata la località dove è sorto il maniero. Chi infine fa derivare il nome dal console romano Arsinio. Di certo,
comunque, si sa che nel 1255 in una bolla di Papa Alessandro IV, era concesso ai Francescani di
Catania un sacro luogo posto all’interno del “castrum Ursinum”. Come abbiamo accennato il
castello sorgeva sulla riva del mare. La colata dell’eruzione dell’Etna del 1669 circondò il castello e
lo allontanò dal mare per alcune centinaia di metri.
Federico II, morì in Puglia nel 1250, e sembra che non abbia potuto vedere completato il
castello che lui aveva voluto. Nel 1283 re Pietro d’Aragona vi riunì il parlamento siciliano. Nel 1347
fu firmata la pace tra la regina Giovanna di Napoli e Giovanni duca di Atene. Nel 1402 furono celebrate le seconde nozze fra re Martino con Bianca di Navarra.
Alla fine del 1500 e per diversi anni la costruzione divenne carcere. Nella prima metà del
‘600 nel cortile del castello avveniva la macellazione dei bovini per la città. Il comune di Catania
nel 1931, proprietario del castello, avviò una serie di ristrutturazioni e il 20 ottobre del 1934, alla
presenza di re Vittorio Emanale III s’inaugurava l’attuale museo civico, che comprende tra l’altro la
ricca collezione lasciata alla città dal principe Ignazio Paternò Castello di Biscari e quella dei padri
Benedettini. Vi sono, inoltre, preziosi dipinti di illustri pittori italiani (come, per esempio, Pietro
Novelli) e stranieri, nonché armi, corazze. Il castello ha forma di parallelepipedo con i lati di 50
metri, con sei torri cilindriche, una per ogni angolo e le altre a metà dei lati nord e ovest.
L’ingresso è a nord. Il primo piano non ha finestre esterne e le stanze ricevono la luce dal
cortile. Al piano superiore vi sono quattro finestre, mentre nelle torri esiste una serie di feritoie. Nel
piano inferiore vi sono vi sono quattro grandi sale, con camere minori. La scala porta dalla coorte al
piano superiore dove vi è la Sala dei Parlamenti. Le torri poste ai quattro angoli hanno un nome: delle
Torture (a nord-est), delle Bandiere (a nord-ovest) dei Magazzini (a sud-ovest) e dei Sali (a sud-est).
Eleonora Consoli
Antonio Di Paola