C`era una volta a Salerno nel dopoguerra/6, Il dramma di quei mille
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C`era una volta a Salerno nel dopoguerra/6, Il dramma di quei mille
ASSOCIAZIONE IRIDE LA MOSTRA Premio dedicato alla Lamberti Aboca, gli erbari fino al 7 aprile ■■ L’associazione L’Iride, organizzatrice del Premio letterario Città di Cava de’ Tirreni, ha deciso di dedicare il premio , giunto alla 32esima edizione alla povera Simonetta Lamberti. ■■ Un giardino a cielo aperto: il Museo Diocesano “San Matteo” di Salerno sarà ancora protagonista fino al 7 aprile con la mostra “Quando l’arte serviva a curare. Gli erbari fra scienza e arte” organizzata da Aboca Museum. VIAGGIO INVERSO/28 » STÜDEMANN Lo straniero e la tradizione vietrese L’artista di Berlino operò nella ceramica miscelando la scuola italiana e quella mitteleuropea di VITO PINTO S i chiama "La Torretta" quella piccola casa con ingresso sull'erta strada che dalla Marina porta a Vietri sul Mare ed ha l'affaccio sulla sottostante valle del fiume Bonea. Su una delle pareti a vista strada è un'edicola devozionale formata da uno splendido pannello di 35 riggiole ceramiche raffigurante una sontuosa Madonna con Bambino assisa in trono. Nella parte inferiore un pesciolino, la sigla "G.St." e la scritta "Ceramica Fontana Limite" rimandano a Günther Stüdemann, uno di quegli stranieri che, dalla metà degli anni venti e sino alle soglie degli anni quaranta del secolo scorso, operarono nella ceramica di Vietri sul Mare, connotando un periodo erroneamente chiamato "tedesco". Una schiera di artisti che innescò quella rivoluzione culturale e produttiva capace di intrecciare la tradizione vietrese e la cultura mitteleuropea, dando "vita a uno dei momenti più alti della storia della ceramica italiana". Scrive Eduardo Alamaro: "In quel tempo a Vietri, con un po' di pane e molto amore e fantasia, si stava facendo, dentro la fabbrica diffusa, una ceramica mediterranea nuova e sovranazionale, una ceramica europea, un racconto popolare". A Günther Stüdemann, artista "silenzioso" al quale la storia non ha dedicato il dovuto risalto, va ascritto la primogenitura di questo "racconto" con una propria fabbrica, la "Fontana Limite". Nato a Berlino nel 1890 frequentò la Lander-Kunst-Schu- le di Amburgo, per poi formarsi alla scuola di Martin Brandenburg nella Berlino secessionista. Stüdemann giunse in Italia nel 1922, trovando alloggio all'Albergo Margherita nel rione Liparlati a Positano. Come per gli altri artisti presenti, il paese, anche per lui, fu fonte di grandi spunti pittorici tracciati con tecniche diverse a dimostrazione del suo dominio d'arte. E furono tele, chine, acquerelli, tempere. Nelle opere riporta quell'andamento verticale del paese, "ripigliandolo ora dal basso ed ora dall'alto", quasi in un andirivieni narrativo di un luogo dove le giornate trascorrevano con abitanti sempre disponibili e gentili con i "forestieri". I luoghi preferiti per i suoi dipinti furono il rione Fornillo, la zona alta della Chiesa Nuova, la valle dei Mulini con la chiesa del Rosario. Una china acquarellata, in particolare, sembra raccontare questo paese montuosamente marino: è un vicoletto coperto da arco, percorso da una scaletta in cima alla quale è la sagoma di una donna con un'anfora sulle spalle, scena di vita quotidiana presente anche in foto Alinari e di Giulio Rispoli. Era il 1924 quando Stüdemann giunse a Vietri, forse spinto dalla sua voglia di tentare nuove strade artistiche, anche se a digiuno di esperienza ceramica. L'artista prese in fitto una parte dei locali della fabbrica Amabile a Marina di Vietri dando vita alla fabbrica di "Fontana Limite". A lavorare con lui sono le olandesi Sophia von Stölk e Lena Hagstotz; si aggregarono anche Vincenzino Procida e il faenti- Gunther Studemann e Giosué Procida no Luigi Di Lerma. Inizia, così, quel florido periodo di rinnovamento stilistico e culturale della ceramica vietrese cui molti artisti hanno guardato con grande interesse, come Giovannino Carrano, Guido Gambone e Salvatore Procida, pur conservando il codice genetico locale: pura genialità artistica vietrese. Come marchio, Stüdemann adotta un pesciolino, quasi a voler legare, da subito, una produzione colta ad una tradizione locale antica. In questo ambiente era ovvio che tra Stüdemann e Richard Dölker, giunto dopo, na- scesse un sodalizio ed una proficua collaborazione, tant'è che al museo di Thurnau in Germania sono esposte sette statuite presepiali, alcune delle quali realizzate da Günther ed altre da Richard. In un ricordo di Susanna Dölker si scopre che quei pastori furono modellati in un "Natale freddo e solitario in cui i due artisti si consolarono bevendo insieme tanto vino". E sono del periodo di "Fontana Limite" alcune Madonne e altri pannelli ceramici sparsi tra abitazioni e spazi di pubblica fruizione di Positano. Nel 1926 nasce a Vietri la ICS C’ERA UNA VOLTA SALERNO NEL DOPOGUERRA/6 Il dramma di quei mille bambini che cercavano una casa di M. GIUSTINA LAURENZI I no eredi. Di Marrazzo ce n’è stato uno». Infine un aneddoto. «Quando finivamo i comizi, si andava a cena. Ero molto giovane all’epoca – racconta Sales – Ricordo che in ogni ristorante in cui andavamo riceveva sempre un fiore, in genere una rosa. Non sapevo a chi attribuirlo. Se ad un ammiratore, un’ammiratrice, un delinquente. Forse era una persona dell’altro mondo, cioè una persona che lui attaccava e che probabilmente in fondo lo ammirava. Ricordo che Joe mi guardava e mi diceva rassicurante “Non ti preoccupare”». ©RIPRODUZIONE RISERVATA bambini mi sono sempre piaciuti. Ti guardano dritto negli occhi senza paura di reggere un altro sguardo,senza il timore di far capire all'altro qualcosa di sé. Non tradiscono, non rubano se nessuno glielo insegna e dicono bugie solo se si sentono minacciati e, ahimè, hanno una fiducia illimitata nei "grandi"... quegli stessi che spesso li picchiano, li maltrattano, abusano di loro. I bambini hanno una intelligenza deduttiva, le loro frasi celebri ci fanno ridere, ma hanno una loro ragione…Una mia nipote di cinque anni sentiva sempre dire che la nonna era vecchia e allora le chiese se era nata prima o dopo Cristo… un altro era convinto che la pulce fosse la madre del pulcino. E quante guerre, quante morti, quanto strazio, quanta fame vediamo subire da bambini inermi... Le loro facce incredule passano sui nostri schermi mentre stia- mo tranquillamente seduti a tavola …Sono lontani, però, diversi, dice qualcuno,…ma quelli di cui parla il Roma del '47, quegli orfani di guerra, erano proprio i nostri bambini, parlavano la nostra lingua, anzi, il nostro dialetto che si sa, è più pregnante, più diretto… Mille bambini cercano casa "L'opera "Ragazzi nostri"è fiorita per germinazione spontanea, nella buona e feconda terra della solidarietà cristiana e della umana comprensione… il Vescovo di Salerno S.E. Rev.ma mons. Demetrio Moscati, che vide nella redenzione dei fanciulli dai gravi pericoli della strada, soprattutto quando in questa le truppe alleate avevano portato al seguito dell'invasione , tutti i vizi e tutte le tentazioni …" Francamente non credo che i giovani soldati americani avessero portato questa ondata di depravazione in città, ma sono convinta, invece, che la miseria sia sempre all'origine del degrado. "Ma la volontà fors'anche quella di un Pastore eletto non sarebbe bastata, se questo seme non avesse trovato nella fervorosa passione di Don Enzo Quaglia un coltivatore tenace che ha saputo escogitare tutti i mezzi e chiamare a sostegno tutti gli accorgimenti perché una volta gettata la semente questa fosse aiutata nel processo di germinazione. L'opera Ragazzi nostri, nacque comunque e fu limitata a qualche decina di figli del popolo prescelti nei casi più tristi e disperati e necessariamente limitata nei mezzi, si prefisse di salvare quelli che fossero più in pericolo … non dieci , non cento erano i bimbi da salvare, ma mille¨e forse anche questo numero non avrebbe potuto comprendere tutti i bisognosi, ma Dio è grande e misericordioso... Da dieci i Ragazzi nostri diventarono cento, duecento, cinquecento ed oggi sono mille . Una sapiente accorta …amorevole orgazzazione li ha raccolti dalla strada, li nutre, li veste, li edu- ca, li indirizza nelle Arti e nei mestieri.Cinquecento maschietti ed altrettante femminucce…" Solo una volta nella mia vita ho conosciuto dei ragazzi di strada. E' stato in Brasile mentre preparavo uno spettacolo su Pinocchio in un grande centro culturale di San Paolo, il Sesc Pompeia. Decine e decine di senza tetto, che dormivano in cartoni davanti alle porte del centro, venivano puntuali ad assistere alle nostre prove. Al momento dei pasti, però, non volevano mai sedersi con noi, e accettavano solo un po' di soldi per comprarsi pane e formaggio, poi con grande disciplina, sedevano fuori dalla mensa aspettando che finissimo di mangiare. Non uno di loro pianse quando ci videro andar via, ma i loro occhi erano pieni di una rassegnazione che non scorderò mai più. "Questa nota ci viene suggerita da una recente visita da noi compiuta ai locali che ospitano la bella istituzione. Si tratta di di Max Melamerson ed è difficile pensare che Stüdemann abbia contribuito: le cronache dicono che tenne viva la sua fabbrica sino al 1928, quando ritornò in Germania, dove aprì un laboratorio ceramico nei pressi di Berlino. Scende ancora una volta nel Mediterraneo nel 1931, andando a Rodi, isola del Dodecaneso ad occupazione italiana, chiamato da Dario Poppi, un faentino giunto sul finire degli anni venti a Vietri su richiesta di don Ciccio Avallone, e quel Luigi De Lerma che aveva collaborato alla "Fontana Limite". Nella parte della "città murata" dell'isola i tre fondarono la fabbrica "ICARO" dove, in effetti, portarono lo "Stile Vietri" innestandovi sopra i motivi della ceramica Iznik. In questa fabbrica giunge anche Sophia von Stölk, che nel frattempo aveva sposato De Lerma, e l'austriaco Hegor Huber. Due anni e poi Stüdemann si trasferì in Spagna, a Esplugas, altra zona ad interesse ceramico, prima di ritornare definitivamente in Germania a Thurnau, dove rimase sino al 1981, anno della sua scomparsa. Di Stüdemann sul territorio non restano molte testimonianze, se non quelle di cui si è raccontato: molto è in Germania, in quel Topfermuseum, nato dopo la sua morte per volontà della seconda moglie, Luise. Tornò a rivedere Positano nel maggio del 1965 fermandosi all'albergo Casa Soriano; raccontò la moglie che fu come una sorta di riappropriazione di un passato felice, perché cercò e ritrovò tutte le sue opere. ©RIPRODUZIONE RISERVATA vecchi stanzoni di un vecchio convento delle suore di Montevergine , che hanno avuto bisogno di necessarie riparazioni per assicurarne la statica e garantire specialmente gli impianti.. Ma sono insufficienti alle complesse attività dell'opera ….pochi sanno che questi mille bambini vengono accolti alle ore 8 di ogni mattina e trascorrono tutta la giornata amorosamente assistiti dal personale insegnante e di vigilanza e la giornata laboriosa regolata da un programma orario che alterna i giochi allo studio,l'insegnamento del mestiere alle refezioni, si svolge in poco spazio dunque sono molto limitati….Si arresta dinanzi all'ostacolo insormontabile della mancanza di attrezzature per scuole artigiane ed anche per ospitare permanentemente se non tutti almeno parte dei bimbi che forse non hanno una casa ed un tetto, ma vivono in topaie in una promiscuità pericolosa… Mille bambini cercano una casa! Possibile che non ci sia modo di dare a questa istituzione una sede adeguata alla sua importanza,alle sue possibilità, al suo promettente incremento?"