Se questo è un uomo

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Se questo è un uomo
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Se questo è un uomo
Opera di Primo Levi
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L’autore e le opere
Primo Levi è l’autore del testo “Se questo è un uomo”, scritto dopo
esser stato liberato dal campo di <<annientamento>> (così definito
da Levi stesso) di Auschwitz.
Primo Levi nasce da una famiglia ebrea a Torino, il 31 luglio 1919.
Dopo aver conseguito la maturità classica, si iscrive presso la facoltà
di chimica dell’Università di Torino. Nel 1938, un anno dopo
l’iscrizione, entrano in vigore le leggi razziali che, fortunatamente,
permettono agli ebrei che hanno intrapreso gli studi di terminarli. Nel
1941, infatti, riceve la laurea con lode con una tesi sulla fisica. Dopo
la malattia del padre e le notevoli difficoltà economiche della
famiglia, nel 1942 lavora a due
due piccoli testi, in seguito raccolti ne “Il
sistema periodico” e si iscrive al Partito d’Azione di Milano, in forma
clandestina. Trova occupazione presso una fabbrica farmaceutica svizzera. Dopo l’iscrizione
in un comando partigiano valdostano, viene catturato
catturato dai fascisti il 13 dicembre 1943. Viene
successivamente liberato nel gennaio 1945 dall’Armata Rossa. Dopo aver trovato un nuovo
impiego chimico a Milano, è turbato psico-fisicamente
psico fisicamente e sente la necessità di raccontare il
vissuto ad Auschwitz. Pubblica così il romanzo-saggio
saggio “Se questo è un uomo”, che all’inizio
ottiene poco successo. Nel 1956 è però riproposto ad Einaudi in occasione di una mostra
sulla deportazione. Nel giro di pochi anni, acquista un successo internazionale stupefacente e
pubblica, nell 1962, anche il romanzo sul ritorno in Italia, “La tregua”. Nel 1975, dopo esser
stato uno scrittore molto prolifico, si ritira in pensione e scrive ancora due testi, per poi morire
a Torino l’11 aprile del 1987. Viene avvalorata l’ipotesi di suicidio, in quanto è morto per
essere caduto dalle scale della sua casa. Forse perché il dolore del campo di sterminio lo
aveva marchiato a vita, nessuno potrà mai conoscere cosa fosse accaduto.
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La trama
Il testo “Se questo è un uomo”, di Primo Levi, tratta la sua sgradita permanenza nel campo di
internamento di Auschwitz. Il protagonista, essendo un’autobiografia, è lo stesso Levi,
insieme a diversi secondari e comparse. Il luogo e il tempo dei fatti è appunto Auschwitz, dal
1943 al 1945. Il tema del testo è un’evidenziazione di cosa è successo in quegli orribili
luoghi, dove Levi ha vissuto per quasi due anni e di cui parla della vita quotidiana al suo
interno. Il testo è strutturato in maniera omogenea, seguendo completamente la fabula del
racconto, fatto scanso di alcune brevi analessi “implicite”.
Il libro inizia con il racconto della cattura di Levi, della sua prigionia nel campo italiano di
Fossoli per circa un mese e della deportazione nel campo di Auschwitz insieme a
seicentocinquanta ebrei. Durante il viaggio, un indeterminato “Caronte” chiede loro di
consegnare gli oggetti di valore come orologi, in quanto nel campo non serviranno.
Psicologicamente, Levi ci pone una sua analisi dei suoi compagni di sventura, descrivendo lo
spirito di rassegnazione, unito ad una condizione di mestizia, di mera infelicità. All’arrivo, un
certo Flesch fa da traduttore simultaneo tra italiani e SS. Dopo le prime e vaghe informazioni,
i deportati vengono denudati e condotti alle docce, ma prima incontrano un medico
ungherese (ma deportato) che riesce a parlare uno scarso italiano, e spiega ai deportati come
si conduce la vita nel campo. Infine, ha luogo la doccia ed in quel momento i deportati si
“lavano” completamente della loro identità morale e personale. Dopo l’evento, i deportati
sono ufficialmente degli “Haftlinge”, ovvero prigionieri. Levi è il numero 147517. In seguito,
viene illustrata la disposizione del campo, dei “block”, ovvero dei capannoni di lavoro e
vengono informati i prigionieri della loro distribuzione. Levi, con occhio critico, si sofferma
sull’inusualità dell’abbigliamento nel campo e di come le più piccole cose diventino
essenziali. Nel capitolo III si discute della “Babele” di lingue che si è formata in quel campo e
viene descritto il generale Steinlauf, combattente della prima guerra mondiale e prigioniero
nel campo. Inoltre, vengono descritti il rancio e si discute sui servizi igienici del campo,
pessimi e scadenti. Primo, nel capitolo successivo, viene ricoverato nel Krankenbau, o
semplicemente Ka-Be, ovvero l’infermeria, a seguito di un incidente al piede mentre stava
trasportando un supporto di ghisa insieme a Null Achtzehn, un suo compagno. Dopo i
maltrattamenti da parte del Kapo, si reca nel Ka-Be per farsi curare e narra della vita
all’interno di quelle strutture. In “Le nostre notti” descrive il suo rientro nel block e come si
trascorrono le fredde notti invernali, raccontando di una lunga notte presa come modello. Nel
capitolo successivo, Levi racconta della giornata-tipo nel campo e del problema delle latrine.
In seguito, egli tratta del paesaggio e dei momenti di calma nel campo, riflettendo sulla
natura umana e descrivendo il successo di Templer nel ricevere cinquanta litri di zuppa e
l’obiettivo dei prigionieri di raggiungere la primavera senza morire. Il VIII descrive l’economia
illegale del campo: furti, compravendite e tecniche losche per accaparrarsi da mangiare e si
mette in evidenza come anche le SS inducano i prigionieri a compiere opere illegali, per
sminuirli e “ridurli ai minimi termini”, ovvero portarli allo stato di bestie. Ma il capitolo
centrale è il successivo, “I sommersi e i salvati” (sul quale si fonda anche un altro libro di Levi,
dal titolo omonimo). Qui viene descritta l’esperienza nel lager dal punto di vista scientifico,
ovvero come lotta di sopravvivenza biologica e sociale tra due immense categorie: i sommersi
e i salvati. Le differenze tra altre coppie di “contrari” sono meno palesi e meno accentuate, in
quanto ammettono anche dei livelli intermedi. Egli descrive le storie di quattro “salvati”,
ovvero Schepschel, Alfred, Elias e Henri. Senza addentrarci nel particolare, possiamo
constatare che le storie, più o meno tragiche, dei quattro personaggi siano fondate sul
principio di sopravvivenza e sulle loro capacità tecniche ed economiche. Nel capitolo X, però,
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vediamo come anche Primo riesce finalmente a determinarsi in una categoria, quella dei
salvati: infatti, qui sostiene un esame per entrare a far parte del Kommando Chimico. Deve
fare affidamento sulla sua specialità di laurea (“… mi sono laureato a Torino nel 1941,
summa cum laude…” e discute della sua tesi di laurea. E’ sicuro della sua accettazione nel
kommando che si contrappone con la sua figura rovinata, sporca e quasi senza identità. Qui
si delineano ancora diversi profili dei personaggi e di ambienti, come lo stabilimento chimico
che deve essere costruito dai prigionieri. Ne “Il canto di Ulisse”, dopo aver pulito una cisterna,
mentre sta trasportando la zuppa, Levi recita e illustra meglio il canto di Ulisse, estratto della
Divina Commedia (Inferno, XXVI), al compagno francese detto Pikolo, con qualche difficoltà di
comprensione. Sta arrivando la fine dell’inferno, con “I fatti dell’estate” siamo già nell’agosto
1944 e i bombardieri irrompono nell’Alta Slesia, mentre si interrompono i lavori con lunghe
ed irregolari pause e con l’arrivo degli ebrei ungheresi il lager inizia a dare segni di cedimento.
Arriva l’inverno e nell’ottobre del ’44 si intensificano di molto le selezioni per la cremazione.
Primo vive con una certa tranquillità questo momento, anche se non era di certo esonerato
dalla selezione. Nel “Kraus” si mettono ancora in evidenza i patimenti per il freddo inverno e
si descrive un episodio di lavoro col compagno Kraus. Arriva il momento per Levi di entrare
nei laboratori chimici, dove inizia ad ideare il libro che abbiamo letto. Qui si apre un grande
momento di riflessione dopo il periodo natalizio, in cui Primo descrive la sua maturazione nel
lager, contrapponendola con la sua passata condizione di libertà. Adesso siamo davvero agli
sgoccioli, restan solo due capitoli, forse i più intensi di tutto il percorso. Ne “L’ultimo”
abbiamo una raccolta di episodi quotidiani, seguita dall’impiccagione di un prigioniero
rivoluzionario. E’ qui che si tiran le somme su come il lager abbia avuto un effetto di
distruzione morale dei deportati. E’ arrivato il capitolo XVII. Levi, affetto da scarlattina, viene
ricoverato e scampa così allo sterminio dei prigionieri, perché i tedeschi erano ormai
circondati dai russi. Poi si racconta di scorci di vita senza i tedeschi ed il tanto atteso arrivo
dei russi, per la liberazione definitiva.
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Analisi narratologica
E’ intanto utile definire il genere letterario a cui il testo appartiene. E’ un’evidente
autobiografia che, per il modo in cui sono trattati gli argomenti, assume aspetti di saggioromanzo. Tutto il romanzo è cronologicamente ordinato, sebbene compaiano numerosi
esempi di analessi (flash back), utili a porre il lettore in condizione di comparare la vita nel
lager alla vita passata. Inoltre, essendo il libro scritto dopo l’avvenimento dei fatti, sono
presenti anche alcune brevi prolessi (flash forward). Essendo presenti queste tecniche
narrative, possiamo definire la presenza di un intreccio nella storia, sebbene (e lo ribadisco) il
romanzo sia ben ordinato (addirittura, nei capitoli I, II, IV, V, X, XI, XII, XIII, XIV, XV, XVI e XVII
assume, anche non completamente, la strutturazione tipica di un diario). Il narratore della
storia (Levi) coincide perfettamente col protagonista. Detto ciò, deduciamo che il narratore è
omodiegetico fisso ed è unico. La sua focalizzazione è interna, con tratti di variabilità. A volte,
ci sono momenti in cui la focalizzazione può essere intesa come zero. Per quanto riguarda i
personaggi, essi sono molti e perlopiù sono personaggi a tutto tondo. A parte Levi che è il
protagonista, riconosciamo diversi secondari e comparse. La maggior parte delle volte, a
presentare il personaggio è il narratore (cioè Primo), che lo descrive per quanto ne sappia.
Per quanto concerne il tempo, il testo è stato scritto tra il dicembre del ’45 e il gennaio del
’47, per cui abbiamo una distanza molto prossima a noi lettori (in media 60 anni). Il ritmo
narrativo è di varia densità, ma prevale la narrazione del tempo reale, sebbene siano presenti
innumerevoli sequenze riflessive e diverse dialogiche che rallentano di molto il ritmo e Levi fa
anche uso (poco, relativamente alle sequenze rallentatrici) di sommari o in alcuni casi di
ellissi. I tempi verbali della narrazione sono strutturati sotto un ampio uso del presente
“storico” (soprattutto nei capitoli di “forma diario”), sebbene si faccia anche poco uso dei
tempi al passato. Lo spazio della narrazione è (tralasciando luoghi come il treno per l’arrivo e
le cuccette, in cui si svolgono diverse parti del brano) genericamente il campo di Auschwitz
Monowitz, quindi si tratta di uno spazio reale, con alternanza di ambienti aperti e chiusi. Lo
spazio è descritto per denotazione, anche se Levi divaga molto con il rapporto che prende
ogni luogo per lui, quindi si assume anche una certa connotazione degli spazi. La loro
funzione è in generale mimetica (anche per l’uso del tempo presente, come abbiamo già
rilevato in precedenza), con eccezioni per funzioni demarcative e focalizzatrici. Il discorso è
per alcuni tratti indiretto libero, con la possibile presenza di monologhi interiori.
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Scheda tecnica del libro e riferimenti
intertestuali
TITOLO DEL LIBRO: “Se questo è un uomo”
AUTORE: Primo Levi
CASA EDITRICE: 1^ pubblicazione: DE SILVA – Pubblicazione esaminata: EINAUDI
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 1^ pubbl.: 1947 – Pubbl. esaminata: 2002
AMBIENTAZIONE: Campo di internamento di Auschwitz – Monowitz
ANNO DI AMBIENTAZIONE: 1943-1945
GENERE: Saggio – romanzo autobiografico
NUMERO DI CAPITOLI: 17 più appendici, pre e post fazione
NUMERO DELLE PAGINE: 214
Levi è autore di altri testi, che rispecchiano ancora altri aspetti della vita nel lager e della sua
occupazione come chimico. E’ inoltre autore di vari romanzi e di diverse poesie. Qui riporto
l’elenco di tutte le sue opere letterarie:
Se questo è un uomo (1947)
La tregua (1963)
Storie naturali (1966), racconti pubblicati sotto lo pseudonimo Damiano Malabaila
Vizio di forma (1971), racconti
Lilìt e altri racconti (1971), racconti
Il sistema periodico (1975), racconti
La chiave a stella (1978), romanzo
La ricerca delle radici (1981), antologia personale
Se non ora, quando? (1982), romanzo
Traduzione de Il processo di Franz Kafka (1983)
Ad ora incerta (1984), raccolta di poesie
L'altrui mestiere (1985), opera saggistica
I sommersi e i salvati, (1986), opera saggistica
Tutti i racconti (2005) (opera postuma)
Conversazioni e interviste 1963-1987 (1997) (opera postuma)
L'ultimo natale di guerra (2000) (opera postuma)
L'asimmetria e la vita. Articoli e saggi 1955-1987 (2002) (opera postuma)
Opere, a cura di E. Ferrero, Tre volumi, Biblioteca dell'Orsa, Einaudi, Torino, 1987.
(opera postuma)
Opere, a cura di M. Belpoliti, Due volumi, Nuova Universale Einaudi 225, Einaudi, Torino,
1997. (opera postuma).
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Conclusioni
Il testo in questione è stato per me un grande momento di riflessione. Ho vissuto
mimeticamente con Levi il dolore e la struggente condizione cui è stato sottoposto. Vorrei
anche aver trovato delle frasi che mi hanno colpito di più, ma guardando in prospettiva tutto il
libro non posso farlo. E’ tutto così vicino, così mimetico che non c’è un periodo che risalta di
più. Posso solo prendere (e mi auguro che leggendo lo facciano tutti) un momento di
riflessione, e ringraziare vivamente il Signore per quanto ci circonda e per non aver vissuto
simili esperienze. Il romanzo è stato così interessante e convissuto che ho già acquistato il
“seguito”, ovvero “La tregua”, che racconta del viaggio di ritorno a Torino. Concludo con una
piccola citazione del critico Claudio Toscani, ricordando che sono stati prodotti diversi film sui
romanzi di Levi, ma “l'ultimo appello di Primo Levi non dice non dimenticatemi, bensì non
dimenticate”.
Ivan Matematiko