L`elegante carrozza che conduceva la signorina Wychwood dal suo

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L`elegante carrozza che conduceva la signorina Wychwood dal suo
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Estratto da
Georgette Heyer, Una donna di classe
Titolo dell’opera originale
Lady of Quality
Edizione integrale
Traduzione dall’inglese
di Anna Luisa Zazo
Traduzione delle parti mancanti
di Bruna Mora
© Georgette Heyer 1972
© 2013 astoria srl
via Aristide De Togni 7 – 20123 Milano
Prima edizione: luglio 2013
ISBN 978-88-96919-60-6
Progetto grafico: zevilhéritier
www.astoriaedizioni.it
L’elegante carrozza che conduceva la signorina Wychwood
dal suo luogo di nascita, ai confini tra il Somerset e il Wiltshire, alla casa di Bath, avanzava a un’andatura decorosa poiché
tale era la volontà del cocchiere, anziano despota, che, avendo conosciuto la signorina Annis dal giorno della sua nascita,
quasi trent’anni addietro, guidava all’andatura che più giudicava
conveniente e faceva orecchi da mercante alle richieste di lei di
spronare i cavalli. Se la signorina Annis Wychwood di Twynham Park ignorava che cosa si dovesse alla sua posizione, lui
non lo ignorava affatto. Sebbene non fosse più giovanissima – in
realtà, la si poteva definire una zitella; non che egli l’avrebbe
mai definita così: aveva infatti licenziato lo sfrontato mozzo di
stalla che aveva osato farlo, dopo avergli dato un sonoro ceffone sull’orecchio –, sapeva molto bene, lui, come il suo amato
padrone avrebbe desiderato che fosse condotta sua figlia per la
campagna. Sapeva anche piuttosto bene cosa avrebbe pensato sir
Thomas se avesse saputo che la signorina Wychwood, pochi mesi
dopo la sua morte, aveva deciso di stabilirsi da sola a Bath, con
l’unica compagnia di una zitella strabica come chaperon. Una
donnetta da poco, la signorina Farlow, come lui non ne aveva
mai viste: simile a un coniglio scorticato più che a una donna, e,
come non bastasse, un vero mulino a vento di parole. Lo stupiva
profondamente che la signorina Wychwood riuscisse a sopporta1
re le sue sciocche chiacchiere, perché davvero non smetteva mai
di dare aria alla bocca.
La signorina tanto severamente giudicata sedeva in quel momento accanto alla signorina Wychwood nella carrozza, e ingannava il tedio del viaggio con ininterrotte chiacchiere. Aveva
un’età incerta, ma era scortese definirla una vecchia zitella; e
sebbene fosse senza alcun dubbio assai magra, era ingiusto paragonarla a un coniglio scorticato. Maria Farlow era una lontana parente della signorina Wychwood che un padre improvvido
aveva lasciato in povertà; quando aveva ricevuto una visita da
sir Geoffrey Wychwood e aveva compreso di dovere quell’onore
senza precedenti all’insistente desiderio di lui di assumerla come
chaperon di sua sorella, la signorina Farlow aveva visto nella persona robusta e assai poco romantica di sir Geoffrey un paladino
giunto a lei per salvarla da una dimora misera, da un cibo squallido, e dal costante timore di trovarsi indebitata. Non avrebbe
mai saputo quanto strenuamente la giovane donna che volevano
affidarle si fosse battuta contro la prospettiva di vedersi imporre
la sua compagnia o quella di qualsiasi altra donna; ma quando
si era presentata a Twynham Park stringendo nervosamente la
sua borsetta fuori moda, disperatamente ansiosa di riuscire gradita, rivolgendo al viso della signorina Wychwood uno sguardo
atterrito e implorante, il cuore di Annis aveva sconfitto la ragione,
e lei aveva pensato soltanto ad accogliere benevolmente quella
povera creatura timorosa. Lady Wychwood, incapace di figurarsi
la piccola e mite signorina Farlow come una compagna, e ancor meno come uno chaperon, adatta alla vivacissima signorina
Wychwood, alla prima occasione disponibile aveva supplicato la
cognata di non accettare con leggerezza i servizi della signorina
Farlow. “Sono convinta, carissima, che la troverai di una noia
insopportabile!” disse seriamente.
“Sì, è possibile, ma troverei di una noia insopportabile qualsiasi chaperon,” disse Annis. “Se devo avere uno chaperon – non
che ne veda la più piccola necessità, alla mia età! – lei va bene
come chiunque altra. Perlomeno non tenterà di governare in casa
mia, o di darmi degli ordini. Inoltre, mi spiace per lei!” All’improvviso si mise a ridere, vedendo lo sguardo dubbioso negli occhi
azzurri di lady Wychwood. “Ah, temi che non eserciterà alcun
controllo su di me! Hai perfettamente ragione: non lo farà! Ma
nessun altro lo farebbe, lo sai.”
“Ma Annis, Geoffrey dice…”
“So esattamente cosa dice Geoffrey,” la interruppe Annis.
“Negli ultimi vent’anni ho sempre saputo cosa avrebbe detto, e
lo trovo molto più noioso della povera signorina Farlow. No, no,
non cercare di sembrare scioccata! Credo che nessuno meglio di
te sappia che io e lui non possiamo andare d’accordo. L’unica
volta che tra noi c’è stato un accordo perfetto è stato quando mi
ha assicurato che avrei amato sua moglie!”
“Oh, Annis!” protestò lady Wychwood, arrossendo e voltando
il viso dall’altra parte. “Non dovresti dire queste cose. Inoltre, non
posso credere che tu intenda davvero ciò che hai detto, visto che
non vuoi continuare a vivere con me!”
“Che sciocchina!” esclamò Annis, lo sguardo ancora ridente.
“Potrei vivere felicemente con te per il resto dei miei giorni, come
sai bene! È con il mio eminente, pomposo e arrogante fratello che
non posso e non voglio vivere. Sì, lo trovi innaturale da parte mia?”
“È così triste!” mormorò Sua Signoria.
“Oh, no, perché? Avresti motivo di dire così se io rimanessi
qui. Devi ammettere che la vita sarà molto più pacifica senza di
me, visto che provoco Geoffrey una dozzina di volte al giorno!”
Lady Wychwood non poté negarlo, ma sospirò e disse: “Ma
sei troppo giovane per mettere su casa tua, carissima! Su questo
non posso che concordare con Geoffrey!”.
“Sei sempre d’accordo con lui, Amabel: in realtà, sei la moglie
perfetta per lui,” la interruppe Annis senza potersi frenare.
“Sono certa di non esserlo, sebbene ci provi con tutte le mie
forze. E per quanto riguarda l’essere d’accordo con lui, i gentiluomini sono molto più saggi di noi, e molto più capaci di giudicare
de… delle cose mondane, non pensi?”
“Assolutamente no!”
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“Ma Geoffrey ha ragione a dire che farà una strana impressione il fatto che tu vada a vivere da sola a Bath!”
“Beh, non sarò da sola, avrò con me la signorina Farlow.”
“Annis, non riesco a persuadermi che sia la persona giusta
per te!”
“No, ma la bellezza della cosa sta nel fatto che, avendola scelta, e avendomela imposta, Geoffrey non potrà mai riconoscere
di essere stato in errore. Anzi, ben presto scoprirà in lei tutte le
virtù, e ti dirà che il suo docile atteggiamento ha su di me un’eccellente influenza.”
Poiché sir Geoffrey le aveva già detto qualcosa di molto simile,
lady Wychwood si vide obbligata a ridere; tuttavia, scosse la testa
e disse: “È bello da parte tua trasformare tutto in scherzo, ma
non sarà divertente per Geoffrey – e neanche per me – quando la
gente penserà che hai lasciato la nostra casa perché non eravamo
gentili con te!”.
“Mia cara, non penseranno niente di simile quando vedranno
che siamo in perfetta amicizia. Spero che tu voglia continuare a
frequentarmi! Mi aspetto di ospitarvi spesso a Camden Place, e ti
avverto che continuerò a considerare Twynham come la mia seconda casa, ed è probabile che io venga a trovarvi senza cerimonie
per lunghe visite. Spererai che io sia a Gerico, vedrai!” Vide che
lady Wychwood sembrava molto malinconica, e andò a sederle
accanto. Le prese la mano e disse: “Cerca di capire, Amabel. Non
è solo per il fatto che io e Geoffrey ci scontriamo in continuazione
che vado a vivere da sola. Voglio… voglio una vita mia!”.
“Oh, questo lo capisco,” disse lady Wychwood con viva simpatia. “Dal primo momento in cui ti ho visto, ho trovato terribile
che una ragazza deliziosa come te dovesse sprecare la propria
vita! Se solo tu potessi accettare l’offerta di lord Beckenham, o
quella del signor Kilbride… No, forse questa no! Geoffrey dice
che è un vagabondo e un giocatore, e credo che non andrebbe
affatto bene per te, sebbene debba confessare che l’ho trovato
molto affascinante. Beh, se non ti piace Beckenham, cosa non va
nel giovane Gaydon? O…”
“Ferma, ferma,” pregò Annis ridendo. “Non c’è nulla che
non vada in loro, ma non ho potuto trovare in me il minimo desiderio di sposare nessuno di loro. In realtà, non desidero sposare
nessuno.”
“Ma Annis, ogni donna deve desiderare di sposarsi!” esclamò
lady Wychwood, piuttosto scioccata.
“Ecco, questo mostra ciò che penserà la gente nel vedermi
vivere nella mia casa invece che a Twynham,” esclamò Annis.
“Penseranno che sono un’eccentrica! Dieci a uno, diventerò una
delle attrazioni di Bath, come il vecchio generale Preston o come
quella bizzarra creatura che va in giro con un cerchio e delle
piume! Sarò indicata come…”
“Se non la smetti di dire sciocchezze, non so se mi tratterrò
dal darti uno schiaffo,” la interruppe lady Wychwood. “Non dubito che sarai indicata, ma non come un’eccentrica!”
Alla fine, entrambe provarono di essere nel giusto. Annis aveva conoscenze tra i residenti di Bath, e molti cari amici che vivevano nelle vicinanze, presso i quali aveva spesso soggiornato, così
che non arrivò a Bath come una forestiera. Si pensò che fosse un
po’ strano che Annis Wychwood avesse risolto di lasciare la protezione della casa fraterna; ma poiché era conosciuta come una
giovane donna assai indipendente e aveva allora già ventisei anni,
soltanto le creature più rigorose e malevole potevano condannare
la sua condotta. Possedeva per di più una ricca rendita, e non vi
era dunque da stupirsi che intendesse valersi dei vantaggi della
ricchezza. Vi era tuttavia da stupirsi che non fosse stata rapita
nella sua prima Stagione a Londra da un gentiluomo in cerca di
una moglie in cui la nascita e la bellezza si accompagnassero a
una non piccola dote.
Nessuno conosceva l’esatto ammontare della sua ricchezza;
ma era palesemente cospicuo: la famiglia Wychwood possedeva
Twynham Park da generazioni. Non meno degna di nota era la
sua bellezza. Se alcuni la giudicavano troppo alta e altri erano
pronti a trovare belle soltanto le brune, tali critici erano assai
poco numerosi. I suoi ammiratori – e ne aveva a dozzine – la
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definivano un’autentica perfezione, e dai capelli di un ricco color
oro alle piante dei suoi esili piedini non trovavano in lei alcun
difetto. Di particolare bellezza erano gli occhi, di un azzurro
profondo, e scintillanti di una tale luce che un gentiluomo invaghito di lei e dotato di una mente poetica aveva dichiarato
che il loro splendore gettava nell’ombra le stelle. Erano occhi
ridenti, incorniciati da sopracciglia delicatamente arcuate; e la
sua bocca generosa sembrava fatta per il riso. Aveva inoltre un
personale elegante, si muoveva con grazia, si vestiva con gusto
impeccabile, e aveva modi affascinanti che la rendevano cara
anche a vecchie e rigorose gentildonne quali la signora Mandeville. Una “brava ragazza” l’aveva definita un giorno, “non una
di quelle ragazzette smorfiose! Non riesco a capire perché non
sia sposata”.
Quanti avevano conosciuto suo padre sapevano quale affetto
avesse avuto per lei e immaginavano fosse per questo che Annis
non aveva accettato alcuna proposta di matrimonio. Senza alcun
dubbio, dicevano i saccenti, era per questo che aveva deciso di
vivere a Bath quando il padre era morto: aveva infine deciso di
sposarsi, e quali possibilità aveva di incontrare un buon partito
in piena campagna? Soltanto una signora giudicò sconveniente
quella decisione, ma, poiché era notoriamente una persona malevola e aveva due figlie di scarsa avvenenza in età da marito,
nessuno le prestò ascolto. Senza dire che la signorina Wychwood
viveva con un’anziana cugina, e non avrebbe potuto esservi una
soluzione più rispettosa delle convenienze.
Così anche sir Geoffrey dimostrava di essere stato nel giusto e
poteva vantarsi della sua saggezza. Presto accettò benevolmente
la situazione e si sentì più affettuosamente vicino alla sorella di
quanto fosse mai stato prima. Quanto alla signorina Farlow, non
era mai stata tanto felice in vita sua, né mai aveva goduto di
tanto lusso, e senza dubbio non avrebbe mai potuto essere sufficientemente grata alla cara Annis, che non soltanto le pagava
uno stipendio molto generoso ma la ricolmava di lussi, dal fuoco
sempre acceso nella sua camera al diritto di ordinare la carrozza
ogniqualvolta desiderasse recarsi troppo lontano per potervi andare a piedi. Non già che lei si avvalesse mai di tale concessione,
poiché, a suo avviso, sarebbe stato abusare in modo deplorevole
della generosità della sua ospite. Sventuratamente, con quella sua
strabocchevole gratitudine non faceva che indispettire la signorina Wychwood oltre ogni limite, con incessanti premure, continue
e superflue commissioni che si ostinava a fare per lei (suscitando
la gelosa collera della signorina Jurby, la devota cameriera personale di Annis), e con la determinazione di intrattenerla (a quanto
sperava) con l’inesauribile flusso di quelli che Annis chiamava
“tediosi nulla”.
Era giusto quel che stava facendo ora, nel viaggio di ritorno
a Bath da Twynham Park. Non la offendeva ricevere dalla signorina Wychwood soltanto risposte distratte, meno ancora la
induceva a porre freno alla sua inesauribile conversazione. Al
contrario; vedeva bene che la cara signorina Annis era malinconica e giudicava suo dovere distrarla. Senza alcun dubbio la
addolorava dover lasciare Twynham; la signorina Farlow lo comprendeva assai bene poiché lei stessa era piuttosto triste: era stata
una settimana in verità assai gradevole!
“È così gentile lady Wychwood,” disse in tono gaio. “Davvero, rende triste il doversene andare. Ora non possiamo che
aspettare Pasqua, quando li avremo tutti a Camden Place. Sarà
difficile occuparsi in modo adeguato di quei meravigliosi bambini, non credete Annis?”
“Non credo lo troverò difficile,” disse Annis con un debole
sorriso. “E immagino che anche Jurby non lo troverà tale,” aggiunse, facendo l’occhiolino alla sua cameriera personale, che le
sedeva di fronte, tenendo la scatola dei gioielli della padrona sulle
ginocchia ossute. “L’ultimo incontro del piccolo Tom con Jurby
è stato un po’ turbolento, posso assicurartelo Maria! Anzi, sono
certa che se non fossi entrata nella stanza per caso proprio in quel
momento, gli avrebbe dato una sberla, proprio come meritava!
L’avresti fatto, vero Jurby?”
La cameriera rispose in modo austero: “Per quanto io possa
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essere stata tentata, Dio mi ha dato la forza di resistere alle tentazioni del male”.
“Oh, davvero, è stato Dio a darti la forza?” disse Annis con
fare interrogativo. “Avevo pensato che fosse stato il mio intervento
a salvarlo!”
“Povero piccolo!” disse la signorina Farlow in modo caritatevole. “Così vivace! E dice delle cose così bizzarre! Non ho mai
visto un bambino così precoce. E anche la vostra dolce figlioccia,
Annis!”
“Temo sia inutile chiedermi di andare in estasi per i bambini
piccoli,” disse Annis in tono di scusa. “Credo che entrambi i
bambini mi piaceranno di più quando saranno un po’ più grandi.
Nel frattempo lascio che siate tu e la loro mamma a stravedere
per loro.”
La signorina Farlow si convinse che la cara Annis avesse mal
di capo, che era l’unica spiegazione possibile per la sua mancanza di entusiasmo per i nipoti. Disse: “Perché mi permettete di
continuare a chiacchierare quando sono convinta che abbiate
mal di capo? Non è questo il modo in cui dovreste trattarmi, o in
cui desidero che voi mi trattiate. Non c’è niente di più irritante
per i nervi che ascoltare chiacchiere da camino – non che questo
sia il camino, beninteso, per quanto il mattone bollente che ho
sotto i piedi mi tenga calda come fossi un toast – quando uno
non si sente bene. E non mi sorprenderebbe, mia cara, se fosse il
tempo a farvi dolere la testa, perché il vento freddo mi provoca di
frequente una sorta di tic, e il vento oggi è tagliente – non che noi
ce ne accorgiamo nella carrozza, che sono certa è la più confortevole che si possa immaginare, ma certamente c’è uno spiffero,
e non dobbiamo dimenticare che sei stata in piedi a parlare con
sir Geoffrey a lungo prima di entrarci. Sono certa che è lì che è
iniziato il malessere. Mi attendo che una volta a casa vi passi, e
nel frattempo non vi infastidirò continuando a parlare. Siete sicura di essere calda abbastanza? Lasciate che vi dia il mio scialle
da mettere intorno alla testa! Jurby vi terrà il cappello, o lo farò
io. Ora, dove ho messo i miei sali? Dovrebbero essere nella mia
borsetta, perché li metto sempre lì quando viaggio, perché non
si sa mai quando se ne possa aver bisogno, non è vero? Ma non
sembrano esserci… Oh, sì, eccoli! Sono scivolati sul fondo, sotto il
mio fazzoletto, sa il cielo come abbiano fatto, visto che mi ricordo
distintamente di averli messi sopra a tutto, perché potessero essere
a portata di mano. Spesso penso quanto sia straordinario il modo
che hanno le cose di muoversi da sole, come nessuno può negare
che facciano!”.
Continuò in questo modo per parecchi minuti, e quando
Annis rifiutò lo scialle e i sali, desiderò che avessero portato un
cuscino da mettere dietro la testa di Annis, o che fosse possibile
farle una tisana. Disperata, Annis chiuse gli occhi, e finalmente
la signorina Farlow, dopo aver attirato l’attenzione della signorina Jurby su questo fatto, e averle detto che dovevano stare zitte,
perché la signorina Annis stava tentando di riposare, si placò.
Annis non aveva mal di testa né era malinconica per la sua
partenza da Twynham Park. Era soltanto tediata. Forse il tempo
cupo, sebbene non le avesse causato il mal di testa, aveva influenzato il suo umore, dandole la sensazione per lei inconsueta
che il suo futuro fosse grigio e poco promettente come il cielo.
Lady Wychwood aveva tentato di trattenerla a Twynham ancora
per alcuni giorni dichiarando che avrebbe nevicato, ma Annis
non avrebbe prolungato la sua visita quando pure la neve fosse
in verità caduta, eventualità che giudicava assai improbabile.
Interpellato, sir Geoffrey disse: “Neve? Sciocchezze, amor mio.
C’è troppo vento, e non c’è freddo a sufficienza. Naturalmente
saremmo felici di trattenere Annis con noi, ma se ha degli impegni a Bath, non dobbiamo impedirle di mantenerli. Inoltre,
se nevicasse, sarebbe perfettamente al sicuro con Twitcham a
cassetta”.
Così fu permesso a Annis di partire senza ulteriori ostacoli da
parte dell’ansiosa cognata, e in cuor suo Annis pensò che se davvero avesse nevicato, sarebbe stata molto meglio a casa sua a Bath
piuttosto che murata a Twynham Park. La neve non cadde, ma
nessun raggio di sole penetrò le nuvole per rallegrare la malin-
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conia della campagna intrisa di pioggia; e un vento di nord-ovest
non contribuiva a rendere più confortevole quel giorno di marzo.
Era comprensibile che la signorina Wychwood fosse lievemente
depressa, e uscì dalla malinconica visione del suo probabile futuro
soltanto quando, a circa otto miglia da Bath, la signorina Farlow
esclamò: “Oh, povera, povera me; vi è forse stato un incidente?
Dovremmo fermarci? Guardate, cara Annis!”.
Bruscamente sottratta alle sue vane meditazioni, la signorina Wychwood aprì gli occhi. E non appena vide la causa della
improvvisa esclamazione della signorina Farlow, tirò il cordone
di cuoio, e quando Twitcham fermò i cavalli disse: “Oh, quelle
povere creature! Senza dubbio dobbiamo fermarci, Maria, e fare
quanto è in nostro potere per salvarle da una orribile situazione”.
Mentre lo staffiere balzava a terra per aprire la portiera e abbassare il montatoio, Annis ebbe il tempo di cogliere i particolari
della sventura occorsa ai due viaggiatori. Un calessino, privo di
una ruota, giaceva pericolosamente inclinato sul lato della strada,
e accanto si trovavano due persone: una figura femminile, avvolta
in un mantello, e un giovane biondo, che tastava le ginocchia del
cavallo e che disse, nell’istante in cui James, lo staffiere, apriva
la portiera della carrozza della signorina Wychwood: “Bene, è
quantomeno una fortuna che il cavallo non abbia subito danni”.
La sua compagna – la signorina Wychwood vide che si trattava di una donna molto giovane e assai graziosa – rispose non
senza una certa asprezza: “Non vedo che cosa vi sia di tanto
fortunato in questo!”.
“Sì, immagino che voi non lo vediate,” ribatté seccamente il
giovane gentiluomo. “Non siete voi che dovrete pagare per…” Si
interruppe, quando vide che l’elegante carrozza che aveva appena voltato l’angolo si era fermata, e la viaggiatrice, una signora
di incantevole bellezza, si preparava a scenderne. Trattenne il
respiro, si tolse il cappello a cilindro, e balbettò: “Non avevo visto… voglio dire, non pensavo… vale a dire…”.
La signorina Wychwood scoppiò a ridere e lo trasse dal suo
imbarazzo dicendo mentre scendeva dalla carrozza: “Immagi-
nate dunque si potesse essere tanto crudeli da non sostare? State
certo che io non lo sono! Questa stessa sventura è accaduta una
volta a me, e so bene quanto ci si senta impotenti se si perde
una ruota. Che cosa posso fare per salvarvi da questa orribile
situazione?”
La ragazza, guardandola con diffidenza, non disse nulla, ma
il giovane gentiluomo s’inchinò garbatamente. “Vi ringrazio,”
disse. “È davvero generoso da parte vostra, signora. Vi sarò assai grato se vorrete pregare qualcuno, alla prossima stazione di
posta, di mandare qui una carrozza per condurci a Bath. Io non
conosco questa zona, e dunque non saprei… Inoltre c’è il problema del cavallo: non posso lasciarlo qui, non credete? Forse…
Soltanto non mi piace chiedervi di trovare un carraio, signora,
sebbene un carraio sia proprio quello di cui abbiamo soprattutto
necessità!”
A quelle parole intervenne la sua compagna dichiarando che
un carraio non era quello di cui lei aveva necessità. “Dieci contro
uno non verrebbe affatto, e quando pure venisse, chi ha mai udito
parlare di un carraio che ripari una ruota lungo la strada? Tanto
più una ruota con due raggi spezzati! Passerebbero ore prima che
possiamo giungere a Bath, e voi sapete quanto sia importante per
me giungervi non un solo istante dopo le cinque! Avrei dovuto
sapere come sarebbero andate le cose quando voi vi siete messo di
mezzo in una vicenda che è soltanto mia, poiché di tutte le teste
vuote che ho mai conosciuto voi siete la testa più vuota, Ninian!”
concluse con sdegno.
“Permettetemi di ricordarvi, Lucy,” ribatté il giovane gentiluomo, arrossendo fino alla radice dei capelli biondi, “che l’incidente non è imputabile a me! E se io non mi fossi, come voi dite,
messo in mezzo, in questo istante vi trovereste a miglia e miglia
da Bath! Se poi vogliamo parlare di teste vuote… !” Si interruppe,
controllandosi con sforzo palese, strinse i denti e concluse, con la
voce gelida di chi sia risoluto a non lasciarsi vincere dalla collera:
“Tuttavia, non sarò io a farlo!”.
“No, non fatelo!” intervenne Annis, non poco divertita da
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quello scambio di frasi. “Non avete davvero il tempo di indulgere a recriminazioni in questo momento, non è forse così? Se è
tanto importante per voi raggiungere Bath prima delle cinque,
signorina…?”
Tacque, inarcando le sopracciglia in una espressione interrogativa, ma la giovane signora che le era di fronte non parve voler
riempire quel silenzio. Dopo alcuni istanti di incertezza, balbettò:
“Se non vi dispiace, signora, chiamatemi soltanto Lucilla. Ho…
ho una ragione molto particolare per desiderare che nessuno conosca il mio nome, semmai dovessero inseguirmi!”
“Chi dovrebbe inseguirvi?” chiese la signorina Wychwood,
domandandosi in quale singolare avventura si fosse mai imbattuta.
“Mia zia e suo padre,” spiegò Lucilla accennando al suo compagno. “E molto probabilmente anche mio zio, se si indurrà ad
agire!”
“Sventurata me!” esclamò la signorina Wychwood, gli occhi
scintillanti. “È mai possibile che io stia aiutando una fuga?”
La prontezza con la quale la giovane signora e il gentiluomo
respinsero una simile ipotesi si accompagnava a tale sdegnata
veemenza che la signorina Wychwood faticò assai a non cedere
all’ilarità. Riuscendo a mantenere una certa compostezza, con
l’ombra appena di un tremito nella voce, disse: “Vogliate scusarmi! Non riesco a pensare come possa aver detto qualcosa di
tanto sciocco: avrei dovuto comprendere sin dall’inizio che non
si trattava di una fuga!”
Lucilla disse con dignità: “Sono forse un triste maschiaccio,
una zingara, forse la mia deplorevole condotta ripugna alla gente,
ma non ho perduto il senso delle convenienze a tal punto, qualsiasi
cosa dica la zia, e nulla potrebbe indurmi a fuggire con chicchessia! Neppure se fossi terribilmente innamorata, e non lo sono.
Quanto all’idea di fuggire con Ninian, sarebbe davvero sciocco
poiché…”
“Vorrei sapeste tenere a freno la lingua, Lucy,” la interruppe
Ninian, con uno sguardo assai offeso. “Parlate e parlate ininter-
rottamente, e vedete bene quali ne siano le conseguenze! Non mi
stupisce che abbiate potuto credere a una fuga,” aggiunse rigido
rivolto a Annis. “Ma le cose stanno in modo diverso.”
“Oh, molto, molto diverso,” confermò Lucilla. “La verità è
che io sto fuggendo da Ninian.”
“Vedo bene!” esclamò Annis in tono comprensivo. “E lui vi
aiuta a farlo.”
“Ebbene, sì, in un certo senso è così,” ammise Lucilla. “Non
già che io desiderassi il suo aiuto, ma le circostanze mi hanno reso
difficile respingerlo. È tutto… è tutto molto complicato, temo.”
“In verità sembra lo sia,” concordò Annis. “E se voleste spiegarmelo – non già che io desideri essere volgarmente curiosa,
badate! – che cosa ne direste di salire nella mia carrozza e di
venire con me nel luogo di Bath in cui desiderate andare?”
Lucilla lanciò uno sguardo di desiderio alla carrozza, ma scosse risolutamente il capo. “No, è molto cortese da parte vostra,
ma sarebbe davvero meschino da parte mia lasciare Ninian nelle
peste e non lo farò.”
“Oh, sì che lo farete!” intervenne Ninian. “Mi stavo appunto
chiedendo come farvi giungere a Bath prima che congeliate per il
freddo, e se la signora è disposta a condurvi le sarò molto grato.”
“Senza dubbio la condurrò a Bath,” sorrise Annis. “Il mio
nome, tra parentesi, è Wychwood, Annis Wychwood.”
“E io, signora, mi chiamo Elmore, Ninian Elmore al vostro
servizio!” rispose galantemente lui. “E Lucilla…”
“Ninian, no!” gridò Lucilla in grave imbarazzo. “Se dovesse
dire alla zia dove mi trovo…”
“Oh, non abbiate timore!” disse allegramente Annis. “Non si
dirà mai di me che io sono una tale guastafeste, credetemi! Immagino vi rechiate in visita da un’amica, o forse da una parente?”
“Ebbene, no, non esattamente. A dire il vero non l’ho ancora
incontrata,” rivelò Lucilla in un impeto di sincerità. “La verità è,
signora, che vado a chiederle di farle da dama di compagnia. La
signora dice – ho portato con me l’annuncio del ‘Morning Post’,
ma sventatamente l’ho messo nella valigia, cosicché non posso
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mostrarvelo ora – la signora dice dunque di volere una giovane
donna attiva di buona famiglia, volonterosa, e che le candidate
devono rivolgersi a lei nella sua residenza in North Parade tra le
ore…”
“North Parade!” la interruppe Annis. “È mai possibile, bambina mia, che vi rechiate dalla signora Nibley?”
“Sì,” balbettò Lucilla, sgomenta per la pietà palese nelle parole della signorina Wychwood. “L’onorevole signora Nibley: per
questo ho pensato fosse una donna assolutamente rispettabile.
Non lo è, signora?”
“Oh, sì, un campione di rispettabilità!” rispose Annis. “Nota
in tutta Bath come la peggior megera del luogo. Ha avuto un
numero imprecisato di giovani donne attive e di buona famiglia
nei tre anni nei quali io l’ho conosciuta. O hanno abbandonato
la casa in preda a una crisi isterica, o le butta fuori lei perché
non sono state sufficientemente attive e volonterose. Mia cara, credetemi quando vi dico che il posto che lei offre non è adatto
a voi.”
“Era quanto pensavo!” si intromise il signor Elmore, non senza una certa soddisfazione.
Lucilla, che sembrava essere stata dolorosamente colpita, si
rianimò alle parole di lui. “No che non lo pensavate!” disse fieramente. “E come avreste potuto pensare qualcosa del genere?”
“Bene, in ogni caso ero certo che non sarebbe venuto nulla
di buono da un inizio tanto sventato, e a suo tempo l’ho detto!
Questo, non potete negarlo. E ora che cosa intendete fare?”
“Non so,” disse Lucilla, e le labbra le tremavano. “Dovrò pensare a qualcosa.”
“Vi è una sola cosa che possiate fare: ritornare dalla signora
Amber.”
“No, no, no!” esclamò lei con veemenza. “Preferirei lavorare
come sguattera piuttosto che tornare dalla zia per essere rimproverata e accusata di averla fatta ammalare e costretta a sposare
voi: poiché questo è quanto accadrebbe dal momento che sono
fuggita con voi! Non varrebbe a nulla dire alla zia e a vostro pa-
dre che non sono fuggita con voi ma da voi, poiché quando pure
dovessero credermi penserebbero che la situazione sia ancora
peggiore e direbbero che dobbiamo sposarci!”
Ninian impallidì e proruppe: “Sì, è senz’altro quel che farebbero! Siamo davvero in un bell’impiccio. Giungo quasi a desiderare di non avervi vista mentre vi allontanavate segretamente da
casa e di non aver giudicato mio dovere accertarmi che non vi
accadesse nulla di male.”
“Vogliate perdonarmi,” si intromise la signorina Wychwood,
“ma potrei offrirvi un suggerimento?” Sorrise a Lucilla e le porse
la mano. “Se davvero volete fare la dama di compagnia, venite e
siate una compagna per me!” Sentì la signorina Farlow emettere
un suono debole e offeso all’interno della carrozza, e si affrettò
ad aggiungere: “Non sarebbe bene, vedete, alloggiare da sola in
un albergo; e non è pensabile che la signora Nibley – quando
pure dovesse assumervi, e non lo giudico probabile – sia pronta
ad assumervi immediatamente. Vi chiederà di darle il nome e
l’indirizzo di una signora rispettabile pronta a garantire per voi”.
“Oh, povera me!” esclamò Lucilla sgomenta. “A questo non
avevo pensato!”
“È assai comprensibile,” ribatté Annis. “A ben riflettere, non
si può pensare a tutto. Ma credo veramente che sia necessario
pensarci, e credo anche sia impossibile pensare ad alcunché restando in piedi in mezzo alla strada, con un vento che gela il
pensiero nella mente! Vi prego, dunque, salite nella mia carrozza. Il signor Elmore ci seguirà a suo tempo, e potremo discutere
la cosa quando avremo cenato e saremo tranquillamente seduti
accanto al fuoco.”
“Vi ringrazio,” disse con voce incerta Lucilla. “Siete davvero
molto buona, signorina Wychwood! Soltanto… soltanto come
potrà fare Ninian, dal momento che non può lasciare il cavallo?”
“Non dovete darvi pena per me,” rispose magnanimamente
il signor Elmore. “Condurrò il cavallo alla più vicina stazione di
posta e mi auguro di poter prendere a nolo un veicolo che mi
porti a Bath.”
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“Potreste forse,” suggerì Annis, “cavalcare voi stesso.”
“Non sono vestito da cavallerizzo!” ribatté lui fissandola stupefatto. “E, quando pure lo fossi, il cavallo è un cavallo da tiro!”
Annis comprese a questo punto che il signor Elmore era un
giovane gentiluomo assai corretto; si sentì molto divertita, ma,
sebbene gli occhi le scintillassero, disse con la più assoluta gravità:
“Siete davvero nel giusto! Dobbiamo lasciare che voi facciate quel
che vi sembra meglio, ma dovrei forse avvertirvi che poiché questa non è una strada principale potrebbe esservi difficile prendere
a nolo una carrozza alla ‘più vicina stazione di posta’; potreste
essere costretto ad accontentarvi di un veicolo ben inferiore alle
vostre giuste esigenze! Tuttavia, non dispero di vedervi in Upper
Camden Place in tempo per la cena”. Gli diede il suo indirizzo
completo, gli sorrise benevolmente e spinse Lucilla verso gli scalini della carrozza.
Condotta in modo irresistibile da una mano ferma sulla schiena, Lucilla li salì, ma in cima si fermò per dire: “Se potessi esservi
di un qualsiasi aiuto, Ninian, non vi lascerei in questa situazione,
anche se non ci sareste se non vi foste immischiato nei miei affari!”.
“Andate tranquilla!” rispose il signor Elmore. “Non solo la
vostra presenza non sarebbe d’aiuto, ma renderebbe tutto più
complicato! Ammesso che sia possibile.”
“Beh, di tutte le cose ingiuste da dire…!” sobbalzò Lucilla indignata. Avrebbe detto di più, ma la signorina Wychwood tagliò
corto le recriminazioni spingendola nella carrozza. Diede quindi
ordine allo staffiere, profondamente interessato a quei singolari
eventi, di trasportare il bagaglio della sua inattesa ospite dal calessino alla carrozza, e, quando il suo ordine venne eseguito, salì lei
stessa in carrozza chiedendo vivacemente alla signorina Farlow
di fare posto per una terza persona; spinse sotto i piedi di Lucilla
il mattone caldo che riscaldava i suoi, le avvolse intorno una generosa porzione della coperta foderata di pelliccia, e fece cenno
allo staffiere di richiudere il montatoio. Non erano trascorsi che
pochi minuti quando il cocchiere rimise in marcia i cavalli, e
Lucilla, stretta tra la sua ospite e la signorina Farlow, diede in un
breve sospiro e, mettendo una mano gelida in quella della signorina Wychwood, sussurrò: “Oh, vi sono davvero grata, signora!”.
La signorina Wychwood strofinò la manina dicendo: “Povera
piccola! Siete gelata! Non importa. Presto saremo a Bath e non
discuteremo dei vostri problemi fino a quando non vi sarete riscaldata, avrete cenato e – ehm – avrete ricevuto i consigli del
signor Elmore!”.
Lucilla scoppiò involontariamente a ridere, ma si trattenne dal
commentare. La conversazione durante il viaggio non fu tuttavia
delle più animate; Lucilla, esausta per le sue molte disavventure,
era sul punto di addormentarsi e la signorina Wychwood limitava
le sue frasi a poche banali osservazioni rivolte alla signorina Farlow. Quanto a lei, la signorina Farlow aveva frenato il consueto
flusso delle sue inesauribili chiacchiere, poiché (e non avrebbe
tardato a rivelarlo alla sua datrice di lavoro) i suoi sentimenti
erano stati profondamente offesi dall’implicazione che la sua
compagnia non fosse abbastanza per la signorina Wychwood.
La signorina Jurby mantenne un rigido silenzio, adatto alla sua
posizione, ma anche lei era intenzionata a esprimere, non appena
si fossero trovate sole, la sua opinione alla signorina Wychwood a
proposito del passo falso da lei compiuto, e in termini molto più
espliciti di quelli che avrebbe usato la signorina Farlow.
Lucilla si destò quando la carrozza si fermò in Upper Camden
Place e si sentì impercettibilmente rallegrata dalla accogliente
luce delle candele che giungeva dalla porta aperta e dall’aspetto
benevolo dell’anziano maggiordomo che sorrise radiosamente
alla sua padrona e accettò, senza battere ciglio, l’inatteso arrivo
di un’estranea insieme a lei.
Annis affidò Lucilla alla signora Wardlow, la governante, dando istruzioni di mettere l’ospite nella Camera Rosa, e di inviarle
una cameriera; poi si preparò ad affrontare la sua compagna
offesa.
Non appena Lucilla, che seguiva obbediente la signora Wardlow su per le scale, non fu più a portata d’orecchio, la signorina
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Farlow disse che, sebbene non avesse mai pensato di criticare
alcuna azione della sua cara cugina, si sentiva costretta a dire che
se avesse saputo che la sua compagnia non era più gradita alla
cara Annis, avrebbe immediatamente dato le dimissioni.
“A prescindere dalle mie condizioni,” disse in tono lacrimevole, “preferirei vivere in miseria piuttosto che rimanere dove
non sono desiderata, per quanto confortevole possa essere questa
casa, e indubbiamente lo è, per non dire lussuosa, perché è meglio
un piatto dì erbe, dov’è l’amore, che un bove ingrassato, dov’è l’odio! Sebbene non mi piacciano particolarmente le erbe, a eccezione di un
po’ di prezzemolo in una salsa, e non sia mai stata in grado di
capire come qualcuno, anche se è un personaggio biblico, possa
vivere solo di erbe. Tuttavia, i tempi cambiano, e se si pensa alle
cose davvero singolari che succedono nella Bibbia, non si può
che essere grati di non aver vissuto in quei tempi! Cespugli che
prendono fuoco, scale che scendono dal cielo, e gente inghiottita
dalle balene senza affatto risentirne, beh, trovo tutto ciò davvero
sconcertante! E la manna? Non sono mai riuscita a scoprire che
tipo di cibo sia, ma sono persuasa che non mi piacerebbe, anche
se stessi morendo di fame e me la vedessi cadere addosso, fatto
che considero altamente improbabile. Ma,” continuò, guardando
la signorina Wychwood con aria di rimprovero, “farei in modo
di farmela piacere se desideraste mettere un’altra al mio posto!”
“Non essere sciocca, Maria!” rispose la signorina Wychwood
in tono ironico. “Non ho alcun desiderio di mettere un’altra al
tuo posto!” Apprezzando, come era sua consuetudine, il ridicolo,
non poté trattenersi dal dire: “Posso vedere che non c’è odio in
questa casa – a meno che Jurby non ti odi, ma tu non daresti peso
alla cosa, perché sai bene che non ti odierebbe a meno che non
temesse che tu la stia allontanando dalla mia considerazione –,
ma il bove ingrassato mi incuriosisce. Dove pensi, cugina, che io
abbia un bove ingrassato?”
“Parlavo in modo metaforico,” replicò sdegnata la signorina
Farlow. “Non è possibile pensare che voi teniate un bove a Bath,
perché potrete essere certa che contravverrebbe un qualche rego-
lamento. Oso dire che non vi sarebbe permesso tenere una mucca
in una stalla, e questo potrebbe esservi molto più utile!”
“Effettivamente,” concordò la signorina Wychwood, piuttosto
colpita.
“Mucche e buoi non hanno nulla a che fare con il problema!”
disse la signorina Farlow, sciogliendosi in lacrime. “La mia sensibilità è stata profondamente ferita, Annis! Quando vi ho sentita
invitare qui quella giovane donna perché diventi la vostra dama
di compagnia, ho sofferto… uno shock elettrico da cui non credo
i miei nervi si riprenderanno mai!”
Capendo che l’anziana cugina era davvero turbata, Annis
cercò di consolare i suoi sentimenti offesi. Le ci volle tempo e
pazienza per tranquillizzare la signorina Farlow, e sebbene fosse
riuscita a convincerla che non correva il rischio di essere licenziata, non riuscì a farle accettare pienamente la presenza di Lucilla
a Camden Place. “Non mi piace, cugina,” disse in tono solenne.
“Dovete perdonarmi se vi dico che mi stupisce che voi le abbiate
offerto ospitalità in casa vostra, perché in genere avete un grande
buonsenso! Ricordatevi le mie parole, ve ne pentirete!”
“Se succedesse, Maria, avrai il conforto di poter dire che me
l’avevi detto! Ma per quale ragione non avrei dovuto salvare quella bambina da una situazione così orribile?”
“Credo,” disse oscuramente la signorina Farlow, “che la storia
che vi ha raccontato sia falsa. Mi sembra una giovane donna molto chiassosa! Così intraprendente… quasi spudorata, anzi! Una
tale mancanza di delicatezza, scappare di casa e in compagnia
di un giovane gentiluomo! Senza dubbio io sono all’antica, ma
questa condotta non si conforma al mio senso delle convenienze.
Inoltre, sono certa che sir Geoffrey disapproverebbe quanto me!”
“Con ogni probabilità, ancora di più,” disse Annis. “Ma non
penso che potrebbe essere così sciocco da definirla intraprendente
o spudorata!”
La signorina Farlow si spaventò di fronte allo sguardo furente
di Annis, e s’imbarcò in un confuso discorso che mescolava in
modo incoerente scuse con molte autogiustificazioni. Annis la
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interruppe, dicendole che si attendeva da lei che trattasse Lucilla con civiltà. Parlò in modo inusualmente severo, e quando
l’afflitta signorina Farlow cercò rifugio nelle lacrime, rimase del
tutto fredda, limitandosi a raccomandarle di salire di sopra e di
disfare il suo baule.
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