Corresp onsabili della gioia di vivere Nell`A rc a con il Dio vulnerabile
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Corresp onsabili della gioia di vivere Nell`A rc a con il Dio vulnerabile
L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 mercoledì 30 aprile 2014 A Roma dal 30 aprile al 3 maggio l’assemblea nazionale dell’Azione cattolica Corresponsabili della gioia di vivere ROMA, 29. «Persone nuove in Cristo Gesù. Corresponsabili della gioia di vivere» è il tema della quindicesima assemblea nazionale dell’Azione cattolica italiana (Ac) che si svolge dal 30 aprile al 3 maggio a Roma presso la Domus Pacis. Al termine dell’assise è previsto l’incontro con Papa Francesco nell’aula Paolo VI, al quale saranno presenti, oltre ai delegati assembleari, più di settemila presidenti parrocchiali e assistenti di Ac provenienti dalle Chiese locali di tutto il Paese. L’Azione cattolica da sempre sceglie di accompagnare la vita delle persone attraverso un concreto impegno educativo calibrato a misura di ogni età. Anche questa assemblea nazionale — si legge in un comunicato — sarà, dunque, «l’occasione per riscoprire e riaffermare in maniera ancor più decisa il nostro carisma formativo e per collaborare con la Chiesa tutta al processo di annuncio e riscoperta della fede, aiutando ogni uomo a recuperare nell’ordinarietà della propria vita la semplicità della sapienza evangelica». Diverse le direttrici su cui si muoveranno i lavori della quindicesima assemblea. In un’intervista a «Segno nel mondo», il mensile dell’associazione, il presidente nazionale Franco Miano traccia un bilancio dei sei anni alla guida dell’Azione cattolica ricordando la «dimensione dell’incontro», il «dialogo privilegiato tra le generazioni», l’attualità della scelta religiosa, il servizio alla città e al Paese, lo sviluppo del Fo- rum internazionale di Ac (Fiac), il ruolo insostituibile degli assistenti. Un impegno condotto nello stile del concilio Vaticano II, «come laici fedeli e corresponsabili della vita e della missione evangelizzatrice della Chiesa». Un cammino intrapreso e rinnovato sulle orme di Papa Francesco, per essere cristiani che «si adoperano affinché il regno di Dio sia già oggi visibile su questa terra». Circa ottocento i delegati da tutte le diocesi d’Italia, chiamati a eleggere il nuovo consiglio nazionale per il triennio 2014-2017. Nutrito anche il gruppo degli uditori (duecento- cinquanta) e quello degli ospiti (ottanta), provenienti da diversi Paesi, non solo europei. All’assemblea nazionale si sperimenta e si realizza l’indole democratica di Azione cattolica, in quanto è proprio in tale occasione che i responsabili a tutti i livelli, con background socio-culturali e associativi differenti, hanno l’opportunità di confrontarsi per tracciare le linee progettuali che orienteranno il cammino futuro dell’organizzazione e di esercitare il proprio diritto di voto per eleggere coloro che saranno chiamati a ricoprire cariche direttive per il prossimo triennio. L’assemblea nazionale di Ac — spiega Miano — «non è solo un appuntamento di rilevante valenza spirituale, ecclesiale, culturale e sociale. È un segno di impegno e una testimonianza di amore alla Chiesa e all’Italia che l’Azione cattolica continua a dare. È una feconda possibilità di costruire ponti anziché abbatterli, di creare legami anziché scioglierli, di fare comunità anziché distruggerla. Insieme, e non da soli». Secondo il vescovo Mansueto Bianchi, assistente ecclesiastico generale dell’Azione cattolica italiana, l’associazione, «per la sua storia, per il suo radicamento popolare, per la sua passione educativa, per l’autentica laicità che la distingue, per la capillarità di presenza e di servizio alla vita delle parrocchie e delle diocesi, vuole rappresentare una strada maestra verso questa nuova identità di Chiesa, pulitamente evangelica e autenticamente popolare. Il nostro sguardo e il nostro servizio — conclude monsignor Bianchi — è rivolto al Santo Padre, ai vescovi che presiedono e guidano il cammino delle Chiese particolari in Italia, a tutte le comunità cristiane di cui siamo parte attiva e significativa». I lavori assembleari saranno presieduti da Emilio Inzaurraga, presidente nazionale di Ac Argentina e coordinatore del segretariato Fiac. Il patriarca Bartolomeo sui danni inferti all’ambiente naturale Come una guerra mondiale UTRECHT, 29. È come se, silenziosamente, fosse scoppiata la terza guerra mondiale. Una guerra senza frontiere e forse solo apparentemente meno cruenta delle due che hanno segnato in modo così indelebile il secolo passato. È la guerra che, irresponsabilmente, l’umanità — singoli, † Il Cardinale Presidente Robert Sarah, insieme ai Superiori e ai Collaboratori del Pontificio Consiglio Cor Unum porge alla Famiglia D’Amelio Buranelli e ai Gruppi di Volontariato Vincenziano — Associazione Internazionale delle Carità di San Vincenzo de Paoli Italia vive condoglianze per la morte di MARIA ADELAIDE D’AMELIO BURANELLI Dama dell’Ordine di San Gregorio Magno e Apprezzato Membro di questo Dicastero dal 1994 al 1999. Mentre si uniscono alle preci di suffragio, chiedono per l’intercessione di San Giovanni Paolo II, che l’ha conosciuta in vita, al Signore Risorto e alla Vergine Maria di accoglierla in Paradiso. Città del Vaticano, 29 aprile 2014 † «L’Osservatore Romano» in tutte le sue componenti — direzione, redazione, anticamera, edizioni periodiche, segreteria, archivio, ufficio correttori, ufficio grafici, ufficio abbonamenti e diffusione, servizio fotografico, tipografia, amministrazione, direzione generale — partecipa al profondo dolore che ha colpito Enza Derme per la morte del suocero MARIO FRALLEONE ed è vicino con grande affetto a tutti i familiari, ai quali assicura il ricordo nella preghiera. Città del Vaticano, 29 aprile 2014 società, nazioni — ormai da decenni va conducendo contro l’ambiente naturale, lasciando sul terreno macerie e distruzione. A lanciare in questi termini l’allarme è il patriarca ecumenico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, intervenuto nei giorni scorsi nei Paesi Bassi all’ottava edizione della Quasimodo lecture, manifestazione promossa dalla Chiesa vetero-cattolica di Utrecht, che annualmente esplora i temi della fede nella società contemporanea. Quest’anno, appunto, quello del rapporto tra la religione e la difesa del creato, argomento, come è noto, assai caro al leader ortodosso, che dalla stampa internazionale viene definito il “patriarca verde” e, nel 2008, è stato inserito da «Time Magazine» tra le cento personalità più influenti del pianeta per il fatto di ritenere l’ambientalismo come una «responsabilità spirituale». Convinto che un animo religioso non possa distinguere tra «la preoccupazione per il benessere umano e la preoccupazione per la conservazione dell’ambiente». In tale orizzonte si è sviluppata la lezione che Bartolomeo ha tenuto nella città olandese: «Una prospettiva cristiana ortodossa sull’ambiente naturale deriva dalla convinzione fondamentale che il mondo è stato creato da un Dio amorevole», ha detto citando un noto passo della Genesi (2, 15) in cui si insegna che «tutta la creazione è stata concessa da Dio all’umanità come un dono, con il comando di “servire e conservare la terra”». Ne discende una chiara responsabilità: «Se la terra è sacra, il nostro rapporto con l’ambiente naturale è sacramentale; vale a dire, esso contiene il seme e la traccia di Dio. In molti modi il “peccato di Adamo” è appunto il suo rifiuto a ricevere il mondo come un dono della comunione con Dio e con il resto della creazione». In tal senso, il pensiero del patriarca ecumenico mette in luce il legame tra la fede cristiana e il concetto di sostenibilità globale. «La teologia ortodossa riconosce la crea- zione naturale come inseparabile dall’identità e dal destino dell’umanità, perché ogni azione umana lascia un’impronta duratura sul corpo della terra». E «in gioco non c’è solo la nostra capacità di vivere in modo sostenibile, ma la nostra stessa sopravvivenza». Tanto più che «gli scienziati stimano che coloro che più di tutti pagheranno negli anni le conseguenze del riscaldamento globale saranno coloro che meno possono permetterselo». Pertanto, «il problema dell’inquinamento ecologico è inevitabilmente collegato al problema sociale della povertà; e così, tutte le attività ecologiche sono, infine, misurate e giudicate correttamente dal loro impatto e dal loro effetto sui poveri». È per questo, ribadisce l’arcivescovo di Costantinopoli, che solo una cooperazione effettiva tra tutte le forze in campo (leader religiosi, scienziati, autorità politiche e realtà economiche) potrà affrontare in modo adeguato una questione tanto importante per il presente e il futuro dell’umanità. Ed è sempre per questo che nel 1989 il patriarca ecumenico Demetrio indicò nel 1° settembre di ogni anno una Giornata da dedicare alla preghiera per la protezione e la conservazione dell’ambiente naturale. Infatti, ha concluso Bartolomeo, se «il ventesimo secolo è stato definito come il secolo più violento della storia», alcuni «hanno detto che, dopo due guerre mondiali estremamente sanguinose, la terza guerra mondiale è attualmente in corso contro l’ambiente naturale». Il paradosso è che, «anche se capiamo benissimo le conseguenze provocate dalla continua distruzione dell’ambiente che minaccia la sopravvivenza della specie umana e della vita sul nostro pianeta, continuiamo ad agire come se non ci rendessimo conto di questa minaccia». È dunque «necessario un cambiamento radicale di mentalità, una trasformazione spirituale, dall’irresponsabile atteggiamento possessivo a un’etica della condivisione e della responsabilità». Compie cinquant’anni la comunità fondata da Jean Vanier Nell’Arca con il Dio vulnerabile di GIOVANNI ZAVATTA «Troppo a lungo ci hanno riempito la testa con il Dio onnipotente ma apparentemente incapace di sentire le grida di tutti i poveri. Dio non impartisce ordini a noi uomini. Vuole donare la sua presenza, che crea piacere, persino giubilo direi. Sta a noi uomini adoperarci per la giustizia, dare pane agli affamati, accogliere i senzatetto. Non è colpa di Dio se esistono tutte queste divisioni e sofferenze; lui ci ha dato un’intelligenza, un cuore, una mente». È una delle pagine più intense del carteggio tra Jean Vanier, fondatore della comunità L’Arche e del movimento Foi et Lumière, e Julia Kristeva, docente di linguistica e semiologia all’Università di Parigi ma soprattutto psicanalista e scrittrice, esponente di spicco dello strutturalismo francese. Un cattolico e una non credente, madre di David, disabile per una patologia neurologica: la corrispondenza ha dato vita nel 2011 al bel libro Il loro sguardo buca le nostre ombre (pubblicato in Italia da Donzelli editore, con prefazione del cardinale Gianfranco Ravasi). È un dialogo intenso sull’handicap e la paura del diverso, dove si scopre «il Dio vulnerabile, un Dio angosciato, il suo corpo ricoperto di piaghe nel cuore dell’universo». Vanier, in una delle lettere, scritte fra il giugno 2009 e l’agosto 2010, chiede di fermare «la corsa verso gli onori, verso l’efficienza, verso l’eccellenza», di aprire «i nostri cuori ai deboli che gridano», di rivolgerci al Dio umile «nascosto nella regione più profonda e intima dei nostri cuori». È la voce interiore della coscienza, che «ci lega a tutti gli altri uomini» e attraverso la quale «facciamo parte della grande famiglia umana». Il 1°, il 2 e il 3 maggio, a Paray-leMonial, in Borgogna, duemila membri de L’Arche tra disabili, volontari, dipendenti, amici e benefattori daranno inizio alle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario di fondazione. Era infatti il 1964 quando Jean Vanier, allora insegnante di filosofia in Canada, si trasferisce in Francia, a Trosly-Breuil, nel dipartimento dell’Oise, acquista una piccola casa e ci va a vivere con Philippe e Raphaël, affetti da deficit intellettivo. La “chiamata” l’aveva ricevuta l’anno prima quando era andato a trovare padre Thomas Philippe, suo ex insegnante, diventato cappellano di una casa di accoglienza per disabili mentali a Trosly-Breuil. Vanier venne a contatto con la sofferenza, il disprezzo, l’umiliazione legati all’handicap, ma anche con la solidarietà: è lì che è cominciata l’avventura dell’Arca, oggi una realtà multiforme composta da centoquarantasei centri in trentacinque Paesi. Le comunità dell’Arca, ognuna costituita da case e laboratori, operano per ridare ai disabili la loro dignità nella convinzione — si legge nel sito del Pontificio Consiglio per i laici — che una società non potrà mai essere veramente umana se non consente ai più deboli di trovarvi il proprio posto. Lì «uomini e donne sposati e non, appartenenti a Paesi, tradizioni cristiane, religioni e contesti culturali diversi, condividono la vita con disabili, anch’essi di provenienza e credi differenti. Accogliendo in loro Gesù, danno a questi “piccoli” una famiglia con relazioni affettive stabili. La realtà ecumenica e interconfessionale che caratterizza l’Arche Internationale viene vissuta come opportunità per approfondire la propria fede nel rispetto delle altre tradizioni religiose». Vivere con i più fragili permette di aprirsi a valori prima ignorati, ha detto, parlando di Vanier e de L’Ar- Dalla Francia in tutto il mondo Fondata nel 1964 in Francia, la comunità L’Arche si è rapidamente diffusa in Canada, India, Costa d’Avorio, Honduras e poi in tutto il mondo, aprendosi a culture, lingue e realtà sociali e religiose differenti. Oggi è una realtà ecumenica e interreligiosa presente in trentacinque nazioni con centoquarantasei comunità: case e laboratori dove i disabili mentali sono considerati citoyens à part entière, nella convinzione che anch’essi possano e debbano trovare il loro giusto ruolo nella società. che, l’arcivescovo presidente della Conferenza episcopale francese, Georges Pontier, alla recente assemblea plenaria: l’umanizzazione della società «viene dalla compassione, dalla condivisione della vita, dal toccare e dal lasciarsi toccare, dall’umiltà e dal servizio». L’appuntamento di Paray-le-Monial — concluso da una cerimonia interreligiosa, da un incontro ecumenico e da una messa celebrata da dieci vescovi — sarà solo la prima delle iniziative previste per il giubileo dei 50 anni. Ogni comunità è invitata a muoversi, a lasciare la propria residenza abituale e a mettersi in marcia, con qualsiasi mezzo, verso un’altra comunità, per dare testimonianza della cultura dell’incontro, base della loro fondazione. Tra maggio e luglio ci saranno almeno trentadue “feste” , tante quante sono le comunità de L’Arche in Francia. E il 27 settembre, a Parigi, una marcia dal Louvre a place de la République chiuderà le celebrazioni. «È veramente il Papa dell’incontro — ha dichiarato Jean Vanier dopo l’udienza da Francesco il 21 marzo scorso — nel senso profondo di vedere l’altro come un essere umano, senza giudicarlo ma solo per incontrarlo. Ci insegna che l’incontro non vuol dire convertire le persone, dire loro delle cose, ma vedere l’altro come Gesù lo vede, ossia con uno sguardo di tenerezza, di benevolenza, di amore». Documento della Conferenza episcopale francese Matrimonio e nuova evangelizzazione PARIGI, 29. Il gruppo di lavoro del Comitato studi e progetti della Conferenza episcopale francese dedica un documento alla preparazione al matrimonio nel contesto della nuova evangelizzazione. Presentato all’assemblea plenaria svoltasi dall’8 all’11 aprile a Lourdes, il testo è partito da due constatazioni: lo scarto crescente fra la situazione reale e le attese delle coppie che chiedono di sposarsi in chiesa; l’auspicio degli attori pastorali di aiutarle a scoprire il matrimonio come «buona novella iscritta nella volontà creatrice di Dio e nella forza del Risorto». L’itinerario proposto è di tipo “catecumenale” e si rivolge soprat- tutto a coloro che non hanno seguito, da piccoli, i corsi di catechismo. I vescovi desiderano che vengano curate tutte le tappe del matrimonio, dalla preparazione fino alla vita coniugale che segue la celebrazione delle nozze. Uno dei principi presi in considerazione è quello del discernimento della coppia: i fidanzati devono essere messi nelle condizioni di capire la loro maturità in modo da impegnare sinceramente il proprio amore nella dinamica sacramentale. Da qui l’importanza di ottimizzare il tempo («almeno un anno» prescrivono i vescovi) trascorso con gli accompagnatori pastorali.