Premessa generale alle linee guida del II° ciclo del sistema di
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Premessa generale alle linee guida del II° ciclo del sistema di
Premessa generale Nel quadro dei grandi cambiamenti in atto nei sistemi educativi, sia in ambito nazionale che internazionale, anche il Trentino è impegnato in uno sforzo di rinnovamento e adeguamento del suo sistema scolastico e formativo. Elementi caratterizzanti e comuni ai processi di riforma in atto sono: la centralità dello studente, l’attenzione allo sviluppo integrale della persona, l’innalzamento dei livelli di qualità della formazione attraverso l’impianto per competenze e, in questo contesto, una speciale attenzione riservata alle competenze di cittadinanza. 1. Identità nazionale del secondo ciclo di istruzione E’ opportuno ricordare innanzitutto che a differenza di quanto avvenuto in altri paesi la scuola superiore italiana è rimasta sostanzialmente ancorata all’impianto gentiliano per quasi un secolo. Preso atto della difficoltà di varare una riforma complessiva, a partire dagli anni ’70, fu attribuita alle scuole la possibilità di sperimentare modelli innovativi al fine di adeguare i curricoli a una domanda di istruzione in rapida evoluzione. Il processo, solo parzialmente guidato dal Ministero, portò ad una moltiplicazione e frammentazione dell’offerta formativa e ad un’ipertrofia dei curricoli. L’inversione di questo processo ebbe inizio con la legge delega 53/2003 con la quale vennero fissati i principi e i criteri direttivi per una riforma complessiva del sistema e, in particolare per il secondo ciclo, si stabilì la strutturazione del sistema sulle cosiddette “due gambe” (il sistema dei licei e quello dell’istruzione e formazione professionale) e la finalità generale volta “alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire, e la riflessione critica su di essi, a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale” (art. 2, comma 1, lett. g). In attuazione della legge delega fu emanato il Decreto legislativo 17 ottobre 205, n. 226, con il quale furono dettate le norme generali sul secondo ciclo di istruzione, di competenza statale, e i livelli essenziali delle prestazioni che i percorsi di istruzione e formazione professionale, di competenza regionale, sono tenuti a rispettare perché sull’intero territorio nazionale siano garantiti a tutti i cittadini i medesimi diritti civili e sociali. Altri due provvedimenti di particolare rilievo per la strutturazione attuale del secondo ciclo sono: − la legge n. 40 del 2 aprile 2007, con la quale sono stati disposti contestualmente l’abrogazione del liceo economico e del liceo tecnologico e il riordino e il potenziamento dell’istruzione tecnica e dell’istruzione professionale riportando il sistema dell’istruzione alle tradizionali “tre gambe”; − il D.M. 139/2007, con il quale sono state dettate le norme in materia di adempimento del nuovo obbligo di istruzione, innalzato a 16 anni con la legge 27 dicembre 2006, n. 296. In particolare il D.M. 139 riferisce ai quattro assi culturali (dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale) i saperi e le competenze, articolati in conoscenze e abilità, a cui fare riferimento per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione. Rimanendo nell’ambito dell’obbligo di istruzione un altro importante riferimento normativo è costituito dal D.M. n. 9 del 27 gennaio 2010 con il quale, in attesa delle norme di armonizzazione di tutte le certificazioni scolastiche (DPR n. 122/2009), è stato adottato il modello per la certificazione dei saperi e delle competenze acquisiti dagli studenti al termine dell’obbligo di istruzione. Altri riferimenti imprescindibili per delineare compiutamente l’identità del secondo ciclo sono i diversi PECUP (Profilo educativo,culturale e professionale dello studente). Va innanzitutto ricordato il PECUP previsto a conclusione di tutti i percorsi del secondo ciclo (Allegato A al D. lgs. 17 ottobre 2005, n. 226) che rappresenta il riferimento unitario di tutto il sistema. Esso focalizza l’attenzione dell’azione educativa su tre finalità generali: 1. la crescita educativa, culturale e professionale dei giovani indicando, come compito specifico del secondo ciclo, quello di “trasformare la molteplicità dei saperi in un sapere unitario, dotato di senso, ricco di motivazioni e di fini”, in sostanza un percorso che porti a un sapere significativo strutturato in quadri di conoscenze in cui collocare i futuri apprendimenti; 2. lo sviluppo dell’autonoma capacità di giudizio, che si concretizza, in particolare, nell’acquisizione del metodo di studio, nella capacità di progettazione e di problem solving, nella conquista della percezione estetica, nello spirito di esplorazione e di indagine, nella consapevolezza e responsabilità morale, in sostanza a ciò che si può ricondurre alle abilità operative da promuovere e sviluppare; 3. l’esercizio della responsabilità personale e sociale, che si propone di promuovere la maturazione della capacità di decidere consapevolmente le proprie azioni in rapporto a sé e al mondo civile, sociale , economico e religioso di cui fa parte e all’interno del quale vive; di gestirsi in autonomia; di “prendere posizione” e di “farsi carico” delle conseguenze delle proprie scelte; in sostanza a ciò che si può ricondurre all’autonomia e alla responsabilità del diventare adulto. Il profilo stabilisce tre ambiti fondamentali – identità, strumenti culturali e convivenza civile – articolati in conoscenze e abilità che, insieme alle capacità relazionali, rappresentano “la condizione per maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi dell’esperienza umana, sociale e professionale”. Questi principi generali sono ripresi e sviluppati, in relazione all’identità di ciascun percorso, dal PECUP dei licei, degli istituti tecnici, degli istituti professionali e dell’istruzione e formazione professionale. Il PECUP del sistema dei licei fa riferimento all’idea comune di licealità. Questa si sostanzia nella finalità generale di fornire agli studenti “gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché [lo studente] si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro” (Regolamento dei licei, articolo 2, comma 2). Il sistema dei licei comprende sei percorsi, alcuni dei quali si articolano in ulteriori indirizzi. I profili di indirizzo integrano gli elementi caratterizzanti, cioè i risultati di apprendimento attesi al termine di ciascun percorso. Gli istituti tecnici, riordinati e rafforzati dalla riforma, assumono un’identità più chiara fondata sull’asse scientifico-tecnologico, che ne esalta il ruolo di scuole dell’innovazione permanente. Il PECUP dei nuovi istituti tecnici, comune a tutto il sistema dell’istruzione tecnica, così ne definisce l’identità (articolo 2, comma 1 del Regolamento): “L’identità degli istituti tecnici si caratterizza per una solida base culturale di carattere scientifico e tecnologico in linea con le indicazioni dell’Unione europea, costruita attraverso lo studio, l’approfondimento e l’acquisizione di linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico ed è espressa da un numero limitato di ampi indirizzi, correlati a settori fondamentali per lo sviluppo economico e produttivo del Paese, con l’obiettivo di fare acquisire agli studenti, in relazione all’esercizio di professioni tecniche, i saperi e le competenze necessari per un rapido inserimento nel mondo del lavoro, per l’accesso all’università e all’istruzione e formazione tecnica superiore”. Il sistema dell’istruzione tecnica comprende 11 percorsi di cui 2 per il settore economico e 9 per quello tecnologico. Il profilo di ciascun percorso tecnico esplicita i risultati di apprendimento in termini di competenze attesi a conclusione del percorso quinquennale. Analogamente il Regolamento dell’istruzione professionale ne delinea l’identità nei seguenti termini: “ L’identità degli istituti professionali si caratterizza per una solida base di istruzione generale e tecnico-professionale, che consente agli studenti di sviluppare, in una dimensione operativa, i saperi e le competenze necessari per rispondere alle esigenze formative del settore di riferimento, considerato nella sua dimensione sistemica”. Il sistema dell’istruzione professionale comprende sei percorsi di cui due nel settore “Industria e Artigianato” e quattro in quello dei “Servizi”. Il profilo di ciascun percorso professionale esplicita i risultati di apprendimento in termini di competenze attesi a conclusione del percorso quinquennale. Tutti i percorsi quinquennali del secondo ciclo si concludono con un esame di Stato e sono strutturati in tre periodi secondo il cosiddetto modello del 2+2+1. Il primo biennio, caratterizzato da una maggiore presenza delle discipline generali rispetto a quelle di indirizzo, in continuità con le finalità del D.M. 139 / 2007 persegue la finalità di garantire il raggiungimento di una soglia equivalente di conoscenze, abilità e competenze al termine dell’obbligo di istruzione. Il secondo biennio, caratterizzato da una più marcata presenza delle discipline di indirizzo, è finalizzato all’approfondimento e allo sviluppo delle conoscenze e delle abilità e alla maturazione delle competenze caratterizzanti il profilo dei singoli percorsi. Il quinto anno è finalizzato alla piena realizzazione del PECUP e delle attività di orientamento, da realizzarsi anche attraverso esperienze di alternanza, in funzione delle scelte future di studio o lavoro. In relazione all’identità del secondo ciclo, in particolare a quella del quinto anno, va ricordato che al quadro normativo manca attualmente un tassello fondamentale rappresentato dal Regolamento sul nuovo esame di Stato che dovrà essere coerente con il nuovo ordinamento, compresa la certificazione delle competenze prevista dall’articolo 8 del DPR 22 giugno 2009, n. 122. Per il sistema dell’Istruzione e Formazione Professionale, benché di competenza provinciale, ci sono dei riferimenti comuni a livello nazionale che costituiscono i livelli essenziali delle prestazioni volti a garantire il riconoscimento nazionale dei titoli. Tra essi un particolare rilievo rivestono: − il D. Lgs 226 del 17 ottobre 2005, relativamente al capo III, che detta norme in materia di livelli essenziali delle prestazioni in materia di offerta formativa, orario minimo annuale e articolazione dei percorsi formativi, livelli essenziali dei percorsi, requisiti dei docenti, valutazione e certificazione delle competenze, strutture formative e relativi servizi; − il D.M. 139/2007, che contiene i riferimenti, in termini di saperi e competenze, per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione; − l’Accordo tra Regioni e Province Autonome, del 25 febbraio 2010, per l’adozione delle metodologie e degli strumenti condivisi quali riferimento per l’offerta di Istruzione e formazione professionale, fino alla definizione di un nuovo Accordo in Conferenza Unificata sulle competenze di base; − l’Accordo, in Conferenza unificata, tra il Ministro dell’istruzione università e ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano del 29 aprile 2010 riguardante il primo anno di attuazione 2010-11 dei percorsi di istruzione e formazione professionale; − l’Accordo, in Conferenza Unificata, tra il Ministro dell’istruzione università e ricerca, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano del 16 dicembre 2010 riguardante le linee guida per realizzare organici raccordi tra i percorsi degli Istituti professionali e i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale. Il PECUP del sistema di istruzione e formazione professionale, con riferimento al Trentino, ne delinea l’identità nei seguenti termini: − il percorso triennale “dentro un quadro più generale di arricchimento e innalzamento della cultura di base” favorisce lo “sviluppo di abilità cognitive e pratiche che consentono agli studenti di svolgere compiti e attività in una dimensione operativa” con risultati dell’apprendimento in grado di consentire l’inserimento “nel mondo del lavoro con una formazione adeguata per l’utilizzo delle tecnologie, l’applicazione di tecniche e metodologie di base entro un quadro di presidio professionale connotato dall’assunzione di responsabilità nel portare a termine i compiti assegnati e dalla capacità di fronteggiare i problemi adeguando il proprio comportamento alle circostanze”; − il quarto anno di diploma professionale, “persegue finalità generali, non solo di carattere professionale, ma anche educative e culturali, favorendo il rafforzamento del processo di maturazione della persona attraverso una maggiore capacità di comprensione della realtà, una più decisa e puntuale capacità di giudizio e di decisione, una maggiore attenzione alle diversità dei fattori in gioco, una più approfondita sensibilità etica e sociale, un maggior grado di responsabilità e di autonomia nello svolgimento delle varie attività”. I percorsi di istruzione e formazione professionale si strutturano, di norma, in un biennio iniziale, un terzo anno per il conseguimento della qualifica di operatore professionale e un quarto anno per il conseguimento del diploma professionale. Gli indirizzi dei percorsi di istruzione e formazione professionale sono suddivisi nel settore agricoltura e ambiente, nel settore industria e artigianato, e nel settore dei servizi. Il profilo, che esplicita gli obiettivi del processo formativo dei tre settori, è declinato nel PECUP che definisce, oltre le finalità generali e risultati dell’apprendimento comuni, i risultati per ogni specifico settore. In riferimento alle figure di differente livello, lo sviluppo della dimensione professionale è assicurato da aree di apprendimento definite in coerenza agli standard formativi minimi previsti dagli Accordi in Conferenza Unificata Stato-Regioni del 14 gennaio 2004 e del 29 aprile 2010. Più in generale, l’organizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale, la quantificazione oraria e le aree di apprendimento obbligatorie sono definite dalla Giunta provinciale nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni previsti dal capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005 n. 226, di quanto previsto dall’articolo 64, comma 1, della legge provinciale sulla scuola e dagli articoli 7 e 8 del Regolamento stralcio per la definizione dei piani di studio provinciali nonché secondo i criteri previsti dall’articolo 9, comma 1, lettera b) del medesimo Regolamento. Tutte le norme, a carattere nazionale, fin qui richiamate costituiscono il quadro di riferimento obbligatorio per tutte le istituzioni scolastiche e formative italiane, comprese quelle del Trentino. In ambito nazionale vi sono poi altri riferimenti come le Indicazioni nazionali per i licei, le Linee guida per gli istituti tecnici e le Linee guida per gli istituti professionali che rappresentano un riferimento fondamentale per l’elaborazione delle Linee guida provinciali, in quanto propongono autorevoli orientamenti e riferimenti a sostegno dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, ai fini della definizione dell’offerta formativa e del curricolo e esplicitano i risultati di apprendimento attesi in termini di competenze, abilità e conoscenze. 2. Identità e caratteri del secondo ciclo di istruzione nella Provincia Autonoma di Trento La Provincia, dalla fine degli anni ’80, in attuazione delle sue prerogative autonomistiche, è impegnata a sviluppare un modello scolastico originale in grado di corrispondere alle specificità e ai bisogni formativi espressi dalle diverse realtà locali. Una tappa fondamentale di questo percorso è costituita dalla Legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5 con la quale è stato delineato in modo organico e unitario il sistema educativo trentino e, in particolare, sono stati previsti i Piani di studio provinciali come strumento per valorizzare le qualità e le specificità del sistema educativo trentino. In questa prospettiva i Piani di studio provinciali, fermo restando il costante riferimento all’ordinamento nazionale a salvaguardia dell’unitarietà del sistema e in funzione del riconoscimento di tutti i titoli di studio rilasciati dalla provincia di Trento, accentuano alcuni aspetti specifici del sistema educativo trentino dando attuazione ai principi contenuti nella legge provinciale. La struttura del sistema educativo trentino Il secondo ciclo in provincia di Trento si struttura su “tre gambe” e comprende sia i percorsi quinquennali dell’istruzione liceale e dell’istruzione tecnica e professionale sia i percorsi dell’istruzione e formazione professionale della durata di tre o quattro anni. Un elemento di specificità del sistema scolastico e formativo trentino è costituito dalla presenza consolidata e diffusa dell’istruzione e formazione professionale, che accoglie circa il 20% degli studenti. Si tratta di un vero e proprio canale educativo che ha conosciuto recentemente importanti sviluppi anche in senso verticale, con la messa a regime del quarto anno e dei percorsi dell’Alta formazione professionale. Unitarietà orizzontale: caratterizzazione del primo biennio I piani di studio provinciali perseguono l’obiettivo di una maggiore integrazione tra i diversi percorsi del secondo ciclo, in particolare nel primo biennio in cui si assolve l’obbligo di istruzione. Questo segmento del secondo ciclo, che rappresenta uno snodo fondamentale per il successo formativo, merita un’attenzione specifica perché, per un verso è chiamato a portare a compimento i curricoli del primo ciclo e ad assicurare a tutti gli studenti le competenze di cittadinanza, per l’altro in esso si concentra ancora gran parte della dispersione scolastica. Infatti, come puntualmente documentato dal recente Rapporto 2010 del Comitato provinciale di valutazione del sistema educativo, il tasso di bocciatura si attesta su una media del 15,8 % nel primo anno e resta ancora in doppia cifra ( 10 % ) nel secondo anno. Rispetto a questa criticità e a quanto previsto dai regolamenti nazionali, i Piani di studio provinciali propongono una lettura del primo biennio del secondo ciclo orientata a una più marcata caratterizzazione in senso orientativo e formativo, a una più efficace continuità con i percorsi del primo ciclo di istruzione, a una maggiore unitarietà nell’ottica dell’equivalenza formativa da garantire nell’ambito dell’obbligo d’istruzione. In questa prospettiva vanno interpretate alcune scelte dei quadri orari (con la previsione, nel primo biennio, di una significativa quota oraria dedicata all’area delle discipline comuni a tutti i percorsi del secondo ciclo), delle Linee guida (che per il primo biennio propongono quadri di competenze omogenei per le discipline dell’area comune) e del Regolamento sulla valutazione periodica e annuale degli apprendimenti e della capacità relazionale degli studenti nonché sui passaggi tra percorsi del secondo ciclo ( che consente e accompagna i passaggi tra percorsi diversi del secondo ciclo, anche in corso d’anno, con l’obiettivo di favorire il ri-orientamento e il successo formativo). Unitarietà verticale: il curricolo 6-16 anni Alla luce dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione l’intero percorso 6-16 anni va considerato unitariamente e vanno ridefinite le caratteristiche e la natura dei diversi segmenti. Il primo ciclo di istruzione, che pur conserva la sua terminalità e ha una ben definita identità (delineata nel Regolamento per i Piani di studio provinciali del primo ciclo ed esplicitata nel profilo globale dello studente e nel quadro di competenze relativo alle discipline e alle aree di apprendimento) deve rileggere le sue finalità tenendo conto del primo biennio del secondo ciclo. Questo vede profondamente modificata la sua natura ed è chiamato a re-interpretare la sua mission anche alla luce della sua funzione di raccordo tra il primo ciclo di istruzione e il successivo biennio o triennio superiore. Un curricolo verticale deve, quindi, armonizzare e integrare non solo il quadro delle competenze terminali del primo ciclo di istruzione con quelle previste dagli assi culturali del primo biennio del secondo ciclo ma prevedere gli opportuni elementi di continuità/discontinuità anche in relazione ad altri aspetti cruciali del curricolo quali, ad esempio, le metodologie didattiche, gli strumenti di verifica e i criteri di valutazione. Al fine di affrontare insieme il percorso di elaborazione dei curricoli verticali sarebbe utile una programmazione gestita da appositi dipartimenti costituiti con docenti della scuola primaria, di quella secondaria di primo grado e del primo biennio del secondo ciclo, riprendendo, a livello territoriale, la positiva esperienza attuata per l’elaborazione delle Linee guida provinciali per il primo ciclo. La scelta del curricolo per competenze per tutto il secondo ciclo In ambito internazionale una tendenza consolidata nella definizione degli obiettivi dei sistemi educativi è quella di puntare a curricoli impostati per competenze. I piani di studio provinciali, in continuità con la scelta operata per il primo ciclo e al fine di dare omogeneità e coerenza interna al sistema, propongono un curricolo declinato per competenze in tutto il secondo ciclo, compresi i percorsi liceali. Con ciò si vuole sottolineare che, in tutti i percorsi, l’acquisizione di saperi e abilità non deve limitarsi alla costituzione di un insieme inerte e/o isolato di conoscenze, ma andare oltre, per costituire un patrimonio personale spendibile per leggere e interpretare la realtà nelle sue diverse dimensioni e per affrontare positivamente i vari compiti e le varie attività che si incontrano sia nella scuola, sia al di fuori di essa. La valorizzazione delle lingue straniere europee L’Unione europea include, tra le competenze di cittadinanza da promuovere, l’apprendimento di almeno due lingue comunitarie. I nuovi ordinamenti nazionali prevedono, di norma, per i percorsi del secondo ciclo l’insegnamento di una sola lingua straniera, che di fatto si traduce nella scelta dell’Inglese. Il Trentino dal punto di vista linguistico rappresenta una realtà molto particolare essendo un territorio caratterizzato da peculiarità storiche, geografiche e culturali che ne fanno da secoli una terra-ponte tra il mondo mediterraneo e quello mitteleuropeo, dove convivono più gruppi linguistici. In considerazione di questa specificità e in coerenza con l’obiettivo dell’internazionalizzazione della scuola trentina i Piani di studio provinciali prevedono, nel primo biennio, l’insegnamento di due lingue straniere (Inglese e Tedesco) in tutti percorsi del secondo ciclo, in continuità verticale con il primo ciclo. Aspetti di specificità trentina La legge provinciale sul sistema educativo del Trentino prevede, in più punti, il richiamo ad aspetti di specificità locale in un’ottica che va al di là del necessario raccordo tra scuola e territorio per richiamare l’attenzione sul fatto che alcune tematiche e finalità educative devono trovare uno spazio adeguato nella progettazione educativa delle scuole trentine. In particolare, la legge provinciale sulla scuola prevede all’articolo 55 che i Piani di studio provinciali assicurino lo studio della storia locale e delle istituzioni autonomistiche, lo studio della cultura della montagna e dei suoi valori, la pratica di sport vicini alla montagna e l’effettuazione di periodi formativi a diretto contato con la montagna. Nei Piani di studio provinciali queste prescrizioni normative non sono state intese come ulteriori “discipline” da aggiungere al curricolo ma come aree tematiche da sviluppare nell’ambito del curricolo di alcune discipline già previste dai piani di studio e/o in ambito interdisciplinare e quindi affidate alla responsabilità di più docenti. I quadri orari dell’istruzione I quadri orari provinciali rispetto a quelli nazionali presentano tre elementi di specificità. 1. Nel primo biennio l’area riservata alle discipline comuni ai percorsi del secondo ciclo di istruzione ha una chiara visibilità per rimarcare il valore assegnato all’area generale e alle competenze di cittadinanza. 2. Il potenziamento dell’insegnamento delle lingue comunitarie: in tutti gli indirizzi è previsto l’insegnamento di due lingue comunitarie (Inglese e Tedesco). 3. Area di autonomia: in tutti i quadri orari sono previste alcune unità di insegnamento (generalmente 2) lasciate alla libera determinazione delle istituzioni scolastiche al fine di favorire una maggiore personalizzazione e caratterizzazione dei singoli percorsi. Si tratta di una scelta innovativa che se per un verso valorizza la capacità progettuale delle istituzioni scolastiche al tempo stesso le responsabilizza rispetto alle scelte curricolari. Questo spazio ha una finalità diversa ma complementare nello sviluppo del curricolo: nel primo biennio, considerata la sua caratterizzazione e le sue finalità, esso va utilizzato per potenziare le discipline dell’area comune; nel secondo biennio e nell’anno conclusivo può essere utilizzato per potenziare le discipline curricolari, per introdurre nuove discipline caratterizzanti il profilo dell’indirizzo di studio e, in particolare nell’ultimo anno, per la realizzazione di attività di orientamento alla prosecuzione degli studi o di transizione verso il mondo del lavoro. In merito a questo strumento va precisato che esso rappresenta un ulteriore e specifico spazio a disposizione delle istituzioni scolastiche trentine in quanto l’Area di autonomia prevista dall’allegato B si aggiunge agli spazi di flessibilità previsti dall’allegato C. Dai piani di studio provinciali ai piani di studio di istituto Come è avvenuto per il primo ciclo di istruzione, accanto al Regolamento provinciale sui piani di studio, sono state elaborate queste Linee guida, a carattere indicativo, articolate per periodi e per indirizzi di studio. Esse non costituiscono “il programma” e, in tal senso, non sono da assumere in maniera prescrittiva e acritica. Nel quadro della normativa relativa all’autonomia delle singole istituzioni scolastiche l’elaborazione dei Piani di studio di Istituto, cioè del curricolo, è competenza e responsabilità delle singole scuole. Le Linee guida provinciali costituiscono un riferimento imprescindibile per l’elaborazione dei Piani di studio di istituto e per la progettazione didattica dei Dipartimenti e dei singoli docenti in quanto forniscono, per ciascun indirizzo di studio e per ciascuna disciplina, un quadro delle competenze, abilità e conoscenze coerenti con il profilo in uscita dei singoli percorsi e propongono alcune indicazioni metodologiche coerenti con lo sviluppo di una didattica per competenze. In tal senso esse rappresentano un riferimento comune per l’unitarietà del sistema scolastico e formativo e una garanzia rispetto ai risultati di apprendimento da assicurare al termine di ciascun percorso di studio in funzione dell’esame di Stato; al tempo stesso vogliono essere un aiuto, un supporto alla lettura epistemologica e metodologica delle discipline da parte dei docenti. Il ruolo delle scuole e dei docenti si esplica, in particolare, nell’interpretazione delle Linee guida, nella loro contestualizzazione rispetto ai bisogni formativi locali, nella progettazione concreta dei percorsi didattici, nell’arricchimento di quanto esse propongono, nella scelta delle strategie e delle metodologie più appropriate a promuovere il successo formativo di tutti gli studenti. La caratterizzazione del primo biennio del secondo ciclo di istruzione Il raccordo con il primo ciclo Il primo biennio del secondo ciclo di istruzione e formazione professionale, in quanto completamento dell’obbligo d’istruzione, costituisce un importante segmento di raccordo tra il primo ciclo di istruzione e il successivo biennio o triennio superiore di completamento degli studi. Questa delicata funzione di snodo, che sino a qualche anno fa era svolta dalla scuola media, ridefinisce in parte la natura del primo biennio, accentuandone gli aspetti di continuità, di orientamento, e di dimensione formativa attenta anche all’acquisizione delle competenze chiave di cittadinanza. Una conoscenza approfondita del carattere e della sostanza del primo ciclo di istruzione - così come è delineato nel Regolamento per i Piani di studio provinciali del primo ciclo, ed esplicitato nel Profilo globale dello studente e nel quadro di competenze relativo alle discipline e alle aree di apprendimento1 – è quindi condizione imprescindibile per valorizzare il percorso scolastico pregresso e per raccordare ad esso le finalità e gli obiettivi di apprendimento del primo biennio superiore. Finalità generale del primo ciclo di istruzione è “lo sviluppo armonico e integrale della persona”, intendendo con ciò l’attenzione a tutte le sue dimensioni “fisiche, mentali, spirituali, morali e sociali”. Tale intenzionalità viene esplicitata nel Profilo dello studente, strutturato su quattro assi, ai quali la scuola - attraverso le situazioni di apprendimento, le esperienze e i progetti - dovrebbe ispirare la propria missione formativa: • “identità e orientamento”, per supportare la costruzione del sé personale e sociale e la maturazione di un progetto di vita; • “la relazione con gli altri e la cittadinanza attiva”, per favorire una partecipazione autonoma, responsabile e attiva alla vita sociale; • “la progettualità e la dimensione del fare”, per potenziare l’operatività, lo spirito di iniziativa, l’autonomia, la creatività…; • “gli strumenti culturali”, per promuovere l’acquisizione di quelle competenze trasversali (cognitive, comunicative, metodologiche, personali e sociali) e di quegli atteggiamenti che si traducono in “competenze di vita”. Dentro la cornice di riferimento costituita dal “profilo dello studente” l’approccio per competenze mira a promuovere pratiche di insegnamento, che superino il tradizionale modello trasmissivo e rendano gli studenti protagonisti e costruttori attivi del proprio sapere. Le Linee guida per l’elaborazione dei Piani di studio di istituto2 riprendono le competenze disciplinari, declinandole in abilità e conoscenze al termine della scuola primaria e della secondaria di primo grado. Esse inoltre mettono a disposizione delle scuole suggerimenti metodologici e di pratiche didattiche, anche di tipo laboratoriale, a supporto dell’innovazione didattica, e danno concrete indicazioni per l’elaborazione dei Piani di studio di istituto e per la programmazione dell’azione pedagogicodidattica del singolo docente. 1 Regolamento stralcio per la definizione dei piani di studio provinciali relativi al percorso del primo ciclo di istruzione (art. 55 della legge provinciale 7 agosto 2006), reperibile in www.vivoscuola.tn.it. 2 Linee guida per l’elaborazione dei Piani di studio di istituto (Bozza 2009), in www.vivoscuola.tn.it L’approccio ai saperi nel primo ciclo di istruzione avviene in modo graduale, a partire dal primo biennio in cui – con un approccio per aree di apprendimento – si pongono le prime basi dell’alfabetizzazione funzionale. Sarà poi nelle classi successive e in particolare nella scuola secondaria di primo grado che la didattica andrà differenziandosi, proponendo le conoscenze, le abilità e i linguaggi delle specifiche discipline. Le competenze delineate al termine del primo ciclo per singole discipline rappresentano quindi per la scuola superiore il punto di partenza su cui innestare il successivo percorso, in un’ottica di verticalità e ricorsività del curricolo. In relazione all’orientamento, il primo ciclo di istruzione è impostato sull’attenzione alla persona nella sua totalità, allo scopo di potenziare lo sviluppo del sé, far emergere talenti e attitudini, promuovere capacità di autovalutazione e di auto-orientamento. Attraverso un insegnamento delle discipline fondato su un approccio partecipato e interattivo, lo studente impara a riflettere su di sé, sulle proprie modalità di apprendimento, sui propri interessi e capacità. Attraverso la varietà dei progetti e dei percorsi formativi, che le scuole del primo ciclo abitualmente propongono, si sviluppano anche quelle competenze trasversali e di cittadinanza, che sono componenti importanti nella costruzione di un “progetto di vita”. Così concepita, la scuola del primo ciclo mira a superare un modello riduttivo di orientamento che si limita a dare informazioni allo studente – nell’ultimo anno di scuola secondaria di primo grado e a ridosso delle iscrizioni – sulla tipologia delle scuole superiori, per considerarlo invece una dimensione costitutiva del proprio percorso scolastico. La funzione orientativa per delineare il progetto di vita e di lavoro dello studente della secondaria di secondo grado La continuità del processo educativo I piani di studio della scuola trentina, coerentemente organizzati sulla continuità didattica, risultano basati su un percorso che va dai 6 ai 16 anni e si pongono come obiettivo quello di garantire il diritto dello studente ad un percorso formativo organico che mira a un pieno sviluppo della sua persona. Per realizzare questo obiettivo è necessario che la scuola sappia mettere in atto un efficace progetto formativo capace di accompagnare lo studente con continuità nell’acquisizione graduale dei risultati di apprendimenti attesi in termini di conoscenze, abilità e competenze e sappia, nello stesso tempo, prevenire le difficoltà che lo studente può incontrare nel passaggio dal primo al secondo ciclo che costituisce ancora oggi una delle principali cause della dispersione scolastica soprattutto nel primo biennio della secondaria superiore. La continuità del processo educativo costituisce un obiettivo centrale per educare lo studente a riorganizzare le conoscenze, le competenze e le esperienze acquisite. Pertanto continuità significa considerare il percorso educativo secondo una logica di sviluppo coerente, che valorizzi quello che lo studente sa e sa fare e, riconosca nel contempo la specificità degli interventi e del profilo educativo culturale e professionale in uscita al termine di ogni ciclo scolastico. Per questo è opportuno che il passaggio dalla secondaria di primo grado alla secondaria di secondo grado sia accompagnato, da un’efficace azione di orientamento informativo e formativo basato sulla continuità verticale del curricolo e sull’integrazione tra i sistemi e i servizi presenti sul territorio. Sono questi due aspetti che vanno presi in considerazione per mettere in atto un’efficace strategia di orientamento capace di incidere in termini di qualità sul processo formativo. La dimensione formativa dell’orientamento Perché l’azione orientativa assuma un ruolo efficace nell’azione educativa è necessario che gli insegnanti considerino l’orientamento come parte integrante dei curricoli a partire dal primo ciclo di istruzione in termini non solo informativi, ma soprattutto formativi ciò sia oggetto di una specifica progettazione da parte della scuola. Pertanto diventa essenziale sviluppare una cultura dell’orientamento incentrata sulla dimensione formativa e operativa che accolga lo studente fin dall’ingresso nella secondaria, capace di accompagnarlo lungo l’intero percorso di studi, che sia in grado di motivarlo allo studio e verso la cultura del lavoro, di sviluppare le sue conoscenze di base, di rafforzare le attitudini e le vocazioni, rendendo così lo studente consapevole di sé, capace di assumere decisioni autonome e responsabili, protagonista del proprio processo di formazione. La progettazione educativa dell’orientamento Una progettazione didattica incentrata sulla funzione orientativa richiede che i docenti mettano in campo competenze sia di tipo disciplinare che competenze professionali di tipo metacognitivo, metodologiche, relazionali, di progettazione e di monitoraggio dei processi formativi. Serve, in altre parole, una didattica basata sull’ascolto, incentrata sulla relazione educativa con lo studente capace di coinvolgerlo nella dimensione affettiva ed emotiva. La didattica orientativa basata sulla continuità del curricolo ha come obiettivo l’acquisizione di competenze che sono una combinazione di conoscenze, di abilità e di atteggiamenti e sono finalizzate a sviluppare l’esercizio consapevole della cittadinanza. E’ necessario orientare l’azione in più direzioni: in verticale, in particolare nel passaggio dalla scuola media alla secondaria e nell’uscita della secondaria verso l’università e il mondo del lavoro; e in orizzontale, verso la rete dei servizi presenti sul territorio. Perché l’orientamento si caratterizzi sempre di più per essere di tipo formativo occorre che le scuole operino in una logica di sistema puntando a sviluppare reti territoriali tra scuole medie, scuole secondarie, enti locali, associazioni e agenzie sociali e imprenditoriali. Infatti, le reti si sono rivelate gli strumenti più efficaci per mettere in atto progetti di raccordo tra le scuole del primo ciclo, sviluppare i contatti con le famiglie, favorire i passaggi dei percorsi di studio, attivare progetti di orientamento alle professioni basati su stage e sull’alternanza scuola lavoro. Raccordo e primo biennio Nella progettazione di azioni orientative una particolare attenzione va posta sui raccordi del sistema, in particolare sullo snodo che va dai 14 ai 16 anni che coincide con il passaggio dalla secondaria di primo grado alla secondaria di secondo grado: gli insegnanti del primo biennio della secondaria dovrebbero mettere in atto strumenti per conoscere i risultati di apprendimento che lo studente ha conseguito prima del suo ingresso nella secondaria allo scopo di intervenire con eventuali azioni di recupero. Ora, con i nuovi impianti ordinamentali, la scelta orientativa definitiva dell’indirizzo è spostata al primo biennio; ma perché il biennio diventi effettivamente orientativo e ri-orientativo è necessario che i consigli di classe e i dipartimenti attivino, a partire dal primo anno, una progettazione didattica incentrata sulla cooperazione fra i diversi assi culturali e le discipline di area comune e quelle di indirizzo, puntando su un curricolo orientato alle competenze. Per garantire i passaggi da un indirizzo all’altro è necessario che si renda effettiva la pari dignità dei percorsi di studio dei bienni, dei licei, dei tecnici, dei professionali e della formazione professionale, indicando con precisione le competenze che lo studente deve acquisire in uscita dall’obbligo di istruzione. In particolare, per quanto riguarda l’azione nei primi due anni della secondaria, a titolo esemplificativo, le attività improntate sulla funzione orientativa possono essere tese: al recupero e al riallineamento delle conoscenze di base; a sviluppare competenze riferite agli assi culturali; alla rimotivazione; a rafforzare e verificare le possibili scelte di indirizzo. Secondo biennio e quinto anno Una particolare importanza riveste la funzione orientativa da sviluppare nel secondo biennio, in continuità con il primo biennio e in coerenza con i risultati di apprendimento indicati nel profilo educativo, culturale e professionale previsto nel PECUP. Nel secondo biennio è fondamentale continuare nell’azione di orientamento formativo, inteso come il diritto dello studente di avere un percorso di studi capace di motivarlo e di rafforzare le capacità e le attitudini personali coerenti con l’indirizzo di studio scelto. Nella progettazione delle azioni di orientamento è necessario che la scuola agisca basandosi su una logica sistemica capace, da un lato, di fornire agli studenti e alle famiglie strumenti informativi e culturali, soprattutto nel quinto anno riferiti alle scelte post secondarie e universitarie, dall’altro di agire sullo studente portandolo a rielaborare le conoscenze e le abilità acquisite dalle discipline, integrandole con le esperienze che lo porti a misurarsi con le richieste del mondo del lavoro e con gli interessi e le aspirazioni professionali. In particolare gli studenti dei tecnici e dei professionali vanno accompagnati lungo un percorso di studi, motivandoli vero le professioni tecniche, con un’approfondita conoscenza del settore di riferimento attraverso visite ad aziende, esperienze di stage e di tirocinio da attivare anche per gli studenti dei licei. In altre parole, la scuola deve mettere in atto un orientamento capace di sviluppare nello studente le potenzialità culturali e professionali, che valorizzi la dimensione orientativa delle discipline e che favorisca l’interazione della scuola con il territorio, il mondo del lavoro e l’università. Nel quinto anno inoltre è particolarmente importante che lo studente abbia acquisito competenze di progettazione autonoma in funzione delle scelte che dovrà fare verso il mondo delle professioni o e verso l’università. Saperi e competenze Il duplice ruolo dei saperi Il primo ruolo dei saperi viene svolto nella coltivazione della persona in aspetti meno direttamente e immediatamente spendibili, ma certamente fondamentali per arricchirla da molti punti di vista, come sensibilità verso valori e significati spesso meno evidenti, comprensione empatica di situazioni di vita e di sofferenza, esperienza di momenti di godimento estetico, riflessione critica rispetto a facili giudizi e orientamenti. In altre parole, si tratta della coltivazione dello spirito attraverso l’esperienza del vero, del bene, del bello, del giusto mediante la frequentazione dei vari saperi. Una genuina esperienza di tali beni dello spirito implica lo sviluppo di uno spazio interiore, che permetta nel tempo di penetrare sempre più in profondità il loro valore e di coglierne sempre meglio la connessione con il senso e la prospettiva della propria esistenza. Occorre cioè: che la coltivazione dello spirito sia chiaramente perseguita nella frequentazione della letteratura italiana e straniera, che si ricerchi effettivamente l’apertura mentale che proviene dalla conoscenza storica e geografica, che si sostenga con pervicacia la consapevolezza critica promossa dalla filosofia, che si favorisca l’arricchimento del pensiero derivante dal contatto con i classici, che si irrobustisca la capacità di interpretare il mondo della natura attraverso le scienze, che si affini la capacità di ragionamento logico analitico affrontando il mondo della matematica, che si aprano gli animi alla sensibilità estetica sollecitata nella visitazione delle diverse realizzazioni artistiche. Sono questi tutti ingredienti indispensabili per lo sviluppo della persona umana. D’altra parte, occorre constatare che la scuola nella sua pratica quotidiana troppo spesso non riesce a costruire un ambiente di apprendimento nel quale la gran parte degli studenti possa e voglia sperimentare personalmente questi beni e appropriarsene con impegno e costanza. Molti dei saperi umanistici vengono accostati in maniera superficiale e ripetitiva e rimangono in loro, se rimangono, in gran parte inerti, come già evidenziava Whitehead. Quanto ai saperi scientifici spesso essi rimangono del tutto separati dall’interpretazione dei fenomeni e degli eventi presenti nell’esperienza personale dell’ambiente fisico e sociale in cui vivono. Le stesse conoscenze matematiche sembrano ai più elementi estranei alla propria quotidianità e quindi irrilevanti nel loro progetto di vita. Il secondo ruolo dei saperi sta nel costituire la base fondamentale per una interpretazione di sé, del mondo che ci circonda e delle diverse vicende umane e per avere la possibilità di agire in tale contesto in maniera autonoma e responsabile. Ciò può sollecitare una rivitalizzazione della stessa centralità dell’apprendimento dei saperi. In questa direzione gli stessi sostenitori un tempo del sapere teorico come cuore essenziale, se non esclusivo, dei processi educativi, a poco a poco hanno dovuto accostare a esso anche il sapere che guida l’agire umano e le sue scelte autonome e responsabili. Se una disciplina come la matematica ha un suo valore intrinseco e per questo la si considera regina nel suo regno, ciò non vuol dire che essa non abbia un ruolo fondamentale come strumento di pensiero e di azione più vasto, toccando non solo le altre discipline, bensì anche la stessa vita quotidiana. È un servizio prezioso alla crescita della persona in molte direzioni e al consolidamento della sua autonomia e responsabilità nelle vicende scolastiche ed extrascolastiche. Perché le competenze Nel nostro contesto culturale, sociale e professionale non basta dunque sapere, occorre saper agire, cioè capire, valutare, decidere, mettere in azione se stessi, valutare i risultati dei propri interventi, migliorare le proprie prestazioni. Ma anche sapersi rapportare con gli altri, con le istituzioni, collaborare, partecipare alla vita sociale e comunitaria. Una competenza tuttavia non è direttamente osservabile, rilevabile. Essa è un po’ come l’intelligenza, o l’onestà, di una persona: la si può cogliere solo attraverso i suoi comportamenti, le sue azioni; e ciò spesso non basta nemmeno, occorre che tali manifestazioni di competenza non siano occasionali, bensì ripetute, coerenti, in maniera che si possa ritenere a buon diritto che esse derivino da qualità veramente e stabilmente possedute. A esempio la competenza nello scrivere in italiano, o nel risolvere problemi di matematica, la possiamo indurre, inferire, a partire da una serie di prestazioni, o manifestazioni pubbliche, in questi campi specifici. E per questo non basta una sola prova, occorre una pluralità di evidenze raccolte nel tempo. Una competenza poi si manifesta perché uno studente riesce a mettere in moto, attivare, e coordinare le sue risorse interne (saperi, conoscenze, abilità, atteggiamenti) per affrontare i compiti da svolgere, i problemi da risolvere, le situazioni da affrontare; soprattutto quando tutto ciò si presenta con qualche elemento di novità e di complessità: non è ripetitivo, consueto. E a seconda dei compiti da svolgere o delle situazioni da affrontare una competenza può esser più o meno elevata. In tutto ciò i saperi, posseduti a un buon livello di comprensione e di fruibilità, giocano un ruolo decisivo. Ma una vera competenza va oltre il puro sapere, il semplice conoscere o saper fare, occorre che di fronte a un compito impegnativo, un’attività significativa, una situazione sfidante, lo studente sia in grado di impegnarsi con tutte le sue risorse interne per rispondervi positivamente. E molte volte egli deve mettere in gioco anche capacità di concentrazione, di resistenza nel lavoro, di controllo del proprio operato, tutte qualità proprie del carattere. Altrettanto spesso occorre saper valorizzare altre risorse a lui esterne, come strumenti, anche informatici, materiali di vario tipo, persone più competenti, ecc. Promuovere saperi e competenze Non è possibile dunque promuovere competenze, se non si promuovono contemporaneamente anche i saperi a queste correlati. Lo sviluppo di una competenza implica un esercizio graduale e sistematico all’interno di una buona pratica didattica. L’avanzare delle conoscenze deve accompagnarsi a una loro vera comprensione e a una loro progressiva valorizzazione per leggere e interpretare situazioni interne alla propria disciplina e esterne a essa, per quanto possibile, per passare poi a qualche forma di esercitazione o di produzione personale. Tenuto conto di ciò è possibile enunciare alcuni principi di metodo che, valorizzati intelligentemente, possono favorire lo sviluppo progressivo delle competenze intese. Primo principio: coinvolgimento Una competenza si sviluppa in un contesto nel quale lo studente è coinvolto, personalmente o collettivamente, nell’affrontare situazioni, nel portare a termine compiti, nel realizzare prodotti, nel risolvere problemi, che implicano l’attivazione e il coordinamento operativo di quanto sa, sa fare, sa essere o sa collaborare con gli altri. Ciò vale sia nel caso delle competenze legate allo sviluppo della padronanza della lingua italiana, della lingua straniera, della matematica e delle scienze, sia allo sviluppo di quadri di riferimento culturali di natura storica o geografica o filosofica; nei Licei a una adeguata competenza nelle lingue classiche; negli Istituti Tecnici alla progressiva padronanza delle tecnologie e tecniche di progettazione, realizzazione e controllo di qualità nel settore di produzione di beni e/o servizi caratterizzanti un indirizzo tecnico, sia per quanto riguarda quelle che, nel documento sull’obbligo di istruzione, sono chiamate competenze di cittadinanza . Anche un coinvolgimento indiretto può aiutare a sviluppare tali competenze, cioè la possibilità di fare non solo esperienze dirette, ma anche esperienze vicarie o mediate, cioè l’interiorizzazione di modalità d’azione messe in opera da altri, che possono essere rievocate e valorizzate in circostanze simili. Secondo principio: apprendimento significativo La progettazione di un’attività formativa diretta allo sviluppo di competenze deve tener conto della necessità che le conoscenze fondamentali da questa implicate siano acquisite in maniera significativa, cioè comprese, organizzate e ricordate in modo adeguato, che le abilità richieste siano disponibili a un livello confacente di correttezza e di consapevolezza di quando e come utilizzarle, che si sostenga il desiderio di sviluppare conoscenze e abilità nell’affrontare compiti e attività che ne esigono l’attivazione e l’integrazione. Per questo è necessaria l’individuazione chiara dei saperi fondamentali da promuovere e delle conoscenze e abilità fondamentali che le varie competenze implicano, tenendo conto del livello di profondità e padronanza da raggiungere, Su questa base andrebbe fatto un bilancio iniziale delle conoscenze, delle abilità già acquisite ed evidenziate da parte dello studente (o, eventualmente, delle competenze da lui già raggiunte). Dal confronto tra questi due riferimenti è possibile elaborare un progetto formativo coerente. Ciò è particolarmente importante nel caso delle competenze riferibili allo scrivere, al leggere e alla matematica, competenze che condizionano non poco lo sviluppo di qualsiasi altra competenza. Terzo principio: consapevolezza La consapevolezza, che tutti gli insegnanti dovrebbero raggiungere circa il ruolo degli apporti delle loro discipline allo sviluppo dei saperi e delle competenze, favorisce la presenza di un ambiente di studio nel quale studenti e docenti collaborano in tale direzione. Si tratta di promuovere una pratica formativa segnata dall’esigenza di favorire un’acquisizione di conoscenze e abilità del cui valore, ai fini dello sviluppo personale, culturale e professionale indicato dai risultati di apprendimento specificato nei profili finali, siano consapevoli sia i docenti, sia gli studenti. Ciò implica l’uso di metodi che coinvolgono l’attività degli studenti nell’affrontare questioni e problemi di natura applicativa (alla propria vita, alle altre discipline, alla vita sociale e lavorativa), sia nell’introdurre i nuclei fondamentali delle conoscenze e abilità, sia nel progressivo padroneggiarli. Un ambiente di lavoro nel quale si realizzano individualmente o collettivamente prodotti che richiedono un utilizzo intelligente di quanto studiato, o sollecitano un suo approfondimento, è la chiave di volta metodologica. Naturalmente, nei primi due anni si tratta di prodotti non particolarmente impegnativi, come sintesi scritte di testi studiati, alle quali si possono accostare riflessioni personali, esempi di applicazioni pratiche, argomentazioni critiche o risultati di discussioni di gruppo (eventualmente in lingua straniera); ricerca di applicazioni di concetti e principi matematici, scientifici e/o tecnici a casi di vita quotidiana; individuazione di fondamenti concettuali che fanno da supporto a procedure e tecniche presentate nelle attività di indirizzo; l’impostazione e la realizzazione di piccoli progetti che implichino l’applicazione di quanto studiato. Quarto principio: approccio laboratoriale L’ambiente nel quale si svolgono le lezioni dovrebbe assumere sempre più le caratteristiche di un laboratorio, soprattutto mentale, nel quale si opera individualmente o in gruppo al fine di acquisire e controllare la qualità delle conoscenze e delle abilità progressivamente affrontate, mentre se ne verifica la spendibilità nell’affrontare esercizi e problemi via via più impegnativi sotto la guida dei docenti. Un vero e proprio laboratorio di scrittura in italiano, eventualmente sostenuta dall’uso personale e/o collettivo di tecnologie digitali, nel quale si possano anche redigere relazioni su quanto esplorato nelle scienze o nelle tecnologie, oltre che commenti alle proprie letture; un vero e proprio laboratorio di introduzione e di applicazione dei concetti e dei procedimenti matematici, mediante la soluzione di problemi anche ispirati allo studio parallelo delle scienze o delle tecnologie; esercitazioni nella lingua straniera, valorizzando, se ci sono, quanti ne manifestano una maggiore padronanza, o mediante la lettura e/o ascolto collettivo di testi in inglese. Si tratta di promuovere una metodologia di insegnamento e apprendimento di tipo laboratoriale, alla quale si potrà accostare con ancor maggior profitto l’utilizzo, ove previsto, delle previste attività da svolgere nei laboratori. In particolare, una didattica per progetti risulterà del tutto proficua. Lavorare per progetti, infatti, consente di cogliere lo scopo di molti apprendimenti anche di tipo ripetitivo, come quelli connessi con lo sviluppo di alcune abilità strumentali. L’impostazione di un lavoro collettivo al fine di conseguire il risultato o prodotto finale del progetto permette anche di far pratica di attività di natura progettuale, gestionale e collaborativa. Valutare saperi e competenze Allo scopo di costruire progressivamente una reale pratica valutativa delle competenze, un primo passo normalmente consiste nella valutazione della qualità delle conoscenze e delle abilità che risultano componenti essenziali delle competenze. Ciò può essere fatto insieme a una valutazione dei saperi fondamentali da promuovere, utilizzando le forme normali di accertamento proprie delle varie discipline. Occorre però ricordare che le conoscenze, sia per costituire una buona base di saperi, sia per poter essere valorizzate nello sviluppo di una competenza, devono manifestare tre caratteristiche fondamentali: significatività, stabilità e fruibilità. Occorre che gli elementi conoscitivi siano effettivamente compresi a un adeguato livello di profondità, tenuto conto dell’età e del percorso formativo seguito. Forme d’acquisizione solamente ripetitive, non sufficientemente dominate, rimangono rigide e non facilmente collegabili a situazioni diverse da quelle nelle quali sono state acquisite. La costituzione di una base conoscitiva stabile e ben organizzata, che permetta un facile accesso ai concetti e ai quadri concettuali richiesti, deve fornire principi organizzatori adeguati. Un concetto, o un quadro concettuale, deve infine poter essere utilizzato per interpretare situazioni e compiti diversi da quelli nei quali esso è stato costruito. Analoghe caratteristiche dovrebbero presentare le abilità apprese. Una abilità deve poter essere utilizzata in maniera fluida e corretta, sapendo collegarla a quelle che sono state denominate le conoscenze condizionali; cioè di fronte a una questione o un compito lo studente dovrà essere in grado di attivare quelle abilità che sono richieste e farlo in maniera adeguata e consapevole. Tra le abilità rivestono particolare importanza quelle collegate con la capacità di controllare e gestire in proprio un processo di apprendimento. Un accenno infine alle componenti critiche di natura affettiva e motivazionale. Purtroppo spesso si trascura questa dimensione delle competenze, ma basta osservare uno studente per cogliere come all’origine di scarsi risultati in termini di apprendimento siano presenti disposizioni interiori negative sul piano affettivo, motivazionale e volitivo. Un atteggiamento negativo verso un insegnamento o un insegnante, la fragilità della capacità di concentrazione, l’incapacità o debolezza nel superare le frustrazioni di fronte alle difficoltà o agli insuccessi, la scarsa tenuta e perseveranza nello svolgere un compito un po’ impegnativo, pregiudicano sia l’acquisizione, sia la manifestazione di competenze. Ma nel promuovere vere competenze è cruciale la scelta della modalità di valutazione sia delle competenze iniziali, già validamente e stabilmente possedute, sia del costituirsi progressivo di quelle oggetto di apprendimento. Occorre anche aggiungere che intrinseca al processo stesso è la promozione di un'adeguata capacità di autovalutazione del livello di competenza raggiunto. Ciò per varie ragioni: in primo luogo, perché occorre sollecitare e sostenere lo sviluppo di competenze autoregolative del proprio apprendimento; in secondo luogo, perché la constatazione dei progressi ottenuti è una delle maggiori forze motivanti all'apprendimento. Si è già accennato al fatto che non è possibile decidere se uno studente possieda o meno una competenza sulla base di una sola prestazione. Per poterne cogliere la presenza, non solo genericamente, bensì anche specificatamente e qualitativamente, si deve poter disporre di un insieme di sue manifestazioni o prestazioni particolari. Queste assumono il ruolo di base informativa e documentaria utile a ipotizzarne l’esistenza e il livello raggiunto, propri perché una competenza non è direttamente rilevabile, bensì è solo inferibile a partire dalle sue manifestazioni. Di qui l’importanza di costruire un repertorio di strumenti e metodologie di valutazione, che tengano conto di una pluralità di fonti informative e di strumenti rilevativi. È inoltre opportuno ricordare che in un processo valutativo un conto è la raccolta di elementi informativi, di dati, relativi alle manifestazioni di competenza, un altro conto è la loro lettura e interpretazione al fine di elaborare un giudizio comprensivo. Ambedue gli aspetti del processo valutativo esigono particolare attenzione. Quanto alla raccolta di informazioni, occorre che queste siano pertinenti (cioè si riferiscano effettivamente a ciò che si deve valutare) e affidabili (cioè degne di fiducia, in quanto non distorte o mal raccolte). Ma la loro lettura, interpretazione e valutazione, esigono che preventivamente siano stati definiti i criteri in base ai quali ciò viene fatto, deve cioè essere indicato a che cosa si presta attenzione e si attribuisce valore e seguire effettivamente e validamente in tale apprezzamento i criteri determinati. L’elaborazione di un giudizio che tenga conto dell’insieme delle manifestazioni di competenza, anche da un punto di vista evolutivo, non può basarsi su calcoli di tipo statistico, alla ricerca di medie: assume invece il carattere di un accertamento di presenza e di livello, che deve essere sostenuto da elementi di prova (le informazioni raccolte) e da consenso (da parte di altri). Si tratta, infatti, di un giudizio che risulti il più possibile degno di fiducia, sia per la metodologia valutativa adottata, sia per le qualità personali e professionali dei valutatori. Per quanto riguarda, in generale, le fonti informative sulla base delle quali esprimere un giudizio di competenza, possono essere classificate secondo tre grandi ambiti specifici: quello relativo ai risultati ottenuti nello svolgimento di un compito o nella realizzazione del prodotto; quello relativo a come lo studente è giunto a conseguire tali risultati; quello relativo alla percezione che lo studente ha del suo lavoro. Il primo ambito riguarda i compiti che devono essere svolti dallo studente e/o i prodotti che questi deve realizzare. Essi devono esigere la messa in moto non solo delle conoscenze delle abilità possedute, ma anche una loro valorizzazione in contesti e ambiti di riferimento moderatamente diversi da quelli ormai già resi famigliari dalla pratica didattica. Occorre che lo studente evidenzi la capacità di sapersi muovere in maniera sufficientemente agevole e valida al di fuori dei confini della ripetizione e della famigliarità, individuando in primo luogo proprio le esigenze di adattamento e di flessibilità che la situazione proposta implica una previa definizione esplicita di criteri di qualità favorisce la valutazione dei risultati ottenuti dai singoli studenti. Il secondo ambito implica una osservazione sistematica del comportamento dello studente mentre svolge il compito; ciò comporta una previa definizione delle categorie osservative, cioè di quegli aspetti specifici che caratterizzano una prestazione e sui quali concentrare l'attenzione per poter decidere se una certa competenza sia stata raggiunta o meno. Anche in questo caso non è possibile risalire dall'osservazione di un'unica prestazione alla constatazione di un'acquisizione effettiva di una competenza sufficientemente complessa. Il terzo ambito evoca una qualche forma di narrazione di sé da parte dello studente, sia come descrizione del come e perché ha svolto il compito assegnato in quella maniera, sia come valutazione del risultato ottenuto. Ciò coinvolge una capacità di raccontare, giustificandole, le scelte operative fatte; di descrivere la successione delle operazioni compiute per portare a termine il compito assegnato, evidenziando, eventualmente, gli errori più frequenti e i possibili miglioramenti; di indicare la qualità non solo del prodotto, risultato del suo intervento, ma anche del processo produttivo adottato. La raccolta sistematica delle informazioni e la loro lettura e interpretazione permette di inferire se lo studente abbia raggiunto un certo livello di competenza in un ambito di attività specifico. In questo modo, i docenti possono disporre di evidenze utili ai fini della valutazione finale da effettuare secondo quanto previsto dalla normativa vigente, ivi compresa quella relativa alla certificazione delle competenze per l’adempimento dell’obbligo di istruzione, il cui modello è stato adottato con il decreto ministeriale n. 9 del 27 gennaio 2010. Sulla certificazione delle competenze (primo accenno) Per certificazione delle competenze si intende in ambito europeo la conferma, da parte di un ente competente, che i risultati dell’apprendimento (conoscenze, abilità e competenze) acquisiti comunque da una persona sono stati accertati in base a criteri prestabiliti e sono conformi ai requisiti di un quadro di riferimento (detti anche standard) per una loro convalida. La convalida è generalmente seguita da una certificazione. Il certificato che ne risulta è un documento ufficiale rilasciato da un organismo di certificazione che riporta i risultati conseguiti da un individuo all’esito di un accertamento e di una convalida rispetto a uno quadro di riferimento precostituito. Alcune le linee guida elaborate in sede europea per validare i risultati di apprendimento conseguiti da un soggetto indicano alcuni passaggi fondamentali che possono essere così riassunti. Primo passaggio. Identificazione della competenza considerata e raccolta della documentazione disponibile, in altre parole identificare ciò che un soggetto conosce ed è in grado di valorizzare in compiti coerenti con la competenza in oggetto, sulla base di una opportune evidenze. In questo passaggio è coinvolto il soggetto stesso, magari con l’aiuto di qualcuno più esperto. Secondo passaggio. Stabilire ciò che effettivamente il soggetto conosce ed è in grado di fare in maniera consapevole e responsabile. Entra in gioco sia una processo di autovalutazione, sia di valutazione esterna per giungere a una conclusione che sia affidabile e pertinente. Terzo passaggio. Si tratta ora di validare il quadro valutativo raggiunto rispetto a un riferimento esterno o standard, cioè a quanto viene richiesto non solo come patrimonio di conoscenze e abilità, ma anche come capacità di loro valorizzazione rispetto a compiti caratterizzanti un certo livello di competenza. Quarto passaggio. Se le esigenze di qualificazione rispetto agli standard previsti sono state soddisfatte, allora l’autorità che ne è competente può redigere un documento che lo certifica, specificando quanto il soggetto sa, sa fare e sa valorizzare in un ambito specifico di competenza. Occorre ricordare che la certificazione delle competenze è legata a diritti individuali e non a pratiche valutative ordinarie della scuola per due ragioni. Primo le competenze considerate nelle certificazioni sono i risultati di apprendimento comunque conseguiti, sia all’interno dei sistemi scolastici o formativi, sia fuori di essi. Inoltre, è il singolo studente (o la sua famiglia) che deve chiedere tali certificati, mentre è compito della scuola garantire a ciascuno la possibilità di ottenerli. E tutto ciò differenzia notevolmente la natura della certificato da quello della pagella. Nota Nei documenti europei il significato dei termini usati è così espresso: a) conoscenze, indicano il risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento, sono l’insieme di fatti, principi, teorie e pratiche, relative a un settore di studio o di lavoro, e sono descritte come teoriche e/o pratiche; b) abilità indicano le capacità di applicare conoscenze e di usare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi, esse sono descritte come cognitive (uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (che implicano l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti); c) competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale, esse sono descritte in termine di responsabilità e autonomia. In altra parte dei documenti si indicano anche gli atteggiamenti, che riguardano prevalentemente disponibilità stabili positive o negative verso attività, contenuti, ambienti, persone. In essi entrano aspetti valoriali, cognitivi, affettivi e volitivi.