dopo utrecht ii - studio psichiatrico Palermo

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dopo utrecht ii - studio psichiatrico Palermo
MARGINALIA
DOPO LA CONFERENZA DI UTRECHT II:
NUOVE SFIDE PER LA RICERCA PARAPSICOLOGICA?
GIOVANNI IANNUZZO
Nel 1953, dal 30 luglio al 5 agosto, un gruppo di noti studiosi di parapsicologia,
provenienti da ogni parte del mondo, si riunì a Utrecht, sede di una delle più
prestigiose università del mondo dove si svolgesse attività di ricerca in questo
campo. L’incontro, finanziato dalla Parapsychological Foundation di Eileen
Garrett aveva l’intento dichiarato di delineare lo stato dell’arte in questa area
scientifica e di proporre nuovi orientamenti condivisi dagli studiosi di tutto il
mondo. Fu un evento imponente che dettò senza dubbio regole forti in un campo
nel quale, sino ad allora, non si parlava un linguaggio scientifico comune. Fra i
risultati più importanti ricordiamo l’adozione universale del termine
parapsicologia come definizione del campo di studi, la creazione di comitati ad
hoc per lo studio di specifici fenomeni o classi di fenomeni e soprattutto l’avvio
di importanti scambi internazionali fra studiosi di tutto il mondo. Fu un evento
fondamentale – per tanti versi mitico - nella storia della parapsicologia.
Sono dovuti passare ben cinquantacinque anni perché l’evento si ripetesse.
Sempre con il sostegno della Parapsychology Foundation, ma anche stavolta
della Fondazione olandese Het Johan Borgmanfonds, un comitato internazionale
ha organizzato (dal 16 al 18 ottobre di quest’anno) i lavori della Seconda
Conferenza Internazionale: Utrecht II: Charting the Future of Parapsychology.
Più di mezzo secolo dopo…
E’ giocoforza evidenziare quante cose sono cambiate in più di mezzo secolo in
un campo di ricerca da sempre controverso, ed oggi più controverso che mai.
Senza volere fare alcun resoconto specifico dei lavori di Utrecht II – il che
necessita di altra sede - posso solo osservare, per quanto ovvio sia, ma
permettetemi in questo caso anche l’ovvietà… che tante cose sono cambiate. Il
mondo è cambiato. Durante i lavori della Conferenza è stato proiettato un
delizioso, brevissimo filmato su alcuni momenti dei lavori del 1953. Scene
provenienti da un’altra dimensione – nel 1953 io dovevo ancora nascere.
Così come è cambiato il mondo, è cambiata la ricerca parapsicologica. Si è
adeguata ai cambiamenti ed ha ridisegnato confini di indagine e speranze di
successo. Ma cosa è così cambiato?
Anzitutto, credo, la visione stessa della ricerca psi. Non più un’area settoriale,
confinata all’interno di società specifiche più o meno dilettantistiche, ma un’area
multidisciplinare con una grande, nuova apertura verso campi di ricerca
assolutamente ortodossi, con un interfacciamento molto ben funzionante. Ormai
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sono tre le leading areas nella ricerca psi: le neuroscienze, la psicologia clinica e
la fisica. Fra queste tre “macroaree” della conoscenza sono ipotizzate connessioni
ardite e relazioni comunemente impensabili.
Sebbene i temi siano
sostanzialmente quelli tradizionali, le modalità di approccio si sono
inevitabilmente modificate, le tecniche sperimentali sono divenute sempre più
precise, gli approcci teorici più convincenti. Nuovi modelli fisici di realtà, stati di
coscienza, uso clinico della parapsicologia e persino ricerca di eventuali markers
neuronali per le capacità psi si affiancano a tecniche sperimentali raffinate con
l’uso di tecnologie molto avanzate (come la fMRI) e, su piani più strettamente
“politici”, ad una sempre maggiore attenzione verso eventuali spazi universitari
per la ricerca parapsicologica e comunque verso livelli sempre più alti di
qualificazione scientifica. Si, qualcosa è cambiato…
La parapsicologia sembra avere, inoltre ed in qualche misura, fatto ragionevole
autocritica, prendendo atto degli scarsi risultati ottenuti sinora e cercando nuovi
spazi concettuali e sperimentali che sembrano differire molto da quelli ai quali
siamo abituati da decenni. Un salto di qualità è evidente. E’ un salto importante.
Voglio anche aggiungere, per confermare ulteriormente queste mie impressioni,
che l’atmosfera della Conference di Utrecht è stata particolare, e spiego perché.
Gli studiosi presenti erano quasi tutti affiliati a istituzioni pubbliche, in particolar
modo universitarie, con un brillante curriculum scientifico, in genere giovani o
giovanissimi. Il livello delle relazioni è stato mediamente molto alto e molto
tecnico. L’impressione veramente forte è stata che non si trattava di una semplice
celebrazione dei fasti del passato, con qualche spunto di malinconia, ma di una
reale apertura al futuro, di una progettualità decisa, di una sfida lanciata con
orgoglio, di una scommessa accettata con ottimismo. Si è percepita – era
addirittura palpabile – l’esigenza di costruire un nuovo “spazio” internazionale
dedicato allo scambio di idee, esperienze, riflessioni su quello che è lo stato
dell’arte della parapsicologia, su quanto è stato fatto, su quanto è possibile fare.
La sua priorità ideale dovrebbe essere quella di fornire una nuova possibilità di
confronto e discussione professionale su tutto ciò che afferisce alla ricerca psi
così come essa si presenta in questo momento storico e di farlo con grande
selettività, ma anche con ottimismo, speranza, determinazione. Per decenni la
parapsicologia è stata una nave incagliatasi fra le secche, le vele ammainate,
prigioniera di una implacabile, lunghissima bonaccia. Ora un vento freddo e
tonificante soffia di nuovo da Utrecht. Signori, riapriamo le vele, si riparte. E se
la bussola non funziona proprio bene, e la meta appare sempre incerta, pazienza.
Navigheremo a vista.
© Giovanni Iannuzzo, febbraio 2009
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