Treni pendolanti sulle linee FS della Sardegna

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Treni pendolanti sulle linee FS della Sardegna
INFORMAZIONE
TRASPORTI.
DOPO LA CORSA DI PROVA CON IL TALGO, SOLO L‘ORARIO DI SERVIZIO POTRÀ FARE CHIAREZZA
Gli organi di informazione hanno
dato recentemente notizia del fatto che,
sulla tratta FS Cagliari-Sassari e viceversa, è stata effettuata una coppia di corse
di prova del treno Talgo, con un tempo di
collegamento di 2h15’. Nelle cronache si
è anche dato ampio spazio alla prospettiva che questo treno possa significativamente ridurre gli attuali tempi di percorrenza sulla tratta, senza necessità di interventi sul tracciato. Ciò in quanto il Talgo
appartiene alla categoria del materiale
rotabile denominato “a cassa oscillante”,
oppure “ad assetto variabile”, o anche
“pendolante”.
Con una denominazione un poco
impropria, il Talgo è stato anche indicato
come “pendolino spagnolo”. L’improprietà è legata al fatto che pendolino è il
nome da sempre usato per il treno prodotto dall’italiana Fiat Ferroviaria, dotato
di un sistema di pendolamento non inerziale ma comandato, che, sulla base della lettura del sovralzo di rotaia nei raccordi parabolici, agisce sul treno nella sua
interezza. Nel caso del Talgo pendolano
invece, per semplice inerzia, le sole carrozze e non anche il locomotore.
A proposito comunque del pendolamento, è appena il caso di ricordare che
esso fu introdotto con la precisa finalità
di poter percorrere la generica curva di
una linea ferroviaria ad una velocità superiore rispetto a quella che nella stessa
curva, a parità di accelerazione centrifuga (si passi la dizione ormai generalizzata in luogo di quella corretta di reazione
alla accelerazione centripeta) sopportata dal viaggiatore, potrebbe essere tenuta da un veicolo di tipo tradizionale. Cioè
il carrello è ovviamente soggetto in ciascuna curva alla ac = V2/R competente
ma, grazie alla rotazione della cassa rispetto allo stesso carrello e quindi al piano del ferro, il viaggiatore è soggetto ad
una porzione di accelerazione, detta non
compensata (anc), minore di quella a cui
sarebbe assoggettato se percorresse la
stessa curva, alla stessa velocità, su un
treno di tipo tradizionale. In quest’ultimo
infatti, trascurando la deformazione delle sospensioni, il solo provvedimento teso
a ridurre l’anc è il sovralzo della rotaia
esterna.
Tornando al fatto citato in apertura,
esso rappresenta la prima azione concreta di approccio in Sardegna al materiale
ad assetto variabile, dopo che di esso, sommessamente e solo in un ridotto ambito
tecnico, si era parlato in passato. È pur
vero che l’intesa di programma Stato-Regione del 1999 aveva previsto la introduzione nei servizi FS di due complessi ad
assetto variabile, ma tale previsione rimase poi solo sulla carta. E comunque il ristretto ambito tecnico cui si accennava è
precedente al ‘99, e non di poco.
La prima idea di impiego in Sardegna di materiale rotabile pendolante risale forse al 1986, al tempo cioè in cui erano in corso le attività sia civili che industriali della elettrificazione, decisa, ex
autoritate, con la legge n. 17 del 1981, a
25 kvolt monofase. Si trattava di una ipotesi sussurrata in ambito Fiat Ferroviaria
di Savigliano, che aveva allora in corso la
costruzione delle casse e carrelli dei locomotori E491 ed E492 connessi alla legge
17 ed era, da molto prima, costruttrice del
pendolino (allora nella versione 400).
Anche indipendentemente dal catastrofico epilogo della vicenda elettrificazione, l’ipotesi era, evidentemente,
piuttosto remota. Infatti, a quel tempo, la
trazione del pendolino era solo elettrica
a 3 kvolt continua (come in tutta la rete
nazionale) e quindi non direttamente
compatibile con l’alimentazione prevista
in Sardegna; e una motorizzazione diversa, e in particolare termica, di questo treno
era ancora di là da venire.
Nonostante la sua impercorribilità
pratica, l’idea era comunque, in nuce, ben
degna di attenzione. Uno studio commissionato dalla Regione mostrava infatti tramite una analitica simulazione di mar-
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L’AUTORE.
L’ingegnere Giuseppe Concu
ha operato fino al 2004
nel settore dei trasporti pubblici
in Sardegna.
e-mail: [email protected]
cia - che la pur completa realizzazione
del programma di elettrificazione, comprese le modeste varianti di tracciato previste, non sarebbe stata sufficiente a garantire il raggiungimento degli obiettivi del
protocollo d’intesa Ministero dei Trasporti-Regione-FS del dicembre 1985. Questi obiettivi individuavano rispettivamente in 2h30’ e in 3h10’ i tempi di collegamento di Cagliari con Sassari e di Cagliari con Olbia. Occorreva quindi pensare ad altre risorse tecniche, tra le quali
un posto veniva assegnato al materiale
ad assetto variabile.
Va poi ricordato che, sulla scia del
giapponese shinkansen (entrato in servizio nel 1964) e con in testa il TGV francese (1981), sui principali assi europei si
andava affermando in quegli anni la tendenza all’alta velocità vera e propria, cioè
a velocità superiori ai 200 km/h. Per gli
alti costi che comportava, specie in relazione alla necessità di apposite linee specializzate, non era pensabile che questa tendenza scendesse al livello delle reti
secondarie e locali. Allo scopo di elevare
anche in queste ultime il livello di servizio, si pensò quindi allo sfruttamento delle prestazioni offerte dal materiale ad assetto variabile.
In particolare un Centro studi operante in ambito comunitario organizzò a
Limoges nel dicembre 1990 un incontro
incentrato proprio sull’impiego del materiale di cui parliamo qui. A parte qualche
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Treni pendolanti sulle linee FS della Sardegna:
quale sarà l’effettivo guadagno di tempo?
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INFORMAZIONE
Trasporti
Figura 1
assenza e interventi marginali, questo
incontro si caratterizzò come un vero e
proprio confronto tra pendolino Fiat e
Talgo Pendular, presentato quest’ultimo
dalla Keller Meccanica di Villacidro,
licenziataria per l’Italia.
Mentre la Fiat fece una presentazione dettagliata ma generale delle caratteristiche del suo prodotto, senza alcun riferimento ad un suo impiego in
Sardegna, la Keller propose invece uno
specifico e corposo studio di fattibilità
relativo proprio all’impiego in Sardegna
del Talgo. In esso si sosteneva la possibilità del completo raggiungimento, e anzi
ampio superamento, degli obiettivi di tempo di collegamento tra Cagliari e Sassari
e tra Cagliari e Olbia sopra citati. Per l’itinerario Cagliari-Olbia veniva indicato
come fattibile un tempo di collegamento
di 2h36’, comprese tre fermate a
Oristano, Macomer e Chilivani, 7’ di
stazionamento nelle medesime e un 5%
di tempo di recupero. Lo studio nel suo
insieme suscitava però due perplessità.
Intanto non fu fatta chiarezza su quale
locomotiva avrebbe potuto trainare le carrozze al limite di velocità loro proprio (la
E492 o un’altra, di produzione tedesca?).
Figura 2
Inoltre, la sua simulazione di marcia, articolata su meno di 100 passi, appariva
poco stringente.
In proposito è da rammentare che,
nelle lunghe tratte rettilinee, adeguatamente attrezzate e poco acclivi, si tende
a impiegare un treno a velocità prossime
a quella massima sviluppabile. Quando
però si è in presenza di curve, pendenze,
rallentamenti vari imposti dalle oggettive
condizioni della linea e delle sue fermate, le cose cambiano, e non di poco.
L’individuazione delle velocità effettivamente praticabili - e la compilazione
quindi dell’orario di esercizio - non è operazione di immediata soluzione, salvo le
situazioni consolidate, in cui l’orario attuale si ottiene per successivi aggiustamenti del pregresso. Nel caso invece di
materiale di nuova introduzione, e su linee particolarmente impegnative, è bene
partire da una simulazione analitica.
Si tratta in sostanza di suddividere
la linea negli n segmenti elementari compresi tra due successivi punti di discontinuità da qualunque causa essa sia determinata (variazione di pendenza, di
curvatura, segnalamento etc) e di individuare mediante successive applicazioni
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(“passi”) dell’equazione del moto, quale
velocità e tempo di percorrenza il treno
potrebbe sviluppare in astratto in ciascun
segmento medesimo. (Lo studio commissionato dalla Regione citato sopra si articolava in oltre cinquecento “passi”).
Si passa poi alla velocità di esercizio (quella cosiddetta “di fiancata” che il
macchinista trova nel suo orario di servizio) applicando le severe norme regolamentari che spaziano, a solo titolo di
esempio, dalla lunghezza minima della
tratta su cui la velocità di esercizio deve
rimanere costante al più basso dei valori
in essa tratta consentiti alla derivata dell’accelerazione.
In pratica la velocità di esercizio può
talvolta ridursi a una frazione, anche modesta, di quella potenzialmente sviluppabile. È ovvio che, sempre per il caso di
materiale di nuova introduzione vanno effettuate anche vere e proprie campagne
di prove in linea, indispensabili, per esempio, ai fini dell’attribuzione del rango di
velocità in sede di omologazione.
Ora, se quanto appena esposto vale
nel caso del materiale tradizionale su linee di ordinario livello qualitativo, tanto
più varrà nel caso del materiale pendo-
Figura 3
lante su linee tormentate. In questo caso
infatti proprio lo sfruttamento del benefico effetto del pendolamento impone la
necessità di indagare, nei limiti del possibile, le relazioni intercorrenti tra velocità
del convoglio, angolo e velocità sia di inclinazione che di ritorno della cassa, accelerazione e sua derivata, anc che residua sul viaggiatore etc.
Ebbene, nello studio di fattibilità presentato dalla Keller, questa indagine non
era esplicitata e le velocità indicate tratta
per tratta apparivano quindi più auspicate
che assicurate; e come tale anche il risultato complessivo. La mancata
esplicitazione non era casuale. Infatti, analoga esplicitazione non era contenuta nella presentazione del pendolino fatta in
quella circostanza e, benché ripetutamente
cercata, non fu reperita fin in fondo neppure nelle circostanze seguenti.
Nel 1993 un gruppo misto Ministero-FS-Regione ebbe modo di conoscere e provare in linea il particolare modello a trazione diesel operante in Germania, prodotto dalla collaborazione tra diverse aziende costruttrici. Quel treno offriva prestazioni superlative: a titolo dimostrativo, venne richiamata l’attenzio-
ne sul fatto che gli scambi di uscita da
una linea principale per imboccare quella secondaria su cui il servizio continuava, venivano affrontati a oltre 110 km/h.
È ovvio che una prestazione di tale livello
è più dell’armamento che del treno!
Quanto poi a raggi di curvatura e pendenze, essi erano tali da non costituire
alcun problema, tanto che non era stata
necessaria una simulazione di marcia di
particolare approfondimento.
Nel 1995, in un certo ambito, fu
ipotizzato il suo impiego in Sardegna. Per
verificare l’attendibilità dei miglioramenti d’orario prospettati, fu contattata l’apposita struttura FS preposta alla redazione degli orari. Si chiarì che quei miglioramenti erano stati stimati applicando una percentuale di incremento alla
velocità del rango B, senza che fosse stata
sviluppata una analitica, ed onerosa, simulazione di marcia.
E peraltro, già precedenza (1991)
e da persona della massima qualificazione, era stato chiarito che, pur essendo
perfettamente noto il meccanismo di
pendolamento e pur disponendo la Fiat
di copiosa mole di dati rilevati sperimentalmente, la traduzione del fenomeno in
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Le figure sono tratte da “ETR 450 il
valore di una esperienza” di Raffaello
Romei, in “La tecnica professionale”,
n. 5, maggio 1989.
equazioni pronte all’uso per simulazioni
di marcia su una qualsivoglia linea è cosa
tuttaltro che facilmente praticabile.
Tornando al Talgo e al suo impiego
in Sardegna, ritengo che la schematizzazione del fenomeno sia anche più complicata. Penso anzitutto ai tempi di attuazione della rotazione e di ritorno alla posizione indisturbata in rapporto alla frequenza delle curve e alla limitata lunghezza dei
rettilinei interposti tra esse. Nelle già acclivi
tratte a nord di Oristano, le curve, oltre ad
avere ridotti raggi di curvatura, sono spesso
così ravvicinate che non sono infrequenti i
rettilinei di meno di 100 m, e ce ne sono
vari anche di meno di 50 m.
Inoltre occorre anche tenere in conto che il convoglio è, per così dire,
anisotropo, essendo le carrozze, leggere
e pendolanti, trainate da un locomotore
necessariamente pesante e non pendolante; il che potrebbe indurre a considerare, oltre la solita anc, anche aspetti
particolari quali ad esempio le caratteristiche del locomotore impiegabile, possibili situazioni di carico di punta sull’asta
articolata in frenatura, la non trascurabilità dell’inerzia del carico trasportato
rispetto alla tara etc.
Non è dato sapere, per il treno impiegato nella corsa di prova ricordata in
apertura, in quale misura la risposta alle
problematiche esposte sia già stata
reperita finora tra simulazioni più o meno
spinte e prove in linea, e in quale misura
sia invece ancora da reperire. Di certo si
sa che il tempo di collegamento tra Cagliari e Sassari di 2h15’ è un tempo di
corsa pura. La traduzione di questo tempo in orario di fiancata e la conseguente
valutazione dell’effettivo risparmio di tempo è operazione che comporterà qualche impegno, a cominciare dall’omologazione, e quindi dalla individuazione del
rango di velocità in cui operare.
Al momento, senza stare a ipotizzare confronti con uno o più treni pendolanti
o meno, potrebbe comunque essere interessante conoscere il tempo ottenibile oggi
con un’automotrice tradizionale e datata
come la ALn 668. Questa, nel luglio del
‘94, con la linea qual era allora, con ingresso-sosta-regresso nella stazione di
Chilivani, nuova galleria da Bonorva a
Campeda non ancora aperta, variante di
San Gavino non ancora realizzata, collegò
Sassari a Cagliari in 2h46’.
Giuseppe Concu
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Con a, b: normali rispettivamente al
piano del ferro (pdf) e al piano del
pavimento (pdp), con c, d: parallele
rispettivamente al pdf e al pdp, e con
angoli fuori scala:
Figura 1: treno di materiale
ordinario che percorre una curva alla
particolare velocità per cui la
risultante delle accelerazioni
centrifuga ac e di gravità g è normale
al pdf e al pdp, quindi con
componenti uguali e contrarie sulle
rette c≡d; e anc = 0.
Figura 2: treno di materiale ordinario
che percorre una curva a velocità
superiore a quella di figura 1:
l’accresciuta velocità determina un
maggior valore di ac. Le componenti
della risultante secondo ciascuna delle
rette c e d dirette verso l’esterno
prevalgono rispetto a quelle dirette
verso l’interno; anc > 0.
Figura 3: velocità come in figura 2:
la rotazione supplementare γ della
cassa riduce però il valore della
componente di ac sulla retta d e
quindi sul viaggiatore: è comunque
ancora anc > 0.
Nota: il valore di anc ammissibile è
regolamentato per i diversi tipi di
materiale e per rango di velocità tra
circa 0,6 e 1,4 m/s2.