I MITI E I PURI

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I MITI E I PURI
I MITI E I PURI
Beati i miti, perché avr anno in eredi tà l a t erra! Beati i puri di cuore, perché vedran no
Dio! (Matteo 5, 5.8)
«Chi non ha mai letto il Discorso d ella M ontagna, non è in grado di sapere cosa sia
il cr istianesimo», così affermava lo scritt or e fr ancese François Mauriac. E le Beatitu dini,
con cui quel Discorso si apre, sono una de lle pagine più alte di tutti i Vangeli. In otto
frasi solenni e paradossali vengono pro clam at i “beati” gli sconfitti e gli infelici della storia :
i poveri, gli a ff li tt i, i miti, gli affamat i e a sset ati di giustizia, i misericordiosi, i pu ri d i
cuore, gli ope ratori di pace, i perseguitat i per la giustizia. Una nona beatitudine («Beati vo i
quando vi insu lt eranno…»), stilisticamente diffe rente rispetto alle altre, è quasi certame n te
un’aggiunta-comment o dell’evangelist a a ll’ot tava beatitudine.
Abbiamo scel to solo due pr oclama zioni, la terza e la sesta, per la nostra
riflessione. I “mit i” o anche “umili” son o pe r molti versi affini ai “poveri in spirito” della
prima beatitu dine e Gesù, mentre li e salta , evoca un Salmo: «I poveri erediterann o la
terra» (37,11). Q uell a terra promessa, che a veva connotati molto concreti nella speranza
di Israele, ora acqui sta un significato tr asce ndente: è l’orizzonte del Regno di Dio ch e
non viene conquistato con la violenza e il pote re, bensì con la “mitezza”. Essa era g ià la
caratteristica del re messianico cantat o dal pr ofeta Zaccaria: «Egli è giusto e vittorioso ,
mite [o umile] , caval ca un asino [la cavalca tura dei re in tempo di pace], farà sparire i carri
da guer ra, i caval li , l’arco da guerra sar à spe zzato, annuncerà la pace alle nazioni» (9,
9-10).
È quest o anche uno dei lineament i dell’autoritratto di Gesù: «Imparate da me, ch e
sono m ite e umile di cuore» ( Matteo 11 , 29 ). Un lineamento evocato anche da san Pa o lo
che par la della «dol cezza e mansuet udin e di Cristo» ( 2 Corinzi 10,1) e che, scrive ndo
ai Galati, pro pone la «mitezza» come u no d ei «frutti dello Spirito» donato ai cristia ni
(5,22). Alla «mitezza-umiltà di cuore» pro po sta da Cristo s’associa la «purezza di cuore »
dell’altra beati tudi ne da noi citata. Nel lin gu ag gio biblico il “cuore” (come lo “spirito” de lla
prima beatitudine dei “poveri”) non de no ta una mera intimità, un sentimento, una va ga
spiritualità.
S i tratta in realtà della stessa co scienza, della mente e della volontà che devo no
essere “ pure”. E anche in questo caso si d eve evitare ogni riduzione di tipo rituale (la
“purità” liturgica che ammette al culto ) o di st ampo sessuale. La “purezza” evangel ica è
indizio di una li bertà int eriore assolut a dal ma le. Ciò che Gesù esige, allora, dal disce polo
– e per Matteo “di scepolo” è sinonimo d i “cristiano” e non del solo ministro di Dio o de l
consacrato in una vocazione religiosa – è un a dedizione e una tensione totale di tu tto
l’essere nel la sua profonda identità, n elle sue scelte radicali. Non per nulla più a vanti
lancerà questo appel lo alla pienezza sp iritu ale: «Siate perfetti come perfetto è il Pa d re
vostro celeste» (5,48). Le Beatitudini sono, perciò, lo specchio in cui il cristiano deve
scoprire quanto manca al suo volto per ché brillino in lui i tratti stessi di Cristo.
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