Giorgia Fantin Borghi: passione e buon gusto

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Giorgia Fantin Borghi: passione e buon gusto
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Giorgia Fantin Borghi: passione e buon gusto
Per trasformare i sogni in realtà non sempre basta la bacchetta magica: ci vogliono esperienza, dedizione, capacità organizzative e di
relazione, creatività e tanto altro per far sì che ogni coppia di sposi possa vivere un giorno da sogno. Giorgia Fantin Borghi, veneta di
nascita e milanese di adozione, un passato nel marketing, organizza matrimoni dal 2004, e rifiuta lo stereotipo dello wedding
planner offerto da film e tv. «Quando mi chiedono se lavoro come Jennifer Lopez nel film Prima o poi mi sposo mi viene da
sorridere. In realtà nel nostro lavoro c’è molto di più: quella che danno i media è una versione un po’ edulcorata».
Qual è il fattore che fa la differenza tra un vero wedding planner
e un organizzatore improvvisato?
«L’esperienza. Chi vuole fare questo mestiere deve farne tanta. Oggi ci sono corsi di formazione che, se sono ben fatti, sono
sicuramente utili per dare basi di formazione ma poi è assolutamente necessario un training presso un’agenzia».
Come si svolge in concreto il suo lavoro?
«Ci vuole una grande flessibilità, mentale e di tempo. È un lavoro che ha periodi di maggiore intensità, sicuramente tra maggio e
ottobre. La chiave di volta è sicuramente la disponibilità: non è un lavoro che si può fare dalle nove alle cinque; l’impegno occupa
anche i fine settimana e le sere, soprattutto quando si tratta di incontrare le coppie, che in altri momenti devono lavorare».
Chi viene da lei?
«Possono essere persone che non hanno il tempo o la voglia di organizzare il proprio matrimonio, ma anche semplicemente persone
che desiderano realizzare qualcosa di davvero speciale. Rispetto a loro il professionista ha dalla sua la prospettiva data
dall’esperienza: sa su cosa puntare quando gli viene fornito un budget, conosce i ritmi e le tempistiche che deve avere un evento e
che sono fondamentali per una buona riuscita. E poi bisogna considerare che il matrimonio non è un evento ripetibile, gli sposi non
possono pensare “la prossima volta farò diversamente”!
Chi viene da noi è come chi si rivolge a un architetto per arredare la propria casa: risparmia tempo, evita di spendere denaro con
fornitori non all’altezza e ha l’aiuto di un professionista che ha una visione d’insieme e che sa intuire quali dettagli fanno la
differenza. E come un architetto, chi organizza matrimoni deve percorrere due strade che si compenetrano, quella organizzativa e
quella creativa».
Quale delle due conta di più?
«In America sono proprio due figure professionali diverse, il planner e il designer. Io penso che la parte organizzativa sia
sostanziale, soprattutto quando si è in presenza di ospiti numerosi. Certo, la creatività è importante, ma gli sposi italiani non hanno
richieste così stravaganti. Ciò che conta davvero è avere la visione globale, la “vision” direbbero gli Inglesi, di quello che sarà
l’evento»
Quanto conta il cibo?
«Tanto. È la voce principale, che incide per almeno il 70% sulla buona riuscita di un matrimonio. Se al matrimonio si mangia bene,
te lo ricordi. Se si mangia male, te lo ricordi ancora di più!
Nell’organizzazione bisogna tenere conto del menu, dell’accostamento cibo vino, della presenza di ospiti con allergie e intolleranze e
di tanti altri fattori: il matrimonio è degli sposi, lo dico sempre, ma gli sposi devono pensare ai loro ospiti. E il cibo, la convivialità, lo
stare a tavola sono fondamentali in questo senso. Anche la mise en place, la presentazione sono fattori importanti: una pietanza
gustata con una forchetta ben calibrata è più buona. Forse al momento non lo si nota, ma nell’insieme anche questi dettagli hanno
un grande peso».
In tempi di crisi sembra che ci si sposi di più…
«E ci si sposa più da giovani! I ragazzi si sposano, secondo me, anche per far fronte e combattere la crisi. Oggi il focus si è spostato:
si parla meno di “io” e più di “noi”, si torna alla famiglia, perché insieme si è più forti. E poi oggi si apprezzano le cose belle: e quale
momento migliore del proprio matrimonio per goderne?».
C’è competizione?
«Sì. Ma non è un fatto negativo, anzi. Le differenze tra un wedding planner e un altro le fanno lo stile personale che si sceglie, e che
deve essere riconoscibile».
Ma deve fondersi con quello degli sposi…
«Vero, anche se è difficile che venga da te qualcuno con gusti radicalmente diversi dalle tue proposte. La sfida è superare le
aspettative degli sposi: capire cosa vogliono e lasciarli a bocca aperta».
La tradizione è importante?
«Io amo la tradizione… ho un background da cerimonialista, anche se oggi il galateo sta cambiando. Come tutto in questo lavoro,
sempre in movimento: per questo è importante tenersi aggiornati, essere curiosi, dedicarsi con passione a questo mestiere. I gusti, le
tradizioni cambiano in base al periodo e ai luoghi… bisogna sapersi tenere in equilibrio tra tradizione e nuove tendenze. Io lo faccio
da dieci anni con passione: e oltre alle altre cose, mi piace il rapporto che si instaura con gli sposi. È un lavoro di relazione, la gente
impara a fidarsi…»
Progetti per il futuro?
«Un altro libro con i miei consigli (I primi due sono “Matrimonio da sogno” e “Donne con un diavolo per capello”, ndr), la tv e
magari una linea di porcellane legate al matrimonio».
www.giorgiafantinborghi.com
Di Daniela Guaiti
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