LOGISTICA: TRACCIABILITA` E RINTRACCIABILITA
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LOGISTICA: TRACCIABILITA` E RINTRACCIABILITA
LOGISTICA: TRACCIABILITA' E RINTRACCIABILITA'.... IL PUNTO di: PIERLUIGI COPPA A quattro mesi dall’entrata in vigore dell’importante normativa Europea (Food Law) che consente di risalire ad un prodotto di un lotto non conforme, quante sono le aziende che si sono attrezzate per rispondere alla nuova normativa ? Un fatto è certo, la normativa Europea (178/2002) in vigore dal 1 gennaio 2005 impone la tracciabilità delle merci: quindi in caso di emergenza sanitaria, per frode o per qualsiasi altra ragione in cui si debba necessariamente risalire lungo tutta la Supply Chain, diverrà più semplice poter ripercorrere, ovvero ricostruire i trasferimenti del prodotto (i diversi “passaggi di mano”) da un operatore della filiera all’altro. La comune definizione di “un passo indietro ed uno avanti” descrive, in tal senso, piuttosto chiaramente il livello minimo richiesto dalla normativa per consentire a chiunque dovrà effettuare i controlli del caso (NAS), di poter facilmente risalire nella catena logistica della merce, sino a rintracciare il passaggio dove si sono verificate eventuali problematiche. La rintracciabilità cogente, detta anche rintracciabilità “interna” entrerà in vigore, invece, nel 2006. La rintracciabilità si può definire, quindi, all’indietro in quanto deve ripercorrere il cammino a ritroso della merce, per esempio dal distributore sino al primo anello della filiera (il contadino, per esempio), oppure in avanti, se dal produttore si desidera conoscere il prossimo distributore, oppure il punto vendita. Se si deve controllare il percorso di un prodotto inviato in un pallet mono-prodotto o mono-lotto, è evidente la relativa semplicità del check della merce, rispetto a chi deve monitorare merce pluri-prodotto e pluri-lotto. La relativa complessità della normativa ha fatto nascere l’esigenza di creare appositi gruppi di lavoro/studio pilota coordinati dall’Ailog Italiana, che stanno testando sul campo, sia l’applicazione della normativa, sia la simulazione “di richiamo” di alcuni prodotti, allo scopo di controllare il livello di reazione dell’intera catena informativa logistica. Gli strumenti a disposizione Ma quali sono gli strumenti per poter gestire le informazioni che accompagnano il prodotto attraverso tutta la filiera? In primis l’etichetta SSCC (Serial Shipping Container Code) che viene inserita in un pallet ed utilizza gli standard EAN/UCC. Nella SSCC sono memorizzati i dati relativi al prodotto,al codice lotto, oltre alla quantità e alla data di scadenza. Tale etichetta può identificare, sia il singolo collo, sia un intero carico di merce, il fatto importante è che l’unità merceologica non possa essere divisibile. Nel caso in cui il pallet debba venire scomposto si renderà necessaria una nuova etichetta. Inoltre la SSCC si presta ad essere parte di una struttura gerarchica, sotto la quale sarà semplice identificare tutti i lotti della merce attraverso la lettura di altre SSCC, definite figlie della principale. In pratica una singola SSCC potrà descrivere anche l’intero contenuto di stiva di una nave. La bolla elettronica La bolla DESADV, dall’inglese Despatch Advice per sua natura esclusivamente elettronica, con tutta probabilità potrà essere il vero scoglio per molti produttori e operatori logistici medio piccoli nell’affrontare e ottemperare la complessa normativa Europea sulla tracciabilità. Pur conservando sostanzialmente i dati presenti in una classica bolla di accompagnamento, la DESADV normalmente precede l’arrivo della merce attraverso i classici “canali informatici” (reti a banda larga) ed è (lasciateci passare il termine) formattata, seguendo la disposizione delle voci nel documento, secondo codifiche univoche, per poter convenientemente essere utilizzata da interfacce automatiche computerizzate. Durante il passaggio della merce da un operatore della filiera ad un altro, la DESADV potrà essere arricchita di ulteriori dati. Al termine del processo di accettazione/registrazione della merce, la procedura automatica potrà generare una successiva etichetta RECADV che si può paragonare ad una “ricevuta di ritorno”, per la conferma della ricezione, anche se per la verità non è prevista dalla normativa. In conclusione l’operatore del CEDI che accetta l’unità di carico, grazie alla DESADV formattata (anche in XML), potrà procedere alla presa in carico della merce con tutte le informazioni ad essa collegate. Il punto della situazione Italiana Nel momento in cui scriviamo è ancora in discussione la sede della prevista Authority Italiana che si dovrà occupare di tracciabilità, mentre la sede Europea che ha delineato le “linee guida” è, come sanno tutti, a Parma. Piuttosto preoccupante è il fatto che, ad oggi, non siano state ancora rese disponibili le norme attuative della “Food Law” europea. Il panorama, per quanto riguarda il recepimento in Italia, e quindi l’adeguamento alla normativa, è per il momento desolante, in quanto solamente le grandi aziende della GDO (grande distribuzione organizzata) e alcune leader di settore come Metro, Carrefour, Auchan, Parmalat, Lavazza, per via della loro esposizione sui mercati europei, si sono adeguate alle nuove esigenze normative. Lo hanno già fatto sin dalla fine dello scorso 2004, mentre fonti autorevoli stimano che più del 70 % delle grandi aziende si sarebbero messe in regola. Soprattutto perché la normativa, in molti casi, è stata percepita come un’opportunità per offrire al consumatore un prodotto sicuro e certificato (DOP, DOC, IGP). Situazione del tutto capovolta per quanto riguarda le PMI (piccole e medie imprese) che si sono adeguate solamente intorno al 5-10%, confidando probabilmente in deroghe e ritardi nell’applicazione della normativa. La realtà dei fatti, per il momento, ha “premiato” questa scelta, anche se per il verità è piuttosto dannoso posticipare l’applicazione di qualcosa che, ricordiamo, è già legge europea dall’inizio del 2005. Le ragioni per cui molte aziende non si sono ancora adeguate alla normativa, a detta dell’Ing. Tullo Mosele, consigliere di Ailog “sono da ricercare principalmente ad una relativa impreparazione logistica/informatica delle aziende Italiane”. Infatti l’adeguamento presuppone l’impiego nell’azienda di sistemi informatici che, in molti casi, la stessa società non aveva assolutamente pensato di utilizzare per la propria attività. In moltissime realtà aziendali, infatti, gli applicativi (programmi gestionali) si limitano a gestire solo contabilmente le società. Per le aziende, invece, che già impiegano un moderno sistema informativo, l’adeguamento potrebbe, in alcuni casi, limitarsi solamente all’integrazione di un apposito plug-in, praticamente un semplice upgrade. In tal senso, per non rischiare di incappare in qualche problema, alcuni grandi distributori, come la Conad, hanno diffuso ai propri fornitori un vero e proprio avviso che invita le aziende che collaborano a mettersi in regola con la tracciabilità entro il prossimo luglio 2005, pena il ricarico degli oneri previsti per l’adeguamento delle merci alla normativa. Anche un grande nome della grande distribuzione, come Carrefour, ha recentemente informato i propri fornitori che dovranno adeguarsi alle specifiche contemplate nell’etichetta elettronica SSCC. Come vanno le cose in Europa? Per Trasportare Oggi è doveroso occuparsi e descrivere, seppur sommariamente, la realtà europea circa il corretto recepimento della normativa. Per quanto riguarda il panorama fuori dai nostri confini nazionali, quindi, la realtà europea vede paesi come Francia e Germania “in prima linea” nell’applicazione della “Food Law”, mentre la Spagna è per lo più allineata, ancora una volta, al nostro Paese. La Gran Bretagna, dopo il caso BSE (mucca pazza-bovine spongiforme encephalopathy), sta spingendo moltissimo sulla tracciabilità, anche se, per il momento, l’attenzione è rivolta specificamente sulla filiera della carne. Interessante, invece, la posizione “di punta” del Belgio che, avendo applicato ad un livello più elevato la nuova normativa (tracciabilità interna), di fatto, ha elevato una sorta di “barriera doganale” per le merci, forse per un strano e inconsapevole protezionismo interno. È stato prontamente richiamato dalla Comunità Europea per il comportamento non proprio in linea con gli obbiettivi fissati dalla “Food Law”. In ogni caso questo esempio “estremo”, a nostro avviso, potrebbe far riflettere gli operatori di tutta la filiera sulla grande opportunità offerta dalla normativa che offre strumenti più efficaci alla quotidiana lotta nel nostro paese contro il flusso di merci da paesi che si comportano in maniera piuttosto disinvolta nei confronti della sicurezza alimentare. La tracciabilità, insomma, potrebbe fornire alle nostre Forze dell’Ordine (NAS) informazioni più dettagliate circa gli itinerari seguiti dalla merce di sospetta provenienza. RFID…la soluzione ? Paragonata da alcuni operatori come il “moderno telepass delle merci” la tecnologia RFID (Radio Frequency Identification) promette nel futuro di risolvere l’esigenza della rintracciabilità e dell’identificazione, senza la necessità di alcun contatto delle merci. In pratica una particolare etichetta elettronica miniaturizzata (TAG), opportunamente stimolata da un campo elettromagnetico, trasmette i propri dati ad un apposito ricevitore, senza l’ausilio di pistole a codici a barre. Il vantaggio, inoltre, di poter leggere e scrivere dati nella memoria del dispositivo rende, di fatto, questa soluzione ideale per la logistica. Purtroppo il costo unitario, ancora relativamente elevato (circa 0,4-0,3 euro), rende valida la soluzione solo se applicata alle merci con un alto costo. E ancora, per il momento non esiste un vero e proprio standard delle etichette Rfid riconosciuto internazionalmente, con una realtà, quindi, che vede dispositivi operanti a differenti frequenze. La speranza è che la tecnologia, ancora una volta, “ci sorprenda tutti” con dispositivi efficienti ed economici allo stesso tempo, consentendo nel breve periodo di impiegare questa piccola rivoluzione anche nel moderno centro logistico…….i vantaggi saranno enormi.