La parola a Mons. Luigi Bonazzi
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La parola a Mons. Luigi Bonazzi
Mons. Luigi Bonazzi alle Capitolari XVIII Capitolo Generale 2012 (Trascrizione non rivista dal relatore) Domenica 29 luglio 2012, Mons. Luigi Bonazzi incontra le Suore Capitolari a Gandino, intrattenendosi familiarmente e condividendo in semplicità ciò che maggiormente gli sta a cuore pensando alla vita religiosa e al nostro Istituto. Non è conferenza, ma pensieri condivisi! Voglio dirvi per prima cosa che sono molto contento di questo momento di condivisione con voi, suore Orsoline di Gandino, che conosco, non per frutto di studi, ma per quella conoscenza che nasce dalla vita. Sono anch’io di Gandino e il Signore mi ha messo molte volte nell’occasione d’incontrarvi, di stare con voi, anzitutto di ricevere da voi. Nella mia vita ha avuto un posto importante mia zia, sr Maria Bambina Falconi. È stata la persona che mi ha aiutato nell’incontro con Dio, a passare dall’idea di Dio alla persona di Dio Padre, Gesù Figlio e lo Spirito Santo. Questo incontro voglio sia all’insegna della gratitudine. Cerco di condividere con voi qualcosa. Il Signore ha voluto che, oltre che sacerdote, io diventassi vescovo, pastore della Chiesa. Non ho una mia diocesi, ma il compito di rappresentare il Papa, di essere espressione della sua sollecitudine per tutta la Chiesa. In questo senso, vorrei che sentiste le mie parole di gratitudine, non in modo formale, ma provenienti dall’esperienza viva che ho potuto avere e vivere nei miei 32 anni in giro per il mondo, prima accanto ai Nunzi, poi io stesso nello svolgere questo compito, la gratitudine per la vita religiosa. Non è una parola, ma un sentimento vivo, profondissimo. Nella bella magna carta Vitae Consecrata, il Papa, eco di tutti i vescovi radunati in Sinodo, ricorda le parole di S. Teresa d’Avila nel suo libro della vita: “Che sarebbe il mondo se non ci fossero i religiosi?”. Questa domanda dice il valore, il carisma che è vita religiosa nella Chiesa. Lo sperimento anche ora in Lituania. La parte più viva della Chiesa è la vita religiosa. Se come religiosi noi non dimostriamo l’esperienza cristiana, la vita cristiana, cosa possiamo attendere dagli altri? Come religiosi non possiamo attenderci dagli altri la testimonianza. Le nostre comunità sono un laboratorio dove si fa esperienza e poi si comunica a tutti, dove si scoprono i valori, le bellezze della vita cristiana che poi sono condivise. Ricordo l’esperienza di Francesco, un amico poi diventato Oblato di Maria Immacolata, che per me è icona, perché dice cos’è la vita religiosa. Il mio amico stava terminando l’università come ingegnere civile, anche con bei voti. Ma comunica ai suoi amici che desidera farsi missionario. Subito gli amici chiedono a cosa servirà la laurea che sta completando e, scherzando, risponde che avrebbe aperto vie al Signore. Si è laureato e, subito sono arrivate belle offerte di lavoro; comincia così anche lui a dubitare: “Non butterò via tutto?”. Andò come tutti i giorni a messa. Quel giorno c’era il brano della donna che entra nella casa del fariseo dove c’è Gesù e rompe il vaso di nardo prezioso sui piedi di Gesù. Scatta la reazione di Giuda per il tanto spreco. Gesù risponde. “L’ha fatto per me!”. In Francesco la Parola ha risuonato profondamente, ha capito il senso della sua chiamata. “Anch’io spreco la mia laurea per Gesù!” ed è diventato missionario. È questa la vita religiosa. Francesco ha vissuto questa esperienza iniziale, che sempre più si fa chiara anche in noi, come identità profonda di persone conquistate da Cristo e che per Lui sprecano tutto, seguendolo con cuore libero e ardente. Nella festa di S. Benedetto abbiamo pregato: “Concedi anche a noi di non anteporre nulla all’amore del Cristo e correre con cuore libero e ardente nella via dei tuoi precetti”. Ardente, mi ha colpito! Dobbiamo essere persone non con cuore stretto, ma ardente. chiedere al Signore la grazia del cuore ardente, di una marcia alta, la quinta! Bisogna Non venga mai meno la passione per Cristo, nostra unica passione, il nostro Amatore, come dice S. Angela. Da qui la gioia di essere suore. Facciamolo vedere. Quali motivi abbiamo per non essere nella gioia? Mi ha scritto Alex, un giovane conosciuto a Cuba, che aveva incontrato una cubana, restandone fortemente colpito. Si ritrovano e decidono di sposarsi. Ma lei, infermiera, poteva uscire solo dopo cinque anni. Sono stato vicino ed ho cercato di aiutarli con molta fatica. Ora sono sposati. Mi ha scritto a Natale: “Don Luigi, sta terminando il contratto con la forestale e non ci sono prospettive di nuovo lavoro. Sono molto preoccupato! Ma quando torno a casa la sera e vedo mia moglie, i miei due bambini, mi sento l’uomo più felice del mondo”. Quando ho letto mi sono chiesto: “Ed io, come posso essere meno felice?” Dimostriamo la gioia di essere consacrati. Noi, quali gravi preoccupazioni abbiamo? A volte siamo privi della gioia, dell’entusiasmo, del fervore nella vita religiosa. L’essenza, cioè i voti sono osservati, gli uffici compiuti con attenzione e serenità, le opere esterne sono viste con soddisfazione dalla gente, ma faccio tutto senza la gioia che è fondamentale. La pienezza della gioia. È la testimonianza della gioia che costituisce attrattiva alla vita religiosa, la fonte delle vocazioni e sostegno alla perseveranza. La vocazione religiosa è suscitata dalla gioia. Gioia e vocazioni: inscindibili! Come far risplendere la gioia di Dio nelle mie debolezze, nei miei difetti, nelle debolezze della comunità, della Congregazione? Importante è credere che come Dio dà la vocazione, dà anche la gioia della vocazione. Non fa mancare niente perché io possa avere tutto, essere pieno di gioia. Lui prende l’iniziativa di chiamarci, questo è importante: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Lui non ha criteri di saggezza umana per chiamare, molte volte non chiama né i più santi, né i più umanamente dotati. Certamente Pietro nel collegio apostolico non era il più dotato umanamente: era instabile, viveva alti e bassi, aveva molta generosità, ma era anche preso dalla paura. Non era umanamente il più dotato e forse neanche il più santo, ma ha chiamato Pietro così. Vale anche per noi. Non ha usato criteri di umana saggezza. Anzi, S. Paolo afferma che Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole perché nessuno possa gloriarsi davanti a Lui. Allora, Signore, se tu mi hai chiamato, tu puoi immettere nel mio cuore una gioia più grande. Io non sono capace, ma tu in me sì. Io sì con te. Io sono pieno di limiti Tu hai messo un carisma nelle mie mani con pienezza, con generosità. Tu in me lo puoi realizzare, con i tuoi progetti per la vita. nel servire la tua Chiesa. Tu non guardare a noi. Abbiamo letto le prime pagine del libro intervista di Benedetto XVI “Luce del mondo”: c’è la sua esperienza. Lui che già ha 78 anni ed è eletto dai Cardinali. Lo stanno votando: Ratzinger… Ratzinger, e lui comincia un dialogo tra sé: “Signore, ma cosa stai facendo? Guarda che io non sono capace di portare avanti …!”, e intanto il suo nome continua: Ratzinger… Ratzinger … Parla ancora con il Signore: “Guarda che se tu mi chiami ad essere Papa, sei tu che devi fare il Papa”. Questa certezza, questo dialogo interiore lo ha messo tranquillo e in questa missione impossibile vive con profondità, gioia, lucidità, serenità. Ci fa capire che veramente il pastore che porta avanti le cose della Chiesa è Dio. Così vale per ciascuno di noi. Io mi sono sempre più accorto nella mia vita che non solamente Gesù ti ama, Gesù è la Via, la Verità e la Vita, ma è anche Colui che se lo lascio fare, fa la Via, cammina sulla via. È Lui che continua a ripetere in me quello che faceva, le parole di quando era sulla terra. È Lui ed io con Lui. Io devo fare tutta la mia parte. Ma non pensiamo a quanta è la mia parte e quanta la sua, 90% lo fa Dio e 10% lo faccio io. No, non è così perché Dio ci prende sul serio e rispetta sempre la nostra personalità, e la nostra identità, il nostro volto, la nostra faccia. Tutto quello che facciamo è sempre e allo stesso tempo opera di Dio al 100% e mia al 100%. Dio non ci vuole come bambini che danno qualcosa, ci vuole persone che danno tutto. La bellezza della vita cristiana è questa avventura di ogni giorno. A me chiede il mio 100% e Lui unisce il suo 100%. Ultimo pensiero: il documento sulla Vita Fraterna in comunità ha questa espressione: “Tutta la fecondità della Vita Religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune”. Tutta la fecondità del vostro apostolato non dipende solo da quello che fate, ma anche da una fonte originale che è l’autenticità della vita fraterna vissuta in comunione. Io vivo in nunziatura: prima a Cuba, poi ad Haiti, ora in Lituania: ogni volta sono stato nella nunziatura più bella del mondo. La bellezza è l’impegno, lo sforzo di essere una famiglia, la casa del Papa dove Dio abita, Dio è presente, Dio accoglie, Dio aiuta le persone che ci abitano a fare il loro compito, la loro missione. Lo dico con gioia interiore. La cosa essere l’uno donato all’altro, non dipende dal Nunzio che Così ora, in Lituania, è la nunziatura più bella. prima tra di noi è comanda. Anche lui deve amare per primo, deve dare l’esempio. Mio primo impegno è dare la vita per le persone che sono con me. Ho imparato a conoscere le due suore lituane e le due guatelmateche. È un dono, sono giovani, è come incontrare il sole che illumina. Ma la nunziatura è fatta anche di altre persone. Amare anche loro. Impegno nell’amore reciproco, ce lo diciamo, mettere l’amore davanti a tutto fa della nostra casa, una casa leggera, libera, sciolta, contenta. Ci mette in condizione di fare un lavoro che umanamente è difficile, perché siamo di tre paesi con diverse culture, mentalità diverse, lingua … ma chi ama trova la lingua per parlare e farsi capire da tutti. Io vedo che la gente è contenta. E il segreto è qui. Ho trovato il grazie di tante persone. qualità della vita promuovere la vita La fecondità della vita religiosa, ma vale per tutti, dipende dalla fraterna in comune. Mi sono accorto dell’importanza di fraterna, vivere il rispetto per l’altro, la fiducia nell’altro. Rispetto e credo che il motivo, l’idea, l’intuizione che ha spinto l’altro a fare così, va bene così. Quanti cambiamenti interiori ho la possibilità di fare, e vedo che sono quelli che fortificano la nostra vita in comune! Santo cielo, avete un mucchio di ragioni per guardarvi le une e le altre con stima, fiducia perché quello che una suora fa viene dall’essere innamorata della sua vocazione, della sua missione e cerca di realizzarla. Penso che ogni cosa che facciamo nasca da questo motivo, non da altri! Tutte voi avete il sogno di realizzare al meglio la vostra identità, la vostra vocazione e la missione di Orsoline. Se io fossi suora Orsolina di Gandino guarderei le altre mie compagne con la certezza interiore che l’altra sta facendo il meglio, con le caratteristiche della sua identità, della sua persona. Certo, ciascuno fa le cose fare mossa dall’amore, dal desiderio di vivere la sua identità di Orsolina. diversamente, è normale. Ma ciascuna cerca di Poi, meglio o meno meglio, perfetto o meno perfetto… siamo in cammino, ci aiutiamo! Innanzitutto, guardare Poi dirò che il desiderio di accanto, e accogliere tutto con gratitudine, generosità. essere brava Orsolina ce l’ho anch’io, quindi mi metto lo facciamo insieme, lo guardiamo insieme, ci correggiamo insieme, ma a partire da questa fiducia, amore, mi fa credere sempre, sperare, mettere l’amore che tutto riceve, tutto scusa. Metterlo al primo posto e questo ci mantiene nella gioia. E ci fa vivere, testimoniare il bene. Guardate con fiducia, sempre, ogni nostra sorella, non è l’ottimismo umano, ma credere veramente che la vocazione che Dio ha messo in me e che aiuta me a vivere, e mi da tutto per realizzarla, questa stessa vocazione Dio dona alla sorella. È Dio in azione in lei. Veramente posso avere fiducia in Dio, per quello che Lui sta facendo in lei. Devo continuare con lei a conoscere, amare e imitare Cristo, nostro comune amore, insieme vivere la vita trinitaria, cioè la comunione tra di noi che contiene Cristo e permette a Lui di essere Lui in noi che fa la sua opera: i miracoli, le sue parole e trasformare la storia. Cristo in noi: non per le sole nostre forze, il nostro 100%, trasformiamo la storia. Quindi auguri, continuiamo a trasformare la storia come suore Orsoline di Gandino.