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www.ilroma.net SPETTACOLI giovedì 20 giugno 2013 11 L’EVENTO Il “Premio Cannavale”, riservato ai cortometraggi cinematografici, è andato a “Dulce” di Ivan Ruiz Flores Tanto entusiasmo ricordando Enzo di Mimmo Sica NAPOLI. “Dulce”, di Ivan Ruiz Flores, si è aggiudicato la seconda edizione del “Premio Enzo Cannavale” (nella foto l’attore), la rassegna di corti cinematografici organizzata dal Rotary Club Napoli Castel dell’Ovo e dalla costituenda Fondazione Enzo Cannavale. La proclamazione è avvenuta nel corso della manifestazione che si è svolta al Circolo Canottieri Napoli. Erano presenti il presidente del Rotary Club Napoli Castel dell’Ovo Pasquale Di Costanzo, i past president Roberto Vona e Dino Falconio, il prefetto Sergio Sangiovanni e il presidente della commissione fondazione Federico D’Aniello, la signora Barbara Cannavale con il figlio Andrea. Tra gli ospiti Albachiara Caccavale del teatro Augusteo e l’attore Giacomo Rizzo. «Il premio intitolato al grande attore partenopeo scomparso nel 2011 intende valorizzare opere di giovani autori, registi o produttori napoletani - ha dichiarato Pasquale Di Costanzo, pediatra dell’Università Fe- derico II, che non a caso quest’anno ha individuato come fil-rouge della rassegna il tema dell’infanzia». Il direttore del “Napoli Film Festival”, Mario Violini, che ha curato la direzione artistica della gara, ha informato che tra i 160 corti presentati alle ultime due edizioni del “Napoli Film Festival” ne sono stati selezionati sei: “Dulce”, risultato il vincitore, che narra l’amore vissuto tra due bambini e tra due vecchi; “Mare & Magma” di Mimmo Picardi, che ha come tema i bambini e la criminalità; “Vomero Travel” di Guido Lombardi, sull’amicizia tra ragazzi di diversa estrazione sociale; “Jody delle Giostre” di Adriano Sforzi, che racconta l’amicizia tra bambini; “Corti” di Angelo Cretella, incentrato sulla violenza ai minori; “L’esecuzione” di Enrico Iannaccone, in materia di criminalità e disagio giovanile. Le proiezioni si sono svolte presso gli studi di Parco Margherita della “Run Comunicazione” dei fratelli Andrea e Alessandro Cannavale davanti a una giuria formata da 18 esperti e appassionati di cinema. «Sono sei opere molto diverse tra loro sia come realtà produttiva sia come livello artistico e contenuti ha continuato Violini - comunque sono tutte estremamente valide. Il film che la giuria ha giudicato vincitore è l’unico a non essere completamente napoletano, ma è una coproduzione italo spagnola». Prima della proclamazione del vincitore e della proiezione del corto “Dulce”, i presenti hanno assistito ad un docufilm, montato da Alessandro Cannavale, secondogenito del grande Enzo, contenente alcuni dei momenti più significativi della sua carriera. Il ricordo dell’attore nelle parole del suo primogenito e dell’amico di sempre Giacomo Rizzo. «È il secondo anno che intendiamo in partnership con il Rotary onorare la memoria di nostro padre - ha affermato Andrea - il modo più giusto e lungimirante ci è sembrato dedicare ai giovani questo premio. È stato un grande padre, parlava poco, ma con il suo sguardo diceva tutto». Giacomo Rizzo lo ha frequentato a lungo e non solo per lavoro. «Era un uomo eccezionale e con un senso dell’umorismo unico. Sdrammatizzava sempre tutto. La comicità è nata con lui. Tra i tanti aneddoti ne ricordo uno in particolare: ero in macchina con lui e Barbara e stavamo andando ad un matrimonio. Ad un tratto venne giù una grandinata paurosa. Dal cielo cadevano pietre. Io e Barbara eravamo spaventatissimi mentre Enzo se la rideva. “Che bella cosa, disse, mo’ sta macchina l’è ittà pecchè ’e chiena ’e buchi”». Anche Falconio, che ha condotto la manifestazione, ha ricordato Enzo Cannavale. «Ero compagno di scuola di Andrea - ha precisato - e frequentavo quasi ogni giorno la loro casa in via Gennaro Serra. È stato un grande uomo e un grande artista». Al regista vincitore è stata assegnata una borsa di mille euro. A tutti i partecipanti è stata data una targa ricordo. L’INTERVISTA L’ex leader degli 883 è in vetta alle classifiche di I-Tunes con il suo nuovo cd “Max 20”, il ritorno di Pezzali di Gigi Avolio NAPOLI. Hai voglia a fare ogni anno talent show per creare nuove proposte da lanciare sul mercato per arginare le crisi di vendite: i veri fenomeni vengono da lontano, vengono per lo meno dagli anni 90 e vent’anni dopo continuano a spopolare e a “saltare” in testa alle classifiche di vendita. Con “Max 20” è entrato direttamente in testa alle classifiche di I-Tunes, il che vuol dire che è stato acquistato e scaricato dalle “nuove generazioni” che sono i maggiori fruitori delle piattaforme digitali: Max Pezzali ha 20 anni di storia alle spalle, ha cominciato a festeggiare il ventennale di carriera lo scorso anno con un’antologia “rap” e continua ora con questo disco che propone ben 5 brani inediti e attualissimi oltre a 14 duetti con i più importanti cantanti italiani (Baglioni, Bennato, Cremonini, Jovanotti, Elio, Fiorello, Grignani, Nek, Raf, Ramazzotti, Renga, Sangiorgi, Van De Sfroos, Venditti). «Questo disco è un modo per concludere la festa dei venti anni di carriera - racconta Max Pezzali iniziata lo scorso anno con il ventennale del disco “Hanno ucciso l’uomo ragno”. Per dargli valore e non farlo sembrare nostalgico-malinconico ho chiesto ai miei colleghi di affiancarmi nelle registrazioni...». Ma partiamo dai cinque inediti che confermano che per Pezzali è cominciato il suo “secondo tempo”... «Per me era importante che non fosse la solita operazione con un paio di inediti: ce ne sono cinque, ho voluto metterci materiale sufficiente a far capire che c’è un dopo. Cinque brani collegati coi nostri tempi, collegati dal filo dell’estrema superficialità che dilaga nella vita quotidiana. Siamo cresciuti in un’epoca accusata di gros- APPUNTAMENTO DA NON PERDERE A BACOLI sa superficialità, ma in confronto con i tempi attuali gli anni 80 erano possono essere considerati anni di “grosso impegno”: viviamo tempi di appiattimento di ideali etici con quelli estetici. È più importante il contenitore del contenuto vedi la politica (“Welcome mr. President” e “Il presidente di tutto il mondo”) dove la spettacolarizzazione e il marketing sono più importanti del contenuto, dove l’apparire è più importante dei programmi e delle idee. Viviamo in un mondo dove bisogna apparire perfetti (“Ragazzo inadeguato”), abbronzati, palestrati, competenti di cucina e di vini: non si può andare semplicemente in trattoria, bisogna aver fatto il primo livello del corso per sommelier. Non dico che gli altri sbagliano ma io mi chiamo fuori e racconto il pensiero di mio nonno (“I cowboy non mollano”) secondo cui in questo mondo pieno di follie e novità “due più due fa sempre quattro” e sono proprio i vecchi cowboy che anche se cadono da cavallo si rialzano e continuano la loro strada». Il marketing discografico è pieno di duetti, i tuoi invece rivelano la stima che hai conquistato sia negli artisti che c’erano prima degli 883 sia in quelli che sono venuti dopo... «È vero, quello che mi ha più inorgoglito di questo disco è il fatto che ad ogni telefonata che ho fatto per invitare qualcuno a partecipare al progetto, la risposta è stata “Ci mancherebbe, per te questo e altro”. Da un progetto discografico è venuta fuori un’iniezione di autostima incredibile, ancora oggi mi scrivono per commentare il risultato e ho scoperto rapporti umani che nessuno pensa esistano nella discografia. Ho avuto il piacere cantare con grandissimi miti e legende, colleghi sia appartenenti alla generazione precedente sia tra Max Pezzali quelli venuti dopo come Cremonini o Sangiorgi». Hai ritrovato anche il tuo amico-collega degli 883 Mauro Repetto... «Ne parlammo per il disco precedente e poi si è verificato, abbiamo ricominciato a lavorare insieme e da una sua idea su una piece teatrale sono nati i due brani che abbiamo firmato insieme (“Welcome mr. President” e “Il presidente di tutto il mondo”)». E dal vivo? «Aspettiamo ottobre, lasciamo sfogare i tour internazionali che sono in giro in Italia e poi affronteremo i palazzetti in autunno». “TEATRO FESTIVAL” Da domani in “Circo Equestre Sgueglia” Skin, la “Regine Nera” del rock domani protagonista al “Nabilah” Massimiliano Gallo al San Ferdinando NAPOLI. Grinta, stile, fascino musicale. Rock star in consolle domani, dalle ore 22, al “Nabilah” di Bacoli. Arriva il momento di uno degli appuntamenti più attesi della stagione 2013: il dj set di Skin (nella foto). La “Regina Nera” del rock, leader dal 1994 della band londinese Skunk Anansie, in versione Dj da tempo esperta di mixer e piatti. La vita artistica di Deborah Ann Dyer in arte Skin - inizia nel 1994 a Londra, quando l’incontro con Cass e Ace e il reclutamento di Robbie France (sostituito nel 1995 da Mark Richardson), portano alla genesi degli Skunk Anansie. Ace e Skin si erano conosciuti nel 1993. Lei, terminati gli studi artistici, cantava nella band Mama Wild, NAPOLI. Il regista argentino Alfredo Arias è stato invitato dal “Napoli Teatro Festival Italia” a mettere in scena “Circo Equestre Sgueglia” di Raffaele Viviani. Lo spettacolo, che nasce come quello di altri maestri della scena arrivati quest’anno a Napoli, da un cantiere teatrale, andrà in scena da domani a domenica al teatro San Ferdinando. I lavori di Arias uniscono l’interesse per la spettacolarità del musical alla passione per il teatro en travesti, il grottesco e la maschera: tutti elementi che si prestano brillantemente all’allestimento di “Circo Equestre Sgueglia”. Protagonista dello spettacolo sarà Massimiliano Gallo (nella foto) che interpreta il ruolo di Samuele. Le scene sono firmate dal “Premio Abbiati 2013” Sergio Tramonti, i costumi sono di Maurizio Millenotti e le luci di Pasquale Mari. «Davanti alla casa in cui abitavo con i miei genitori si estendeva un terreno abbandonato, dove un giorno arrivò un circo molto povero, senza nemmeno il tendone, ma solo stoffe rattoppate. Al centro si innalzavano i pali con i trapezi - racconta Alfredo Arias in cui militava anche Cass. La rockstar, laureata in Interior Design e autrice di canzoni indimenticabili come “Secretly” e “Hedonism”, proporrà agli ospiti del Nabilah un set sospeso tra indie rock, electro pop e obscure disco. E non è eluso che la sua esibizioni culmini in incursioni vocali. - dall’esterno si potevano vedere, senza pagare, i volteggi di poveri acrobati. Qualche animale triste passeggiava senza comprendere questo paesaggio di desolazione. L’orso, la zebre, il dromedario asciugavano le loro lacrime sotto un sole opprimente che bruciava questa Pampa urbana». E partendo da questo ricordo che Arias ambienta il suo spettacolo tra baracconi, giostre e trapezi, ed in questo contesto racconta la storia della famiglia Sgueglia proprietaria dell’omonimo circo, metafora universale di un mondo povero e precario. A proposito del testo, Arias afferma: «Viviani ci trascina in un doppio gioco. Un gioco che noi dobbiamo immaginare - quello della rappresentazione circense - e uno al quale assistiamo - quello della vita. Sceglie di mettere in evidenza le lacerazioni amorose. Ci dice che non esiste rifugio possibile: anche il circo, concepito come un ultimo riparo, è esposto alla vertigine della passione e i suoi abitanti possono esserne espulsi in qualsiasi momento per sprofondare nella più grande delle solitudini».