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mercoledì 31 agosto 2016
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L’intervista
Il treno sfida il futuro
La partita si gioca nella ricerca dell’equilibrio tra qualità dell’offerta e controllo dei costi
Monika Ribar, alla guida fino al 2013
di Panalpina, è dallo scorso mese di
giugno la nuova presidente del Consiglio
di amministrazione delle Ffs in
sostituzione di Ulrich Gygi. Si dice
convinta che la ferrovia abbia un futuro.
Tutto dipenderà dalla capacità di
innovazione tecnologica e dalla ricerca
di una maggiore concorrenzialità.
nanti (Italia, Germania, Francia). Neppure
AlpTransit sarà una linea ad alta velocità
contrariamente da quanto pensano in molti. Abbiamo privilegiato l’orario cadenzato
e la frequenza dei treni in particolare
nei collegamenti tra i grandi agglomerati.
Eppure vi è chi la pensa diversamente
senza dimenticare la proposta di creare
uno Swissmetro, idea avanzata qualche
anno fa dall’allora senatore ticinese Sergio
Salvioni. L’aver rinunciato all’alta velocità
non rischia di penalizzare le Ffs?
La Svizzera è al centro dell’Europa e i nostri
confinanti hanno bisogno della Svizzera per i
loro collegamenti. Quello di Swissmetro era un
progetto particolare. Un’idea geniale, al tempo
stesso. Avremmo però avuto bisogno di due
reti, una di superficie e l’altra sotterranea e ci
saremmo trovati confrontati con un investimento insopportabile. Più o meno il medesimo
discorso potrebbe essere fatto per una linea ad
alta velocità di superficie. Dovremmo, ad
esempio, costruire un altro tunnel sotto il Gottardo. Le distanze tra i grandi centri in Svizzera, poi, sono troppo piccole per un sistema ad
alta velocità che sia ‘performante’. Non va infine dimenticato che l’Italia e la Germania dispongono sì dell’alta velocità, ma non a partire
dalle frontiere con la Svizzera. No, non rischiamo di restare isolati come dimostra il recente
accordo con le ferrovie italiane e tedesche in
vista di un collegamento diretto tra Milano e
Francoforte.
di Edy Bernasconi
Le Ffs sono vittime del loro successo. Lo aveva
detto, qualche anno fa, il Ceo del gruppo Andreas Meyer. La scelta del treno continua a piacere alle svizzere e agli svizzeri. Basta un dato:
nel 2015 le Ferrovie federali hanno trasportato
mediamente 1,21 milioni di passeggeri ogni
giorno (1,18 milioni nel 2014). Cresce la domanda e, si tratta di una conseguenza logica, aumenta il numero dei treni in circolazione sulla
già sovraccarica rete nazionale. Di pari passo
ne risente l’infrastruttura e, complice anche la
politica di investimenti degli ultimi anni per
soddisfare i bisogni crescenti, sono stati accumulati ritardi nella manutenzione. Il Consiglio
federale propone di stanziare una somma di
13,2 miliardi destinati alla cura della rete per il
periodo 2017-2020.
È una somma sufficiente per far fronte alle
necessità? Lo abbiamo chiesto alla nuova
presidente del Consiglio di amministrazione dell’ex regia Monika Ribar.
È una domanda difficile anche perché non ho
mai conosciuto nessuno che abbia bisogno di
soldi al quale, quando li ha ricevuti, si chiede
se questo denaro basti. Abbiamo analizzato
in profondità lo stato di tutto il sistema ferroviario e siamo rimasti veramente sconcertati.
Sono stati riscontrati più problemi rispetto a
quanto si sarebbe potuto pensare e, di conseguenza, bisognerà lavorare molto per recuperare i ritardi. Tra l’altro, la somma che lei ha
indicato deve ancora essere approvata dal
parlamento e solo una parte di questa cifra
(attorno ai 7,8 miliardi) andrà alle Ffs. Nell’ambito della pianificazione dei lavori che
metteremo in cantiere si tratta di fare in
modo che i soldi a disposizione siano impiegati nella forma più efficiente possibile. Dovremo essere in grado di muoverci con i mezzi a disposizione garantendo sicurezza e puntualità dei treni. Finora, ad esempio, ha sempre rappresentato un tabù la chiusura di una
tratta per permettere dei lavori. Sbarrare una
linea per un certo tempo, invece, consente di
risparmiare denaro perché i singoli interventi
possono essere accelerati. Certo, questo ha
conseguenze negative per i passeggeri. In simili casi sarà nostro dovere informare in
modo ancora più accurato i clienti ed essere
in grado di proporre delle soluzioni alternative.
Se questi sono i gravosi impegni nel campo
della manutenzione per i prossimi anni
sorge spontanea una domanda: rimangono ancora risorse da destinare ad investimenti per il rinnovo del materiale rotabile
e la realizzazione di nuove opere?
Certo, la domanda è legittima. Posso tuttavia
affermare che siamo in linea con quanto pianificato. Parlando del materiale rotabile, per
quanto riguarda il traffico regionale i Cantoni
possono contare su una flotta ampiamente
rinnovata. Vi è poi in cantiere l’acquisizione
dei treni ‘Giruno’ costruiti da Stadler e che assicureranno in futuro il traffico di lunga percorrenza sull’asse nord-sud ed i nuovi convogli
a due piani ordinati a Bombardier. Questi acquisti sono già stati commissionati. Quanto
alle nuove opere disponiamo di una pianificazione che si estende fino al 2025 e comprende
parecchi importanti investimenti. Penso alla
galleria di base del Monte Ceneri e, ancora, ai
progetti che interessano la Svizzera occidentale. Guardando oltre questo orizzonte temporale stiamo discutendo con l’Ufficio federale dei
Monika Ribar: un passato nel settore dei trasporti
trasporti per capire quali potranno essere gli
obiettivi del futuro. Dobbiamo anche domandarci come possiamo ottimizzare la rete esistente progettando opere che rispondano alle
necessità della clientela e che siano economicamente sostenibili, anche perché dobbiamo
essere coscienti del fatto che un sistema sempre più grande è destinato a diventare anche
più costoso. D’altra parte non dobbiamo perdere di vista il fatto che il concorrente del treno
è la strada e nei prossimi dieci-quindici anni si
farà molto per migliorare la rete stradale in
Svizzera. Il trasporto su gomma è in continua
evoluzione e non solo quello ferroviario. Dobbiamo di conseguenza essere molto flessibili.
La ferrovia è destinata a ricoprire anche in futuro il ruolo di spina dorsale per la mobilità del
nostro Paese. Con il treno si può arrivare facilmente nel cuore delle principali città. Nel contempo la rete ferroviaria assicura buoni collegamenti con la periferia. Nonostante i miglioramenti che ho citato, d’altra parte, non penso
che il traffico stradale potrà continuare a crescere all’infinito. Per questo dovremo essere in
grado di lavorare insieme, la ferrovia e la strada in qualità di attori complementari. Il trasporto su gomma, è vero, conosce una importante evoluzione a livello tecnologico. Pensiamo, per citare un caso, che si stanno sperimentando bus senza autista o ancora camion elettrici. Ma anche la ferrovia è in grado di rinnovarsi e di dotarsi di soluzioni tecnologiche
d’avanguardia. Parliamo, naturalmente, del
futuro.
Considerate le necessità finanziarie i clienti saranno confrontati anche in futuro con
ulteriori aumenti di prezzo? E, ancora, è
sempre valida l’ipotesi di applicare tariffe
KEYSTONE
differenziate a dipendenza della fascia oraria nella quale il passeggero si sposta?
Per affrontare questa questione serve una premessa. Dobbiamo chiederci dove il sistema ci
porterà a livello di costi. Ciò non significa che
nei prossimi anni ci troveremo automaticamente confrontati con ulteriori aumenti tariffali. L’obiettivo prioritario deve essere quello
della stabilizzazione dei costi per poter contare su un sistema meno caro e ciò è importante
per poter essere concorrenziali. Quanto all’ipotesi di applicare prezzi differenziati a dipendenza dell’orario nel quale si circola, una riflessione si impone. È necessario per noi equilibrare il sistema ferroviario. Non possiamo disporre di un servizio pensato solo per gli orari
di punta e di avere treni vuoti nel resto della
giornata. Una differenziazione tariffale in questa ottica può aiutare. Non dimentichiamo che,
in parte, lo si fa già oggi. Vi è la possibilità di
avere prezzi più convenienti per chi usa il treno nelle ore della giornata meno frequentate.
Ad esempio con i biglietti risparmio (ne vendiamo fino a 9’000 al giorno) o gli abbonamenti per il tempo libero (a partire dal 2017) l’obiettivo rimane sempre quello di offrire tariffe abbordabili a tutti. Grazie alla crescente digitalizzazione nei rapporti con il cliente è possibile
affinare l’offerta e dare così la possibilità agli
utenti di scegliere per i loro spostamenti la soluzione migliore e anche più conveniente.
Sono ben cosciente del fatto che i pendolari, a
cominciare dagli studenti, non devono essere
penalizzati. È un pericolo reale. Quelle di cui
parliamo sono del resto per ora solo delle idee
che vanno studiate e approfondite.
Nel 2015 Ffs Cargo è tornata nelle cifre rosse
anche se la causa del deficit è attribuita
al franco forte. La Divisione Cargo ha però
perso qualche cliente importante. È il caso
di Tamoil. Ci si domanda come sia possibile
assicurare la concorrenzialità con la strada sulle distanze brevi nel traffico interno.
Diverso è il discorso per il traffico internazionale. La Deutsche Bahn sta ad esempio
sperimentando una più stretta collaborazione con la strada. E noi ?
Il franco forte ha penalizzato Ffs Cargo nel
2015. È indubbio e sono situazioni che possono
capitare. Nel contempo, tuttavia, sono stati
compiuti grandi passi avanti. Non è facile
muoversi nel mercato per le ragioni che lei ha
già indicato. In Svizzera abbiamo due grandi
vantaggi: il divieto di circolazione dei mezzi
pesanti la notte e nei weekend. Certo andiamo
verso importanti sfide a cominciare dalle nuove tecnologie applicate ai camion che saranno,
per cominciare, sempre meno inquinanti. L’intasamento delle strade ed i ritardi causati dalle
code continueranno per contro ad esserci. Ffs
Cargo deve seguitare a migliorare puntando
prima di tutto ad abbassare i costi. Con la strada collaboriamo, è ormai noto, con tante imprese svizzere, nell’ambito di quello che noi
chiamiamo trasporto combinato.
ALCUNE CIFRE
∑ Passeggeri giornalieri nel 2015
1,21 milioni
∑ Crescita annua
2,7%
∑ Utile 2015
246 milioni
∑ In calo di
127 milioni
∑ Costi supplementari di manutenzione
109 milioni
∑ Collaboratori
La Svizzera ha rinunciato all’alta velocità,
una via imboccata da tutti i Paesi confi-
33’000