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CHARITAS
Bollettino Rosminiano Mensile.
Giugno 2008.
Tesoro di grazia e di santità
La prima definizione in lingua italiana riguardante la parola “tesoro” si trova in Dante:
«cosa di pregio, nascosta o sotterrata e della quale nessuno può provare la proprietà».
Successivamente si trovano anche espressioni del significato figurato: “preziosa ricchezza spirituale”, “persona molto amata”.
Se andiamo all’Antico Testamento, con questo termine, in senso figurato, vi si indica il
cielo come il tesoro di Dio, da cui escono la pioggia (Dt 28,12), le nuvole (Sir 43,14), la neve
e la grandine (Gb 38,22), i venti (Sal 135,7; Ger 10,13), le armi del suo sdegno (Ger 30,25). I
profeti e i sapienti conoscono anche dei tesori spirituali: la sapienza (Pr 2,4, Sap; 7,14, Sir
1,25), un buon amico (Sir 6, 14).
Nel Nuovo Testamento più frequentemente il termine “tesoro” si trova in quei contesti
in cui i tesori del cielo sono opposti ai tesori terreni. È preferibile acquistare dei tesori in
cielo facendo del bene piuttosto che dei tesori materiali sulla terra (Mt 6,19-21; Mc 10,21; Lc
12,21). In Col 2,3 Paolo parla di tesori di sapienza e di conoscenza che si trovano nascosti
in Cristo, e in 2Cor 4,7 descrive la vita nuova del cristiano come un tesoro che noi portiamo in vasi d’argilla.
Aveva ragione quindi Antonio Rosmini ad indicare alle Suore della Provvidenza la santità come il più grande tesoro, perché egli, con il termine di santità, intendeva appunto la
conoscenza di Dio e la vita con Lui.
Altrove egli chiama grande tesoro la croce: «Ah quanto è grande questo tesoro, quanto è
prezioso questo legno! Faccia il Signore che ne comprendiamo l’inesausta ricchezza, nel
che avremo ogni sapienza, ogni perfezione, ogni bene, ogni gaudio, ogni pienezza nel
gaudio, ogni stabilità nella pienezza».
Ed ancora: «La croce di Gesù: ecco il nostro tesoro, la nostra scienza, il nostro tutto»
(Domodossola, 29 maggio 1828).
«Gesù v’innamori sempre più della sua croce, che è il tesoro maggiore che abbiamo»
(Roma 15 giugno 1829).
«II mio tesoro è la santa fede, e qui è anche il mio cuore» (Stresa, 28 aprile 1841).
Invitava gli Scolastici (religiosi nel periodo di formazione) ad amare l’occupazione assegnata «considerandola come quel campo nel quale scavate per trovarvi il tesoro nascosto. E certo non lavora di mala voglia, con poca lena, o con animo mesto, colui che spera,
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rompendo col zappone il terreno, di dissotterrare un tesoro» (Stresa, 5 aprile 1852).
Eccoci allora al tema della giornata del 1° luglio prossimo: Beato Antonio Rosmini, tesoro di grazia e di santità.
Tesoro di grazia: la vita di Dio lo ha reso rifulgente di verità e incandescente di carità.
Incorporato a Cristo dal giorno successivo alla sua nascita ha mantenuto intatta, a giudizio di tanti che lo conobbero, l’innocenza battesimale. Di questo parere fu anche Clemente Rebora, il quale ritrovò la via della perfezione tuffandosi nelle pagine “ruscellanti di santità” delle lettere ascetiche di Rosmini. Sulla grazia di Dio Rosmini scrisse pensieri così
profondi da far dire che non potrebbero essere scritti se non da chi ha una comunicazione
speciale con Dio. La sua fiducia nella Grazia di Dio era sconfinata, come quella nella Provvidenza, tanto da mettere queste due, insieme alla Giustizia e all’Amore di Dio, a fondamento dell’Istituto.
«Nell’ordine soprannaturale, poi, nulla può fare l’uomo senza la grazia di Dio e del nostro Salvatore Gesù, a cui fu dato il potere sopra ogni carne (Gv 17,2). Invano l’uomo si affatica, studia, ripensa, macchina, si esaurisce nei suoi conati; e tuttavia non può colla propria
forza, quand’anche possegga tutti i doni di natura e per di più tutto il mondo, dare a sé
neppure il più piccolo briciolo di quel potere, onde si compie qualche cosa nell’ordine soprannaturale. Chi dunque brama di essere e di fare qualche cosa in ciò che riguarda la
propria e l’altrui santificazione, bisogna che prima si umili e preghi meditando la gratuita
elezione di Dio e con questa grazia di orazione ottenga le altre grazie» (Cost. n. 470). E ancora: «La grazia che ci comunica Gesù Cristo ha i suoi gradi: ma ogni grado, per minimo
ch’esso sia, è sempre infinito, perché sempre è una comunicazione dell’Infinito» (E.A.
II,245).
Tesoro di santità: «La santità consiste nel praticare quelle virtù che Gesù Cristo ha mostrato in se stesso, massime pendente dalla croce» (E.A., 247).
Risulta dall’esame della vita del Beato che questa affermazione riflette lo sforzo di ogni
sua giornata. Egli si spese nell’insegnare, nel pregare, nel pazientare, nel perdonare, nell'offrire ogni giorno il suo sangue in unione a quello di Gesù. Fedele a Dio e alla Chiesa.
A questo proposito aveva già avuto un presagio nel 1815, quando, diciottenne, ebbe il
presentimento di una grande missione ricevuta da Dio:
«O caro, chi sa? chi sa? … In un mio sonetto ho scritto, e forse può ferir qui, questi tre
versi:
Sì, già la pietra ch’ogni uom tiene inetta
a ogni lavorio, lustra e polita,
fu del tuo tempio per colonna eletta».
E noi facciamo eco:
Sì, Rosmini è colonna della Chiesa,
nuovo tesoro di grazia e santità,
il primo luglio venite tutti a Stresa!
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il direttore