Antigone: Note ai versi 21-99 21 Invece di determinare τὸν μὲν
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Antigone: Note ai versi 21-99 21 Invece di determinare τὸν μὲν
Antigone: Note ai versi 21-99 21 Invece di determinare τὸν μὲν … τὸν δ᾽(“uno” “l’altro”) con un genitivo partitivo Sofocle concorda con i due pronomi un accusativo duale τὼ κασιγνήτω (termine comune in Omero e nei tragici), specificati dal genitivo (o dativo) del pronome personale di I persona duale νῷν, con valore di aggettivo possessivo “i nostri due fratelli”). Nella traduzione italiana è opportuno inserire un partitivo: “Dei nostri fratelli, Creonte non ne ha forse onorato uno di sepoltura e privato l’altro?” 23 Passo discusso e siglato con le cruces († = locus desperatus) in alcune edizioni o emendato congetturalmente. In effetti χρῶμαι ha in genere l’aoristo medio (χρησάμενος) e non passivo; inoltre regge il dativo semplice e non preceduto da σύν (alcuni hanno pensato ad una tmesi di συγχρῶμαι). Si può riordinare tuttavia σὺν δίκῃ δικαίᾳ καὶ χρησθεὶς νόμῳ. L’espressione δίκῃ δικαίᾳ può non essere realmente pleonastica, anche se l’affermazione suona certamente ironica in bocca ad Antigone. 25 ἔνερθεν: “laggiù” (nell’Ade, cioè), avverbio che specifica νεκροῖς; ἔντιμον “oggetto di onore”. 26 ἀθλίως: “miseramente”, riferito a θανόντα. L’avverbio è connesso etimologicamente con ἀFεθλος › ἆθλος “gara, lotta, sforzo, fatica, dolore” e direttamente con l’aggettivo ἄθλιος, prevalentemente usato nel senso traslato negativo “sofferente, infelice, sventurato”. Il participio θανόντα (l’aoristo indica l’evento, la circonstanza della morte) è concordato per enallage con τόν… νέκυν (“il corpo”, oggetto di μὴ τάφῳ καλύψαι μηδὲ κωκῦσαί), anziché con il genitivo Πολυνείκους, che lo specifica. 27 φασιν regge l’infinito ἐκκεκηρῦχθαι ἀστοῖσί (“che sia stato ordinato ai cittadini”, ovviamente da Creonte) che ha come soggetto l’infinitiva sostantivata τὸ μή τινα (= μηδένα, sogg generico “che nessuno” o più semplicemente “di non”) τάφῳ καλύψαι μηδὲ κωκῦσαὶ τὸν δ᾽ ἀθλίως θανόντα νέκυν Πολυνείκους. ἐκκεκηρῦχθαι, perfetto mp da ἐκκηρύσσω è legato a κήρυξ, -κος “araldo”; ἀστός ovviamente deriva etimologicamente da ἄστυ, -εως, τό ἐᾶν, infinito presente da ἐάω, dipendente sempre da ἐκκεκηρῦχθαι, ma senza negazione. ἄκλαυτον, ἄταφον, aggettivi a 2 uscite (come quasi tutti i composti della prima classe, in questo caso con α privativo “senza pianto e senza tomba”) in funzione di predicativi dell’oggetto (sempre νεκύν). I due aggettivi sono legati alla radice dei verbi κλαίω (tema κλαF: il digamma cade nel tema del presente davanti al suffisso jod vocalizzato in ι, mentre negli altri tempi il digamma si vocalizza in υ, essendo seguito da consonante, come nell’aggettivo derivato in questione) e θάπτω (tema θαφ, con suffisso jod nel presente, che muta la φ in πτ; nelle forme in cui si conserva la φ, come nell’aggettivo, è la dentale iniziale a perdere l’aspirazione per la legge di Grassmann). 29 οἰωνοῖς: è lo stesso sostantivo usato nel proemio dell’Iliade (v. 5) per indicare gli uccelli da preda (πολλὰς δ' ἰφθίμους ψυχὰς Ἄϊδι προί̈αψεν / ἡρώων, αὐτοὺς δὲ ἑλώρια τεῦχε κύνεσσιν / οἰωνοῖσί τε πᾶσι, Διὸς δ' ἐτελείετο βουλή) 30 θησαυρὸν indica in origine “dispensa, magazzino, provvista”. χάριν è accusativo di χάρις –τος, qui dipendente da πρός e seguito dal genitivo per esprimere valore di fine, come nella forma tipica genitivo + χάρις o ἕνεκα (= abl. + causa o gratia). 32 κἀμέ = καὶ ἐμέ”, con crasi, da notare come si passi dal dativo all’accusativo, in quanto in quest’ultimo caso si tratta di un inciso “Voglio dire anche me”. 33 δεῦρο “qui” 34 σαφῆ acc. plurale neutro di σαφής, -ές (da *σαφέσα con caduta del σ e contrazione) concordato con ταῦτα con valore predicativo – avverbiale (“chiaramente”). προκηρύξοντα: acc. del participio futuro di προκηρύσσω ( ≠ dall’aoristo κηρύξαντα del v. 32) con valore predicativo del soggetto rispetto finale rispetto a νεῖσθαι (per annunciare 35 ἀλλ᾽ ὃς L’antecedente sottinteso è da intendere dativo (τουτῳ) dipendente da προκεῖσθαι, infinito presente di un composto di κεῖμαι, verbo con significato assimilabile a un perfetto “(dicono che) è (stata) prescritta la morte a chi (colui che)…”. 38 εἴτ᾽ εὐγενὴς …εἴτ᾽ … κακή si tratta di due predicativi del soggetto legati al perfetto πέφυκας. 39 ταλαῖφρον L’aggettivo ταλαίφρων, qui usato al vocativo, impiega la radice τλα/τλη propria dell’aoristo III (privo di presente) ἔτλην (inf. τλῆναι) “sopportai”, o dell’epiteto odissiaco πολύτλας “che molto sopporta”, radice comune al latino tollo, tolero, tuli. Il secondo elemento è quello di φρήν, νός (“diaframma, animo”). 40 ἂν προσθείμην: potenziale 41 Interrogativa indiretta introdotta da εἰ e dipendente da σκόπει (imperativo presente da σκοπέω. = σκόπεε con contrazione) “bada se vuoi aiutarmi (ind. fut. sigmatico attivo da συμπονέω) e collaborare (ind. futuro sigmatico medio da συνεργάζομαι). L’indicativo futuro è abitualmente impiegato in dipendenza dai verba curandi (φροντίζω, σκοπέω) in completive introdotte da ὅπως “preoccuparsi di, badare a”. 43 εἰ τὸν νεκρὸν ξὺν τῇδε κουφιεῖς χερί. Interrogativa indiretta con indicativo futuro (κουφιεῖς “solleverai [per seppellire]” da κουφίζω è futuro attico, proprio dei verbi in -ίζω) che dipende sempre da σκόπει. 44 ἀπόρρητον, “bandito”, derivato da ἀπό (“lontano da”) + εἴρω (“dico”, da cui derivano le forme di futuro e pf. di λέγω, ἐρῶ, εἴρηκα) 46 ἁλώσομαι, indicativo futuro da ἀλίσκομαι “sono sorpreso, catturato”; regge il part. predicativo del soggetto προδοῦσ᾽ (aoristo III, cd. cappatico, da προδίδωμι “tradisco”, cfr. lat. prodo) 47 Κρέοντος ἀντειρηκότος, genitivo assoluto con valore concessivo 48 εἴργειν “tenermi lontano” 49 φρόνησον imperativo aoristo da φρονέω, legato alla radice di φρήν, -νός, che regge la dichiarativa introdotta da ὡς, qui in anastrofe con πατὴρ (πατὴρ ὡς = ὡς πατὴρ) ἀπώλετο (aoristo II da ἀπόλλυμι “morire”) che regge i predicativi del soggetto ἀπεχθὴς (“odioso” da ἔχθος, -ους τὸ “odio”), δυσκλεής (“infame” con il prefisso negativo δύσ- e la radice di κλέος, -ους τό “fama”). Da notare come la misteriosa “redenzione” di Edipo che Sofocle presenta nella sua ultima tragedia Edipo a Colono, qui non trovi espressione. 49-50 πατὴρ ὡς = ὡς πατὴρ (anastrofe: πατὴρ è soggetto della subordinata dipendente da ὡς e retta da φρόνησον (imper. Aoristo II di φρονέω) “Pensa a come il padre ci è morto detestato (ἀπεχθής è legato etimologicamente a ἔχθος “odio” da cui ἐχθρός, “nemico”) e infame (δυσκλεής, composto dal prefisso negativo δυς + κλέος, “fama”, etimologicamente legato a καλέω e al latino clamo) 51 αὐτοφόρων: l’aggettivo αὐτόφωρος “scoperto da se stesso” deriva da φώρ, φωρός “ladro”. L’espressione ben si adatta all’indagine portata avanti da Edipo contro se stesso. 52 ἀράξας participio aoristo I da ἁράσσω “percuoto, colpisco”) 53 ἔπειτα: “poi” non in senso cronologico, giacché la morte di Edipo è posteriore a quella di Giocasta. 54 πλεκταῖσιν da πλεκτός, -ή, όν, aggettivo verbale di I tipo da πλέκω (uguale nel significato ad un participio passivo) λωβᾶται da λωβάομαι “danneggio” derivato dal λώβη “danno”. 55-57 Versi giocati sulla compresenza dell’identico e del duplice: τρίτον δ᾽ ἀδελφὼ δύο μίαν καθ᾽ ἡμέραν / αὐτοκτονοῦντε (part. pres. duale da αὐτοκτονέω, esprime, più che una semplice uccisione reciproca, quasi l’idea di un suicidio) τὼ ταλαιπώρω μόρον / κοινὸν κατειργάσαντ(ο) (ἐπαλλήλοιν χεροῖν). μόρον: da μόρος (“sorte” dal verbo μείρομαι ”ripartisco” da cui derivava il concetto omerico di μοῖρα come “destino ripartito” ma anche le μοῖραι (parchae in latino), dee che amministravano la vita degli uomini. Da notare come il duale sia limitato alla forme nominali (participi compresi) mentre nei verbi al posto della III duale si usa la III plurale (κατειργάσαντο, aoristo medio da κατεργάζομαι). 60 κράτη è accusativo plurale di κράτος 63 οὕνεκ(α) qui ha lo stesso significato del precedente ὅτι. 64 ἀλγίονα, comparativo di ἀλγεινός, -ή, όν “doloroso”, in realtà direttamente derivato da ἄλγος, ους τό “dolore” 66 ἴσχειν è quasi un doppione di ἔχω 71 ἀλλ᾽ ἴσθ᾽ ὁποῖά σοι δοκεῖ. ἴσθ(ι): pyuò essere preferibilmente inteso come imperativo da εἰμι (ma omografo di quello di οἶδα, vedi v. 98). La formula presentata nel testo, con ὁποῖα perispomeno, identifica questa forma del pronome ὁποῖος, ὁποία, ὁποῖον come neutro plurale (la desinenza del neutro è infatti breve e consente il trocheo finale; l’accento acuto sull’ultima è di enclisi, per l’enclitica seguente), da interpretare avverbialmente “come”. Alcune edizioni correggono ὁποῖά nel nominativo femminile singolare ὁποία (con terminazione lunga e quindi parossitona) “quale”. Κεῖνον = ἐκεῖνον 72 θαψω ind. fut. da θάπτω. 74 ὅσια: l’aggettivo ὅσιος indica ciò che da parte dell’uomo, anche in atti estranei al culto, è compiuto con devozione interiore in conformità al volere degli dei. Esso si distingue da ἅγιος (lat sanctus) – assente in Omero, Esiodo e nei tragici – che indica colui o ciò che è da non violare in quanto riservato agli dei ed intrinsecamente santo; da ἱερός (lat. sacer) che indica chi o ciò che appartiene agli dei o protetto da essi, positivamente investito della potenza divina (ἱερά sono i riti sacri, ἱερεύς è il sacerdote); da εὐσεβής (da εὐ + σέβομαι “venero”), che fa riferimento all’adempimento esteriore e formale delle leggi e dei riti degli dei. προὔχοι’(ο) = ottativo presente medio (con ἅν potenziale) da προέχω (al medio “tenere avanti a sé, addurre come pretesto, scusarsi”, mentre all’attivo significa “protendere, precedere”) 81 χώσουσ(α): participio futuro finale da χόω “versare, innalzare un tumulo” 82 ταλαίνης: “infelice” derivato dalla radice di ἔτλην “sopportare” 83 προτάρβει: imperativo presente da προταρβέω (προτάρβεε) “temere per” In genere ταρβέω si riferisce ad una paura irrazionale (≠ da δείδω che indica timore consapevole e da φοβοῦμαι che esprime idea di fuga) 85 κεῦθε: imperativo pres. da κεύθω “nascondo”, dalla stessa radice indoeuropea di hide. 86 καταύδα: imperativo presente da καταυδάω (καταύδαε) “rivelare” derivato da αὐδή (“voce”). 90 Il concetto espresso dall’aggettivo a 2 uscite ἀμήχανος, -ον è l’assenza (α privativo) di espedienti, di strategie progettuali efficaci (μηχαναί), più ancora che di risorse materiali (basti pensare che il πολυμήχανος era Odisseo). Il concetto di ἀμηχανία, del resto, trova come parallelo filosofico quello di ἀπορία (ἀ + πόρος, “passaggio, espediente”) che esprime appunto una situazione di stallo dovuto all’assenza di vie di uscita (cfr. i dialoghi aporetici di Platone — Lachete, Ippia minore, Eutifrone, Carmide, Eutidemo - in cui Socrate punta soprattutto a mettere in crisi le false certezze dell’interlocutore, senza giungere ad una soluzione definitiva del problema discusso). 91 πεπαῦσομαι è propriamente futuro perfetto da παύω (-ομαι), caratterizzato dal raddoppiamento proprio del perfetto e dalle terminazioni del futuro sigmatico medio. Non indica azione futura anteriore, ma stato di compiutezza dell’azione nel futuro. 93 ἐχθαρῇ: indicativo futuro medio II sing. di ἐχθαίρω “odio” dalla radice ἔχθρα (“odio”, sostantivo) e di ἐχθρός (“nemico”) presente come figura etimologica nel verso seguente. 94 προσκείσῃ: indicativo futuro medio 2° persona media da προσκεῖμαι. 95 ἔα: imperativo pres. da ἐάω. 96 πείσομαι: futuro da πάσχω (“soffro”) Questo futuro è omografo di quello medio di πείθω /-μαι (“obbedisco”) al v. 67. 97 ἴσθ(ι): imperativo da οἶδα (ma omografo di quello di εἰμι, vedi v. 71) 98 ἄνους das νοῦς “mente, pensiero” con ἀ privativo.