ed - Assistenza Infermieristica e Ricerca

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ed - Assistenza Infermieristica e Ricerca
Medico ed infermiere insieme
nella gestione delle complicanze
in aritmologia: esempio dello storm
elettrico nei pazienti portatori di ICD
Contributi
ed esperienze
Laura Plebani
Eraldo Occhetta
L’evoluzione tecnologica in aritmologia ha generato nuove opportunità terapeutiche
per i pazienti. Competenza, continuità clinico-assistenziale, integrazione e
collaborazione tra medico-infermiere consentono una gestione sicura delle possibili
complicanze ad insorgenza immediata e tardiva. Un esempio emblematico è
rappresentato dallo storm elettrico (riscaldamento aritmico) nei pazienti portatori di
defibrillatore impiantabile (ICD). La definizione e l’epidemiologia dello storm
elettrico fanno emergere con drammatica urgenza la rilevanza di questo fenomeno
non solo in termini assistenziali, clinici e prognostici ma anche etici e deontologici.
Viene descritta l’esperienza di costruzione di un protocollo integrato per la gestione
di queste complicanze e vengono sollevati i problemi etici ed i quesiti ancora irrisolti
nella gestione e presa in carico di questi pazienti, ad esempio la possibilità di
concordare con il paziente e i suoi familiari se e quando disattivare il defibrillatore.
Premessa
Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica e
scientifica avvenuta nel settore aritmologico ha
modificato l’identità del Laboratorio di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione, orientandolo
sempre più verso un Servizio autonomo. Il grado di complessità delle procedure diagnostico-terapeutiche è notevolmente aumentato,
passando da impianti di stimolatori monocamerali e semplici studi elettrofisiologici a tecniche interventistiche su un’ampia gamma di
aritmie: applicazione di device sofisticati con
sensori differenziati, pacemaker e defibrillatori bi e tricamerali, mappaggi endocavitari e ablazione transcatetere di aritmie complesse, con
varie forme di energie (radiofrequenza semplice
o con cateteri raffreddati, crioablazione, ecc.).
Questa evoluzione ha generato una maggiore
disponibilità di nuove opzioni terapeutiche per
i pazienti ed una conseguente crescita della domanda di prestazioni interventistiche. È, di conseguenza, aumentato anche il grado di com-
S.S.v.d.O. Elettrofisiologia e
Cardiostimolazione,
Dipartimento Cardiovascolare,
AO Maggiore della Carità,
Novara
Università degli Studi del
Piemonte Orientale Amedeo
Avogadro, Novara
plessità clinica e assistenziale. In questo contesto le competenze medico-infermieristiche
sono in continuo cambiamento ed evoluzione.
Il dominio tecnologico va di pari passo a conoscenza, competenza e continuità assistenziale.
Collaborazione e integrazione tra medico e infermiere sono indispensabili nella gestione delle possibili complicanze, che possono essere
immediate, correlate allo stato clinico o all’esecuzione della procedura, oppure tardive, che
si manifestano dopo pochi giorni o anche dopo mesi o anni.
Le complicanze
In un Laboratorio di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione le complicanze vedono medico ed
infermieri impegnati con interventi concordati e mirati al loro governo e contenimento.
Le complicanze immediate possono essere correlate:
a) allo stato clinico e/o all’aritmia del paziente: ipotensione, degenerazione dell’aritmia,
Assistenza infermieristica e ricerca, 2006, 25, 3
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Contributi
ed esperienze
ischemia miocardica, edema polmonare acuto, shock, arresto cardiaco;
b) all’esecuzione della procedura: tromboflebite
femorale, lacerazione vascolare, fistola arterovenosa, embolia periferica, embolia polmonare, embolia cerebrale, endocardite, sepsi,
pneumotorace, danno alle valvole cardiache,
versamento pericardico con eventuale tamponamento cardiaco, ematoma locale, blocco atrio-ventricolare iatrogeno.
Mentre gli standard qualitativi indicano come
accettabile una percentuale di complicanze
non superiore al 3%, la mortalità correlata a tutte queste situazioni negative non è tollerata sopra lo 0.2%1.
È ovvio che la percentuale maggiore di problemi insorge per procedure complesse, come l’ablazione della fibrillazione atriale, del flutter
atriale, e delle tachicardie ventricolari. Anche procedure più semplici però possono essere gravate da complicanze, se l’attenzione dell’equipe
non viene mantenuta costantemente elevata.
Le complicanze tardive si verificano nei giorni susseguenti la procedura e possono essere
precoci (pochi giorni dopo) o tardive (anche
dopo mesi o anni).
In tal caso la complicanza più comune dopo
procedure elettrofisiologiche interventistiche è
sostanzialmente la recidiva dell’aritmia, che
rende necessari eventuali nuovi tentativi terapeutici.
Nel posizionamento di protesi (pacemaker o
defibrillatori) le complicanze tardive ricorrenti possono essere: le infezioni della protesi che
possono propagarsi ai cateteri fino a provocare endocardite; il decubito della tasca chirurgica in cui viene posizionata la protesi; lo sposizionamento dei cateteri (atriale, ventricolare
destro, ventricolare sinistro); le contrazioni muscolari extracardiache (pettorali o diaframmatiche); il malfunzionamento del sistema per errata programmazione; le aritmie correlate alla
presenza della protesi.
Durante la gestione della complicanza il medico è concentrato sugli aspetti diagnostici clinici e terapeutici; l’intervento infermieristico inizia con l’individuazione dell’insorgenza della
complicanza e continua con interventi eseguiti
secondo protocolli assistenziali concordati. L’attenzione al paziente, la costante interazione,
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anche durante il manifestarsi di una complicanza, consente un accertamento infermieristico
più attento e una definizione più obiettiva e
valutabile dell’evento.
La condivisione di protocolli anche tra diverse
equipe, nell’ambito per esempio della stessa
realtà regionale, può contribuire a ridurre ulteriormente l’impatto del problema2.
Una complicanza emergente è costituita da episodi di storm elettrico (o riscaldamento aritmico)
nei pazienti portatori di cardiovertitore-defibrillatore impiantabile (ICD): si definisce storm
elettrico l’intervento dell’ICD che interrompe una
TV (Tachiaritmia Ventricolare) o FV (Fibrillazione Ventricolare) >3 volte nelle 24 ore. L’incidenza di questa complicanza si stima essere
nell’ordine del 10-15% dei pazienti con ICD3.
Obiettivo
Scopo di questo lavoro è di riportare una esperienza di gestione integrata medico-infermiere
di una complicanza aritmica grave quale lo
storm aritmico in pazienti portatori di ICD.
Il riscaldamento aritmico
o “storm elettrico”: esempio
di nuova complicanza
Il riscaldamento aritmico nei pazienti portatori di defibrillatore impiantabile è una situazione clinica assistenziale particolare e molto delicata, di cui ancora poco si è scritto; a riprova
di ciò la bibliografia è limitata e sono inesistenti
linee guida o protocolli condivisi4-10. È la più
letale delle condizioni aritmiche cardiache, poiché è caratterizzata da fibrillazione ventricolare incessante o frequente, oppure tachicardia
ventricolare emodinamicamente destabilizzante11. La gestione di questa complicanza passa
necessariamente attraverso l’integrazione e la
collaborazione medico-infermieristica12.
Nel Laboratorio di Aritmologia di Novara il primo ICD è stato applicato nel 1989. Da allora il
numero di interventi è andato crescendo, tant’è
che attualmente si impiantano, ormai con cadenza settimanale, defibrillatori di “quarta generazione” mono, bi e tricamerali, con algoritmi discriminatori sempre più sofisticati. Al 31
dicembre l’apparecchio è stato impiantato a 336
pazienti. Nel mondo vengono applicati oltre
100.000 ICD all’anno, di cui circa 20-30 mila in
L. Plebani, E. Occhetta: Medico ed infermiere insieme nella gestione delle complicanze in aritmologia
Europa; in Italia la stima di impianti nel 2005
si avvicina ormai alle 10000 unità, di cui circa
un terzo di tipo biventricolare13.
Le indicazioni all’impianto di un cardioverterdefibrillatore automatico sono ben definite da
linee guide nazionali ed internazionali, supportate e aggiornate dai risultati di grandi trial
clinici di prevenzione secondaria (AVID, CIDS,
CASH14-17) e primaria (MADIT I, MADIT II,
MUSTT, SCD-HeF, COMPANION)18-22.
L’ICD, per la sua capacità di interrompere le
TV-FV sostenute maligne, ha migliorato la prognosi dei pazienti a rischio di morte improvvisa, ma il suo intervento resta sempre e solo un
palliativo poiché interrompe l’aritmia ma non
agisce sulle cause che l’hanno fatta insorgere.
Con il progredire del tempo la cardiopatia può
anche aggravarsi: questa è l’inevitabile conseguenza dell’aumento della sopravvivenza di
questi pazienti. Nei portatori di ICD ci possono essere periodi, oltre ovviamente a quello terminale, nei quali l’aritmia continua a ripresentarsi, determinando frequenti e ripetitivi interventi del defibrillatore.
Prima dell’avvento del defibrillatore automatico
impiantabile, lo storm era conosciuto come
espressione di una grave instabilità elettrica nell’evoluzione dell’IMA, nei pazienti con cardiopatia ischemica o dopo intervento chirurgico di
by-pass aortocoronarico; era un evento pericoloso ma statisticamente non rilevante poiché l’insorgenza avveniva quasi sempre durante le ospedalizzazioni ed era correggibile farmacologicamente con xilocaina, amiodarone e betabloccanti.
La più diffusa applicazione di defibrillatori impiantabili ne ha aumentato l’incidenza, che si stima essere nell’ordine del 10-15% nella popolazione dei pazienti con ICD3. Lo storm può insorgere tra le prime ore e il primo semestre dopo il posizionamento della protesi, ma il maggior numero degli eventi si presenta tardivamente,
e può essere espressione di stadio terminale.
Nei pazienti con storm elettrico è stata calcolata una media di 8 episodi aritmici (range da
3 a 50), con un’ospedalizzazione in circa l’85%
dei casi3.
Lo storm aritmico a Novara
Nel Servizio di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione di Novara l’epidemiologia dello storm
elettrico è simile a quella riportata in letteratu-
ra23-25. Da un’analisi retrospettiva in 262 pazienti
(226 uomini e 36 donne, età media 64 + 12 anni) sottoposti a impianto ICD dall’aprile 1989
al luglio 2004 (e quindi con un follow-up di almeno un anno, 34 pazienti (13%) hanno avuto fasi di riscaldamento aritmico, con interventi dell’ICD >3/giorno o >20/mese. Questi pazienti erano portatori quasi sempre di cardiomiopatia su base ischemica e l’ICD era stato applicato per prevenzione secondaria nell’80%.
Complessivamente sono stati rilevati 50 episodi di storm elettrico, sempre con ospedalizzazione del paziente. I fattori che determinavano
l’episodio erano un aggravamento dello scompenso cardiaco, ischemia miocardiaca acuta,
squilibri elettrolitici (ipopotassiemia o ipercalcemia); in circa la metà degli episodi non era
presente un preciso fattore scatenante.
I pazienti venivano trattati con lidocaina, mexiletina, amiodarone o betabloccanti ev e con la
correzione dei fattori precipitanti: dell’ischemia
con nitrati, eparina o rivascolarizzazione miocardica con PTCA o bypass aorto-coronarici26;
degli squilibri elettrolitici, emogasanalitici e
metabolici27; miglioramento del compenso di
circolo. Un ruolo importante veniva comunque
sempre tenuto dalla sedazione, con benzodiazepine per os o ev e, a volte, anche con sedazione profonda con morfina o propofol28.
Una volta ricoverati, i pazienti venivano trattati in modo difforme, con comportamenti clinico-assistenziali disomogenei, in relazione alle modalità di ricovero, ai tempi e al personale sanitario coinvolto in quel momento. Si è sentita quindi l’esigenza di elaborare un algoritmo
dedicato, utilizzando le competenze aritmologiche, cliniche ed infermieristiche presenti nella nostra Divisione.
L’algoritmo è stato elaborato in seguito a discussioni collegiali tra componente medica ed
infermieristica, tenendo conto delle varie necessità diagnostiche, terapeutiche ed assistenziali.
La versione finale dell’algoritmo è stata condivisa dall’intera équipe ed inserita tra i protocolli operativi della nostra Divisione Cardiologica
(Figura 1). Nell’ultimo anno è stato applicato in
5 pazienti ricoverati per storm aritmico. Dopo
l’esperienza di questo primo anno, l’algoritmo
è stato rivalutato dall’intera équipe, senza che
siano state apportate sostanziali modifiche.
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Figura 1 - Algoritmo comportamentale.
a
Discussione
La rilevanza dello storm elettrico in termini assistenziali, clinici e prognostici è quindi notevole, così come il vissuto del paziente durante lo storm è carico di angoscia, poiché a volte le scariche elettriche si ripetono mentre il
paziente è cosciente e vigile.
Chi ha assistito a un ricovero per questo evento
in terapia intensiva o in reparto, conosce la drammaticità del momento, che genera tensione nel paziente, nei familiari e nel team sanitario. Saper trattare e assistere correttamente un paziente nella fase di riscaldamento elettrico è un dovere etico,
prima che deontologico. L’infermiere può assistere
il paziente collaborando con il personale medico,
gestendo i rapporti con i familiari e stimolando
l’elaborazione di protocolli d’intervento.3
Le competenze infermieristiche si configurano nel:
• Saper assistere con professionalità, cioè riconoscere la peculiarità di questo evento, sa160
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pere che i defibrillatori impiantabili possono essere disabilitati temporaneamente applicando sopra di essi un magnete (rimuovendo il magnete l’unità si riattiva). Se l’arresto cardiaco che non viene risolto dall’ICD,
il paziente può essere rianimato senza rischi
per il soccorritore, che non avverte la scarica del defibrillatore impiantato.
Le piastre sul torace, per la defibrillazione
esterna, devono essere posizionate ad una
distanza di almeno 12-15 cm dalla protesi perché, anche se questa è fornita di circuiti di
protezione, la corrente dello shock può passare attraverso gli elettrodi e causare ustioni dove la punta del catetere è in contatto
con il miocardio, o danni ai circuiti dell’ICD.
È fondamentale avere una buona padronanza delle tecniche di rianimazione cardiopolmonare: le capacità teoriche e pratiche necessarie per effettuarla si deteriorano
con il tempo e vanno riviste periodicamen-
L. Plebani, E. Occhetta: Medico ed infermiere insieme nella gestione delle complicanze in aritmologia
te con simulazioni e corsi di BLS (Basic Life Support) e ALS (Advanced Life Support)29
• Saper gestire i familiari.
Durante lo storm elettrico, all’interno del
team, dovrebbe essere designato un membro per il sostegno dei familiari. Il paziente
portatore di ICD e il suo entourage familiare il più delle volte hanno già elaborato una
propria “filosofia di sopravvivenza”, maturata dopo eventi critici che li hanno già messi a confronto con la possibiltà della morte.
Bisogna tener conto delle aspettative dei familiari e saper gestire le loro reazioni emotive con esperienza e capacità.
Pur non essendo previsto nel nostro algoritmo diagnostico-assistenziale la componente “familiare”, anche a causa di limiti strutturali presenti (camere a più letti), è stato concordato che l’infermiera coinvolta nella gestione del paziente con storm aritmico deve
prestare particolare attenzione all’informazione, alla gestione emotiva dei familiari del
paziente, coinvolgendoli il più possibile.
Le preferenze del paziente e dei suoi familiari vanno tenute presenti, nella prospettiva di una medicina più aperta con una visione olistica dell’uomo ammalato. Anche se
vi sono ancora ostacoli non solo culturali ma
anche strutturali nelle Cardiologie italiane,
dobbiamo saper riconoscere, rispettare e incentivare il desiderio dei familiari di rimanere accanto al paziente durante il riscaldamento aritmico e, se richiesto, anche durante
le eventuali manovre di rianimazione.
• Stimolare elaborazione di protocolli clinico
assistenziali condivisi all’interno di ogni
unità operativa. L’esempio della gestione
del problema nella nostra equipe, con l’elaborazione di uno specifico algoritmo di comportamento nel paziente portatore di ICD, è
un esempio di gestione integrata delle competenze mediche ed infermieristiche.
• Promuovere nella Società Scientifiche di Cardiologia e nei Comitati Etici il dibattito sull’aspetto etico-assistenziale del paziente con
storm elettrico.
In questi pazienti è infatti fondamentale garantire una corretta assistenza e, in fase terminale, poter assicurare loro “una buona
morte”; non è sufficiente saper impiantare
protesi tecnologicamente all’avanguardia e,
attraverso queste, contribuire a migliorare la
loro qualità di vita: questo impegno potrebbe venire vanificato da una morte vissuta drammaticamente.
Conclusione
I quesiti da dibattere sono ancora molti: si può
spegnere il defibrillatore? Chi lo potrebbe fare
e con quali autorizzazioni? (Paziente- Comitato Etico- Medico Legale).
Il problema è senza dubbio di natura etica e
non dovrebbe essere lasciato alla soggettività/sensibilità del singolo operatore sanitario
e subito dall’uomo, portatore di defibrillatore
impiantabile, esposto alla possibilità di una
morte governata da interventi tecnici ma privata di umanità.
Un importante passo avanti è stato fatto recentemente con la pubblicazione delle ACC/AHA
2005 Guideline Update for the Diagnosis and
Management of Chronic Heart Failure in the
Adult a report of the American College of Cardiology/American Heart Association30.
Viene indicata in classe I livello di evidenza C
l’opportunità di informare il paziente e familiari e concordare con loro quando disattivare
il defibrillatore.
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The evolution of arrhythmologic technology introduced new therapeutic opportunities for cardiology patients. Competence, continuity of care,
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doctors and nurses allow a safe management of
short and long term complications. A typical example of a new arrhythmic complication is the
“electrical storm” or “arrhythmic warm up” in
patients implanted with a cardioverter-defibrillator (ICD). The definition and epidemiology of
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the electrical storm stress the relevance of this clinical situation; its dramatic emergency involves
several aspects of nursing care, clinical, prognostic, ethical and deontological. The definition
and implementation of an integrated protocol for
the treatment of this condition is described and
ethical and unresolved questions are rised. One
of these problems is the recommendation to offer the patient the opportunity to receive information about the option of inactivating the ICD.