L`AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO

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L`AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO
Chiusura indagine n.3
L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO:
le
caratteristiche
della
sua
attività,
le
responsabilità, le norme di carattere tributario e
previdenziale applicabili; quando è un privato e
quando è un professionista – la possibilità che
sia una società.
LE CONCLUSIONI DELL’INDAGINE:
Dopo aver raccolto il materiale che i lettori hanno
gentilmente inviato e sviluppato ulteriori ricerche in
proposito, possiamo chiudere la terza indagine, aperta il
16/12 su questo sito.
Il compito è quello di tracciare un identikit completo
della figura dell’amministratore di condominio, studiando
le caratteristiche della sua attività, le sue responsabilità,
le
norme
di
carattere
tributario
e
previdenziale
applicabili; quando è un privato e quando è un
professionista – la possibilità che sia una società ad
assumere l’incarico di amministrare un condominio.
QUALI ERANO LE DOMANDE:
Quando occorre aprire la partita Iva e che contabilità tenere?
Che tipo di reddito produce ?
Una società può assumere l’incarico di amministrare un condominio ?
Quali sono le
responsabilità ?
caratteristiche
principali
della
sua
attività
e
le
sue
Quali tasse e quali contributi previdenziali deve pagare ?
Con quali attività è incompatibile quella di amministratore condominiale ?
LE CONCLUSIONI
Domanda n.1:
Quando occorre aprire la partita Iva e che contabilità tenere?
Conclusioni:
per comprendere meglio qual è l’impostazione migliore da dare al problema,
partiamo da quest’emblematica massima della Cassazione – sentenza 21.04.99
n.5056:
“l'amministratore di condomini non è soggetto alle scritture contabili ed iva solo
quando, non esercitando altra professione, gestisca l'amministrazione di un
condominio senza mezzi organizzati; viceversa è soggetto agli obblighi fiscali
l'amministratore -anche non abituale- che esercita professionalmente un'altra
attività di lavoro autonomo.”
La massima è emblematica perché riassume in poche righe qual è il punto della
questione: la presenza o meno di mezzi organizzati ma, più in generale, con quale
livello di professionalità l’attività di amministrazioni condominiali venga espletata.
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Potremmo perciò affermare che quando l’attività di amministrazione viene effettuata
per più condomìni, con propri mezzi (computer, libri, personale impiegato, telefono,
fax, scanner, stampanti, autovettura ecc..ecc…) e da una propria sede (un ufficio
attrezzato) si è in presenza dell’esercizio professionale di quest’attività; cosa che
impone l’apertura della partita Iva e quanto ne consegue.
Non è necessaria l’apertura della partita Iva ma solo una variazione, quando viene
acquisito il mandato ad amministrare il primo condominio da parte di un
professionista che già svolge un’altra attività (avvocato, commercialista, geometra);
in questo caso, il professionista “aggiunge” un’attività soggetta alla tenuta delle
scritture contabili, ad un’attività preesistente e perciò sfrutta i registri già presenti
senza necessità di aprire ulteriori posizioni. Questo, sempre che nell’ordinamento
professionale dell’interessato sia prevista anche quest’attività tra quelle tipicamente
caratterizzanti la professione; nel caso dei Commercialisti questo è un dato
assodato, in quanto la legge professionale prevede l’attività di amministrazione di
enti e società (vedere anche in proposito l’art.28 della tariffa professionale). Qualora
invece l’amministrazione condominiale non sia inerente all’attività professionale,
come ad esempio per il medico, resta esclusa da Iva e non soggetta a tenere
scritture contabili – sempre che non ricada nei pre-requisiti di cui parlavamo prima,
ossia la professionalità, la presenza di una sede, di mezzi organizzati ecc..ecc,
perché allora occorre mettersi in regola ed aprire tutte le posizioni fiscali.
Non si deve aprire la partita Iva quando l’attività di amministratore di condominio è
svolta per un solo condominio (magari quello in cui si abita) da parte di soggetti che
esercitano un’attività di impresa o di lavoro dipendente e comunque NON DI
LAVORO AUTONOMO.
Potremmo riassumere questi concetti con questo schema:
SI apre la partita Iva o quanto meno SI è soggetto alle norme Iva e
quindi alla tenuta della contabilità ed alla relativa fatturazione dei
compensi percepiti dal Condominio, quando:
a) l’attività di amministratore viene svolta con professionalità (vedere
sentenza Cassazione 21.04.1999), quindi per più condomìni, con mezzi
organizzati ecc…
b) si aggiunge l’attività di amministratore ad una professione inerente, già
esercitata in precedenza; questo vale anche se si amministra solo il
condominio in cui si abita, purtroppo;
c) nei casi a) e b) occorre emettere la fattura con Iva al 20% e subire la
ritenuta d’acconto del 20%.
NON si apre la partita Iva e NON si deve tenere la contabilità, né
emettere fatture per i compensi incassati, quando:
d) si amministra un solo condominio, e non si esercitano altre attività di lavoro
autonomo;
e) si amministra un solo condominio e si esercita un’altra attività di lavoro
autonomo ma che non sia inerente all’amministrazione in questione;
f) nei casi d) ed e) non si deve emettere la fattura quando s’incassano i
compensi e si è assoggettati agli obblighi previsti dalla circolare 105 del
12.12.2001 per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Il tipo di contabilità da tenere è quella prevista per l’attività di lavoro autonomo:
regime supersemplificato = in presenza di tutte le condizioni previste per accedervi
(v.legge 662/96), è possibile tenere il solo prospetto semplificato in cui effettuare le
annotazioni attive e passive, evidenziando l’Iva dovuta;
regime semplificato = registro Iva acquisti, registro Iva fatture emesse, registro
incassi e pagamenti (in alternativa a questo si possono annotare gli incassi e i
pagamenti sui registri Iva);
regime ordinario = se si opta per il regime ordinario occorre tenere, oltre ai registri
Iva di cui al regime semplificato, il libro cronologico e quello dei beni ammortizzabili.
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Domanda n.2:
Che tipo di reddito produce?
Conclusioni:
La risposta a questa domanda è conseguente alle risposte fornite in precedenza; se
l’attività di amministratore viene svolta con professionalità (sentenza Cassazione
21.04.1999) o quando l’attività viene svolta aggiungendosi a quella di una
professione “inerente”, il reddito prodotto è di lavoro autonomo (art.53 d.p.r. 917/86).
Altrimenti, per regola generale i proventi derivanti dagli uffici di amministratore di
condominio danno luogo a reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.
Il che significa dover seguire le impostazioni di cui all’art.50 del d.p.r. 917/86.
Domanda n.3:
Una società può assumere l’incarico di amministrare un condominio?
Conclusioni:
la questione è certamente complessa e si può impostare in questo modo:
tutto dipende dalla possibilità di concepire il mandato ad amministrare il condominio
previsto dall’art.130 del Codice Civile, come un mandato esclusivamente personale
oppure no. A mio parere, l’amministrazione di un condominio è un tipo di attività che
consente il mandato esclusivamente ad una persona fisica od al più ad
un’associazione professionale tra persone fisiche (ed attraverso di essa comunque
ad un singolo).
Analizzando le norme del codice civile, ed in particolare quelle sulla rappresentanza
del Condominio e sulla responsabilità dell’amministratore (art.1131), si può
concludere che pare impossibile attribuire un incarico di questo tipo ad una società
commerciale (di capitali o di persone), perché queste hanno un ordinamento che
non prevede la “personalizzazione” delle loro prestazioni. In sostanza, lo schermo
societario rappresentato dall’autonomia patrimoniale quando non dalla vera e
propria personalità giuridica della società (spa – srl) non consentirebbe di
individuare e colpire facilmente la persona che ha compiuto delle irregolarità
nell’incarico di amministrare il condominio. Occorrerebbe spersonalizzare
completamente il mandato ad amministrare, quando invece il codice civile opera una
precisa configurazione in questo senso.
E’ invece possibile attribuire l’incarico ad uno studio associato e tramite esso ad un
professionista che ne faccia parte, perché questo tipo di organizzazione consente
sempre un mandato ad personam, ossia al singolo professionista, anche se i
compensi saranno fatturati come studio associato.
Domanda n.4:
Quali sono le caratteristiche principali della sua attività e le sue responsabilità?
Conclusioni:
basta scorrere gli articoli del Codice Civile dal 1130 in poi, per comprendere come
l’amministratore sia un organo esecutivo di un ente organizzato e come tale deve
rispondere all’assemblea dei condomini.
Ecco i compiti dell'amministratore:
1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei i condomini e curare l'osservanza
del regolamento di condominio;
2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse
comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;
3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione
ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;
4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.
Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.
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Ecco un piccolo approfondimento sul rendiconto:
l'amministratore alla fine di ciascun anno deve rendere il conto della sua gestione da
sottoporre all'approvazione dell'assemblea condominiale. Tale compito può essere
assolto senza speciali forme; può essere sufficiente che esso, anche non redatto in
forma dettagliatamente contabile, contenga gli elementi essenziali occorrenti per
rendere comprensibili ai singoli condomini le modalità di impiego dei fondi anticipati
dai medesimi per la gestione del condominio, con evidenziazione delle spese,
suddivise per categorie e ripartite tra i condomini in proporzione delle rispettive
quote.
Domanda n.5:
Quali tasse e quali contributi previdenziali deve pagare?
Conclusioni:
le tasse ed i contributi previdenziali da pagare, da parte dell’amministratore di
condominio, sono conseguenti all’inquadramento che possiamo dare alla sua attività
nell’ambito delle norme fiscali.
Ad esempio, se l’amministratore non è un professionista e quindi non è tenuto ad
aprire la partita Iva, dovrà pagare solo l’Irpef (o Ire) e non l’Irap; quanto ai contributi
previdenziali, egli sarà assoggettato a quelli previsti per la gestione separata
costituita presso l’Inps e quindi il 18% del reddito, di cui un terzo a carico
dell’amministratore (6%) ed i restanti due terzi a carico del Condominio.
Se invece l’amministratore – pur non essendo soggetto all’Iva – è già iscritto ad
un’altra forma di previdenza obbligatoria, si verserà solo il 10%, sempre ripartiti nelle
stesse proporzioni tra Condominio ed amministratore.
Quando l’attività di amministratore è soggetta all’Iva in quanto “assorbita” in una
professione “inerente”, come nel caso del Commercialista, si deve versare solo la
previdenza prevista per la Cassa professionale di appartenenza.
Domanda n.6:
Con quali attività è incompatibile quella di amministratore condominiale?
Conclusioni:
con nessuna, nemmeno con quella di mediatore se l’amministrazione condominiale
non è esercitata con “professionalità” (v. sentenza Cassazione 21.04.1999).
Data 2 gennaio 2006
Roberto Mazzanti ([email protected])
Ragioniere Commercialista
Tel.0533-381252 – Fax 0533-382296
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