alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell

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alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell
B.
Callegher:OSSERVAZIONI SULLA PRESENZA MONETARIA
ALCUNE
Alcune osservazioni sulla presenza monetaria
NELL’AREA
EST DI
ROVIGO
NEL TERRITORIO DI ADRIA
nell’area a est diARovigo
e nel
territorio E
di Adria
di Bruno Callegher (*)
Ritrovamenti archeologici nelle campagne poste tra Rovigo, Adria
e il mare sono stati segnalati fin dal Settecento soprattutto per
Gavello e San Basilio di Ariano Polesine1 . Fu però nel corso degli
anni Sessanta-Settanta del Novecento che alcuni studiosi aderenti al CPSSAE di Rovigo intensificarono le loro ricerche
archeologiche, consapevoli che l’introduzione di nuovi mezzi
nell’aratura avrebbe sconvolto il terreno a una profondità di qualche
metro, provocando di conseguenza l’affioramento e la possibile
perdita di una significativa documentazione archeologica e storica
riguardante la parte orientale del Polesine 2 . Per rendersi conto di
quanto costoro fossero consapevoli del rischio a cui sarebbe andato incontro un patrimonio sostanzialmente sconosciuto, basterebbe una rapida ricognizione nell’Archivio della Soprintendenza
Archeologica di Padova dove si conservano numerose lettere con
segnalazioni di affioramenti e recuperi, spesso corredate da informazioni dettagliate sulla località, le circostanze del ritrovamento e
in qualche caso accompagnate da una descrizione puntuale dei
reperti. Tra i più recenti contributi mi piace ricordare un breve studio di topografia antica nel quale, partendo da quanto rilevato nel
corso di un survey, si arrivò ad ipotizzare l’esistenza di un importante tracciato viario collegato ad una probabile centuriazione incentrata proprio nell’area del comune di Villadose 3 . A questi interventi, che potremmo definire quasi pionieristici, negli anni recenti
fece seguito un notevole impulso alla ricerca, alla tutela e alla
sensibilizzazione dato dal Gruppo Archeologico di Villadose4 . Dopo
un’ iniziale fase di messa a punto del metodo e dell’organizzazione, i membri di questa associazione hanno controllato in modo
sistematico un territorio di circa 120 Kmq, quasi sempre escludendo la raccolta selettiva di quanto portato in superficie. Va inoltre
ricordato come si siano avvalsi del metaldetector5 , strumento che,
impiegato in modo corretto, si è rivelato quanto mai utile perché
senza il suo utilizzo non sarebbero state individuate e raccolte circa 1500 monete, una quantità davvero notevole e, per quanto a me
noto, la più consistente in termini quantitativi da un’area centuriata.
Per la parte numismatica, il presente contributo è stato anticipato
da un primo studio su un gruppo di 291 esemplari, in pratica sulle
monete disponibili al 19916 . Nonostante il notevole aumento della
documentazione, i problemi posti dalle monete non recuperate in
scavi archeologici restano invariati. Una identificazione sicura dei
singoli pezzi permette senz’altro un incremento dei dati quantitativi
riguardanti un periodo, un’autorità emittente o anche una serie, ma
appare quanto mai arduo trasferire gli stessi a ricerche più specialistiche riguardanti, ad esempio, l’arrivo della moneta in una certa area, il volume della circolazione monetaria di un certo sito in
rapporto al volume di un’intera area.
In questo la difficoltà maggiore deriva dal fatto che fino ad ora,
129
(*) Conservatore Musei Civici - Museo Bottacin,
Padova.
1 Per una ricostruzione, sia pur sintetica, dei
rinvenimenti di monete nell’area indicata si vedano le pagine introduttive in B. CALLEGHER,
Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto, VII/2, Provincia di Rovigo: Adria, Padova
2000, di seguito citato come RMRVe, VII/2.
2 Questa associazione ha spesso dato conto
della ricerca archeologica attraverso la rivista
“Padusa”, ove sono comparsi studi e contributi
riguardanti l’area polesana.
3 R. PERETTO, Una via romana a Villadose,
“Padusa”, IV (1968), pp. 19-21.
4 All’attività di questa Associazione di volontari,
che opera in stretta collaborazione con la Soprintendenza Archeologica del Veneto, si è fatto cenno nell’ introduzione a RMRVe, VII/2. Con
riconoscenza, ringrazio qui per la fattiva collaborazione la dr.ssa Simonetta Bonomi (Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Adria),
il dr. Enrico Maragno, il dr. Sandro Grigato e il
sig. Grappeggia. Tra i vari lavori a stampa curati dal Gruppo Archeologico di Villadose ricordo La centuriazione dell’agro di Adria, a cura
di E. Maragno, Stanghella (Padova) 1993, in
seguito citato come Centuriazione 1993; La ricerca archeologica di superficie in area
Padana, a cura di E. Maragno, Stanghella (Padova) 1996.
5 Per le questioni derivanti dall’uso di questo
strumento in scavo cfr. M. BLACKBURN, SingleFinds as a mesure of monetary activity in the
early Middle Ages, “Coins and Archaeology”,
MARG, BAR Inter. Ser. 566, Oxford 1989, pp.
15-24; S. SORDA, A proposito dell’uso del
rilevatore di metalli nel recupero di oggetti
archeologici, “Annali dell’ Istituto Italiano di
Numismatica”, XXXVII (1990), pp. 345-346.
6 B. CALLEGHER, I reperti numismatici dell’agro centuriato adriese, in Centuriazione 1993,
pp. 218-231.
130
alla raccolta di superficie non è stato possibile far seguire delle
campagne di scavo almeno in un gruppo di località-campione in
modo tale da poter accertare la natura di un insediamento e
procedere al recupero delle varie testimonianze archeologiche.
Infatti, anche per questo e sulla base dei soli reperti raccolti nel
corso del survey, non si è in grado di stabilire se le monete
fossero state perdute in un insediamento rurale, depositate in
una necropoli (monete per i defunti 7 ) o in una stipe8 , oppure se
avessero fatto parte di qualche gruzzolo disperso nel terreno.
In assenza di queste informazioni essenziali appare quanto mai
arduo stabilire il momento di arrivo della moneta oppure la funzione avuta dal circolante in un particolare sito e più in generale
in tutta l’area. Tuttavia, procedendo ad un esame dettagliato delle
1208 monete su un totale di circa 1500 esemplari fino ad ora
raccolti 9 , si possono formulare alcune ipotesi sulla composizione del circolante in ambito polesano e sulla frequentazione,
l’abbandono o il reinsediamento in alcune località10 .
Mi sembra interessante iniziare la presentazione dei dati
numismatici di quest’area del Polesine Orientale partendo dalla
presenza di alcuni frammenti di bronzo, noti come aes rude,
ottenuti spezzando delle verghe di quel metallo. Il loro andamento
ponderale, però, è alquanto irregolare e ad un primo esame non
sembrano collocabili in un sistema metrologico ben definito. Infatti il loro peso, che varia da un massimo di gr 96,232 a un
minimo di gr 11,5, non è collegabile a un’unità ponderale con
una scala di multipli e sottomultipli11 . Un’ analoga oscillazione
nel peso è stata riscontrata negli esemplari conservati al Museo
Archeologico Nazionale di Adria (da gr 175,60 fino a gr 18,5),
parte dei quali rinvenuti nei corredi tombali di alcune sepolture
probabilmente femminili, datate tra il V e il III secolo a.C. 12 . Non
è ancora del tutto chiara la funzione dell’aes rude, ma è stata
avanzata l’ipotesi che si tratti di metallo impiegato come “obolo
di Caronte” nelle sepolture. Poiché siamo in presenza di materiale da superficie e di ritrovamenti sporadici in siti che, per quanto riguarda la documentazione numismatica, hanno restituito solo
aes rude, non si può però escludere che questi stessi pezzi
siano semplicemente dei frammenti di metallo, spezzati in qualche circostanza non necessariamente riconducibile a una qualche necessità di carattere monetario. In proposito solo ulteriori
dati raccolti nel corso di un’indagine archeologica potrebbero
permettere di chiarire la natura e la funzione di queste probabili
forme premonetali13 . Una volta ottenuta questa sicurezza grazie a reperti diversi dall’ aes, il sito potrebbe essere interpretato
come un luogo di sepolture da collocare in un orizzonte cronologico antecedente il II sec. a.C., se non addirittura il III sec. a.C.,
con tutte le conseguenti implicazioni per quanto riguarda l’inizio
degli insediamenti in questa parte del Polesine e soprattutto raf-
7 E’ invalsa l’abitudine di definire le monete presenti nelle tombe come “oboli di Caronte”. Gli
studiosi, tuttavia, non sono unanimi nell’accettare una simile definizione. Alcuni ritengono che
il deposito di una moneta o più monete presso il
defunto possa trovare spiegazione in usi e
tradizioni funerarie non strettamente riferibili alla
credenza di dover onorare lo scambio per il
passaggio dalla vita alla morte. In altri termini,
resterebbe da chiarire se la/le moneta/e avessero una funzione di scambio, sia pur simbolico
o rituale, oppure se rappresentassero una sorta di status, ovvero un segno di riconoscimento
o di appartenenza ad un certo gruppo sociale.
Su questo si vedano i vari saggi raccolti in
Caronte. Un obolo per l’aldilà, “ La parola del
passato”, L (1995).
8 Sulle monete presenti in stipi votive cfr. G.
GORINI, L’offerta di monete nei santuari: il caso
di Este, in Culti pagani nell’Italia Settentrionale, a cura di A. Mastrocinque, Trento 1994, pp.
69-83.
9 Per le restanti 300 monete circa, non si è
potuto procedere all’identificazione in quanto
recuperate nel corso del survey 1999-2000. Lo
studio sarà comunque condotto non appena
possibile.
10 I problemi connessi alla valenza documentaria del singolo rinvenimento sono stati affrontati in M. CRAWFORD, Numismatica, in Le basi
documentarie della storia antica, Bologna 1984,
pp. 185-233, in particolare pp. 187-207.
11 G. GORINI, Aspetti monetali: emissione, circolazione e tesaurizzazione, in Il Veneto nell’età romana, I, Verona 1987, pp. 227-293, in
particolare pp. 233-234 dove viene avanzata
l’ipotesi di un possibile legame con il sistema
della litra italica. Su questo stesso argomento
si veda anche G. GORINI, La circolazione
monetale atestina in età preromana e romana,
in Este Antica, a cura di G. Tosi, Este 1992, pp.
205-239; G. BERGONZI, P. PIANAAGOSTINETTI,
L’ “obolo di Caronte” “Aes rude” e monete nelle tombe: la Pianura Padana tra mondo classico e ambito transalpino nella seconda età del
ferro, “Scienze dell’Antichità. Storia Archeologia Antropologia”, 1, (1987), pp. 161-223.
12 Cfr. RMRVe, VII/2, in particolare le sezioni
dedicate alla località Adria-Cà Cima e alle monete conservate nel Museo Archeologico di Adria
e provenienti da scavi urbani.
13 N. PARISE, ‘Segni premonetari ‘ ed obolo di
Caronte, in Caronte. Un obolo per l’aldilà, cit.,
pp. 178-184.
B. Callegher:
Alcune osservazioni sulla presenza monetaria
nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria
forzare l’ipotesi di una probabile funzione premonetale di questi
pezzi di bronzo.
Le monete vere e proprie di più antica emissione presenti nel
territorio sono le dracme venetiche di imitazione massaliota. Come
noto si tratta di emissioni tipiche dell’area nord orientale dell’Italia,
datate tra la fine del III sec. a.C. e il II sec. a. C. 14 con al dritto la
testa di una divinità (forse la dea Reitia) e al rovescio un leone
stilizzato sopra il quale compare la legenda MASSA, imitativa del
prototipo della zecca di Massalia. I sette esemplari recuperati rispettivamente nei siti di Ceregnano (Località Rami/V15) e Villadose
(Fenile del Lago/A85; Località Casonetto/V14; Località Cagna/V23
e Località Cà Motte/A9 con ben 3 pezzi) appartengono ai tipi
PAUTASSO 8D e 8E. Una dracma di difficile lettura per il pessimo
stato di conservazione, individuata a Ceregnano (Località Campagna Grande/V67) potrebbe essere un’emissione del tipo PAUTASSO
3. Queste presenze confermano la distribuzione della dracma d’imitazione massaliota anche lungo l’ultimo tratto del fiume Po e trovano un riscontro nella documentazione emersa nell’indagine sui
materiali della Collezione Bocchi, di alcune collezioni private adriesi
e da quanto conservato presso i depositi del Museo Archeologico
Nazionale di Adria15 . I dati più interessanti riguardano la dislocazione
dei rinvenimenti e la lega delle monete. Infatti, pur in assenza di un
riscontro archeologico oggettivo, si può ipotizzare che le dracme
venetiche provengano da insediamenti rurali oppure, ma con minor sicurezza, da qualche stipe votiva. In sostanza saremmo in
presenza di monete perdute accidentalmente nel corso di qualche
scambio, fatto che farebbe pensare ad una loro sia pur limitata
circolazione. Tale circostanza consentirebbe di avvalorare l’ipotesi
che questo numerario sia stato impiegato anche con la funzione di
strumento di scambio con un valore simile a quello di alcuni nominali romani repubblicani. In particolare le monete dei Veneti sarebbero state accettate dapprima con un valore pari a quello del vittoriato
ed in seguito avrebbero avuto la quotazione del quinario. La modifica della loro quotazione troverebbe una conferma proprio nella
composizione della lega della dracma. Per la verità non sono state
condotte analisi metallurgiche sull’effettiva quantità d’argento contenuta nelle dracme di questo territorio e neppure in altri simili esemplari. Tuttavia una sia pur sommaria osservazione proprio su almeno tre di questi tondelli permette di constatare un progressivo
deterioramento della lega d’argento per giungere, almeno in due
casi, a coniazioni effettuate su tondelli ottenuti con una mistura in
cui prevale il bronzo. Attraverso la modifica del contenuto d’argento, nel corso del II sec. a.C. si sarebbe quindi verificato un progressivo adattamento della moneta venetica a quella romana. In un primo momento la quantità d’argento presente nella lega della dracma
sarebbe stata in linea con quella del vittoriato. Verso la fine del II
secolo sarebbe intervenuta una modifica nel rapporto tra moneta
romana e venetica. Una nuova diminuzione della quantità d’argento
131
14 Su queste emissioni cfr. G. GORINI, La moneta, in Padova preromana, Padova 1976, pp.
42-43; G. GORINI Le monete di tipo venetico,
“Archeologia Veneta”, I (1978), pp. 69-77; G.
GORINI., in Keltische Numismatik und
Archaeologie, BAR, Inter, Ser., 200 (1984), pp.
69-87; A. SACCOCCI, Alcune considerazioni
sulle monete di tipo venetico, in Numismatica
e archeologia del Celtismo padano, Atti del
Convegno, Saint Vincent-Aosta 1989, a cura di
G. Gorini, Aosta 1994, pp. 107-115. Una
bibliografia aggiornata su questo argomento è
stata proposta negli Atti dell’incontro di studio:
La monetazione preromana dell’Italia Settentrionale. Approvvigionamento del metallo,
coniazione, circolazione, Bordighera 16-17
settembre 1994, “Rivista di Studi Liguri”, LXI
(1995), pp. 347-362.
15 Cfr. Indici del volume RMRVe, VII/2.
132
nella lega di quest’ultima avrebbe cambiato la precedente quotazione avvicinandola forse a quella del quinario per cui le ultime dracme
avrebbero potuto circolare proprio con quest’ultimo valore.
Al di là di queste osservazioni che richiederebbero un approfondimento monografico, va rilevato come nel corso del survey sia
stato recuperato anche un certo numero di monete d’argento romane repubblicane, la cui data di emissione si situa nello stesso
periodo cronologico della dracma, ossia tra la fine del II sec. a.C. e
il primo ventennio del I sec. a.C. Ricordo, ad esempio, un vittoriato
post 211 da Villadose proprio dalla Località Cà Motte/A9 dalla quale
provengono tre dracme venetiche. Da altri siti si conoscono un
denario di Q. METE del 130 a.C., denari serrati di L. SCIP ASIAG.
del 106 a.C. e di M. MAMIL LIMETANVS C.F dell’82 e numerosi
quinari tra cui uno di Q. TITI del 90 a.C., ben tre di M. CATO dell’89
a.C. e uno di CN. LENTVL dell’88 a.C.
Un ragguardevole numero di assi caratterizza l’epoca repubblicana. Essi provengono da almeno 65 siti diversi. Gli esemplari più
antichi sono quelli coniati a partire dall’inizio del II secolo (MA, 199170 a.C.); seguono le emissioni del 169-158 (AT o TA, BAL, C.
SAX, P. BLAS, PVR) e quella di M.BAEBI Q. F TAMPIL del 137 a.C.
16
. Per numerosi altri pezzi, per i quali a motivo del pessimo stato
di conservazione o per l’usura non è stato possibile procedere ad
una puntuale collocazione cronologica, l’andamento ponderale suggerisce una datazione alla metà del II sec. a.C. Questa prima parte
della documentazione numismatica dell’area centuriata, come del
resto è stato rilevato nel caso dell’ aes rude, trova un confronto con
le monete coeve del medagliere del Museo Archeologico Nazionale di Adria dove si conserva un numero consistente di assi repubblicani, quasi sempre in pessimo stato di conservazione oppure
molto usurati, senz’altro raccolti nel territorio urbano e comunque
in ambito adriese nel corso del Novecento 17 .
Dal punto di vista della distribuzione, così come si potrà desumere dalla Tabella, vi sono ben 15 località che hanno restituito solo
moneta di II o I sec. a.C. Poiché una moneta può essere perduta
anche molto tempo dopo l’epoca della sua coniazione, è molto rischioso giungere a delle conclusioni su un eventuale rapporto tra
l’epoca di arrivo della moneta in queste località e l’inizio di una eventuale fase insediativa databile al pieno II sec. a.C. Tuttavia è possibile ipotizzare che in alcuni di questi siti si facesse ricorso alla moneta per gli scambi al più basso livello almeno all’ inizio del I sec.
a.C. se non proprio alla fine del II sec. a. C. Del resto in ben altri 52
luoghi di questa stessa zona la documentazione numismatica inizia proprio con assi oppure con denari o quinari repubblicani. Il
loro numero appare percentualmente così rilevante da non poter
essere ritenuto casuale.
Sempre restando nel I sec. a. C., sono qui documentate anche le
emissioni dei triumviri. In proposito ricordo un denario di C. VIBIVS
C. F C. N PANSA del 48 a.C., un quinario di C. CONSIDIVS PAETVS,
16 Nell’impossibilità di fornire in questa sede il
catalogo dettagliato, sito per sito, per questi e
per tutti gli altri nominali citati all’interno di questo contributo si rinvia al volume RMRVe, VII/2
nel quale, attraverso gli indici, per ciascuna
moneta sarà possibile risalire alla località di rinvenimento.
17 Per queste informazioni si consultino gli indici di RMRVe, VII/2.
B. Callegher:
Alcune osservazioni sulla presenza monetaria
nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria
del 46 a.C. e un denario di M. ANT. IMP. AVG IIIVIR R.P. C .
Di particolare rilevanza le monete in bronzo del tipo Divos Iulius
coniate verso il 38 a.C. (da cinque località diverse) e un’imitazione
dello stesso tipo che starebbe ad indicare l’affermarsi della domanda di nominali bronzei per effettuare dei pagamenti di piccola entità18 a partire forse già dalla metà del I sec. a. C.
Dal punto di vista quantitativo l’insieme delle monete precedenti
la riforma di Augusto, ossia le romane repubblicane, le imitazioni
massaliote e il piccolo bronzo greco della zecca Corcyra, datato
tra il 229 e il 48 a.C. e rinvenuto a San Martino di Venezze, Località
Feniletti/A56 19 , ammonta a 203 esemplari (17% su un totale di
1208: cfr. Tav.I). Il numero appare senz’altro cospicuo ed è in linea
con la documentazione della vicina Adria e di altre località della
Venetia, in particolare con Altino20 . A partire da questo campione
mi sembrano possibili alcune osservazioni. Prima di tutto si tenga
presente che queste monete coprono un periodo di circa due secoli e che accanto ai bronzi vi sono anche denari e quinari. La loro
conservazione, inoltre, è talvolta buona mentre nella maggioranza
dei casi prevale un’usura quasi completa del tondello derivante proprio dalla prolungata circolazione. E’ molto difficile stabilire la funzione dei vari siti di provenienza, ma tenderei ad escludere che
questi esemplari provengano in maggioranza da aree di necropoli
anche perché in genere si tratta di monete con modesto valore, in
qualche caso anche semissi o imitazioni degli stessi21 , oppure di
assi consunti perché rimasti a lungo sul mercato e quindi perduti
nel corso degli scambi quotidiani, tutti elementi che porterebbero
ad escludere il deposito funerario della moneta. Come accennato
e considerata la natura dei materiali che qui si illustrano, non si
dovrebbe stabilire una relazione tra la funzione di un sito e il periodo di arrivo della moneta. Tuttavia il numero di esemplari romani
repubblicani è così rilevante, da poter avanzare con tutta la prudenza del caso l’ipotesi che almeno una parte di moneta repubblicana sia finita nel terreno in modo accidentale tra la fine del II sec.
a.C. e l’inizio del I sec. a.C. In tal caso si potrebbe stabilire una
relazione cronologica tra l’arrivo/perdita della moneta con l’epoca
di un’intensa antropizzazione dell’agro adriese forse precedente
la distribuzione di terre nella seconda parte del secolo. Ma, come
anticipato, questa è per ora solo un’ipotesi da verificare quando
sarà possibile un confronto tra i dati numismatici con le altre classi
di reperti.
Per il periodo successivo, che va dalla riforma di Augusto fino a
Domiziano, la documentazione raccolta è ancor più consistente:
353 monete pari al 29% del totale (cfr. Tav.I); i 353 esemplari si
concentrano in due diversi periodi: i regni di Augusto-Tiberio e di
Vespasiano-Domiziano.
I primi due imperatori sono presenti soprattutto con assi dei IIIviri
monetales (C. Asinius Gallus, L. Naevius Surdinus, M. Maecilius
Tullus, M. Salvius Otho, P. Lurius Agrippa), con quadranti dei IIIIviri
133
18 Per altri dati cfr. i volumi della serie RMRVe,
a cura di G. Gorini, Padova 1992.
19 La presenza di numerario greco nella
Venetia non è oggi un dato particolarmente
eclatante. Per la problematica riguardante l’arrivo e la funzione di queste monete si vedano G.
GORINI, Sulla circolazione di monete greche
nell’Italia Settentrionale”, “Numismatica e Antichità Classiche. Quaderni Ticinesi”, II (1973),
pp. 15-27; G. GORINI, La circolazione in ambiente adriatico, in La monetazione dell’età
dionigiana, Atti dell’VIII Convegno del Centro
Internazionale di Studi Numismatici, Napoli 29
maggio-1 giugno 1983, Roma 1993, pp. 277311; G. GORINI, La presenza greca in Italia
Settentrionale:
la
documentazione
numismatica, in Griecos en Occidente, Siviglia
1992, pp. 91-114; G. GORINI, La penetrazione
della moneta greca in Italia Settentrionale, in
Forme di contatto tra moneta locale e moneta
straniera nel mondo antico, a cura di G. Gorini,
Padova 1998, pp. 71-80 con bibliografia precedente sull’argomento; G. GORINI, Aspetti della
presenza di moneta greca in Adriatico, in La
Dalmazia e l’altra sponda. Problemi di
archaiologhìa adriatica, a cura di L. Braccesi e
S. Graciotti, Firenze 1999, pp. 165-1273. Altre
segnalazioni nei nove volumi della collana
RMRVe, a cura di G. Gorini, Padova 1992 - .
20 Cfr. M. ASOLATI, C. CRISAFULLI,
Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto, VI/1, Provincia di Venezia: Altino I, Padova
1999.
21 Ci si riferisce a quattro imitazioni del semisse
ufficiale provenienti rispettivamente da una
collezione privata, da Villadose, Località Cà
Motte/A9, Località Taglietto/A16 e Località
Casonetto/V14. Per queste particolari emissioni cfr. M. CRAWFORD, Unofficial imitations and
small change under the Roman Republic, “Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica”, 29 (1982),
pp. 139-164. Gli esemplari qui ricordati si avvicinano a quelli proposti nella tavola II. Possibile
anche un confronto con l’esemplare della tavola XI, n. 32 riferito alla Discussione di L.
Villaronga in merito al contributo di Crawford
per la quale si rinvia alle pp. 217-228 dello stesso numero degli “Annali dell’Istituto Italiano di
Numismatica”. Qualora quest’ultimo confronto
dovesse essere valido, il semisse di Ceregnano,
Località Rami, potrebbe essere stato coniato in
ambito spagnolo, forse in Andalusia, per giungere nell’Adriese al seguito di qualche legionario ed essere immesso nella circolazione, come
spiegato supra.
134
monetales (Apronius, Galus, Messala, Sisenna, P. Betilienus
Bassus, Silius, Pulcher, Taurus, Regulus) e con i tipi del Divus
Augustus Pater.
In quest’epoca, inoltre, avrebbero potuto circolare anche le monete emesse in zecche periferiche sia di ambito greco, sia in Africa del Nord, sia in Spagna, databili tra le seconda metà del I sec.
a.C. e il 37. Infatti dalla Corinthia proviene un bronzo emesso dai
IIviri C. Heius Pam Q Caecil Niger (Ceregnano, Località Marcona);
dalla Caria, zecca di Cos, un bronzo del magistrato Nikias
(Villadose, Località Cà Motte); dalla zecca di Utica, Zeugitana, regione del nord Africa, una moneta in bronzo dei magistrati Vibius
Marsus Procos, Drusus Caesar Q, T.G. Rufus Pr (Ceregnano,
Località Lama) e dalla Spagna Tarraconese un bronzo, peraltro
spezzato a metà, emesso dal magistrato M. Fulvius C. Otacilius
pe quin (Gavello, Località Fenile Are). Sono inoltre documentati
denari di Augusto emessi rispettivamente a Samo (Villadose, Località Taglietto/A10) e nella zecca di Colonia Patricia (Adria, esemplare dal territorio). Questa presenza di numerario da zecche non
italiche non è un dato nuovo per la Venetia22 . Lo stesso trova una
spiegazione non tanto in contatti commerciali con le rispettive aree
di emissione, quanto piuttosto con il fatto che queste monete, giunte al seguito di qualche legionario, ad un certo momento furono
immesse sul mercato con funzione sussidiaria forse proprio sotto
la spinta della penuria di moneta divisionale. Una simile esigenza
spiegherebbe anche la pratica del frazionamento, in genere a metà,
degli assi repubblicani che in seguito alla riforma di Augusto, a motivo
del loro peso superiore a quello standard del nuovo asse augusteo,
assunsero probabilmente il valore di un dupondio. Il bisogno di
moneta spicciola in molti casi portò a spezzare a metà i vecchi
nominali ottenendo così due pezzi del valore di due nuovi assi.
Tra la fine del I sec. a.C e l’inizio del I sec. il circolante dell’area
adriese si presenta, dunque, piuttosto composito23 . Infatti, come
già accennato, accanto alle nuove emissioni di Roma (soprattutto
assi ma anche qualche quadrante) restano in circolazione i vecchi
assi repubblicani in alcuni casi rivalutati come dupondi, i bronzi del
Divos Iulius e vengono messe in circolazione anche alcune monete di zecche periferiche. In tutti i casi si è in presenza di valori modesti che, perduti accidentalmente, starebbero ad indicare un largo impiego della moneta negli scambi e di conseguenza l’avvio di
una fase economica nella quale la moneta era in grado di coprire
ogni forma di pagamento. L’apporto di moneta resta piuttosto sostenuto anche nel corso del regno di Tiberio, qui attestata soprattutto dai tipi del Divus Augustus Pater la cui presenza, però, pone
alcuni interrogativi. Questi bronzi, infatti, sembrano essere fra i più
usati come “moneta dei defunti/obolo di Caronte” nelle necropoli di
I secolo della X Regio24 .
Il fatto che varie decine di questo nominale siano state trovate in
molti siti suggerisce di prendere almeno in considerazione l’ipotesi
22 Si vedano, in proposito, i contributi di G.
Gorini citati alla nota 11 e gli indici dei volumi
della serie RMRVe.
23 Per i dati della X Regio si veda la sintesi
proposta in G. GORINI, Aspetti monetali: emissione, cit.
24 Cfr. G. GORINI, La documentazione del Veneto per una <<numismatica della morte>>, in
Trouvailles monétaires de tombes, “Etudes de
Numismatique et d’Histoire Monétaire”, 2,
Losanna 1999, pp. 71-82.
B. Callegher:
Alcune osservazioni sulla presenza monetaria
nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria
che un certo numero di località vadano interpretate come aree di
necropoli piuttosto che come insediamenti rurali, oppure che accanto ad eventuali abitazioni vi fossero delle zone destinate a
sepolture.
Ad ogni modo il flusso monetario si mantenne sostenuto anche
nella seconda metà del I secolo, grazie soprattutto ad un notevole
apporto di moneta bronzea di Vespasiano e ancor di più di
Domiziano. Nello stesso tempo si verificò forse un cambiamento
nella composizione del circolante, fino ad allora in gran parte costituito da assi e rari dupondi e sesterzi. Con Vespasiano e soprattutto con Domiziano aumenta il numero dapprima dei dupondi e
poi quello dei sesterzi. E’ probabile che tale incremento complessivo sia da collegarsi con l’inizio della caduta del valore della moneta bronzea, fenomeno ben noto per il II secolo, ma non si può
escludere che qualche segnale si sia verificato fin dalla fine del I
secolo, se non altro come tendenza destinata a manifestarsi
compiutamente nel periodo degli Antonini e che sia qui leggibile
attraverso una cospicua documentazione, quasi di sicuro formatasi grazie alla perdita accidentale di moneta proprio nel corso di
scambi praticati con una certa frequenza in un territorio ampiamente antropizzato.
Per quanto riguarda la distribuzione areale, si osserva che in un
certo numero di siti la moneta inizia a comparire solo nel corso del
I secolo mentre in altri è presente solo con monete di Augusto o di
Tiberio oppure di Vespasiano o Domiziano. In altri termini, proprio
confrontando simili discontinuità, non è escluso che alcune aree o
fondi agrari siano stati frequentati per un periodo relativamente
breve per essere poi abbandonati per altri insediamenti anche questi però destinati a durare non più di qualche decennio e comunque
a interrompersi tra la fine del I e l’inizio del II secolo. Simili
spostamenti possano essere documentati proprio dalla presenza
o dall’assenza di documentazione numismatica, da interpretare
comunque con la cautela a cui si è già fatto più volte cenno.
Nel corso del II secolo l’afflusso di moneta bronzea diminuisce in
maniera piuttosto sensibile (176 esemplari, corrispondenti al 15%
del totale, cfr. Tav.I). In un primo momento, con Traiano ed Adriano,
esso si mantiene grosso modo in linea con quello del I secolo. La
rarefazione inizia invece a delinearsi con Antonino Pio, si intensifica con Marco Aurelio fino a diventare quasi completa con
Commodo. Infatti per quest’ultimo imperatore l’intera area ha restituito solo quattro sesterzi e nessun dupondio o asse. Nell’insieme del periodo e al contrario di quanto osservato per il secolo
precedente, nella composizione della massa monetaria in circolazione sembra prevalere il sesterzio rispetto al dupondio e all’asse.
Il fenomeno, che inizia con Adriano e aumenta via via con gli imperatori successivi25 , può forse essere spiegato con un generale
aumento dei prezzi per cui la moneta di minor valore era diventata
scomoda per gli acquisti quotidiani che potevano essere effettuati,
135
25 G. GORINI, Aspetti monetali, cit., pp. 252258.
136
invece, con nominali più vicini al prezzo di una merce, appunto i
sesterzi. In effetti dopo Adriano cessò la coniazione del semisse
e dopo Marco Aurelio quella del quadrante, due nominali diventati
molto probabilmente inutili se non addirittura scomodi per le operazioni di compravendita 26 .
Se questa è una possibile spiegazione della modifica della struttura del circolante su scala generale, per quest’area del Polesine
non si può escludere che la rarefazione della moneta sia dipesa
anche da un progressivo declino economico legato forse all’evolversi della proprietà fondiaria, in quel momento forse non più in
grado di affrontare i costi della conduzione del fondo rurale. Resosi
antieconomico il lavoro nelle piccole proprietà, sarebbe iniziato un
processo di abbandono e di concentrazione destinato a dare vita a
vasti latifondi. In effetti le poche monete comprese nel periodo che
va dalla fine del III secolo al 260 (37 esemplari, pari al 3%) sono
state trovate quasi tutte in poche zone, peraltro piuttosto lontane
tra loro (Adria, Fondo Roccato; San Martino, Località Chiaroni; San
Martino, Località Cà Venezze; Ceregnano, Località Lama; Villadose,
Località Ca’ Motte; Villadose, Località Triboi; Rovigo, Località Ponte Alto; Guarda Veneta). In generale si tratta di antoniniani sviliti
nella lega oppure di sesterzi, in particolare di Severo Alessandro e
di Gordiano III con i quali si verificò una certa ripresa della circolazione del sesterzio. L’afflusso, comunque, riprese negli anni compresi tra Gallieno e la riforma monetaria di Diocleziano. Infatti per
questo periodo l’area ha restituito soprattutto antoniniani di Gallieno
e di Claudio II Gotico. Il dato più interessante è costituito però dal
recupero di ben 9 antoniniani coniati in Gallia da Tetrico I/Tetrico II
oppure imitazioni degli stessi27 . Non appare facile dare una spiegazione convincente per la distribuzione di questi esemplari. Forse giunsero al seguito di qualche spostamento di truppe che attraversarono o stazionarono più a lungo in questo territorio nella seconda parte del III secolo, ma è anche possibile che queste monete abbiano circolato molto a lungo o siano state reintrodotte sul
mercato monetario nel corso del IV secolo, quando si trovarono ad
avere un valore simile a quello dell’AE3 se non addirittura dell’AE4
28
; di conseguenza il loro ritrovamento potrebbe dipendere da successive fasi d’ uso, di pieno IV secolo se non addirittura di V, inizi VI
secolo.
Per l’epoca costantiniana, per il tutto il IV e gli inizi V secolo nel
territorio qui considerato sono state raccolte 342 monete (pari al
28%, cfr. Tav.I). In genere sono di pessima lega per cui risultano
difficilmente leggibili. Relativamente alle monete per le quali è stato
possibile risalire alla zecca di produzione, si nota che per Costantino
I e per i membri della sua famiglia vi è una certa varietà in quanto
sono attestate Lugdunum, Arelate, Roma, Tessalonica, Siscia,
Aquileia ma soprattutto Ticinum, che con 10 esemplari si colloca
come zecca percentualmente apprezzabile.
Nel periodo successivo29 , ossia dal 337 al 361, sembrano do-
26 Facendo un raffronto con il contemporaneo, tra la fine del I secolo e nel corso del II
secolo, si sarebbe verificata una situazione simile a quella che interessò dapprima le monete
da 10 e 20 lire italiane e poi quelle da 50 e 100
lire. Gli spiccioli continuarono e continuano ad
essere coniati ma sono scomparsi dalla circolazione o stanno scomparendo in quanto molto
scomodi perché sono molto rare le merci che
possono essere pagate con uno o al massimo
alcuni di questi nominali. Di fatto essi sono stati
soppianti da monete di maggior valore in grado
di facilitare i pagamenti.
27 G. GORINI, Aspetti monetali, cit., in particolare pp. 262-263; per le imitazioni dei Tetrici ad
Altino cfr. M. ASOLATI, C. CRISAFULLI,
Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto, Provincia di Venezia, Altino I, cit.
28 Sulla sopravvivenza del tipo Divo Claudio e
sulla distribuzione degli antoniniani o imitazioni
dei Tetrici cfr. B. CALLEGHER, Trento-Teatro
Sociale: scavi 1990-1992. Le monete repubblicane, imperiali e medioevali: analisi critica
e catalogo del complesso numismatico, in
Materiali per la storia urbana di Tridentum.
Ritrovamenti monetali, II, a cura di E. Cavada e
G. Gorini, Trento 1998, pp. 7-341, in particolare
pp. 24-28; M. ASOLATI, Altino tardoantica e
bizantina attraverso i ritrovamenti monetali,
“Archeologia Veneta”, XVI-XVIII (1993-1995),
pp. 87-132, in particolare pp. 89-90; E. ARSLAN,
Le monete, in S. Giulia di Brescia. Gli scavi
dal 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e
alto medievali, a cura di G.P. Brogiolo, Firenze
1999, pp. 347-499, in particolare pp. 355-358.
29 L’indicazione dei tipi monetari del IV secolo
(con riferimento all’iconografia dei rovesci) segue R.A.G. CARSON, P.V. HILL, J.P.C. KENT,
Late Roman Bronze Coinage, London 1960.
B. Callegher:
Alcune osservazioni sulla presenza monetaria
nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria
minare solo tre zecche: Aquileia (18 esemplari), Roma e Siscia
(ciascuna con 9 esemplari), sia per quanto riguarda i folles
ante riforma del 348, sia per i successivi AE3 tipo fel temp
reparatio.FH.3.4 o AE4 tipo spes reipublice. Alcune altre zecche occidentali, balcaniche e orientali ricoprirono un ruolo forse marginale in quanto qui segnalate in genere con uno o al
massimo due esemplari30 . Le monete del periodo compreso
tra il 364 e il 403 sono dapprima gli AE3 tipo securitas
reipublicae e tipo gloria romanorum.8 seguiti dagli AE4 tipo
victoria auggg.1.2 e salus reipublicae.2 in netta maggioranza
da Aquileia, con percentuali apprezzabili da Roma e da Siscia.
Da quanto sopra evidenziato si può supporre che nel IV secolo l’apporto alla circolazione monetale sia stato garantito fino
a circa il 348 da varie zecche, anche lontane dall’area polesana.
Nella seconda metà e soprattutto nell’ultima parte dello stesso
secolo la circolazione venne garantita in prevalenza da zecche vicine, soprattutto da Aquileia. Anche in quest’area, dunque, l’afflusso di numerario sarebbe stato assicurato da una
sola zecca locale, vale a dire Aquileia. In pratica le varie zecche dell’impero avrebbero coniato moneta principalmente per
un loro ambito regionale 31 . Inoltre, poiché il numerario risulta
diffuso in numerosi siti si può supporre che vi sia stata una
qualche ripresa della circolazione monetaria durante il IV secolo, specialmente là dove più numerosi sono gli esemplari
raccolti (cfr. Tabella).
A fronte di cospicua presenza di monete del IV secolo fino
al tipo salus reipublicae.2 32 , nel V secolo la documentazione
numismatica diminuisce drasticamente per poi scomparire del
tutto. In effetti sono stati identificati soltanto un AE3 di Onorio,
datato tra il 408-423, coniato a Roma (Villadose, Località
Taglietto) e un’altra identica moneta dal territorio di Villadose,
emessa nelle zecche di Ravenna o di Roma.
Si tratta di un dato nuovo rispetto a quanto segnalato nel primo contributo33 e che ha dei riscontri sia in altre località della
zona 34 sia più in generale nei territori della Diocesi Italiciana
prossimi al Polesine35 . Appare tuttavia confermata la progressiva rarefazione del circolante a partire dal primo decennio del
V secolo.
Un altro dato nuovo è l’incremento della documentazione
bizantina, soprattutto con i bronzi da 40 e 20 nummi di
Costantino IV della zecca di Ravenna (668-685), a testimonianza di un certo ritorno all’uso della moneta, sia pur in un
ambito ristretto, nel corso del VII secolo 36 .
Quello qui tracciato in modo sintetico, e con le avvertenze
derivanti dall’impiego di dati decontestualizzati, è il quadro complessivo delle attestazioni di moneta antica nel territorio adriese,
in particolare nei comuni di Villadose, Gavello, Ceregnano,
137
30 Sulla distribuzione percentuale delle zecche
in questo periodo nella Venetia e nell’area della
Slovenia si vedano M. ASOLATI, Altino tardo
antica, cit., in particolare pp. 90-91; P. KOS,
The Monetary Circulation in the Southeastern
Alpine Region ca. 300 B.C.-A.D. 1000, “Situla”,
24 (1984-1985), Lubiana 1986, in particolare
pp. 162-194.
31 M. ASOLATI, Altino tardoromana, cit., p. 91
e soprattutto gli apparati bibliografici proposti
in Appendice alle pp. 117-126.
32 Tradizionalmente si è ritenuto che la
coniazione di questo tipo si sia interrotta nel
403 (J.P.C. KENT, Roman Imperial Coinage, X,
The Divided Empire and the Fall of the Western Parts 395-491, Londra 1995, nn. 12451249). Tuttavia di recente un esemplare di Giovanni (423-425), coniato a Ravenna, è stato
rinvenuto ad Altino e consente di ampliare il
periodo di coniazione fino al 425. Per questa
nuova cronologia si veda M. ASOLATI, Altino
tardoromana, cit., p. 90, nota n. 6 e M. ASOLATI,
C. CRISAFULLI, Ritrovamenti monetali di età
romana nel Veneto, Provincia di Venezia, Altino
I, cit., p. 34.
33 B. CALLEGHER, I reperti numismatici, cit.
34 Altri esemplari sono noti da Ariano Polesine,
San Basilio, Fondo Rocchi per i quali si rinvia
agli indici di RMRVe, VII/2.
35 In proposito si vedano, solo come esemplificazione, alcuni contributi riguardanti alcune
regioni vicine al Polesine, che facevano parte
della citata Diocesi. (Lombardia): E. ARSLAN,
Monete, in Archeologia a Monte Barro. Il grande edificio e le torri, a cura di G.P. Brogiolo e L.
Castelletti, Lecco 1991, pp. 125-135; E.
ARSLAN, Le monete, in Scavi MM3. Ricerche
di archeologia urbana a Milano durante la costruzione della linea 3 della metropolitana.
1982-1990, a cura di D. Caporusso, vol. 3.2,
Milano 1991, pp. 71-130; E. ARSLAN, Le monete, in Studi sulla villa romana di Desenzano
1., Milano 1994, pp. 115-143; E. ARSLAN, Le
monete, in S. Giulia, cit.; (Trentino- Alto Adige):
G. RIZZI, Considerazioni sul prolungato uso di
moneta romana in relazione alle fasi
stratigrafiche e cronologiche di una casa di
età tardoromana di Sebatum, “Rivista Italiana di
Numismatica”, LXXXVII (1985), pp. 143-193, in
particolare alle pp. 178-179; G. GORINI, Aspetti
della documentazione numismatica medievale nel Trentino-Alto Adige, “Atti Accademia degli Agiati”, s. VI, 26 (1986), pp. 237-241; B.
CALLEGHER, Le monete, in Archeologia a
Mezzocorona, a cura di E. Cavada, Trento 1994,
pp. 149-179; (Friuli-Venezia Giulia): G. GORINI,
Aspetti della circolazione monetaria ad
Aquileia e nel suo territorio in età antica, “Antichità Altoadriatiche”, XV (1979), pp. 413-437,
in particolare p. 435; (Veneto): M. ASOLATI,
Altino tardoantica, cit.; G. GORINI, Aspetti
monetali, cit. e la serie RMRVe. Per una possibile prolungata sopravvivenza di emissioni
tardoantiche cfr. A. SACCOCCI, Monete romane in contesti archeologici medioevali in Italia,
138
Pontecchio, con ampi riferimenti anche ad Adria e ad Ariano
Polesine (cfr. Tav. II). Le conclusioni che si possono trarre mi
sembrano quanto mai interessanti. Prima di tutto la curva
distributiva per macro periodi risulta coerente con quanto già
evidenziato sia per i nominali sia per le autorità emittenti, dapprima
nella X Regio e in seguito nella Diocesi Italiciana37 : sporadici apporti di moneta greca, possibile circolazione della dracma venetica,
forte afflusso di emissioni romane repubblicane/imperiali in coincidenza della riforma monetaria di Augusto e della distribuzione delle terre ai veterani; sostanziale stabilità nel corso del II secolo caratterizzata da una certa prevalenza d’uso del sesterzio rispetto ai
suoi divisionali; rarefazione nella prima parte del III secolo e ripresa dopo il 260; ampia diffusione del follis e degli AE3/AE4 fino all’inizio del V secolo 38 quando si verificò una notevole contrazione
destinata a durare almeno due secoli, fino alla timida ripresa dell’epoca bizantina alla fine del VII secolo.
Inoltre l’omogeneità del campione ottenuto con la raccolta di superficie rispetto a quanto conosciuto ad esempio per altre località
per le quali è stato possibile studiare la documentazione
numismatica proveniente da scavi condotti in maniera rigorosa
(ad esempio Aquileia, Altino, Trento, San Basilio e vari altri altri siti39 )
conferisce al campione stesso una notevole validità tanto da permettere di considerarlo un esempio attendibile per definire la struttura del circolante in aree non urbanizzate per un periodo di circa
sette secoli, ossia dal II secolo a.C. fino al V secolo. Ne consegue
che, per quanto riguarda le autorità emittenti, i nominali e soprattutto per la ripartizione cronologica, le monete raccolte nel corso delle prossime campagne di controllo del territorio dovrebbero
inscriversi nel quadro delineato (cfr. Tav. II). I nuovi eventuali
ritrovamenti di materiale numismatico non dovrebbero perciò modificare il quadro generale delineato nella presente analisi.
“Numismatica e Antichità Classiche. Quaderni
Ticinesi”, XXVI (1997), pp. 385-405; (EmiliaRomagna): R. CURINA, Le monete, in Ravenna
e il porto di Classe. Venti anni di ricerche
archeologiche tra Ravenna e Classe, a cura
di G. Bermond Montanari, Bologna 1983, pp.
204-214; E. ERCOLANI COCCHI, la circolazione monetale tra tardo antico e altomedioevo:
dagli scavi di Villa Clelia, “Studi Romagnoli”,
XXX (1978), pp. 367-399; M.L. STOPPIONI, Note
sulla circolazione monetaria, in Rimini Medievale. Contributi per la storia della città,
Rimini 1992, pp. 408-423.
36 G. GORINI, Moneta e scambi nel Veneto
medioevale, in Il Veneto nel Medioevo. Dalla
“Venetia” alla Marca Veronese, Verona 1989,
pp. 167-197. Sulla circolazione di moneta
ravennate si vedano anche A. SACCOCCI, Monete romane in contesti archeologici, cit. e B.
CALLEGHER, Emissione e circolazione della
moneta di Ravenna, in Atti del Congresso Internazionale di Numismatica, “Ritrovamenti
monetali. Problemi e metodi”, Padova 31 marzo-2 aprile 2000, in c.s.
37 G. GORINI, Aspetti monetali, cit., soprattutto la tabella di p. 281 i cui dati percentuali sono
sostanzialmente in linea con quelli della ripartizione cronologica del nostro grafico di sintesi,
soprattutto nel caso di Aquileia.
38 Una spiegazione collegata alla discesa in
Italia di Alarico (402 e 408) è stata avanzata in
G. GORINI, Currency in Italy in the fifth century
A.D., “Studien zu Fundmünzen der Antike”, 10
(1996), pp. 185-202.
39 Una sia pur panoramica bibliografia su queste località richiederebbe uno spazio che ci
sembra esulare dallo scopo di questo contributo che ha carattere sostanzialmente
riepilogativo. Ad ogni modo si potrà far riferimento alle pubblicazioni citate in particolare alle
note 19, 23, 27, 35, 38.
B. Callegher:
Alcune osservazioni sulla presenza monetaria
nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria
139
CAMPIONE ILLUSTRATIVO DELLE MONETE
RECUPERATE
1
ROVIGO, LOC. BERNARDETTA
1. M.ANT. IMP.AVG. III VIR R.P.C., denario (zecca itinerante, al seguito di M. Antonio, 41 a.C.)
2. Autorità non determinata, Asse (Zecca di
Roma, II-I sec. a.C.)
3. Filippo I per Otacilia Severa, Sesterzio (Zecca di Roma, 244-249)
4. Licinio I, Follis (Zecca di Arelate, 315-316)
5. Licinio I per Licinio II, Follis (Zecca di Arelate,
317)
6. Costantino I per Crispo, Follis (Zecca di Siscia,
321-324)
2
3
4
5
6
SAN MARTINO DI VENEZZE, LOC. FENILETTI
1. C. Plotius Rufus per Augusto (Zecca di Roma,
15 a.C.)
2. Corcyra, bronzo (229-48 a.C.)
1
2
VILLAMARZANA, FONDO MICHELA
1. Costantino IV, 40 nummi (Zecca di Ravenna,
668-685)
2. Manuele I Comneno, Aspron Tracky (Zecca
di Costantinopoli, 1143-1180)
1
2
VILLADOSE LOC. TAGLIO
1. Aureliano per Severina, Gallieno per Salonina,
Antoniniano (Zecca di Roma?, 256-275)
1
140
CRESPINO LOC. PASCOLON
1. Caro, Antoniniano (Zecca di Ticinum, 282283)
1
VILLADOSE LOC. TAGLIETTO
1. CAESAR DIVI F, AE, (Zecca del Nord Italia?,
38 a.C.)
1
1
2
3
VILLADOSE TERRITORIO
1. C. Considius Paetus, Quinario (Zecca di
Roma, 46 a.C.)
2. CAESAR DIVI F, AE (Zecca de Nord Italia?,
38 a.C.)
3. Tetrico I, Antoniniano (Zecca della Gallia, 270273)
4. Tetrico I per Tetrico II, Antoniniano (Zecca
della Gallia, 270-273)
5. Tetrico I, Tetrico II, Antoniniano (Zecca della
Gallia, 270-274)
6. Onorio, AE3 (Zecca di Roma o Aquileia, 408423)
4
5
6
CEREGNANO LOC. MARCONA
1. C. Heius Pam q Caecil Niger IIviri, AE, (Zecca
di Corinto, 34-31 a.C.)
1
B. Callegher:
Alcune osservazioni sulla presenza monetaria
nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria
141
SARZANO LOC. PONTE ALTO
1. Vetro con dritto di un sesterzio di Antonino
Pio per Diva Faustina I
1
SAN MARTINO LOC. CA’ VENEZZE
1. Severo Alessandro per Giulia Mamea (Zecca di Roma, 222-235)
1
CRESPINO, LOC. FENILE CAMPAGNOLA (VC37)
1. Aes Rude, gr. 96,232
1
142
TAV. 1: Distribuzione cronologica delle monete
con relative percentuali
TAV. 2: Distribuzione cronologica e quantitativa
delle monete
PRESENZA MONETARIA DAI RITROVAMENTI DI SUPERFICIE NELL’AREA COMPRESA
B.LA
Callegher:
143
TRA
ROVIGO-EST
E ADRIA
Alcune
osservazioni
sulla presenza monetaria
nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria
I dati proposti in questa tabella sono stati desunti dal volume RMRVe, XXXX, Adria, ove sono stati
censiti la quasi totalità delle monete raccolte nel corso del survey condotto dal Gruppo Archeologico di
Villadose. Sono stati presi in considerazioni tutti gli esemplari, compresi gli assi romani repubblicani,
anche se consunti o spezzati, mentre non vi figurano i pezzi romani imperiali di incerta collocazione
cronologica.
Le sigle alfanumeriche poste nella colonna della località di rinvenimento corrispondono alla numerazione dei siti così come è stata elaborata nel corso degli anni dal citato gruppo di ricerca di superficie. In
alcuni casi compare anche qualche indicazione discorsiva, in sostituzione della sigla non ancora attribuita. La data ultima per la presa in esame delle monete è la campagna di ricerca 1998/1999.
144
B. Callegher:
Alcune osservazioni sulla presenza monetaria
nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria
145
146
146