alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell
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alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell
B. Callegher:OSSERVAZIONI SULLA PRESENZA MONETARIA ALCUNE Alcune osservazioni sulla presenza monetaria NELL’AREA EST DI ROVIGO NEL TERRITORIO DI ADRIA nell’area a est diARovigo e nel territorio E di Adria di Bruno Callegher (*) Ritrovamenti archeologici nelle campagne poste tra Rovigo, Adria e il mare sono stati segnalati fin dal Settecento soprattutto per Gavello e San Basilio di Ariano Polesine1 . Fu però nel corso degli anni Sessanta-Settanta del Novecento che alcuni studiosi aderenti al CPSSAE di Rovigo intensificarono le loro ricerche archeologiche, consapevoli che l’introduzione di nuovi mezzi nell’aratura avrebbe sconvolto il terreno a una profondità di qualche metro, provocando di conseguenza l’affioramento e la possibile perdita di una significativa documentazione archeologica e storica riguardante la parte orientale del Polesine 2 . Per rendersi conto di quanto costoro fossero consapevoli del rischio a cui sarebbe andato incontro un patrimonio sostanzialmente sconosciuto, basterebbe una rapida ricognizione nell’Archivio della Soprintendenza Archeologica di Padova dove si conservano numerose lettere con segnalazioni di affioramenti e recuperi, spesso corredate da informazioni dettagliate sulla località, le circostanze del ritrovamento e in qualche caso accompagnate da una descrizione puntuale dei reperti. Tra i più recenti contributi mi piace ricordare un breve studio di topografia antica nel quale, partendo da quanto rilevato nel corso di un survey, si arrivò ad ipotizzare l’esistenza di un importante tracciato viario collegato ad una probabile centuriazione incentrata proprio nell’area del comune di Villadose 3 . A questi interventi, che potremmo definire quasi pionieristici, negli anni recenti fece seguito un notevole impulso alla ricerca, alla tutela e alla sensibilizzazione dato dal Gruppo Archeologico di Villadose4 . Dopo un’ iniziale fase di messa a punto del metodo e dell’organizzazione, i membri di questa associazione hanno controllato in modo sistematico un territorio di circa 120 Kmq, quasi sempre escludendo la raccolta selettiva di quanto portato in superficie. Va inoltre ricordato come si siano avvalsi del metaldetector5 , strumento che, impiegato in modo corretto, si è rivelato quanto mai utile perché senza il suo utilizzo non sarebbero state individuate e raccolte circa 1500 monete, una quantità davvero notevole e, per quanto a me noto, la più consistente in termini quantitativi da un’area centuriata. Per la parte numismatica, il presente contributo è stato anticipato da un primo studio su un gruppo di 291 esemplari, in pratica sulle monete disponibili al 19916 . Nonostante il notevole aumento della documentazione, i problemi posti dalle monete non recuperate in scavi archeologici restano invariati. Una identificazione sicura dei singoli pezzi permette senz’altro un incremento dei dati quantitativi riguardanti un periodo, un’autorità emittente o anche una serie, ma appare quanto mai arduo trasferire gli stessi a ricerche più specialistiche riguardanti, ad esempio, l’arrivo della moneta in una certa area, il volume della circolazione monetaria di un certo sito in rapporto al volume di un’intera area. In questo la difficoltà maggiore deriva dal fatto che fino ad ora, 129 (*) Conservatore Musei Civici - Museo Bottacin, Padova. 1 Per una ricostruzione, sia pur sintetica, dei rinvenimenti di monete nell’area indicata si vedano le pagine introduttive in B. CALLEGHER, Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto, VII/2, Provincia di Rovigo: Adria, Padova 2000, di seguito citato come RMRVe, VII/2. 2 Questa associazione ha spesso dato conto della ricerca archeologica attraverso la rivista “Padusa”, ove sono comparsi studi e contributi riguardanti l’area polesana. 3 R. PERETTO, Una via romana a Villadose, “Padusa”, IV (1968), pp. 19-21. 4 All’attività di questa Associazione di volontari, che opera in stretta collaborazione con la Soprintendenza Archeologica del Veneto, si è fatto cenno nell’ introduzione a RMRVe, VII/2. Con riconoscenza, ringrazio qui per la fattiva collaborazione la dr.ssa Simonetta Bonomi (Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Adria), il dr. Enrico Maragno, il dr. Sandro Grigato e il sig. Grappeggia. Tra i vari lavori a stampa curati dal Gruppo Archeologico di Villadose ricordo La centuriazione dell’agro di Adria, a cura di E. Maragno, Stanghella (Padova) 1993, in seguito citato come Centuriazione 1993; La ricerca archeologica di superficie in area Padana, a cura di E. Maragno, Stanghella (Padova) 1996. 5 Per le questioni derivanti dall’uso di questo strumento in scavo cfr. M. BLACKBURN, SingleFinds as a mesure of monetary activity in the early Middle Ages, “Coins and Archaeology”, MARG, BAR Inter. Ser. 566, Oxford 1989, pp. 15-24; S. SORDA, A proposito dell’uso del rilevatore di metalli nel recupero di oggetti archeologici, “Annali dell’ Istituto Italiano di Numismatica”, XXXVII (1990), pp. 345-346. 6 B. CALLEGHER, I reperti numismatici dell’agro centuriato adriese, in Centuriazione 1993, pp. 218-231. 130 alla raccolta di superficie non è stato possibile far seguire delle campagne di scavo almeno in un gruppo di località-campione in modo tale da poter accertare la natura di un insediamento e procedere al recupero delle varie testimonianze archeologiche. Infatti, anche per questo e sulla base dei soli reperti raccolti nel corso del survey, non si è in grado di stabilire se le monete fossero state perdute in un insediamento rurale, depositate in una necropoli (monete per i defunti 7 ) o in una stipe8 , oppure se avessero fatto parte di qualche gruzzolo disperso nel terreno. In assenza di queste informazioni essenziali appare quanto mai arduo stabilire il momento di arrivo della moneta oppure la funzione avuta dal circolante in un particolare sito e più in generale in tutta l’area. Tuttavia, procedendo ad un esame dettagliato delle 1208 monete su un totale di circa 1500 esemplari fino ad ora raccolti 9 , si possono formulare alcune ipotesi sulla composizione del circolante in ambito polesano e sulla frequentazione, l’abbandono o il reinsediamento in alcune località10 . Mi sembra interessante iniziare la presentazione dei dati numismatici di quest’area del Polesine Orientale partendo dalla presenza di alcuni frammenti di bronzo, noti come aes rude, ottenuti spezzando delle verghe di quel metallo. Il loro andamento ponderale, però, è alquanto irregolare e ad un primo esame non sembrano collocabili in un sistema metrologico ben definito. Infatti il loro peso, che varia da un massimo di gr 96,232 a un minimo di gr 11,5, non è collegabile a un’unità ponderale con una scala di multipli e sottomultipli11 . Un’ analoga oscillazione nel peso è stata riscontrata negli esemplari conservati al Museo Archeologico Nazionale di Adria (da gr 175,60 fino a gr 18,5), parte dei quali rinvenuti nei corredi tombali di alcune sepolture probabilmente femminili, datate tra il V e il III secolo a.C. 12 . Non è ancora del tutto chiara la funzione dell’aes rude, ma è stata avanzata l’ipotesi che si tratti di metallo impiegato come “obolo di Caronte” nelle sepolture. Poiché siamo in presenza di materiale da superficie e di ritrovamenti sporadici in siti che, per quanto riguarda la documentazione numismatica, hanno restituito solo aes rude, non si può però escludere che questi stessi pezzi siano semplicemente dei frammenti di metallo, spezzati in qualche circostanza non necessariamente riconducibile a una qualche necessità di carattere monetario. In proposito solo ulteriori dati raccolti nel corso di un’indagine archeologica potrebbero permettere di chiarire la natura e la funzione di queste probabili forme premonetali13 . Una volta ottenuta questa sicurezza grazie a reperti diversi dall’ aes, il sito potrebbe essere interpretato come un luogo di sepolture da collocare in un orizzonte cronologico antecedente il II sec. a.C., se non addirittura il III sec. a.C., con tutte le conseguenti implicazioni per quanto riguarda l’inizio degli insediamenti in questa parte del Polesine e soprattutto raf- 7 E’ invalsa l’abitudine di definire le monete presenti nelle tombe come “oboli di Caronte”. Gli studiosi, tuttavia, non sono unanimi nell’accettare una simile definizione. Alcuni ritengono che il deposito di una moneta o più monete presso il defunto possa trovare spiegazione in usi e tradizioni funerarie non strettamente riferibili alla credenza di dover onorare lo scambio per il passaggio dalla vita alla morte. In altri termini, resterebbe da chiarire se la/le moneta/e avessero una funzione di scambio, sia pur simbolico o rituale, oppure se rappresentassero una sorta di status, ovvero un segno di riconoscimento o di appartenenza ad un certo gruppo sociale. Su questo si vedano i vari saggi raccolti in Caronte. Un obolo per l’aldilà, “ La parola del passato”, L (1995). 8 Sulle monete presenti in stipi votive cfr. G. GORINI, L’offerta di monete nei santuari: il caso di Este, in Culti pagani nell’Italia Settentrionale, a cura di A. Mastrocinque, Trento 1994, pp. 69-83. 9 Per le restanti 300 monete circa, non si è potuto procedere all’identificazione in quanto recuperate nel corso del survey 1999-2000. Lo studio sarà comunque condotto non appena possibile. 10 I problemi connessi alla valenza documentaria del singolo rinvenimento sono stati affrontati in M. CRAWFORD, Numismatica, in Le basi documentarie della storia antica, Bologna 1984, pp. 185-233, in particolare pp. 187-207. 11 G. GORINI, Aspetti monetali: emissione, circolazione e tesaurizzazione, in Il Veneto nell’età romana, I, Verona 1987, pp. 227-293, in particolare pp. 233-234 dove viene avanzata l’ipotesi di un possibile legame con il sistema della litra italica. Su questo stesso argomento si veda anche G. GORINI, La circolazione monetale atestina in età preromana e romana, in Este Antica, a cura di G. Tosi, Este 1992, pp. 205-239; G. BERGONZI, P. PIANAAGOSTINETTI, L’ “obolo di Caronte” “Aes rude” e monete nelle tombe: la Pianura Padana tra mondo classico e ambito transalpino nella seconda età del ferro, “Scienze dell’Antichità. Storia Archeologia Antropologia”, 1, (1987), pp. 161-223. 12 Cfr. RMRVe, VII/2, in particolare le sezioni dedicate alla località Adria-Cà Cima e alle monete conservate nel Museo Archeologico di Adria e provenienti da scavi urbani. 13 N. PARISE, ‘Segni premonetari ‘ ed obolo di Caronte, in Caronte. Un obolo per l’aldilà, cit., pp. 178-184. B. Callegher: Alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria forzare l’ipotesi di una probabile funzione premonetale di questi pezzi di bronzo. Le monete vere e proprie di più antica emissione presenti nel territorio sono le dracme venetiche di imitazione massaliota. Come noto si tratta di emissioni tipiche dell’area nord orientale dell’Italia, datate tra la fine del III sec. a.C. e il II sec. a. C. 14 con al dritto la testa di una divinità (forse la dea Reitia) e al rovescio un leone stilizzato sopra il quale compare la legenda MASSA, imitativa del prototipo della zecca di Massalia. I sette esemplari recuperati rispettivamente nei siti di Ceregnano (Località Rami/V15) e Villadose (Fenile del Lago/A85; Località Casonetto/V14; Località Cagna/V23 e Località Cà Motte/A9 con ben 3 pezzi) appartengono ai tipi PAUTASSO 8D e 8E. Una dracma di difficile lettura per il pessimo stato di conservazione, individuata a Ceregnano (Località Campagna Grande/V67) potrebbe essere un’emissione del tipo PAUTASSO 3. Queste presenze confermano la distribuzione della dracma d’imitazione massaliota anche lungo l’ultimo tratto del fiume Po e trovano un riscontro nella documentazione emersa nell’indagine sui materiali della Collezione Bocchi, di alcune collezioni private adriesi e da quanto conservato presso i depositi del Museo Archeologico Nazionale di Adria15 . I dati più interessanti riguardano la dislocazione dei rinvenimenti e la lega delle monete. Infatti, pur in assenza di un riscontro archeologico oggettivo, si può ipotizzare che le dracme venetiche provengano da insediamenti rurali oppure, ma con minor sicurezza, da qualche stipe votiva. In sostanza saremmo in presenza di monete perdute accidentalmente nel corso di qualche scambio, fatto che farebbe pensare ad una loro sia pur limitata circolazione. Tale circostanza consentirebbe di avvalorare l’ipotesi che questo numerario sia stato impiegato anche con la funzione di strumento di scambio con un valore simile a quello di alcuni nominali romani repubblicani. In particolare le monete dei Veneti sarebbero state accettate dapprima con un valore pari a quello del vittoriato ed in seguito avrebbero avuto la quotazione del quinario. La modifica della loro quotazione troverebbe una conferma proprio nella composizione della lega della dracma. Per la verità non sono state condotte analisi metallurgiche sull’effettiva quantità d’argento contenuta nelle dracme di questo territorio e neppure in altri simili esemplari. Tuttavia una sia pur sommaria osservazione proprio su almeno tre di questi tondelli permette di constatare un progressivo deterioramento della lega d’argento per giungere, almeno in due casi, a coniazioni effettuate su tondelli ottenuti con una mistura in cui prevale il bronzo. Attraverso la modifica del contenuto d’argento, nel corso del II sec. a.C. si sarebbe quindi verificato un progressivo adattamento della moneta venetica a quella romana. In un primo momento la quantità d’argento presente nella lega della dracma sarebbe stata in linea con quella del vittoriato. Verso la fine del II secolo sarebbe intervenuta una modifica nel rapporto tra moneta romana e venetica. Una nuova diminuzione della quantità d’argento 131 14 Su queste emissioni cfr. G. GORINI, La moneta, in Padova preromana, Padova 1976, pp. 42-43; G. GORINI Le monete di tipo venetico, “Archeologia Veneta”, I (1978), pp. 69-77; G. GORINI., in Keltische Numismatik und Archaeologie, BAR, Inter, Ser., 200 (1984), pp. 69-87; A. SACCOCCI, Alcune considerazioni sulle monete di tipo venetico, in Numismatica e archeologia del Celtismo padano, Atti del Convegno, Saint Vincent-Aosta 1989, a cura di G. Gorini, Aosta 1994, pp. 107-115. Una bibliografia aggiornata su questo argomento è stata proposta negli Atti dell’incontro di studio: La monetazione preromana dell’Italia Settentrionale. Approvvigionamento del metallo, coniazione, circolazione, Bordighera 16-17 settembre 1994, “Rivista di Studi Liguri”, LXI (1995), pp. 347-362. 15 Cfr. Indici del volume RMRVe, VII/2. 132 nella lega di quest’ultima avrebbe cambiato la precedente quotazione avvicinandola forse a quella del quinario per cui le ultime dracme avrebbero potuto circolare proprio con quest’ultimo valore. Al di là di queste osservazioni che richiederebbero un approfondimento monografico, va rilevato come nel corso del survey sia stato recuperato anche un certo numero di monete d’argento romane repubblicane, la cui data di emissione si situa nello stesso periodo cronologico della dracma, ossia tra la fine del II sec. a.C. e il primo ventennio del I sec. a.C. Ricordo, ad esempio, un vittoriato post 211 da Villadose proprio dalla Località Cà Motte/A9 dalla quale provengono tre dracme venetiche. Da altri siti si conoscono un denario di Q. METE del 130 a.C., denari serrati di L. SCIP ASIAG. del 106 a.C. e di M. MAMIL LIMETANVS C.F dell’82 e numerosi quinari tra cui uno di Q. TITI del 90 a.C., ben tre di M. CATO dell’89 a.C. e uno di CN. LENTVL dell’88 a.C. Un ragguardevole numero di assi caratterizza l’epoca repubblicana. Essi provengono da almeno 65 siti diversi. Gli esemplari più antichi sono quelli coniati a partire dall’inizio del II secolo (MA, 199170 a.C.); seguono le emissioni del 169-158 (AT o TA, BAL, C. SAX, P. BLAS, PVR) e quella di M.BAEBI Q. F TAMPIL del 137 a.C. 16 . Per numerosi altri pezzi, per i quali a motivo del pessimo stato di conservazione o per l’usura non è stato possibile procedere ad una puntuale collocazione cronologica, l’andamento ponderale suggerisce una datazione alla metà del II sec. a.C. Questa prima parte della documentazione numismatica dell’area centuriata, come del resto è stato rilevato nel caso dell’ aes rude, trova un confronto con le monete coeve del medagliere del Museo Archeologico Nazionale di Adria dove si conserva un numero consistente di assi repubblicani, quasi sempre in pessimo stato di conservazione oppure molto usurati, senz’altro raccolti nel territorio urbano e comunque in ambito adriese nel corso del Novecento 17 . Dal punto di vista della distribuzione, così come si potrà desumere dalla Tabella, vi sono ben 15 località che hanno restituito solo moneta di II o I sec. a.C. Poiché una moneta può essere perduta anche molto tempo dopo l’epoca della sua coniazione, è molto rischioso giungere a delle conclusioni su un eventuale rapporto tra l’epoca di arrivo della moneta in queste località e l’inizio di una eventuale fase insediativa databile al pieno II sec. a.C. Tuttavia è possibile ipotizzare che in alcuni di questi siti si facesse ricorso alla moneta per gli scambi al più basso livello almeno all’ inizio del I sec. a.C. se non proprio alla fine del II sec. a. C. Del resto in ben altri 52 luoghi di questa stessa zona la documentazione numismatica inizia proprio con assi oppure con denari o quinari repubblicani. Il loro numero appare percentualmente così rilevante da non poter essere ritenuto casuale. Sempre restando nel I sec. a. C., sono qui documentate anche le emissioni dei triumviri. In proposito ricordo un denario di C. VIBIVS C. F C. N PANSA del 48 a.C., un quinario di C. CONSIDIVS PAETVS, 16 Nell’impossibilità di fornire in questa sede il catalogo dettagliato, sito per sito, per questi e per tutti gli altri nominali citati all’interno di questo contributo si rinvia al volume RMRVe, VII/2 nel quale, attraverso gli indici, per ciascuna moneta sarà possibile risalire alla località di rinvenimento. 17 Per queste informazioni si consultino gli indici di RMRVe, VII/2. B. Callegher: Alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria del 46 a.C. e un denario di M. ANT. IMP. AVG IIIVIR R.P. C . Di particolare rilevanza le monete in bronzo del tipo Divos Iulius coniate verso il 38 a.C. (da cinque località diverse) e un’imitazione dello stesso tipo che starebbe ad indicare l’affermarsi della domanda di nominali bronzei per effettuare dei pagamenti di piccola entità18 a partire forse già dalla metà del I sec. a. C. Dal punto di vista quantitativo l’insieme delle monete precedenti la riforma di Augusto, ossia le romane repubblicane, le imitazioni massaliote e il piccolo bronzo greco della zecca Corcyra, datato tra il 229 e il 48 a.C. e rinvenuto a San Martino di Venezze, Località Feniletti/A56 19 , ammonta a 203 esemplari (17% su un totale di 1208: cfr. Tav.I). Il numero appare senz’altro cospicuo ed è in linea con la documentazione della vicina Adria e di altre località della Venetia, in particolare con Altino20 . A partire da questo campione mi sembrano possibili alcune osservazioni. Prima di tutto si tenga presente che queste monete coprono un periodo di circa due secoli e che accanto ai bronzi vi sono anche denari e quinari. La loro conservazione, inoltre, è talvolta buona mentre nella maggioranza dei casi prevale un’usura quasi completa del tondello derivante proprio dalla prolungata circolazione. E’ molto difficile stabilire la funzione dei vari siti di provenienza, ma tenderei ad escludere che questi esemplari provengano in maggioranza da aree di necropoli anche perché in genere si tratta di monete con modesto valore, in qualche caso anche semissi o imitazioni degli stessi21 , oppure di assi consunti perché rimasti a lungo sul mercato e quindi perduti nel corso degli scambi quotidiani, tutti elementi che porterebbero ad escludere il deposito funerario della moneta. Come accennato e considerata la natura dei materiali che qui si illustrano, non si dovrebbe stabilire una relazione tra la funzione di un sito e il periodo di arrivo della moneta. Tuttavia il numero di esemplari romani repubblicani è così rilevante, da poter avanzare con tutta la prudenza del caso l’ipotesi che almeno una parte di moneta repubblicana sia finita nel terreno in modo accidentale tra la fine del II sec. a.C. e l’inizio del I sec. a.C. In tal caso si potrebbe stabilire una relazione cronologica tra l’arrivo/perdita della moneta con l’epoca di un’intensa antropizzazione dell’agro adriese forse precedente la distribuzione di terre nella seconda parte del secolo. Ma, come anticipato, questa è per ora solo un’ipotesi da verificare quando sarà possibile un confronto tra i dati numismatici con le altre classi di reperti. Per il periodo successivo, che va dalla riforma di Augusto fino a Domiziano, la documentazione raccolta è ancor più consistente: 353 monete pari al 29% del totale (cfr. Tav.I); i 353 esemplari si concentrano in due diversi periodi: i regni di Augusto-Tiberio e di Vespasiano-Domiziano. I primi due imperatori sono presenti soprattutto con assi dei IIIviri monetales (C. Asinius Gallus, L. Naevius Surdinus, M. Maecilius Tullus, M. Salvius Otho, P. Lurius Agrippa), con quadranti dei IIIIviri 133 18 Per altri dati cfr. i volumi della serie RMRVe, a cura di G. Gorini, Padova 1992. 19 La presenza di numerario greco nella Venetia non è oggi un dato particolarmente eclatante. Per la problematica riguardante l’arrivo e la funzione di queste monete si vedano G. GORINI, Sulla circolazione di monete greche nell’Italia Settentrionale”, “Numismatica e Antichità Classiche. Quaderni Ticinesi”, II (1973), pp. 15-27; G. GORINI, La circolazione in ambiente adriatico, in La monetazione dell’età dionigiana, Atti dell’VIII Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici, Napoli 29 maggio-1 giugno 1983, Roma 1993, pp. 277311; G. GORINI, La presenza greca in Italia Settentrionale: la documentazione numismatica, in Griecos en Occidente, Siviglia 1992, pp. 91-114; G. GORINI, La penetrazione della moneta greca in Italia Settentrionale, in Forme di contatto tra moneta locale e moneta straniera nel mondo antico, a cura di G. Gorini, Padova 1998, pp. 71-80 con bibliografia precedente sull’argomento; G. GORINI, Aspetti della presenza di moneta greca in Adriatico, in La Dalmazia e l’altra sponda. Problemi di archaiologhìa adriatica, a cura di L. Braccesi e S. Graciotti, Firenze 1999, pp. 165-1273. Altre segnalazioni nei nove volumi della collana RMRVe, a cura di G. Gorini, Padova 1992 - . 20 Cfr. M. ASOLATI, C. CRISAFULLI, Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto, VI/1, Provincia di Venezia: Altino I, Padova 1999. 21 Ci si riferisce a quattro imitazioni del semisse ufficiale provenienti rispettivamente da una collezione privata, da Villadose, Località Cà Motte/A9, Località Taglietto/A16 e Località Casonetto/V14. Per queste particolari emissioni cfr. M. CRAWFORD, Unofficial imitations and small change under the Roman Republic, “Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica”, 29 (1982), pp. 139-164. Gli esemplari qui ricordati si avvicinano a quelli proposti nella tavola II. Possibile anche un confronto con l’esemplare della tavola XI, n. 32 riferito alla Discussione di L. Villaronga in merito al contributo di Crawford per la quale si rinvia alle pp. 217-228 dello stesso numero degli “Annali dell’Istituto Italiano di Numismatica”. Qualora quest’ultimo confronto dovesse essere valido, il semisse di Ceregnano, Località Rami, potrebbe essere stato coniato in ambito spagnolo, forse in Andalusia, per giungere nell’Adriese al seguito di qualche legionario ed essere immesso nella circolazione, come spiegato supra. 134 monetales (Apronius, Galus, Messala, Sisenna, P. Betilienus Bassus, Silius, Pulcher, Taurus, Regulus) e con i tipi del Divus Augustus Pater. In quest’epoca, inoltre, avrebbero potuto circolare anche le monete emesse in zecche periferiche sia di ambito greco, sia in Africa del Nord, sia in Spagna, databili tra le seconda metà del I sec. a.C. e il 37. Infatti dalla Corinthia proviene un bronzo emesso dai IIviri C. Heius Pam Q Caecil Niger (Ceregnano, Località Marcona); dalla Caria, zecca di Cos, un bronzo del magistrato Nikias (Villadose, Località Cà Motte); dalla zecca di Utica, Zeugitana, regione del nord Africa, una moneta in bronzo dei magistrati Vibius Marsus Procos, Drusus Caesar Q, T.G. Rufus Pr (Ceregnano, Località Lama) e dalla Spagna Tarraconese un bronzo, peraltro spezzato a metà, emesso dal magistrato M. Fulvius C. Otacilius pe quin (Gavello, Località Fenile Are). Sono inoltre documentati denari di Augusto emessi rispettivamente a Samo (Villadose, Località Taglietto/A10) e nella zecca di Colonia Patricia (Adria, esemplare dal territorio). Questa presenza di numerario da zecche non italiche non è un dato nuovo per la Venetia22 . Lo stesso trova una spiegazione non tanto in contatti commerciali con le rispettive aree di emissione, quanto piuttosto con il fatto che queste monete, giunte al seguito di qualche legionario, ad un certo momento furono immesse sul mercato con funzione sussidiaria forse proprio sotto la spinta della penuria di moneta divisionale. Una simile esigenza spiegherebbe anche la pratica del frazionamento, in genere a metà, degli assi repubblicani che in seguito alla riforma di Augusto, a motivo del loro peso superiore a quello standard del nuovo asse augusteo, assunsero probabilmente il valore di un dupondio. Il bisogno di moneta spicciola in molti casi portò a spezzare a metà i vecchi nominali ottenendo così due pezzi del valore di due nuovi assi. Tra la fine del I sec. a.C e l’inizio del I sec. il circolante dell’area adriese si presenta, dunque, piuttosto composito23 . Infatti, come già accennato, accanto alle nuove emissioni di Roma (soprattutto assi ma anche qualche quadrante) restano in circolazione i vecchi assi repubblicani in alcuni casi rivalutati come dupondi, i bronzi del Divos Iulius e vengono messe in circolazione anche alcune monete di zecche periferiche. In tutti i casi si è in presenza di valori modesti che, perduti accidentalmente, starebbero ad indicare un largo impiego della moneta negli scambi e di conseguenza l’avvio di una fase economica nella quale la moneta era in grado di coprire ogni forma di pagamento. L’apporto di moneta resta piuttosto sostenuto anche nel corso del regno di Tiberio, qui attestata soprattutto dai tipi del Divus Augustus Pater la cui presenza, però, pone alcuni interrogativi. Questi bronzi, infatti, sembrano essere fra i più usati come “moneta dei defunti/obolo di Caronte” nelle necropoli di I secolo della X Regio24 . Il fatto che varie decine di questo nominale siano state trovate in molti siti suggerisce di prendere almeno in considerazione l’ipotesi 22 Si vedano, in proposito, i contributi di G. Gorini citati alla nota 11 e gli indici dei volumi della serie RMRVe. 23 Per i dati della X Regio si veda la sintesi proposta in G. GORINI, Aspetti monetali: emissione, cit. 24 Cfr. G. GORINI, La documentazione del Veneto per una <<numismatica della morte>>, in Trouvailles monétaires de tombes, “Etudes de Numismatique et d’Histoire Monétaire”, 2, Losanna 1999, pp. 71-82. B. Callegher: Alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria che un certo numero di località vadano interpretate come aree di necropoli piuttosto che come insediamenti rurali, oppure che accanto ad eventuali abitazioni vi fossero delle zone destinate a sepolture. Ad ogni modo il flusso monetario si mantenne sostenuto anche nella seconda metà del I secolo, grazie soprattutto ad un notevole apporto di moneta bronzea di Vespasiano e ancor di più di Domiziano. Nello stesso tempo si verificò forse un cambiamento nella composizione del circolante, fino ad allora in gran parte costituito da assi e rari dupondi e sesterzi. Con Vespasiano e soprattutto con Domiziano aumenta il numero dapprima dei dupondi e poi quello dei sesterzi. E’ probabile che tale incremento complessivo sia da collegarsi con l’inizio della caduta del valore della moneta bronzea, fenomeno ben noto per il II secolo, ma non si può escludere che qualche segnale si sia verificato fin dalla fine del I secolo, se non altro come tendenza destinata a manifestarsi compiutamente nel periodo degli Antonini e che sia qui leggibile attraverso una cospicua documentazione, quasi di sicuro formatasi grazie alla perdita accidentale di moneta proprio nel corso di scambi praticati con una certa frequenza in un territorio ampiamente antropizzato. Per quanto riguarda la distribuzione areale, si osserva che in un certo numero di siti la moneta inizia a comparire solo nel corso del I secolo mentre in altri è presente solo con monete di Augusto o di Tiberio oppure di Vespasiano o Domiziano. In altri termini, proprio confrontando simili discontinuità, non è escluso che alcune aree o fondi agrari siano stati frequentati per un periodo relativamente breve per essere poi abbandonati per altri insediamenti anche questi però destinati a durare non più di qualche decennio e comunque a interrompersi tra la fine del I e l’inizio del II secolo. Simili spostamenti possano essere documentati proprio dalla presenza o dall’assenza di documentazione numismatica, da interpretare comunque con la cautela a cui si è già fatto più volte cenno. Nel corso del II secolo l’afflusso di moneta bronzea diminuisce in maniera piuttosto sensibile (176 esemplari, corrispondenti al 15% del totale, cfr. Tav.I). In un primo momento, con Traiano ed Adriano, esso si mantiene grosso modo in linea con quello del I secolo. La rarefazione inizia invece a delinearsi con Antonino Pio, si intensifica con Marco Aurelio fino a diventare quasi completa con Commodo. Infatti per quest’ultimo imperatore l’intera area ha restituito solo quattro sesterzi e nessun dupondio o asse. Nell’insieme del periodo e al contrario di quanto osservato per il secolo precedente, nella composizione della massa monetaria in circolazione sembra prevalere il sesterzio rispetto al dupondio e all’asse. Il fenomeno, che inizia con Adriano e aumenta via via con gli imperatori successivi25 , può forse essere spiegato con un generale aumento dei prezzi per cui la moneta di minor valore era diventata scomoda per gli acquisti quotidiani che potevano essere effettuati, 135 25 G. GORINI, Aspetti monetali, cit., pp. 252258. 136 invece, con nominali più vicini al prezzo di una merce, appunto i sesterzi. In effetti dopo Adriano cessò la coniazione del semisse e dopo Marco Aurelio quella del quadrante, due nominali diventati molto probabilmente inutili se non addirittura scomodi per le operazioni di compravendita 26 . Se questa è una possibile spiegazione della modifica della struttura del circolante su scala generale, per quest’area del Polesine non si può escludere che la rarefazione della moneta sia dipesa anche da un progressivo declino economico legato forse all’evolversi della proprietà fondiaria, in quel momento forse non più in grado di affrontare i costi della conduzione del fondo rurale. Resosi antieconomico il lavoro nelle piccole proprietà, sarebbe iniziato un processo di abbandono e di concentrazione destinato a dare vita a vasti latifondi. In effetti le poche monete comprese nel periodo che va dalla fine del III secolo al 260 (37 esemplari, pari al 3%) sono state trovate quasi tutte in poche zone, peraltro piuttosto lontane tra loro (Adria, Fondo Roccato; San Martino, Località Chiaroni; San Martino, Località Cà Venezze; Ceregnano, Località Lama; Villadose, Località Ca’ Motte; Villadose, Località Triboi; Rovigo, Località Ponte Alto; Guarda Veneta). In generale si tratta di antoniniani sviliti nella lega oppure di sesterzi, in particolare di Severo Alessandro e di Gordiano III con i quali si verificò una certa ripresa della circolazione del sesterzio. L’afflusso, comunque, riprese negli anni compresi tra Gallieno e la riforma monetaria di Diocleziano. Infatti per questo periodo l’area ha restituito soprattutto antoniniani di Gallieno e di Claudio II Gotico. Il dato più interessante è costituito però dal recupero di ben 9 antoniniani coniati in Gallia da Tetrico I/Tetrico II oppure imitazioni degli stessi27 . Non appare facile dare una spiegazione convincente per la distribuzione di questi esemplari. Forse giunsero al seguito di qualche spostamento di truppe che attraversarono o stazionarono più a lungo in questo territorio nella seconda parte del III secolo, ma è anche possibile che queste monete abbiano circolato molto a lungo o siano state reintrodotte sul mercato monetario nel corso del IV secolo, quando si trovarono ad avere un valore simile a quello dell’AE3 se non addirittura dell’AE4 28 ; di conseguenza il loro ritrovamento potrebbe dipendere da successive fasi d’ uso, di pieno IV secolo se non addirittura di V, inizi VI secolo. Per l’epoca costantiniana, per il tutto il IV e gli inizi V secolo nel territorio qui considerato sono state raccolte 342 monete (pari al 28%, cfr. Tav.I). In genere sono di pessima lega per cui risultano difficilmente leggibili. Relativamente alle monete per le quali è stato possibile risalire alla zecca di produzione, si nota che per Costantino I e per i membri della sua famiglia vi è una certa varietà in quanto sono attestate Lugdunum, Arelate, Roma, Tessalonica, Siscia, Aquileia ma soprattutto Ticinum, che con 10 esemplari si colloca come zecca percentualmente apprezzabile. Nel periodo successivo29 , ossia dal 337 al 361, sembrano do- 26 Facendo un raffronto con il contemporaneo, tra la fine del I secolo e nel corso del II secolo, si sarebbe verificata una situazione simile a quella che interessò dapprima le monete da 10 e 20 lire italiane e poi quelle da 50 e 100 lire. Gli spiccioli continuarono e continuano ad essere coniati ma sono scomparsi dalla circolazione o stanno scomparendo in quanto molto scomodi perché sono molto rare le merci che possono essere pagate con uno o al massimo alcuni di questi nominali. Di fatto essi sono stati soppianti da monete di maggior valore in grado di facilitare i pagamenti. 27 G. GORINI, Aspetti monetali, cit., in particolare pp. 262-263; per le imitazioni dei Tetrici ad Altino cfr. M. ASOLATI, C. CRISAFULLI, Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto, Provincia di Venezia, Altino I, cit. 28 Sulla sopravvivenza del tipo Divo Claudio e sulla distribuzione degli antoniniani o imitazioni dei Tetrici cfr. B. CALLEGHER, Trento-Teatro Sociale: scavi 1990-1992. Le monete repubblicane, imperiali e medioevali: analisi critica e catalogo del complesso numismatico, in Materiali per la storia urbana di Tridentum. Ritrovamenti monetali, II, a cura di E. Cavada e G. Gorini, Trento 1998, pp. 7-341, in particolare pp. 24-28; M. ASOLATI, Altino tardoantica e bizantina attraverso i ritrovamenti monetali, “Archeologia Veneta”, XVI-XVIII (1993-1995), pp. 87-132, in particolare pp. 89-90; E. ARSLAN, Le monete, in S. Giulia di Brescia. Gli scavi dal 1980 al 1992. Reperti preromani, romani e alto medievali, a cura di G.P. Brogiolo, Firenze 1999, pp. 347-499, in particolare pp. 355-358. 29 L’indicazione dei tipi monetari del IV secolo (con riferimento all’iconografia dei rovesci) segue R.A.G. CARSON, P.V. HILL, J.P.C. KENT, Late Roman Bronze Coinage, London 1960. B. Callegher: Alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria minare solo tre zecche: Aquileia (18 esemplari), Roma e Siscia (ciascuna con 9 esemplari), sia per quanto riguarda i folles ante riforma del 348, sia per i successivi AE3 tipo fel temp reparatio.FH.3.4 o AE4 tipo spes reipublice. Alcune altre zecche occidentali, balcaniche e orientali ricoprirono un ruolo forse marginale in quanto qui segnalate in genere con uno o al massimo due esemplari30 . Le monete del periodo compreso tra il 364 e il 403 sono dapprima gli AE3 tipo securitas reipublicae e tipo gloria romanorum.8 seguiti dagli AE4 tipo victoria auggg.1.2 e salus reipublicae.2 in netta maggioranza da Aquileia, con percentuali apprezzabili da Roma e da Siscia. Da quanto sopra evidenziato si può supporre che nel IV secolo l’apporto alla circolazione monetale sia stato garantito fino a circa il 348 da varie zecche, anche lontane dall’area polesana. Nella seconda metà e soprattutto nell’ultima parte dello stesso secolo la circolazione venne garantita in prevalenza da zecche vicine, soprattutto da Aquileia. Anche in quest’area, dunque, l’afflusso di numerario sarebbe stato assicurato da una sola zecca locale, vale a dire Aquileia. In pratica le varie zecche dell’impero avrebbero coniato moneta principalmente per un loro ambito regionale 31 . Inoltre, poiché il numerario risulta diffuso in numerosi siti si può supporre che vi sia stata una qualche ripresa della circolazione monetaria durante il IV secolo, specialmente là dove più numerosi sono gli esemplari raccolti (cfr. Tabella). A fronte di cospicua presenza di monete del IV secolo fino al tipo salus reipublicae.2 32 , nel V secolo la documentazione numismatica diminuisce drasticamente per poi scomparire del tutto. In effetti sono stati identificati soltanto un AE3 di Onorio, datato tra il 408-423, coniato a Roma (Villadose, Località Taglietto) e un’altra identica moneta dal territorio di Villadose, emessa nelle zecche di Ravenna o di Roma. Si tratta di un dato nuovo rispetto a quanto segnalato nel primo contributo33 e che ha dei riscontri sia in altre località della zona 34 sia più in generale nei territori della Diocesi Italiciana prossimi al Polesine35 . Appare tuttavia confermata la progressiva rarefazione del circolante a partire dal primo decennio del V secolo. Un altro dato nuovo è l’incremento della documentazione bizantina, soprattutto con i bronzi da 40 e 20 nummi di Costantino IV della zecca di Ravenna (668-685), a testimonianza di un certo ritorno all’uso della moneta, sia pur in un ambito ristretto, nel corso del VII secolo 36 . Quello qui tracciato in modo sintetico, e con le avvertenze derivanti dall’impiego di dati decontestualizzati, è il quadro complessivo delle attestazioni di moneta antica nel territorio adriese, in particolare nei comuni di Villadose, Gavello, Ceregnano, 137 30 Sulla distribuzione percentuale delle zecche in questo periodo nella Venetia e nell’area della Slovenia si vedano M. ASOLATI, Altino tardo antica, cit., in particolare pp. 90-91; P. KOS, The Monetary Circulation in the Southeastern Alpine Region ca. 300 B.C.-A.D. 1000, “Situla”, 24 (1984-1985), Lubiana 1986, in particolare pp. 162-194. 31 M. ASOLATI, Altino tardoromana, cit., p. 91 e soprattutto gli apparati bibliografici proposti in Appendice alle pp. 117-126. 32 Tradizionalmente si è ritenuto che la coniazione di questo tipo si sia interrotta nel 403 (J.P.C. KENT, Roman Imperial Coinage, X, The Divided Empire and the Fall of the Western Parts 395-491, Londra 1995, nn. 12451249). Tuttavia di recente un esemplare di Giovanni (423-425), coniato a Ravenna, è stato rinvenuto ad Altino e consente di ampliare il periodo di coniazione fino al 425. Per questa nuova cronologia si veda M. ASOLATI, Altino tardoromana, cit., p. 90, nota n. 6 e M. ASOLATI, C. CRISAFULLI, Ritrovamenti monetali di età romana nel Veneto, Provincia di Venezia, Altino I, cit., p. 34. 33 B. CALLEGHER, I reperti numismatici, cit. 34 Altri esemplari sono noti da Ariano Polesine, San Basilio, Fondo Rocchi per i quali si rinvia agli indici di RMRVe, VII/2. 35 In proposito si vedano, solo come esemplificazione, alcuni contributi riguardanti alcune regioni vicine al Polesine, che facevano parte della citata Diocesi. (Lombardia): E. ARSLAN, Monete, in Archeologia a Monte Barro. Il grande edificio e le torri, a cura di G.P. Brogiolo e L. Castelletti, Lecco 1991, pp. 125-135; E. ARSLAN, Le monete, in Scavi MM3. Ricerche di archeologia urbana a Milano durante la costruzione della linea 3 della metropolitana. 1982-1990, a cura di D. Caporusso, vol. 3.2, Milano 1991, pp. 71-130; E. ARSLAN, Le monete, in Studi sulla villa romana di Desenzano 1., Milano 1994, pp. 115-143; E. ARSLAN, Le monete, in S. Giulia, cit.; (Trentino- Alto Adige): G. RIZZI, Considerazioni sul prolungato uso di moneta romana in relazione alle fasi stratigrafiche e cronologiche di una casa di età tardoromana di Sebatum, “Rivista Italiana di Numismatica”, LXXXVII (1985), pp. 143-193, in particolare alle pp. 178-179; G. GORINI, Aspetti della documentazione numismatica medievale nel Trentino-Alto Adige, “Atti Accademia degli Agiati”, s. VI, 26 (1986), pp. 237-241; B. CALLEGHER, Le monete, in Archeologia a Mezzocorona, a cura di E. Cavada, Trento 1994, pp. 149-179; (Friuli-Venezia Giulia): G. GORINI, Aspetti della circolazione monetaria ad Aquileia e nel suo territorio in età antica, “Antichità Altoadriatiche”, XV (1979), pp. 413-437, in particolare p. 435; (Veneto): M. ASOLATI, Altino tardoantica, cit.; G. GORINI, Aspetti monetali, cit. e la serie RMRVe. Per una possibile prolungata sopravvivenza di emissioni tardoantiche cfr. A. SACCOCCI, Monete romane in contesti archeologici medioevali in Italia, 138 Pontecchio, con ampi riferimenti anche ad Adria e ad Ariano Polesine (cfr. Tav. II). Le conclusioni che si possono trarre mi sembrano quanto mai interessanti. Prima di tutto la curva distributiva per macro periodi risulta coerente con quanto già evidenziato sia per i nominali sia per le autorità emittenti, dapprima nella X Regio e in seguito nella Diocesi Italiciana37 : sporadici apporti di moneta greca, possibile circolazione della dracma venetica, forte afflusso di emissioni romane repubblicane/imperiali in coincidenza della riforma monetaria di Augusto e della distribuzione delle terre ai veterani; sostanziale stabilità nel corso del II secolo caratterizzata da una certa prevalenza d’uso del sesterzio rispetto ai suoi divisionali; rarefazione nella prima parte del III secolo e ripresa dopo il 260; ampia diffusione del follis e degli AE3/AE4 fino all’inizio del V secolo 38 quando si verificò una notevole contrazione destinata a durare almeno due secoli, fino alla timida ripresa dell’epoca bizantina alla fine del VII secolo. Inoltre l’omogeneità del campione ottenuto con la raccolta di superficie rispetto a quanto conosciuto ad esempio per altre località per le quali è stato possibile studiare la documentazione numismatica proveniente da scavi condotti in maniera rigorosa (ad esempio Aquileia, Altino, Trento, San Basilio e vari altri altri siti39 ) conferisce al campione stesso una notevole validità tanto da permettere di considerarlo un esempio attendibile per definire la struttura del circolante in aree non urbanizzate per un periodo di circa sette secoli, ossia dal II secolo a.C. fino al V secolo. Ne consegue che, per quanto riguarda le autorità emittenti, i nominali e soprattutto per la ripartizione cronologica, le monete raccolte nel corso delle prossime campagne di controllo del territorio dovrebbero inscriversi nel quadro delineato (cfr. Tav. II). I nuovi eventuali ritrovamenti di materiale numismatico non dovrebbero perciò modificare il quadro generale delineato nella presente analisi. “Numismatica e Antichità Classiche. Quaderni Ticinesi”, XXVI (1997), pp. 385-405; (EmiliaRomagna): R. CURINA, Le monete, in Ravenna e il porto di Classe. Venti anni di ricerche archeologiche tra Ravenna e Classe, a cura di G. Bermond Montanari, Bologna 1983, pp. 204-214; E. ERCOLANI COCCHI, la circolazione monetale tra tardo antico e altomedioevo: dagli scavi di Villa Clelia, “Studi Romagnoli”, XXX (1978), pp. 367-399; M.L. STOPPIONI, Note sulla circolazione monetaria, in Rimini Medievale. Contributi per la storia della città, Rimini 1992, pp. 408-423. 36 G. GORINI, Moneta e scambi nel Veneto medioevale, in Il Veneto nel Medioevo. Dalla “Venetia” alla Marca Veronese, Verona 1989, pp. 167-197. Sulla circolazione di moneta ravennate si vedano anche A. SACCOCCI, Monete romane in contesti archeologici, cit. e B. CALLEGHER, Emissione e circolazione della moneta di Ravenna, in Atti del Congresso Internazionale di Numismatica, “Ritrovamenti monetali. Problemi e metodi”, Padova 31 marzo-2 aprile 2000, in c.s. 37 G. GORINI, Aspetti monetali, cit., soprattutto la tabella di p. 281 i cui dati percentuali sono sostanzialmente in linea con quelli della ripartizione cronologica del nostro grafico di sintesi, soprattutto nel caso di Aquileia. 38 Una spiegazione collegata alla discesa in Italia di Alarico (402 e 408) è stata avanzata in G. GORINI, Currency in Italy in the fifth century A.D., “Studien zu Fundmünzen der Antike”, 10 (1996), pp. 185-202. 39 Una sia pur panoramica bibliografia su queste località richiederebbe uno spazio che ci sembra esulare dallo scopo di questo contributo che ha carattere sostanzialmente riepilogativo. Ad ogni modo si potrà far riferimento alle pubblicazioni citate in particolare alle note 19, 23, 27, 35, 38. B. Callegher: Alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria 139 CAMPIONE ILLUSTRATIVO DELLE MONETE RECUPERATE 1 ROVIGO, LOC. BERNARDETTA 1. M.ANT. IMP.AVG. III VIR R.P.C., denario (zecca itinerante, al seguito di M. Antonio, 41 a.C.) 2. Autorità non determinata, Asse (Zecca di Roma, II-I sec. a.C.) 3. Filippo I per Otacilia Severa, Sesterzio (Zecca di Roma, 244-249) 4. Licinio I, Follis (Zecca di Arelate, 315-316) 5. Licinio I per Licinio II, Follis (Zecca di Arelate, 317) 6. Costantino I per Crispo, Follis (Zecca di Siscia, 321-324) 2 3 4 5 6 SAN MARTINO DI VENEZZE, LOC. FENILETTI 1. C. Plotius Rufus per Augusto (Zecca di Roma, 15 a.C.) 2. Corcyra, bronzo (229-48 a.C.) 1 2 VILLAMARZANA, FONDO MICHELA 1. Costantino IV, 40 nummi (Zecca di Ravenna, 668-685) 2. Manuele I Comneno, Aspron Tracky (Zecca di Costantinopoli, 1143-1180) 1 2 VILLADOSE LOC. TAGLIO 1. Aureliano per Severina, Gallieno per Salonina, Antoniniano (Zecca di Roma?, 256-275) 1 140 CRESPINO LOC. PASCOLON 1. Caro, Antoniniano (Zecca di Ticinum, 282283) 1 VILLADOSE LOC. TAGLIETTO 1. CAESAR DIVI F, AE, (Zecca del Nord Italia?, 38 a.C.) 1 1 2 3 VILLADOSE TERRITORIO 1. C. Considius Paetus, Quinario (Zecca di Roma, 46 a.C.) 2. CAESAR DIVI F, AE (Zecca de Nord Italia?, 38 a.C.) 3. Tetrico I, Antoniniano (Zecca della Gallia, 270273) 4. Tetrico I per Tetrico II, Antoniniano (Zecca della Gallia, 270-273) 5. Tetrico I, Tetrico II, Antoniniano (Zecca della Gallia, 270-274) 6. Onorio, AE3 (Zecca di Roma o Aquileia, 408423) 4 5 6 CEREGNANO LOC. MARCONA 1. C. Heius Pam q Caecil Niger IIviri, AE, (Zecca di Corinto, 34-31 a.C.) 1 B. Callegher: Alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria 141 SARZANO LOC. PONTE ALTO 1. Vetro con dritto di un sesterzio di Antonino Pio per Diva Faustina I 1 SAN MARTINO LOC. CA’ VENEZZE 1. Severo Alessandro per Giulia Mamea (Zecca di Roma, 222-235) 1 CRESPINO, LOC. FENILE CAMPAGNOLA (VC37) 1. Aes Rude, gr. 96,232 1 142 TAV. 1: Distribuzione cronologica delle monete con relative percentuali TAV. 2: Distribuzione cronologica e quantitativa delle monete PRESENZA MONETARIA DAI RITROVAMENTI DI SUPERFICIE NELL’AREA COMPRESA B.LA Callegher: 143 TRA ROVIGO-EST E ADRIA Alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria I dati proposti in questa tabella sono stati desunti dal volume RMRVe, XXXX, Adria, ove sono stati censiti la quasi totalità delle monete raccolte nel corso del survey condotto dal Gruppo Archeologico di Villadose. Sono stati presi in considerazioni tutti gli esemplari, compresi gli assi romani repubblicani, anche se consunti o spezzati, mentre non vi figurano i pezzi romani imperiali di incerta collocazione cronologica. Le sigle alfanumeriche poste nella colonna della località di rinvenimento corrispondono alla numerazione dei siti così come è stata elaborata nel corso degli anni dal citato gruppo di ricerca di superficie. In alcuni casi compare anche qualche indicazione discorsiva, in sostituzione della sigla non ancora attribuita. La data ultima per la presa in esame delle monete è la campagna di ricerca 1998/1999. 144 B. Callegher: Alcune osservazioni sulla presenza monetaria nell’area a est di Rovigo e nel territorio di Adria 145 146 146