LA DELEGA DI FUNZIONI E LA RIPARTIZIONE DELLE

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LA DELEGA DI FUNZIONI E LA RIPARTIZIONE DELLE
LA DELEGA DI FUNZIONI E LA RIPARTIZIONE DELLE RESPONSABILITA’
4.1 Il previgente D.Lgs. 81/2008 e l’evoluzione normativa dell’art. 16 alla luce del D.Lgs. 106/2009
Anzitutto è opportuno richiamare il testo normativo (art. 16 T.U. 81/2008) sia nella versione ante 2009 sia in quella
vigente, introdotta con D.Lgs. 106/2009:
Art. 16. Delega di funzioni
Art. 16. Delega di funzioni
In vigore dal 15 maggio 2008
In vigore dal 20 agosto 2009
Testo precedente le modifiche apportate dal D.Lgs.
1. La delega di funzioni da parte del datore di
3 agosto 2009, n. 106.
lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa
con i seguenti limiti e condizioni:
1. La delega di funzioni da parte del datore di
lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
con i seguenti limiti e condizioni:
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di
natura delle funzioni delegate;
professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di
natura delle funzioni delegate;
organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla
specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di
organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di
specifica natura delle funzioni delegate;
spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni
delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di
spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni
e) che la delega sia accettata dal delegato per
delegate;
iscritto.
e) che la delega sia accettata dal delegato per
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data
iscritto.
adeguata e tempestiva pubblicità.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di
adeguata e tempestiva pubblicità.
vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al
corretto espletamento da parte del delegato delle
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di
vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al
funzioni trasferite. L’obbligo di cui al primo periodo
si intende assolto in caso di adozione ed efficace
corretto espletamento da parte del delegato delle
attuazione del modello di verifica e controllo di cui
funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche
all’ articolo 30, comma 4. (1)
attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui
all'articolo 30, comma 4.
3-bis. Il soggetto delegato può, a sua volta, previa
intesa con il datore di lavoro delegare specifiche
funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro
alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2. La
delega di funzioni di cui al primo periodo non
esclude l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in
ordine al corretto espletamento delle funzioni
trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la
delega di cui al presente comma non può, a sua
volta, delegare le funzioni delegate. (2)
(1) Comma così modificato dall'art. 12, comma 1,
D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
(2) Comma aggiunto dall'art. 12, comma 2, D. Lgs. 3
agosto 2009, n. 106.
La delega di funzioni in generale negli anni ha assunto contorni sempre più precisi, disegnati mano a mano dalla
giurisprudenza di legittimità, che ne ha tratteggiato le linee portanti.
Per tutte si cita la sentenza Cassazione, V Sezione Penale, 22.11.2006, n. 38425, che ha affermato che lo “atto di
delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle
necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico,
fermo comunque l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la
delega, secondo quanto la legge prescrive (di recente, in termini, v. Cass., Sez. IV, 12 gennaio 2005, Cuccu; nonché
Cass., Sez. IV, 1° aprile 2004, Rinaudo ed altro)”.
A ciò s’aggiunga che l’autonomia del delegato si “misura” anche con l’ autonomia di spesa dello stesso; Cassazione,
Sez. IV penale, (ud. 06-12-2007) 08-02-2008, n. 6277, infatti, ha riconfermato che “ampi ed autonomi poteri di spesa
ed organizzativi in materia di prevenzione degli infortuni, (sono, ndr) ritenuti indispensabili ai fini dell'esonero da
responsabilità del datore di lavoro”.
La situazione ante D. Lgs. 81/2008 era, peraltro, consolidata, anche in tema di assenza di deleghe formali, così come
espresso anche da Cassazione, Sez. IV penale, 20.12.2007, n. 47173: “il sistema prevede che il datore possa delegare
ad altri alcune delle funzioni che attengono alla sua sfera di responsabilità (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 1, comma 4
quater); ma non richiede che i distinti soggetti legalmente individuati, il dirigente ed il preposto, debbano essere
muniti di una delega ad hoc perché assumano la responsabilità che la legge demanda loro. Tale sfera di
responsabilità, lo si ribadisce, è conformata sul ruolo istituzionale svolto, come emerge dal lessico del richiamato D.
Lgs. n. 626 del 1994, art. 1, comma 4 bis: "nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti ed i
preposti che dirigono o sovrintendono le stesse attività sono tenuti all'osservanza delle disposizioni del presente
decreto". Tale disciplina, del resto, si limita a ribadire e chiarire il ruolo di garanzia, per certi versi autonomo, che già
il D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4 attribuiva a tali soggetti””.
All’epoca, anche in ambito più generale rispetto alla materia infortunistica, si ammetteva in presenza di determinate
condizioni (impresa di ampie dimensioni, organizzata) la cosiddetta “delega di fatto”, orientamento oggi
saggiamente riaffermatosi da parte della S.C. (cfr. in tempi recentissimi Cass., sez. IV pen., 26.6-29.7.2014, n. 33417).
La lettera della norma, con l’introduzione nel 2009 del comma 3 bis all’art. 16 del T.U., dà conto dell’impossibilità
precedentemente e dell’attuale opportunità per il delegato di delegare a sua volta le funzioni a sé delegate dal
datore.
Anche il comma 3 del T.U., tuttavia, a seguito della modifica del 2009, impone quale unico strumento di vigilanza
l’adozione dei modelli di cui al D. Lgs. 231/2001 (e non più come eventuale mezzo di vigilanza tra i tanti indefiniti).
Chiarissima anche la volontà del legislatore di vietare sub-deleghe ulteriori.
4.2 Tratti e requisiti essenziali della delega di funzioni
L’istituto di matrice essenzialmente giurisprudenziale della delega di funzioni, che nella previgente l. 626/1994
poteva solo implicitamente dedursi a contrariis dal dettato dell’art. 1, comma 4-ter [1], ha trovato dunque espresso
riconoscimento normativo all’art. 16 del d.lgs. 81/2008 e successive modificazioni.
In linea con gli obiettivi di efficienza degli attuali assetti aziendali, il Legislatore accoglie e sancisce al primo comma
del predetto articolo il principio di generale delegabilità delle funzioni datoriali, in virtù del quale la facoltà del datore
di lavoro di trasferire in capo a terzi compiti e funzioni inerenti alla gestione dei propri obblighi organizzativi e
prevenzionistici, offre allo stesso la possibilità di coadiuvarsi di soggetti qualificati, idonei talora a supplire lacune
determinate dalla carenza di specifiche conoscenze tecniche, e di alleggerire il carico dei propri obblighi ed oneri,
assurgendo così a vero e proprio strumento di organizzazione imprenditoriale. L’ambito applicativo di siffatto
principio generale viene anzitutto circoscritto attraverso l’indicazione tassativa delle funzioni indelegabili da parte
del datore di lavoro, al fine di porre un marcato limite alla trasferibilità degli obblighi datoriali in materia
prevenzionistica e antinfortunistica; siffatte eccezioni, di cui all’art. 17 del medesimo decreto, sono individuate nella
valutazione relativa a tutti i rischi connessi all’attività di impresa [2] e nella redazione del relativo Documento [3],
nonché nella designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi [4].
Il Legislatore non esplicita cosa debba puntualmente intendersi per “ delega di funzioni”, tuttavia, sotto il profilo
della natura giuridica, può pacificamente riconoscersi come essa presenti i caratteri di un atto negoziale, bilaterale e
costitutivo in capo al delegato di una vera e propria sfera funzionale.
Espressa, puntuale e tassativa, invece, la previsione normativa dei requisiti essenziali dell’istituto de quo, sia formali
che sostanziali, allineata con la giurisprudenza più formalista pronunciatasi sulle modalità di esteriorizzazione della
delega di funzioni, attenta nel voler prevenire difficoltà probatorie in relazione alla validità delle deleghe.
Alla lettera a) del primo comma dell’art. 16 si rinviene un primo duplice requisito dell’atto di delega, consistente
nella richiesta di forma scritta, ad substantiam, e di data certa. Come ribadito dai Giudici di merito in diverse recenti
sentenze, è anzitutto esclusa la possibilità di conferimenti orali, ed altresì l’interpretare la richiesta di forma scritta
come ad probationem; si legge nella seguente pronuncia che “L’atto di delega, come poi espressamente sancito
dall’art. 16 del D.lgs. 81/2008 (che ha recepito buona parte degli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte di
legittimità), deve risultare da atto scritto avente data certa onde poter verificare l’effettività della nomina e dello
svolgimento delle funzioni conferite anteriormente al verificarsi dell’infortunio”, e ancora: “Gli obblighi di cui è
titolare il datore di lavoro possono essere trasferiti ad altri sulla base di una delega che deve però essere espressa,
inequivoca e certa, non potendo la stessa essere invece implicitamente presunta nella ripartizione interna all’azienda
dei compiti assegnati ai dipendenti o dalle dimensioni dell’impresa” [6].
Segue, alla lettera b), l’imposizione al delegato del possesso di requisiti di carattere materiale quali professionalità ed
esperienza. In proposito, è pacifico il riferimento alle qualità empiriche del delegato, in relazione ad attività svolte
nel corso della propria formazione professionale e della propria carriera; si richiede, infatti, non una generica
propensione organizzativa, ma una competenza tecnica e professionale parametrata e correlata all’attività da
svolgere, laddove una mera valutazione in termini di affidabilità o idoneità del delegato non sarebbe rispettosa del
dettato normativo. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, in linea con siffatto intendimento, utilizza il lessico
seguente: “necessarie conoscenze tecnico-scientifiche in materia di sicurezza del lavoro”, “particolare esperienza
nell’organizzazione dei presidi antinfortunistici nei luoghi di lavoro, anche in relazione alla specifica attività
produttiva esercitata dall’impresa”, “soggetto di particolare competenza nel settore della sicurezza individuato e
rivestito del suo ruolo con modalità rigorose”, “persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni
tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento” “persona esperta e competente”
A elementi contenutistici determinanti per la corretta operatività della delega, fanno riferimento le disposizioni sub
c) ed), per le quali al delegato devono necessariamente attribuirsi “tutti i poteri di organizzazione, gestione e
controllo” adeguati alla natura delle attività richieste, ed è altresì essenziale il conferimento “dell’autonomia di spesa
necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate”; trattasi di imprescindibili profili di autonomia gestionale che
completano la posizione di garanzia derivata e ne garantiscono l’effettiva esplicazione.
Il requisito dell’accettazione per iscritto da parte del delegato, di cui alla lettera e), consacra la delega di funzioni a
negozio bilaterale, distinguendola da un mero atto unilaterale recettizio, quale il già ricordato conferimento di
incarico.
Completa il novero degli elementi essenziali il disposto del comma 2, ove si richiede venga data alla delega
tempestiva e adeguata pubblicità; quest’ultima deve di certo ricondursi alle forme di cosiddetta pubblicità-notizia
previste dalla legge, ma in relazione alle modalità di attuazione mediante le quali può dirsi soddisfatta non vi è
ancora uniformità.
Ai requisiti puntualmente individuati dal dettato normativo del commentando art. 16, si aggiunga un elemento
ulteriore, connaturato alla delega stessa e reso pacifico da una giurisprudenza linearmente unanime: trattasi
dell’individuazione dei compiti di natura prevenzionistica oggetto del trasferimento. Come recita il Supremo Collegio
“La delega alla sicurezza sul lavoro richiede l'individuazione, da parte del delegante datore di lavoro, dei compiti di
natura specificamente prevenzionistica che vengono trasferiti in forza della stessa. In tal modo, può considerarsi
come delegato alla sicurezza il direttore di stabilimento cui è imposta la predisposizione di misure antinfortunistiche
in relazione a tutti i macchinari presenti in azienda, e non anche il direttore nominato responsabile di un determinato
servizio (nella specie, direttore del servizio di ingegneria industriale e progettazione), al quale la delega è stata
attribuita in senso "atecnico", come può essere attraverso un atto che concretizza l'articolazione organizzativa
aziendale”.
Fonte Punto Sicuro
Decreto 231: è sufficiente la presenza di un modello organizzativo?
Modelli di organizzazione e di gestione aziendale e applicazione del D.Lgs. 231 del 2001. Le caratteristiche dei
modelli e le carenze che annullano il potenziale esimente dalla responsabilità amministrativa delle aziende.
Più volte è stato affrontato il rapporto tra il D.Lgs. 81/2008 e il D.Lgs. 231/2001 in relazione alla responsabilità
amministrativa delle aziende e ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime commessi
con violazione delle norme antinfortunistiche.
Meno spesso abbiamo sottolineato quanto questi temi si ripercuotano sulle attività di indagine svolte
quotidianamente dagli operatori PSAL delle ASL, per eventi infortunistici e per malattie professionali, specialmente
laddove viene richiesto di verificare se esistano delle responsabilità a carico delle aziende in base al D.Lgs. 231/2001.
Per parlare di responsabilità amministrativa con riferimento non solo alle caratteristiche dei modelli di
organizzazione e gestione (MOG) ma anche a situazioni di verifica della loro efficacia, possiamo presentare gli atti di
una serie di incontri formativi (4 e 11 giugno 2015) organizzati dall’ Azienda Sanitaria Locale di Milano con il titolo
“Sistemi di gestione della sicurezza e articolo 30 D.Lgs. 81/08. Modelli di organizzazione e di gestione aziendale e
applicazione del D.Lgs. 231 del 2001”.
Nell’intervento “Esperienza concreta di applicazione del D.Lgs 231 e individuazione dei soggetti responsabili”, a
cura del Dr. Maurizio Ghezzi e del Dr. Andrea Matteo Basso, si ricorda innanzitutto che, con riferimento all’Art. 30
del D. Lgs. 81/2008, un modello di organizzazione e gestione “consente di avere efficacia esimente dalla
responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società … purché adottato ed efficacemente attuato,
assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi a:
1) il rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti
chimici, fisici e biologici;
2) le attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
3) le attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di
sicurezza, consultazioni dei RLS;
4) le attività di sorveglianza sanitaria, informazione e formazione dei lavoratori;
5) le attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza;
6) l’acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
7) periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate”.
Il documento agli atti, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta poi vari altri requisiti e ricorda alcuni “punti
di vista” e “difficoltà” di vari ruoli relativi alla gestione del MOG o alla verifica della sua efficace attuazione:
consulente SGSSL, membro dell’Organismo di Vigilanza (OdV), consulente tecnico d’ufficio (CTU).
Veniamo brevemente ad un “case study” relativo ad una realtà produttiva “in cui si sono verificati 2 infortuni che
hanno determinato gravi lesioni (amputazione di più dita della mano) in due diversi lavoratori, operanti nel
medesimo reparto, a distanza di meno di 2 mesi l’uno dall’altro”.
In questo caso ci sono i potenziali elementi esimenti: “presenza di un MOG ex D. Lgs. 231/01 (costituito da codice
etico, protocolli/procedure, sistema sanzionatorio); realtà strutturata; presenza di un Organismo di Vigilanza;
previsione di procedere a certificare il SGSSL implementato in conformità alla norma BS OHSAS 18001:07”.
Ma non sempre i “potenziali elementi esimenti” sono sufficienti per evitare la responsabilità amministrativa...
Nelle indagini a seguito degli infortuni il PM chiede al CTU di valutare se:
- “il MOG adottato è idoneo a prevenire i reati verificatisi;
- il MOG è efficacemente attuato anche in relazione ai poteri di disposizione, controllo e spesa desumibili dall'art. 30
del D. Lgs. 81/08 e dei requisiti richiesti da quest'ultima norma in relazione alla registrazione, le verifiche,
l'articolazione di funzioni, idoneo sistema di controllo e quant'altro espressamente richiamato dalle disposizioni
indicate;
- la presenza di interesse/risparmio di spesa”.
Il relatore descrive nel dettaglio l’approccio operativo del CTU, gli elementi ricercati e quelli trovati in questo
specifico caso ( codice etico, alcune procedure, OdV, sistema sanzionatorio, ...).
Tuttavia nella valutazione di diverse procedure si rileva in un caso “una incompleta attività di informazione e
formazione del personale relativamente alle procedure relative alla gestione delle specifiche linee di produzione,
peraltro risultate incomplete nei loro contenuti, in relazione alle evidenze emerse con gli infortuni”. In un altro caso
si rileva “un’incompleta attività di analisi delle cause (richiamo al lavoratore e non intervento sulla causa radice nel
primo evento) o peggio un’autodenuncia…(a protezioni installate, dopo il secondo evento, considerazioni
sull’ostacolo alla produzione). In entrambi i casi, analisi eseguita violando le tempistiche imposte dalla procedura”.
Insomma vi sono “insufficienti evidenze dell’avvenuta adozione ed efficace attuazione di un piano di formazione
dei lavoratori in grado di rendere edotti i lavoratori sui rischi residui presenti e sui contenuti delle correlate
specifiche procedure aziendali” e si ricorda, come indicato nell’articolo 30 del TU, che il MOG per avere efficacia
esimente deve, ad esempio, “assicurare un idoneo sistema aziendale per adempiere agli obblighi giuridici di
valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti”.
L’esempio poi riporta alcune violazioni normative in relazione alla conformità delle macchine.
Invitando alla lettura completa degli atti, ne riportiamo alcuni stralci : “ciascuna calandra, sulla quale hanno avuto
luogo gli infortuni, fa parte di una linea di produzione (‘raffreddatore’), costituita da calandra, raffreddatore mobile a
nastro e frantumatore rotante…” e la dichiarazione di conformità di uno dei raffreddatori, “riporta esplicitamente la
dicitura che ‘la macchina non può essere messa in funzione prima che la macchina in cui deve essere incorporata o
con cui deve essere assemblata sarà stata dichiarata conforme con la Direttiva Macchine’. Inoltre… la Ditta
costruttrice scrive che la ‘linea di raffreddamento’ viene fornita cieca, per quanto concerne ‘la feritoia necessaria per
consentire l’alimentazione del prodotto e l’alloggiamento della testata dell’estrusore’, lasciando di fatto
all’utilizzatore l’onere e la responsabilità di realizzare l’ ‘insieme’ costituito da estrusore e ‘raffreddatore’ con la
conseguente necessità di garantire le misure di natura antinfortunistica”. E le feritoie di accesso ai rulli delle calandre
“sono state dotate in maniera definitiva delle necessarie e identiche protezioni solo a seguito di entrambi gli eventi
infortunosi e del ricevimento delle prescrizioni ASL”.
Si ha quindi:
- “violazione normative di legge;
- MOG privo di procedure in grado di fornire adeguati criteri operativi per assicurare le necessarie certificazioni di
legge e la garanzia dei requisiti di sicurezza di impianti ed attrezzature, prima del loro inserimento nei reparti e
relativa messa in funzione (pertanto idonee a prevenire i reati)”;
- “inadeguata valutazione e gestione dei rischi a seguito della messa in esercizio delle linee di produzione (senza
protezioni)”.
Dopo aver riportato informazioni su quanto rilevato in relazione all’adeguatezza dei controlli (operatori, Direzione,
OdV, ...) e alle deleghe con autonomia di spesa per il Responsabile HSE, si riporta il parere del CTU.
Riguardo all’idoneità del modello organizzativo il parere segnala:
- “MOG delineato ma non idoneo, al momento del manifestarsi degli eventi infortunosi, a prevenire la commissione
dei reati ascritti. Principali carenze riconducibili alla mancata adozione di idonee procedure atte a regolare in modo
efficace le attività di acquisto dei macchinari di produzione (…), nonché di valutazione dei rischi residui (…) prima
della loro effettiva messa in funzione;
- complesso delle procedure presenti, prescindendo dal giudizio relativo alla loro completezza ed efficacia, di fatto
non esplicitamente ricompreso in modo organico nell’insieme degli elementi costitutivi del MOG, rendendolo di
fatto incompleto”.
E per quanto concerne l’assetto procedurale prevale dunque la “mancata/inadeguata adozione” rispetto alla non
efficace attuazione. E in merito alle deleghe ed al potere di spesa “si rileva che pur in presenza di una specifica
delega con autonomia di spesa, al momento del primo infortunio non è stata attuata nessuna azione di segregazione
delle parti pericolose”.
Per finire, in risposta ai quesiti posti dal PM, il CTU riporta anche indicazioni relative alla presenza di
interesse/risparmio:
- “risparmio di spesa scaturente dal mancato adeguamento dei macchinari considerabile di modesta, se non
trascurabile entità (< 1.000,00 euro), di fatto non in grado ragionevolmente di costituire un vantaggio per l’Ente”;
- “diversamente si può intendere e quantificare l’interesse per l’Ente, laddove si consideri che la mancata
installazione o, peggio, la rimozione delle protezioni sia stata realizzata al fine di ovviare a inconvenienti di
funzionamento dei macchinari e quindi allo scopo di migliorare l’efficienza produttiva. Si ritiene pertanto realistico
ipotizzare, con un giudizio ex ante, una scelta imprenditoriale (quella di non installare o peggio rimuovere le
protezioni delle parti pericolose delle linee di produzione) connessa a miglioramenti produttivi. È quindi verosimile
che l'interesse dell'Ente si configuri in una valutazione ex ante di maggiore efficienza produttiva del reparto,
ricollegabile alla rimozione delle barriere protettive delle macchine da cui sono derivati gli infortuni”.
E riguardo, infine, alla connotazione oggettiva del vantaggio, si “ritiene che anche se di difficile quantificazione,
questo sia comunque rilevabile ex post nella riduzione dei tempi di lavorazione associati alla riduzione/eliminazione
degli interventi di rimozione del materiale estruso bloccato dalle protezioni, e quindi nella maggiore produttività
delle linee di produzione, a cui è ragionevole attribuire una consistenza di natura economica”.
Fonte Punto Sicuro