Scheda tecnica - Ministero dei beni e delle attività culturali e del

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Scheda tecnica - Ministero dei beni e delle attività culturali e del
Scheda tecnica
Il Reliquiario di Sisto V, dal Museo Vescovile di Montalto Marche (AP)
Autori. Jean Du Vivier (?), Parigi, ultimo ventennio del secolo XIV; bottega orafa veneta, 1457-1464; Diomede
Vanni, Roma, doc. 1587.
Tecnica e materiali: Argento (fuso, sbalzato, inciso, dipinto a tempera e dorato ad amalgama di mercurio); oro (in
lamina, smaltato en ronde bosse); niello; ferro; vetri; zaffiri; spinelli; perle; cammeo in agata sardonice.
Misure: 66,5 x 43 x 23 cm.
Montalto Marche (AP), Museo Sistino Vescovile.
Restauri precedenti: Istituto Centrale del Restauro, Roma, 1987-1990.
Una delle opere di oreficeria più straordinarie nelle collezioni italiane, e non solo: l’antichità del
manufatto, la preziosità dei materiali, la provenienza dalle antiche botteghe parigine, la sua storia,
intrecciata con quella di due papi.
Cenni storici:
L’opera è forse identificabile in un oggetto elencato nell'Inventario di Carlo V (1379-1380) tra le preziose opere
conservate nell'Oratorio della Cappellina del re al Louvre; lo si riscontra ancora nelle ricognizioni del Tesoro
dell'erede, Carlo VI, negli anni 1391, 1400 - 1405, 1413.
Nel 1457, l'oggetto ricompare nell'Inventario del cardinale veneziano Pietro Barbo, papa dal 1464 al 1471 col
nome di Paolo II. A lui si devono le sostanziali modifiche compiute sul Reliquiario, con l’inserimento degli
stemmi cardinalizi (d'azzurro al leone rampante, attraversato da una banda) e delle due iscrizioni dedicatorie, in
smalto blu, sulla sommità della base delle due facciate del Reliquiario. Sulla sommità dell’opera viene posta una
edicola che incornicia un prezioso medaglione d’oro, smalti, gemme e perle, in cui sono montati un cammeo
bizantino in sardonice raffigurante Cristo e una lastrina d’oro incisa e niellata con una iscrizione relativa al
committente.
Nel 1587, durante il suo secondo anno di pontificato, papa Sisto V, al secolo Felice Peretti, dona il prezioso
oggetto alla cittadina di Montalto nelle Marche, sua "patria carissima". Il papa marchigiano aveva tratto il
Reliquiario dal Tesoro vaticano, forse scegliendolo in quanto contrassegnato da uno stemma molto simile al suo.
Diomede Vanni, l'orefice incaricato della "repolitura e rassettatura" dell'oggetto, si occupò certamente della
modifica delle scritte dedicatorie aggiungendo sulla banda dello stemma preesistente gli emblemi del papa, la
stella e tre monti.
Tecnica di realizzazione:
Il Reliquiario è realizzato in argento, sia in lamina che per fusione, ed è dorato ad amalgama di mercurio. La
tavola superiore, per quanto di articolata volumetria, si compone di sole due parti: quella frontale, nel cui
spessore sono ricavate le teche porta-reliquia e su cui sono ancorate per mezzo di linguette ripiegate le figure in
oro smaltato, e quella posteriore, costituita da una spessa lastra di argento dorato, lavorata a sbalzo e cesello con
una candelabra e ampi girali vegetali su fondo con ricca decorazione sablé; la rimozione di questa lastra, fermata a
sua volta da una cornice liscia, consente di accedere al volume interno della tavola e ai sistemi di fissaggio di tutti
gli altri elementi, ovvero della base, delle figure smaltate, degli angeli apicali e del tempietto, entro cui è collocato
un magnifico medaglione in oro smaltato con un cammeo bizantino raffigurante Cristo.
Stato di conservazione:
La necessità di procedere ad un nuovo intervento conservativo è stata dettata dalla fioritura, sull’intera superficie
metallica ed in particolar modo sulla base, di un velo pressoché uniforme di composti salini di alterazione,
identificati dal Laboratorio Scientifico dell’Opificio in formiati di rame, derivati dall’interazione della lega
d’argento con l’acido formico esalato dalle strutture lignee che componevano la vetrina entro cui l’opera era da
tempo conservata. Fenomeno meno appariscente e più localizzato erano alcune sbollature della doratura,
concentrate principalmente nella parte inferiore della tavola smaltata. Responsabili del sollevamento della
pellicola d’oro sono composti salini identificati in cloruri d’argento, misti a piccole quantità di sodio. Sull’origine
della presenza del cloruro di argento si possono avanzare diverse ipotesi: è possibile che esso sia legato alla
tecnica stessa di doratura; all’uso, in precedenti interventi di restauro, di prodotti (sali e/o acidi) contenenti cloro;
all’interazione della superficie con i cloruri presenti in atmosfera, a causa dell’aeresol marino e/o inquinamento.
Per il resto lo strato vetrino degli smalti è in genere perfettamente solidale con il supporto aureo, anche in
corrispondenza delle rare lacune (le più ampie riguardano le mani del Cristo, parte della veste dell’Angelo e della
sua ala destra nel gruppo principale). Al contrario, risulta molto compromesso nell’adesione al supporto metallico
e diffusamente fratturato il vasto prato fiorito che occupa l’intera parte inferiore della tavola, realizzato non in
oro, ma in argento, molto probabilmente per motivi di resa cromatica; molte sono, di conseguenza, le lacune, che
rendono visibile l’argento sottostante, ormai ossidato.
Intervento di restauro:
Per quanto l’antichità dell’opera, la sua complessità strutturale e la preziosità degli smalti invitassero ad un
intervento il più cauto e prudente possibile, si è resa ben presto evidente la necessità di procedere allo
smontaggio del Reliquiario, in assenza del quale tutte le successive operazioni sarebbero state alquanto parziali e
dal risultato incerto. A causa dell’antichità dell’opera e della sua conseguente usura, è stato effettuato uno
smontaggio parziale, ovvero con la sola separazione della tavola superiore e della lastra posteriore dalla base,
attraverso la rimozione di pochi fili di fissaggio e del tubo di fissaggio interno, sfilandolo dalla sua sede. Lo
smontaggio ha riguardato anche il tempietto apicale, fissato alla tavola con linguette di ferro, materiale non
compatibile con una corretta conservazione dell’opera. Questi elementi sono stati in seguito sostituiti con altri,
analoghi, in argento. Motivi di prudenza hanno suggerito di non procedere oltre con lo smontaggio, ovvero di
non separare le figure smaltate dalla tavola poiché tutti questi elementi sono bloccati sulla struttura principale per
mezzo di linguette ripiegate, sulle quali l’azione meccanica avrebbe con tutta probabilità provocato fratture e
rotture.
Le parti metalliche sono state sottoposte a pulitura: i composti salini di alterazione sono stati rimossi con
impacchi localizzati di soluzioni complessanti gelificate, accuratamente risciacquati al termine dell’operazione,
mentre le ossidazioni iridescenti che offuscavano la ricca doratura sono state alleggerite con tamponature
localizzate di pasta micro-abrasiva da orafi.
L’intervento sugli smalti è stato particolarmente lungo e minuzioso, completamente effettuato al microscopio.
Le operazioni di pulitura, con micro-tamponi intrisi di solventi volatili, hanno permesso di rimuovere i depositi
pulverulenti e lo sporco generico, accompagnandosi al consolidamento delle zone fratturate e dei margini delle
lacune.
La protezione delle parti metalliche con apposita vernice è stata limitata alla base, alla lastra posteriore e al
tempietto apicale, evitando invece di stendere qualunque protettivo sulla tavola smaltata, da cui sarebbe
particolarmente difficile rimuoverla in futuro.
All’interno del Museo Sistino di Montalto, l’opera verrà collocata in una nuova vetrina e in un ambiente
microclimatico controllato, che garantiranno le migliori condizioni per la corretta conservazione del prezioso
manufatto.
Soprintendente: Marco Ciatti
Direzione del restauro: Clarice Innocenti
Direzione tecnica: Cinzia Ortolani
Restauro: Paolo Belluzzo (Restauratore diplomato presso la Scuola di Alta Formazione dell’OPD)
Restauro della policromia a tempera degli angeli apicali: Oriana Sartiani (OPD)
Consulenza sulle antiche tecniche di realizzazione: Alessandro Pacini
Indagini scientifiche: Simone Porcinai, Andrea Cagnini, Monica Galeotti (Laboratorio Scientifico dell’OPD)
Fotografie: Marco Brancatelli (OPD), Paolo Belluzzo, Bruno Vannucchi