L`Uso della BOZZA sul Rimorchiatore, un artificio che viene da

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L`Uso della BOZZA sul Rimorchiatore, un artificio che viene da
L'Uso della BOZZA sul Rimorchiatore, un artificio che viene da lontano...
L'uso della BOZZA sul Rimorchiatore, un artificio che viene da lontano...
C’era un tempo, che si può dire definitivamente archiviato agli inizi degli anni ’90, in cui la
tecnica di rimorchio, usata nei porti principali del mondo, era molto complicata.
Ogni rimorchiatore portuale aveva una sua particolare “costruzione navale” che risentiva
dell’età, della provenienza e dell’impiego.
La seconda guerra mondiale aveva poi immischiato le carte, cioè i motori, le architetture, le
funzionalità, la logistica. Molti rimorchiatori erano residuati bellici: scafi grandi con scarsa
potenza e scafi piccoli con grande potenza. C’erano macchine a vapore e motori Diesel che,
con il freddo della tramontana, si mettevano in moto, soltanto, come certe femmine…. per opera
di mani “sapienti”, che avevano ricevuto il crisma segreto di qualche “mago-sacerdote”…
Il Comandante Rr era la prima vittima di bordo e se voleva “vedere” il rimorchio ed il pilota,
doveva lavorare sulla porta aperta del ponte di comando, perchè le scialuppe di bordo, (mai
messe in mare), le gigantesche maniche a vento e le ciminiere sproporzionate, davano
sicuramente prestigio e visibilità alla Società RR con la loro imponenza, ma la toglievano al
Comandante, che spesso era costretto a ballare da una parte all’altra, come un macaco, non
solo a causa del freddo, ma per lavorare, che era la prima necessità di guadagno per tutti,
soprattutto per gli armatori. Ovviamente la radio VHF era ancora in fase di studio…
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Era un tempo in cui i “principali”, com’erano chiamati allora, preferivano assumere i “rivieraschi”,
sicuramente per le loro doti marinaresche, ma soprattutto perché alla sera non ritornavano alle
loro case e rimanevano “ospitati” a bordo per tutta la settimana, facendo la guardia “gratis” al
rimorchiatore.
Poi… nel 1968, anno d’importanti rivoluzioni, apparvero in scena i primi “Rotori” a sistema
cicloidale, che vederli lavorare in coppia con i rimorchiatori di legno, veniva naturale riderci
sopra, perché davano, nell’insieme, l’idea bizzarra della “multietnicità ante litteram”. Si trattò di
una breve e strana convivenza di mezzi estremamente eterogenei, che avevano la stessa
funzione di rimorchiare navi, ma con capacità diverse. Da questo quadretto atipico emergeva
soprattutto la duttilità e lo spirito d’adattamento dei cosiddetti “
ultimi barcaccianti
”.
Era un’epoca in cui, ovviamente, anche le navi che approdavano a Genova si dividevano in
piroscafi e motonavi, in moderni “container” e gigantesche petroliere, nel “navalpiccolo” e
persino qualche motoveliero che ormeggiava alla darsena e alle calate interne.
Rimorchiatore in legno Bengasi. Il più piccolo, ma tenace, della flotta RR di Genova.
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Nel panorama navale di quegli anni, anche il piccolo Bengasi di legno, alla fine della giornata
aveva tanti
ganci come gli altri
rimorchiatori più richiesti e blasonati.
In queste poche note introduttive, s’intuisce, tuttavia, la spiegazione di quello strano fenomeno
che legava il nome del rimorchiatore al suo Comandante.
Citiamo soltanto un esempio: quando gli americani sbarcarono in Normandia il 4 giugno 1944,
dovettero portarsi da casa anche i rimorchiatori portuali, per aiutare una flotta di 5.000 navi a
districarsi in acque ristrette, o per meglio dire, per evitare che si dessero delle pruate durante
l’invasione sulle famose spiagge di Ohmaha-Juno-Gold ecc…
A guerra conclusa, i rimorchiatori superstiti del D-Day, furono acquistati ed impiegati in molti
porti Europei.
Molti ricorderanno quelli approdati a Spezia e Savona. A Genova arrivò soltanto l’Algeria, che
aveva il cassero rotondo e caso unico nella flotta genovese, aveva due eliche sinistrorse, e
diverse altre peculiarità tecniche.
Il comandante “Carlin” prese il comando dell’unità e rimase, per l’eternità, l’unico conoscitore di
quello strano rimorchiatore, e presto dovette rassegnarsi a rimanere a bordo fino al giorno del
suo pensionamento che coincise con la demolizione del mezzo ex-USA, avvenuto moti decenni
dopo.
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Ogni rimorchiatore, come dicevo, aveva la sua storia ed era diverso da tutti gli altri: Il Forte era
un rimorchiatore d’altomare a vapore, lungo quasi 40 metri, che si adattò al lavoro portuale per
almeno trent’anni al comando del suo fido comandante “Claudio”.
Lo stesso discorso si potrebbe fare per Olanda, Iberia, Finlandia, Tripoli, Libano e altri
vecchi mastini considerati “fuori serie”.
I comandanti ed i direttori di macchina dovevano, teoricamente, essere tutti in grado di “girare”
e manovrare tutti i rimorchiatori della Società RR, e tutti questi personaggi dovevano possedere
nelle mani e nella testa, la capacità di gestire almeno cento anni di progresso
tecnico-scientifico, distribuito su una flotta di circa 45 unità, che rappresentavano tutto ciò che
c’era di più vecchio e superato, ma anche quanto ci fosse di più moderno al mondo in quel
momento; infatti, con l’entrata in servizio dei “Rotori”, la Società cambiò pagina ed anche mentalità.
I ROTORI: …. le tre uniche novità tecniche apparse in porto dalla fine della guerra….
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Era l’epoca in cui i Comandanti più esperti del momento: Garilli, Pasqualin e Vittorio ricevettero
l’agognato riconoscimento di passare alla guida (avevano il volante come gli autobus) delle tre
uniche novità tecniche, che apparvero sulla scena portuale dalla fine della guerra: i “Rotori”, sui
quali i tre moschettieri montavano di guardia in cravatta e camicia bianca, in simbiosi col nuovo
ambiente di bordo che risultava troppo pulito e asettico, rispetto al resto della flotta che,
lavorando, sbuffava ancora nuvole di
smoke
nero, puzzolente e concentrato di polverino assassino.
Dal 1968, gli stregoni in tuta blu dell’officina di Ponte Parodi cominciarono a chiamarsi “tecnici”
e indossarono una candida tuta bianca, stile-NASA e dal taschino spuntavano penne colorate,
un calibro, dei cheaps e giravano sempre con i disegni e i manuali delle istruzioni... Gli
equipaggi capirono e si convinsero che le navi in entrata ed in uscita dal porto, potevano essere
rimorchiate con un nuovo sistema, che era più sicuro, elegante, veloce e quando s’accorsero
che finalmente potevano godere di una logistica di bordo che era pari a quella delle loro
abitazioni, di notte si fermavano a bordo e ringraziavano, di cuore, gli armatori senza sentirsi
presi per il c… a causa del guardianaggio notturno, di un tempo, non retribuito.
Tuttavia, com’è noto, le trasformazioni e i cambiamenti radicali si chiamano epocali, proprio
perché sono costosi e lenti da compiersi fino in fondo. Così che i rimorchiatori un po’ speciali,
quelli tirati su dal fondo e più difficili da interpretare, hanno avuto una lunghissima vita e poi,
molti di essi furono riciclati e venduti ai porti minori e forse lavorano ancora; magari in
“bozza”…..!
Ma che significa “BOZZA”???
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Abbiate ancora un attimo di pazienza e consentiteci di fare un passo indietro!
Come dicevamo…per altri vent’anni invalse l’uso, da parte del pilota, degli ormeggiatori e del resto dell’ambiente portuale, di chiamare il rimorchiatore con il nome del suo Comandante che,
di coppia con il fedele direttore di macchina, ne diventava lo “specialista”, il manovratore che
conosceva, tante volte in esclusiva, i segreti più intimi, i vizi, i pregi, i difetti, le reazioni e
soprattutto il comportamento in manovra. Già specialmente in “bozza”.
Molti non lo sanno, ma fu il rimorchiatore azimutale chiamato - modello UNICO - introdotto negli
anni ’90, in tutti porti “trafficati” del mondo, a dichiarare superato e inutile il tradizionale
rimorchiatore a elica ed il suo famigerato uso della “bozza”.
Il tramonto di questa complicata manovra subentrò quando finalmente gli architetti e gli
ingegneri navali decisero che il gancio, dal punto giratorio centrale del rimorchiatore, poteva
essere spostato verso poppavia. Questo progresso tecnico fu possibile grazie all’invenzione di
nuovi sistemi di propulsione e di governo. Vale a dire, della capacità dell’UNICO di spostarsi
anche lateralmente ed alla velocità impressa dalla potenza stessa delle sue macchine.
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Il rimorchiatore nell’attesa del movimento, ha abbozzato il cavo con un maniglione.
Purtroppo, fino all’introduzione del nuovo ciclo tecnologico, l’uso di abbozzare il cavo da
rimorchio sulla poppa, era una necessità e nasceva nel momento in cui il rimorchiatore
funzionava da freno, e tirava nella direzione opposta a quella del convoglio, dal quale era
trascinato.
Essendo il gancio da rimorchio posizionato al centro, il rimorchiatore senza bozza sarebbe stato
trainato di traverso, cioè a 90° rispetto al moto stesso. In questa pericolosa posizione di grande
sbandamento, poteva imbarcare acqua ed affondare. Com’è noto, in quel periodo, i
rimorchiatori avevano un notevole pescaggio (4/6 metri) e la pressione esercitata sullo scafo
era proporzionale alla velocità della nave.
Il rimorchiatore inglese Industry, di legno e propulsione a pale, fu costruito nel 1852 a South
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Shields. Era lungo 27.05 metri ed aveva una stazza lorda di 87 tonnellate.
Possiamo quindi affermare, senza tema di smentite, che il rimorchiatore, da quando nacque
verso la metà dell’800, sino all’avvento dell’ultimo modello, ha dovuto usare, per circa 150 anni,
il marchingegno della “bozza” per sopravvivere….
Le occasioni d’impiego erano molteplici e qui possiamo ricordarne alcune:
- Quando la nave indietreggiava, ad esempio, verso il suo posto d’ormeggio in banchina.
- Quando la nave faceva movimento tra una banchina e l’altra ed era “senza macchina”.
- In navigazione in canale con macchina in avaria
- Trasferimento di nave in disarmo, da un bacino all’altro, da un porto all’altro.
- E naturalmente in tante altre situazioni che sarebbe impossibile, qui, analizzare.
In quegli anni, il rimorchiatore più potente e pesante del convoglio prendeva uno o due cavi a
poppa della nave, mentre il più leggero e manovriero lo prendeva a prora, e metteva la Bozza
essendo facilitato nello spostamento laterale e più reattivo e agile nella manovra in generale.
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Ma ora lasciamo questi brevi appunti di storia portuale e c’inoltriamo, cautamente, nei meandri
della didattica di manovra che non ha mai scritto e spiegato…. nessuno: La Bozza!
Avete capito bene! Ogni Comandante o aspirante tale, doveva imparare l’uso della Bozza a
sue spese, per sentito dire e per aver visto… senza aver fatto commenti…in segreto. E poi era
anche così difficile da spiegare che, anche i più democratici di loro, non trovavano le parole
giuste……
Proviamo ora, nel 2007, per il puro gusto della ricerca d’archivio, ad entrare nel dettaglio di
questo arcano mistero e svelare quel poco che ci è rimasto di quei ricordi ormai lontani, travolti e passati di moda, anzi da tante mode….
Siamo nel 1968 ed entriamo in cronaca diretta….
In condizioni meteo normali, una nave di media stazza, in arrivo, prende due RR e li attacca:
uno a prora e l’altro a poppa. L’ormeggio finale è un pontile a dente del Porto Nuovo di
Sampierdarena (Ge).
Il convoglio procede in canale trainato dal rimorchiatore di prora. Quello di poppa segue la nave
lateralmente “alla via” (in genere dalla parte da cui spira il vento). Quando il convoglio arriva
nella zona vicina all’ormeggio, si ferma tra le due testate, la nave viene girata e poi inizia ad
indietreggiare.
I Regolamenti Portuali prevedono, per ragioni di sicurezza, che la nave ormeggi con la prora
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fuori, per essere pronta a muovere in caso d’emergenza.
Il rimorchiatore posizionato a prora, ha avuto nella prima fase, in canale, una funzione
propulsiva. Nella seconda fase, quella giratoria, aiuta la nave ad accostare per farle assumere
la posizione parallela alla banchina. Durante l’accostata, il Comandante del rimorchiatore
prodiero deve trovarsi nella giusta posizione per trattenere e calibrare la battuta della nave
verso la banchina, ma deve essere anche pronto a mettere la bozza, perché la nave sta già
indietreggiando
.
Rapidamente, anche manovrando indietro con la macchina, dovrà creare l’imbando del cavo da
rimorchio, farlo poggiare in coperta, possibilmente nella zona poppiera centrale del
rimorchiatore, permettere ai marinai di bloccarlo con una bozza all’apposita bitta a croce, dargli
il tempo di dare volta in sicurezza, ed infine far venire, lentamente, il cavo in forza senza
strappare le bozze.
Se la nave deve indietreggiare di 100/200 metri, è facile che prenda abbrivo, allora il
Comandante del Rr in “bozza” dovrà trovarsi sempre nella giusta posizione, pronto ad aiutare la
nave:
- allargandola dalla banchina,
- oppure portandola verso la banchina, in funzione della direzione e forza del vento e delle battu
te
che essa prenderà.
Il Rr in bozza è trascinato, quindi subisce la velocità del convoglio. Per questo motivo si trova
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nella sgradevole situazione di passività, con il rischio d’essere ingovernabile, ciò significa che
potrebbe non risponde ai comandi del timone e quindi di non poter più essere utile alla nave,
non solo, ma di esserle di danno.
A questo punto, il Comandante del Rr in bozza deve fare appello al suo decisionismo, freddezza, abilità, tempestività. Deve tenere sotto controllo la velocità della nave. Non deve
farsi travolgere in una corsa pericolosa e senza senso.
Per ottenere questo scopo, ha due armi a disposizione:
1° - Frenare il convoglio.
Pur assecondando il moto indietro della nave, deve conservare una riserva di potenza che gli
consenta, in qualsiasi momento, di realizzare la sua manovra:
scivolare
in modo agile, da un lato all’altro della nave, per correggere, fare da timone e salvaguardare la
nave da collisioni contro le opere portuali, ostacoli vari o altre navi.
2° - Allascare la bozza.
Nell’attimo in cui la nave è sotto controllo, diminuisce il tiro, il cavo viene in bando e
il Comandante Rr fa allascare la bozza di uno/due metri ed acquista agilità di manovra.
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La quantità del lasco dipende dall’accostata che prevede di fare, sulla base delle difficoltà in
corso (buio, presenza di vento, corrente, nave scarica o di grande pescaggio, presenza di altre
navi, di mancine ecc…)
La buona riuscita della manovra dipende dal coordinamento tra i due rimorchiatori, che
conoscono esattamente le difficoltà dell’altro, in ogni momento. Ma non è sufficiente! Per il buon
esito della manovra, il pilota della nave deve sempre valutare in anticipo, se la velocità assunta
dalla nave, in un dato momento, sia quella giusta e non superiore alle capacità di recupero del
rimorchiatore in bozza, in quelle particolari condizioni.
Da queste brevi considerazioni, si evince l’importanza del ruolo giocato dalla conoscenza
reciproca tra Piloti e Comandanti Rr, tra gli stessi Comandanti Rr e, soprattutto, l’obbligo di tutti i
partecipanti alla manovra di conoscere a fondo le qualità e le difficoltà del rimorchiatore in bozz
a
in
ogni momento della manovra.
Esempio di bitta particolare che ha la funzione di “bozza” su un rimorchiatore “tractor” moderno
che lavora alla corta e ricorre al sistema del cavo bozzato.
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Spulciando nei nostri ricordi personali, dobbiamo dire d’aver visto all’opera degli autentici artisti.
Mi riferisco ad alcuni Comandanti Rr, che nei momenti di grande difficoltà, a causa del forte
vento, inventavano balletti prodigiosi, in silenzio e con estrema facilità, e si trovavano, sempre,
nella giusta posizione.
Era bello guardare la manovra più temuta del porto, trasformata in un raffinato spettacolo per
pochi fortunati, che potevano godere dal vivo quelle rare acrobazie, che scaturivano
direttamente dal manuale dell’arte della manovra. Non fraintendeteci! Non parliamo del
manuale scolastico, ma di quello magico, che l’intuito marinaresco sa donare soltanto ai più
sensibili uomini di mare
.
Durante queste manovre il Pilota ed il Comandante del rimorchiatore non si parlavano mai, non
si scambiavano fischi, commenti ecc.. era il segnale “che si capivano al volo”! E la manovra
riusciva perfetta perché era corale, d’équipe, senza protagonismi, senza isterismi.
Saper lavorare in bozza era quindi il termometro che misurava la capacità tecnica di un
Comandante Rr. Essi erano bravissimi, bravi, così-così, oppure scarsi, in funzione dei pericoli
che, in generale, facevano correre alla nave ed al loro stesso equipaggio.
Lo standard delle capacità dei barcaccianti è sempre stato elevatissimo per tradizione. Per
molti decenni sono stati considerati i migliori del mondo e certi lusinghieri giudizi li abbiamo
ascoltati con i nostri orecchi di piloti…ex-barcaccianti!
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Quando entrarono in linea i tre super-manovrieri “Rotori”: INDIA, ISTRIA e PANAMA, toccò a
loro,
a
furor di popolo
, dover occupare il posto della
bozza
perché, di fatto, avevano il gancio a poppa e non temevano, come gli altri Rr di essere traversati
e rovesciati nel moto indietro e, inoltre, erano anche dotati della spinta laterale che garantiva
alla nave prestazioni mai viste prima.
Tuttavia, occorre anche precisare che nella storia dei Rimorchiatori portuali genovesi, ci sono
stati dei “vuoti tecnici generazionali” dovuti anche alla gelosia di tanti anziani Comandanti che,
come tanti Piloti della stessa epoca, erano contrari a lasciar la direzione della manovra agli allie
vi
in
prima persona.
Probabilmente la Società RR sarebbe dovuta intervenire, nominando Istruttori, alcuni dei loro
più giovani e bravissimi Comandanti: Marietto, Ragonetto, Florindo …..con lo scopo di stabilire
una programmazione dei “quadri” ed imporre una visuale operativa meno personalizzata e
meno mitizzata del lavoro.
A difesa della vecchia generazione possiamo affermare che i Comandanti Rr di quei tempi,
come pure tanti Piloti del Poto, si “erano fatti” da soli, spesso attraverso storie personali difficili,
di guerre, affondamenti, miserie e sofferenze. Avevano avuto poco! In epoche assurde e
antidemocratiche, e quel poco era la loro ricchezza e non erano disposti a cederla…..
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Carlo GATTI
12.02.12
(Archivio Pino Sorio)
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