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IL POTERE DELL’AMORE
ARIANNA GUIDOTTO
FOTO DI MARTINA PANI
GLI EBOOK DEL CAMINITI BLOG
IL PRIMO PASSO
Una novella breve nata in classe di una penna giovane e romantica (Arianna Guidotto); la macchina
fotografica di un’altra ragazza che si innamora del
testo e ne dà una sua interpretazione visiva (Martina Pani, del Blogmanzoni di Mistretta).
Due perfette sconosciute: chi avrebbe detto che il
loro canto si sarebbe fuso in una sola armonia?
Buona lettura!
Francesco Misiti
UN INCONTRO
La neve scendeva a fiocchi sulla città di Firenze ricoprendo
ogni dove di un manto candido.
Lui era lì, alto. La pelle bianco latte era spruzzata di qua e di là
da un gruppo di efelidi. I capelli corvini e ribelli, gli occhi azzurri
e penetranti; Marcus si avviava verso il campo da calcio per gli
allenamenti giornalieri. Si strinse nella felpa blu rabbrividendo dal
freddo. Lei stava lì in mezzo al campo umido. La maglietta a maniche corte nonostante la bassa temperatura. Slanciata, mora e
gli occhi erano due pozze nere e scrutatrici. “Caspita, quanto è
bella” disse il ragazzo fra sé e sé.
Prese il coraggio a due mani e si incamminò verso quella figura ammaliatrice. La ragazza calciava con tenacia il pallone verso
la porta. “Ciao”; “Ciao” rispose lei voltandosi verso di lui “Come
ti chiami ?”, “Ilaria”. Da quel momento il tempo trascorse veloce.
Marcus le raccontò che aveva vinto molte partite contro squadre
fortissime. Lo sguardo di Ilaria era indecifrabile, poi a sorpresa
esclamò: “Visto che sei così bravo perché non facciamo così: chi
segna il primo goal vince”. La palla venne messa al centro del
campo. Lui se ne impossessò subito. Avanzò a grandi falcate ver-
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so la porta, stava per tirare quando…ZUM! In un
soffio la ragazza prese possesso palla, con un
ottimo controllo del pallone si diresse verso la
porta avversaria e segnò. “In fondo sei un principiante” gli disse Ilaria con un sorriso malizioso.
In quel momento lui avrebbe preferito sprofondare sottoterra.
Anjie era affaticata e con il fiato mozzo corse
verso la casa della sua amica Olga. Sembrava
un pomodoro. Il viso arrossato era incorniciato
da una capigliatura rosso fiamma e gli occhi verdi spiccavano sulla pelle ricoperta di lentiggini.
Suonò il campanello. In un attimo fu nella stanza
della sua amica. “Sai Olga ho conosciuto un ragazzo davvero carino, L’ho spiato per un’ora intera da dietro un albero, credo si chiami Marcus”.
“Ma chi quello della IC? Ci ho parlato una volta è
davvero simpatico” rispose l’altra tutta eccitata. Si scambiarono le loro opinioni lanciando gridolini di felicità per i progetti
assurdi che inventavano. Ad
un tratto ad Olga venne
un’idea: “Perché non scriviamo
una lettera d’amore a Marcus”
sbottò, “no…ma non mi sembra il caso” sussurrò timida,
“Ma mica gliela spediamo, è
solo così, per fare una prova…”, “E va bene”. Scribacchiarono per quasi mezz’ora
accartocciando fogli su fogli e
alla fine…
la ricreazione .Ti mando un grosso bacio
Dalla tua ammiratrice segreta
Dopo un po’ Anjie si avviò verso casa, ma Olga sapeva già cosa fare.
L’indomani Marcus trovò davanti casa sua una
lettera misteriosa dalla calligrafia svolazzante. La
lesse tutta d’un fiato e contento si incamminò verso la scuola. Sapeva da chi doveva andare.
Caro Marcus
Volevo dirti che mi piaci. Sei
un ragazzo carino e simpatico.
Incontriamoci a scuola durante
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LA LETTERA
Anjie camminava assorta nei suoi pensieri. Con le braccia sosteneva un numero incredibile di libri che quasi le ricoprivano tutto il viso lentigginoso. Ad un tratto un forte latrato riecheggiò per
tutto il marciapiede. Senza riflettere cominciò a correre a perdifiato mentre un cane dalle dimensioni enormi le stava alle calcagna. Il fiato mozzo, le gambe esauste; la ragazza era sfinita.
Sgambettò via e…SBANG! Finì contro qualcosa di morbido e così tutti i volumi scolastici finirono sul lastricato.
“SPARISCI” gridò una voce familiare che mise in fuga il robusto animale. “Tutto OK?” domandò. Lei si rialzò a fatica e quando sollevò gli occhi, si pentì amaramente di averlo fatto. Un ragazzo alto e moro le si stagliava davanti con un sorriso dolce
stampato sulle labbra. Lo riconobbe quasi subito; arrossì violentemente. “E’ Marcus” pensò con la tremarella alle gambe. Il cuore
le palpitava con forza, come un tamburo. “St…sto bene grazie”
balbettò con voce flebile”. Il ragazzo le raccolse tutti i libri di testo e glieli porse. Lei si muoveva in modo impacciato come se il
suo corpo fosse diventato di piombo.
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Poi accadde l’irreparabile. Vide sbucare dalla
giacca di Marcus qualcosa che somigliava stranamente ad una busta dalle piccole dimensioni.
Con orrore notò che era la lettera d’amore che
aveva scritto la sera prima a casa di Olga. La
sua amica le aveva giocato un brutto tiro. “Quella
traditrice” sussurrò a denti stretti. Le lacrime le
salirono agli occhi senza neanche volerlo. Fuggì
prima di scoppiare in singhiozzi.
Marcus era sbalordito. Perché era scappata
così all’improvviso, forse aveva detto qualcosa
che non andava ? “Mah, chi le capisce a volte le
ragazze” disse parlando più a se stesso che ad
altri. Eppure avvertì la strana sensazione di aver
già visto quella chioma rosso fuoco da qualche
parte e anche il duo viso non gli era nuovo. Si!
Ma dove? E soprattutto quando l’aveva incontrata? Vide qualcosa luccicare sul marciapiede e
prontamente la raccolse. Era una vecchia foto
che raffigurava una bimba paffutella a cavalcioni
di una possente altalena. Ah, si! Ora ricordava
tutto…
“Stella, stellina che sei così carina…” Cantava
una bimbetta dalla capigliatura rossiccia. Con
grande fatica per la sua bassa statura si issò sull’altalena e prese a dondolarsi. “Anjie, levati di lì”
le urlò dietro un ragazzino piuttosto robusto, “No,
Christian, ci sono salita prima io” protestò lei battendo i pugni. “E adesso tocca a me”. La spinse
per terra facendola rotolare sul selciato. Anjie
prese a piagnucolare: si era sbucciata un ginocchio. “Ah, ah adesso chi ha ragione?” le urlò Christian soddisfatto. “Lasciala stare” replicò una voce piccola, piccola. Un bimbo piuttosto mingherlino spuntò all’improvviso da dietro un vecchio e
rugoso albero. Marcus prese le difese della
ragazzina e si schierò dalla sua parte a braccia
incrociate. “Senti chi parla il moscerino” disse in
tono sprezzante il bulletto. “Zitto ippopotamo”,
“Cosa hai detto scusa?”, “Che sei un grosso e
puzzone ippopotamo”, “Adesso ti faccio a pezzi”. E fu così che la zuffa ebbe inizio. Non volarono soltanto parolacce, ma anche pugni e calci.
Alla fine con una gomitata ben assestata, Marcus mandò k.o. Christian che se la diede a gambe levate. “Stai bene?” chiese Anjie preoccupata, “oh, ma tu sei ferito a un braccio e perdi sangue. Lascia che ti curi”. E così prese una pezza
bagnata e gli tamponò la ferita. “Non ti preoccupare sto bene” disse il bimbo ritraendosi e voltatosi se ne andò.
I ricordi affollavano la mente di Marcus. E se
fosse stata quella ragazza a scrivergli la lettera?
Diede uno sguardo all’orologio e…Caspita! Era
in forte ritardo. Si diresse correndo verso la scuola.
DRIIIIN! Squillò la campanella della ricreazione. I ragazzi si unirono in capannelli parlando
sommessamente fra di loro. C’era chi morsicava
il suo panino e chi passeggiava per il corridoio.
Marcus cercò tra la folla la ragazza dei suoi sogni: Ilaria. Ad un tratto udì una voce conosciuta.
Era lei! Si avvicinò all’aula, ma quale non fu la
sua sorpresa nel sentire che la ragazza parlava
con un altro. Chi era la persona misteriosa? Era
forse l’amico di Ilaria o qualcosa di più? Inspirò
profondamente e spalancò la porta.
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AYRA
Ilaria parlava sommessamente con uno strano ragazzo dai capelli di un biondo platino. Marcus osservava attentamente la scena. “Di nuovo tu?” Sbottò lei vivamente infastidita. “Chi è?” chiese l’altro incuriosito. “Xavier lui è Marcus, Marcus questo è Xavier”. Un’ ondata di gelosia invase Marcus dalla testa ai piedi.
“Volevo parlarti di una cosa. IN PRIVATO” sottolineò lui “d’accordo”. Il misterioso personaggio che come si poteva notare aveva
gli occhi di un colore davvero molto chiaro, lasciò la stanza. “Sei
stata tu a spedirmi questa?” Le chiese una volta rimasti soli. Ilaria
afferrò la lettera d’ amore e la lesse tutta d’ un fiato. Dapprima divenne tutta bianca in volto, poi di un colorito verdognolo e dopo
aver assunto tutte le tonalità dell’arcobaleno gridò “ma ti è dato
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di volta il cervello! Io non scriverei mai questa roba. Con tante studentesse proprio me dovevi venire a cercare?” E dopo essersi sfogata prendendo a calci una cartaccia come se fosse un pallone da calcio, se ne andò sbattendo la porta. Si
potrebbe credere che dopo quella sceneggiata
Marcus avesse perso tutto l’interesse per quella
ragazza. Come mai, invece, era più cotto di prima e il viso sembrava voler prendergli a fuoco?
La fine delle lezioni arrivò puntualmente annunciata dallo squillo della campanella. Ilaria prese
una boccata d’aria fresca e iniziò a correre per il
selciato apparentemente senza alcun pensiero.
Eppure la voce del suo cuore le parlava chiaramente. Perché Marcus le aveva posto quello strano quesito? Forse era meglio non pensarci. Si avviò verso casa. Certo non era un granché la sua
abitazione. Viveva nella periferia della città in un
appartamento insieme ai suoi due fratelli gemelli
che dovevano compiere ancora otto anni. Certo
ogni tanto, quando non era in viaggio per lavoro,
stava anche con il suo papà. Quanto le mancava, ormai erano due settimane che non lo vedeva
Ad un certo punto con un sorriso misterioso
stampato sulle labbra cambiò bruscamente direzione e si avviò verso un folto boschetto. Irrequieta e ribelle, aveva bisogno di respirare l’ aria pulita della natura per sentirsi a proprio agio. Se ne
rendeva perfettamente conto di non essere come tutte le altre ragazze. Per stare davvero bene
con se stessa aveva bisogno di percepire sulla
pelle la brezza frizzantina del vento. Poteva esserci un freddo glaciale, lei procedeva imperterrita nel clima pungente con indosso soltanto la
sua inseparabile maglietta a maniche corte. E
poi captava dei segnali che gli altri si potevano
solo sognare. Capiva se l’indomani avrebbe pio-
vuto o no senza seguire il meteo, ma soltanto percependo la direzione del vento.
Quando arrivò a casa il buio fitto era calato sul
giorno, come il sipario di un palcoscenico che si
chiude. Preparò dei panini caldi con würstel e
maionese e davanti a una bella tazza di cioccolata fumante si stese sul divano insieme ai suoi fratelli. Poi ad un tratto avvertì qualcosa di duro nella tasca dei suoi jeans. Ne sbucò fuori uno strano uovo di colore nero Pensierosa andò a depositarlo sul comodino della sua stanza. TIC! Si era
mosso! Arretrò un po’ intimorita, ma che cosa poteva essere?
Più tardi andò a coricarsi nel suo letto davvero
molto accogliente. Quella notte dormì un sonno
molto agitato. Sognò di trovarsi all’interno di una
tromba d’aria e al cento c’era una sfera luminosa. Lesse chiaramente a caratteri cubitali la parola AYRA. Appena l’ ebbe pronunciata una strana
energia invase tutto il suo corpo come se un turbolento ciclone le entrasse dentro. Si svegliò di
soprassalto con il sudore freddo alle mani. Uno
strano presentimento la intimò a voltarsi verso il
comodino. “l’uovo si è aperto” esclamò sorpresa.
Stupita notò che ne uscivano fuori delle ombre
nere davvero molto inquietanti. Sussurravano frasi incomprensibili. Le si avvolsero intorno soffocandola. All’improvviso si sentì svuotata di tutta
la felicità. Poi prima che potesse perdere i sensi
gridò istintivamente “AYRA”. Un forte vento pervase la stanza e allontanò quelle figure mostruose. “Sì”, l’allegria e la speranza le tornarono tutt’ad un tratto. Ma si sentiva indebolita. Le ombre
la braccarono e presero a vorticarle intorno. Confusa si scontrò contro la finestra che si frantumò
in mille pezzi. Cadde nel vuoto.
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IL RISVEGLIO
Ilaria aprì gli occhi di scatto. Stava ancora gridando quando si
mise a sedere ai piedi del letto. Rannicchiata e con lo sguardo
fisso, era davvero impaurita. All’improvviso si voltò verso il comodino: l’uovo era ancora lì, chiuso ermeticamente. Gliel’aveva dato
Xavier per il suo quindicesimo compleanno. Era stato molto gentile da parte sua, ma lei non si perdeva di certo in quelle romanticherie. La stanza era avvolta nel buio della notte, s’intravedeva
soltanto la luce bianca della luna piena. Col passo felpato scese
ad uno ad uno i gradini della scala a chiocciola che portava fino
in cucina. Bevve in un sorso un po’ d’acqua fresca e la paura
svanì del tutto. Come mai aveva fatto quello strano sogno? Era
una domanda senza risposta. Vabbè! Era meglio non pensarci.
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Ritornò nella sua cameretta e avvolta nella coperta rossa si riaddormentò.
“Stasera ci sarà il ballo di fine anno” annunciò
la prof con voce squillante. Le ragazze fremevano per l’ eccitazione, “e specifico che sarà una
festa in maschera” a questa affermazione delle
grida d’ impazienza si levarono per tutta la classe. “Anjie sono così contenta!” esclamò Olga “e
dovresti esserlo anche tu perché questa è la tua
occasione per fare colpo su Marcus”, “no sono
senza speranza perché a lui io non piaccio” bisbigliò lei alla sua compagna di banco “ ma che
dici! SE sistemata come si deve sarai una vera
principessa. Lascia fare a me”. Così le ore scola-
stiche trascorsero in un lampo fino alla ricreazione. Marcus si mimetizzò in un angolo. Ilaria parlava sommessamente con il ragazzo dai capelli
biondo platino e si fermò proprio lì vicino. Marcus colse sprazzi di discussione. “io non voglio
andare al ballo” disse lei con insofferenza. “ti prego vieni, ti divertirai” cercò di convincerla Xavier.
“No neanche per sogno”, “ti accompagno io e
starò tutto il tempo con te”, “verrò solo se non ballo”, “va bene, allora non ballerò nemmeno io”.
Un’ondata di gelosia travolse Marcus dalla testa
ai piedi. Perché quello stupido ragazzino lo intralciava sempre?! Voleva chiederlo lui a Ilaria di accompagnarla alla festa. Pazienza si sarebbe inventato qualcos’altro per fare colpo su di lei.
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“Allora una forcina qui sotto un’ altra là sopra.
Ferma un attimo…”, “ahi, ma sei una torturatrice”
si lamentò Anjie “che permalosa che sei” ribattè
Olga, “adesso ti metto il fermaglio a forma di farfalla”, “ma tu non ti prepari per il ballo?” chiese la
ragazza dai capelli rossi “sì, sì poi mi preparo,
ma prima tocca a te”, “ahi mi fai male”, “e non ti
lamentare. Ho finito. Adesso alzati e fatti vedere
“. Anjie si sollevò dallo sgabello un po’ impacciata per via del vestito lungo. Indossava un abito
lungo. Indossava un abito blu con sfumature azzurre lungo e gonfio. I capelli ribelli erano raccolti in uno chignon. “Sei bellissima” esclamò Olga
soddisfatta. “Adesso sei pronta per andare incontro al tuo principe azzurro”.
Anjie riusciva a camminare a stento inerpicandosi per i gradini della scala. La festa si svolgeva al piano superiore della villa. Si sentiva come
un pesce fuor d’ acqua e quando arrivò in mezzo alla folla avrebbe desiderato con tutto il cuore
rendersi invisibile. Si credeva goffa e poco aggraziata e con un incedere lento e malinconico si andò a sedere in disparte. “Su che cosa aspetti,
vai a cercare Marcus” la incitò Olga che indossava un tubino giallo ocra. Si inoltrò in mezzo alla
gente alla ricerca del ragazzo, ma di Marcus
neanche l’ ombra. Ad un tratto la porta della sala
si spalancò di colpo. Una ragazza col fare incerto entrò nella stanza. Era Ilaria. Un abito candido
come la neve le scendeva fino alle caviglie e i capelli corvini trattenuti da una tiara argentata le ricadevano sulle spalle in boccoli voluminosi. Era
seguita da Xavier che osservava tutti con i suoi
occhi chiari e languidi. I due si misero a sedere
in disparte parlottando animatamente fra loro. Le
danze incominciarono e quasi tutti iniziarono a
ballare al ritmo di musica. Anjie era sconsolata.
“Alla fine dovrò farmene una ragione” pensò fra
sé e sé . Una mano si stese davanti a lei. “Vuoi
ballare?” le chiese il ragazzo “d’accordo” esclamò improvvisamente. Nel frattempo un cavaliere
mascherato bisbigliò “alla fine il maschiaccio è
diventato una principessa” disse indicando Ilaria
che scherzava con Xavier. Si avvicinò a lei e le
chiese: ”vuoi concedermi l’onore di questo ballo?” La ragazza, prima guardò l’amico e poi rispose “no, non mi va…”, “ti prego”, “ma io non so
ballare”, “lascia che ti guidi io”.
Ilaria finalmente convinta si unì al misterioso
personaggio e insieme incominciarono a danzare.
A un certo punto lei non sentì più la musica.
Erano solo loro due. Ma cosa le stava succedendo? Il viso le bruciava e il cuore pareva un tamburo e ad ogni palpito diventava sempre più impacciata. Pestò il piede del suo compagno. “scusa”
esclamò “non ti preoccupare”. Ballarono e ballarono per tutta la sera senza fermarsi mai. “E’ come stare in una favola” rifletté Ilaria. Poi a sorpresa il cavaliere propose: ”perché non andiamo sul
terrazzo?”, “va bene”. Uscirono dal salone correndo. I piedi le dolevano da morire e così si tolse le scarpette con il tacco e camminò a piedi
nudi fino al piano superiore. L’aria era frizzantina
e il cielo era ricoperto di stelle luminose. Per un
po’ il silenzio regnò fra di loro mentre osservavano le costellazioni. Ilaria spezzò l’atmosfera. “Devi dirmi chi sei”, “solo se tu chiudi gli occhi” le
disse dolcemente il ragazzo. Lei serrò le palpebre e attese. Lui si tolse la maschera e le sfiorò
le labbra con le sue in un tenero bacio. Ilaria aprì
gli occhi e…
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IL BALLO
La ragazza dai capelli neri come la pece osservò il suo cavaliere
in un lampo e si ritrasse sorpresa. “Marcus!” esclamò Ilaria. Lui
la guardava con una delle occhiate più dolci che una persona potesse fare e SBAM! Un potente schiaffo s’infranse sonoramente
sulla guancia morbida di Marcus. Lei si voltò e impulsivamente
corse via dal terrazzo. Il ragazzo restò lì impalato a fissare il vuoto. Il punto in cui l’aveva colpito gli bruciava, ma a dolergli ancora di più era il suo cuore innamorato. “che cosa ho sbagliato questa volta?” domandò a se stesso, “forse dovevo capirlo prima
che lei non mi ama”. Scese le scale dagli ampi gradini con passo lento e frustrato.
Ilaria corse a piedi nudi sull’asfalto. Le scarpe le aveva scordate
per la fretta al gran ballo. Si sentiva confusa e la testa le stava
quasi per scoppiare. Lei era innamorata di Xavier, ma Marcus
quella sera non l’aveva lasciata indifferente. Cosa doveva fare e
soprattutto come doveva comportarsi? Forse aveva un po’ esagerato con quella sberla, insomma se ne era pentita. Respirò a pieni polmoni l’aria fresca della sera della sera. DON, DON, DON!
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Batterono i rintocchi della campana. DON, DON,
DON, DON. Un brivido la riscosse dalla testa ai
piedi. DON, DON, DON, DON, DON! Era appena
scoccata la mezzanotte.
All’improvviso il cuore
iniziò a palpitarle nel
petto e in viso diventò
rossa come un peperone. L’immagine di
Marcus diventava
sempre più grande
nella sua mente e
quella di Xavier piccola, piccola. Forse stava iniziando a cambiare opinione su quel ragazzo. No! Doveva reprimere
quegli strani pensieri. PLIN, PLIN. Goccia, dopo
goccia iniziò a piovere, dapprima lentamente,
poi un temporale scrosciante si abbatté su di lei.
Il bel vestito le si afflosciò addosso e i capelli le
si appiccicarono al viso. Ilaria continuò a correre
con quanto fiato aveva in corpo bagnandosi come un pulcino. Arrivò a casa inzuppata fradicia e
quando cercò il comodino per appoggiarsi, il mobile era sparito. A dire il vero tutta la sua casa
era vuota come se un immenso buco nero avesse inghiottito tutto. “Ciao Ilaria, bentornata” esclamò una voce familiare. “papà” gridò la ragazza a
pieni polmoni. Si abbracciarono stringendosi forte, forte. “Che ci fai qui?” gli disse ancora sbigottita, “devo comunicarti un annuncio importante:
mi hanno assegnato una cattedra a tempo indeterminato a Milano e quindi partiamo domani mattina”. Ilaria era molto felice per quella splendida
notizia: finalmente lei e i suoi fratelli avrebbero
passato più con suo padre, ma in fondo, in fondo
una parte di sé sarebbe voluta rimanere lì, a Firenze. Salì la scala a chiocciola fino in camera
sua e improvvisamente scoppiò in un pianto dirot-
to. Ora che aveva scoperto il vero amore non voleva più abbandonare quella città.
“Sandro Chisari”, “presente”, “Ilaria Gullotta”,
“assente”. “Ilaria non è
venuta a scuola perché è
arrabbiata con me” pensò Marcus tristemente,
“prof. Posso andare in bagno?” chiese poi “sì”.
Camminò lungo il corridoio per smaltire tutta la
sua malinconia. Aveva perso l’amore della sua
vita. PAT, PAT! Una ragazza dall’arruffata chioma
rossiccia gli corse incontro. Si fermò con il fiato
mozzo. “tu sei Anjie, vero?” le chiese con sguardo assente. Lei annuì di rimando e poi raccogliendo tutto il suo coraggio gli parlò: “volevo…beh, ecco…volevo dirti che…tu mi piaci”,
“veramente io…” tentò di dire lui; “aspetta lasciami finire. So che c’è un’altra ragazza nel tuo cuore, ma io volevo dirti che casomai potremmo essere amici”, “ormai niente ha più importanza perché Ilaria non mi vuole” ribatté Marcus “questo
non te lo lascio dire. Lei è molto orgogliosa e non
lascia trapelare i suoi veri sentimenti per te, ma
se vuoi dimostrarle il tuo amore ti conviene raggiungerla perché sta per partire per Milano”. Marcus cadde quasi per la sorpresa “cos…cosa parte?” balbettò confuso. Poi di scatto l’abbracciò e
le sussurrò all’orecchio: “grazie sei una vera amica”. Poi il ragazzo corse via a perdifiato. Una lacrima le rigò la guancia “devo essere forte” sussurrò Anjie a denti stretti trattenendo il pianto.
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Marcus scappò via fuori dalla scuola. Non glie
ne importava nulla se i professori gli avrebbero
fatto un rapporto grande quanto una casa, non
gliene poteva fregar di meno se lo avrebbero sospeso per essere uscito di nascosto. In quel momento il suo unico pensiero era solo uno: raggiungere Ilaria che lei partisse. La tensione gli
rodeva l’anima. Dopo un po’ di tempo arrivò a destinazione. Lei stava lì; bellissima e slanciata come la prima volta che l’aveva vista anche se qualcosa era cambiata rispetto a prima. La ragazza
aveva uno sguardo triste e sconsolato. Si fissarono per un lungo e interminabile minuto. Poi con
uno scatto corsero l’uno incontro all’altra. Si strinsero in un lungo abbraccio e lei iniziò a singhiozzare. Lui le asciugò le lacrime con la mano “sono
venuto a salutarti, ma prima di partire ti volevo
dare questo” le consegnò un bell’anellino d’oro.
Lei se lo infilò al dito e con uno slancio le sfiorò
le labbra. Un fischio annunciò la partenza “ciao”,
“ciao”. Ilaria entrò nel treno e si sedette in uno
scompartimento libero. Strinse forte l’anello a sé.
“Marcus, aspettami che ritornerò prima di quanto
pensi”. E il treno partì e sferragliò lontano sui binari fino a diventare un puntino nell’orizzonte.
(FINE)
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