the Conference Book with the speakers` bio profiles and

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the Conference Book with the speakers` bio profiles and
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CONFERENCE BOOK
Segreteria organizzativa:
Fondazione Umberto Veronesi - Piazza Velasca 5 - 20122 - Milano
Tel +39 02 76018187 - Fax +39 02 76406966
[email protected] - www.fondazioneveronesi.it
WORLD CONFERENCE
2 a EDIZIONE
18 - 19 NOVEMBRE 2010
Progetto a cura di
Un ringraziamento speciale a Giorgio Armani.
In collaborazione con
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DUE GIORNI
PER PARLARE DI PACE
E PROPORRE
SOLUZIONI CONCRETE.
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18 NOVEMBRE 2010
LA SCIENZA COME LINGUAGGIO UNIVERSALE DI PACE.
14.00 - 14.30
14.35 - 15.00
SALUTI ISTITUZIONALI
16.10 - 17.20
LA SCIENZA PER LA PACE NELLE AREE DI CRISI
Vincenzo Perrone, Prorettore Università Bocconi, Milano
Roberto Formigoni, Presidente Regione Lombardia
Letizia Moratti, Sindaco di Milano
Chair
Claude Cohen-Tannoudji, Premio Nobel per la Fisica 1997, Francia
Dan Bitan, Co-Direttore IPSO - Israeli-Palestinian Science Organization, Israele
Hasan Dweik, Co-Direttore IPSO, Palestina
Shri.R.K.Upadhyay, Presidente e Direttore TCIL - Pan African
E-Network Project, India
Mahdi Rezai, Fondatore Centro Medico di Herat, Afghanistan
Francesco Rocca, Commissario Straordinario della Croce Rossa Italiana, Roma
APERTURA
Umberto Veronesi, Presidente Science for Peace
Alberto Martinelli, Vice Presidente Science for Peace
15.05 - 15.40
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17.25 - 18.00
DISCORSO INAUGURALE
15.45 - 16.05
PREMIO “ART FOR PEACE”
18.05 - 18.30
a Xavier Beauvois, regista di “Uomini di Dio”
Consegna il premio Paolo Mereghetti, critico cinematografico, Milano
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PREMIO CONCORSO NAZIONALE
“DISEGNA IL SIMBOLO DI SCIENCE FOR PEACE”
a Victoria Gorbievscaia e alla classe 5° B - Istituto Statale di Istruzione
Superiore “Federigo Enriques”, Castelfiorentino (FI)
Assegna il premio Mario Boselli, Presidente della Camera Nazionale
della Moda e Presidente della Giuria, Milano
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LECTIO MAGISTRALIS
Brian Wood, Coordinatore Amnesty International per le attività
sul controllo delle armi, Regno Unito
Franco Frattini, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana
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GLI SCIENZIATI PER LA PACE
Tributo a scienziati pacifisti.
Commento di Telmo Pievani, Professore di Filosofia della Scienza,
Università Bicocca, Milano
e Francesco Calogero, Professore di Fisica teorica,
Università La Sapienza, Roma
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UMBERTO VERONESI
Presidente Science for Peace
Umberto Veronesi è nato a Milano e in questa città da sempre vive e lavora come chirurgo,
ricercatore, uomo di scienza e di cultura. Laureatosi nei primi anni Cinquanta, decide fin da
subito di dedicare la sua opera professionale allo studio e alla cura dei tumori: dopo un paio
di importanti soggiorni all’estero (Inghilterra e Francia) entra all’Istituto dei Tumori di Milano
come volontario e ne diventa Direttore Generale nel 1975.
Il nome di Veronesi è legato a grandi contributi scientifici e culturali riconosciuti ed apprezzati in tutto il mondo e per questo premiato con dieci lauree Honoris Causa in medicina internazionali: due dall’Argentina (Buenos Aires e Cordoba), una dal Brasile (Rio Grande do Sul), una
dalla Grecia (Athens), una dal Belgio (Antwerp) e una dalla Polonia (Cracovia), in
Biotecnologie Mediche dall’Università degli Studi di Milano, sempre dall’Università degli studi
di Milano in Fisica e una in Scienze Agrarie dall’Università di Napoli nel dicembre 2006.
Nell’ottobre 2007 riceve la decima laurea Honoris Causa in Medicina dall’università di Lleida.
I più significativi e importanti contributi riguardano in particolare l’invenzione e la diffusione
della chirurgia conservativa per la cura dei tumori mammari. I dati preliminari vennero pubblicati nel 1981 sul prestigioso New England Journal of Medicine e da quel momento ebbe inizio nel mondo la grande evoluzione di pensiero che doveva portare negli anni successivi a
risparmiare alle donne con tumore al seno l’asportazione della mammella. Più recentemente
ha proseguito sulla stessa strada con la biopsia del linfonodo sentinella per evitare la dissezione ascellare nei casi in cui i linfonodi siano sani. In questi ultimissimi anni ha rivoluzionato le
procedure della radioterapia dei tumori mammari, introducendo la radioterapia intraoperatoria, che si esaurisce in una sola seduta, durante l’intervento stesso.
Vent’anni fa ha aperto nel mondo la via alla prevenzione del tumore mammario con due studi
concentrati sull’azione preventiva dei retinoidi (derivati della vitamina A) e del tamoxifene
agenti in grado di proteggere le cellule mammarie dal rischio di carcinoma mammario.
Con la fondazione del Gruppo Internazionale sul Melanoma nel 1970 ha dato impulso alle
ricerche sul melanoma, il più grande tumore della pelle fino a pochi anni fa quasi ignorato
dalla medicina tradizionale.
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Veronesi ha dedicato le sue energie a promuovere l’aggiornamento medico. Nel 1982 ha fondato la Scuola Europea di Oncologia che ha riportato l’Italia ad essere uno dei punti di riferimento mondiali per tutti coloro che cercano una formazione nel campo della diagnosi e della
cura dei tumori.
Nel 1991 ha poi realizzato il suo spirito europeistico creando l’Istituto Europeo di Oncologia
(IEO), struttura d’avanguardia nel panorama mondiale. Lo IEO ha rappresentato un modello
innovativo di trattamento, basato su tre fondamentali principi: la centralità del paziente, l’integrazione fra la ricerca di laboratorio e ricerca clinica, la prevenzione dei tumori come
obbiettivo privilegiato.
Presidente dell’Unione Internazionale contro il Cancro fino al 1982, dell’Organizzazione
Europea per le Ricerche sui Tumori (EORTC) dal 1985 al 1988, della Federation of European
Cancer Societies (FECS) dal 1991 al 1993. Nel 1994 è stato nominato Presidente del
“Committee of Cancer Expert” of Commission of European Communities nell’ambito della
quale ha condotto il programma di lotta ai tumori “Europa contro il cancro”. Veronesi è autore di 720 pubblicazioni scientifiche e dodici Trattati di Oncologia. è stato Presidente per 15
anni del Progetto Finalizzato del CNR sul Controllo delle Malattie Tumorali.
Nel marzo del 2003 ha ricevuto dall’Arabia Saudita uno dei premi più prestigiosi del mondo:
“2003 King Faisal International Prize award”.
Nel 2003 dà vita alla Fondazione che porta il suo nome, con l’obiettivo di promuovere il progresso delle scienze.
Da maggio 1994 è Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia a Milano.
Da aprile 2000 a giugno 2001 gli è stato affidato l’incarico di Ministro della Sanità della
Repubblica Italiana. Dal 29 aprile 2008 Senatore del Parlamento Italiano nella XVI Legislatura.
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KATHLEEN KENNEDY TOWNSEND
Vice Presidente Science for Peace
Professore Associato della School of Public Policy della Georgetown University, e Visiting
Fellow alla Kennedy School of Government di Harvard. Consulente per diverse società americane e internazionali.
Kathleen Kennedy Townsend ha una lunga esperienza nel settore pubblico. Prima donna ad
essere eletta Vice Governatore del Maryland, ha gestito budget multimiliardari e supervisionato diversi dipartimenti, inclusi la Polizia di Stato, Sviluppo Economico, Trasporti, e l’Ufficio per
la Gioventù e le Famiglie. È conosciuta a livello nazionale per il suo spirito innovatore e per
programmi legati ai risultati quali Hot Spots, Break the Cycle, lo sviluppo del settore biotech
del Maryland, il lancio dell’iniziativa e-readiness e per la creazione di uno dei primi Uffici statali dediti all’educazione del carattere.
La Sig.ra Townsend è Presidente dell’Institute of Human Virology presso la University del
Maryland ed è attualmente membro del consiglio di amministrazione della John
F. Kennedy Library Foundation, Points of Light Foundations, Strategic Partnerships, Institute for
Women’s Policy Research, Character Education Partnership ed è membro del Consiglio di
Relazioni Internazionali e Dialogo Interamericano.
In passato, è anche stata membro della direzione di Export-Import Bank, Johns Hopkins School
of Advanced International Studies, Wilderness Society, Baltimore Urban League ed è stato
Presidente del Robert Kennedy Memorial. Laureata cum laude presso la Harvard University, ha
conseguito la specializzazione in legge presso la University of New Mexico dove ha anche
lavorato alla rivista di legge. Ha ricevuto dieci lauree onorarie.
Prima del suo ruolo di Vice Governatore, la Sig.ra Townsend ha lavorato in veste di Procuratore
Generale Delegato degli Stati Uniti. Ha steso un piano per l’inserimento di 100.000 poliziotti
ed ha dato vita ai Police Corps, un programma per conferire borse di studio ai giovani che si
impegnano a lavorare come ufficiali di polizia durante i quattro anni successivi alla laurea.
Prima della sua esperienza presso il Dipartimento di Giustizia, la Sig.ra Townsend ha trascorso 7 anni come fondatrice e direttrice del Maryland Student Service Alliance.
È stato con questo ruolo che si è battuta per, e ha ottenuto, l’inserimento del servizio civile come
disciplina obbligatoria nei licei. Prima del lancio di questa iniziativa, la Sig.ra Kennedy ha
lavorato come avvocato ambientalista sia come privato, sia come Assistente Procuratore
Generale in Maryland. Ha inoltre coordinato nel 1982 la campagna per la rielezione del
Senatore Edward Kennedy.
Kathleen Kennedy ha insegnato Politica Estera presso la University of Pennsylvania e la
University of Maryland, Baltimore County. Ha pubblicato articoli sul New York Times,
Washington Post, Washington Monthly e molti altri ancora. A metà degli anni ’80 ha fondato
la Robert F. Kennedy Human Rights Award - i cui vincitori includono le Comadres di El
Salvador, Adam Michnic (Polonia) e Beyers Naude (Sudafrica).
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GIANCARLO ARAGONA
Vice Presidente Science for Peace, Roma
ALBERTO MARTINELLI
Vice presidente Science for Peace
Nato a Messina, il 14 novembre 1942. Laurea in giurisprudenza, 14 novembre 1964, presso l’Università di Messina.
Marzo 1969 entra, per concorso, nella Carriera Diplomatica. Dopo un primo periodo di servizio presso il Ministero degli Esteri, il 17 gennaio 1972 è inviato come Secondo Segretario
all’Ambasciata a Vienna, ove svolge le funzioni di Addetto Stampa.
Il 18 novembre 1974, e’ trasferito come Console a Freiburg im Breisgau. Dal 30 aprile 1977,
Consigliere e Vice Capo Missione all’Ambasciata a Lagos, in Nigeria.
Rientra a Roma il 30 giugno 1980 e viene destinato alla Direzione Generale Affari Politici,
Ufficio Africa.
Mantiene l’incarico sino al 25 maggio 1982, allorché viene nominato Capo dell'Ufficio
Mediterraneo e Medio Oriente della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo.
Il 1° luglio 1984, viene destinato come Primo Consigliere all’Ambasciata a Londra.
Il 23 novembre 1987, viene trasferito alla Rappresentanza Permanente d'Italia presso la
N.A.T.O., in Bruxelles, ove svolge le funzioni di Ministro Consigliere e Rappresentante
Permanente aggiunto.
Il 2 agosto 1991 rientra a Roma e viene nominato Consigliere diplomatico del Ministro della
Difesa. Il 1° giugno 1994 rientra al Ministero degli Esteri, con funzioni di Vice Capo di
Gabinetto del Ministro. Il 23 gennaio 1995 viene nominato Capo di Gabinetto del Ministro
degli Esteri. Il 15 giugno 1996 è nominato Segretario Generale dell’Organizzazione per la
Sicurezza e la Cooperazione in Europa con sede in Vienna. Il 22 giugno 1999 viene nominato Ambasciatore d’Italia a Mosca. Il 16 ottobre 2001 è richiamato al Ministero, per svolgere
l’incarico di Direttore Generale per gli Affari Politici.
Dal gennaio 2004 a dicembre 2009 è destinato Ambasciatore a Londra.
Attualmente è Presidente dell'Istituto Mediterraneo di Ematologia, una Fondazione creata dal
Governo Italiano per assistere i Paesi del mediterraneo nel trattamento della Talassemia e di
altre malattie del sangue.
Professore ordinario di Scienza politica e Presidente del Corso di laurea in Scienze politiche e di
governo dell’Università degli studi di Milano.
Dal 1987 al 1999 Preside della Facoltà di Scienze politiche dell'Università degli studi di Milano.
È Past-President della International Sociological Association (Presidente dal 1998 al 2002).
Dal 2006 membro dell’Executive Committee dell’International Social Sciences Council.
Membro del Commitato scientifico della Fondazione I-CSR e di EconomEtica.
Membro della Real Academia des Ciencias Morales y Politicas de Espana
Membro del Consiglio Nazionale della Scienza e della Tecnologia per tutta la sua durata.
Ha insegnato anche nelle università Bocconi, California-Berkeley, Stanford, New York, Valencia,
Ain Shams del Cairo, San Pietroburgo.
Nel 1984-85 e nel 1997-1998 consigliere del Presidente del Consiglio dei ministri.
Dal 2001 al 2006 è stato eletto nel Consiglio comunale di Milano.
È editorialista del Corriere della sera.
Ha coordinato progetti di ricerca internazionali e nazionali.
È autore di numerosi libri e saggi sulla società italiana, la teoria sociologica e politica, i sistemi politici e sociali comparati, la modernizzazione, la global governance e lo sviluppo sostenibile, l'imprenditorialità e il management, le organizzazioni complesse, la rappresentanza degli interessi.
Principali libri recenti:
Progetto ’89 (con M.Salvati e S.Veca), Il Saggiatore, Milano, nuova edizione, 2009.
L’Occidente alle specchio. Modelli di società a confronto, Università Bocconi Editore, 2008.
Transatlantic Divide. Comparing American and European Society, Oxford University Press, 2007.
Global Modernization. Rethinking the Project of Modernity, Sage, 2005.
La democrazia globale, Università Bocconi Editore, 2004, nuova edizione, 2008.
La società italiana, (con A.Chiesi), Laterza, 2002.
La modernizzazione, Laterza, 1998, nuova edizione, 2009.
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XAVIER BEAUVOIS
Regista di “Uomini di Dio”
Vincitore del Premio
“Art for Peace” 2010
VICTORIA GORBIEVSCAIA
5° B Istituto Statale di Istruzione Superiore “Federigo Enriques”, Castefiorentino (FI).
Vincitrice del concorso “Disegna il simbolo di Science for Peace”.
Un fatto di cronaca, doloroso e straziante, ma anche una grande dimostrazione d’amore e di tolleranza. Un film sulla fede: per Dio ma anche, se non soprattutto, per gli uomini e per il mondo.
“Uomini di Dio” di Xavier Beauvois, premiato col Gran premio della Giuria all’ultimo Festival di
Cannes, racconta la vita dei monaci trappisti del monastero algerino di Tibhirine, rapiti e poi uccisi dai terroristi della Gia nel 1996: un fatto di cronaca che commosse il mondo e le cui dinamiche non furono mai davvero chiarite.
Se ne sarebbe potuto trarre un film apertamente “politico”, per chiedere di fare finalmente luce
su quel massacro, le cui responsabilità ricadrebbero secondo molti anche sulle feroci e indiscriminate repressioni dell’esercito algerino. Ma il regista ha preferito smorzare le polemiche e lasciare ai giudici il compito di chiarire le responsabilità dell’accaduto. A lui interessa soprattutto il messaggio di tolleranza e umana fraternità che quei sette monaci riuscivano a mettere in pratica ogni
giorno. Ai frati del convento si rivolgevano gli abitanti dei villaggi vicini per avere cure mediche
e aiuti materiali, ma a loro si potevano anche chiedere - come si vede in una delle scene più commoventi - consigli “sentimentali”. Le differenze di religione (i frati erano cattolici, i locali mussulmani) e di cultura non impedivano l’aiuto reciproco e la comprensione e questo il film lo sottolinea con forza, con passione, con fermezza.
«Noi siamo gli uccelli e voi siete i rami su cui ci appoggiamo» dice una delle donne del villaggio ai monaci, quando gli estremisti della Gia vorrebbero espellere dal Paese ogni straniero, compresi i frati francesi di Tibhirine. E non si poterebbe trovare frase migliore per spiegare l’integrazione reciproca tra due comunità che si rispettavano e si aiutavano a vicenda. Il film non nasconde l’involuzione della politica algerina negli anni Novanta del secolo scorso, le minacce e le pressioni a cui sono sottoposte le due comunità, quella religiosa e quella civile, ma cerca soprattutto
di raccontare come si può reagire a questa paura, come si possa contrastare la disperazione portate dalle armi e dalla violenza. Senza fare prediche o tirate ideologiche: solo mostrando la
voglia di continuare la vita di tutti i giorni, fatta di preghiere e di lavoro nei campi, di dialogo e
di collaborazione. Con «gli uomini e gli dei» (come dice il titolo originale: Des Hommes et des
Dieux). Di qualsiasi razza o religione siano.
Paolo Mereghetti
Creatività, originalità, riconoscibilità e internazionalità: questi, secondo la Giuria di esperti,
i caratteri distintivi del simbolo ideato da Victoria Gorbievscaia di Castelfiorentino (FI) che ha
vinto il Concorso Nazionale promosso dalla Fondazione Veronesi a cui hanno partecipato
11.650 studenti inviando 2.145 proposte.
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Secondo Victoria “il simbolo rappresenta il nucleo di un atomo graficamente sintetizzato a
diventare la scia di volo della colomba. L'insieme racchiude il concetto della scienza come
ricerca, anche di pace. Diretto, semplice, versatile su qualsiasi tipo di supporto e superficie”.
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ABSTRACT
CHAIR
CLAUDE COHEN-TANNOUDJI
Premio Nobel per la Fisica 1997
LA SCIENZA PER LA PACE NELLE AREE DI CRISI
Claude Cohen-Tannoudji nasce nel 1933.
Completa il suo Dottorato con i Professori Alfred Kastler e Jean Brossel nel 1962 presso l’Ecole
Normale Supérieure di Parigi.
Occupa successivamente il ruolo di Professore ordinario presso l’Università di Parigi.
Dal 1973 è Professore ordinario al Collège de France a Parigi.
Con i suoi collaboratori ha scritto 4 libri sulla Meccanica Quantistica, l’Elettrodinamica
Quantistica, l’Ottica Quantistica e le Statistiche di Lévy, oltre a 200 paper teorici e sperimentali su vari problemi della fisica atomica e dell’ottica quantistica.
È un membro dell’Académie des Sciences francese ed un Professore Associato di molti atenei
nel mondo.
Fra i riconoscimenti, ha ricevuto la Medaglia d’Oro del Centre National de la Récherche
Scientifique nel 1996. L’anno successivo riceve insieme a Steve Chu e William Phillips il Premio
Nobel per la Fisica per il contributo allo sviluppo di tecniche per raffreddare e intrappolare
atomi mediante luce laser.
IPSO è un’entità non politica, il cui scopo è di raccogliere fondi per lo sviluppo e il supporto
di progetti di ricerca in collaborazione congiunta con team israeliani e palestinesi. Speriamo
così di promuovere l’interazione, la collaborazione e la comprensione reciproca tra due popoli, le cui rispettive nazioni sono in conflitto. La scienza è un linguaggio universale e siamo profondamente convinti che essa possa contribuire a stabilire relazioni di pace e amicizia.
Con i due condirettori dell’IPSO, un israeliano e un palestinese, i Professori Dan Bitan e Hasan
Dweik, descriveremo l’organizzazione IPSO, il management e il comitato scientifico internazionale. Saranno inoltre analizzati alcuni progetti scientifici che sono già stati supportati.
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ABSTRACT
DAN BITAN
Co-Direttore IPSO - Israeli-Palestinian Science
Organization, Israele
LA SCIENZA PER LA PACE NELLE AREE DI CRISI
Dan Bitan ha ricoperto per 25 anni e sino al 1990 diverse cariche all’interno della pubblica
istruzione israeliana: esperto di educazione civica, direttore di programmi di educazione civica presso la televisione didattica israeliana, iniziatore e primo direttore del dipartimento per
bambini dotati presso il Ministero dell’Istruzione israeliano e, infine, preside di diversi licei.
Dan ha lavorato presso Schools of Education della Hebrew University of Jerusalem e della TelAviv University, e ha insegnato Storia presso la Bezalel Academy of Arts and Design di
Gerusalemme. È attualmente impegnato nella stesura di alcuni studi storici sulla Guerra Fredda,
la Partizione della Palestina e la Costituzione di Israele. Nel 2008 ha pubblicato in francese
Piani per la Internazionalizzazione di Gerusalemme nel 1947 ed è di prossima pubblicazione una versione aggiornata in inglese, così come The American Involvement in Planning the
Israeli Water Carrier in the 1940s.
Dan è attivo da molto tempo nella società civile israeliana. Già da studente fu eletto Presidente
dell’Unione studentesca della Hebrew University di Gerusalemme nonché Segretario Generale
del World Union of Jewish Students.
Dopo la guerra del 1967, Bitan ha giocato un ruolo fondamentale nell’istituzione e nell’attivazione di gruppi e movimenti di pace israeliani. Dal 1990 ha partecipato e condotto progetti
di cooperazione fra israeliani e palestinesi, prima come Vice Presidente del Harry S. Truman
Research Institute for the Advancement of Peace presso la Hebrew University di Gerusalemme,
dove furono essenziali gli studi legati alla Pace negli anni novanta, e poi come consulente per
programmi di pace e cooperazione presso l’ufficio Andrea and Charles Bronfman Philantropies
(ACBP) a Gerusalemme.
Tra il 2002 ed il 2004, Dan Bitan è stato uno dei maggiori catalizzatori della creazione e attivazione dell’Isreali-Palestinian Science Organization (IPSO), e ne è diventato il Co-direttore
israeliano.
IPSO è attualmente l’impegno più grande di Dan. Egli crede fortemente che la cooperazione
scientifica fra israeliani e palestinesi, basata sul linguaggio universale della Scienza, possa e
debba essere una componente fondamentale del processo di pace israelo-palestinese in virtù
della costruzione di ponti sostenibili fra i due popoli.
Dopo circa quindici anni di sporadica cooperazione scientifica tra scienziati israeliani e palestinesi e dopo sei anni di iniziative più sistematiche legate all’IPSO (Israelian-Palestinian
Science Organization) , si possono trarre alcune lezioni:
• il linguaggio universale della scienza colma mancanze e contribuisce a risolvere i conflitti.
• La scienza, quindi, crea collaborazione a livello transnazionale e trans-culturale, comprensione e riconoscimento reciproci.
• La cooperazione scientifica migliora la capacità di provvedere alla formazione di scienziati e istituzioni.
• La cooperazione scientifica tra israeliani e palestinesi può raggiungere eccellenti risultati.
• La cooperazione scientifica determina un effetto moltiplicativo.
Due o tre studi illustreranno questi punti e sarà evidenziata una conclusione di carattere generale: manca il necessario supporto per una cooperazione scientifica maggiore e realizzabile.
L’Europa può e deve giocare, in questo senso, un ruolo sempre più importante.
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HASAN SALAH DWEIK
Co-Direttore IPSO, Palestina
Hasan Salah Dweik è Vice Presidente e Professore della Al-Quds University a Gerusalemme Est.
Dweik ha completato il dottorato in Scienza e Tecnologia dei Polimeri nel 1983 presso la
University of Aston in Birmingham, nel Regno Unito. Nello stesso anno diventa il capo del
Dipartimento di Tecnologie Chimiche dell’Al-Quds University. Nel 1999 è Vice Preside di
Facoltà della stessa università e dal 1991 al 1992 è ospitato dall’Istituto di Scienza dei
Polimeri della University of Akron, in Ohio, Stati Uniti. Nel periodo 1994-1996 è capo del
Dipartimento di Chimica e Tecnologie Chimiche dell’Al-Quds University e, sempre presso la
stessa università, dal 1997 al 1999 capo del Dipartimento di Tecnologie Alimentari, e dal
1999 al 2002 Preside della Facoltà di Scienze e Tecnologia. Nell’anno accademico 20042005 è stato Presidente pro tempore dell’Al-Quds University e, a partire dall’anno successivo,
ne è diventato il Vice Presidente Esecutivo.
Il Professor Dweik è autore di numerose pubblicazioni in scienza e tecnologia dei polimeri.
Temi di suo interesse sono l’inquinamento dell’acqua, la chimica dell’acqua, l’ambiente e la
gestione dello smaltimento dei rifiuti. Ha pubblicato numerosi articoli a proposito di queste
tematiche ed è co-editore di un libro sulle risorse idriche nel Medio Oriente. È, inoltre, membro di numerose ONG e di società e associazioni internazionali. Il Prof. Dweik ha creato ed
è direttore del primo centro scientifico interattivo in Palestina e del primo museo interattivo di
matematica, entrambi in collaborazione con l’Al-Quds University.
Il Professor Dweik ha partecipato a numerose conferenze locali, regionali ed internazionali.
È dedito al progresso scientifico e serba un particolare interesse nei confronti dell’istruzione
non convenzionale.
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LA SCIENZA PER LA PACE NELLE AREE DI CRISI
Scienza e ricerca rappresentano un linguaggio comune che mette in relazione culture diverse.
Scienziati e ingegneri dovrebbero porre maggiore attenzione a sicurezza, pace e cooperazione internazionale, contribuendo allo sviluppo socio-economico e al sostegno dei diritti umani.
La prima Settimana Internazionale degli Scienziati per la Pace, (Novembre 1987) ha evidenziato il legame tra progresso nella scienza, nella tecnologia, e il mantenimento della pace.
Il conflitto israelo-palestinese è ancora oggi una enorme sfida da affrontare. Con gli Accordi
di Oslo (1993), palestinesi e israeliani riconobbero la necessità di convivere in pace in due
stati confinanti; ciò portò diversi settori delle due comunità a dialogare e a impegnarsi nel commercio, nell’industria, nelle comunicazioni, ecc.
La positiva comunicazione tra scienziati e ricercatori ha permesso, nel 2004, la creazione
dell’IPSO, Israeli Palestinian Science Organization, dotata di un’unità direttiva internazionale,
l’ISC, International Scientific Council, di cui otto membri sono vincitori del Premio Nobel.
Obiettivo dell’Organizzazione era creare un collegamento tra israeliani e palestinesi basato
sulla scienza, sviluppando una ricerca competitiva che affrontasse soprattutto problemi comuni ai due popoli: crisi dell’acqua, cibo e agricoltura, sanità, ricerca su nanotecnologia e cancro. Questo documento analizzerà alcuni di questi progetti e il loro impatto positivo.
L’IPSO costituì l’opportunità di fondare una comunità scientifica che godesse di fiducia reciproca e di una visione comune riguardo sviluppo socio-conomico, risoluzione del conflitto, costruzione della pace.
Tuttavia, l’attacco israeliano a Gaza del dicembre 2008 ha determinato un enorme passo
indietro nel processo di pace, danneggiando anche le relazioni tra gli scienziati. Il potere politico influenza ogni interazione tra i popoli; senza una soluzione politica, gli scienziati possono fare poco per il raggiungimento della pace.
Viviamo in un mondo senza confini; quando la scienza sparisce, si annulla anche lo sviluppo
del capitale umano.
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ABSTRACT
RAKESH KUMAR UPADHYAY
Presidente e Direttore TCIL - Pan African E-Network
Project, India
Shri Rakesh Kumar Upadhyay è un operatore delle Telecomunicazioni indiane dal 1975. Nel
1974 ha conseguito la laurea in ingegneria elettronica presso la I.T. Banaras Hindu University
ed un MBA in Marketing Management presso la Indira Gandhi Open University.
Ha, inoltre, completato gli studi presso il Defence Staff Services College di Wellington, in India,
ed ha completato un Master (D.S) presso la Madras University.
Ha lavorato con successo presso il Dipartimento delle Telecomunicazioni dall’agosto del 1975
sino a luglio del 1996 nelle aree della pianificazione, installazione e avviamento, amministrazione e operazioni commerciali. Durante il suo incarico di delegato per la TCIL dall’ottobre del
1996 all’agosto del 1999, Kumar Upadhyay ha lavorato su progetti esteri in qualità di
Direttore di progetto a Sana’a e di General Manager in Yemen.
Dopo un periodo presso BSNL in qualità di General Manager Jammu & Kashmir Telecom
Circle, durato da gennaio 2000 a giugno 2003, Kumar Upadhyay ha ripreso l’incarico di
delegato per la TCIL nel giugno del 2003, lavorando in qualità di Capo Direttore di Progetto
per l’Algeria, General Manager del gruppo (per le Nuove Tecnologie), Direttore Esecutivo (per
il monitoraggio dei progetti) e con altre rilevanti incarichi.
Upadhyay ha acquisito molta esperienza nei campi della pianificazione, della progettazione,
e dello sviluppo di operazioni e di business. Dal 1° novembre 2005 è stato nominato Direttore
dei progetti e il 1° marzo 2007 è diventato Presidente e Direttore Generale.
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LA SCIENZA PER LA PACE NELLE AREE DI CRISI
I servizi fondamentali, come sanità, educazione, potere, comunicazione, collegamenti stradali, ecc. sono essenziali per la crescita di qualunque società. Nei paesi in via di sviluppo, ognuna di queste tematiche rappresenta una grande sfida, per molti aspetti. Riguardo la sanità nelle
aree rurali, oltre alle infrastrutture di base, come gli edifici per Centri di Salute di prima necessità, c’è anche bisogno di medici; in un paese come l’India, con circa 637.000 villaggi, questo rappresenta evidentemente, una sfida.
Lo stesso si può dire anche in merito alla costruzione di edifici scolastici e alla formazione di
insegnanti e di contenuti standard, nelle nazioni in via di sviluppo. Non si può colmare in una
notte il gap tra domanda e soddisfacimento della stessa, in quest’area. Ogni cittadino ha diritto ad accedere a tutte le informazioni da parte del governo che esercita un’influenza sulla sua
vita; il governo può amministrare meglio, in tal senso, utilizzando la tecnologia ITC in forma
di e-governance.
L’utilizzo dell’ITC può, in larga misura, colmare la divisione tra aree urbane e rurali. Obiettivo
di questo studio è condividere alcuni casi basati sull’esperienza pratica che la TCIL
(Telecommunications Consultants India Ltd) ha realizzato nel campo della Tele-istruzione e della
Tele-medicina, incluse le prestigiose Pan African e-Network, SAARC (South Asian Association
for Regional Cooperation) e-Network, eccetera.
TCIL è una società di Project Management in ambito Telecom e IT. Il compito di implementare
il progetto Pan Africa e-Network è stato assegnato “chiavi in mano” alla TCIL, e include la
gestione dei servizi per i 5 anni successivi all’assegnazione della delega. Questo e altri progetti simili hanno sviluppato una grande esperienza, che vorremmo condividere con i partecipanti alla conferenza.
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ABSTRACT
MAHDI REZAI
Fondatore Centro Medico di Herat, Afghanistan
LA SCIENZA PER LA PACE NELLE AREE DI CRISI
CARRIERA SCIENTIFICA
1971 - 1972: Studi in Medicina, Università di Kabul
1972 - 1973: Università di Parigi
1973 - 1974: Certificato di lingua tedesca per l’ammissione all’Università
1974 - 1975: Studi in Chimica, Università di Bochum
1975 - 1981: Laurea in Medicina, Università Heinrich Heine University, Duesseldorf
1982: Tesi di Dottorato, Heinrich Heine University of Duesseldorf
1982 - 1987: Assistente medico Frauenklinik Gerresheim Duesseldorf
1987 - 1989: Assistente Direttore Medico Frauenklinik Gerresheim Duesseldorf
1990 - 1997: Assistente Direttore Medico, Dipartimento di Senologia, Gerresheim Duesseldorf
Dal 1997: Direttore medico Breast Center Duesseldorf (Centro di Senologia Duesseldorf),
Luisen Hospital
2003: Fondatore della Rezai-Foundation - Medical Help for women in Afghanistan (Aiuti
sanitari per le donne in Afghanistan)
2007: Fondatore della European Academy of Senology (Accademia Europea di Senologia)
insieme con Prof. Veronesi
Portare la pace significa innanzitutto portare pace alle donne, specialmente in Afghanistan,
dove sono costrette a sopravvivere in una cultura che limita la loro libertà e i loro diritti umani
fondamentali.
Con oltre mezzo milione di donne che muoiono ogni anno per complicazioni prevedibili,
l’Afghanistan risulta essere il secondo o terzo peggior stato al mondo in merito alla mortalità
materna.
La causa principale della mortalità materna è la crisi dell’assistenza sanitaria riproduttiva, peggiorata da malnutrizione, povertà, infrastrutture inadeguate e mancanza di medici esperti in
ostetricia e ginecologia.
Influenze religiose, tradizioni, perpetui stati di guerra rendono difficile risolvere la situazione.
Ciò vale anche per la mia città e provincia natale, Herat, nel nord-ovest dell’Afghanistan, dove
trascorsi un’infanzia felice; poi studiai medicina in Francia e Germania.Dopo l’occupazione
sovietica del 1979, non potei tornarvi. Restai in Europa, dove ebbi l’occasione di combattere
un male tipico del continente: il cancro al seno.
Quando visitai Herat, nel 2000, il mio shock nel vedere la devastazione, causata da vent’anni di guerra, delle strutture politico-sociali e sanitarie afgane, mi convinsero che quello era il
momento per realizzare, con la Fondazione Rezai, il progetto di costruire un ospedale con un
dipartimento di ginecologia e ostetricia nella città di Herat. L’ospedale, collocato nel centro di
Herat, è un edificio di tre piani, ha una capacità di 100 letti ed è ora a disposizione delle
donne di tutta la provincia. Ogni giorno vi avvengono circa 70 parti e le donne vengono medicate da medici sia donne che uomini. Quel progetto è una speranza per l’intera nazione. Il
nostro ospedale gode della fiducia degli abitanti di Herat, che forse lo considerano una protezione contro le interferenze negative provenienti da forze esterne.
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ABSTRACT
FRANCESCO ROCCA
Commissario Straordinario della Croce Rossa Italiana,
Roma
LA SCIENZA PER LA PACE NELLE AREE DI CRISI
Nato a Roma, il 1° settembre 1965, sposato con due figli
Avvocato Penalista.
Nominato Commissario Straordinario della Croce Rossa Italiana, Novembre 2008.
Membro del Comitato Consultivo dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive, Lazzaro
Spallanzani, Roma. Membro del Nucleo di Valutazione dell’Istituto Nazionale Tumori,
Fondazione G. Pascale, Napoli.
General Manager presso HEWO (Hansenian’s Ethiopian Welfare Organization), organizzazione attiva su tutto il territorio etiope che fornisce assistenza sanitaria ai malati di lebbra, AIDS
e TBC. Recentemente è stato aperto un nuovo ospedale con reparti di pediatria e radiologia a
Quiha, (Macallè), ai confini con l’Eritrea, oltre a un nuovo centro per l’infanzia.
Ruoli precedenti:
Capo del Dipartimento delle Politiche Sociali del Comune di Roma. Capo del Dipartimento
Operativo della Croce Rossa Italiana. Direttore Generale dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma;
in precedenza, Commissario Straordinario dell’Ospedale nella fase di start up, attuata in cooperazione con la Regione Lazio e l’Università “La Sapienza” di Roma.
Presidente dell’IPAB (Pubblico Istituto di Pubblica Assistenza e Beneficenza) “Istituti di Santa
Maria in Aquiro”, organizzazione pubblica che fornisce assistenza a bambini e anziani.
Presidente dell’IPAB (Pubblico Istituto di Pubblica Assistenza e Beneficenza) “Opera Pia Asilo
della Patria”, organizzazione pubblica che realizza programmi di assistenza per bambini
abbandonati.
Revisore Legale delle Cooperative Sociali “Partire dagli Ultimi” e “Lavoro e Integrazione”, legate alla CARITAS di Roma, impegnate in progetti in favore degli esclusi sociali.
Revisore Legale di MAGIS una delle ONG più estese, parte del FOCSIV, Federazione degli
Organismi Cristiani dei Servizi Internazionali di Volontariato, impegnate nella realizzazione di
programmi di cooperazione in particolare in Libano, Madagascar, Chad e nelle Filippine; tra
i partner, il Ministero degli Affari Esteri Italiano.
Consulente per numerose Associazioni nel campo dell’assistenza sanitaria e sociale, come la
CARITAS, fornendo anche consulenza legale e volontariato attivo.
La Croce Rossa ha un ruolo fondamentale nelle aree di crisi: l’organizzazione, neutrale e indipendente, assicura l’aiuto umanitario e la protezione alle vittime delle guerre e delle violenze
armate. Inoltre garantisce la confidenzialità e la possibilità di parlare con tutte le parti in
causa, senza pregiudizi di alcun tipo, mettendo l’aiuto ai vulnerabili al centro dell’azione.
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ABSTRACT
BRIAN WOOD
Coordinatore Amnesty International
per le attività sul controllo delle armi, Regno Unito
Brian Wood è stato consulente ricercatore per le Nazioni Unite sulle questioni riguardanti la
prevenzione del traffico illecito di armi ed è responsabile di Amnesty International presso il
Segretariato Internazionale di Londra per la politica, la ricerca e le campagne dell’organizzazione concernenti sicurezza, esercito e polizia. È anche autore di ricerche sui diversi aspetti
del commercio internazionale di armi convenzionali e sul commercio di strumenti di tortura.
Con altri, tra cui il vincitore del Premio Nobel per la Pace, il dottor Oscar Arias, Brian ha avviato, a metà anni ’90, la campagna per un trattato internazionale sul rigido controllo di questo
commercio.
In Europa ciò ha portato all’istituzione del Codice di Condotta dell’UE sull’Esportazione di Armi
(1998), ora riconosciuto come Posizione Comune dell’UE legalmente obbligatoria, e dal 2006
inserito nel processo delle Nazioni Unite per l’istituzione di un Trattato sul Commercio globale
di Armi, il cui completamento è previsto per il 2012. Brian è stato anche consulente presso il
Gruppo di Esperti delle Nazioni Unite per la prevenzione del brokering illecito di armamenti.
Attualmente si occupa di una ricerca sui sistemi di certificazione dell’utente finale.
LECTIO MAGISTRALIS
Il valore del commercio globale e del trasferimento internazionale delle armi convenzionali è
stimato approssimativamente in 100 miliardi di dollari americani; questo commercio tocca
diversi aspetti della vita di milioni di persone, contribuendo a far precipitare stati e gruppi etnici in conflitti, creando strumenti di repressione, alimentando cicli criminali e influendo sui diritti umani. Ciononostante, non è ancora regolamentato da alcun trattato a livello globale, internazionale. Vi fu un tentativo a riguardo sotto la Lega delle Nazioni nel 1920, ma fallì in vista
della Seconda Guerra Mondiale. In seguito alla Guerra Fredda, ai molti conflitti armati e alle
atrocità delle ultime due decadi alimentate dalla proliferazione e dall’abuso di armi e munizioni provenienti da un crescente numero di fornitori, i governi mondiali sono stati persuasi dalla
società civile internazionale, inclusi diversi vincitori del premio Nobel per la Pace e i sostenitori della campagna Control Arms, a definire un trattato globale per il monitoraggio del commercio. Nel 2006, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite votò, con 153 stati a favore e
uno contrario (gli USA di George Bush), l’istituzione di un processo ONU dedicato. Oggi, con
un approccio più positivo da parte dell’Amministrazione Obama, le negoziazioni riguardanti
il Trattato sul Commercio di Armi sono in corso e culmineranno nel 2012. Tuttavia, esistono
ancora paesi scettici, come Russia, Cina, India, Pakistan, Egitto e altri stati del Golfo che si
sono astenuti dal voto ONU.
In vent’anni di lavoro politico, di ricerca e di sostegno della causa con Amnesty International,
con la campagna Control Arms, e per le Nazioni Unite, Brian Wood è stato un attivo propositore di rigidi sistemi di controllo tramite l’Arms Trade Treaty (ATT).
Wood fornirà una valutazione dei dibattiti dell’ATT, e porrà l’accento sulle principali discussioni riguardo contenuti etici, definizioni concettuali e meccanismi regolatori del nuovo trattato
proposto. Presenterà soluzioni per superare le difficoltà legate all’istituzione di un trattato che
potrebbe aprire la strada a un nuovo sistema collettivo di controllo delle armi basato sul rischio,
sul rispetto per i principi normativi internazionali e per la tutela dei diritti umani.
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GLI SCIENZIATI PER LA PACE
TELMO PIEVANI
Professore di Filosofia della Scienza, Università Bicocca,
Milano
FRANCESCO CALOGERO
Professore di Fisica teorica, Università La Sapienza, Roma
È professore associato di Filosofia della Scienza presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, dove
è coordinatore del Corso di laurea in Scienze dell’Educazione. È il segretario del Consiglio Scientifico
del Festival della Scienza di Genova e il Direttore scientifico del Festival delle Scienze di Roma presso
l’Auditorium Parco della Musica (con V. Bo).
È autore di numerose pubblicazioni, fra le quali: Homo sapiens e altre catastrofi (Meltemi, Roma,
2002); Introduzione alla filosofia della biologia (Laterza, Roma-Bari, 2005); La teoria dell’evoluzione
(Il Mulino, Bologna, 2006 e 2010); Creazione senza Dio (Einaudi, Torino, 2006, finalista Premio
Galileo e Premio Fermi; edizione spagnola 2009); In difesa di Darwin (Bompiani, Milano, 2007); Nati
per credere (Codice Edizioni, Torino, 2008, con V. Girotto e G. Vallortigara). Alcuni di questi volumi
sono in corso di traduzione in lingue straniere, fra le quali inglese, spagnolo e portoghese.
Socio corrispondente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti per la classe di Scienze, membro della
Società Italiana di Biologia Evoluzionistica, membro del Comitato Scientifico della Fondazione Umberto
Veronesi per il progresso delle scienze, componente del Direttivo dell’Istituto Italiano di Antropologia,
fa parte dell’Editorial Board di riviste scientifiche internazionali come Evolutionary Biology e Evolution:
Education and Outreach. E’ direttore di Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione, e coordinatore scientifico del Darwin Day di Milano. Insieme a Niles Eldredge, è direttore scientifico del progetto enciclopedico “Ecosphera - Il futuro del pianeta” di UTET Grandi Opere (2010). Ha curato il volume ottavo
(“Le scienze e le tecnologie”) dell’enciclopedia “La Cultura Italiana” di UTET Grandi Opere (2010),
diretta da Luigi Luca Cavalli Sforza. Ha curato inoltre: nel 2003 la prima edizione italiana dell’opera
di Stephen J. Gould “La struttura della teoria dell’evoluzione”, per Codice Edizioni (Torino); nel 2008
la prima edizione italiana di tre dei Taccuini giovanili inediti di Charles Darwin, per Laterza (RomaBari); nel 2008 la prima edizione italiana dei saggi di Stephen J. Gould ed Elisabeth Vrba sul concetto di “exaptation”, per Bollati Boringhieri (Torino); nel 2009 una nuova edizione italiana dello “Sketch”
del 1842 di Darwin, per Einaudi (Torino). Insieme a Niles Eldredge e Ian Tattersall ha curato l’edizione italiana rinnovata della mostra internazionale “Darwin.1809-2009” (Roma-Milano-Bari 20092010). Insieme a Luigi Luca Cavalli Sforza è curatore del progetto espositivo internazionale “Il viaggio
dell’uomo: la grande storia della diversità umana” (Roma, 2011). Collabora con Il Corriere della Sera
e con le riviste Le Scienze, Micromega e L’Indice dei Libri.
Francesco Calogero (Fiesole, 6 febbraio 1935) è un fisico teorico italiano, attivo membro della
comunità scientifica che si interessa di disarmo nucleare.
26
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Ha iniziato ad interessarsi dei problemi legati alla non-proliferazione del nucleare dopo essersi
casualmente trovato a Washington nel weekend cruciale della crisi dei missili di Cuba (ottobre
1962).
È stato Segretario Generale delle Pugwash Conferences on Science and World Affairs dal 1989
al 1997, ed è tuttora membro del Pugwash Council. Il Pugwash ha ricevuto il premio Nobel per
la pace nel 1995 quando Francesco Calogero ne era Segretario Generale.
Ha fatto parte del Comitato Direttivo (Board) del SIPRI (Stockholm International Peace Research
Institute) dal 1982 al 1992. È stato uno dei fondatori, ed è tuttora membro attivo,
dell'ISODARCO (International School On Disarmament And Research on Conflicts) e dell'USPID
(Unione Scienziati Per Il Disarmo).
Ha pubblicato oltre 400 articoli e numerosi libri riguardanti le armi nucleari, i rischi della proliferazione di tali armi e le possibili strategie di disarmo. Si è anche molto occupato di come diminuire il rischio che terroristi possano distruggere una città mediante una esplosione nucleari.
ABSTRACT
Il fisico Francesco Calogero e il filosofo della scienza Telmo Pievani dialogano su scienza e
pace a partire dalla proiezione di un video inedito, che raccoglie alcuni frammenti della vita
del fisico nucleare Joseph Rotblat (1908-2005), ideatore delle Conferenze Pugwash per il
disarmo nucleare, insignite del Premio Nobel per la Pace nel 1995.
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PANEL
19 NOVEMBRE 2010
STRATEGIE E MODELLI PER UN PROCESSO DI PACE.
9.30 - 10.15
GRUPPI DI LAVORO DI SCIENCE FOR PEACE: ATTIVITÀ E RISULTATI
1. Scuola e Ricerca: la Carta di Science for Peace
2. La scienza al servizio della pace nelle aree più bisognose:
presentazione del progetto di formazione medica “Together for Peace”
3. Banche e Società civile: Codice di responsabilità bancaria in materia
di finanziamento al settore degli armamenti
10.20 - 11.30
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14.30 - 16.20
DONNE COME VITTIME NELLE AREE DI CONFLITTO E FAUTRICI DI PROCESSI DI PACE
Chair
Alberto Martinelli, Vice Presidente Science for Peace, Professore
di Scienze Politiche, Università degli Studi, Milano
Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace 2003, Iran
Mary Akrami, Co-fondatrice e Direttrice Afghan Women Skills
Development Center, Afghanistan
Tara Gandhi, Vice Presidente Kasturba Gandhi Memorial Trust, India
Heidi Kühn, Fondatrice e Direttore Roots of Peace, U.S.A.
Aicha Ech-Channa, Fondatrice Association de solidarité feminine, Marocco
Rita El Khayat, Psichiatra psicanalista antropologa, Marocco
Salam Kanaan, Direttore Paese Save the Children UK
nei territori occupati palestinesi
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VERSO UN ESERCITO UNICO EUROPEO E MAGGIORI CAPACITÀ CIVILI?
Emma Bonino, Vice Presidente del Senato della Repubblica Italiana, Roma
e Stefano Silvestri, Presidente IAI - Istituto Affari Internazionali di Roma
presentano la ricerca “L'Unione Europea e la gestione delle crisi:
istituzioni e capacità”
Richard Gowan, Ricercatore Senior ECFR - European Council
on Foreign Relations, U.S.A.
Fabio Mini, Generale Esercito Italiano, Roma
11.35 - 13.10
DIALOGO INTERRELIGIOSO
Chair
William F. Vendley, Segretario Generale Religions for Peace, U.S.A.
Mons. Marcelo Sánchez Sorondo, Cancelliere Accademia Pontificia
delle Scienze, Roma
Father Joseph Muttungal Thomas, Vincitore “World Peace and Harmony
Award” 2010, India
Siti Musdah Mulia, Presidente Conferenza indonesiana Religion
for Peace, Indonesia
Frans Goetghebeur, Presidente Unione Europea Buddista, Belgio
Tara Gandhi, Vice Presidente Kasturba Gandhi Memorial Trust, India
Giuseppe Laras, Presidente Emerito Assemblea Rabbinica italiana, Milano
Christiane Groeben, Presidente Sinodo Luterano italiano, Napoli
28
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34
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38
16.25 - 17.45
COME LE RELAZIONI ECONOMICHE POSSONO PROMUOVERE LA PACE
Chair
Giancarlo Aragona, Vice Presidente Science for Peace, Roma
Steve Killelea, Fondatore Institute for Economics and Peace, Australia
Michael Intriligator, Vice Presidente Economists for Peace and Security,
Professore di Economia, Science Politiche e Politiche Pubbliche, UCLA, U.S.A.
Giorgio Sacerdoti, Professore di Diritto Internazionale e Comunitario,
Università Bocconi, Milano
Fabrizio Battistelli, Professore di Sociologia, Università La Sapienza, Roma
40
42
44
46
48
50
54
56
17.50 - 18.10
SCIENCE FOR PEACE INCONTRA MILANO EXPO 2015
18.15 - 18.30
CONCLUSIONI
Umberto Veronesi, Presidente Science for Peace
Alberto Martinelli, Vice Presidente Science for Peace
Giancarlo Aragona, Vice Presidente Science for Peace
29
9
58
60
53
62
64
66
68
8
70
72
74
76
4
9
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GRUPPI DI LAVORO DI SCIENCE FOR PEACE:
ATTIVITÀ E RISULTATI
SCUOLA E RICERCA
GRUPPO DI LAVORO 1
LA SCIENZA AL SERVIZIO DELLA PACE NELLE AREE PIÙ BISOGNOSE.
GRUPPO DI LAVORO 2
Il gruppo di lavoro è stato incaricato di stendere la Carta di Science for Peace, un manifesto
scientifico che aggiorna e rafforza i propositi della Carta di Siviglia, diffusa dall’UNESCO nel
1989.
In tale documento si dichiarava che il raggiungimento della pace è sempre possibile poiché la
guerra non è una necessità biologica inscritta nella natura umana.
A distanza di 21 anni, le ricerche della comunità scientifica confermano questa importante tesi.
La violenza organizzata non è determinata dalla genetica né dall’etologia: libere scelte a favore della pace sono da attribuire all’evoluzione culturale e all’educazione.
Presentazione della task force medica itinerante “Together for Peace”, per formazione in ambito oncologico nelle regioni colpite da conflitti o in stato di grave necessità.
Together for Peace si rivolge a medici di aree particolarmente disagiate, prevedendo borse di
studio per la formazione di specialisti e fasi di training in loco e in Italia.
BANCHE E SOCIETÀ CIVILE.
GRUPPO DI LAVORO 3
Il comitato relativo a questo gruppo di lavoro è stato impegnato nella stesura di un codice di
responsabilità del settore bancario per aumentare la trasparenza nei confronti del finanziamento all’industria delle armi.
Successivamente il codice sarà diffuso a livello nazionale ed europeo e verranno attivati i conseguenti meccanismi di controllo.
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ABSTRACT
CHAIR
EMMA BONINO
Vice Presidente del Senato della Repubblica Italiana,
Roma
Emma Bonino è nata il 9 marzo del 1948 a Bra (Cuneo). Laureata all'Università Bocconi in lingue e letteratura straniera. Dopo aver iniziato la sua militanza nel Partito Radicale, fonda nel
1975 il Cisa (Centro informazione, sterilizzazione e aborto). Un anno dopo viene eletta alla
Camera dei Deputati dove sarà rieletta nel 1979, 1983, 1987, 1992, 1994 e 2006. Alle elezioni 2008 entra al Senato come radicale nel Gruppo Pd. E' Vice-Presidente del Senato.
Nel 1978 è Segretaria dell’associazione “Food and disarmament International”. Nel 1979
diventa deputato del Parlamento Europeo (riconfermata nel 1984, 1999 e 2004). In quegli
anni parte la campagna di mobilitazione internazionale contro lo sterminio per fame nel
mondo.
Dal 1995 al 1999 è commissario europeo per la Pesca, la Politica dei consumatori e gli aiuti
umanitari di emergenza.
Nel 1997, dopo un sequestro lampo a Kabul da parte dei Talebani, denuncia in tutto il mondo
le terribili condizioni di vita delle donne afghane promuovendo la campagna internazionale
“Un fiore per le donne di Kabul”, come pure, nel 2001, quella per l’inclusione delle donne nel
Governo ad interim in Afghanistan.
Dal 2000 è tra i promotori di una campagna mondiale per lo sradicamento delle mutilazioni
genitali femminili (MGF) e per la ratifica del protocollo di Maputo da parte dei Paesi
dell'Unione Africana.
Per l’Unione europea è stata Capo delegazione della missione degli osservatori elettorali in
Ecuador (2002) e in Afghanistan (2005).
È nominata Rappresentante del governo italiano alla Conferenza Intergovernativa della
Comunità delle Democrazie a Seul nel 2002 e a Santiago del Cile nel 2005.
Nel maggio 2006 viene nominata Ministro del Commercio Internazionale e per gli Affari europei nel Governo Prodi.
È membro del Comitato Esecutivo dell’International Crisis Group (ICG) ed è tra i fondatori delle
ONG Non c’è Pace Senza Giustizia e Nessuno tocchi Caino.
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VERSO UN ESERCITO UNICO EUROPEO
E MAGGIORI CAPACITÀ CIVILI?
"Verso un esercito unico europeo e maggiori capacità civili?" è una domanda alle quale è possibile dare subito una risposta: No (per ora) alla prima parte; Si alla seconda. Nonostante la
crisi economica rappresenti un grande incentivo per la messa in comune delle spese militari,
la creazione di un esercito sovranazionale europeo non è, obiettivamente, alle porte.
Questo non significa che un maggior grado d'integrazione delle forze armate non sia possibile, nonché auspicabile; anzi, io continuo a ritenere che sia di preminente interesse per l'Unione
europea e i suoi Stati membri. E non si tratta solo di una questione costi/benefici: è una questione anche di dotare l'Europa dei mezzi per assumersi delle responsabilità politiche in maniera autonoma. A volte occorre la forza per ristabilire la pace; per questo, credo che gli europei debbano crearsi un'alternativa alla Nato, e non dipendere esclusivamente dagli Usa, seppure rimanga il nostro principale alleato.
Tuttavia, l'esperienza ci dimostra che se l'obiettivo è quello di riportare pace e stabilità duratura in un'area di crisi, allora alla capacità militare occorre affiancare un'altrettanta forte e credibile capacità civile. Dopo l'approvazione del Trattato di Lisbona e la costituzione del servizio diplomatico europeo, è in campo civile che l'Europa può e deve giocare le sue carte migliori, ampliando le sue capacità a tutti i settori dello state-building, allineando la pianificazione
delle sue operazioni civili con quelle militari e formando una nuova generazione di personale
civile altamente specializzato.
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ABSTRACT
STEFANO SILVESTRI
Presidente IAI - Istituto Affari Internazionali di Roma
Stefano Silvestri è Presidente dell'Istituto Affari Internazionali dal 2001. È editorialista de Il Sole
24 Ore dal 1985. È stato Sottosegretario di Stato alla Difesa (gennaio 1995 - maggio 1996),
consigliere del Sottosegretario agli Esteri incaricato per gli Affari Europei (1975), e consulente della Presidenza del Consiglio sotto diversi governi. Ha svolto e svolge lavoro di consulenza sia per il Ministero degli Esteri che per quelli della Difesa e dell'Industria. Come giornalista
professionista, è stato anche inviato e notista del Globo (1982), membro del comitato direttivo de l'Europeo (1979), collaboratore di numerosi quotidiani nazionali sui temi di politica estera e di difesa. È stato anche docente sui problemi di sicurezza dell'area mediterranea, presso
il Bologna Center della Johns Hopkins University (1972-76) e ha lavorato (1971-72) presso
l'International Institute for Strategic Studies di Londra. È membro del Consiglio
d'Amministrazione dell'Associazione Industrie Aerospaziali e Difesa (AIAD) e della
Commissione Trilaterale.
Pubblicazioni
Tra le sue principali pubblicazioni ricordiamo molteplici lavori sul Mediterraneo come “L'uso
politico della forza nel Mediterraneo”, (1973), o “Il fianco sud della Nato”, con Maurizio
Cremasco, (1979); sulla sicurezza europea “La sicurezza Europea” (1969), “La strategia
sovietica, teoria e pratica” (1970 e 1980); sul problema dello scudo difensivo stellare “SDI e
Europa” (1985) e le sue ricerche più recenti su “Il futuro della dissuasione nucleare in Europa”
e “Nuovi modelli della difesa italiana”, ambedue pubblicate a Roma nel 1990; “Le forze multinazionali”, Roma (1993). “Sistema di sicurezza dei paesi del Golfo - Riflessi per
l'Occidente”, Roma (1994); “L'organizzazione e l'architettura C3I per il vertice decisionale
nazionale”, Roma (1995).
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VERSO UN ESERCITO UNICO EUROPEO
E MAGGIORI CAPACITÀ CIVILI?
L'Unione Europea (UE) è sempre più presente nelle operazioni internazionali di gestione delle
crisi, in proprio, accanto alla NATO o attraverso i suoi stati membri. Ciò delinea la necessità
e l'opportunità di razionalizzare e migliorare le sue capacità, caratterizzate da una forte integrazione delle componenti civile e militare. Allo stesso tempo richiede un collegamento chiaro
ed esplicito tra le istituzioni di gestione della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) e
le strutture della Politica di Sicurezza e di Difesa Comune (PSDC), sulla base delle innovazioni introdotte dal nuovo Trattato di Lisbona. In questo processo va incluso anche un più forte rapporto con il Parlamento Europeo.
Questi sviluppi possono costituire un modello di grande interesse, in almeno due direzioni.
Da un lato, per la gestione delle crisi, l'esperienza dell’UE suggerisce un approccio integrato
e multidimensionale in tali operazioni, più nell’ottica di interventi di tipo umanitario, di statebuilding e di sicurezza, rispetto a missioni unicamente o prevalentemente militari. Garantire un
maggiore coordinamento della politica estera e di sicurezza con le azioni esterne dell’Unione
in settori quali la cooperazione allo sviluppo e il commercio è uno degli obiettivi del nuovo
Servizio diplomatico europeo. Tuttavia, l’UE deve ancora sviluppare una strategia unitaria che
possa orientare il ruolo internazionale e renderla un partner credibile nel mantenimento della
pace e della stabilità.
Per i Paesi europei, tutto ciò può aprire la strada ad una razionalizzazione delle politiche e
delle spese per la difesa, la sicurezza e la gestione delle crisi. Questo obiettivo può essere facilitato dalla messa in comune delle risorse e attraverso progetti di sviluppo congiunto delle capacità, facilitati dai meccanismi e dalle strutture dell’Unione. Sul fronte interno, l’UE è anche chiamata ad assicurare una partecipazione democratica efficace alle scelte di politica estera,
soprattutto quelle che hanno implicazioni di sicurezza e difesa, attraverso un maggior coinvolgimento dei cittadini e dei rappresentanti direttamente eletti nei consessi parlamentari nazionali e sopranazionali.
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ABSTRACT
RICHARD GOWAN
Ricercatore Senior ECFR - European Council on Foreign
Relations, U.S.A.
VERSO UN ESERCITO UNICO EUROPEO
E MAGGIORI CAPACITÀ CIVILI?
Richard Gowan è Direttore Associato del Center on International Cooperation presso la NYU
(New York University) ed analista per l’ECFR (Consiglio Europeo sulle Relazioni Estere). Il suo
campo d’azione riguarda le politiche di sicurezza europea e le operazioni di pace, peacekeeping delle Nazioni Unite, diritti umani ed il ruolo dell’UE nell’ONU e nel G20.
Prima di approdare nel 2005 alla NYU, Richard Gowan è stato addetto al programma europeo presso il Centro di Politiche Estere di Londra. Nel 2005-2006 ha coordinato lo sviluppo
del primo Annual Review of Global Peace Operations, che costituisce la fonte più estesa di dati
e analisi sul peacekeeping all’interno del settore pubblico. Nell’anno corrente ha curato l’edizione del nuovo numero del Review of Political Missions, con un focus sulle operazioni di pace
non militari attuate dall’ONU, dall’UE, dall’OSCE e dall’Unione Africana.
Fra i lavori pubblicati dal Dott. Gowan presso l’ECFR si contano: A Global Force for Human
Rights? An Audit of European Power at the UN (con Franziska Brantner, 2008) e Can the EU
Rebuild Failing States? A Review of Europe's Civilian Capacities (con Daniel Korski, 2009).
Ha, inoltre, pubblicato una serie di aggiornamenti annuali sulle attività di promozione dei diritti umani da parte dell’UE presso le Nazioni Unite.
Il Dott. Gowan ha recentemente curato l’edizione di Cooperating for Peace and Security, un’indagine ad ampio spettro sulle organizzazioni multilaterali, con Bruce Jones e Shepard Forman
(Cambridge University Press, 2009). Ha scritto per la International Herald Tribune, Financial
times and European Voice. Collabora dal 2007, inoltre, al blog Global Dashboard (www.globaldashboard.org).
Il Dott. Gowan è stato consulente per il Dipartimento britannico di Sviluppo Internazionale e
per il Dipartimento di Affari Politici presso l’ONU. E’ stato anche ospite della BBC e di numerose emittenti radiofoniche e televisive statunitensi.
Il Dott. Gowan si è laureato alla University of Cambridge ed ha scritto a proposito della filosofia politica di Raymond Aron.
Le forze militari europee si riducono sotto la pressione dei tagli di budget e la maggior parte
dei membri della NATO confidano di spingere le proprie truppe fuori dai confini afagani entro
pochi anni. Ma i governi europei non possono lasciare un così alto livello di instabilità in larga
parte del Medio Oriente, dell’Africa e del Caucaso - instabilità che potrebbe portare a crisi
umanitarie, guerre civili e minacce all’Europa.
Come risponderanno i governi europei a queste sfide? L’UE deve rafforzare la sua diplomazia
di crisi e le capacità di mediazione, considerando la gestione della crisi, un compito centrale
del nuovo Sevizio per l’Azione Esterna. Gli stati membri dell’UE dovrebbero intensificare il livello di cooperazione nell’ambito dell’aiuto umanitario, superando le debolezze rivelate quest’anno a Haiti e in Pakistan.
Pur riducendo la generale dimensione dei loro eserciti, i membri dell’UE dovrebbero sviluppare una nuova generazione di Forze Integrate di Peacekeeping: militari, carabinieri e ufficiali
civili allenati a operare insieme per riportare l’ordine e mantenere la pace nelle aree interessate dai conflitti.
Queste Forze Integrate di Peacekeeping dovrebbero essere uno strumento più efficace e flessibile rispetto agli esistenti Gruppi di Battaglia, che si rivelano utili solo in una serie limitata di
contingenze militari.
Poiché UE e NATO saranno spesso, ma non sempre, alla testa di crisi future, i pianificatori
europei dovrebbero anche trovare il modo di sostenere le Nazioni Unite e l’Unione Africana
nelle operazioni di pace. Ciò potrebbe includere un supporto non solo a livello logistico, ma
anche di intelligence, medico e di comunicazione.
Alcuni paesi europei potrebbero avere intenzione di andare oltre, lasciando più truppe sotto il
comando dell’ONU nei prossimi anni. Lavorare con l’ONU fornisce opportunità per cooperare con soldati di potenze emergenti, come India e Brasile. L’UE non dovrebbe solo sviluppare
le proprie capacità nelle operazioni di pace, ma anche incoraggiare le potenze nascenti ad
accrescere i loro impegni - l’obiettivo dell’UE non dovrebbe essere un Esercito Europeo per la
Pace, ma un sistema globale di supporto alla pace.
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ABSTRACT
FABIO MINI
Generale Esercito Italiano, Roma
VERSO UN ESERCITO UNICO EUROPEO
E MAGGIORI CAPACITÀ CIVILI?
Nasce nel 1942.
Laureato in Economia Aziendale, ha conseguito tre corsi di perfezionamento post-laurea di cui
due in Scienze Umanistiche e uno in Negoziato Internazionale.
Completato il corso di studi presso l’Accademia Militare di Modena nel 1965, frequenta e
completa il ciclo di Corsi di Stato Maggiore presso la Scuola di Guerra dove, nel 1978 si classifica primo nella sua classe.
Ha comandato tutti i livelli di unità meccanizzate, dal Plotone alla Brigata. Dal 1993 al 1996
ha svolto l’incarico di Addetto Militare a Pechino, Repubblica Popolare Cinese. Nel 2000 è ai
quartieri generali della NATO in Sud Europa e nel 2002 assume il comando delle operazioni
di pace in Kosovo a guida NATO (KFOR).
Le sue decorazioni comprendono l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (OMRI), sei
Medaglie per operazioni condotte nei Balcani e cinque premi internazionali. Per le sue prestazioni al comando di KFOR, riceve il Riconoscimento al Valore statunitense e l’Ordine Militare
d’Italia, il più alto riconoscimento militare.
È autore di dieci libri e di oltre quaranta saggi su temi militari e geopolitici. Il suo libro più
recente “Soldati” è stato pubblicato nel 2008 da Einaudi.
Nel 2009 ha curato la prima traduzione italiana delle conferenze militari di Hitler del 194245. Collabora con molti quotidiani e periodici come La Repubblica, L’Espresso, Aspenia,
Eurasia, Limes.
Ha fondato e dirige “Peace Generation”, una ONG che offre supporto umanitario ai fini dello
sminamento e l’eliminazione di residui bellici inesplosi.
Ha insegnato presso il corso “Scienze per la Pace” dell’Università di Pisa ed è stato ospite di
diverse università e scuole militari, quali il US Naval War College. Nel 2009 è entrato a far
parte del corpo docente della Faculty of US Defense Institute of International Legal Studies ed
insegna in America Latina.
È sposato con Gloria; hanno un figlio e una figlia e due nipoti.
Le ragioni per arrivare ad un esercito comune sono politiche, sociali, economiche e, paradossalmente ultime, di sicurezza. Sono ragioni imposte dalla necessità di estendere le responsabilità europee ed arrivare ad una politica estera e di sicurezza che non sia comune solo quando c’è da eludere gli impegni. Sono ragioni economiche perché l’economia è in sofferenza e
perfino l’accesso al credito diventa difficile se non c’è credibilità.
Sono ragioni sociali che consigliano di valutare non solo le ipotetiche minacce ma l’andamento del consenso, dei costi sociali, della demografia, della democrazia, della giustizia, delle
percezioni, delle alleanze, dei sacrifici richiesti e dei risultati conseguiti. Infine, ci sono ragioni di sicurezza: non c’è più posto per avventure nazionali o di singoli stati anche se potenti.
La minaccia alla sicurezza non è più di natura prettamente militare; non è globale perché unitaria o di blocco, ma perché dispersa; non è pericolosa perché sommabile, ma perché suscettibile di ulteriore frazionamento.
Gli strumenti necessari alla sicurezza devono essere preventivi non solo nei riguardi dei conflitti, ma di ciò che genera insicurezza. La prevenzione si fa con la conoscenza (informazioni),
il controllo dei fenomeni, l’intervento politico-economico, l’assistenza civile con o senza l’intervento della sicurezza militare.
Ci sono competenze di prevenzione che possono e devono essere assolte dai singoli stati e,
per questo, essi devono avere strumenti compatibili e coordinabili con gli altri. Ma ci sono competenze e responsabilità che nessuno stato può e deve assumere da solo e che nessuno può
delegare a un egemone europeo o extra-europeo. E l’intervento armato è una di queste.
L’Europa non ha sviluppato nessuna capacità di prevenzione perché essa richiede unitarietà
d’intenti, efficienza e flessibilità: cose che non si ottengono con la semplice sommatoria o duplicazione di strumenti inadatti e inefficienti. Troppo logico.
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ABSTRACT
CHAIR
WILLIAM F. VENDLEY
Segretario Generale Religions for Peace, U.S.A.
William Vendley è Segretario Generale di Religions for Peace International nonché membro del
suo consiglio mondiale composto da 60 leader religiosi internazionali.
Religions for Peace è l’associazione interconfessionale più grande e più rappresentativa al
mondo con lo scopo di promuovere un’azione comune a favore della pace attraverso azioni
che eliminino i conflitti e l’estrema povertà e che proteggano la terra.
Willima Vendley è considerato un pioniere nell’impiego della cooperazione religiosa come
strumento di risoluzione dei conflitti. Ha facilitato la creazione del Consiglio Interreligioso della
Bosnia - Herzegovina nel periodo immediatamente successivo alla guerra civile, riuscendo a
impegnare i leader religiosi nella costruzione di un’unica Bosnia multietnica. Ha fondato il
Consiglio interreligioso della Sierra Leone durante la rovinosa guerra civile durata dieci anni,
riuscendo a mediare con successo fra i ribelli ed il governo e assistendo, su richiesta formale,
agli incontri per l’armistizio in Lome, Togo. È stato a capo di numerose operazioni multi-religiose finalizzate ad evitare i conflitti, a mediare tra fazioni in conflitto e a prendersi cura delle
società duramente colpite dalla violenza in Etiopia, Eritrea, Liberia, Indonesia, Sri Lanka, Iraq
e in altri paesi ancora. È attualmente impegnato nel Medio Oriente con capi religiosi per il progresso della pace in Israele, in Palestina e nei paesi limitrofi.
DIALOGO INTERRELIGIOSO
I credenti delle grandi religioni mondiali si trovano di fronte a una svolta in relazione al loro
contributo per la pace; e questo, nonostante il deplorevole cattivo uso della religione di cui si
servono gli estremisti.
Un’opzione è lo status quo. Le comunità religiose potrebbero tranquillamente seguire ognuna
la propria strada, magari rispettandosi reciprocamente, ma senza partecipare realmente ad
un’opera comune. In base a questa opzione, le nostre diverse comunità religiose diventerebbero sempre più vulnerabili rispetto alla polarizzazione e all’essere sfruttate per supportare violenze e conflitti. Seguendo questa scelta, le nostre comunità religiose - che contano miliardi di
fedeli in tutto il mondo - potrebbero fallire nel realizzare il loro potenziale come fautrici di
pace.
Esiste un’ulteriore opzione: le comunità religiose possono intenzionalmente cooperare per la
pace; possono agire insieme, condividendo saggi principi procedurali e un impegno morale
in favore della pace che sia profondamente sentito e condiviso.
Questa opzione, la cooperazione multireligiosa, può condurre le comunità religiose verso due
modalità creative. Da un lato, esse possono contribuire a forgiare una nuovo paradigma politico pubblico in cui risuoni la saggezza delle tradizioni religiose, condivisa al livello più profondo. Esse possono inoltre collaborare sfruttando il patrimonio spirituale, morale e sociale di
ciascuna comunità per un impegno concreto nell’educazione, nel sostegno, nella mediazione
e nella riconciliazione, componenti essenziali per la risoluzione del conflitto.
William Vendley è consigliere del Presidente Obama per la cooperazione multi-religiosa e per
la task force degli affari internazionali del White House Faith Based Council. È spesso ospite
di forum accademici e governativi. È un teologo ed ha lavorato come professore e rettore di
scuole di teologia. Nato e cresciuto in Indiana, USA, ha conseguito la laurea presso la Purdue
University nel 1972 e nel 2005 gli è stato conferito il premio Distinguished Alumni for Science.
Nel 1976 ha conseguito un Master presso la Maryknoll School of Theology e nel 1984 ha
completato il dottorato presso la Fordham University.
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MONS. MARCELO SÁNCHEZ SORONDO
Cancelliere Accademia Pontificia delle Scienze, Roma
DIALOGO INTERRELIGIOSO
Sanchez Sorondo, Marcelo, Prof. ordinario, Storia della Filosofia, Libera Univ. Maria SS.
Assunta, Roma. Nato: Buenos Aires (Argentina), 8 settembre 1942. Ordinato sacerdote
(1968, Buenos Aires). Laurea, Univ. Cattolica di Buenos Aires (1969), Prof. filosofia morale,
Univ. di Buenos Aires (1970). Dottore in Sacra Teologia, Univ. S. Tommaso d’Aquino, Roma
(1974). Laurea in Filosofia, Univ. degli Studi di Perugia (1976). Prof. di Storia della Filosofia,
Univ. Lateranense (1976-98) e Decano della Facoltà di Filosofia (1987-96). Nel 1998 nominato da Giovanni Paolo II Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della
Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Nel 1999 nominato da Giovanni Paolo II Prelato
Segretario della Pontificia Accademia di S. Tommaso d’Aquino. Il 19 marzo 2001 consacrato
da Giovanni Paolo II Vescovo titolare di Vescovío.
Cavaliere di Gran Croce, Rep. Italiana (2000); Premio Francesco Vito, Univ. Cattolica Sacro
Cuore, Milano (2001); Ordine Nazionale della Légion d’Onore, Rep. Francese (2002); Premio
Neruda, Rep. del Cile (2004); Decoration Grão Mestre da Ordem de Rio Branco, Ambasciata
del Brasile presso la Santa Sede (2004); Croce d’Onore per la Scienza e la Cultura, Rep.
d’Austria (2004); Grande Ufficiale “Bernardo O’Higgins”, Rep. del Cile (2005).
La pace è frutto dell’amore, della giustizia, della solidarietà e della verità. Senza questi valori
non esiste pace. Oggi, nel nostro mondo globale, è necessario instaurare e curare il dialogo
interreligioso.
Il Concilio Vaticano ha avviato il movimento dell’Ecumenismo che ha già prodotto dei risultati.
Ad Assisi, Papa Giovanni II ha riunito due volte gli esponenti di tutte le religioni, per parlare
di pace. Dobbiamo proseguire in questa direzione, creando un dialogo più consapevole e più
serio sulla verità, che consideri il contenuto di ogni religione, oltre al contributo storico di ciascuna. Inoltre, occorre che “le religioni si esprimano sui problemi concreti e specifici che
rischiano di soffocare il nostro futuro, come: clima, riscaldamento globale, crescita mondiale,
acqua ed energia”. Problemi che possono generare conflitti gravi e profondi.
La religione cattolica si interroga e si esprime su questi problemi. Recentemente Papa Benedetto
XVI ha dichiarato che “la fame è lo scandalo più grande dell’umanità”. Un problema che dimostra l’esistenza di valori sbagliati e che interpella noi cristiani in primis, noi che ogni giorno
preghiamo Dio di dare a tutti noi il pane quotidiano.
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ABSTRACT
JOSEPH MUTTUNGAL THOMAS
Vincitore “World Peace and Harmony Award” 2010,
India
DIALOGO INTERRELIGIOSO
Padre Joseph Muttungal Thomas, nato il 16 giugno 1972, è più comunemente conosciuto come
Padre Anand Muttungal, è un prete cattolico dell’Arcidiocesi di Bhopal. È noto per il suo contributo alla costruzione di pace all’interno della comunità e nella promozione di grass root leadership per l’istituzione della pace contro qualunque forma di violenza. Muttungal è nato in
India, a Ernakulam, un distretto di Kerala, dai genitori Thomas Muttungal (Late) e Monica
Thomas. Dopo la conclusione degli studi secondari di secondo grado, Padre Anand Muttungal
si è unito all’Arcidiocesi di Bhopal a Madhya Pradesh, nell’India centrale. Dopo la sua ordinazione nel 2001, ha lavorato in diversi campi. Si è laureato in Filosofia, Psicologia e Teologia
e ha successivamente conseguito due master ed un dottorato in Psicologia.
La sua nomina a Responsabile delle Relazioni Pubbliche, Portavoce e Segretario della
Commission for Ecumenism and Inter-religious gli ha permesso di operare in maniera più ampia
a favore della pace. Nel 2005 ha fondato Vischwa Kalyan Ashram (Universal Welfare
Monastero, www.vkaindia.org), un’associazione cristiana laica che coordina diverse attività.
L’iniziativa è stata approvata dal Concilio (cattolico) dei Vescovi nel 2007 ed è stato registrato presso il Governo indiano nel 2010.
Padre Muttungal ha ricevuto riconoscimenti da numerose organizzazioni, fra le quail citiamo:
Cittadinanza onoraria di Bozeman, nel Montana, Stati Uniti. Partecipazione a The
International Visitor Leadership Programme, uno dei programmi più prestigiosi del governo
americano.
Il mondo non è che è un punto nel cuore di chi riposa la propria mente e il cuore stesso in
Colui che avvolge l’intero universo nello splendore dell’ispirazione. Io, umile destinatario di
quello spirito radioso, mi inchino di fronte a Lui, in segno di sottomissione.
Vi sono momenti nella mia vita in cui lo spirito ammutolisce ed è impotente, incapace di pronunciare una parola, o di proseguire. Allora richiamo alla mente i ricordi d’infanzia, mia
madre che mi sveglia dicendo che l’incantevole ritmo dei detti Sanscriti nel Tempio, il suono
delle campane della Chiesa per l’Angelus e le declamazioni a voce alta delle Moschee su Dio,
che è uno e onnipotente, stanno terminando e bisogna cominciare la giornata con la preghiera. Finché non ho iniziato a intraprendere gli studi per diventare un prete Cattolico, non ho
mai trovato molta differenza nell’essere Hindu, oppure Musulmano, Buddista, Cristiano ecc.
E oggi sperimento che questa luce eterna permea tutte le religioni, le caste, le fedi, i generi, i
colori e ogni pensiero, ogni scoperta umana.
Tutte le mie opere finalizzate all’armonia interreligiosa hanno lo scopo di motivare la gente a
raggiungere quella gioia che tutto comprende. Dico a tutti che i discepoli di ogni religione
nutrono la grandissima speranza di poter diffondere la propria fede, che il mio Dio comprende tutto, gli oceani, i cieli, le scoperte e l’universo intero. Verso quella insondabile grazia le
persone devono dunque muovere, da ogni direzione possibile. Io non sono che un volontario
che le guida per aiutarle a giungere nella salvezza, alle sue mani senza confini.
La maggior parte degli uomini e delle donne sagge comprende questo, quindi, come protagonista sul campo, io mi avvicino ai leader religiosi di tutte le fedi, per poter così camminare insieme, al fine di ampliare i sentieri degli abitanti dei quartieri poveri, delle zone rurali e di tutti
coloro che necessitano del nostro aiuto per poter vivere un’esperienza più profonda del divino. Estendo i miei saluti agli scienziati di tutti i campi, nella speranza che possano aiutarmi a
spianare la mia strada verso i bisognosi, tramite le loro invenzioni e le loro scoperte.
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ABSTRACT
SITI MUSDAH MULIA
Presidente Conferenza indonesiana Religion for Peace,
Indonesia
DIALOGO INTERRELIGIOSO
Siti Musdah Mulia è docente di Pensiero Politico Islamico presso la Scuola di Laurea
Specialistica dell’Università Islamica Statale Syarif Hidayatullah di Jakarta, Indonesia, dal
1998. Ricercatrice presso l’Istituto Indonesiano delle Scienze (Indonesian Institute of Sciences,
LIPI) dal 2003. Dal 2007, è Presidente della Conferenza Indonesiana sulla Religione per la
Pace, una ONG che promuove il dialogo interreligioso, il pluralismo e la democrazia a favore della pace.
È stata Consulente Senior del Ministero della Legge e dei Diritti Umani della Repubblica
Indonesiana (2000-2002), nonché Consulente Senior per il Ministero degli Affari Religiosi
della Repubblica Indonesiana (2000-2007).
È stata inoltre Coordinatrice del Gender Mainstreaming Team del Ministero degli Affari
Religiosi e a capo della Divisione di Ricerca del Consiglio Indonesiano degli Ulema (MUI) (2000-2005).
Molto attiva in ambito accademico, è stata ricercatrice esterna presso diverse università a livello internazionale. Attivista per la democrazia, i diritti umani e le questioni legate al genere, è
autrice di molti libri, come: “Islamic State” (Paramadina, Jakarta, 2001); “Islam Criticizes
Polygamy” (Gramedia, Jakarta, 2003); “Reformist Muslimah” (Mizan, Bandung, 2004); “Islam
and The Inspiration of Gender Equity” (Kibar, Yogya, 2005); “Women and Politic” (Gramedia,
Jakarta, 2007); “Human Rights and Islam” (Naufan, Yogyakarta, 2009).
È stata inoltre insignita del premio: International Women of Courage Award dal Governo degli
Stati Uniti (2007), per il suo eccezionale contributo allo sviluppo dell’Islam moderato e alla promozione della democrazia e dei diritti umani in Indonesia. Attualmente le è stato assegnato
anche il premio indonesiano: Yap Thiam Hien Human Rights Award (2008) e il premio Donna
dell’Anno 2009 dall’Italia per le sue attività a favore della promozione per i diritti umani e
delle minoranze.
Nel nostro mondo globale il dialogo interreligioso è essenziale per costruire la pace; affinché
sia efficace, dovrebbe soddisfare quattro principi fondamentali:
1°: il principio di umanità. Come comunità religiosa, a volte rischiamo di assumere la posizione di Dio, agendo in modo arrogante e giudicante; dovremmo invece mantenere sempre il
nostro status di esseri umani, rispettando gli altri, agendo per il bene e lasciando il giudizio a
Dio.
2°: il principio di un’unica famiglia. Siamo tutti parte di un'unica famiglia, con un’origine comune, Dio. Questa affinità ci allontanerà dalla violenza, aumentando il livello di empatia, portandoci alla solidarietà. Abbiamo un nemico comune da affrontare e sconfiggere insieme, che si
concretizza nell’ingiustizia, nell’oppressione, nell’avidità, nell’ignoranza, nella povertà.
3°: il principio della democrazia, basato sul rispetto per la natura e la dignità dell’essere
umano. Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, con gli stessi diritti fondamentali; è
nostro dovere spingere i governi ad applicare la legge in modo giusto e ad assumere una posizione neutrale, perché l’attitudine discriminatoria causa conflitti. I leader religiosi dovrebbero
promuovere interpretazioni democratiche della dottrina, enfatizzando i principi di tolleranza,
pluralismo, uguaglianza di genere.
4°: il principio del pluralismo. L’interazione, ma anche la mobilitazione basata sull’identità religiosa per fini politici, possono essere potenziali cause di conflitti religiosi. La tolleranza è l’abilità di limitarsi per minimizzare potenziali conflitti. Il pluralismo è la volontà di riconoscere le
differenze e accettare la diversità come forza naturale, enfatizzando il potenziale positivo insito nelle naturali differenze tra religioni. Esso può essere promosso in due modi: attraverso un
dialogo intenso che coinvolga tutta la società, basato sugli otto obiettivi di sviluppo del millennio stabiliti dai leader mondiali nel 2000, e, infine, grazie ad attività di partecipazione; lavorare e vivere insieme apre la mente eliminando i pregiudizi e la tendenza a creare stereotipi.
Conoscere la religione degli altri determina comprensione reciproca e la ricerca di fattori
comuni come fondamenti per una coesistenza pacifica.
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ABSTRACT
FRANS GOETGHEBEUR
Presidente Unione Europea Buddista, Belgio
DIALOGO INTERRELIGIOSO
Frans Goetghebeur è stato per molti anni professore di lingue neolatine nella scuola secondaria. È stato associato a istituzioni buddiste in Schoten, Bruxelles, Huy (Belgio) e Cadzand (Paesi
Bassi) per più di trent’anni.
È stato Presidente dell’Unione Buddista del Belgio (BUB) per dieci anni.
Il 27 settembre 2008 è stato eletto presidente dell’Unione Buddista Europea (EBU) con un mandato triennale.
Frans Goetghebeur è fondatore e membro di diverse organizzazioni interreligiose e un oratore stimato su temi quali l’integrazione del buddismo nell’Ovest e lo stato dello spiritualismo
nella nostra società. Il suo obiettivo è di stimolare il dialogo ecumenico e quello pluriconfessionale filosofico all’interno delle svariate scuole del buddismo e fra le tradizioni spirituali, la
scienza e l’ideologia.
Goetghebeur ha collaborato alla stesura di numerose pubblicazioni legate all’istruzione multiculturale, al pacifismo e alla filosofia buddista. Ha pubblicato i seguenti libri, sia in francese,
sia in olandese:
“Tutto cambia: alcune considerazioni sull’etica, l’economia, la scienza e il buddismo nell’epoca contemporanea” - Publications Kunchab, 2003
“Alles verandert, enkele beschouwingen over ethiek, economie, wetenschap en boeddhisme in
deze tijd” - Uitg. Kunchab, 2003
“La morte, una compagna per tutta la vita” - Publications Kunchab, 2006
“De dood, een metgezel voor het leven” - Uitg. Kunchab, 2005
“Risveglio con il Buddha” - Editions Luc Pire, 2007
“Wakker worden met Boeddha” - Davidsfonds/Leuven Uitgeverij Ten Have, 2006
“I mille volti del buddismo” - Editions Racine, 2008
“De duizend gezichten van het boeddhisme” - Uitg. Lannoo, 2008
Mantenere un dialogo? Se si vuole proseguire nel dialogo, è necessario avere un’idea chiara
e definita della struttura del dialogo, le condizioni necessarie, lo scopo, e i divari da evitare.
In questo contesto, ci si deve chiedere se le religioni e le filosofie siano pronte cominciare tale
dia-logos, un viaggio intorno al logos dell’altro.
La posizione mediana del Buddismo. Tolleranza e non-violenza – due principi basici del
Buddismo – connessi a un inevitabile dialogo interiore – risultato storico dell’arrivo del
Buddismo in Occidente – collocano il Buddismo come ponte di collegamento tra i due estremi,
teistico e ateistico, nelle discussioni riguardanti lo status di spiritualità dell’agora.
La mente, l’origine di tutto ciò che esiste. - Guerra e pace trovano origine nel cuore del cuore
dell’uomo. Il disarmo deve essere radicato nello stesso medesimo luogo, se vogliamo che sia
sostenibile. Secondo il Buddismo, il velo cognitivo e gli oscuramenti emozionali ci impediscono di avere accesso all’origine di tutto: la mente.
- Si attribuisce alle scienze occidentali concernenti la mente, la scoperta dei correlati neurologici di Dio, la compassione, la scelta tra il bene e il male, così come quelli riguardanti le attitudini legate all’egocentrismo. Come possiamo inquadrare i risultati di tale studio, che presuppone che il cervello produca la mente allo stesso modo in cui le reni producono l’urina?
- Lavorare per la pace e la giustizia sociale nel mondo richiede la decostruzione delle abitudini mentali del pilota automatico che sceglie la violenza e le attitudini esclusiviste, reazioni basate sulla paura e sulla mancanza di fiducia in se stessi, negli individui e nelle società.
Riconoscere ed eliminare la sofferenza. La prima verità e il primo compito del Buddismo risiedono nella comprensione dell’origine della sofferenza e nel riconoscere che questa non è causata né da un Dio onnipotente, né dal puro caso.
Gli insegnamenti sul “non-sé”, sul carattere precario di tutti i fenomeni compositi e sulla vacuità e l’interdipendenza, sono gli strumenti che ci aiutano ad analizzare, e a impegnarci nel
mondo. Solo un allenamento della mente può aiutarci a liberare noi stessi dalla “bestia dell’identità”.
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TARA GANDHI
Vice Presidente Kasturba Gandhi Memorial Trust, India
KASTURBA GANDHI NATIONAL MEMORIAL TRUST
“Ho imparato il messaggio di nonviolenza da mia moglie”. Queste sono le parole di Mahatma
Gandhi espresse nei confronti di sua moglie, Kasturba. Nel 1944, alla morte di Kasturba,
imprigionata nel Palazzo Agakhan, a Punee, molte persone, dalle più comuni ai grandi leader
nazionali ed internazionali hanno espresso parole di cordoglio. Ci furono discussioni anche in
merito a quale monumento avrebbe potuto onorare la sua memoria al meglio. Mahatma
Gandhi aveva molto chiaro il monumento che avrebbe eretto per onorare la sua defunta
moglie: mettersi al servizio delle donne e dei bambini bisognosi dell’India rurale.
Analfabeta e al contempo istruita, fragile ma impavida, semplice ma al tempo stesso spiritualmente solida, Kasturba, come tutte queste donne, rappresenta la madre del potere dell’amore
e della compassione.
Il Kasturba Gandhi National Memorial Trust (KGNMT) è stato fondato nel 1945 come risposta
all’impresa a livello nazionale, condotta da Mahatma Gandhi, di occuparsi dei problemi delle
donne provenienti dalle zone più povere dell’India.
La storia unica del KNGT ha come sfondo la storia dell’India in lotta per la libertà. Tutte le persone, dalle più alle meno abbienti si sono mobilitate per raccogliere le risorse necessarie alla
creazione di questo Trust che ha i propri quartieri generali a Kasturbagram (Indore) e oltre 22
agenzie in tutto il paese.
All’inizio del nuovo secolo, il ruolo del Kasturba Trust è stato potente e rilevante quanto lo è
stata la sua creazione. L’organizzazione è rimasta fedele ai propri ideali, per oltre 60 anni,
legati al lavoro costruttivo fra donne e bambini dell’India rurale - nei campi della sanità, dell’istruzione, dell’alfabetismo, della formazione professionale, dell’assistenza, e della generazione in età lavorativa.
La visione universale ed eterna di Mahatma Gandhi di Sarvodaya doveva trovare la sua massima espressione nel Kasturba Trust poiché Sarvodaya significa il risveglio dello spirito in armonia con la natura e l’ambiente per tutte le forme di vita. La ricostruzione dell’ordine sociale è
anche una parte di Sarvodaya.
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Ciascuna delle 24 agenzie, e ciascuno dei 500 centri del Trust, ha dovuto far fronte ai problemi legati alle sfide dettate dall’ambiente e dalla società circostante. Se le donne in Assam
hanno combattuto coraggiosamente il terrorismo, le sorelle di Orissa hanno dovuto far fronte
alla violenza della società. La sede di Rajasthan si è distinta per il rifugio e la formazione professionale offerta alle donne vittime di ingiustizie sociali. La sede di Bengal si è invece recentemente distinta per gli aiuti che ha offerto alle vittime di Nandigram.
Vi sono storie di coraggio e di successo in ciascuna agenzia, in ciascun ramo. Il centro principale è Kasturbagram (Indore) dove è presente anche un Istituto Rurale ed un Centro di
Formazione. L’agricoltura, gli asili nido, le industrie Khadi e di Villaggio, i centri di cura: sono
parte di praticamente tutte le agenzie dell’organizzazione.
Ciascun Kasturbagram Ashram è dedicato al concetto “Ba Ka Ghar” e alla creazione di
“Shanti Sena”. “Ba Ka Ghar” significa dare support morale e formazione professionale alel
donne vittime di ingiustizie sociali. “Shanti Sena” è invece la disciplina del coraggio di
Gandhi. Negli anni, di fronte ai cambiamenti della società e di fronte ai confini mutevoli di villaggi e confine urbani, urge nuovamente l’esigenza di chiarire e ridefinire i nostri valori e i
nostri obiettivi.
Poiché l’organizzazione si appoggia agli aiuti finanziari, il problema finanziario rappresenta
una costante, ma il vero problema è la mancanza di lavoratori dedicati. Ogni ramo dell’organizzazione si è meritato la fiducia della società che lo circonda ed ora è necessario che le
aspettative delle persone non vengano deluse.
Ispirati da Gandhi e da Kasturba, l’organizzazione ha chiamato a raccolta donne e uomini da
tutti gli angoli del paese per lavorare per la responsabilizzazione delle società dei villaggi del
nostro paese.
Non possiamo, tuttavia, ignorare che, come molte altre istituzioni ispirate a Gandhi, il Kasturba
Trust deve far fronte a molteplici sfide.
Invero, il cammino verso la visione del Sarvodaya è ancora lungo.
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ABSTRACT
ABSTRACT
DIALOGO INTERRELIGIOSO
DONNE COME VITTIME
NELLE AREE DI CONFLITTO E PROMOTRICI DI PACE
Il dialogo interreligioso dovrebbe considerare il significato della parola religione, dal latino “rilettura”. Ho chiesto ad amici di fedi diverse di definire il loro credo con messaggi semplici,
sebbene la religione non sia facile da definire.
Questi messaggi esprimono bisogni e ispirazioni universali: il rispetto per l’intera creazione,
l’importanza di pratiche spirituali, mentali e fisiche (Buddismo, Yoga); la devozione a Dio, la
richiesta di aiuto e protezione (Islam); l’importanza dell’amore, della compassione, della pace
(Cristianesimo); l’uguaglianza universale delle persone, immagini di Dio (Ebraismo); l’esigenza di distruggere il male e proteggere il bene in noi (Durga Thakur); il rispetto della vita, dalla
più piccola particella di materia (religione Jain); il coraggio di combattere per la giusta causa,
il servizio alla comunità (filosofia Sikh, Guru Granth Sahib); l’adorazione della natura, forza
che protegge l’amore e distrugge il male in noi (religioni Tribali).
La ricerca della Verità, dell’Ignoto (filosofia Zoroastriana, teorie scientifiche e filosofiche).
Secondo Leo Tolstoy, “Amore è Dio”, noi siamo particelle di amore e “la morte è il ritorno alla
sorgente eterna”.
Credo nella rinascita fino alla realizzazione finale e allo stadio “primitivo” della mente (quello dell’infanzia) come essenza della vita.
“La religione è il luogo più alto del pensiero e della vita umana”, nel bene e nel male (Shri
Vivekananda, religione Vedica).
La tradizione religiosa implica pregiudizi storico-culturali. Dobbiamo rafforzare una religione
umana basata su due grandi bisogni spirituali dell’uomo per il perdono e per la bontà. Per il
Dalai Lama, “possiamo vivere senza religione e meditazione, ma non possiamo vivere senza
l’affetto umano”. Ci siamo riuniti qui per alzare la nostra voce contro la realtà odierna fatta di
violenza, inquinamento, paura per la minaccia di armi biologiche, chimiche e nucleari.
Gandhi dice che l’amore di una madre è la forza più potente e il flusso di Madre Natura è
insito nell’uomo e nella donna. Il fluire di questa forza creativa è chiamato Matrishakti in India.
Se condividessimo questa forza, Matrishakrti, non ci sarebbe spazio per la violenza nel
mondo.
La Terra è la Dea Madre; Skati è madre, la creazione è madre; esse sono simboli della forza
della creazione; donne mitologiche come la dea Saraswati, la dea Durga, la dea Kali, ma
anche Draupadi e Kunti sono simboli di forza spirituale, coraggio, verità e amore; essi sono
innati nella donna. Le donne sono altrettanto consce del senso logico e dell’azione. La loro vulnerabilità biologica relativa all’essere madre diventa anche forza suprema che si estende all’intera società. La responsabilizzazione della donna deriva dalla forza d’animo. È una questione di consapevolezza e responsabilità.
Una volta Gandhi disse: “La bellezza della lotta non violenta consiste nel fatto che le donne
possono giocarvi lo stesso ruolo dell’uomo. (…)” e anche meglio, perché “nessuno può soffrire in modo più puro e nobile di una donna”. Quando le donne indiane capirono che il paese
aveva bisogno del loro aiuto, agirono con coraggio. Per Gandhi, le donne occidentali dovrebbero smettere di compiacersi nel mandare i propri uomini “a uccidere altra gente (…) Se solo
le donne del mondo si unissero, mostrerebbero una non- violenza così eroica da sbarazzarsi
della bomba atomica come se fosse un semplice pallone (…) Il meraviglioso potere delle donne
giace dormiente (…) il mio esperimento sulla non-violenza riuscirebbe all’istante, se solo potessi assicurarmi l’aiuto delle donne”.
Mahatma Gandhi fondò il Kasturba Gandhi National Memorial Trust (KGNMT) in onore di sua
moglie Kasturba, morta nel 1944. Da oltre 64 anni, il fondo lavora incessantemente per la
causa delle donne e dei bambini bisognosi dell’India rurale. Parlando del coraggio e della
responsabilità di una donna, penso all’esempio di Helen Keller, e a Fatima, una povera bambina bangladese simbolo dello spirito della sua nazione e dell’integrità umana. La forza madre
è insita in ogni vita. Il bambino è il futuro padre e la futura madre. La responsabilità di una
madre e di un padre è di lasciare un meraviglioso ricordo di amore e compassione nel bambino, per il mondo di domani.
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ABSTRACT
GIUSEPPE LARAS
Presidente Emerito Assemblea Rabbinica italiana,
Milano
DIALOGO INTERRELIGIOSO
Giuseppe Laras, è uno studioso di filosofia ebraica medievale, conferenziere e scrittore conosciuto a livello internazionale.
Presidente del Tribunale Rabbinico del Centro-Nord Italia.
Presidente Emerito dell'Assemblea dei Rabbini d'Italia.
Rabbino Capo, prima, ad Ancona, quindi a Livorno e a Milano, dove ha retto la cattedra per
25 anni.
Professore universitario, ha insegnato Storia del pensiero Ebraico presso l’Università Statale di
Milano.
I contributi da lui apportati nell’ambito dell’ebraismo italiano ed europeo e, in particolare, del
dialogo interreligioso durante questi anni, nonché la sua costante presenza nel dibattito politico e culturale in ambito locale e nazionale, ne fanno una delle figure leader del mondo ebraico contemporaneo.
Conosciuto per i suoi studi sulla filosofia medievale e, in particolare, sul pensiero di
Maimonide.
È autore di diversi libri, tra i quali: “Il pensiero filosofico di Mosè Maimonide (1998)”, “Mosè
Maimonide - Gli Otto Capitoli : La dottrina etica (2001)”, “ Il Libro di Kohelet (2002)”, “Storia
del Pensiero Ebraico nell’Età Antica” (2006) e “Immortalità e Resurrezione nel pensiero di
Maimonide” (2007), “Meglio in due che da soli: storia dell’amore nel pensiero d’Israele”
(2009), Onora il padre e la madre (2010).
Collabora a diverse riviste e pubblicazioni.
Al momento, il dialogo interreligioso è, in genere, circoscritto all'ambito ebraico-cattolico.
Fin dal suo affermarsi, con la fine della guerra e dopo la Shoah, esso ha conosciuto momenti
positivi di slancio e momenti critici di stasi.
Si è costatato che il dialogo ebraico-cattolico tende a risultare utile non solo a livello religioso,
creando un sentimento di riavvicinamento e di compartecipazione tra i membri delle due religioni, ma, da qualche tempo, anche a livello politico: si considerino, al riguardo, i nuovi rapporti instauratisi fra Vaticano e Stato d'Israele.
Manca tuttavia oggi, un dialogo interreligioso che coinvolga anche l'Islam.
La difficoltà maggiore rispetto al coinvolgimento dei fedeli dell'Islam nel dialogo è dovuta al
fatto, del resto valido anche per l’ebraismo, che l'Islam non è una realtà monolitica; al suo interno, sono invece presenti diverse componenti, caratterizzate da opinioni contrastanti circa l'opportunità di farsi coinvolgere nel dialogo con ebrei e cattolici.
Per mantenere e far progredire il dialogo, di per sé tutt'altro che facile, occorrono molta
pazienza e perseveranza, nonché e soprattutto, una buona dose di ottimismo.
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ABSTRACT
CHRISTIANE GROEBEN
Presidente Sinodo Luterano italiano, Napoli
DIALOGO INTERRELIGIOSO
Christiane Groeben vive in Italia dal 1967 ed è di nazionalità tedesca. Ha studiato Filologia
tedesca e francese prima a Tubinga (1967) e poi a Napoli (1990) e attualmente lavora come
archivista e storica della scienza, dedicandosi a tematiche legate al passato delle istituzioni,
al knowledge networking e a biografie scientifiche. Il suo lavoro tratta la storia delle stazioni
marittime e, nello specifico, della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli.
Attraverso le sue numerose pubblicazioni, sono state rese note ad un pubblico di nicchia una
serie di interessanti e importanti fonti, come, a titolo di esempio, la corrispondenza fra Anton
Dohrn e Charles Darwin (1982); Hans von Marées e i Fresco di Napoli (2005). Studi recenti
hanno riguardato le attività di naturalisti del primo Ottocento (2008), manifesti e mostri marini
(1998), A Bioeconomic Perspective on the Organization of the Naples Marine Station (2000,
insieme a Micheal Ghiselin), ricercatori russi a Napoli (1874-1934), e la storia degli acquari
pubblici (2009). È direttore generale della rivista History and Philosophy of the Life Sciences e
membro di numerose associazioni internazionali nel campo della storia delle scienze.
Nel 1996 la Repubblica Federale tedesca le ha conferito l’Ordine al Merito di Germania per
la sua mediazione fra le culture e le tradizioni scientifiche italiane e tedesche.
Christiane Groeben è membro attivo della congregazione luterana di Napoli. Riveste da dieci
anni il ruolo di capo tesoriere della Chiesa Luterana in Italia, carica che le ha permesso di toccare con mano i problemi, le opportunità e le sfide legate ad una confessione minore in
un’Italia a prevalenza cattolica. Nel 2008 è stata eletta Presidente del Sinodo, il corpo supremo della Chiesa Luterana in Italia. Questa nuova responsabilità le offre svariate occasioni per
incontri ecumenici internazionali e piattaforme per lo scambio di problematiche comuni.
Come esseri umani in un mondo sempre più globalizzato, ci troviamo costantemente di fronte
a questioni, contesti, linguaggi e uomini e donne che arrivano da tradizioni e culture per noi
singolari. Comprendere ciò che non è familiare richiede processi di apprendimento che vanno
oltre il comunicare attraverso un linguaggio comune. Non solo le parole, ma anche i gesti, i
modi di interagire possono assumere diversi significati in realtà nazionali e sociali differenti.
Ciò che può essere offensivo per una cultura può risultare elogiativo per un’altra. Alzare la
testa piuttosto bruscamente, per esempio, significa “no” a Napoli, e “sì” in India.
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I conflitti spesso nascono laddove regole, convinzioni e fanatismo religioso vengono imposti,
dove la libertà di scelta è soppressa, dove non esiste dialogo.
Il dono più potente dell’umanità è il linguaggio, ovvero, la capacità di comunicare perché solo
la comunicazione porta alla comprensione. Le parole evocano azione e reazione, fanno succedere le cose. Esse hanno il potere di creare azioni che aiutano e guariscono, ma hanno
anche il potere di ferire e distruggere. Secondo la Genesi, 1, Dio creò il mondo per mezzo
della Sua parola. Il breve film del 1938: “Wort und Tat” (Parola e Azione) può servire da esempio in merito a quello che le parole possono fare. Per mezzo di parole forti, Hitler creò non
solo nuove infrastrutture nella Germania post-Versailles – come mostrato nel film – ma anche
infrastrutture finalizzate ad attuare l’omicidio organizzato, a livelli mai visti prima.
Il mio contributo si concentrerà sulla responsabilità che le chiese hanno di portare guarigione
dove la pace del corpo e dell’anima è stata persa e a intervenire dove la giustizia è messa in
pericolo.
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ABSTRACT
SHIRIN EBADI
Premio Nobel per la Pace 2003, Iran
DONNE COME VITTIME NELLE AREE DI CONFLITTO
E FAUTRICI DI PROCESSI DI PACE
Nel 2003 a Shirin Ebadi, J.D., è stato conferito il Premio Nobel per la Pace per il suo impegno nella promozione dei diritti umani, in particolare quelli delle donne, dei bambini e dei prigionieri politici in Iran. E’ la prima donna musulmana a ricevere il Premio Nobel e solo il quinto musulmano a ricevere il Premio in generale.
La Dott.ssa Ebadi è stata uno dei primi magistrati in Iran. È stata Presidente di una sezione del
tribunale di Teheran dal 1975 al 1979 ed è stata la prima donna iraniana ad ottenere lo status di Magistrato. Insieme ad altre donne giudice, Shirin Ebadi ha perso la sua posizione in
seguito alla Rivoluzione Islamica nel febbraio del 1979; ottenne l’incarico di semplice impiegata nella stessa corte che prima presiedeva, finché non chiese e ottenne il pre-pensionamento. Nel 1992 Shirin Ebadi ottenne l’autorizzazione a operare come avvocato e aprì il suo studio privato. Con la sua nuova attività, Shirin Ebadi si è presa carico di molti casi controversi,
difendendo dissidenti politici, attività che l’ha condotta agli arresti numerose volte. Oltre ad
essere un difensore dei diritti umani riconosciuto a livello internazionale, Shirin Ebadi ha fondato molte organizzazioni non governative in Iran, inclusi Million Signatures Campaign, una
campagna per la lotta contro le discriminazioni giuridiche delle donne presenti nella legge iraniana.
La Dott.ssa Ebadi è anche professore universitario e spesso i suoi studenti non iraniani hanno
la possibilità di seguire i suoi corsi sui diritti umani. Ha pubblicato oltre 70 articoli e 12 libri
dedicati ai diversi aspetti dei diritti umani, alcuni dei quali sono stati pubblicati da UNICEF. Il
suo ultimo libro, Awakening: A Memoir of Revolution and Hope, è stato pubblicato da Random
House nel maggio del 2006 in inglese, francese e tedesco. E’ in corso la traduzione del testo
in altre 13 lingue. Nel 2004 il Forbes Magazine ha citato Shirin Ebadi fra le 100 persone più
influenti al mondo.
Nel gennaio del 2006, insieme a Jody Williams, Premio Nobel per la Pace 1997, Shirin Ebadi
ha guidato l’iniziativa Nobel Women.
Secondo me, la pace non significa l’assenza di guerre. Non fa alcuna differenza se un essere umano muore per una pallottola sparata dal nemico o se perde la vita perché non ha accesso all’acqua potabile. Non fa differenza se una persona viene catturata da un nemico straniero o se viene incarcerata per anni per aver scritto un articolo. Tutti questi disagi mettono in pericolo la pace che nel suo vero senso significa “tranquillità”. La pace, secondo me, è un insieme delle condizioni nei quali un essere umano può vivere liberamente mantenendo la sua
dignità umana. Queste condizioni si creano quando vengono applicati correttamente i principi dei diritti umani, compresi la democrazia e la giustizia sociale.
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Il mio vero problema sono le persone fanatiche. Queste persone sono fissate sulle proprie idee
e chiudono gli occhi al mondo e alle sue evoluzioni. Non sono nemmeno disposti a tollerare
le opinioni degli altri.
Io considero tutte le persone uguali e credo che ogni individuo ha il potenziale sufficiente per
influenzare il proprio ambiente. Io ho sempre contato sulle forze popolari e sono sempre stati
loro i miei interlocutori, quelli ai quali mi sono rivolta maggiormente. Io lavoro per la gente non
per i governi.
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ABSTRACT
MARY AKRAMI
Co-fondatrice e Direttrice Afghan Women Skills
Development Center, Afghanistan
Mary Akrami ha fondato e dirige dal 1999 l’AWSDC (Afghan Women SKills Development
Center), un centro nato durante il suo esilio in Pakistan con il fine di favorire l’emancipazione
delle donne afgane attraverso corsi di lingua inglese e di informatica. Nel 2001 ha rappresentato la Società Civile Afgana a Bonn e ha partecipato a numerosi forum portando la sua esperienza di impegno a favore della società civile, inclusa la sua testimonianza in occasione del
World Social Forum tenutosi in Brasile nel 2005.
L’AWSDC ha fondato il primo rifugio per donne in Afghanistan, rifugio che la Sig.ra Akrami
sentì la necessità di costruire allorché assistette al caso di una donna afgana che, arrestata con
l’accusa di aver mancato di rispetto al suocero ma successivamente scagionata, decise di rimanere comunque in carcere per il timore della reazione della famiglia e della società nei confronti dell’incidente. La Sig.ra Akrami si rese conto che donne come questa avevano bisogno
di un porto franco. Il rifugio oggi accoglie donne che sono scappate o che sono state rilasciate dalla prigione, ma temono di tornare a casa. Sotto la guida di Mary, per la prima volta
molte donne hanno potuto denunciare pubblicamente i loro aggressori. Nonostante le minacce ricevute, la Sig.ra Akrami continua a dedicarsi al suo lavoro.
Nel 2007, in occasione del Giorno Internazionale della Donna, il Dipartimento di Stato degli
USA ha conferito a Mary Akrami, e ad altre nove donne, il Premio International Women of
Courage.
Nel 2009 Mary Akrami ha partecipato ad un programma di ricerca sull’Advocacy a favore
dei Diritti Umani presso la Columbia University. Ha, inoltre, partecipato ad una Conferenza di
quattro giorni a Londra incentrata sulle “Priorità dei leader per la stabilizzazione e la ricostruzione dell’Afghanistan”.
Mary Akrami ha anche rappresentato la Società Civile al femminile nella National Peace Jirga,
tenutasi a Kabul dal 2 al 4 giugno. Per la prima volta nella storia dell’Afghanistan è stata formalmente riconosciuta la partecipazione da parte di donne e si è tenuto conto delle loro opinioni in occasione della stesura delle dichiarazioni finali dell’evento.
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DONNE COME VITTIME NELLE AREE DI CONFLITTO
E FAUTRICI DI PROCESSI DI PACE
Dopo la Guerra civile, i talebani imposero il proprio severo modello di legge e ordine, negando alle donne i diritti umani, imponendo il “burqua”, punendo chi non ubbidiva. Le donne furono soggette a crescente violenza e subordinazione nell’ambito di un sistema domestico patriarcale. La drammatica situazione economica contribuì a ridurre molte donne all’elemosina,
all’emarginazione.
Dopo trent’anni di guerra e conflitti, la gente soffre ancora di traumi psicologici, malnutrizione, malattie, le donne subiscono ancora stupri, matrimoni forzati, torture, uccisioni, esclusione
sociale. Esse sono sempre state considerate proprietà e responsabilità dell’uomo.
Codici di comportamento restrittivi, segregazione di genere e una forte associazione della virtù
femminile con il concetto di onore familiare caratterizzano le leggi consuetudinarie regionali,
norme non ufficiali ma ancora applicate in tutto l’Afghanistan; i governi hanno finora fallito nel
garantire una sicurezza adeguata.
Tuttavia, le donne, specialmente a Kabul, hanno creato proprie reti e gruppi di supporto, coinvolgendo parte della realtà rurale. Ciò ha incoraggiato il dialogo con gli “shuras”, aiutando i
cittadini a rivendicare i propri diritti pacificamente. A Kabul sono stati fondati “Shelters”, rifugi per donne e ragazze vittime di stupro e violenze domestiche e per i bambini testimoni delle
violenze perpetrate dai membri maschili della famiglia.
Le donne afgane dovrebbero essere protagoniste paritarie della loro emancipazione; dovrebbero essere considerate partner da rispettare, non serve o proprietà dell’uomo. È necessario,
destinare programmi di aiuto per donne e bambini che forniscano protezione, oltre a istruzione e assistenza sanitaria, soprattutto nelle aree rurali.
C’è vita fuori Kabul, L’Afghanistan non può ignorare oltre il 50% del proprio patrimonio intellettuale, né più dell’85% della sua terra.
Si è ritenuto che inserire i diritti delle donne nella Costituzione fosse un pilastro a sostegno della
battaglia per tali diritti, ma, a causa delle norme consuetudinarie, che violano il mandato finalizzato a eliminare tradizioni contrarie ai principi islamici e al benessere della famiglia, le
donne ne sono ancora prive. Non si può ottenere una pace sostenibile senza la piena partecipazione delle donne.
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ABSTRACT
HEIDI KÜHN
Fondatrice e Direttore Roots of Peace, U.S.A.
Heid Kühn, discendente di quinta generazione di Marin County, è fondatrice e Amministratore
Delegato di Roots for Peace, un’organizzazione non a scopo di lucro basata in California e
dedicata allo sradicamento delle mine per la bonificazione di campi e la loro trasformazione
in terreni agricoli fertili nel mondo.
Heidi ha fondato Roots for Peace nel 1997 con l’intento di rimuovere il flagello delle mine terrestri e di riportare i campi ad un uso produttivo per le prossime generazioni – ora residenti in
paesi afflitti dalle mine. L’organizzazione si pone come scopo la sostituzione del flagello delle
mine terrestri con terreni sostenibili in paesi quali Afghanistan, Angola, Bosnia-Erzegovina,
Croazia, Cambogia, Iraq e Vietnam. Il modello Smina/Risemina/Ricostruisci di Roots for Peace
è stato riconosciuto dai Segretari Generali delle Nazioni Unite e da molti altri leader internazionali attivamente impegnati nella fondazione delle radici della pace nel mondo.
Ad oggi, Roots for Peace ha ricevuto il sostegno finanziario da parte di USAID, dalla Banca
Asiatica di Sviluppo (ADB), dalla Comunità Europea e dalla Banca Mondiale. È, inoltre, la più
grande ONG a contratto in 27 delle 34 province dell’Afghanistan, fornendo un approccio globale che include il recupero dei terreni agricoli e la ricostruzione di mezzi di sostentamento
attraverso l’agricoltura, l’istruzione e il senso di comunità.
Laureatasi presso la University of California - Berkeley - in Economia Politica delle Società
Industriali, Heidi ha ricevuto nel 2002 il premio Cal Berkeley Alumni Award for Excellence and
Achievement. Nello scorso decennio, Heidi Kühn si è resa nota a livello sia nazionale, sia internazionale, per la sua visione ed il suo impegno a favore della creazione di un’organizzazione umanitaria con la missione “di costruire la pace partendo dal suolo”. Heidi Kühn ha, inoltre, ricevuto il premio World Association of Non-Governmental Organizations (WANGO), il
premio SKOLL, ed il prestigioso premio Jacqueline Kennedy Onassis - National Jefferson Award
for Public Service.
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DONNE COME VITTIME NELLE AREE DI CONFLITTO
E FAUTRICI DI PROCESSI DI PACE
Roots of Peace (ROP) è un’organizzazione umanitaria no profit che costruisce mezzi di sussistenza sostenibili, in terre prima troppo pericolose da attraversare, a causa dei resti della guerra. ROP si dedica a disinfestare il mondo dalle mine e a trasformare i campi minati in rigogliosi campi agricoli e in fattorie. I campi minati non solo uccidono e mutilano persone innocenti,
ma impediscono il recupero e lo sviluppo economico di un Paese. Rimuovere le mine è il primo
passo nella missione di ROP di restituire mezzi di sostentamento alle comunità agricole delle
nazioni interessate dal problema.
L’iniziativa di Roots of Peace, Mines to Vines, (“Mine per Viti”) ebbe inizio nel 1997 in Croazia
- con la missione di rimpiazzare il flagello dei campi minati con vigneti generosi. Oggi, Roots
of Peace ha piantato rigogliosi campi agricoli su quelli che una volta erano campi minati, in
tutto il mondo - inclusi freschi grappoli d’uva in Afghanistan, fragole in Angola, riso in
Cambogia, vigneti in Croazia, fiori in Bosnia-Erzegovina, frumento in Iraq, cacao in Vietnam
e, presto, olive in Israele, trasformando Mines to Vines! (mine in vigne). Il modello
Sminamento/Risemina/Ricostruzione di Roots of Peace è stato replicato in 28 delle 34 province afgane, raddoppiando/triplicando il guadagno dei contadini afgani durante il “Raccolto di
Speranza” 2010.
Rimuovendo i semi dell’odio causato dalle mine, rivitalizziamo il suolo e insegniamo ai contadini afgani moderne tecniche agricole in una nazione che ha sofferto le devastazioni della
guerra. Roots of Peace esplora “nuove” tecniche scientifiche, come BioChar e GIS per aiutare
i contadini afgani a ristabilire l’eredità della loro orgogliosa nazione, il “Giardino dell’Asia
Centrale”, un paese che per l’80% dipende dall’agricoltura. E laddove il 44,6% della popolazione totale ha meno di 14 anni, abbiamo l’opportunità di “insegnare”, formare una società
agricola che ha perso 30 anni di conoscenza agraria trasferita di padre in figlio. Attraverso
strumenti di Agricoltura, Comunità, e Educazione, riportiamo la radice “ACE” (“asso, carta vincente”, in inglese, ndt) alla parola PACE. Insieme, aspiriamo a fornire un ”ace”
all’Afghanistan, trasformando “le spade in lame d’aratro”, lavorando partendo dal suolo, piantando le radici della pace, roots of peace, sulla terra.
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AICHA ECH-CHANNA
Fondatrice Association de solidarité feminine, Marocco
DONNE COME VITTIME NELLE AREE DI CONFLITTO
E FAUTRICI DI PROCESSI DI PACE
Aïcha Ech-Channa, nata nel 1941 nella nuova medina di Casablanca, ha passato tutta la sua
infanzia a Marakech. Nel 1960, si iscrive alla Scuola di Stato per le infermiere e ottiene il suo
diploma di stato. Dal 1962 al 1980 fa l’animatrice d’educazione sanitaria e sociale presso la
prefettura sanitaria di Casablanca.
La sua attività sociale inizia con la lotta contro la tubercolosi e il planning familiare. Fa la volontaria nella lega per la protezione dell’infanzia e l’educazione sanitaria.
Nel 1972, conduce una trasmissione televisiva dedicata all’educazione sanitaria attraverso la
televisione e entra a far parte dell’Unione Nazionale delle Donne Marocchine a Casablanca.
Nel 1985, in un paese dove una donna incinta fuori dal matrimonio è una paria, va contro le
tradizioni e crea l’Associazione Solidarietà Femminile per aiutare le ragazze madri e le madri
abbandonate con a carico dei bambini piccoli. Agli occhi della legge, queste donne sono considerate come delle prostitute. Le famiglie le rinnega la maggior parte delle volte anche se sono
state violentate. Il padre biologico perlopiù rifiuta di riconoscere il bambino. Nel 2003, si contavano nella Grande Casablanca circa 5.000 madri non sposate, di cui 1800 avrebbero
dovuto abbandonare il bambino, una cifra ben al di sotto della realtà.
L’obiettivo dell’Associazione è quello si proteggere le madri, dare loro una formazione e un
lavoro per diventare autonome, non abbandonare il loro bambino ed evitare la trappola della
rete della vendita dei neonati.
Nel 2003, la riforma della Moudawana, il codice di famiglia, ha permesso a molte ragazze
madri di avere il riconoscimento del figlio da parte del padre naturale.
Nel 1995, l’Associazione riceve il Premio dei diritti umani della Francia a Parigi.
Nel 2009, Aïcha Ech-Channa vince il Premio Opus Prize 2009 ed è la finalista al Premio internazionale della donna dell’anno in Valle D’Aosta.
L’Associazione, creata il 19 novembre 1985 dalla Sig.ra Aicha Ech-Channa (infermiera professionale) combatte l’ingiustizia sociale in una realtà culturale che condanna ed emargina le
ragazze madri. La sua finalità principale è lottare contro questa discriminazione, promuovendo i principi dei diritti della donna e del bambino, incoraggiando un cambiamento di mentalità e comportamenti, assicurando l’autonomia della donna attraverso l’indipendenza finanziaria e il lavoro. Il suo obiettivo è migliorare le condizioni delle ragazze madri e dei loro bambini in Marocco, garantendo sostegno e un accompagnamento psico-medico sociale; prevenire l’abbandono dei bambini, favorendo la riabilitazione delle ragazze madri attraverso programmi di formazione educativa e professionale. Attraverso le sue iniziative Solidarité
Féminine, sostiene il proprio ruolo nello sviluppo socio-economico del paese.
L’organizzazione ha strumenti interni di gestione, monitoraggio e valutazione delle proprie attività e un organigramma che specifica ruoli e funzioni; attualmente comprende 56 membri, di
cui: volontari (9), dipendenti a tempo pieno (32), membri onorari (9), esperti (3), addetti alla
sorveglianza e al giardinaggio (3) nonché una ventina di tirocinanti all’anno.
Da gennaio 2003 a giugno 2010 abbiamo trattato annualmente:
• 1000 fascicoli, in media, sulla problematica del bambino nato fuori dal matrimonio, • 50
coppie madre/bambino accompagnate ai programmi di preparazione all’inserimento professionale e agli asili-nido. • 57 ragazze madri hanno seguito percorsi di alfabetizzazione e/o di
formazione professionale. • 261 bambini seguiti dagli asili-nido dell’associazione. • 100%
delle ragazze madri seguite da Solidarité Féminine non abbandona i propri bambini. • 100%
delle ragazze madri seguite da Solidarité Féminine trova un lavoro e soddisfa i propri bisogni
quotidiani. • 40% delle ragazze madri seguite da Solidarité Féminine ha un lavoro stabile con
tutti i diritti sociali garantiti.
Riconoscimenti: • 1996: Premio dei Diritti Umani della Repubblica Francese. • 1996: Premio
Grand Atlas per il libro “Miseria”. • 2000: Medaglia d’Onore dal Re del Marocco
Mohammed VI. • 2005: Premio Elisabeth Norgall. • 2009: Premio Donna dell’Anno
(Consiglio Regionale della Valle d’Aosta, Italia). • 2009: Opus Prize.
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ABSTRACT
RITA EL KHAYAT
Psichiatra psicanalista antropologa, Marocco
Rita (nome arabo Ghita) EL KHAYAT
Medico psichiatra e psicoanalista (laureata a Parigi)
Laurea in medicina del lavoro ed ergonomia (Bordeaux)
Laurea in medicina aeronautica (Parigi)
Dottorato in antropologia del mondo arabo, «Ecole des hautes etudes en sciences sociales»
(Ehess/Paris)
Professoressa presso univ. italiane, creatrice della cattedra di «antropologia della conoscenza
e del sapere»
Membro del dipartimento degli studi femministi de l’Uqam, università del Quebec, Canada.
Ha scritto 37 libri e circa 500 articoli.
È considerata una tra le più importanti intellettuali del Marocco e del Maghreb. Scrittrice, etnopsichiatra, psicoanalista, antropologa e scienziata, Rita El Khayat ha deciso di vivere a
Casablanca dove esercita la professione di medico psichiatra. Nel 1999 fonda l’Association
Aïni Bennaï per diffondere la cultura in Maghreb e nel 2000 anche le Editions Aïni Bennaï.
Nel 1999 è stata la prima donna nella storia del Marocco a scrivere a un sovrano. La lettera
è stata indirizzata al giovane re, Mohammed VI, quattro mesi dopo la sua incoronazione,
denominata appunto “Epitre d’une femme à un jeune monarque” (“Cittadine del Mediterraneo
- Il Marocco delle Donne” - Castelvecchi Editore, 2009), scritta per contrastare un movimento
islamista e reazionario che voleva il ritorno a casa delle donne.
Due mesi prima dell’11 settembre, Rita El Khayat ha scritto la “Lettera aperta all’Occidente”
che avrebbe dovuto essere pubblicata in Francia ma, all’ultimo minuto, fu dichiarata irricevibile dalla casa editrice. (“Rita El Khayat, N-èmica - Lettera aperta all’Occidente” - Avagliano
Editore, Roma, 2008).
Nel 2006 ha ricevuto la cittadinanza onoraria italiana, conferitale dal Presidente Giorgio
Napoletano e dagli ex Ministri agli Interni e agli Affari Esteri, come figura d’eccellenza che si
è distinta nel nostro Paese per meriti speciali in campo sociale, scientifico e culturale.
Candidata al Premio Nobel per la Pace 2008.
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DONNE COME VITTIME NELLE AREE DI CONFLITTO
E FAUTRICI DI PROCESSI DI PACE
Non vivendo in aree di conflitto, posso promuovere la pace per mezzo del mio coinvolgimento come donna scienziato, delle mie idee, dei miei scritti, e della ferma volontà di offrire a tutto
il mondo un’altra concezione di vita, piena di rispetto per gli esseri umani, per le generazioni
future e nel convincimento del valore delle basi per costruire un diverso tipo di relazione tra
tutti noi.
… Nella pace, nella dignità, in paritarie condizioni di vita…
Dovevo presentare una conferenza sul tema “Donne e guerra” durante il periodo peggiore
della tragedia irachena (Reggio Emilia, 2003), entrando negli ambiti della violenza, degli stupri, della morte dei bambini dispersi, dei cosiddetti “effetti collaterali” del bombardamento e
del terrore: procedevo con certe rivelazioni, per le quali la guerra non è una condizione normale per le donne e per i loro bambini. Forse è qualcosa legato alla virilità. Continuando, mi
sono resa conto che le guerre e le lotte non sono solo reali, ma attengono anche ad ambiti simbolici e immaginativi. Sto combattendo per qualcos’altro; la nascita di un nuovo Pensiero proposto dalle Donne, e le più ricche di immaginazione tra loro, come Scienziate e Pensatrici,
Intellettuali, e dai più avanzati trend femminili finalizzati a cambiare il mondo. Queste donne
esistono. Forse sono costrette a morire per le loro idee. Gli uomini hanno fallito nel cambiare
il mondo, nonostante ne siano morti così tanti, a causa delle innumerevoli guerre che si sono
succedute nel corso della storia, che è impossibile contarli. È tempo di ascoltare le possibilità
e i suggerimenti proposti dalle donne per una vita pacifica su una Terra meglio preservata.
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ABSTRACT
SALAM KANAAN
Direttore paese Save the Children UK nei territori
occupati palestinesi
Salam Kanaan è una professionista dello sviluppo e un’esperta in emergenze, con più di 20
anni di esperienza di gestione e leadership nell’ambito delle Nazioni Unite, dell’INGO e di
istituti accademici e di ricerca di West Bank, a Gaza, e in Giordania.
Ha ricoperto posizioni senior presso l’INGO, e presso l’UN. Prima di unirsi a Save the
Children, era CARE West Bank Gaza Health Sector Coordinator, e gestiva gli interventi di alta
emergenza sanitaria nei Territori Occupati Palestinesi. Per quattro anni prima di CARE, ha lavorato con la Banca Mondiale come Analista delle Operazioni Sanitarie e di Educazione
nell’OPT.
È specialista nell’ambito della sanità e dell’educazione per formazione. Ha conseguito un BSc.
in Salute Pubblica, un Diploma per l’Educazione alla Salute e un Diploma di Master in
Educazione, con specializzazione in Psicologia Educazionale, presso l’Università Americana
di Beirut.
Si considera un’iniziatrice di idee e attività con un’ampia visione delle questioni, nonché una
persona che lavora per affrontare le cause fondamentali in modo globale.
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DONNE COME VITTIME NELLE AREE DI CONFLITTO
E FAUTRICI DI PROCESSI DI PACE
La demolizione di una casa non distrugge solo una struttura fisica, ma comporta numerose altre
conseguenze; il crollo della struttura famigliare, l’incremento della povertà, della vulnerabilità,
e da ultimo, lo sradicare una famiglia da un ambiente che fornisce coesione e supporto. Ciò
ha conseguenze a lungo termine sulla salute mentale e fisica.
Mentre lo spostamento forzato è una parte riconosciuta della storia palestinese, lo si è spesso messo in discussione come fenomeno storico limitato, accaduto durante le guerre araboisraeliane che hanno prodotto centinaia di migliaia di rifugiati e di IDPs, internally displaced
persons, ovvero, profughi costretti a fuggire e a spostarsi internamente. Ma i palestinesi, siano
essi rifugiati o meno, rimangono tuttora dei profughi. Una delle cause primarie del loro spostamento forzato è la politica israeliana della demolizione delle case.
Dall’occupazione israeliana di West Bank e Gaza, del 1967, è stato stimato che le autorità
civili e militari di Israele hanno distrutto 24.000 case palestinesi nel Territori Palestinesi
Occupati (TPO), diventando una delle cause più rilevanti di spostamento forzato.
Quando una casa viene demolita, la famiglia perde sia la casa come bene finanziario, che le
proprietà ivi contenute. Ma l’impatto che questo determina va oltre la perdita di una proprietà fisica e di un’opportunità economica. Questa presentazione dipinge un quadro delle donne
palestinesi che hanno subito la demolizione delle loro case, attraverso la descrizione dei loro
bisogni e i meccanismi di reazione nell’affrontare le loro vite dopo lo spostamento forzato, evidenziando l’ampio spettro delle conseguenze legate all’impatto sanitario, sociale ed economico successivo agli eventi demolitori.
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ABSTRACT
STEVE KILLELEA
Fondatore Institute for Economics and Peace, Australia
COME LE RELAZIONI ECONOMICHE
POSSONO PROMUOVERE LA PACE
Steve Killelea è un imprenditore di successo nel campo dello sviluppo dell’alta tecnologia ed è
attivo in prima linea in attività filantropiche dedicate allo sviluppo sostenibile e alla pace.
Dopo il successo raggiunto dalle due società internazionali di software che ha fondato, Steve
dedica la maggior parte del suo tempo e del suo capitale allo sviluppo sostenibile e alla pace.
Nel 2000 Steve ha fondato la propria fondazione privata, The Charitable Foundation (TCF),
che lavora con le comunità più povere del mondo. TCF è una delle organizzazioni umanitarie
d’oltre mare più grandi presenti in Australia. Il suo obiettivo è attuare interventi che possano
cambiare la vita a più persone possibile, soprattutto ai più poveri fra i poveri. TCF lavora attivamente nell’Africa Centrale e Orientale e in alcune parti dell’Asia.
Steve Killelea è, inoltre, fondatore del Global Peace Index, il primo strumento di misurazione
dello status pacifico dei paesi nonché di identificazione delle correlazioni insite nella pace.
Con i dati raccolti e ordinati dalla Economist Intelligence Unit, GPI ha scatenato dibattiti a livello governativo, nei media e negli atenei di tutto il mondo. Il Global Peace Index è oggi riconosciuto come il punto di riferimento per la misurazione dello status pacifico delle nazioni.
La più recente iniziativa di Steve, l’Institute for Economics and Peace, è specializzata nelle relazioni fra business, pace ed economia. Si tratta di un istituto di ricerca indipendente non a
scopo di lucro che si prefigge di fornire alla comunità accademica, alla società civile, al settore privato, alle istituzioni internazionali e ai governi gli strumenti necessari all’applicazione
proattiva della pace nel raggiungmento dei propri obiettivi.
Steve siede attualmente in diversi organi consultivi, incluso l’International Crisis Group (ICG),
Alliance for Peacebuilding e il Global Project on Measuring Progress of Societies dell’OECD.
È, infine, Garante Internazionale del World Council of Religions for Peace.
Il concetto di pace è difficile da definire e da misurare. L’Institute of Economics and Peace (IEP)
ha sviluppato, attraverso il Global Peace Index, un framework per definire la pace individuando i fattori che la creano e il relativo valore monetario. Ciò permette agli operatori del business di comprendere l’impatto della pace sui mercati, sui costi, sulle strutture e sui margini.
La ricerca realizzata con i dati provenienti dal Global Peace Index, primo indice atto a misurare i livelli di pace delle nazioni del mondo, dimostra che le società che hanno governi con
un buon funzionamento, un sano ambiente business, un elevato grado di libertà di informazione, bassi livelli di corruzione, alte percentuali di partecipazione all’educazione, rispetto dei
diritti umani e buone relazioni con gli stati vicini, hanno maggiori possibilità di sperimentare
bassi livelli di violenza.
La pace ha anche un valore monetario esprimibile in termini di valore aggiunto al PIL globale
derivante dal raggiungimento della pace a livello mondiale.
Se il costo dell’investire nella creazione della pace fosse minimo paragonato al potenziale di
perdita causato dalla violenza, allora i governi potrebbero liberare risorse per costruire società pacifiche, il mondo del business potrebbe convenientemente impegnarsi con governo e
società civile per creare pace nei mercati in cui opera.
Lo IEP ha calcolato che l’impatto economico derivante dalla cessazione della violenza sarebbe stato pari a 7,4 trilioni di dollari americani (12,9% del prodotto lordo mondiale) per il
2009. È possibile ritenere che un aumento del 25% delle situazioni di pace, rientri nelle capacità umane. Se nel 2009 si fosse raggiunto un miglioramento del 25% dell’armonia globale,
si sarebbero liberati 1,75 trilioni di dollari americani per altre attività economiche.
Una riduzione parziale della violenza frutterebbe un sostanziale aumento del PIL globale, liberando ricchezza da destinare alle sfide che il mondo deve affrontare.
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ABSTRACT
MICHAEL INTRILIGATOR
Vice Presidente Economists for Peace and Security,
Professore di Economia, Science Politiche
e Politiche Pubbliche, UCLA, U.S.A.
Michael D. Intriligator è Professore di Economia presso la University of California, Los Angeles
(UCLA), dove è anche Professore di Scienze Politiche, Professore di Politiche Pubbliche nella
School of Affairs e Co-Direttore del Jacob Marschak Interdisciplinary Colloquium on
Mathematics in the Behavioral Sciences. È, inoltre, Senior Fellow del Milken Institute di Santa
Monica.
Il Dott. Intriligator si è laureato in Economia al Massachusetts Institute of Technology nel 1959;
l’anno successivo ha conseguito un Master presso la Yale University, dove ha ottenuto la borsa
di studio Woodrow Wilson, e nel 1963 ha completato il dottorato in economia presso il
Massachusetts Institute of Technology, dove ha lavorato con Robert M. Solow e Paul A.
Samuelson, entrambi futuri vincitori del Premio Nobel in Economia.
Michael Intriligator è autore di oltre 300 articoli e di altre pubblicazioni nel campo delle teorie economiche e matematica economica, econometria, economia della salute, riforma dell’economia russa e, infine, strategia e controllo delle armi, suoi principali campi di ricerca.
È Vice Presidente e membro del CdA di Economists Allied for Arms Reductions e nel 1993 è
stato Presidente del Peace Science Society (International). È stato eletto membro estero della
Russian Academy of Sciences nel 1999 e ha ricoperto il ruolo nel 2000. L’anno successivo è
stato eletto AAAS Fellow della American Association for the Advancement of Science. Nel
2006 è stato eletto futuro Presidente del Western Economic Association International (WEAI),
carica che attualmente ricopre, con all’attivo l’organizzazione nel marzo del 2009 del Pacific
Rim Conference a Kyoto, Giappone. Nel giugno del 2009 a Vancouver ha tenuto un discorso
in qualità di presidente alla conferenza annuale del WEAI.
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COME LE RELAZIONI ECONOMICHE
POSSONO PROMUOVERE LA PACE
Le relazioni economiche legate al commercio, a investimenti esteri diretti e a programmi di assistenza economica, possono essere protagoniste per la promozione della pace. Tali relazioni economiche possono contribuire alla conoscenza di altre nazioni che a loro volta possono sostenere la costruzione della pace. Queste relazioni non sono tuttavia in grado per se stesse di evitare conflitti e guerre e di promuovere la pace, possono però concorrere a un’integrazione economica e politica che
può raggiungere tale scopo. La storia dell’Europa del 20° secolo illustra questo punto nell’opera di
due distinti economisti: il britannico Sir Norman Angell e il francese Jean Monnet. L’economista britannico Sir Norman Angell (1873 - 1967) argomentava, nella sua opera più importante, The Great
Illusion (1910) che, grazie alle forti relazioni economiche internazionali e alla generale interdipendenza economica, in Europa non esistevano i presupposti per lo scatenarsi di guerre; ironicamente
però, la Prima Guerra Mondiale scoppiò solo pochi anni dopo, nel 1914. Angell fu insignito del
Premio Nobel per la Pace nel 1933, e le sue tesi meritano di essere riconsiderate, alla luce della
globalizzazione dell’economia mondiale e dei successivi sviluppi in Europa. L’economista francese
Jean Monnet (1888 - 1979) si occupò della questione legata alla prevenzione di un'altra guerra in
Europa, dopo la 2a Guerra Mondiale. Monnet era un esperto della contestualizzazione industriale
a livello regionale e analizzava il problema utilizzando mappe, tabelle di input-output, e studi di
organizzazione industriale. Giunse alla conclusione che l’integrazione delle economie delle maggiori nazioni europee avrebbe potuto promuovere la pace ed evitare un’altra devastante guerra.
Propose la creazione di una comunità europea del carbone e dell’acciaio che coinvolgesse le miniere di carbone in Francia e quelle dell’acciaio in Germania. Questo piano fu promosso da Robert
Schuman, il Ministro degli Esteri francese, è conosciuto come il piano Schuman, e fu adottato, nel
1949, da Francia, Germania Occidentale, Italia, e Benelux. La Comunità Europea del Carbone e
dell’Acciaio portò alla creazione della CEE, che a sua volta determinò la fondazione dell’UE, la
quale attualmente include 27 stati membri che hanno trasferito parte della loro sovranità ad essa.
L’integrazione economica e politica ha assicurato la pace in Europa, ma è la fondazione dell’Unione
ad aver rappresentato un passo importante per il raggiungimento di tale risultato. Il successo economico e politico dell’UE è stato imitato altrove, come nell’Asia sud-orientale, attraverso l’ASEAN
(Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale) e altri tentativi simili in Africa e America Latina,
nessuno dei quali, tuttavia, ha ottenuto lo stesso successo.
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ABSTRACT
GIORGIO SACERDOTI
Professore di Diritto Internazionale e Comunitario,
Università Bocconi, Milano
Ex chairman dell’Appellate Body del WTO
Giorgio Sacerdoti è Professore ordinario di Diritto Internazionale ed Europeo (Cattedra Jean
Monnet) presso l’Università Bocconi di Milano dal 1986. Dal 2001 al 2009 è stato membro
dell’organo di appello dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e Presidente nel
2006-07.
Fino al 2001 Professor Sacerdoti è stato Vice Presidente del Gruppo Operativo sulla corruzione nelle transazioni commerciali internazionali, dove è stato uno dei negoziatori della
“Convenzione Anticorruzione OCSE” del 1997.
È stato consulente per il Consiglio Europeo, per UNCTAD e per la Banca Mondiale in materia
di investimenti esteri, mercati, corruzione, sviluppo e buona governance. È stato spesso nominato come arbitro in controversie commerciali internazionali al Centro Internazionale per la
Risoluzione dei Conflitti di Investimento (ICSID) della Banca Mondiale, dove ha presieduto vari
tribunali arbitrali per controversie fra Stati e investitori stranieri, con accordi bilaterali sugli
investimenti.
Ha pubblicato più di 150 opere in campi di sua expertise, diritto pubblico internazionale, sviluppo internazionale, commercio, contratti internazionali, diritto e arbitrato su investimenti.
È frequentemente ospite di conferenze internazionali e collabora con giornali e riviste.
Dopo essersi laureato presso l’Università di Milano con una laurea cum laude nel 1965,
Professor Sacerdoti ha conseguito nel 1967 un Master in Diritto Comparato presso la
Columbia University Law School in qualità di Fulbright fellow.
È membro dell’ordine degli avvocati di Milano dal 1969. È consulente dello Studio Legale
Eversheds Bianchini di Milano. Dal 2004 è, infine, Presidente della Fondazione CDEC - Onlus
di Milano (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea).
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COME LE RELAZIONI ECONOMICHE
POSSONO PROMUOVERE LA PACE
Il sistema commerciale multilaterale è basato sulle norme dell’Organizzazione Mondiale del
Commercio, OMC (World Trade Organisation, WTO).
L’OMC è stata istituita alla positiva conclusione dei lunghi negoziati multilaterali sul commercio dell’“Uruguay Round” del 1995.
L’organizzazione, che ha assunto il ruolo in precedenza detenuto dal GATT, espande e rinforza i principi fondamentali della non discriminazione, della liberalizzazione e della riduzione
delle barriere per favorire lo scambio di beni e servizi.
Oltre 150 paesi fanno ora parte dell’OMC, determinando una copertura pari al 90% del commercio mondiale.
Il commercio è riconosciuto come un motore di crescita economica che permette la divulgazione di prodotti, servizi e la diffusione del progresso tecnologico, migliorando la sorte dei più
poveri della terra. Molto spesso, il commercio è legato a investimenti esteri diretti, licenze, outsourcing e finanziamenti stranieri. Si stabilisce in tal modo, un network, o una catena di produzione, che collega gli interessi di produttori e consumatori di diversi paesi.
Questo schema è anche un elemento per porre le basi e rafforzare relazioni pacifiche. Guerre
commerciali, chiusure di mercati, istituzioni di barriere non sono eventi negativi solo a livello
economico, ma sono anche illegali rispetto alle norme OMC, salvo casi eccezionali.
L’OMC prevede al suo interno un organo di conciliazione per la risoluzione delle controversie,
al quale le nazioni che ritengono di essere vittime di condotte illegali e pregiudiziali possono
rivolgersi per ottenere risarcimento. Inizialmente si cerca di risolvere la disputa attraverso negoziazioni pacifiche; se queste non hanno successo, interviene un sistema arbitrale/giudiziario
imparziale e veloce apposito per diramare la questione in base alla legge. Inoltre, esiste un
organo di applicazione interno all’OMC, che assicura che le misure ritenute non compatibili
rispetto alle norme siano ritirate o modificate e che i benefici commerciali previsti possano così
essere ristabiliti.
Questo pacifico sistema di diramazione delle controversie incoraggia il rispetto delle regole da
parte di tutti i membri dell’OMC, maggiori e minori. Rappresenta inoltre un modello per diffondere l’utilizzo di norme e leggi negli altri ambiti delle relazioni internazionali contemporanee.
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ABSTRACT
FABRIZIO BATTISTELLI
Professore di Sociologia, Università La Sapienza, Roma
COME LE RELAZIONI ECONOMICHE
POSSONO PROMUOVERE LA PACE
Fabrizio Battistelli è professore ordinario di sociologia (corso avanzato) nella Facoltà di
Sociologia della Sapienza Università di Roma, dove insegna anche Sociologia dell’organizzazione e Organizzazione internazionale e dove dirige il Dipartimento Innovazione e Società DIeS.
Sin dalla tesi di laurea discussa nel 1972 con Franco Ferrarotti, si è occupato degli aspetti
sociali e politici della gestione dei conflitti e della sicurezza. Su questi temi ha compiuto ricerche e svolto at-tività di insegnamento in numerose università italiane ed estere.
Ha pubblicato, prevalentemente su temi strategici, 18 libri e un centinaio di articoli. Tra i titoli principali: “Armi: nuovo modello di sviluppo?” Einaudi, 1980 (II ed. 1982); “Armi e armamenti”, Editori Riuniti, 1984; “Marte e Mercurio. Sociologia dell’organizzazione militare”,
Angeli, 1990; “Soldati. Sociologia dei militari italiani nell’era del peace-keeping”, Angeli,
1996; “Donne e Forze Armate” (a cura), Angeli, 1997; “Gli italiani e la guerra. Tra senso di
insicurezza e terrorismo internazionale”, Carocci, 2004.
A partire dal 2001 la sua prospettiva di ricerca include anche la sicurezza/insicurezza interna, al cui ambito appartiene il recente La fabbrica della sicurezza, Angeli, 2008.
Oltre ai propri studi di carattere teorico ed empirico, ha fondato e dirige presso l’Editore
Franco Angeli la Collana di sociologia militare nella quale ha tradotto o fatto tradurre alcuni
tra i principali autori internazionali del settore.
Assertore di una politica della sicurezza democraticamente partecipata nell’ambito interno e,
nell’ambito internazionale, di accordi per il controllo degli armamenti su basi di reciprocità e
multilateralità, nel 1982 Battistelli ha fondato l’Istituto di ricerche internazionali Archivio
Disarmo, di cui è attualmente presidente.
Ufficialmente l’utilità di esportare una quota più o meno ampia degli armamenti prodotti per le esigenze della difesa nazionale viene giustificato dai governi e dalle industrie sulla base di 3 argomenti:
1. la riduzione del costo unitario degli armamenti, sulla base dell’economia di scala conseguita mediante una reiterazione del medesimo prodotto in più esemplari, alcuni dei quali destinati alla vendita all’estero;
2. l’autofinanziamento degli elevati costi sostenuti dall’industria bellica nel cruciale ambito
della ricerca e dello sviluppo;
3. il contributo al riequilibrio della bilancia commerciale con l’estero da parte del paese esportatore.
Accanto a queste motivazioni manifeste ne esistono altre, non meno rilevanti, definibili come
latenti, basate sulle caratteristiche quantitative e qualitative dei profitti ricavabili dalle transazioni internazionali di armamenti. Da un lato vi è l’entità dei profitti, particolarmente elevata
in un ambito fortemente politico come quello delle armi che, a differenza di quanto avviene in
un mercato di singoli consumatori, ha come clienti pochi decisori politici.
Dall’altro v’è la natura di transazioni internazionali che rende ulteriormente opache le operazioni di export-import in quanto i governi dei paesi tollerano solitamente l’esistenza di rilevanti overheads su ciascuna transazione, ufficialmente destinate agli intermediari.
Tutto ciò alimenta la corruzione sia presso i paesi importatori, in cui gli acquirenti sono spesso destinatari di “incentivi” illegali, sia presso i paesi esportatori, ai quale tende a ritornare
una quota delle stesse overheads.
Proposte da sottoporre alla Science for Peace World Conference:
1. Controllo del traffico illegale di armi e regolamentazione del commercio legale attraverso la stipula nel quadro ONU del Trattato Internazionale sui Trasferimenti di Armi (ATT-Arms Trade Treaty).
2. Imposizione, su ogni transazione internazionale che ha per oggetto le armi, di una tassa
pari all'1% del valore della transazione. Le somme così raccolte saranno destinate a finanziare per metà progetti di sviluppo e per metà l’attività dell’UNIDIR – United Nations Institute for
Disarmament Research. Presso ciascuno dei 10 paesi maggiori esportatori mondiali di armamenti UNIDIR promuoverà un programma di monitoraggio dell’export-import di armamenti
avvalendosi dei centri di ricerca indipendenti operanti nei suddetti paesi.
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PRESIDENT
Umberto Veronesi
VICE PRESIDENTS
Kathleen Kennedy Townsend - Giancarlo Aragona - Alberto Martinelli
HONORARY COMMITTEE
Prince Albert II of Monaco - H.H. The Dalai Lama - Alexei Abrikosov - George A.
Akerlof - Zhores Alferov - Giorgio Armani - Daniel Barenboim - Roberto Benigni
- Ingrid Betancourt - J. Michael Bishop - Emma Bonino - Nicoletta Braschi - Mario
R. Capecchi - Aaron Ciechanover - Claude Cohen-Tannoudji - Francesca
Comencini - Renato Dulbecco - Shirin Ebadi - Umberto Eco - Rita El Khayat Gerhard Ertl - Albert Fert - Massimiliano Fuksas - Tara Gandhi - Margherita Hack
- John L. Hall - Alan J. Heeger - Harold Walter Kroto - Serge Latouche - Zubin
Mehta - Rita Levi-Montalcini - Luc Montagnier - Noa - Paul M. Nurse - Moni
Ovadia - Ferzan Ozpetek - Renzo Piano - Paolo Pobbiati - Raffaella Ravinetto Red Cross Italy - Rete Italiana per il Disarmo - Mons. Marcelo Sanchez Sorondo Save the Children - Giorgio Schultze - Vincenzo Spadafora - Gino Strada - Sandro
Veronesi - Frank Wilczek - Harald Zur Hausen
BOARD OF TRUSTEES
Jacques Bernier - David Blackbourn - Bruce Chassy - Barbara Corkey - Daniel
Dennett - Elfath Eltahir - Ahmed F. Ghoniem - Marc Hauser - Richard Klausner
- John Lupien - Villoo Morawala Patell - Edgar Morin - Susan Murcott - Philip
Pettit - Steven Pinker - Tomaso Poggio - Vaclav Smil - Paula Stephan - Ian
Tattersall - Jeff Tester - David Tilman - Adolfo Vannucci - Tilahun Yilma
PROMOTING COMMITTEE
Paolo Veronesi - Pascal Acot - Peter Atkins - Guido Barilla - Benedetta Barzini Luigi Bazzoli - Maria Bettetini - Michael W. Bevan - Nanni Bignami - Edoardo
Boncinelli - Mario Boselli - Chris Bowler - Diana Bracco - John Broome - Eva
Cantarella - Carlo Casonato - Franco Cavalli - Alessandro Cecchi Paone - Angelo
Chessa - Luca Cordero di Montezemolo - Alberto Costa - Lella Costa - Paolo
Costantino - Rosanna D’Antona - Maurizio Dallocchio - Concetta De Cicco Enrico Decleva - Pier Paolo Di Fiore - Manuela Dviri Vitali Norsa - E.L.S.A. Bruno Ermolli - Tecumseh Fitch - Gabriele Galateri di Genola - Viviana Enrica
Galimberti - Giorgio Gallo - Laura Gancia - Giulio Giorello - Aron Goldhirsch Michael Grätzel - Gunther Hasinger - Dirk Inzé - Jonathan Jones - John Krebs Stéphane Lissner - Cathie Martin - Federico Mayor - J. Gordon Mc Vie - Daniela
Memmo D’Amelio - Francesco Micheli - Fabio Mini - Giorgio Noseda - Franco
Pacini - Charlie Paton - Michael Peckham - Pier Giuseppe Pelicci - Laura
Pellegrini - Emilio Petrone - Mario Pianta - Telmo Pievani - Luigi Piro - Ingo
Potrykus - Pere Puigdomènech - Giovanni Puglisi - Luigi Ramponi - Mahdi Rezai
- Amedeo Santosuosso - Louis Schlapbach - Franco Scelsi - Maurizio Sella - Piero
Sierra - Laura Taveggia - Chicco Testa - Corrado Tomassini - Chiara Tonelli Bruno Vespa - Francesco Vignarca - Barbara Vitti - Lewis Wolpert
SOTTO L’ALTO PATRONATO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Con il patrocinio di
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Croce Rossa Italiana