La Luce per le Chiese

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La Luce per le Chiese
La Luce per le Chiese
iGuzzini illuminazione srl
62019 Recanati, Italy
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telefono 071.75881
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Sommario
Prefazione
3
Università Pontificia Lateranense
S.E. Mons. Angelo Scola
Vescovo Emerito di Grosseto,
Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense
Uno spazio speciale per un linguaggio teologico
5
Prof. Armando Ginesi
Storico e Semiologo dell’Arte,
Professore Emerito di Storia dell’Arte
Livelli di illuminamento dei poli liturgici
Presbiterio
Area destinata ai fedeli
Battistero, coro, custodia eucaristica
6
Livelli di illuminamento dello spazio architettonico
L’ambiente
Affreschi, tele e cappelle
7
La collocazione dei centri luminosi
Piano di calpestio
Volte
Quadri e affreschi
8
Progetti di illuminazione
11
1
Postfazione
La bellezza della luce
Padre Ferdinando Campana
Docente di Liturgia all’Istituto Teologico Marchigiano
Ministro Provinciale dei Frati Minori delle Marche
75
2
La Pontificia Università Lateranense
è l’Università del Sommo Pontefice, è
collegata con la Santa Sede con
singolare rapporto ed è luogo di studio
delle scienze ecclesiastiche in Roma e
conferisce i gradi accademici.
Prefazione
Università Pontificia Lateranense
C’è da compiacersi per il sapiente intervento illuminotecnico
- frutto di studio attento e di approfondita analisi - che la “iGuzzini
Illuminazione” ha posto in essere in alcuni ambiti della nostra
“Pontificia Universitas Lateranensis”.
Il dosaggio della luce artificiale ha tenuto conto della specificità
funzionale degli spazi e ne ha esaltato la destinazione allo studio,
alla riflessione, talora alla meditazione. Così come gli apparecchi
erogatori della luce sono stati scelti in piena consonanza con le
forme e le linee dell’architettura.
Un esempio bello e intelligente di rispetto dell’ambiente: un felice
connubio tra l’evoluzione tecnologica e il senso e lo spirito di ciò
che le pre-esiste. Come dire: una modernità efficiente saldamente
ancorata alla sapienza della tradizione.
3
S.E. Mons. Angelo Scola
Vescovo Emerito di Grosseto,
Rettore Magnifico della
Pontificia Università Lateranense
4
Uno spazio speciale per
un linguaggio teologico
Prof. Armando Ginesi
Storico e Semiologo dell’Arte
Professore Emerito di Storia dell’Arte
La cupola al di sopra della Santa Casa
nella Basilica di Loreto con gli affreschi
di Cesare Maccari.
Secondo Mario Botta, lo spazio di una chiesa è uno “spazio forte”.
Le chiese, inoltre, per usare le parole del Cardinale Virgilio Noè
(Arciprete della Basilica Vaticana e Vicario Generale del Papa per la
Città del Vaticano) pronunciate durante il Congresso Internazionale
di Liturgia, Architettura e Arte del 1999, sono “luoghi che parlano
un linguaggio teologico”. Due importanti Note Pastorali emanate
dalla Commissione Episcopale Italiana, rispettivamente nel 1993 e
nel 1996, nel parlare dell’edificio-chiesa, così lo definiscono: “il
luogo nel quale si riunisce la comunità cristiana per ascoltare la
parola di Dio, per innalzare a Lui le preghiere d’intercessione e di
lode e soprattutto per celebrare i santi misteri ..., immagine
speciale della Chiesa, tempio di Dio, edificato con pietre vive”
(La progettazione di nuove chiese, 1993); “ i luoghi di culto sono i
luoghi privilegiati per l’incontro sacramentale con Dio”
(L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, 1996).
Quanto sopradetto chiarisce, io credo, il significato di
quell’aggettivazione “forte” che Botta usa per qualificare lo spazio
della chiesa. Per quel che mi riguarda, nel mio recente volume Per
una teoria dell’illuminazione dei Beni Culturali, io sostengo che uno
“spazio riconosciuto come sacro è uno spazio speciale”.
Di ciò va tenuto conto ogniqualvolta si sia chiamati ad intervenirvi
per qualsiasi ragione e ogni tipo di intervento deve ricondursi con
rispetto a questa specialità di cui va riconosciuta la preminenza
assoluta rispetto a qualsiasi altra ragione di tipo tecnico, funzionale
e così via. L’intervento di tipo illuminotecnico, ovviamente, non
sfugge alla sopradetta regola fondamentale, tanto più che trattasi
di un’azione che introduce luce artificiale nella spazialità dell’edificio
e perciò interagisce con la sua dimensione simbolica. Infatti non
bisognerà mai dimenticare, prima dell’elaborazione di ogni ipotesi
progettuale, che l’edificio-chiesa, nel racchiudere e definire lo
spazio sacro, si presenta sotto tre aspetti strettamente correlati:
simbolico, liturgico e architettonico.
La terza dimensione – quella architettonica – non può prescindere
dai significati profondi di natura extraempirica che sono insiti nelle
altre due. Perché, come ho scritto nel volume già citato, nella
chiesa l’architettura interpreta e rende praticabile la dimensione
simbolica della religione, attraverso la creazione di condizioni
pratiche atte allo svolgimento della liturgia. Quest’ultima, come atto
rituale, si costruisce e si sviluppa attorno alla potenza espressiva
del simbolo che ne costituisce il nucleo fondante.
Di conseguenza nell’edificio-chiesa si troveranno a convivere la
rappresentazione degli elementi simbolici nei quali si riassumono le
verità teologiche e la possibilità attuativa delle azioni rituali
(liturgiche) che da quei simboli derivano.
L’intervento della luce – sia naturale che artificiale – gioca in tutto
ciò un ruolo di radicale importanza, in particolar modo per quel che
riguarda l’interno dell’edificio dove la comunità dei fedeli si raduna
e vive la dimensione ecclesiale meditando, pregando e onorando
Dio attraverso atti liturgici. Sicché il light-designer deve sentire
tutto intero il carico della responsabilità che si assume allorché si
risolve a dare senso ad uno spazio speciale, a plasmarlo anch’egli,
come ha già fatto l’architetto, per consentirne l’uso ma soprattutto
per sottolinearne l’alta qualità simbolica, la valenza liturgica, la
capacità d’espressione della fede, in altri termini la sua specialità.
La conclusione del discorso è che la progettazione illuminotecnica
di una chiesa si palesa come opera di grande complessità e che
quindi non può essere affrontata con superficialità o, ancor peggio,
con improvvisazione. A questo proposito si rivela illuminante
quanto raccomandato dalla già citata Nota Pastorale della CEI del
1996: “Considerata la delicatezza del problema, è necessario che il
progetto dell’illuminazione artificiale venga studiato da specialisti
del settore insieme a esperti di liturgia”.
5
Livelli di illuminamento dei poli liturgici
Presbiterio
L’illuminamento del presbiterio deve assolvere alle seguenti finalità:
a) consentire al celebrante la lettura del messale ed in generale a
lui e ai suoi coadiutori lo svolgimento delle proprie funzioni: a tale
scopo necessitano gli illuminamenti di almeno 300 lx (1) sui piani
orizzontali dell’altare, dell’ambone (piano di lettura per i coadiutori
del sacerdote) e delle posizioni in cui si somministra l’eucarestia
e illuminamenti non inferiori a 150 lx nella restante area del
presbiterio (fig.1);
b) consentire al pubblico di seguire la funzione, con la dovuta
attenzione e concentrazione: occorre a tale fine assegnare
illuminamenti dell’ordine di 300-500 lx ai piani verticali rivolti
verso il pubblico per tutte le posizioni in cui si vengono a trovare
il celebrante e i suoi coadiutori (fig.2).
Quando il presbiterio è visto da tre lati - dalla navata e dai due lati
del transetto (fig.2) - i piani verticali da illuminare ad uso dei fedeli
sono quelli rivolti verso le tre direzioni sopra citate.
Durante le funzioni religiose, l’illuminazione dei piani verticali del
presbiterio deve prevalere su ogni altra, allo scopo di favorire la
concentrazione dei fedeli sullo svolgimento delle funzioni (fig.2).
2
2
1
6
1
5
3
3
4
4
6
6
1
1
2
Area destinata ai fedeli
L’illuminazione di questa area deve consentire l’agevole
partecipazione dell’assemblea alle celebrazioni, la lettura e la
preghiera. In condizioni medie di esercizio può considerarsi
sufficiente un livello di illuminamento dell’ordine di 150 lx (fig.1-2).
Battistero, coro, custodia eucaristica
È richiesto un livello di illuminamento adeguato alle funzioni che
vi si svolgono. Per il battistero e il coro è ritenuto necessario un
livello di almeno 300 lx sul piano orizzontale della fonte
battesimale o del piano di lettura. Per la custodia eucaristica, si
può prevedere un livello compreso fra 300 e 500 lx.
Piani orizzontali dove si svolgono le
varie fasi delle funzioni religiose e
illuminamenti necessari ad uso del
sacerdote e dei suoi coadiutori.
1. zona altare: 300 lx
2. zona ambone: 300 lx
3. altre zone del presbiterio: 150-300 lx
4. somministrazione della
SS. Eucaristia: 300 lx
5. sede del Presidente
6. area destinata ai fedeli
2
Piani verticali dove si svolgono le varie
fasi delle funzioni religiose e
illuminamenti necessari ad uso dei
fedeli.
1. zona altare: 300-500 lx
2. zona ambone: 300 lx
3. altre zone del presbiterio: 300-500 lx
4. somministrazione della
SS. Eucaristia: 300 lx
5. sede del Presidente
6. area destinata ai fedeli
Livelli di illuminamento dello spazio architettonico
L’illuminazione ambientale - l’illuminazione delle varie superfici
che delimitano l’ambiente ecclesiale - è necessaria tanto per
rendere confortevole e qualificante la comunione dell’assemblea,
durante le funzioni religiose, quanto per consentire il pieno
apprezzamento dell’architettura e degli arredi della Chiesa ai
fedeli e ai visitatori (fig.1).
Il livello necessario per la prima esigenza sopra accennata può
essere individuato entro una gamma che va da 20 a 80 lx, in
relazione alla chiarezza delle superfici, allo scopo di assicurare
una luminanza delle stesse dell’ordine di 5 cd/m2 (3).
Per il secondo dei due obiettivi - l’apprezzamento dell’aspetto
monumentale - ove sia necessario un livello maggiore di quello
sopra indicato, per la preziosità delle opere esposte, è
raccomandabile un’illuminamento di 150 lx.
I due livelli di illuminamento citati vanno forniti nei tempi
appropriati.
Affreschi, tele e cappelle
Si possono prevedere, come per l’ambiente architettonico,
almeno due livelli di illuminamento: (fig.2) uno minimo, per le
funzioni religiose usuali, e uno più elevato, per le funzioni solenni
e per le visite al di fuori delle celebrazioni liturgiche.
I due livelli sono gli stessi citati per l’ambiente architettonico; per
le tele e gli affreschi non collocati negli ambienti liturgici - ad
esempio le tele e gli affreschi delle cappelle e del coro - può non
essere necessaria l’illuminazione del primo livello e quindi può
essere prevista soltanto l’illuminazione del secondo livello, quella
di tipo monumentale.
piano lucido
L’ambiente
S'
1
I
S
2
3
Il livello di 5 cd/m2 è sufficiente alla
percezione a grandi linee di elementi
architettonici e decorativi, da distanze
di qualche decina di metri, quali si
riscontrano all’interno di una Chiesa.
Il valore inferiore d’illuminamento
- 20 lx - è adatto a superfici molto
chiare (fattore di riflessione uguale
o maggiore di 0,7) mentre quello più
alto - 80 lx - si applica a superfici
molto scure (fattore di riflessione
inferiore a 0,2). I valori compresi
tra questi estremi si applicano alle
superfici con fattori di riflessione
intermedi.
7
La collocazione dei centri luminosi
La collocazione dei centri luminosi per l’illuminazione del piano di
calpestio dipende essenzialmente dalle dimensioni trasversali
della chiesa, dal tipo di plafone e dalla presenza sullo stesso di
affreschi o decorazioni. Occorre innanzitutto tener presente che
la buona illuminazione del presbiterio e dell’area destinata ai
fedeli non può generalmente essere attuata che in modo diretto,
cioè indirizzando il flusso luminoso emesso dalle sorgenti
direttamente verso queste superfici. La soluzione alternativa,
cosiddetta indiretta, consistente nell’indirizzare la luce sul plafone
e sulle pareti, ottenendo l’illuminazione delle superfici inferiori per
riflessione, presuppone che le prime superfici siano molto chiare
- per ottenere una buona riflessione - e prive di affreschi e
decorazioni. Tale soluzione richiede inoltre l’impiego di potenze
consistenti, per ottenere le alte luminanze delle superfici
destinate a fungere da sorgenti luminose secondarie.
h
Piano di calpestio
W/2
1
A1
A1
W'
W'
h
A1
Apparecchi incassati
Negli schemi di fig.1-2, i centri luminosi sono incassati nel
plafone (o controsoffitto) a volta o piano. Tali schemi si
caratterizzano come segue:
a) si addicono generalmente a plafoni non affrescati oppure dotati
di decorazioni distribuite in modo tale da risultare compatibili con
la formazione di forature per l’inclusione dei proiettori;
b) presentano il vantaggio di una immediata accessibilità, nel caso
in cui se ne preveda il sollevamento sul sovrastante vano di
sottotetto, mediante la predisposizione di semplici cavalletti
dotati di argani anche manuali, per le operazioni di manutenzione;
c) danno luogo ad un impatto estetico minimo;
d) hanno il vantaggio di consentire l’installazione delle condutture
elettriche al di fuori della chiesa, lungo il sottotetto;
e) è indispensabile richiedere un secondo posizionamento di
centri luminosi per l’illuminazione del plafone, nel caso che
questa illuminazione sia ritenuta necessaria (fig.1).
8
W'/2
W'/2
W1
2
h
Apparecchi a plafone
Nello schema di fig.3, i centri sono sospesi al di sotto del plafone
e aderenti allo stesso. Questa soluzione è adatta ai casi in cui la
presenza del gruppo di proiettori non risulti incompatibile con gli
eventuali affreschi o decorazioni sul plafone.
Con questa soluzione, l’accessibilità dei centri luminosi non è così
immediata come nell’esempio precedente: è opportuno, in
questo caso, prevedere la discesa a terra evitando la modifica dei
puntamenti dei proiettori per effetto degli scuotimenti che la
struttura subisce durante la sua movimentazione.
W/2
3
h
Apparecchi a parete
Lo schema di fig.4 utilizza dei centri luminosi disposti a parete,
in un unico posizionamento tanto per l’illuminazione del piano di
calpestio quanto per quella del plafone. Questa soluzione è quella
che rende massimo l’impatto dei centri luminosi sull’ambiente
chiesa, per la loro ridotta altezza d’installazione - per la loro
collocazione direttamente sulla parete.
W/2
4
1-3-4
Collocazioni dei centri luminosi
in chiese a sezione stretta (w/h<1).
2
Collocazioni dei centri luminosi
per l’illuminazione del piano di
calpestio in chiese a sezione larga
(w1/h = da 1,5 a 2).
La collocazione dei centri luminosi
Apparecchi a sospensione
Negli schemi 1 e 2, del tipo a sospensione, i centri luminosi sono
raccolti in gruppi e sospesi ad una certa distanza dal plafone;
nella fig.1, l’altezza dei centri coincide con quella del cornicione,
in modo da lasciare libera la visuale al di sotto dello stesso
elemento architettonico.
Questa soluzione ha il notevole vantaggio di raccogliere in
un’unica struttura sia i centri che illuminano il piano di calpestio,
sia quelli rivolti verso il plafone: in tal modo si evita l’installazione
dei centri luminosi e delle relative linee elettriche d’alimentazione
sulle superfici interne della muratura, con evidente
semplificazione dell’impianto.
Tale schema è adatto per chiese in cui le volte o i plafoni sono
estesamente affrescati o decorati e non vi è la possibilità di
collocare sulle murature laterali i centri luminosi destinati ad
illuminare il plafone. Data l’altezza non rilevante dei lampadari
l’accesso ai centri luminosi può essere previsto a mezzo di
piattaforma ad elevazione motorizzata.
h
C1
W/2
1
C2
C2
C2
C1
linea
di
C1
osse
rvaz
ione
h
C1
9
W'/2
W'/2
W'
W'
W
2
3
Apparecchi a scomparsa
Lo schema di fig.4-5 rappresenta un caso particolare in cui i centri
che illuminano il piano di calpestio sono installati sull’intradosso
degli archi o delle travi lungo i colonnati che dividono le tre
navate; mentre i centri che illuminano la volta sono collocati sul
cornicione, in posizione non visibile dal basso. Anche questa
soluzione presuppone, come la precedente, che la decorazione
sugli intradossi sia compatibile con detta collocazione e siano fra
loro compatibili decorazione e disegno degli apparecchi.
Una soluzione alternativa raccomandabile è quella di favorire un
parziale occultamento dei corpi illuminanti, collocandoli, ove
possibile, al riparo di modanature, sopra o sotto cornicioni, inseriti
nei pertugi e così via (fig.5). Ma quando essi dovessero apparire
visibili per forza di cose occorrerà che la loro presenza risulti il più
possibile accettabile all’interno dello spazio storicamente e
artisticamente connotato. In altre parole la loro collocazione dovrà
avvenire in maniera soft, senza violenze - né grandi né piccole alla qualità di ciò che li ospita. Ciò lo riteniamo realizzabile
mediante l’applicazione di tre criteri fondamentali, che definiamo
le “regole dei raccordi”, e che sono: raccordo morfologico,
raccordo dimensionale, raccordo cromatico.
4
5
1-2
L’altezza dei centri luminosi può
variare dai 4 metri circa delle chiese
con sezione allargata ad un massimo
generalmente di 10 metri di quelle di
tipo tradizionale a sezione stretta.
3
Occorre controllare che il
posizionamento e l’orientamento dei
proiettori che illuminano il plafone
siano tali da evitare la vista della loro
superficie luminosa e possibilmente di
qualsiasi loro parte da ogni punto del
piano di calpestio.
La collocazione dei centri luminosi
Volte
Anche per le volte e per i plafoni, la collocazione degli apparecchi
dipende dalle dimensioni trasversali della chiesa e dalla presenza
sul plafone di affreschi o decorazioni.
Le possibili collocazioni sono quelle delle figg.1-2-3, sulle cui
caratteristiche e campi d’applicazione valgono le considerazioni
espresse nel precedente paragrafo. Si può in genere affermare
che l’illuminazione dei plafoni e delle volte non pone le difficoltà
viste per l’illuminazione del piano di calpestio; essendo agevole,
nella maggior parte dei casi, l’occultamento dei proiettori alla
vista dei fedeli e dei visitatori.
h
h
h
C1
W/2
W/2
W/2
1
2
3
10
Possono essere illuminati dagli stessi centri luminosi, o quanto
meno, dalle stesse postazioni dei centri che illuminano il piano di
calpestio se i quadri e gli affreschi si trovano lungo le pareti del
vano in cui sono installati i gruppi di apparecchi (chiese a navata
unica) e se la configurazione geometrica dell’insieme non dà luogo
a riflessioni speculari, in particolare nel caso di quadri o affreschi
con superficie lucida. In generale, possono dirsi idonee tutte le
collocazioni nelle quali l’immagine delle sorgenti luminose riflessa
sulla tela non viene vista da nessuna delle possibili posizioni
d’osservazione. La distanza minima dell’osservatore dal quadro, per
una confortevole visione d’assieme del dipinto, può essere ritenuta
almeno pari all’altezza del bordo superiore del quadro rispetto ai
suoi occhi. Per evitare che le immagini riflesse delle sorgenti
appaiano sulle opere, rendendone difficoltosa l’osservazione, è
necessario che il posizionamento dei centri luminosi che illuminano
una tela o un affresco di tipo lucido sia tale da evitare che: la retta
congiungente gli occhi dell’osservatore (ubicato nelle posizioni
usuali di osservazione dell’opera) con l’immagine S’ di ciascun
centro luminoso S, speculare rispetto il piano lucido, non intersechi
la superficie dell’opera (fig.4-5-6).
piano lucido
piano lucido
piano lucido
Quadri e affreschi
S'
S
I
S'
S
I
S'
4
5
4-5-6
Posizionamento dei centri luminosi
per l’illuminazione di quadri con
superficie lucida: in A la posizione è
scorretta: l’intersezione O-S’ interseca
il quadro nel punto I; nelle fig.5-6 le
posizioni sono corrette: l’intersezione I
cade al di fuori del quadro.
S: centro luminoso
S’: immagine speculare (rispetto al
piano lucido) del centro luminoso
6
I
S
Progetti di illuminazione
I “Lampadari” della Basilica
Basilica della Santa Casa - Loreto
13
La forza della semplicità
Cripta dei Santi Pellegrini - Loreto
19
Tecnologia “nascosta”
Basilica S. Maria degli Angeli - Assisi
21
La luce “indiretta” del Duomo
Duomo di Lucca
27
Un luogo della memoria, dell’impegno, della preghiera
Oratorio S. Maria della Vita - Bologna
31
La chiesa: un’opera d’arte speciale
S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma
35
Il “centro” della chiesa
S. Croce in Gerusalemme - Roma
39
Il Presente nel Passato
S. Luigi dei Francesi - Roma
43
La chiesa come identità di una comunità
S. Maria di Montserrat - Roma
47
Le chiese a pianta centrale: ineludibile punto d’incontro
SS. Nome di Maria - Roma
51
Una chiesa e il suo territorio
SS. Annunziata, Complesso di S. Maria della Scala - Siena
55
La chiesa: un contenitore di opere d’arte
S. Francesco, Chiesa Auditorium - Montefalco (Perugia)
59
La chiesa è un bene culturale
Chiesa di S. Adalberto - Broumov (Rep. Ceca)
61
Un messaggio luminoso nella città
Duomo di Lecce
65
L’”edificio-chiesa”: un bene architettonico e monumentale
Cattedrale di S. Barbara - Kutna Hora (Rep. Ceca)
67
Nel nuovo millennio: speciale S. Giovanni Rotondo
Santuario di Padre Pio - S. Giovanni Rotondo (Foggia)
71
La metodologia di intervento
illuminotecnico privilegiata in tutti gli
esempi riportati nella pubblicazione è
stata quella di dare soluzione specifica
e fortemente mirata ad ogni singola
chiesa a seconda delle sue esigenze
stilistiche, storiche e funzionali.
11
Basilica della Santa Casa - Loreto
Progetto illuminotecnico: Mario Bonomo per Enel
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
I “Lampadari” della Basilica
Progettare l’illuminazione degli interni della Basilica
di Loreto ha significato conciliare la funzionalità visiva della luce,
per le celebrazioni e la grande partecipazione dei pellegrini, e
l’architettura sviluppata su tre navate con piccole cappelle laterali,
una grande cupola al di sopra della Santa Casa magnificamente
affrescata e le nove cappelle laterali sui tre absidi del transetto
e del presbiterio.
13
I numeri del progetto
Loreto è un luogo della fede per
eccellenza perché da sempre esprime
attraverso le sue forme architettoniche
simboliche e la pia tradizione della
Casa della Vergine Maria, il messaggio
universale cristiano. La storia
architettonica della Basilica iniziò nel
1469 in un’epoca che vede il
passaggio tra il gotico e l’arte
rinascimentale. Ancora oggi i segni
architettonici di questo passaggio
sono presenti, a testimonianza dei
molti artisti che sono intervenuti
nell’edificazione del monumento:
architetti, pittori, scultori che
contribuirono dall’inizio fino al ‘700
a dare forma alla Basilica.
Consistenza dell’impianto.
L’impianto è costituito da 338
apparecchi d’illuminazione incorporati
nei lampadari per una potenza
effettiva di 41.790 W.
La luce di emergenza è incorporata
nei lampadari.
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono 542:
147 lampade ad alogeni
171 lampade ad alogenuri metallici
14 lampade al sodio “a luce bianca”
210 lampade a incandescenza
La temperatura di colore di tutte le
lampade è di 3000°K.
Prestazioni illuminotecniche
Sono stati previsti i seguenti livelli
d’illuminamento, in condizioni medie
di esercizio:
- per l’illuminazione del piano di
calpestio nelle aree destinate ai fedeli:
150 lux;
- per le volte delle navate e dei vani di
raccordo: 100 lux;
- per i piani degli altari, i piani di lettura
del coro e le aree contigue agli altari in
cui si officiano le Messe:
300 lux
(anche sui piani verticali dell’Officiante
in direzione dei fedeli);
- sul rivestimento marmoreo della
Santa Casa: 100 lux;
- su tutti gli affreschi e le tele delle
Cappelle e della Cupola: da 100
a 150 lux.
La luce artificiale non può prescindere dagli oggetti che la
producono, qualsiasi apparecchio di illuminazione è una soluzione
diversa che concretizza l’effetto luminoso ideato dal progettista.
Lo studio del nuovo sistema di illuminazione ha portato alla
realizzazione di una struttura ovale sospesa che incorpora diversi
apparecchi. La collocazione dei lampadari a vista ed al centro
delle navate ha influito in modo fondamentale sulla morfologia
degli apparecchi. Il loro design è in sintonia con la circolarità e
l’andamento curvilineo della sommità architettonica nonché dei
medaglioni dipinti nelle vele. Invece da un punto di vista
strettamente illuminotecnico, queste strutture permettono
di proiettare la luce direttamente sui piani di calpestio, e sulle
volte, grazie a degli apparecchi incassati sul piatto ovale.
14
Superficie
luminosa
del proiettore
Sospensione
prodotto speciale
Angolo di
schermatura
1
1
Gli apparecchi incassati possono
ruotare in senso orizzontale e verticale,
in questo modo consentono
l’orientabilità della luce ed un perfetto
puntamento. Ogni apparecchio è stato
dotato di un fermo meccanico che
blocca l’orientabilità desiderata,
evitando nelle operazioni di
manutenzione delle lampade di
rimuovere accidentalmente il
puntamento.
Questo sistema di illuminazione a luce diretta e indiretta è
l’elemento centrale di tutta l’illuminazione della Basilica ed
è appositamente collocato all’altezza dei capitelli dei colonnati
(a circa 10 metri di quota) in modo da lasciare sgombra la visuale
in tutto lo spazio delimitato superiormente dalla linea di
demarcazione tra colonnati e volte.
L’impianto di illuminazione è progettato in modo da poter
usufruire separatamente della luce dei lampadari a seconda dei
periodi liturgici dell’anno e delle funzioni che si svolgono nella
Basilica. Anche le luci che valorizzano i capolavori artistici sono
separate dall’impianto generale di illuminazione, per consentire ai
numerosi turisti e pellegrini di visitare la Basilica ed ammirare,
con la giusta luce, le opere d’arte che vi si conservano, a
prescindere dall’illuminazione funzionale del resto del tempio.
10 m
15
L’enorme importanza attribuita dalla Chiesa alla reliquia della
Santa Casa, spinse Giulio II ed i suoi successori a progettare
un’opera senza precedenti capace di magnificare la centralità del
culto mariano. Il rivestimento marmoreo della Santa Casa è il
risultato straordinario dell’ingegno dei grandi artisti che si sono
succeduti nel tempo.
Il Bramante che ebbe il primo incarico, Andrea Sansovino,
Antonio da Sangallo, i fratelli Lombardi, fino ai Della Porta, hanno
contribuito alla nascita del più grande e completo ciclo scultoreo
del Rinascimento mondiale. Per valorizzare questa grande opera,
sono stati impiegati alcuni incassi dei lampadari, orientati dall’alto
verso il basso sul rivestimento. I lampadari circondano tutto il
perimetro della Santa Casa, che si trova al centro del transetto e
della navata centrale.
16
All’interno delle absidi (la principale centrale e le altre laterali)
sono collocate le Cappelle. Le pareti interamente affrescate sono
illuminate con dei lampadari di dimensioni ridotte, per lasciare il
più possibile sgombra la visuale in tutto lo spazio.
La ricchezza degli affreschi, ma anche le immagini devozionali e
le funzioni feriali che vi si svolgono, hanno determinato la qualità
e la quantità di luce necessarie.
La luce illumina a diverse altezze, le volte, il pavimento e le
pareti, orientando i raggi a volte con una emissione indiretta, a
volte con una emissione diretta; in entrambi i casi per esaltare
l’architettura e facilitare le funzioni.
17
1
2
Sospensione
prodotto speciale
1-2
Le luci dei proiettori sono orientate a
diverse altezze: le parti alte a 12 metri
dal pavimento, le basse ad 8 o in
alcuni casi a 2 metri dal pavimento.
Cripta dei Santi Pellegrini - Loreto
Progetto illuminotecnico: Renzo Mancini, Angelo Qualiani,
Alessandro Del Bufalo
(Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici)
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini Illuminazione
La forza della semplicità
L’ambiente interno è semplice, quasi spoglio, con una presenza
iconografica ridotta all’essenziale; l’aula principale è rettilinea e
termina con un presbiterio evidenziato con mattoni a vista.
La luce è nel complesso sobria, sottolinea l’ambiente, in modo da
costituire il contesto che dà risalto e favorisce l’assemblea
celebrante, che è la protagonista delle azioni liturgiche. Inoltre il
progetto illuminotecnico tiene conto della mancanza di luce
naturale nell’ambiente, per questo l’illuminazione diffusa in tutto
l’ambiente è di maggior apporto al luogo di celebrazione del rito
eucaristico. Il progetto fa proprie le indicazioni della Nota
Pastorale: “La progettazione di nuove chiese” che la
Commissione Episcopale per la liturgia ha emanato il 18 febbraio
del 1993.
19
Pixy
Quasar
Base Lighting
I numeri del progetto
Consistenza dell’impianto.
13 Plafoniere Base Lighting per
illuminare la navata centrale
20 incassi Quasar per l’illuminazione
delle navate laterali
14 incassi Pixy per l’illuminazione
delle scale
Realizzata in occasione del Giubileo,
come ulteriore spazio per i numerosi
pellegrini in visita a Loreto, la cripta è
interrata al di sotto della Basilica.
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
26 fluorescenti compatte da 24W
20 alogene dicroiche da 50W
14 alogene da 5W
La temperatura di colore di tutte le
lampade è di 3000°K.
Prestazioni illuminotecniche.
Condizioni medie di esercizio:
60 lux sui piani di calpestio
40 lux sulle navate laterali
100 lux sul piano dell’altare
Basilica S. Maria degli Angeli - Assisi
Progetto illuminotecnico: Sergio Aristei,
Daria Ripa di Meana, Bruno Salvatici
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini Illuminazione
Tecnologia “nascosta”
Fra il 1997 ed il 1999 l’Ordine dei Frati Minori ha deciso di
restaurare la Basilica a seguito degli eventi sismici ed in
previsione dell’anno giubilare. Anche l’illuminazione ha subito un
totale rinnovo e la luce è stata progettata, garantendone l’uso
corretto ai fini liturgici secondo le indicazioni della Nota Pastorale
della Conferenza Episcopale Italiana (1996).
Le indicazioni principali per la stesura del progetto, riguardavano:
un adeguata illuminazione degli ampi spazi della basilica, una
corretta illuminazione a servizio dei momenti liturgici,
centralizzare e semplificare i comandi, evidenziare la Porziuncola
ed infine valorizzare le opere d’arte. Il tutto nel modo più discreto
possibile, al fine di interpretare il messaggio francescano nella
sua essenzialità.
21
I numeri del progetto
Consistenza dell’impianto.
L’impianto è costituito da più di 1.000
punti luce diversificati per applicazione
e tipologia.
S.Maria degli Angeli sorge dove
S.Francesco fondò l’ordine, dimorò
e morì. E’ uno dei maggiori Santuari
d’Italia, costruito nelle sue forme
rinascimentali dal 1569 al 1679 su
progetto di Galeazzo Alessi
La facciata baroccheggiante è del
1928. Sotto la cupola centrale
all’interno è la Cappella della
Porziuncola, semplice oratorio dei
sec. X-XI, decorato all’esterno da
affreschi del ‘300-‘400.
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
ad alogeni con riflettore;
ad alogenuri metallici
La temperatura di colore di tutte le
lampade è di 3000°K.
Prestazioni illuminotecniche.
Sono stati previsti i seguenti livelli
d’illuminamento, in condizioni medie
di esercizio:
- per l’illuminazione del piano di
calpestio nelle aree destinate ai
fedeli: 150-200 lux;
- per le volte delle navate e dei vani
di raccordo: 100-150 lux;
- per i piani degli altari, e le aree
contigue: 300-500 lux
(anche sui piani verticali
dell’Officiante in direzione dei fedeli);
I valori di illuminamento possono
variare per esigenze liturgiche, grazie
ad un programma computerizzato che
regola le accensioni e i livelli di
quantità e qualità di luce.
Il risultato del progetto è una realizzazione complessa, che
comprende oltre 1000 punti luce controllati e comandati secondo
scenari predeterminati da una stazione centrale, costituita da un
quadro sinottico affiancato da un personal computer.
Grazie a questi sistemi articolati di controllo, la luce è modulata
nella quantità e nella qualità dell’emissione.
22
1
1
La navata centrale è l’area in cui si
sono realizzati gli interventi
illuminotecnici più significativi ed
innovativi.
L’illuminazione generale della volta è
stata ottenuta con una luce indiretta,
prodotta dalla riflessione della luce
emessa dagli apparecchi sulla
superficie di colore bianco e priva di
affreschi.
Questo tipo di illuminazione si è ottenuto posizionando gli
apparecchi Platea sulla cornice di imposta della volta, che ha una
larghezza di circa un metro, consentendo il perfetto inserimento
degli stessi e la facilità di manutenzione, in quanto si accede
facilmente attraverso una scala a chiocciola interna. Sono stati
utilizzati i proiettori con ottica asimmetrica per l’utilizzo con
lampade ad alogenuri metallici da 250W.
Si è pensato di integrare l’illuminazione indiretta, in occasione di
eventi liturgici particolari, con una seconda modalità di
illuminazione di tipo diretto. Un ulteriore serie di proiettori,
sempre posizionati sulla cornice, ma rivolti verso il basso.
Gli apparecchi sono dotati di un braccio retrattile, che consente di
nascondere i proiettori alla vista, quando non sono necessari, e di
farli sporgere solo in caso di funzionamento.
23
1
2
Platea
1
Sotto la volta della navata principale
corre, a 16 metri di altezza dal suolo e
per tutto il perimetro, un cornicione che
ospita le canaline con i cavi e gli
apparecchi di illuminazione.
Zoom
2
Il movimento dei bracci, ottenuto con
un motorino elettrico, è sincronizzato
con l’andata a regime della lampada.
In questo modo gli apparecchi
vengono fatti sporgere, incrementando
l’illuminamento senza creare disturbi
durante lo svolgimento delle
cerimonie.
Nel transetto è collocata la Porziuncola. I criteri e le soluzioni
adottati per l’illuminazione sono analoghi a quelli previsti per la
navata. L’area del transetto può essere illuminata
indipendentemente dall’accensione dell’impianto della navata
centrale e dell’abside per accentuare l’effetto scenico prodotto
dal piccolo edificio che si frappone tra la navata e l’abside.
La Porziuncola, la piccola chiesa da cui S.Francesco ha iniziato a
predicare il suo messaggio, è posta all’interno di un’altra chiesa.
La luce fa emergere questa architettura minuta e sobria nel
grande spazio determinato dalla Basilica. Più che sulla differenza
di illuminamento, la soluzione impiegata accentua il contrasto
cromatico esistente tra le pareti bianche della Basilica, rese
brillanti dalla luce diffusa dei Platea, e le pareti in mattoni il cui
colore caldo è stato ulteriormente valorizzato dalle lampade
alogene utilizzate nei proiettori Woody.
24
1
1
Woody
1
1
Sui quattro pilastri che sorreggono la
cupola e che permettono di illuminare
le quattro pareti esterne ed il tetto
della chiesetta, sono posizionati 8
proiettori Woody con lampade
alogene da 100W.
Le cappelle laterali conservano le pitture parietali e gli altari
sormontati da una grande dipinto. Considerato che il punto di
vista privilegiato è quello frontale per chi osserva, gli apparecchi
di illuminazione sono stati totalmente occultati per non interferire
visivamente con le decorazioni presenti sulle pareti e sono stati
scelti e posizionati diversificando gli effetti luminosi. Le pareti
laterali sono illuminate omogeneamente da 4 apparecchi Cestello
con alogene da 100W posizionati dietro il pilastro della parete
opposta. Per l’altare sono impiegati altri 4 apparecchi Cestello,
posizionati due a destra e due a sinistra, dietro i pilastri che
delimitano l’arco di ingresso. In questo modo le ombre sono
attenuate per evitare effetti esageratamente drammatici sui
volumi dell’altare. Le luci creano, così, complessivamente
un’atmosfera più intima che favorisce il raccoglimento e la
preghiera, raccordandosi con il resto dell’ambiente.
25
1
Cestello
Gabbiano
1
1
Per l’illuminazione della volta sono
stati utilizzati dei proiettori Gabbiano
con ottica asimmetrica, per lampade
alogene a tensione di rete da 300W,
posti sulla cornice di imposta della
volta e dietro il timpano di
coronamento.
Duomo di Lucca
Progetto illuminotecnico: SOLE luce per l’Arte
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
La luce “indiretta” del Duomo
Il progetto di illuminazione del Duomo di Lucca, ha considerato la
luce in funzione della preghiera e come elemento indispensabile
alla restituzione dei valori architettonici ed artistici che
caratterizzano l’ambiente. Per le funzioni religiose e per le visite,
la luce potrà essere modulata e regolata grazie all’estrema
flessibilità dell’impianto. L’idea progettuale è incentrata sulla
composizione degli effetti, equilibrando i chiari e gli scuri tra le
diverse zone, al fine di realizzare un rapporto tra le luminanze che
costituisce il principale obbiettivo. Fondamentale nell’illuminazione
delle navate l’utilizzo della luce indiretta. Questa tecnica che
prevede l’esatto studio della riflessione delle superfici e l’accurato
puntamento dei fasci luminosi verso l’alto, risulta indispensabile
per la completezza di qualsiasi illuminazione di grandi spazi dove
sia necessario valorizzare le soffittature e sfruttarne le riflessioni.
Guardando le magnifiche volte del Duomo si ricava l’impressione
di trovarsi di fronte ad una delle stupende stoffe intessute nei
telai dell’epoca.
27
I numeri del progetto
La cattedrale di S.Martino fu eretta nei
secoli XI-XIII, sostanziali modifiche
avvennero nei secoli XIV-XV.
L’asimmetrica facciata marmorea
romanica (1204) è opera in gran parte
di Guidetto da Como. I fianchi della
cattedrale sono trecenteschi e
l’imponente abside è di tarda
derivazione pisana. L’interno in forme
gotiche è a tre navate su pilastri, con
transetto a due navate e alti matronei
a trifore.
Consistenza dell’impianto.
262 apparecchi di illuminazione
raggruppati in 29 accensioni separate,
53 circuiti (di cui 3 di emergenza)
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
alogenuri metallici per la luce diretta
alogene con riflettore per la luce
indiretta.
La temperatura di colore di tutte le
lampade è di 3000°K.
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento medio in esercizio è di:
110 lux sui piani di calpestio
95 lux sulle volte della navata
centrale
75 lux sulle volte delle navate laterali
300-500 lux l’altare (anche sui piani
verticali).
La luce indiretta contribuisce fortemente all’illuminazione
complessiva di una chiesa, sia in termini di quantità di luce
(perché si aggiunge ai valori della diretta), sia in termini di qualità
di luce perché con la sua riflessione ammorbidisce l’emissione
luminosa, restituendo un’atmosfera austera scevra da effetti
drammatici.
28
1
Miniwoody
1
Per le volte delle cappelle, vengono
impiegati quattro apparecchi montati
ognuno su un capitello delle colonne
agli angoli delle cappelle.
Le volte delle navate laterali sono illuminate direttamente tramite
proiettori, collocati sull’aggetto del primo ordine dei capitelli ad
un’altezza di circa 11 metri da terra.
I proiettori sono puntati in modo tale che il fascio luminoso
sottolinei le volte. Una illuminazione d’accento è destinata alle
pale e alle opere custodite sulle navate laterali.
Anche questa luce durante le funzioni religiose e per le visite dei
turisti potrà essere modulata e regolata grazie alla grande
flessibilità dell’impianto.
29
1
1
Miniwoody
1
Le volte della navata centrale e del
transetto utilizzano una illuminazione
indiretta che fuoriesce dalle trifore
dove sono posizionati i proiettori.
Il livello di illuminamento medio in
esercizio è di 110 lux.
Oratorio S. Maria della Vita - Bologna
Progetto e Direzione dei lavori: Francisco Giordano
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
Un luogo della memoria, dell’impegno,
della preghiera
Il complesso architettonico che racchiude l’oratorio è il Santuario
di S.Maria della Vita nel centro storico di Bologna.
E’ un luogo famoso nel mondo, non solo per l’imponente cupola
alta 52 metri disegnata da Antonio Bibiena, ma soprattutto perché
al suo interno si conservano diversi gruppi scultorei in terracotta
eseguiti in epoche diverse da Nicolò Dell’Arca e Alfonso Lombardi.
Alla fine del XIII secolo un frate minore (poi proclamato beato),
Riniero Barcobini Fasani, di nobile famiglia, fondò la Confraternita
dei Battusti Bianchi e un ospedale, che grazie alle frequenti
guarigioni fu chiamato “della Vita”. Successivamente intorno alla
chiesa e all’ospedale sorse un grande santuario intitolato a S.Maria
della Vita. Espropriata la Confraternita dei suoi beni in seguito alle
leggi napoleoniche, l’ospedale di Bologna fu unito ad altri e
divenne l’attuale Ospedale Maggiore, oggi di proprietà dell’AUSL
cittadina, che possiede dunque anche il Santuario. Per le
celebrazioni religiose del 2000, l’azienda sanitaria, ha progettato il
recupero dell’intero complesso con un investimento di circa sei
miliardi. Obbiettivo principale il restauro dell’Oratorio e la creazione
di un Museo della Sanità cittadina e dell’Istituto per la Storia della
Chiesa di Bologna.
31
I numeri del progetto
L’oratorio deve le sue forme attuali al
progetto dell’architetto bolognese
Floriano Ambrosini tra il 1604 ed
1617. La vasta aula rettangolare,
provvista di cantoria e organo,venne
completamente decorata con eleganti
e fastosi stucchi dorati, opera di Giulio
Cesare Conventi e Antonio Martini.
Oggi l’Oratorio viene utilizzato non
solo come luogo di culto, ma anche
come sala da concerti di musica sacra.
Consistenza dell’impianto.
12 Cestelli per l’illuminazione generale
4 proiettori Woody per l’illuminazione
della cupola
4 proiettori Woody per l’illuminazione
del gruppo scultoreo
12 frangiluce a nido d’ape per i
Cestello.
2 proiettori Sirio F per l’illuminazione
indiretta sopra l’altare.
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
alogene dicroiche da 50W con coni di
luce diversificati:
24° sulle pareti
38° orientate verso l’alto
38° con schermo frangiluce orientate
sul piano di calpestio.
I proiettori Woody utilizzano alogene
da 75W con ottica flood.
I proiettori Sirio F utilizzano alogene
lineari da 300W.
La temperatura di colore di tutte le
lampade è di 3000°K.
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento medio in esercizio è di:
46 lux sui piani di calpestio,
44 lux sui soffitti decorati
22 lux sulle pareti laterali
63 lux sulla zona dell’altare
62 lux sul gruppo scultoreo.
Il gruppo scultoreo “I Funerali della Vergine” è uno degli esempi
più importanti dell’arte di Alfonso Lombardi, realizzato intorno al
1522. Notevoli sono i riferimenti linguistici e formali alle opere di
Michelangelo e Raffaello, anche sé l’immaginario a cui Lombardi
attingeva è più vasto e di certo non estraneo alle rappresentazioni
pubbliche di eventi sacri praticati all’epoca. E’ noto che i funerali
della Vergine non sono menzionati nei testi canonici, sono invece
ampiamente descritti nei vangeli apocrifi. Le quattordici figure
policrome evocano con forza drammatica, il momento in cui l’ebreo
tenta di capovolgere il feretro su cui giace il corpo della Vergine.
L’intensità con cui ciascun personaggio partecipa alla scena trova il
suo apice nell’impetuoso gesto dell’apostolo che sta per
scaraventare il testo sacro sull’ebreo disteso seminudo, a cui si
contrappone il contegno, non meno vigoroso, di chi assiste
pregando. La drammatica espressività dei volti è sottolineata con
una luce d’accento direzionata dal basso verso l’alto.
1
32
1
Woody
1
I quattro proiettori Woody sono
nascosti alla vista e collocati al di
sopra del basamento del gruppo
scultoreo, opportunamente distanti
dalle sculture, per non creare
eccessivi problemi di calore.
Il progetto di illuminazione segue alcuni criteri fondamentali:
la minor visibilità possibile degli apparecchi quindi la loro
integrazione alle architetture; la necessità di orientare le luci per
rendere “flessibile” l’illuminazione per i diversi impieghi previsti;
la valorizzazione dei gruppi scultorei, dei dipinti e delle decorazioni.
I proiettori Cestello sono collocati a 3 metri di altezza, per
permettere di orientare le luci sulle pareti opposte, incrociandole
per far luce sui dipinti e le decorazioni. Le luci sono diversificate
nei coni di luce in base all’utilizzo: i coni di luce da 24° sono rivolti
verso le pareti e le 38° sono indirizzate verso l’alto ed il basso, su
quest’ultime sono stati impiegati dei frangiluce per evitare
abbagliamenti.
33
1
1
1
1
1
Sirio F
1
In alcune zone particolarmente
significative come l’altare, la cupola
(affrescata da Gaetano Gandolfi) i
dipinti, sono stati collocati sul
cornicione dell’imposta dei proiettori
Sirio a luce indiretta.
S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma
Progetto illuminotecnico: Paola Degni
(Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici)
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
La chiesa: un’opera d’arte speciale
La testimonianza del passato è un valore prezioso non solo per la
storia dell’arte ma anche per la teologia liturgica: oltre certi limiti
si rivela la fondamentale ispirazione liturgica nella ideazione
architettonica di opere e forme. Francesco Borromini crea in San
Carlino alle Quattro Fontane un complesso architettonico, che è
non solo un modello importante nella storia del barocco italiano,
ma rappresenta anche un segno nella storia dell’Ordine Trinitario
e della sua missione particolare: l’esercizio della carità redentiva e
speciale culto alla Santissima Trinità. La chiesa di San Carlino ha
una singolare pianta ellittica, aperta in profonde nicchie ed è
sormontata da una cupola, rivestita da cassettoni a bugno d’api.
Gli elementi architettonici nascono uno dall’altro senza soluzione
di continuità e tutti insieme si esaltano nella concavità della
cupola, raccordata alle sottostanti strutture di cui accresce a sua
volta l’effetto spaziale. E’ nella cupola che tutta la chiesa acquista
il senso più forte dell’altezza, leggerezza e profondità. Ottagoni,
esagoni e croci greche, disposte in prospettiva, danno una
completa direzione verso il centro, verso la lanterna, divisa in
superfici convesse, dove si aprono piccole finestre, e nel cui
fondo prendono “speciale rilievo” i simboli allusivi della
Santissima Trinità.
35
I numeri del progetto
San Carlino rappresenta il capolavoro di
Francesco Castelli, detto il Borromini.
Vero gioiello del barocco romano del
Seicento, che riassume dal principio
alla fine la sua attività artistica. Infatti, il
chiostro, il convento e la chiesa furono
costruiti dal 1634-1641, mentre il
progetto della facciata è del 1664.
Consistenza dell’impianto.
20 proiettori per l’illuminazione
indiretta
2 proiettori Cestello per l’illuminazione
dell’altare
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono
26 alogene con riflettore.
La temperatura di colore è di 3000 °K.
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento medio in esercizio è di:
26 lux sui piani di calpestio
63 lux sulla zona dell’altare.
Il progetto di illuminazione è stato ideato con una particolare
attenzione alla conformazione architettonica, in modo da
valorizzare con effetti plastici lo spazio e nel contempo creare un
ambiente raccolto e mistico. Al di sopra delle cornici mistilinee,
sono collocati gli apparecchi di illuminazione che direzionano la
luce verso l’alto, opportunamente distanziati per ottenere una
ottimale uniformità di illuminazione. L’illuminazione investe
tangenzialmente le superfici curve; a sua volta la “curvatura”
della luce si diffonde sobriamente e concorre con il bianco
dominante a creare morbidi effetti chiaroscurali.
36
1
2
1-2
La cupola riflette anche nella struttura
esterna la funzione coordinatrice di
tutti gli elementi architettonici che ha
all’interno. Il vano ellissoidale è
mascherato da un tamburo dal quale
dopo tre gradini si innalza il lanternino,
composto da nicchie a cui si
addossano colonnette, con una
cornice mistilinea nella parte superiore.
Le decorazioni e le strutture assumono una leggerezza fantastica,
si raccordano in un serrato andamento plastico che riporta lo
sguardo dell’osservatore al centro della cupola al sommo del
lanternino, dove su un fondo dorato si staglia la Divina Colomba.
La luce concorre insieme alla forma architettonica alla significazione
simbolica ed alle specifiche funzioni e collocazioni degli elementi
rituali. La concezione centrale dello schema spaziale e strutturale di
San Carlino, la sua deformazione ottica, passa alla organica forma
ellittica grazie all’impiego di una illuminazione che si fa interprete
della sua “storia speciale”.
37
1
1
WZ21 Gabbiano
prodotto speciale
Cestello
1
La posizione prescelta per il
posizionamento dei proiettori è il piano
superiore delle cornici mistilinee ad
un’altezza circa di 16 metri da terra.
Opportunamente nascosti alla vista, si
distanziano a gruppi di due seguendo il
sinuoso percorso delle colonne.
S. Croce in Gerusalemme - Roma
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
Il “centro” della chiesa
Il punto di riferimento dell’assemblea durante le celebrazioni è
l’altare. Questa centralità dell’altare è nello spazio che gli gravita
attorno con i suoi simboli e i suoi elementi che lo compongono:
l’ambone, la sede, la croce. Non è quindi solo un punto
geometrico (quasi sempre nelle piante a croce latina l’incrocio tra
la navata centrale e la trasversalità del transetto) ma è anche e
soprattutto il punto d’incontro ineludibile e necessario d’ogni
linea, d’ogni percorso, d’ogni sguardo, d’ogni azione. Un centro
che tutto attrae e da cui tutto parte s’irradia, indissolubilmente
legato alla misura dell’assemblea da accogliere.
39
I numeri del progetto
S.Croce in Gerusalemme è uno dei
primi luoghi di testimonianza del culto
cristiano. La prima costruzione risale
agli inizi del sec. IV, la chiesa fu
riedificata in forma di basilica nel
1144-1145 e successivamente del
tutto ricostruita nel 1743 su ordine di
Benedetto XIV. Settecentesche sono
la facciata, l’atrio ellittico e l’interno.
Consistenza dell’impianto.
8 proiettori Lingotto per l’illuminazione
indiretta dell’abside
6 proiettori Cestello per l’illuminazione
del presbiterio
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
36 alogene da 100W con riflettore,
8 alogenuri metallici da 150W
La temperatura di colore è di 3000 K°
Prestazioni illuminotecniche.
Sono stati previsti i seguenti livelli di
illuminamento in condizioni medie di
esercizio:
- per la volta della abside 100 lux;
- per il piano degli altari, la sede del
presidente e le aree contigue agli
altari in cui si officiano le Messe:
300 lux (anche sui piani verticali).
Nell’ideazione del progetto di illuminazione di S.Croce in
Gerusalemme si è tenuto in particolare attenzione questo
aspetto. La luce nell’abside e sull’altare si differenzia per qualità e
quantità dagli altri spazi della chiesa, in modo da evidenziare
visivamente la centralità del luogo dove si svolgono le principali
funzioni liturgiche.
40
2
1
2
Cestello
1
L’altare si trova al di sotto della
struttura a baldacchino, che a sua
volta è sostenuto dalle colonne
dell’antico Ciborio con uno sviluppo di
architravi marmorei reso pesante da
un affollarsi di angeli in bronzo. Al
centro l’urna di basalto che conserva i
corpi dei S.S. Cesareo e Anastasio.
2
L’ubicazione dei proiettori Cestello è
nella parte posteriore delle colonne,
completamente nascosti alla vista dei
fedeli.
Sul cornicione che corre lungo tutto il perimetro dell’abside, sono
occultati dei proiettori Lingotto che illuminano la volta con una
emissione di luce dal basso verso l’alto. La luce diffusa
ammorbidisce l’effetto chiaroscurale e le ombre eccessivamente
marcate. Il risultato è di grande valorizzazione dell’affresco
(Il ritrovamento della Croce attribuito ad Antoniazzo Romano -1492)
e l’ulteriore diffusione della luce nell’area del presbiterio.
41
1
Cestello
1
Lingotto
Al sommo, entro una collana di
cherubini, sul cielo di perfetto
turchino, è raffigurato all’interno di
una mandorla il Redentore assiso e
benedicente, con un libro dalla scritta:
EGO SUM VIA VERITAS ET VITA. Ai
lati, due gruppi di angeli.
S. Luigi dei Francesi - Roma
Progetto illuminotecnico: Mario Bonomo
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
Il Presente nel Passato
Adeguare le chiese del passato alle nuove esigenze liturgiche
dell’oggi, è una delle problematiche più diffuse nella ristrutturazione
dei luoghi di culto. S.Luigi dei Francesi come molte altre chiese ha
una articolazione degli spazi che risale ad un’epoca in cui la
partecipazione al rito era fortemente gerarchizzata, secondo canoni
che obbligavano, anche con zone balaustrate, la divisione degli
spazi tra celebrante e fedeli. L’intera architettura del luogo di culto
è marcatamente coerente e importante da rendere impossibile
qualsiasi intervento di modifica, senza rischiare di snaturare
fortemente il significato storico e architettonico.
Tuttavia è necessario in ogni caso adeguare queste chiese alle
nuove esigenze del culto, la luce, se opportunamente progettata,
può dare nuova funzionalità agli spazi. A S.Luigi dei Francesi la
nuova definizione dei poli liturgici si è quindi attuata articolando
l’illuminazione secondo le funzioni degli spazi. La luce sull’area dei
fedeli nella navata centrale è stata realizzata con proiettori che
indirizzano la luce verso i piani di calpestio in modo da facilitare la
lettura e la partecipazione dei fedeli.
43
I numeri del progetto
Consistenza dell’impianto.
8 proiettori per l’illuminazione dei piani
di calpestio
8 proiettori per l’illuminazione indiretta
della navata centrale
4 proiettori per l’illuminazione del
presbiterio
2 proiettori per l’illuminazione
dell’altare
1 proiettore per l’illuminazione
dell’ambone
S.Luigi dei Francesi è una delle più
importanti chiese della nazione
francese. Iniziata nel 1518 ed ultimata
da Domenico Fontana nel 1589.
L’interno, interamente decorato
nel ‘700 con marmi e stucchi,
custodisce tre capolavori del
Caravaggio.
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
14 alogenuri metallici da 150W
1 alogenuri metallici da 70W
8 alogene lineari da 200W
23 alogene con riflettore da 100W
21 alogene con riflettore da 75W
La temperatura di colore di tutte le
lampade è di 3000°K.
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento medio in esercizio è di:
130 lux sui piani di calpestio,
40 lux sulla navata centrale
200 lux sulla zona del presbiterio
400 lux sulla zona dell’altare e
dell’ambone
300 lux sui piani verticali del
presbiterio
150 lux sui quadri delle Cappelle.
Non ultimo per importanza l’intervento di illuminazione delle
cappelle, che conservano capolavori pittorici di grandi autori.
Per ottenere una buona illuminazione uniforme priva di fastidiosi
riflessi sui tre grandi quadri della cappella, i proiettori sono stati
collocati nei due angoli a fianco dell’arco d’ingresso ad un’altezza
da terra di circa un metro. I proiettori sono ad otto lampade con
potenza e coni di luce differenziati, opportunamente orientati in
un’ampia gamma di direzioni. In questo modo la luce risulta
omogenea su tutta la superficie del quadro.
44
1
Cestello
1
L’illuminamento medio sul
“S. Girolamo” del Caravaggio è di 150
lux, un valore previsto dalle normative
europee ai fini della conservazione
delle opere d’arte.
Sul secondo cornicione della navata centrale sono stati collocati
dei proiettori che illuminano le decorazioni della volta
valorizzandone il gioco di luce delle dorature. Una quantità
maggiore di luce è stata utilizzata nell’area del presbiterio, in
modo da ottenere una differenziazione visiva della sede del
presidente e dell’altare, evidenziandone il fondamentale
protagonismo durante le funzioni eucaristiche. L’illuminazione in
questo modo ha permesso una dilatazione dello spazio che fa
percepire gli elementi architettonici (come la balaustra) non come
ostacoli ma come elementi compositivi dell’ambiente. Infine un
proiettore di maggiore potenza accentua l’ambone durante la
lettura ed il commento delle sacre scritture.
45
1
WR09 - WR05
1
La posizione prescelta per i proiettori
che illuminano il piano di calpestio
della Navata e del Presbiterio è sul
cornicione ad una altezza di circa 10 m
da terra.
S. Maria di Montserrat - Roma
Progetto illuminotecnico: Luigi Rebecchini
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
La chiesa come identità di una comunità
Il termine “Comunità” evoca nei cristiani significati diversi: la
Chiesa universale, la Chiesa diocesana, il gruppo dei cristiani di
una parrocchia, il gruppo di religiosi o di religiose di un monastero
o di una casa entro un quartiere, i cristiani di un certo movimento
che si raccolgono attorno ai loro circoli di studio o di preparazione.
E’ la stessa “Comunità” che definisce lo spazio celebrativo,
l’”impronta” caratteristica dell’ambiente. Ogni “Comunità”
richiede il proprio spazio e il suo luogo di celebrazione.
E’ importante per qualsiasi sacerdote e soprattutto per qualsiasi
progettista, partire nella ideazione di un progetto di architettura
religiosa, da questa esigenza fondamentale della Comunità: la sua
identificazione nel luogo delle celebrazioni. Questa disposizione
iniziale è tanto necessaria quanto indispensabile, per comprendere
che lo spazio sacro è uno spazio speciale. Trasmettere, cioè, la
sensazione che stiamo entrando in qualcosa di diverso e tuttavia
separato dalla nostra vita di ogni giorno: vivere “un altro spazio”.
47
I numeri del progetto
Rimaneggiata da Giuseppe
Camporese (1821) e restaurata nel
1929, S.Maria di Montserrat è oggi
chiesa “nazionale” degli Spagnoli.
Iniziata nel 1518 su progetto di
Antonio da Sangallo il Giovane e
condotta avanti per tutto il secolo, è
strutturata ad unica navata con
cappelle laterali ed un ampio abside.
La copertura è a botte interamente
decorata come le pareti suddivise da
alte lesene.
Consistenza dell’impianto.
29 proiettori per l’illuminazione
indiretta della volta e dell’abside
22 proiettori Cestello per
l’illuminazione delle zone di calpestio
e del presbiterio
2 proiettori Edge per l’illuminazione
delle arcate del coro laterali
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
29 alogenuri metalli da 70W
66 lampade alogene con riflettore da
100W
4 lampade alogene con riflettore da
75W
La temperatura di colore è di 3000 °K
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento medio in esercizio è di:
100 lux sul presbiterio
80 lux sui piani di calpestio
70 lux sulla volta.
L’illuminazione di una chiesa occupa un ruolo fondamentale nella
costruzione di uno spazio che nelle sue forme liturgiche e
architettoniche dia identità alla Comunità. S.Maria di Montserrat
è oggi chiesa “nazionale” della Comunità spagnola a Roma. La
sua forma ad unica navata con cappelle laterali, ricalca (anche se
con modelli architettonici diversi) la disposizione a pianta
basilicale. Un'unica sala accoglie l’assemblea, secondo una
geometria classica, con il punto di vista principale verso
l’officiante e lo spazio del presbiterio: polo liturgico per
eccellenza.
48
1
WR22
L’illuminazione progettata tende a sottolineare tutto questo.
Utilizzando gruppi di proiettori collocati al di sopra del cornicione
dove poggia la volta a botte che sovrasta lo spazio architettonico.
I gruppi di proiettori sono separati da circuiti che permettono di
accendere la luce sulla volta (illuminazione architettonica indiretta)
dai piani di calpestio (illuminazione diretta per le funzioni, la
preghiera e la lettura). Il presbiterio è accentuato con un altro
gruppo di proiettori che illuminano l’antico altare, il dipinto del
Crocifisso in fondo all’abside e il nuovo altare posto di fronte alla
balaustra.
49
1
1
WR22
Cestello
1
Edge
Particolare cura è stata riservata
anche all’illuminazione delle cappelle
laterali. Proiettori nascosti sul
cornicione indirizzano la luce verso
l’alto e verso i dipinti e le numerose
decorazioni.
SS. Nome di Maria - Roma
Progetto illuminotecnico: Luciano Billi
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
Le chiese a pianta centrale:
ineludibile punto d’incontro
I primi edifici costruiti ufficialmente per essere solo ed
esclusivamente chiesa, come è noto, risalgono all’epoca
costantiniana. Sono a pianta basilicale, come nella basilica
Lateranense a Roma, ma anche a pianta centrale, come a
Gerusalemme, Antiochia e Costantinopoli.
Gli studi di Storia dell’Arte identificano almeno tre fattori che
convergono nella definizione della chiesa a pianta centrale:
l’edificio battisteriale, il martyrium, cioè l’edificio memoriale del
sacrificio del martire, l’influsso del pensiero cosmologico
sull’architettura. La chiesa del S.S.Nome di Maria è costruita
(anche se in epoca settecentesca) con questa concezione di
centralità dello spazio sacro, che la fa rientrare a pieno titolo
nell’ambito della tradizione architettonica cristiana.
51
I numeri del progetto
Consistenza dell’impianto
8 proiettori Lingotto per l’illuminazione
della volta
12 proiettori Virgola per l’illuminazione
dei piani di calpestio
Costruita nelle attuali forme nel 1741,
la chiesa del S.S. Nome di Maria fu
progettata dall’architetto francese
Antoine Dérizet. La cappella maggiore
è opera dell’architetto Mauro Fontana.
Sorgenti Luminose
Le lampade impiegate sono:
20 alogene lineari da 300W
La temperatura di colore di tutte le
lampade è di 3000 °K.
Prestazioni illuminotecniche
L’illuminamento medio in esercizio è di:
70 lux sui piani di calpestio
100 lux sulla volta
L’interno è di forma ellittica, sovrastato dalla grande cupola che si
conclude nel lanternino, traforata da otto grandi finestroni, da cui
penetra di giorno la luce naturale. Sopra il cornicione circolare che
corre lungo tutta la circonferenza del tamburo dove poggia la
cupola, sono collocati otto proiettori (tra un finestrone e l’altro)
che illuminano con grande omogeneità la cupola. I costoloni che
dividono la cupola in otto spazi sono occupati nella parte inferiore,
da altrettanti medaglioni in stucco che rappresentano episodi
della vita di Maria. La luce viene riflessa dalla policromia degli
stucchi, dagli ori delle trabeazioni e dei capitelli, e contribuisce
all’intera illuminazione della chiesa conferendo all’ambiente una
simbiosi straordinaria tra l’architettura e la sacralità dello spazio.
52
Lingotto
La cappella Maggiore che, funge da tempo come polo liturgico
per le celebrazioni religiose, è simmetrica all’ingresso principale
della chiesa. Fu costruita in epoca successiva su progetto di
Mauro Fontana (1750) in forme tipicamente tardo barocche.
Anche le decorazioni, i capitelli le corone d’oro sono valorizzate
da una illuminazione indiretta. Le luci sono posizionate sopra i
capitelli o sopra i cornicioni delle volte. In prossimità delle
balaustre dei coretti, sono collocati dei proiettori equipaggiati con
alogene. Gli apparecchi sono tre per ogni coretto: due sono rivolti
verso il basso per l’illuminazione delle zone di calpestio, ed uno è
rivolto verso l’alto e contribuisce ad illuminare il cornicione
circolare al di sotto della cupola. Tutte le apparecchiature sono
separate da circuiti indipendenti in modo da poter articolare
l’illuminazione secondo le esigenze liturgiche e funzionali. Questa
soluzione progettuale di variabilità della luce consente di utilizzare
l’impianto sia per l’illuminazione architettonica della chiesa e
soprattutto per l’illuminazione degli spazi interni ospitanti le
differenti strutture liturgiche.
53
Virgola
SS. Annunziata, Complesso di S.Maria della Scala - Siena
Progetto illuminotecnico: Guido Canali
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
Una chiesa e il suo territorio
La città di Siena è da sempre una realtà urbana assolutamente
originale. Sin dal suo nascere questa caratteristica peculiare si è
espressa nel suo insieme architettonico e urbanistico, realizzando
quello che oggi è considerato il più grande esempio di complesso
medioevale superstite in Europa. Già nel XII secolo il ruolo politico,
religioso, artistico e commerciale di Siena aveva un respiro
internazionale, grazie alla “strada maestra” del Medioevo, la Via
Francigena, grande arteria di comunicazione che permise la
crescita e lo scambio culturale, mettendo in relazione tra loro
culture, linguaggi, abitudini e consumi. La costruzione di questa via
permise anche un grande movimento di pellegrini e viaggiatori e
consentì a Siena di accrescere la propria importanza, facendone un
vero e proprio crogiuolo economico e culturale. Naturalmente lungo
una strada importante come la Francigena sorsero molti piccoli
ospedali nei quali i pellegrini in transito potevano trovare ricovero e
cura. Nel tratto senese se ne contavano circa cinquanta, di varie
dimensioni, e quasi tutti istituiti grazie a lasciti o donazioni. Il più
famoso era quello cittadino di Santa Maria della Scala. Grazie ai
lasciti delle grandi famiglie senesi e dalle cospicue elemosine lo
Spedale acquistò un peso sempre più rilevante nell’economia della
repubblica, nel territorio della quale erano tra l’altro sparse
numerosissime proprietà agricole delle quali ancora oggi sono
visibili numerose originali testimonianze architettoniche: le grance.
55
La costruzione della chiesa risale alla
fine del Duecento, venne
completamente trasformata nella
seconda metà del Quattrocento e vide
al lavoro il celebre artista senese
Francesco di Giorgio. Al suo interno si
conservano oltre a numerosi dipinti e
sculture, un’opera in bronzo di
eccezionale interesse artistico come il
“Cristo risorto” di Lorenzo Vecchietta
datato e firmato dall’artista nel 1476.
Inoltre sopra l’ingresso principale si
trova il grande organo degli inizi del
Cinquecento, caratterizzato da un
elegante intaglio e da una raffinata e
complessa decorazione, opera del
celebre Giovanni di maestro Antonio
“piffaro”.
I numeri del progetto
Consistenza dell’impianto.
20 proiettori Platea per l’illuminazione
del soffitto
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
20 alogenuri metallici con temperatura
di colore di 3000 °K
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento medio in esercizio è di:
100 lux sul soffitto
50 lux sui piani di calpestio.
Oggi la chiesa fa parte, come l’intero complesso del Santa Maria,
di un progetto di recupero funzionale grazie al Comune di Siena,
che nel 1986 ha deciso di riutilizzare gli ampi spazi come “nuovo
polo museale” della città. Di primaria importanza anche la
costituzione di un Centro Europeo per la Ricerca sul restauro che
svilupperà linee di ricerca interdisciplinare su settori particolarissimi
dei beni culturali. Uno dei nuclei più antichi del complesso è
costituito dalla “cappella dello Spedale”, a testimonianza della
storia della devozione della città. Imponente e straordinario il
soffitto a cassettoni che ricopre la grande aula della chiesa
ulteriormente arricchita da affreschi sul fondo absidale e dagli altari
posti lateralmente sulle pareti.
56
1
La notevole altezza (circa 18 metri) dal suolo e l’ampiezza
dell’aula hanno condotto ad una soluzione di illuminazione che
separa la luce d’accento che illumina gli altari e l’affresco, dalla
luce indiretta che esalta la soffittatura il materiale ed il colore,
contribuendo anche, in maniera determinante, all’illuminazione
generale della chiesa.
57
1
Platea
1
I proiettori sono collocati sopra il
cornicione che corre lungo le pareti
laterali della chiesa, ad una altezza di
11 metri circa. Le ottiche sono
adeguatamente costruite per
diffondere la luce sulla soffittatura
senza creare differenti saturazioni di
luce, ma per ottenere una
illuminazione omogenea su tutta la
superficie.
S. Francesco, Chiesa Auditorium - Montefalco (Perugia)
Progetto illuminotecnico: SOLE Luce per l’arte
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini illuminazione
La chiesa: un contenitore di opere d’arte
L’edificio-chiesa (soprattutto quando è antico, ma non solo) è
anche portatore di altri significati, profani ma pur sempre alti, che
sono quelli culturali. A partire da quello architettonico per arrivare
alle altre opere d’arte, scultoree, pittoriche, decorative, che in
genere racchiude e conserva. Anche a questi valori va fornita una
sottolineatura luminosa saggia e degna, nel pieno rispetto della
specialità dello spazio sacro. Nella chiesa di S.Francesco a
Montefalco (oggi Museo-Auditorium) sono conservati numerosi
affreschi, primo fra tutti il Ciclo sulla vita di S.Francesco di
Benozzo Gozzoli nell’abside delimitato da un Pergula in legno
intagliato. Sottoposti recentemente a restauri conservativi, sono
illuminati con un apparecchio Cestello sospeso sull’incrocio della
volta. Ogni centro luminoso è direzionato verso gli affreschi, la
luce viene proiettata a diverse altezze sia sui piani verticali che su
quelli orizzontali, in modo da illuminare omogeneamente tutte le
pareti dell’abside.
59
Cestello sospensione
Costruita tra il 1335 e il 1338,
S.Francesco di Montefalco, fu il primo
insediamento francescano all’interno
delle mura del paese. Notevoli restauri
furono eseguiti nel 1432 e nel 1440, e
successivamente nel 1485 fu
innalzato il campanile. Nei secoli
successivi ulteriori interventi di
ampliamento contribuirono a cospicui
cambiamenti soprattutto all’interno
della Chiesa. Dopo il terremoto del
1997 si è provveduto al pieno
consolidamento strutturale, al restauro
di tutta la decorazione murale e al
recupero della parte sottostante la
chiesa e dell’intero (oggi) complesso
museale.
Il Cestello sospeso è equipaggiato con
20 centri luminosi:
- 8 diretti verso l’alto
- 12 diretti verso le pareti dell’abside.
Ogni centro utilizza una alogena con
riflettore da 75W cono di luce da
45°,temperatura colore 3000°K.
Gli illuminamenti medi in esercizio
sono:
sulle pareti 100 lux,
sulla volta 151 lux.
Chiesa di S. Adalberto - Broumov (Rep. Ceca)
Progetto illuminotecnico: Jirl Pavelka
Consulenza illuminotecnica: ETNA s.r.o.
per iGuzzini Illuminazione
La chiesa è un bene culturale
La Chiesa dispone di beni. Questi non vanno però intesi in senso
di deposito di sicurezza materiale, poiché tutti i beni della Chiesa
sono ordinati alla salvezza delle anime. Soprattutto i beni culturali,
che costituiscono un patrimonio storico e artistico di primaria
importanza per tutta l’umanità, sono finalizzati alla missione della
Chiesa, ovvero al culto, alla catechesi, alla carità nelle molteplici
forme culturali. Tra le nobilissime attività dell’ingegno umano,
quali sono le arti, al vertice si trova l’arte liturgica.
L’arte infonde bellezza nelle cose, arte e liturgia incarnano il sacro
cristiano, preservando l’oggetto dalla sua riduzione a segno solo
funzionale. La liturgia è l’habitat “normale” dell’arte cristiana, la
maggior parte dei beni artistici hanno provenienza cultuale o sono
intimamente connessi sia culturalmente sia storicamente alle
vicende liturgiche.
61
La chiesa di S.Adalberto a Broumov,
assieme al monastero benedettino, fu
fondata prima del 1322. A seguito di
numerosi incendi, dell’originale chiesa
gotica a tripla navata sono giunte sino
a noi soltanto alcune parti delle pareti
del presbiterio, della navata centrale e
del portale della torre. L’attuale
aspetto barocco risale al periodo tra il
XVII e il XVIII secolo ad opera
dell’architetto Kilian Ignac
Dienzenhofer.
I numeri del progetto
Consistenza dell’impianto.
80 apparecchi di illuminazione per una
potenza totale di 9,5 kW
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
30 alogene (3000°K)
32 alogenuri metallici (3000°K)
26 fluorescenti compatte (2700°K)
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento medio in esercizio è di:
300 lux sull’altare
120 lux sulla volta
75 lux sulla navata.
Nella storia dell’architettura religiosa, questo “alto sentire” è
tanto più forte se paragonato alla “sovrana armonia” delle
basiliche antiche, all’architettura “orante” delle chiese gotiche,
alla “gioia” che ci trasmettono le chiese barocche. Entrando nella
chiesa di S.Adalberto a Broumov si è immediatamente investiti
dai cromatismi e dalle figure accuratamente studiati in armonia
con la sapiente distribuzione di colonne, paraste, vele e aperture,
per consentire, col trionfo del barocco, di creare immagini che
allargano gli spazi e realizzano giochi di luci e ombre di grande
suggestione. Tutto contribuisce a disegnare una Chiesa trionfante
in uno spazio maestoso. E’ naturale, quindi, che l’illuminazione
artificiale sia fortemente condizionata da queste premesse, essa
dovrà esaltare i valori simbolici, artistici e culturali con un uso
sapiente nella quantità e qualità dell’emissione luminosa. L’idea
di base del progetto illuminotecnico è quella di distinguere le
diverse parti dello spazio per mezzo di diversi livelli di luminanza.
L’illuminazione della volta centrale (alta 22 metri) tende a
sottolineare l’altezza dello spazio con una forte saturazione di
luce. La luce diffusa sulla volta si avvicina molto alla luce naturale,
ed enfatizza la ricchezza delle decorazioni.
62
1
1
La volta è illuminata da proiettori
Platea posti sul cornicione a 15 metri
dal pavimento, dotati di lampade a
ioduri metallici da 150W. L’ottica
asimmetrica dei proiettori garantisce
che la volta venga illuminata in
maniera uniforme.
2
2
Le sei cappelle, che sono dislocate su
entrambi i lati della navata principale,
vengono illuminate per mezzo di due
sistemi. Il primo con proiettori Woody
equipaggiati con alogene da 100W,
che illuminano direttamente ed il
secondo che illumina il soffitto con altri
proiettori Woody posti sui lati delle
cappelle ad una altezza di 2,2 metri.
Ad una altezza di 15,5 metri sul livello del pavimento un cornicione
largo circa 1 metro corre lungo tutto il perimetro della chiesa.
E’ in questo spazio che si sono collocate le apparecchiature di
illuminazione per evitare fastidiosi abbagliamenti e per fare in
modo che non fossero direttamente visibili, poiché la luce deve
dare forma alle cose ma le apparecchiature che la producono non
dovrebbero essere viste. L’altare principale e il nuovo altare sono
illuminati con dei proiettori Cestello dotati di lampade alogene da
100W. Gli apparecchi sono disposti su due diversi livelli di altezza:
il primo sul cornicione ed il secondo sulla galleria superiore.
63
1
Platea
Woody
1
Radius
Un’illuminazione uniforme e diffusa
all’interno della navata principale è
ottenuta per mezzo del posizionamento
degli apparecchi sul cornicione
perimetrale. Il flusso luminoso dei
proiettori è diretto verso le pareti della
navata e sui piani di calpestio.
I prioiettori Platea sono dotati di
lampade a ioduri metallici da 250W.
Cestello
La piazza del Duomo di Lecce
racchiude alcuni fra i più prestigiosi
gioielli dell’architettura barocca
leccese; su un’area che conserva
ancora la struttura originaria di un
cortile, si affacciano: il Duomo, sorto
intorno alla metà del ‘600 ad opera di
Giuseppe Zimbalo, il palazzo
arcivescovile di Emanuele Manieri e il
palazzo del Seminario, di Giuseppe
Cino.
I numeri del progetto
Consistenza dell’impianto.
43 Light Up Walk e 10 proiettori che
illuminano gli edifici; 10 proiettori che
illuminano le parti alte degli edifici.
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
ad alogenuri metallici 70W
La temperatura di colore di tutte le
lampade è di 3000°K. Il porticato
internamente è illuminato con
lampade ad incandescenza Xenon 8W.
Temperatura di colore 2800°K.
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento delle facciate è di
50 lux in condizioni medie di esercizio.
La piazza è illuminata soltanto dalla
luce riflessa dalle facciate.
Duomo di Lecce
Progetto illuminotecnico: Mario Bonomo per l’Enel
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini Illuminazione
Un messaggio luminoso nella città
L’illuminazione degli esterni di una chiesa può essere giustificata
non soltanto dal suo rilievo storico o architettonico, ma anche
perché ne sia costantemente richiamata e messa in evidenza la
presenza in ogni comunità. Per questo la luce gioca un ruolo
fondamentale nella funzione di richiamo e di segno urbano.
La tecnica utilizzata per illuminare gli spazi e i volumi della piazza,
della facciata e del sagrato del Duomo di Lecce, è la proiezione
della luce dal basso verso l'alto. Le statue e le decorazioni che
caratterizzano l’architettura sono valorizzate in un gioco di
chiaroscuri che si crea con questa illuminazione “radente” alle
pareti. Le parti più alte delle facciate sono illuminate da proiettori
posti sugli edifici che le fronteggiano, a completamento
dell’illuminazione.
65
1
2
Light Up Walk
1
Il progetto di illuminazione,
schematizzato nelle planimetria, ha
cercato di valorizzare l’architettura
limitando al massimo l’intrusività
dell’impianto, evitando la scelta di
impiegare prodotti su palo.
2
I proiettori Light Up Walk indirizzano
verso le murature una lama di luce
che lambisce la superficie con
un’apprezzabile diffusione.
Cattedrale di S. Barbara - Kutna Hora (Rep. Ceca)
Progetto illuminotecnico: Ladislav Monzer
Consulenza illuminotecnica: ETNA s.r.o.
per iGuzzini Illuminazione
L’”edificio-chiesa”: un bene architettonico
e monumentale
Gli “edifici-chiesa” sono, in particolar modo quelli con qualità
storico-artistiche ben definite, inseriti in un contesto urbano e né
segnano profondamente la storia. A seconda dell’epoca in cui sono
stati costruiti, assumono una loro significazione che testimonia una
particolare atmosfera a cui concorrono le masse e i volumi, il gioco
dei piani e dei vuoti, i colori, e così via. Diventa importante che
l’illuminazione consista semplicemente nel “dargli vita”, cioè nel
mostrarli così come sono stati pensati e realizzati (gran parte in
epoche dove la luce artificiale non era stata ancora inventata)
esaltando le loro peculiarità e integrandole nell’ambiente urbano.
L’obbiettivo fondamentale dell’illuminazione di questi “monumenti”
è la corretta ricostruzione, dopo un attento studio dell’evoluzione
delle ombre, del loro stile architettonico. L’illuminazione artificiale
deve avvicinarsi il più possibile all’illuminazione diurna, perché gli
edifici storici furono progettati per essere visti con la luce del
giorno ed a questo scopo furono disegnate le facciate, disposti i
volumi e scelti il colore, la struttura, le forme e i materiali.
67
La Cattedrale di S.Barbara è un
capolavoro unico dello stile tardo
gotico, la cui costruzione iniziò prima
della fine del XIV secolo. Entro il 1420
la parte centrale, con un anello di
cappelle deambulatorie, era già stata
costruita grazie ai capomastri reali di
Praga, tra i quali figurava Johann
Parler, figlio dell’architetto della
Cattedrale di S.Vitus. Stupendamente
ricca di opere d’arte conservate
all’interno, la cattedrale appartiene al
patrimonio culturale e religioso della
nazione Ceca.
I numeri del progetto
Consistenza dell’impianto.
84 apparecchi di illuminazione per una
potenza totale di 19,2 kW
Sorgenti Luminose.
Le lampade impiegate sono:
41 alogenuri metallici
43 vapori di sodio
Prestazioni illuminotecniche.
L’illuminamento medio in esercizio è di:
100 lux sull’edificio
250 lux sulla copertura della chiesa
L’idea di base nell’illuminazione della Cattedrale di S.Barbara
scaturisce da queste premesse. Essa presenta tre obbiettivi
progettuali fondamentali: l’unicità dei volumi della chiesa, il colore e
la texture delle superfici e dei materiali, i punti di osservazione
individuati a tre distanze diverse: più ravvicinata la prima, a media
distanza la seconda, più lontana (quasi panoramica) la terza.
L’illuminazione è articolata su livelli diversi di intervento. Le guglie
che rapidamente salgono verso l’alto sono illuminate da 12 proiettori
Lingotto posti sugli angoli dei tetti. Il cono di luce stretto accentua
l’effetto ascensionale. Altri 4 proiettori illuminano, con un cono di
luce più ampio, la copertura centrale e altri proiettori completano
l’illuminazione dei tetti più piccoli. La temperatura di colore delle
lampade è di 4200 °K. Il livello più alto delle facciate è illuminato con
dei proiettori posizionati dietro ai sostegni laterali della cattedrale.
I coni di luce sono aperti, pensati per osservare agevolmente
l’edificio da diverse distanze, senza avere fastidiosi abbagliamenti.
68
Lingotto
Il livello più basso si integra all’illuminazione della parte alta grazie
all’utilizzo di proiettori incassati a terreno, lungo l’intero perimetro
della cattedrale. Tutte le luci sono con una temperatura di colore
di 2500 °K, che esalta il colore caldo del materiale della facciata.
Completa il progetto la luce proiettata da strutture esterne
all’edificio, che opportunamente orientata tende ad equilibrare le
luminanze sulle facciate e sull’abside, rendendo particolarmente
efficace la visione panoramica della Cattedrale.
69
Light Up Walk
Santuario di Padre Pio - S. Giovanni Rotondo (Foggia)
Progetto architettonico: Renzo Piano
Progetto illuminotecnico: Piero Castiglioni
Consulenza illuminotecnica: iGuzzini Illuminazione
Nel nuovo millennio:
speciale S. Giovanni Rotondo
“Io tendo a dare all’ostinazione un valore positivo, perché non la
identifico con la cocciutaggine di chi non accetta critiche, ma con
la legittima convinzione di chi difende le proprie idee. Quand’è
così, insistere diventa un imperativo morale, una sorta di
missione”. In questo modo su “Giornale di Bordo”, testo
dedicato ai maggiori progetti di architettura dal 1966 al 1996,
Renzo Piano inizia il racconto del progetto dell’Aula Liturgica per
Padre Pio a S.Giovanni Rotondo. La storia prosegue e racconta di
come Padre Gerardo, economo della Provincia da cui dipendono
i Cappuccini di San Giovanni Rotondo, si reca presso lo studio di
Renzo Piano insieme all’Ing. Giuseppe Muciaccia (oggi Direttore
dei lavori) a richiedere ufficialmente la progettazione della nuova
chiesa, che ospiterà centinaia di migliaia di pellegrini ogni anno.
71
La grande aula liturgica ha forma
di conchiglia. Ospiterà 7200 persone
in 6000 mq coperti; altre 30.000
troveranno posto sul sagrato.
La struttura è costituita da 17 grandi
archi in pietra con campate che
arrivano a 45 m di luce.
Gli archi risultano tra loro sfalsati di
10° e alternati tra primari interni, più
grandi, ed esterni più piccoli.
L’illuminazione sarà necessariamente
diversificata per funzioni, e riguarderà
anche gli ampi spazi esterni della
chiesa come il sagrato, che sarà in
grado di ospitare fino a 30.000
persone (altre 7200 sarà possibile
ospitarle all’interno) che potranno
seguire, grazie alla trasparenza della
facciata, le celebrazioni religiose.
“La richiesta fu molto gentile: avrei dovuto progettare io il
tempio. Esitai, poi dissi no: l’idea mi spaventava. Qui credevo
finisse la storia, e invece era solo l’inizio. La mattina dopo dal fax
del mio studio uscì un messaggio insolito. Era la benedizione
personale di Padre Gerardo. Che si ripeté l’indomani, l’indomani
ancora, e tutte le mattine delle tre settimane successive, fino al
giorno in cui accettai. “Con la perseveranza guadagnerete le
anime vostre (Luca 21,19)”.
“Sono trascorsi un po’ più di nove anni dal giorno in cui
l’Architetto Renzo Piano mi telefonò per chiedermi se accettavo
di essere il suo consulente teologico per una grande chiesasantuario.” In questo modo inizia il racconto di Padre Giacomo
Grasso e prosegue: “Le idee che stesi nelle settimane
successive al primo incontro le raccolsi in qualche cartella
dattiloscritta che consegnai a Piano, ai suoi collaboratori e ai Padri
Cappuccini che parteciparono ad un ulteriore incontro.
Dopo la pubblicazione su “La Voce di Padre Pio”, le inserii nel
libro “Come costruire una chiesa”. Teologia, metodo, architettura
(Roma, Borla, 1994). Erano idee che partivano dall’ecclesiologia di
comunione come emerge dal documento sulla Chiesa del
Vaticano II; idee che tenevano conto della figura schiva di Padre
Pio, un autentico figlio di Francesco”.
72
Queste due importanti testimonianze, ci confermano l’assoluta
necessità di affrontare la progettazione dei luoghi di culto
attraverso il contributo fondamentale di più specialisti del settore
insieme ad esperti di liturgia, facendo ricorso a opportune
simulazioni e a verifiche sperimentali adeguatamente controllate.
La chiesa di Renzo Piano è dotata di una struttura innovativa,
formata da ampi arconi in pietra locale che si accompagna al
legno secondo l’antica tradizione delle chiese cappuccine.
All’interno la pavimentazione curverà, diventerà concava, creando
un effetto speculare con la cupola che sovrasta l’intera
costruzione.
Nella chiesa di Padre Pio, la pietra sarà selciato e copertura, ma
anche materiale strutturale: la campata principale di oltre
cinquanta metri rappresenterà forse il più lungo arco portante in
pietra mai realizzato. Le arcate di sostegno in pietra saranno
disposte in modo radiale. Anche la progettazione impiantistica
(compresa quella illuminotecnica) sarà coerentemente coadiuvata
da più figure specialistiche. La luce giocherà un ruolo
fondamentale nella fruizione della chiesa, sia per le celebrazioni,
che per le visite dei pellegrini. Infatti l’Aula Liturgica di Padre Pio
prevede un utilizzo anche culturale, specialmente d’estate
quando potrà accogliere concerti di musica sacra.
73
Grande importanza avrà anche la presenza dell’arte: artisti da
tutto il mondo sono stati chiamati a interpretare il programma
iconografico studiato da Monsignor Crispino Valenziano, tra tutti
spicca il nome di Arnaldo Pomodoro (fig.1-2).
Nella sua “Lettera agli artisti” del 4 aprile 1999 Papa Giovanni
Paolo II, citando il grande storico della teologia e teologo
M. Dominique Chenu (1895-1990), afferma che le opere d’arte
sono “luoghi teologici”, rimarcando così la fondamentale
importanza che le opere d’arte hanno all’interno dei luoghi di
culto. Naturalmente l’illuminazione di queste, sarà
adeguatamente commisurata ed a servizio della necessaria
contemplazione.
74
1
1
1
Croce, 1999, particolare del modello in
gesso, 240 x 250 x 35 cm
Postfazione
La bellezza della luce
La luce è la matrice generativa dello spazio e dei suoi luoghi ed è la chiave
musicale dell’armonia” (C. VALENZIANO, Architetti di chiese, L’epos, Palermo
1995, 117).
La testimonianza biblica - “Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu. Dio vide che la
luce era cosa buona” (Gen 1,3-4). All’origine della creazione del mondo la Bibbia
pone la luce. È una scelta significativa, in qualche modo una partecipazione della
creazione alla natura stessa di Dio, perché, come dice S. Giovanni: “Dio è luce”
(1Gv 1,5) e “vita” (Gv 11,4). Il simbolismo della luce percorre tutti i testi sacri ed
è stato sviluppato sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. Nella tradizione
ebraica esso è applicato alla presenza e manifestazione di Dio, sia nelle teofanie,
sia nel possesso della sapienza, riflesso della luce perenne, specchio senza
macchia dell’attività di Dio e un’immagine della sua bontà (Sap 7,26), sia nella
partecipazione alla sua grazia e alla sua vita eterna. Gesù, il Figlio di Dio, il Verbo
di Dio, viene presentato nel Prologo del Vangelo di Giovanni come la “luce vera
che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). L’evangelista Luca, nei cosiddetti Cantici
evangelici, presenta Gesù come sole che sorge, il quale verrà a visitarci dall’alto
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte e dirigere i
nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,78-79) e come “luce per illuminare le
genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc 2,32). Gesù stesso userà il simbolismo
della luce e l’applicherà a se stesso: “Io sono la luce del mondo, chi segue me
non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12; cfr. Gv 9,5;
12,46). Questi testi hanno costituito la base teologica per la riflessione e l’arte
cristiana nei secoli. Tutto il capitolo 9 del Vangelo di Giovanni, la guarigione del
cieco nato, ruota attorno al tema della luce e costituisce uno dei tre temi
fondamentali, insieme all’acqua e alla vita, della catechesi battesimale.
Il simbolismo della luce è applicato, poi, anche ai cristiani e discepoli di Gesù:
“Voi siete la luce del mondo. ...Risplenda la vostra luce davanti agli uomini,
perché vedano le vostre buone opere e rendano gloria al vostro Padre che è nei
cieli” (Mt 5,14.16). In quanto “figli della luce” (Lc 16,8), i cristiani non devono
rimanere nelle tenebre (Gv 12,46) come i “figli di questo mondo” (Lc 16,8), e
cioè nel male e nel peccato. “Chi infatti, fa il male odia la luce e non viene alla
luce, perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla
luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv
3,20-21). Questa opposizione luce-tenebre avrà, poi, un grande sviluppo nella
teologia morale cristiana, soprattutto in prospettiva della “venuta” del Signore,
che può sorprendere i cristiani addormentati (senza le lampade accese: cfr. Mt
25,1-13) o peggio ancora intenti alle “opere delle tenebre”: “Voi, fratelli, non
siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi
tutti, infatti, siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né
delle tenebre” (1Tess 5,4-5). La visione escatologica del regno di Dio, la città
santa, la Gerusalemme celeste, viene infine presentata dall’evangelista Giovanni
come inondata di luce, “risplendente della gloria di Dio, il cui splendore è simile
a quello di una gemma preziosissima” (Ap 21,10-11), e, inoltre “non ha bisogno
della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la
sua lampada è l’Agnello” (Ap 21,23). Così nella Bibbia troviamo profondamente
radicato il simbolismo della luce sia applicato a Dio che all’uomo, a Cristo come
alla Chiesa. Ma soprattutto vediamo che la luce non è soltanto un mezzo di
espressione, un segno per il linguaggio teologico, ma la maniera attraverso cui
Dio si manifesta e comunica se stesso.
Gli sviluppi patristici - Questo patrimonio, “tesoro” teologico, diciamo così,
presente nella Parola di Dio, viene ampiamente sviluppato nel corso della
vicenda storica dei cristiani, innanzitutto nel loro linguaggio teologico, morale e
liturgico. Nel venerando testo della Didaché o Insegnamento degli Apostoli, il
più antico testo cristiano, diciamo, non canonico, si inizia il discorso con questo
paragone: “Ci sono due vie, una della vita e una della morte; ma tra le due c’è
una grande differenza “ (Didaché 1,1) e seguita poi la esplicitazione dell’una e
dell’altra via. Questo Trattato delle due vie, come si suole chiamarlo, ebbe in
antico una grande diffusione: in ambito giudaico, soprattutto nelle comunità di
Qumran, che nella Regola della comunità (o Manuale di disciplina) parlano di due
spiriti presenti nell’uomo, in contesa tra loro, lo spirito di verità e lo spirito di
ingiustizia (menzogna); le origini della verità sono in una sorgente di luce, quelle
della ingiustizia in una fonte di tenebre. Si parla, inoltre, di “principe della luce”
e di “figli della luce” e “figli delle tenebre”. In ambito cristiano lo troviamo,
oltre che nella Didaché nella Epistola di Barnaba, la Doctrina Apostolorum e le
Costituzioni degli Apostoli. Nella lettera di Barnaba si dice espressamente: “Vi
sono due vie dell’insegnamento e dell’autorità: quella della luce e quella delle
tenebre. Grande è la differenza tra le due. A una infatti sono preposti gli angeli
di Dio portatori di luce, all’altra, invece, gli angeli di satana” (Epistola di Barnaba
18,1). Sebbene di fatto l’opposizione fra le due vie viene evocata per indicare un
modo di vivere e agire, è evidente che la contrapposizione ha radici teologiche e
delle identità di fondo ben contraddistinte. E ciò si traduce poi inevitabilmente
nella prassi battesimale. In quel momento, infatti, in cui si definisce l’identità del
cristiano, la scelta della “luce” e il rinnegamento delle “tenebre” sono ben
evidenziati. Innanzitutto il Battesimo, o meglio il processo di iniziazione cristiana
con i tre sacramenti del Battesimo, Cresima ed Eucaristia, viene chiamato
75
76
illuminazione (Giustino, I Apologia 61; Clemente Alessandrino, Pedagogo I, 6, 26;
Cirillo di Gerusalemme, Catechesi 18, 32). Quando l’”illuminando” si
immergeva nell’acqua, si volgeva verso Occidente e faceva la rinuncia:
“Rinuncio a te, Satana! Voglio ora dirvi - commenta S. Cirillo - perché vi siete
volti all’Occidente. Siccome l’Occidente è la regione materiale delle tenebre, e il
demonio è l’oscurità che domina nelle tenebre, avete guardato a Occidente per
rinunziare con gesto simbolico al principe delle tenebre e delle caligini” (Cirillo di
Gerusalemme, Catechesi 19,4). E quando, al contrario, l’illuminando emergendo
dall’acqua, faceva la professione di fede, si volgeva verso l’Oriente, verso la
luce. Continua Cirillo: “Questo è il significato del gesto che fai di volgerti
dall’Occidente all’Oriente, regione della luce, e della professione di fede che ti si
richiede di fare nello stesso momento dicendo: Credo nel Padre, nel Figlio e
nello Spirito Santo” (Catechesi 19,9). Così sono le celebrazioni più significative
dell’anno liturgico. La Veglia pasquale con il rito del fuoco nuovo, del cero e delle
luci, il canto dell’Exultet, con la lode del cero e della nuova luce/Cristo.
Bisognerebbe leggere i discorsi di S. Agostino, per rendersi conto della bellezza
di questa notte. Al crepuscolo del sabato, quando cala la sera, ovunque si
accendono le lampade, le case si illuminano, comincia la Pasqua. Sera di
primavera, quando la terra si risveglia, con un odore caldo e umido. Ippona si
trasforma in un mare di luci... Ormai la folla si è riversata nella grande Basilica
dove crepitano le fiaccole” (A. HAMMAN, La vita quotidiana nell’Africa di S.
Agostino, Jaca Book, Milano, 1989, 226-227). Sullo stesso modulo della luce è
stata poi costituita la festa del Natale, che, anche in relazione alla festa romana
del dies solis invicti, è diventata la festa della luce e del sole/Cristo, che è
venuto ad illuminare ogni uomo con lo splendore della sua divino-umanità.
Sull’onda del Natale giocano con la stessa tematica sia la festa dell’Epifania o
Manifestazione del Signore sia quella del 2 febbraio, Presentazione del Signore
o Ipapante (Incontro), come viene denominata in Oriente. A livello liturgico il
tema di Cristo-luce ha poi quotidianamente un risalto particolare nella preghiera
delle Lodi del mattino e dei Vespri della sera. Basti citare a proposito le
considerazioni di S. Cipriano: “Quando poi il sole tramonta e viene meno il
giorno, bisogna mettersi di nuovo a pregare. Infatti, poiché il Cristo è il vero sole
e il vero giorno, nel momento in cui il sole e il giorno del mondo vengono
meno, chiedendo attraverso la preghiera che sopra di noi ritorni la luce,
invochiamo che Cristo ritorni a portarci la grazia della luce eterna. ... Se nella
Scrittura Cristo è il vero sole e il vero giorno, non si esclude nessuna ora in cui i
cristiani non possano adorare Dio con frequenza, anzi sempre. Noi che siamo in
Cristo, cioè nel vero sole e nel vero giorno, perseveriamo tutto il giorno nella
preghiera. E quando secondo le leggi dell’universo s’avvicina successivamente
risospinta la notte, le tenebre notturne non possono recare nessun danno a
coloro che pregano, perché ai figli della luce anche la notte è giorno. Chi
possiede la luce nel cuore, quando mai ne sarà privo? Quando mai è senza sole
o giorno, chi ha Cristo per sole e giorno?
Noi che siamo in Cristo, cioè sempre nella sua luce, non dobbiamo cessare di
pregare di notte” (S. Cipriano, La preghiera del Signore, 35-36). La tradizione
liturgica ha sviluppato particolarmente questo simbolismo della luce nel rito del
Lucernario dei Vespri, con l’accensione della lampada e l’inno al Cristo-luce e
negli Inni delle Lodi mattutine e dei Vespri che fanno riferimento a questo tema
teologico. Ecco la testimonianza della Tradizione Apostolica di Ippolito: “Quando
il vescovo è presente, venuta la sera, il diacono porti la lucerna. Stando in piedi
in mezzo ai presenti, il vescovo renderà grazie. Ti rendiamo grazie, Signore, per
il tuo figlio Gesù Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale ci hai illuminati
rivelandoci la tua luce incorruttibile. Poiché, dunque, noi abbiamo vissuto un
giorno intero e siamo giunti all’inizio della notte, appagati della luce del giorno,
che tu hai creato per la nostra sazietà, e poiché ora, per tua grazia, non ci manca
la luce della sera, noi ti lodiamo e ti glorifichiamo per il tuo figlio Gesù Cristo,
nostro Signore, per il quale a te gloria e potenza e onore con lo Spirito Santo,
oro e sempre e nei secoli dei secoli (Tradizione Apostolica 25). Non è inutile
ricordare che il rito della lampada fa parte proprio dell’inizio della liturgia ebraica
del sabato, quando la madre di famiglia, accende due candele e recita la
preghiera di benedizione. La luce, che non va mai spenta, è l’espressione
materiale della bellezza e del sens celati nel tempo quotidiano, il suo splendore
e il suo calore evocano lo splendore e il calore del sabato da accogliere e
assecondare” (C. DI SANTE, La preghiera d’Israele, Marietti, Casale Monferrato,
1985, 154). Così nella composizione degli inni per la Liturgia delle Ore sia in
Oriente che in Occidente ha avuto un forte richiamo il tema della luce: “I nostri
padri credettero che una grazia come la luce vespertina non possa essere
accettata in silenzio, senza rendere grazie a Dio” (S. Basilio, Trattato sullo Spirito
Santo 29, 73). Il famoso inno Phos ilaròn, gli inni di S. Gregorio Nazianzeno, S.
Efrem il Siro e Romano il Melode in Oriente, di S. Ambrogio, Sedulio, Prudenzio,
Paolino di Nola in Occidente sono una ulteriore poetica testimonianza della
preghiera della Chiesa che si costituisce in modo particolare attorno al tema
della Luce. Anche per questa tradizione giova ricordare che le preghiere di
benedizione che precedono lo Shemà al mattino e alla sera hanno come
tematica la luce (vedi C. DI SANTE, La preghiera di Israele, Marietti, Casale
Monferrato, 1985, 65-66; 74). Possiamo concludere, dunque, affermando che il
tema della luce/illuminazione non è tanto elemento esterno, materiale,
funzionale della celebrazione e della liturgia cristiana, ma un centro teologico,
benché simbolico, portante di ogni rito e avvenimento liturgico.
La testimonianza dell’arte - Rimane da accennare, per essere un po’ più
completi, al ruolo che la luce/Cristo ha svolto nell’arte cristiana.
Così fin dalle origini delle prime costruzioni o adattamenti di chiese, ossia i
luoghi di preghiera e di incontro della comunità cristiana, queste sono state
rivolte verso l’Oriente, verso Est, ovvero verso il punto cardinale da dove
sorgeva il sole, in modo tale che la preghiera della comunità cristiana, fosse
sempre rivolta a Cristo, sole e luce della vita. Tale uso era d’altronde già
testimoniato dall’orientamento della preghiera stessa: i cristiani, a differenza
degli ebrei che si volgevano verso il tempio di Gerusalemme, quando pregano si
volgono verso Oriente, ossia verso Cristo, luce del mondo e sole di giustizia. “E
poiché l’alba è un’immagine del giorno della nascita, è il luogo dove la luce
avanza dall’oscurità, lì ha pure albeggiato su quelli avvolti dalle tenebre un giorno
di conoscenza della verità; le preghiere vengono fatte verso l’alba a oriente,
secondo il sistema del sole” (Clemente Alessandrino, Stromati VII, 7,43,6-7).
Vennero, poi, le icone, in cui lo splendore della bellezza del volto di Cristo e dei
santi si imprime in maniera singolare e si sprigiona in forma davvero
insuperabile. Legati alla tradizione orientale bizantina sono i mosaici, in cui
davvero la luce gioca un ruolo fondamentale. Come non ricordare l’iscrizione di
Ravenna: “Hic lux aut orta aut capta libera gubernat (Qui la luce o vi è nata o,
fatta prigioniera, libera governa)”? Nell’arte romanica e bizantina delle basiliche e
dei monasteri la luce ha un ruolo fondamentale. Oltre che di servizio per le
celebrazioni e la vita della comunità, essa ha lo scopo pedagogico di insegnare
al cristiano a contemplare il mondo visibile e fugace, come metafora del vero
mondo invisibile e eterno, la chiesa materiale come copia della Gerusalemme
celeste; ed, infine, come specchio della comunità celebrante in prospettiva di
quella escatologica definitiva ed eterna. I temi biblici e apocalittici della luce
ritorneranno impressi nelle volte o nelle absidi, nelle cripte o nelle colonne, nelle
finestre o nei portali, nell’interno e nell’esterno. Nell’arte gotica “si va alla
ricerca di grandi spazi luminosi e cromatici” (J. PLAZAOLA, La chiesa e l’arte,
Jaca Book, Milano, 1998, 45): le finestre si allungano e si innalzano; le vetrate
istoriate, al riflesso della luce solare, proiettano vari fasci e gradazioni di luce a
seconda delle ore del giorno: tutto porta alla ricerca di un incontro con l’Eterno
che richiede lunga pazienza e profonda contemplazione. Con il rinascimento
cambia la pietà, il rapporto dell’uomo con Dio e con il mondo e cambia anche lo
stile delle chiese e di conseguenza
il ruolo della luce: ora tutto sembra inquadrato in un razionale e geometrico
disegno, con uno spazio centrale unico inondato di luce, dalle essenzialità e
semplicità del cinquecento fino alla ridondanza e ricchezza di stucchi e
decorazioni, statue e fregi del barocco settecentesco.
La situazione attuale - Il Concilio Vaticano II con la Costituzione Sacrosanctum
Concilium sulla S. liturgia ha costituito un “nuovo” orientamento teologico
anche per ciò che riguarda l’arte liturgica in genere e il ruolo della luce in
particolare. Il Capitolo VII di tale Costituzione si dedica in particolare all’arte
sacra , attribuendo ad essa la finalità di orientare a Dio le menti degli uomini,
incrementando la sua lode e la sua gloria, di consentire lo svolgimento
dignitoso delle celebrazioni liturgiche e di favorire la partecipazione attiva dei
fedeli. Dentro questa triplice finalità si lascia ampio spazio alla creatività nella
attenzione a “quel mirabile concento di gloria che uomini eccelsi innalzarono nei
secoli passati alla fede cattolica” (Sacrosanctum Concilium 123).
Successivamente, a cura della Conferenza Episcopale Italiana, sono stati
emanati due documenti, uno del 18 febbraio 1993: Progettazione di nuove
chiese; l’altro del 31 maggio 1996 Adeguamento delle chiese alla riforma
liturgica.
Per le chiese di nuova costruzione si dice: “In un’attenta progettazione, la luce
naturale concorre nell’architettura ad assicurare rilevanti effetti estetici, ma deve
consentire anche i giusti livelli di luminosità funzionale, sia per l’assemblea sia
per lo spazio presbiterale e altri spazi, in modo che nelle ore diurne non si debba
fare che un limitato uso di altre fonti di luce. La luce artificiale dovrebbe
rispecchiare il più possibile le funzioni della luce naturale.
Fatta salva l’esigenza delle luci di servizio, delle luci di emergenza, delle spie
luminose per le norme di sicurezza, il quadro elettrico sia ubicato in sacrestia e
qui facciano capo i comandi di tutti i circuiti della chiesa. Assicurate le esigenze
fondamentali di luminosità (come del resto anche quelle termiche e di
aerazione), occorre che vengano precisate le possibilità di soddisfare richieste
liturgiche più frequenti della comunità (liturgie eucaristiche feriali, festive,
celebrazioni sacramentali non eucaristiche, momenti dell’anno liturgico ecc.), ma
anche garantite le condizioni per affrontare eventi più rari e straordinari (ad es.
veglie di preghiera, rappresentazioni sacre ecc.” (COMMISSIONE EPISCOPALE
PER LA LITURGIA, Nota pastorale, La progettazione di nuove chiese, n. 30).
Per le chiese antiche da adeguare alle nuove esigenze:
a) Il progetto di adeguamento liturgico delle chiese deve comprendere i progetti
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dell’impianto elettrico e di illuminazione e, se del caso, dell’impianto di
climatizzazione, di diffusione del suono, antifurto e antincendio. Bisogna tener
conto del fatto che gli impianti si inseriscono come elementi di novità in un
contesto che non li prevedeva, ed è quindi necessario studiare con attenzione il
loro inserimento fisico, formale e funzionale nell’edificio in modo da soddisfare
le esigenze delle celebrazioni che avvengono nella chiesa e delle opere in essa
contenute. Ne consegue che tali progetti dovranno essere affidati a specialisti,
esperti nel rispettivo campo, e predisposti sotto la supervisione del progettista,
senza dimenticare una realistica valutazione dei costi della messa in opera, la
gestione, la manutenzione. Una volta approvati, i progetti degli impianti saranno
realizzati da imprese specializzate che opereranno sotto il diretto controllo e
responsabilità del progettista. Le tavole di progetto degli impianti dovranno
essere consegnate al committente che le conserverà nell’archivio della chiesa.
Per la gestione e manutenzione degli impianti, che sarà particolarmente curata,
si farà riferimento ad un apposito manuale di istruzioni per l’utente.
b) Per quanto riguarda l’impianto di illuminazione, oltre a quanto già detto nella
Nota pastorale La progettazione di nuove chiese, si raccomanda di curare al
massimo il suo rapporto con la luce naturale la quale deve mantenere le proprie
caratteristiche, che variano molto a seconda delle epoche e delle architetture.
In particolare, si ricorda che la collocazione di nuove vetrate a colori modifica
sensibilmente la luce naturale e la percezione dei valori cromatici nelle chiese:
perciò vanno studiate con cura, caso per caso, sia l’opportunità che la modalità
di realizzarle. L’impianto di illuminazione artificiale sia studiato in modo da tenere
conto in primo luogo delle esigenze connesse con la celebrazione liturgica, in
secondo luogo delle esigenze della conservazione delle opere e delle necessità
dei visitatori e dei turisti, evitando tuttavia l’eccessiva luminosità. Considerata la
delicatezza del problema, è necessario che il progetto di illuminazione artificiale
venga studiato da specialisti del settore insieme ad esperti di liturgia, facendo
riferimento a opportune simulazioni e verifiche sperimentali adeguatamente
controllate.
Gli antichi lampadari, i bracci e le torcere presenti nelle chiese, anche se non più
in uso, vengano conservati con cura, non siano alienati, e, se del caso, vengano
restaurati” (COMMISSIONE EPISCOPALE PER LA LITURGIA, Nota pastorale
L’adeguamento delle chiese alla riforma liturgica, n. 59). Per i documenti citati e
per le norme liturgiche si veda G. GRASSO, Chiesa e Arte. Documenti della
Chiesa testi canonici e commenti, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2001.
Mi limito per lo più alla semplice citazione di tali testi, rilevando soltanto il fatto
che per creare e rinnovare non ci si può accontentare di manovali
dell’improvvisazione, ma, sulla scia dei maestri cosmacini e mosaicisti, dei
grandi architetti e artisti, ciò che è espressione della bellezza per eccellenza,
richiede evidentemente adeguata attenzione e sensibilità.
Lo studio del Prof. Armando Ginesi, Per una teoria dell’illuminazione dei beni
culturali, Domus 2000 e l’apporto tecnico di altissima qualità dell’industria
iGuzzini Illuminazione, costituiscono un notevole contributo alla valorizzazione
del progetto di illuminazione di ambienti e opere d’arte di vario genere destinati
alle celebrazioni, all’incontro e alla comunione di fedeli e alla contemplazione. Il
Prof. Ginesi ci aiuta a comprendere che la vera arte è sempre profondamente
spirituale, manifestazione del mistero profondo che contraddistingue l’identità
umana e strumento comunicativo dialogico di questa ricchezza che non ha mai
cessato di stupire ed elevare gli animi. Se da questo laboratorio di cultura e di
tecnologia, scaturisse ancora oggi una qualche “scaglia di luce” (A.
FROSSARD), che dal mirabile tesoro della tradizione si libra per nuove esigenze
ed espressioni, noi, oltre che goderne pienamente ne potremmo ancora
imparare a gustare la bellezza e la verità.
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Padre Ferdinando Campana
Docente di Liturgia
all’Istituto Teologico Marchigiano
Ministro Provinciale
dei Frati Minori delle Marche
Collezione iGuzzini
Le informazioni relative agli apparecchi della gamma iGuzzini sono
presentate nei cataloghi:
Sistemi di illuminazione per Interni, Sistemi di illuminazione per
Esterni, Sirrah iGuzzini.
Sistemi di illuminazione per Interni
In questo catalogo sono riportati gli apparecchi per interni articolati
nei seguenti sistemi:
Sistemi di illuminazione a luce variabile, Apparecchi a sospensione,
Sistemi fluorescenti, Binari e Proiettori Basso Voltaggio, Binari e
Proiettori Tensione di rete, Sistemi ad incasso multilampada,
Sistemi ad incasso Basso Voltaggio, Sistemi ad incasso Bassa
Luminanza, Sistemi a luce indiretta, Illuminazione d’ambiente.
Sistemi di illuminazione per Esterni
In questo catalogo sono riportati gli apparecchi per esterni articolati
nei seguenti sistemi:
Sistemi aree urbane, Sistemi aree residenziali, Proiettori, Light-Up.
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Sirrah iGuzzini
In questo catalogo sono presentati i prodotti della “Dimensione
Casa iGuzzini”.
La iGuzzini studia e realizza su
richiesta dei progettisti o della
committenza anche soluzioni
”speciali” finalizzate ai vari
ambiti applicativi.
80
Progetto grafico
Studio Conti
Fotografia
Saverio Lombardi Vallauri
Università Pontificia Lateranense
Giuseppe Saluzzi
Basilica della Santa Casa - Loreto
Cripta dei Santi Pellegrini - Loreto
Duomo di Lucca
Oratorio S. Maria della Vita - Bologna
S. Carlino alle Quattro Fontane - Roma
S. Croce in Gerusalemme - Roma
S. Luigi dei Francesi - Roma
S. Maria di Montserrat - Roma
SS. Nome di Maria - Roma
SS. Annunziata, Complesso di S. Maria
della Scala - Siena
S. Francesco, Chiesa Auditorium
Montefalco (Perugia)
Duomo di Lecce
Enrico Lattanzi
S. Maria degli Angeli - Assisi
Petr Janzura
Chiesa di S. Adalberto - Broumov
(Rep. Ceca)
Cattedrale di S. Barbara - Kutna Hora
(Rep. Ceca)
Gianni Berengo Gardin
Santuario di Padre Pio - S. Giovanni
Rotondo (Foggia) [pag. 70-73]
Vaclav Sedy
Santuario di Padre Pio - S. Giovanni
Rotondo (Foggia) [pag. 74]
Fotolito
Cromolux
Stampa
Tecnostampa
Recanati - Italy
07/2001