non - Collegio San Giuseppe

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EUGENIO
MONTALE
(1896-1981)
UNA VITA PER LA POESIA
OSSI DI SEPPIA (1925)
Scritte a partire dal 1916, non rompono con la
tradizione (come Il porto sepolto), ma la
rinnovano profondamente. Suoi modelli sono
Pascoli (Myricae), Gozzano, Dante.
 Montale non ama l’analogia: preferisce dare
valore emblematico e simbolico assoluto alle
“cose”, agli oggetti della realtà fenomenica che
egli non riesce a superare, al paesaggio ligure
scabro e antitetico (terra-mare o terra-cielo).
 Alle certezze ideologiche dell’epoca fascista egli
contrappone una sorta di epoché scettica
(sospensione del giudizio) che non accetterà mai
di delineare chiaramente ideali e certezze di vita.
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IL CORRELATIVO OGGETTIVO
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Il valore simbolico ed emblematico delle immagini poetiche
montaliane rimanda non tanto al Simbolismo ottocentesco,
quanto all’allegoria dantesca per la loro valenza
metafisica: le immagini quotidiane e consuete richiamano
concetti e sentimenti astratti, idee filosofiche ed esistenziali,
che assumono maggior forza proprio dalla natura concreta
degli oggetti, come incontrati per caso a suggerire la soluzione
ad un dilemma.
Non a caso le sue poesie sono messe in relazione con i pittori
“metafisici” De Chirico e Carrà.
La definizione deriva dal poeta inglese Thomas Stern Eliot
(1888-1965: La terra desolata, Poemi, Assassinio nella
Cattedrale, Quattro quartetti), che è considerato uno dei
cantori
dell’angoscia,
dell’ansia
e
dell’inquietudine
novecentesca.
Tuttavia, mentre l’allegoria dantesca rimandava ad una verità
suprema e incontrovertibile, letta nella mente stessa del
Creatore, quella di Montale si dibatte nella sua
autoreferenzialità
puramente
umana
e
diventa
problematica.
GIORGIO DE CHIRICO
LA PITTURA METAFISICA
LA TORRE ROSSA (1913)
MELANCONIA (1914)
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato
(Spesso il male di vivere ho incontrato)
CARRA’ E MONTALE
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There are a number of elements in this short narrative that find an
echo in Montale’s poetry. First, there is an aura of mystery hanging
over the landscape, the characters and the sequence of events, a kind of
premonition that something strange is about to happen. It’s the same
kind of eerie feeling conveyed by the works of the two leading
exponents of Italian ›metaphysical‹ painting in the first quarter of the
twentieth century, Carlo Carrà (1881-1966) and Giorgio de Chirico
(1888-1978). De Chirico admired the »magnificent nightmares« of
Andrea Masaccio (1401-1428) and Paolo Uccello ((1396-1475) and was
full of praise for the way these two great pioneers of the Italian
Renaissance transformed their »terrible dreams« into a kind of tranquil
and serene luminosity that hides an inner sense of bewilderment and
discord. It was the same painter who, after reading Nietzsche and
Schopenhauer, produced his long series of enigmatic paintings
depicting open and silent urban spaces with strange pieces of
architecture – porticos, towers, monuments – suspended in the still
light of summer afternoons. The sense of metaphysical wonder and
mystery evoked by de Chirico’s urban paintings permeates Montale’s
physical and spiritual landscapes and is a distinguishing feature of his
work. (Joe Friggieri)
MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
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Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
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A sommo di minuscole biche.
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Osservare tra frondi il palpitare
Lontano di scaglie di mare
Mentre si levano tremuli scricchi
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Di cicale dai calvi picchi.
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E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
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Gl’infiniti senza soggetto rendono la
riflessione universale
Il muro, la muraglia = c.o. limite tra la
ragione umana e la verità
Merli e serpi = animali antitetici, l’uno
che vola, l’altro che striscia. Alludono ai
due modelli di uomo, quello che crede e
quello che non riesce ad elevarsi
Richiamo dantesco (Inf. 13) con
allitterazioni e assonanze aspre (rime
petrose)
Le formiche = c. o. l’umanità che si
affanna sofferente sul lavoro (il
vecchierello leopardiano)
Il mare = c. o. è l’assoluto metafisico, che
resta irraggiungibile, appena intuibile
dietro lo schermo della realtà terrena
Gli scricchi di cicale = c. o. preghiere
dissonanti a Dio? Lamenti?
Cocci aguzzi di bottiglia = impossibilità
di conoscere e superare il varco
L’ultima strofa chiarisce il senso dei
correlati oggettivi. Musicalità aspra e
irregolare con 5 rime tutte assonanzate
NON CHIEDERCI LA PAROLA
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
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lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
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Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
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e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
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Non domandarci la formula che mondi possa
aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
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Tipico verso negativo in
apertura e chiusura
Apostrofe a un interlocutore
sconosciuto e non definito
(uomo-donna?)
Intonazione gnomica
(Orazio, Teognide), da
maestro di alto sentire
morale
Ironico distacco dalle
ILLUSIONI, dalla VERITA’,
ma anche dal
COMPIACIMENTO poetico
(storte sillabe e secche)
Riferimento non solo al
relativismo conoscitivo, ma
anche all’opposizione
politica antifascista
Notare l’enfasi del corsivo
nell’avverbio negativo, in
anafora, abbinata anche al
termine “oggi”
CIGOLA LA CARRUCOLA DEL POZZO
Cigola la carrucola del pozzo,
l’acqua sale alla luce e vi si fonde.
Trema un ricordo nel ricolmo secchio,
nel puro cerchio un’immagine ride.
Accosto il volto a evanescenti labbri:
si deforma il passato, si fa vecchio,
appartiene ad un altro…
Ah che già stride
La ruota, ti ridona all’atro fondo,
Visione, una distanza ci divide.
Nella sua lucida e impietosa
disamina del disagio
esistenziale, Montale rifiuta
anche il valore consolatorio ed
illusorio della memoria
Ricordare è frutto di uno
sforzo (cigola, trema, stride, atro);
non solo: il ricordo è labile,
imperfetto, deludente
(evanescenti, si deforma, si fa
vecchio, appartiene ad un altro,
una distanza)
e lascia più amarezza e
rimpianto (quasi invidia per
chi ha ricordi più freschi e
precisi) dopo una breve gioia
intensa e quasi perfetta (nel
puro cerchio un’immagine ride)
LE OCCASIONI (1939)
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Pubblicata presso Einaudi
Contiene liriche più lunghe e discorsive, che
rimandano ad incontri, personaggi, avventure
personali che avrebbero potuto mutare il suo
destino, che hanno lasciato una traccia
Presenta correlativi oggettivi, spesso senza
indizi o concetti-chiavi che aiutino ad
interpretarli: la poesia si fa più oscura, come le
prospettive future
Montale sottolinea la delusione dei ricordi
ormai sbiaditi, mentre il VARCO, la via per la
salvezza e la felicità, si allontana
Ricordiamo “Dora Markus” e “La casa dei
doganieri”
LA CASA DEI DOGANIERI
In viola i tanti termini negativi
Tu non ricordi la casa dei doganieri
ripetuti ossessivamente
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
La casa sulla scogliera è un luogo
Desolata t’attende dalla sera
di confine tra terra e mare, tra
uomo e Dio, tra felicità e dolore,
In cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
segna un possibile bivio del
E vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
(continua)
destino, che in realtà non muta.
La bussola impazzita è c.o. di un
futuro incerto, senza certezze a
cui aggrapparsi; il conteggio dei
dadi che viola le regole
immutabili della matematica è
c.o. di una realtà senza norme e
senza punti fissi
La memoria è ancora presentata
come dato ingannevole, labile,
deludente e destinato a far
soffrire più di quanto non
consoli (c’è quasi gelosia nel
pensiero della donna che entra
nei ricordi di un altro)
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babilonios
temptaris numeros…
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.
Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
Rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
Ancora sulla balza che scoscende…).
Tu non ricordi la casa di questa
Mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
Alcune immagini fanno capo
all’ode di Orazio del Carpe
diem: il vento che rugge nel
tempo invernale (simbolo della
vecchiaia), le onde che
s’infrangono sugli scogli
corrosi, i dadi che non rivelano
il futuro, il tema della felicità
che si allontana.
L’ultima strofa allude a un varco,
una via di fuga dalla
condizione esistenziale e
personale di dolore: la luce
della petroliera può indicare
una speranza religiosa, una via
all’infinito
Tante le immagini che rimandano all’idea del tempo che scorre: il
vento, l’eco lontana delle risa, il senso di attesa vana, lo svanire dei
ricordi, la banderuola che gira, il frangersi continuo delle onde.
LA BUFERA E ALTRO (1956)
Culmina e si conclude il progetto poetico delle due prime
raccolte, tanto che la sua apparizione suscitò delusione
in chi sperava da Montale parole più nette e una
condanna aperta del nazi-fascismo
 La guerra (a cui allude il titolo) non modifica né le
immagini né i temi trattati: resta esclusivo l’interesse
per il destino esistenziale dell’uomo, immutabile: la 2°
guerra mondiale è solo un evento passeggero, che presto
sarà superato
 Nella lirica La storia (pubblicata in Satura) Montale
esprime la sua indifferenza ai fatti contingenti che non
possono spiegare nulla a nessuno:
“La storia non è magistra di niente che ci riguardi”
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SATURA (1971)
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Alcune novità stilistiche e contenutistiche segnano le ultime
raccolte: ad esempio diminuiscono i correlativi oggettivi
In Satura domina la polemica ironica e sarcastica sulla
società del dopoguerra, sempre più distratta dai consumi e
meno attenta ai valori assoluti
Il titolo allude al tono di condanna per questi aspetti, ma
anche al fatto che i temi proposti sono di tipo diverso (satura
lanx era il piatto di portata con diverse vivande)
Ad esempio, la sezione Xenia raccoglie alcune liriche
dedicate alla moglie Drusilla Tanzi (Mosca), morta nel
1963
Viene anche meno lo slancio verso l’indagine metafisica,
mentre l’attenzione è concentrata su fatti e vicende della vita
Anche lo stile si fa più semplice e recupera in alcuni casi un
linguaggio colloquiale ed elegiaco (Ho sceso, dandoti il braccio)
IL RICORDO DELLA MOGLIE DRUSILLA IN SATURA
Ho sceso, dandoti il braccio,
almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
vv. 1-2 "Ho sceso... gradino":
l'assenza della donna, resa
definitiva dalla morte, ha privato
il poeta della comunanza di vita,
gettandolo nello sconforto di una
sensazione di vuoto. L'immagine
dello "scendere le scale", oltre che
nel suo senso proprio (in tal caso
abbiamo un'iperbole), va intesa
ovviamente come metafora di un
fatale, progressivo avvicinarsi alla
vecchiaia e alla morte. Il poeta
esprime con il senso di vertigine e
di vuoto il suo sgomento.
v. 3 "Anche... viaggio" L'immagine
delle "scale", viene sostituita dalla
metafora fondamentale del
"viaggio" (si ricordi il dantesco
"cammin di nostra vita").
L'ossimoro costituito dai due
aggettivi, "breve... lungo",
evidenzia la sensazione di
sconforto e rimpianto in cui versa
il poeta.
necessarie"; riferito invece a "trappole" e "scorni" (delusioni), ha il significato di "mi
capitano".
vv. 8-9 "Ho sceso... di più": la ripresa, all'inizio della seconda parte, del v. 1, con
leggera variazione strutturale, sottolinea l'amarezza del poeta. A legare le due parti
della lirica contribuisce la ripresa dell'inizio (anafora).
v. 10 "Con te": la posizione prolettica (anticipata) del sintagma "Con te" conferisce
alla donna il ruolo protagonistico che, nelle intenzioni del poeta, le compete.
vv. 11-12 "le sole... tue": centro lirico della seconda parte della poesia, gli occhi della vv. 4-7 "Il mio... si vede Il verbo
donna (le "pupille" dice Montale, con una sineddoche; "offuscate", cioè indebolite dalla
"occorrono". Posto in posizione di
miopia) simboleggiano la capacità di penetrare il vero senso delle cose al di là delle
(è un enjambement), assume
apparenze. In tal modo il tema del "vedere", già presente nella prima parte al v. 7 ("si
significati diversi: infatti, riferito a
vede"), viene assunto dal piano sensibile al piano metaforico, grazie alla forza
"coincidenze" e "prenotazioni"
dell'amore. Ritorna il tema dell’incapacità di conoscere la realtà da parte del poeta.
significa "mi servono, mi sono