Manuale Diritti
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Manuale Diritti
& L’Invalidità Diagnosi e riabilitazione Le situazioni esistenziali – siano esse di natura patologica o meno – che determinano per gli esseri umani difficoltà e limitazioni più o meno gravi, nell’espletamento delle attività sia a livello personale che di relazione, configurano nell’abituale accezione del termine, la condizione di disabilità, mentre l’handicap è lo svantaggio che ne consegue. Ciò che non si è mai riusciti a compiere o che non si riesce più a fare, o il proprio modo di farlo, diviene motivo d’isolamento e di emarginazione. Si considerano invalidi i cittadini affetti da minorazione congenite o acquisite; la valutazione della persona dal punto di vista della menomazione e delle capacità residue costituisce lo strumento per definirne l’invalidità che viene distinta in: strutturale e funzionale, temporanea o permanente. La diagnosi completa delle infermità consente di analizzare la presenza di malattia temporanea, disabilità emendabile (cioè parzialmente curabile) o permanente, l’handicap che ne deriva e le residue capacità; permette, inoltre, di individuare le possibilità di riequilibrio e il modo più adatto di ottimizzarlo con trattamenti specifici. Nel contempo, l’ambiente familiare, scolastico, professionale, ricreativo, sociale deve rendere possibile al disabile l’acquisizione di un rapporto positivo con se stesso e con gli altri. In linea con questi principi, il Dipartimento della Programmazione del Ministero della Sanità ha emanato il 7 maggio 1998 le “Linee guida per le attività di riabilitazione” (G.U. n. 124 del 30.5.98) e il Governo ha approvato la Legge Quadro della Riforma dell’Assistenza (L.328/2000) per l’organizzazione dei servizi di riabilitazione, ospedalieri, residenziali, distrettuali e domiciliari. La riabilitazione permette ad una persona disabile, pur nell’ambito dei limiti della sua menomazione, di raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale, intellettivo e relazionale, con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative. Il progetto riabilitativo, che è unico, si svolge su due versanti: • la riabilitazione medica, intesa come possibilità di utilizzare al meglio le residue capacità nella lotta contro la disabilità; • la riabilitazione sociale, intesa come lotta contro le barriere di ogni tipo frapposte dalla società rispetto all’inserimento della persona disabile. 1 La riabilitazione medica valuta non solo quanto si è perduto a causa di un evento morboso o traumatico, ma soprattutto quanto è rimasto, inteso come capacità residua o potenziale riabilitativo. La riabilitazione sociale è da intendersi come sviluppo delle potenzialità della persona in stato di handicap, nell’apprendimento, nella comunicazione e nella socializzazione, in modo che tutto ciò che il disabile non riesce a fare, o fa male, non sia motivo di isolamento e di emarginazione. Invalidità civile: domanda di riconoscimento Il cittadino affetto da minorazioni, fisiche o psichiche, congenite o acquisite, per ottenere i benefici di legge e le provvidenze economiche previste per gli invalidi civili, deve, necessariamente, presentare domanda alla Commissione Medica per l’accertamento dell’Invalidità Civile presso la sede distrettuale della ASL di appartenenza, chiedendo di essere sottoposto a visita medica. Per la compilazione della domanda è opportuno farsi aiutare dagli Uffici del Patronato INCA – CGIL (http://www.inca.it/ ) che garantiscono la tutela più qualificata per tutta la durata del procedimento d’invalidità. Alla domanda si allega un certificato medico. Il certificato medico è l’elemento più importante nella richiesta di una prestazione d’invalidità civile, perché è su di esso che la Commissione Medica della ASL orienta la sua valutazione; pertanto, deve essere compilato in maniera accurata in tutte le sue voci, e non limitarsi alla sola diagnosi. Infatti, la patologia principale per la quale si chiede la prestazione si accompagna, quasi sempre, a patologie minori che rientrano, anch’esse, nel quadro generale di valutazione. Le radiografie, gli accertamenti e le cartelle cliniche vanno consegnati in occasione della visita medica, al fine di evitare pericoli di smarrimento. Nel corso della visita medica, il disabile può farsi assistere da un medico del Patronato. La Commissione Medica della ASL fissa la visita medica entro tre mesi dalla presentazione della domanda (art. 3, comma 1 del DPR 598/94). Nell’eventuale impossibilità di presentarsi alla visita medica, il disabile, oppure un suo familiare, può richiedere che la visita medica sia effettuata a domicilio, indicando la data in cui può essere effettuata: la richiesta deve essere motivata con documentazione probatoria del medico di base, comprovante l’impossibilità di presentarsi alla visita medica (art. 1, comma 7 del DPR 698/1994). Effettuata la visita, la ASL trasmette la copia del verbale alla prevista Commissione di verifica (INPS), la quale decide in base alla documentazione ricevuta, o richiama l’interessato a nuova visita medica. Una volta esaurita la procedura di accertamento sanitario, all’interessato è trasmesso un originale del verbale di visita, tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. Se, a seguito dell’accertamento sanitario, il richiedente ottiene una percentuale d’invalidità che dia diritto a provvidenze economiche, la ASL invia il decreto al disabile, e demanda all’INPS il pagamento dei benefici economici1. 1 La ASL rilascia un solo certificato attestante l’invalidità civile, per cui è opportuno esibire, ogni qualvolta le istituzioni ne facciano richiesta, solo una fotocopia autenticata, mai l’originale. 2 Il grado di invalidità civile, ovvero di riduzione della capacità lavorativa, è misurato in valori percentuali. Una apposita tabella ministeriale, la cui emanazione era stata prescritta dall’art. 2 del D.Lgs. 509/1988, e che è stata poi approvata con il D.M. del 5 febbraio 1992, individua, per ogni tipo di patologia invalidante, la relativa percentuale di riduzione della capacità lavorativa. I ricorsi Se l’accertamento sanitario ha avuto esito sfavorevole, l’interessato può presentare ricorso, entro 60 giorni dalla notifica del verbale, tramite l’Ufficio Legale del Patronato che invia tale ricorso alle strutture competenti tramite raccomandata A/R (atto documentabile). Alla Commissione Medica per l’accertamento dell’Invalidità Civile della ASL ci si può rivolgere anche per richiesta del declassamento dell’infermità, nel caso le condizioni fisiche siano migliorate, per evitare che l’inabilità alla mansione ricoperta possa essere causa di licenziamento. Se le minorazioni, che hanno prodotto il riconoscimento dell’invalidità civile e dei suoi benefici, sono peggiorate, si può presentare domanda d’aggravamento, tenendo presente che sono prese in esame solo le domande corredate da documentazione sanitaria che “comprovi la modificazione del quadro clinico preesistente”. L’azione giudiziaria La molteplicità degli Enti (Regione, Comune, INPS) che intervengono nella gestione di una pratica di invalidità civile, e i provvedimenti separati che ogni Ente emette per la propria competenza rendono complessa la questione della legittimazione passiva (individuazione dell’Ente cui indirizzare il ricorso) nei ricorsi legali. Per evitare complicazioni, dal ritardo nell’ottenimento della prestazione d’invalidità civile all’eventuale perdita del diritto, ribadiamo il consiglio, valido sempre, ma soprattutto in questa fase giudiziaria, di utilizzare l’esperienza degli addetti ai lavori, ossia di coloro che tutelano, nelle varie fasi, le richieste di prestazioni, ed in particolare il Patronato INCA CGIL.( http://www.inca.it/ ) In sintesi, nel rispetto dell’economia processuale, è sempre proponibile un’unica azione giudiziaria, citando per la propria competenza i vari Enti, ed il ricorso giurisdizionale dovrà essere costituito in relazione alle finalità che si vogliono ottenere attraverso il contenzioso legale. Diritto a visite mediche d’urgenza per portatori di handicap grave Se il soggetto convocato a visita medica si trova nell’impossibilità di recarsi presso la commissione medica, può chiedere, o far richiedere da un familiare, la visita domiciliare motivando l’impedimento con idonea documentazione sanitaria e indicando la data in cui tale visita potrà essere effettuata(art. 1 D.P.R. 698/1994). Il disabile con handicap grave, può presentare domanda in carta semplice, alla Commissione Medica per l’accertamento dell’Invalidità Civile della ASL, per chiedere di essere sottoposto, con “urgenza”, a visita medica, secondo la normativa vigente, e allegando la “documentazione clinico sanitaria probatoria dell’urgenza”. 3 La Commissione Medica, salvo diverso regolamento in merito al procedimento amministrativo, è tenuta a comunicare la data della visita entro 30 giorni (art. 2, commi 2 e 3, della legge 241/1990). La Commissione Medica, se non è in grado di effettuare la visita medica con sollecitudine, può far sottoporre a visita l’interessato da un’altra Commissione ASL, nell’ambito territoriale in cui il richiedente temporaneamente si trova. Indennità di accompagnamento La legge 21 novembre 1988, n. 508 ha stabilito che i soggetti aventi diritto all’indennità di accompagnamento sono i cittadini residenti, mutilati ed invalidi civili riconosciuti totalmente inabili per affezioni fisiche o psichiche, che si trovano nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di assistenza continua (nel senso che sono nella “totale impossibilità di badare a se stessi”, sentenza 10017/99 della Corte di Cassazione e, per i minori, non sono in grado di compiere gli atti propri dell’età). L’indennità di accompagnamento è compatibile con l’attività lavorativa edè cumulabile con altre indennità o pensioni spettanti per altre minorazioni civili. L’indennità di accompagnamento è incompatibile con analoghe indennità concesse per le stesse infermità, per causa di guerra, di lavoro o di servizio; in tal caso è comunque concessa la facoltà di opzione per il trattamento più favorevole. L’indennità di accompagnamento viene sospesa ai ricoverati presso istituti la cui retta è a totale carico delle istituzioni statali. Gli invalidi civili titolari di indennità di accompagnamento hanno l’obbligo di presentare, entro il 31 marzo di ogni anno, l’autocertificazione della sussistenza, o meno, di ricovero permanente presso strutture pubbliche. Obblighi amministrativi degli invalidi civili Gli invalidi civili parziali (con invalidità riconosciuta fino al 99%), di età compresa tra i 18 ed i 65 anni hanno l’obbligo: • di iscriversi nelle liste speciali di collocamento obbligatorio – legge 68/99 (il collocamento obbligatorio si acquisisce con invalidità pari o superiore al 46%); • di comunicare, entro trenta giorni, le eventuali variazioni reddituali (per invalidità superiori al 74%); • di comunicare gli eventuali miglioramenti dello stato di salute; • di presentare, nel caso di percettori dell’assegno mensile di assistenza, entro il 31 marzo di ogni anno, l’autocertificazione, attestante la permanenza, o meno nelle liste di collocamento obbligatorio (legge n. 68/1999). L’autocertificazione va compilata sull’apposito modello, inserendo tutti i dati richiesti, anche nel caso si tratti di interdetto o inabilitato (in questo caso la firma in calce sarà quella del tutore o del curatore). Se l’interessato non sa firmare, la dichiarazione può essere rilasciata anche dall’“assistente di sostegno” dinanzi ad un funzionario della Prefettura, Comune, INPS, Regione, senza far autenticare la firma. 4 L’autocertificazione va trasmessa, dopo averne fatto fotocopia, con raccomandata A/R, oppure presentata direttamente, o tramite Associazione o Patronato, alla Regione, o, su delega di questa, all’INPS od al Comune di residenza. L’autocertificazione va presentata anche da chi non è tenuto ad iscriversi: in tal caso, dichiarerà la causa della non iscrizione, allegando la copia del verbale della Commissione Medica della ASL attestante “il pregiudizio”. Nel caso in cui coloro che sono tenuti, non presentino l’autocertificazione, scattano le verifiche, senza che ci sia sospensione dei pagamenti. Nel caso di accertata falsa dichiarazione, c’è l’obbligo di restituire le somme indebitamente percepite, e gli interessi legali maturati. Per i disabili intellettivi o psichici maggiorenni, la dichiarazione annuale può essere sostituita da un certificato medico, redatto dal medico di famiglia o dallo specialista dell’ASL, presentato una tantum, senza necessità di rinnovo, e valido per tutta la vita. 5 L’handicap Il riconoscimento dell’handicap La condizione di svantaggio sociale o di emarginazione di un soggetto disabile confronti delle altre persone, ritenute normali, è definito “handicap”. nei Portatori di handicap sono le persone affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, stabilizzate o progressive, che sono causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o mancata integrazione lavorativa. L’obiettivo della Legge n. 104/92 (Legge Quadro sull’handicap) è prevenire, rimuovere, o ridurre, le condizioni che non permettono al disabile lo sviluppo, la partecipazione e la piena realizzazione dei diritti civili, politici e lavorativi. Il disabile che si riscontra in tali condizioni, può ottenere il riconoscimento del proprio handicap e dello “stato di gravità” (art. 3 e 4 Legge n. 104/92), inoltrando prevista domanda alla Commissione Medica per l’Accertamento dell’Handicap della ASL di appartenenza, allegando idonea certificazione medica. Il riconoscimento dello “stato di gravità” avviene ad opera della Commissione Medica per l’Accertamento dell’Invalidità Civile, integrata da un operatore sociale e da uno specialista della patologia di cui il disabile è portatore(Legge n. 104/92, art.4,comma 1. Qualora la Commissione Medica non si pronunci entro 90 giorni dalla presentazione della domanda per il riconoscimento del proprio handicap e dello stato di gravità, ai soli fini dell’art. 33 della Legge n. 104/1992 (permessi retribuiti dall’INPS), gli accertamenti sono effettuati, in via provvisoria, da un medico della ASL specialista nella patologia (Legge n. 423/93, art. 2). Suggeriamo di farsi, comunque, consigliare e tutelare dall’Ufficio Zona del Patronato. Ai portatori di handicap, ai quali è stato riconosciuto lo “stato di gravità”, ed ai familiari che attendono direttamente alla loro cura, spettano numerosi diritti, sanciti dalle seguenti leggi: • Legge n. 104/1992 (legge Quadro sull’handicap); • Legge n. 62/1998 (assistenza ai disabili gravi); • Legge n. 53/2000 (legge sui congedi parentali); • Legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001); • Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità (D.Lgs. 151/2001). Il Testo Unico, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 marzo del 2001, in attuazione ella delega contenuta nell’art. 15 della Legge n. 53/2000, raccoglie i contenuti di 28 disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità. Tale T.U. rende più semplice la conoscenza dei diritti, perché (recependo anche i contenuti della Finanziaria 2001) riordina e disciplina: • i congedi ordinari di maternità, di paternità, e parentali per la cura dei figli; • i permessi, riposi e congedi per i figli con handicap grave. 6 Diritti dei portatori di handicap Riportiamo, di seguito, un breve elenco dei principali diritti ai quali possono accedere i portatori di handicap gravi: • cure sanitarie appropriate; • servizi alla persona, finalizzati a migliorare la qualità della vita con l’integrazione nell’attività scolastica, nell’ambiente sociale, nel lavoro, ecc. (orientamento scolastico o professionale, consulenza socio – psicologica); • servizi erogativi (prestazioni riabilitative specialistiche, protesi o sussidi tecnici, rimozione delle barriere architettoniche, accessori di aiuto alla locomozione, formazione psicoterapica, accessori per il trasporto o autotrasporto, sussidi atti a migliorare la comunicazione, assistenza domiciliare, ecc.); • servizi ed attività associative (formative, ricreative, convenzioni per attività sportive, centri di accoglienza e assistenza, ecc.); • scelta della sede di lavoro più vicina (dove possibile) alla propria abitazione e diritto ad esprimere il proprio consenso in caso di trasferimento (comma 6, art. 33 della Legge n. 104/1992), altrimenti l’azienda si rende colpevole di discriminazione; • 2 ore retribuite giornaliere al disabile in attività lavorativa, nel caso in cui l’orario di lavoro sia pari o superiore a 6 ore giornaliere, o, in alternativa • tre giorni di permesso ogni mese anche frazionabili in ore (Messaggio INPS N. 016866 del 28.6.2007 che citeremo nel paragrafo 2.4 relativo ai Genitori). Nel caso di lavoratori a part-time il numero dei giorni di permesso sarà ridotto proporzionalmente all’orario effettuato. Possono esistere condizioni migliorative previste dai singoli CCNL. La Riforma dell’Assistenza (Legge n. 328/2000) propone l’attuazione di politiche sociali che superino il concetto della semplice cura delle infermità invalidanti e della loro prevenzione, ponendosi come obiettivo la riabilitazione complessiva della persona, finalizzata allo sviluppo delle sue potenzialità, ed il conseguente inserimento nella vita sociale e lavorativa. Punto fondamentale della riforma è la creazione di un sistema integrato di interventi e servizi a rete da parte dei Comuni e delle altre Istituzioni competenti finalizzato alla riduzione del disagio individuale o familiare derivanti da discriminazioni, inadeguatezza di reddito e difficoltà nell’inserimento sociale, in coerenza con gli articoli 2,3 e 38 della Costituzione. Diritti dei familiari dei portatori di handicap I familiari che curano direttamente i portatori di handicap, cui è stato riconosciuto lo “stato di gravità”, fruiscono di tutti i congedi ordinari di maternità, di paternità, e parentali per la cura dei figli, e dei diritti e permessi di seguito elencati: • diritto di scegliere la sede di lavoro (ove possibile) più vicina alla propria abitazione e diritto ad esprimere il proprio consenso, in caso di trasferimento, per genitori o parenti, che assistano figli disabili in maniera adeguata e sistematica ( precedentemente definita continua ed esclusiva); • tre giorni di permesso, ogni mese, retribuiti dall’INPS, anche frazionabili in ore ( Messaggio INPS N. 016866 del 28.6.2007 che citeremo nel paragrafo 2.4 relativo ai Genitori), a favore di un familiare fino al terzo grado; 7 • prolungamento del periodo di astensione facoltativa per lavoratori che assistono figli minori di tre anni con handicap. Detto prolungamento può arrivare fino al terzo anno di età del bambino, può anche essere frazionato o in alternativa possono essere utilizzati riposi orari retribuiti di 2 ore al giorno per orari pari o superiori alle sei ore ( 1 ora in caso contrario); • due anni di “congedo straordinario retribuito”, coperti da contribuzione, per assistere a casa un figlio (anche adottivo o maggiorenne), un fratello o un coniuge conviventi senza perdere il lavoro (Legge n. 388/2000, art. 80, comma 2 e D.Lgs 151/2001). Permessi ai sensi della legge 104 Tutte le agevolazioni previste dalla Legge n. 104/1992 (quindi anche l’art. 33) sono a favore di disabili cui sia riconosciuto di essere in stato di gravità (art. 3 della legge 104/92). Tale riconoscimento, non sempre è direttamente collegato al grado d’invalidità accertato e viene effettuato da una commissione medica prevista dalla Legge n. 295/1990 art. 1 (commissione deputata al riconoscimento dell’invalidità civile), integrata da un operatore sociale e da uno specialista, della patologia di cui il disabile è portatore. Dal punto di vista medico-legale la legge definisce la condizione di handicap in situazione di gravità come una “riduzione dell’autonomia personale, correlata all’età, che renda necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”. L’accertamento medico-legale definisce l’handicap che la minorazione produce, ossia la natura dello svantaggio sociale, e gli interventi necessari alla sua eliminazione e rappresenta l’occasione per incanalare la persona invalida in un percorso di recupero e riabilitazione. L’elemento del contesto sociale, presente nella legge, rappresenta un’importante novità e la reale differenza dalle altre normative. Lavoratori portatori di handicap Il comma 6 dell’art. 33 della Legge n. 104/1992 prevede che il lavoratore disabile, cui sia stato riconosciuto lo stato di gravità (comma 1 art. 4 Legge n. 104/1992), possa usufruire alternativamente (art.19 della Legge n. 53/2000), di due ore di permesso giornaliero, oppure di tre giorni ogni mese, anche frazionabili in ore (Messaggio INPS N. 016866 del 28.6.2007 citato nel paragrafo relativo ai Genitori). E’ possibile passare dai permessi orari a quelli mensili mediante modifica della domanda; la variazione può anche essere eccezionalmente consentita nello stesso mese, se sopraggiungono comprovate esigenze improvvise (Circolare INPS n. 133 del 17.7.2000, par. 1). Il cambiamento, in linea di massima, potrà avvenire da un mese all’altro. Nel caso di lavoratore a part-time orizzontale il numero di ore di riposo spettanti è da rapportare alla durata dell’orario giornaliero di lavoro: ovvero 2 ore per orario pari o superiore a 6 ore, 1 ora in caso contrario; per i lavoratori a part-time verticale il permesso è ridotto proporzionalmente al numero di giorni in cui si presta l’attività lavorativa. Per concludere, il comma 6 dell’art. 33, legge 104/1992, al fine di agevolare i lavoratori disabili, sancisce il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina alla propria abitazione e, in caso di trasferimento, di richiedere il consenso del lavoratore. I permessi citati possono essere usufruiti da tutte le categorie di disabili (invalidi civili, ciechi, sordomuti, invalidi del lavoro, invalidi per servizio, invalidi di guerra). 8 Genitori di figli minori con handicap grave fino a tre anni di età Il comma 1 dell’art. 33, legge 104/1992, stabilisce: “la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4 comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro (…) purché, il minore, non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati”, fatta eccezione per ricoveri a tempo pieno finalizzati ad interventi chirurgici, o aventi scopo riabilitativo ( circolare 90 del 23 Maggio 2007). Il comma 2 dello stesso articolo e il D.Lgs. 151/2001 concede la possibilità ai genitori di minore disabile, fino al terzo anno di età del bambino, di usufruire, in alternativa all’astensione facoltativa (o al congedo parentale), di due ore di permesso giornaliere retribuite (se l’orario di lavoro è superiore alle 6 ore, al giorno, e di un’ora se al di sotto delle 6 ore). Tale diritto costituisce un prolungamento del periodo di 6 mesi di astensione facoltativa, previsto in via generale per le lavoratrici madri dall’art. 7 della legge 1204/1971, e inizia a decorrere dal termine del periodo di astensione obbligatoria. Trattandosi di astensione facoltativa, sia pure prolungata, è riconosciuta una indennità - pari al 30% della retribuzione - per tutta la sua durata. Inoltre, la circolare INPS 133/2000 precisa varie casistiche relative al prolungamento dell’astensione facoltativa. Nel caso in cui, entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, i permessi (orari o mensili) spettano ad entrambi, ma non con fruizione contemporanea, non 2 ore giornaliere al padre e 2 ore alla madre, ma solo due ore o all’uno o all’altro; invece i tre giorni mensili possono essere utilizzati, alternativamente, dai due genitori anche nello stesso mese. Genitori, entrambi lavoratori, di figli minori dai 3 sino ai 18 anni. I genitori del disabile – con un’età dai 3 sino ai 18 anni – possono usufruire, entrambi, di 3 giorni di permesso mensile (esempio: madre 2 giorni, padre 1 giorno = 3 giorni in un mese) ed è possibile anche che il giorno del padre coincida con quello della madre. Tuttavia, ed è questo l’elemento di novità, sulla scorta di un parere del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, anche l’INPS applica ora la soluzione già adottata dall’INPDAP. Con Messaggio 15995 del 18 giugno 2007, ha precisato che, con decorrenza immediata, i tre giorni di permesso possono essere frazionati in ore. Con un ulteriore messaggio (N. 16866 del 28/06/2007) l’ INPS ha precisato le modalità relative al frazionamento ed al calcolo del monte ore a disposizione del genitore. Infatti, l’algoritmo di calcolo, da applicare ai lavoratori con orario a tempo pieno, ai fini della quantificazione del massimale mensile di permessi, è il seguente: (orario normale di lavoro settimanale): (numero dei giorni lavorativi settimanali) x 3 = monte ore mensili fruibili2. Riepilogando: • fino ad un anno d’età del bambino, i riposi non sono quelli alternativi all’astensione facoltativa, ma quelli concessi per l’allattamento (come 2 A titolo esemplificativo, un genitore- con orario di lavoro settimanale pari a 37,30 ore, articolato su 5 giorni, potrà beneficiare mensilmente di 22,30 ore di permesso. (cioè 37,30: 5 x 3 = 22,30 ) 9 stabilito dal nuovo art. 10 legge 1204 e chiarito dalla circolare INPS 109/2000); • nel 2° e 3° anno di vita del bambino i riposi diventano quelli alternativi al prolungamento dell’astensione facoltativa. La durata di tali riposi è di 2 ore al giorno per orario pari o superiore alle sei ore, 1 ora in caso contrario; • dopo il terzo anno di vita e fino al diciottesimo, i genitori, sempre in alternativa tra di loro, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile retribuito, anche frazionandoli in ore, con le modalità sopra indicate; • in presenza, nella stessa famiglia, di altri figli disabili in stato di gravità, i permessi si cumulano (per un lavoratore con due figli disabili i permessi saranno di 6 giorni al mese, purchè sia dimostrato che con i soli 3 giorni non si riesca ad assistere entrambi); • i genitori di figli maggiorenni hanno diritto complessivamente ai tre giorni, anche continuativi, nel mese. Non è più richiesto il requisito della convivenza tra genitori e figli con handicap. Tutti i riposi ed i permessi della legge 104 possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con quello per malattia del figlio. La legge 53/2000 art. 20 ha modificato l’art. 33 della legge 104/92 estendendo il diritto all’astensione facoltativa, o alle due ore giornaliere, anche quando l’altro genitore non ha diritto a tali benefici (perché ad esempio casalingo/a, disoccupato/a, o lavoratore autonomo, ecc.). Naturalmente, dato che l’art. 33 – commi 1 e 2 – concede le agevolazioni ai genitori di disabili minori, i permessi orari in alternativa all’astensione facoltativa sono concessi sino al compimento del terzo anno d’età del bambino. Genitori, parenti o affini (entro il 3° grado) di persone con handicap maggiorenni Il comma 3 dell’art. 33, così come modificato dalla legge 53/2000 – art. 20, concede la possibilità al lavoratore che assiste un disabile in situazione di gravità, di usufruire dei permessi di tre giorni mensili con la possibilità di frazionarli in ore. Dette agevolazioni spettano anche nel caso in cui il disabile assistito non sia convivente. Purché l’assistenza assuma il carattere della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle esigenze della persona da assistere; per l’ottenimento dei permessi occorre presentare all’INPS un progetto in cui vengono descritte le esigenze e le modalità di svolgimento dell’assistenza, sottoscritto dal disabile o di chi ne fa le veci oltre alla persona che usufruisce dei permessi. Anche nel caso di genitori e parenti di disabili maggiorenni valgono le stesse modalità di erogazione (possibilità di usufruire dei permessi orari anziché giornalieri - diritto ad essere occupato presso una sede o stabilimento vicino al domicilio del disabile da assistere eventuale trasferimento solo in caso di consenso da parte del lavoratore che usufruisce dei permessi – quantità dei permessi rapportati alle ore settimanali di lavoro, ecc.). Alla luce dei criteri enunciati dal Consiglio di Stato con parere n. 784 del 1995, e dalla sentenza n. 394/97 del 19/1/1998 e della corte Costituzionale con sentenza n. 325/1996 l’ INPS ha emesso la circolare n. 90 del 23 Maggio 2007 che in parte modifica quanto espresso dalle circolari INPS 80/95 e 37/99. Elenchiamo di seguito tali requisiti : 10 • la concessione dei permessi prescinde dal fatto che all’interno del nucleo familiare del disabile (in situazione di gravità) si trovino conviventi familiari non lavoratori in grado di fornire l’aiuto necessario; • la scelta della persona che dovrà assistere il disabile (con diritto ai permessi) è nella sua facoltà oppure in quella dell’amministratore di sostegno o del tutore legale; • l’assistenza richiesta può non essere necessariamente quotidiana, purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle esigenze della persona in situazione di gravità; • il diritto ai permessi, di cui ai commi 2 e 3 della legge 104/92 art. 33 ( figli disabili gravi, superiori a 3 anni, e parenti sino al 3° grado), viene esteso a quei lavoratori che, pur risiedendo e lavorando in luoghi distanti da quello in cui risiede di fatto la persona con disabilità in situazione di gravità, prestano a quest’ultima un’assistenza sistematica ed adeguata (la circolare n. 90 del 23 maggio 2007 propone delle esemplificazioni : personale di volo delle linee aeree, marittimi, personale viaggiante delle ferrovie ecc ). In questi casi, però, onde ottenere i permessi in sede di richiesta dei benefici ex art. 33 della legge 104/92, il lavoratore dovrà presentare un Programma di assistenza ovvero una dichiarazione congiunta del lavoratore richiedente e della persona con disabilità in situazione di gravità, che fruisce dell’assistenza, o dell’amministratore di sostegno, oppure del tutore legale, da rinnovare annualmente (messaggio INPS n. 15021 del 7 giugno 2007). Detto programma verrà sottoposto alla valutazione del medico legale dell’INPS; la concessione o meno dei permessi dipenderà dall’INPS stessa. Il diritto ad usufruire dei permessi rimane anche nel caso in cui la persona disabile sia assistita da un servizio pubblico o da volontari o da una badante, poichéla presenza di questi tipi di assistenza non si può considerare “di carattere esclusivo”. Il diritto ai permessi decade in caso di ricovero a tempo pieno (24 ore) deldisabile fatta eccezione per: • ricovero a tempo pieno di disabile con età inferiore ai 3 anni e finalizzato a riabilitazione o intervento chirurgico, in presenza di documentazione dei sanitari che lo hanno in cura, da cui risulti la necessità dell’assistenza dei genitori di un parente (sino al 3° grado), e previa valutazione del medico legale della sede INPS di competenza; • assistenza a disabili con età superiore ai 3 anni (in situazione di gravità) nei casi in cui il ricovero a tempo pieno sia causato da coma vigile, o da stadio terminale. Perciò • il disabile in situazione di gravità, (o il suo tutore o il suo amministratore di sostegno), deve indicare chiaramente, tramite autocertificazione (come previsto dal T.U. n. 455/2000), chi la persona scelta ad usufruire dei permessi; le Pubbliche Amministrazioni possono controllare la veridicità dell’autocertificazione; • le Amministrazioni Pubbliche possono verificare la persistenza del diritto ai permessi nel caso in cui il riconoscimento della disabilità sia concesso temporaneamente. Nel mese di maggio 2007 l’INPS ha emesso una circolare di grande rilievo in materia di permessi (Circolare INPS 23 maggio 2007 n. 90). E’ un testo che modifica precedenti impostazioni in virtù di sentenze e di circolari ministeriali. 11 Congedo straordinario per i genitori e i coniugi dei portatori di handicap grave (T.U. 151/2001) La legge finanziaria dell’anno 2001 ha previsto, come comma aggiuntivo dell’art. 4 della legge 53/2000, l’istituzione di un congedo retribuito di due anni, per i genitori (che possono essere naturali, affidatari o adottivi) di figli gravemente handicappati, valido anche ai fini della pensione. In caso di scomparsa o invalidità dei genitori possono subentrare i fratelli o le sorelle, conviventi con il soggetto disabile. L’INPS precisa che, chi abbia già usufruito di periodi di congedo retribuiti o non, si vedrà decurtare il biennio dei periodi di congedo già fruiti. Per chiarire meglio: il limite dei due anni è relativo sia ad ogni persona disabile, sia al lavoratore che provvede alla cura. Il padre e la madre non possono utilizzare contemporaneamente il congedo. Questo decorre dalla data indicata sulla domanda, salvo diversa decorrenza fissata dal datore di lavoro. I due anni sono frazionabili e possono essere richiesti alternativamente da entrambi i genitori. Durante l’utilizzo di tale previsione, non è però possibile usufruire dei permessi ex art.33 legge 104/1992. Il congedo è retribuito con una “indennità” corrispondente all’ultima retribuzione mensile percepita, ed è coperta da contribuzione figurativa. Nel corso del 2007 è stata riconosciuta l’estensione del diritto al congedo al coniuge convivente con persona con handicap in situazione di gravità. Secondo il dispositivo della sentenza n. 158 del 18 aprile 2007 della Corte Costituzionale il congedo in questione deve essere riconosciuto, in via prioritaria, al coniuge convivente con il soggetto gravemente disabile (circolare n. 112 del 3.8.2007). Riepilogando, i soggetti aventi diritto sono: 1) il coniuge della persona gravemente disabile convivente; 2) i genitori, naturali o adottivi o affidatari, del portatore di handicap grave nel caso in cui si verifichi una delle seguenti condizioni: • il figlio non sia coniugato o non conviva con il coniuge, • il coniuge del figlio non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo • il coniuge del figlio abbia espressamente rinunciato a fruire per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo in esame. In caso di figli minorenni la fruizione del beneficio in questione spetta anche in assenza di convivenza. In caso di figli maggiorenni il congedo in esame spetta anche in assenza di convivenza, ma a condizione che l’assistenza sia prestata con continuità ed esclusività. Il congedo in questione spetta in via alternativa alla madre o al padre (o ad uno degli affidatari in caso di affidamento contemporaneo a due persone della stessa famiglia); non può quindi essere utilizzato contemporaneamente da entrambi. 3) i fratelli o le sorelle – alternativamente - conviventi con il soggetto portatore di handicap grave, in caso si verifichino le seguenti due condizioni: • entrambi i genitori siano deceduti o totalmente inabili, • il fratello portatore di handicap grave non sia coniugato o non conviva col coniuge, oppure, laddove sia coniugato e convivente col coniuge, ricorra una delle seguenti situazioni: 12 • il coniuge non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo, • il coniuge abbia espressamente rinunciato a fruire per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi il congedo in esame. L’INPS, con le circolari n. 64 del 15.3.2001, n. 85 del 26 aprile 2002 e n. 14 del 15.1.2007, fornisce chiarimenti in merito ai criteri relativi all’indennità economica e all’accredito figurativo per i periodi di congedo riconosciuti in favore dei familiari di portatori di handicap, ai sensi dell’art. 42, comma 5, D.Lgs. n. 151/2001 e indica, inoltre, il tetto dell’ importo massimo annuo, annualmente rivalutato, sulla base delle variazioni dell’indice ISTAT. Assistenza al disabile e sede di lavoro La legge 104/92 prevede, in tema di scelta e di trasferimento della sede di lavoro, alcuni particolari agevolazioni anche per il lavoratore che assista un familiare portatore di handicap grave. L’art. 33 della legge n. 104/1992 stabilisce che il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito, senza il suo consenso, ad altra sede. E’ necessario che il familiare da assistere sia in possesso della certificazione di portatore di handicap in condizione di gravità ai sensi dell’art. 3 comma 3 legge 104/92, rilasciata dall’apposita commissione operante presso la ASL di residenza dell’interessato. 13 Inserimento dei disabili nel mondo del lavoro Principi generali Il collocamento al lavoro dei disabili è un efficace strumento d’indipendenza economica, di integrazione sociale, e di riabilitazione, perché lo svolgimento di un’attività lavorativa può far superare, o almeno ridurre, lo stato d’emarginazione e d’isolamento in cui i disabili, spesso, ricadono. Il lavoro, al di là della sua tipologia, rappresenta per la persona in stato di handicap, sia esso fisico che psichico, il mezzo per affermare la propria dignità di vita. Ogni disabile, per ragioni facilmente intuibili, deve, necessariamente, svolgereun “lavoro consono alla propria patologia/disabilità” ed è per questo, che per un inserimento proficuo nel mondo del lavoro, in alcuni casi, occorre mettere in atto percorsi formativi e stage aziendali personalizzati. La legislazione prevede norme che agevolano l’ingresso nel mondo del lavoro delle categorie deboli della popolazione, tra cui i disabili. Il riferimento normativo è stabilito inequivocabilmente nella nostra Costituzione dai seguenti articoli: - art. 1 “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”; - art. 4 “La Repubblica italiana riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto”; - art. 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni e cura la formazione e l’elevazione dei lavoratori”. La legge n. 104/1992 rafforza ulteriormente i concetti esposti negli articoli costituzionali sottolineando che: “l’inserimento e l’integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati” (art. 8). Unicamente la Commissione Medica integrata per l’accertamento ed il riconoscimento dell’handicap è titolata a concretizzare l’inserimento socio – lavorativo della persona disabile, nonché ad effettuare le visite di controllo per la verifica della permanenza dello stato invalidante (legge n. 104/1992, art. 4, e poi D.P.C.M. 13 gennaio 2000, art. 1). Il nuovo mercato del lavoro La legge n. 59/1997 ed il D.Lgs. 469/1997 hanno demandato alle Regioni e alle Province il compito e le funzioni relative al collocamento al lavoro, tra cui il collocamento dei disabili (art. 2 D.Lgs. 469/1997). Questi Enti, nel rispetto di quanto indicato dalla normativa nazionale, hanno emanato disposizioni applicative che si differenziano da Regione a Regione, attraverso le seguenti commissioni: • Commissione tripartita regionale per le politiche del lavoro; • Commissione unica provinciale tripartita; • Servizio per le Politiche del Lavoro o servizio provinciale per l’impiego, organo Tecnico che gestisce il collocamento dei disabili( iscrizione, tenuta degli elenchi dei disabili da avviare al lavoro, raccolta delle denunce annuali dei datori di lavoro, ecc.); • Centri Territoriali del Servizio per le Politiche del Lavoro e per il Collocamento, distribuite sul territorio provinciale; 14 • Agenzie per il collocamento che possono essere gestite anche da privati. L’accertamento della compatibilità dell’invalidità all’idoneità alla mansione da svolgere, avviene attraverso un periodo di tirocinio, a seguito del quale, se dichiarati idonei, i disabili sono nominati in ruolo con qualifica e profilo attinentiil lavoro svolto durante il tirocinio. Il 31 Marzo 2000 è entrata in vigore la legge 68/1999 che innova profondamente il meccanismo di avviamento al lavoro dei disabili, fondando la propria filosofia sul concetto “l’uomo giusto al posto giusto”, il che rappresenta un cambiamento radicale di prospettiva, ovvero, considerare quello che il disabile potenzialmente sa fare anziché considerare quello che non può fare. In sintesi, la legge è concepita per la realizzazione di un collocamento qualificato e mirato che soddisfi sia le attese dell’azienda che l’affermazione della dignità personale del disabile. Resta da dire, infine, che nei casi più difficili e complessi d’inserimento, vengono stabilite una serie di norme e agevolazioni per i datori di lavoro. Per ogni disabile iscritto nell’elenco del collocamento mirato viene compilata una scheda che definisce il profilo professionale risultante dalle capacità lavorative, abilità, competenze, inclinazioni, natura e grado della minorazione. Per i centralinisti, le iscrizioni effettuate negli Albi professionali (articolati a livello regionale) sono comunicate al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, entro 60 gg. dall’avvenuta iscrizione. Collocamento obbligatorio e avviamento al lavoro Per accedere al collocamento obbligatorio, occorre iscriversi nello specifico elenco del Servizio per le Politiche del Lavoro o Agenzia Provinciale per l’Impiego (art. 8 legge 68/99) Per iscriversi occorre presentare domanda su apposito modulo ( ci si può fare aiutare, nella compilazione, dal Patronato INCA – CGIL ) Occorre premettere che la nuova legge prevede forme di avviamento diverse, però, riconducibili alle modalità della chiamata nominativa e avviamento numerico. Per gli invalidi psichici è previsto solo l’avviamento nominativo attraverso lo strumento delle convenzioni di cui all’art. 11 della legge 68/99. Da notare che le agevolazioni previste a favore dei datori di lavoro (art. 13 della legge 68/99), sono concesse solo a chi assume attraverso tale strumento (convenzione). Avviamento d’ufficio (aziende private) Il servizio provinciale per l’Impiego rileva le aziende che sono tenute all’assunzione di invalidi tramite la denuncia che esse sono obbligate a presentare entro il 31 gennaio di ogni anno. L’avviamento del disabile può avvenire: • • • seguendo l’ordine di graduatoria dell’elenco del collocamento mirato, e tenendo conto del profilo professionale richiesto dall’azienda, tramite invio per posta del nulla osta all’invalido e, in copia, all’azienda; staccando il nulla osta per il disabile richiesto nominativamente dall’azienda3 3 Le aziende in base alla legge possono assumere con questo metodo il 60% dell’aliquota d’obbligo. La richiesta nominativa, se è il frutto di un accordo sindacale condiviso, o di convenzione approvata dalla commissione tripartita provinciale, risponde all’esigenza di un collocamento “mirato” (l’uomo giusto al posto giusto), diversamente può essere uno strumento di discriminazione. 15 Il disabile, ricevuto il nulla osta, deve presentarsi in azienda, per essere sottoposto a periodo di prova nell’ambito di mansioni compatibili con la sua invalidità (Sentenza della Corte di Cassazione n. 818 del 6 febbraio1990). La legge (art. 4), per agevolare i disabili con difficoltà di deambulazione o difficoltà a raggiungere la sede di lavoro decentrata, prevede la possibilità di essere assunti e utilizzati mediante il telelavoro o lavoro a domicilio e deve essere comunque applicato il contratto di lavoro di settore. Sanzioni alle aziende4 Trascorsi 60 giorni dall’insorgenza dell’obbligo di assunzione, scatta una sanzione pecuniaria per ogni disabile che dovrebbe essere assunto. L’organo competente è la Direzione Provinciale del Lavoro, che può essere attivato anche su segnalazione del servizio preposto al collocamento. E’ prevista, inoltre l’esclusione dalle gare d’appalto pubbliche per tutte le aziende non in regola con l’assunzione di disabili Agevolazioni fiscali per chi assume disabili In caso d’assunzione di lavoratori disabili, la legge prevede per le aziende riduzioni contributive che variano in funzione del grado e della tipologia di riduzione della capacità lavorativa del neo assunto. Sono interessati agli sgravi tutti i datori di lavoro privati, le cooperative sociali, le organizzazioni di volontariato che assumono soggetti portatori di handicap intellettivo e psichico che comporta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% ed hanno diritto alla fiscalizzazione totale (100%) dei contributi previdenziali ed assistenziali, per una durata massima di otto anni. Invece, ai datori di lavoro che assumono soggetti portatori di handicap fisico con una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79%, viene applicata la fiscalizzazione parziale (50%) dei contributi previdenziali ed assistenziali, per una durata massima di cinque anni. Le agevolazioni sono a totale carico del Fondo nazionale per il diritto dei disabili, le cui risorse sono ripartite ogni anno tra le Regioni, da un apposito decreto. Le norme di funzionamento del Fondo sono dettate da un decreto interministeriale del 2000, che ha disciplinato modalità e criteri di ripartizione degli incentivi ed ha stabilito la possibilità di stipulare accordi tra le Regioni e gli Enti previdenziali. Rapporti tra i contratti collettivi di lavoro e leggi Le Confederazioni Sindacali e le Federazioni di categoria, da diversi anni prestano crescente attenzione alle esigenze dei disabili e dei portatori di handicap, e non è un caso se CGIL, CISL e UIL hanno istituito, su scala nazionale - regionale - provinciale, appositi “Uffici Handicap”, comunemente definiti “Uffici H”. Inoltre, diverse categorie di lavoratori, oltre a far applicare correttamente le leggi sulla disabilità, sono riuscite, in taluni casi, a sensibilizzare maggiormente i datori di lavoro, inducendoli a sottoscrivere (nei rinnovi contrattuali) accordi integrativi più attenti alle disabilità, per cui alcuni contratti collettivi di categoria prevedono ulteriori agevolazioni alle leggi in vigore. 4 legge 68 del 1999 16 Igiene, salute e sicurezza sul posto di lavoro Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 303/56 stabilisce le norme generali per l’igiene del lavoro e gli obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei lavoratori. Tali norme fissano, con estrema precisione, i criteri ed i termini da osservare per quanto attiene la sicurezza e la salubrità degli ambienti nei quali si esplica l’attività lavorativa: l’altezza, la cubatura e la superficie delle strutture di lavoro, le coperture, il pavimento, le pareti ed annesse aperture, i locali sotterranei, il ricambio dell’aria, l’illuminazione naturale e artificiale, la temperatura, gli apparecchi di riscaldamento, l’umidità, la pulizia, i depositi dei rifiuti, la difesa dagli agenti nocivi, ecc. L’art. 9 della legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori), introduce il diritto dei lavoratori di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, di ricercare le soluzioni, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica. Il Decreto Legislativo 626/1994, in tema di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, recepisce otto direttive europee e sancisce che dal l° marzo l995, agaranzia della tutela e della sicurezza dei lavoratori, ogni datore di lavoro deve affiancare ai sistemi di prevenzione già sanciti per legge, i “servizi di protezione e prevenzione aziendali”. Con la nuova normativa sancita dal D.Lgs. 626/94 i lavoratori hanno diritti e doveri. In Particolare è sancito che il datore di lavoro è perseguibile penalmente, nel caso in cui non ottemperi agli obblighi di legge - in presenza di portatori di handicap di: - adeguare le porte, le vie di circolazione, le scale; - adeguare i bagni e tutti i posti utilizzati dai lavoratori portatori di handicap; - dotare i luoghi di lavoro di misure idonee, per consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale da parte dei lavoratori portatori di handicap. 17 Prestazioni di natura previdenziale Per tutti coloro che prestano attività lavorativa, è obbligatorio il versamento dei contributi per l’assicurazione per la vecchiaia, l’invalidità e la reversibilità presso gli Istituti Previdenziali: l’INPDAP per i dipendenti pubblici, e l’INPS per dipendenti privati, gli autonomi e i parasubordinati. Per effetto della contribuzione accreditata, ad ogni lavoratore spettano, in presenza di determinati requisiti, delle prestazioni pensionistiche e non pensionistiche. La Legge Finanziaria n. 388/2000 ha stabilito, nel comma 3 dell’art. 80, che a partire dal 1° gennaio 2002 ai lavoratori sordomuti, nonché agli “invalidi per qualsiasi causa”, ai quali sia stata riconosciuta una invalidità superiore al 74%, è riconosciuto, a loro richiesta, per ogni anno di servizio effettivamente svolto, presso pubbliche amministrazioni, aziende private o cooperative, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa, utile per la determinazione del diritto al pensionamento per vecchiaia o per anzianità. Il beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa e decorre solo ed esclusivamente dalla data di riconoscimento dell’invalidità superiore al 74%. Per godere di questo diritto, i disabili devono presentare apposita domanda. Pertanto, ai disabili che prestano attività lavorativa, sia essa dipendente o autonoma, a tempo pieno o a tempo parziale o parasubordinata, spettano le stesse prestazioni. Le prestazioni pensionistiche sono: • l’assegno ordinario di invalidità; • la pensione anticipata per invalidità; • la pensione di inabilità; • l’assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa; • la pensione di anzianità; • la pensione di vecchiaia; • la pensione ai superstiti; • la pensione supplementare. L’assegno ordinario d’invalidità Definizione: è il trattamento d’invalidità previsto dalla legge n. 222/1984 per tutti i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, e, per una buona parte, nelle forme sostitutive, che, a causa di minorazioni fisiche, abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore ad 1/3 (corrispondente ad un’invalidità superiore al 67 %). E’ riconosciuto per un triennio; può esserne richiesto il rinnovo, subordinato all’accertamento della permanenza dello stato invalidante; dopo due rinnovi diventa definitivo. Requisito minimo richiesto: cinque anni di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa), di cui tre nel quinquennio precedente la domanda (si prescinde dal requisito contributivo se l’invalidità è dovuta ad un evento straordinario connesso all’attività lavorativa, anche se non indennizzato dall’INAIL). 18 L’assegno ordinario d’invalidità è incompatibile: • con l’analoga provvidenza prevista per l’invalidità civile; • dal 1° settembre 1995 (legge 335/1995), anche con la rendita infortunistica liquidata per lo stesso evento invalidante (però è possibile esercitare l’opzione per il trattamento di miglior favore). L’assegno ordinario d’invalidità è compatibile con il prosieguo dell’attività lavorativa ed è cumulabile (Tabella G, art. 1, comma 42, legge n° 335/1995): • interamente, se i redditi annui ricavati dall’attività lavorativa sono inferiori a quattro volte il Trattamento Minimo INPS; • al 75 % se i redditi annui ricavati dall’attività lavorativa superano quattro volte il Trattamento Minimo INPS; • al 50 % se i redditi annui ricavati dall’attività lavorativa superano cinque volte il Trattamento Minimo INPS. L’importo mensile dell’assegno ordinario d’invalidità viene calcolato sulla base della contribuzione versata. Se tale importo non raggiunge il Trattamento Minimo INPS, si può richiedere l’Integrazione al Trattamento Minimo: • se il reddito personale non supera il doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale; • nel caso sia coniugato, se il reddito cumulato non supera il triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale. L’INPS, in qualsiasi momento, può chiamare l’interessato a visita medica di revisione e, in caso di riacquistata capacità lavorativa, revocare la prestazione. Al compimento dell’età pensionabile, l’assegno ordinario d’invalidità, se in godimento, è trasformato in pensione di vecchiaia, nel caso siano maturati i requisiti contributivi per tale prestazione. I periodi di riscossione dell’assegno sono considerati utili per il raggiungimento del diritto alla pensione di vecchiaia, ma non per la sua misura5. Pensione anticipata per invalidità I dipendenti pubblici, iscritti all’INPDAP e alle altre forme esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria, non beneficiano dell’assegno ordinario d’invalidità, ma, in caso d’invalidità dovuta a malattie che presuppongono la dispensa dal servizio, beneficiano: • della pensione anticipata per invalidità; • della pensione privilegiata per causa di servizio, in caso d’incidente sul lavoro, o malattia riconosciuta contratta per causa di servizio o di lavoro, ove non risultino assicurati all’INAIL. 5 se un lavoratore è riconosciuto invalido a 40 anni, e, in quel momento, si trova ad aver versato soltanto 10 anni di contributi, al compimento dell’età pensionabile avrà diritto ad una pensione di vecchiaia, calcolata solo sui 10 anni di contributi versati, e la pensione sarà eventualmente integrata al Trattamento Minimo, se il reddito familiare personale e del coniuge) lo consentono. 19 Requisiti sanitari e contributivi: sono gli stessi dell’Assegno Ordinario d’invalidità (legge n. 335/ 95). Pensione d’inabilità La pensione ordinaria d’inabilità spetta ai lavoratori che, a causa d’infermità, minorazioni o difetto fisico o mentale, si trovano nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere una qualsiasi attività lavorativa. I requisiti sono: • invalidità al 100%; • età compresa tra i diciotto e i sessantacinque anni; • condizione economica è richiesto il non superamento di determinati limiti di reddito ( es. per l’anno 2006 circ. INPS 120/05) • anzianità contributiva identica a quella richiesta per l’assegno ordinario d’invalidità; • cittadinanza, è richiesto che gli interessati abbiano la residenza in Italia e la cittadinanza italiana, ovvero di uno stato appartenente alla UE, ovvero di stato extra UE ma che siano titolari di carta di soggiorno. Si prescinde dal requisito contributivo se l’inabilità è dovuta ad un evento straordinario, connesso ad attività lavorativa, e non si ha diritto alla rendita INAIL (in tal caso viene concessa la pensione privilegiata d’inabilità). La pensione d’inabilità non è cumulabile con la rendita INAIL, liquidata per lo stesso evento, ma solo fino a concorrenza del suo importo, per cui le quote eccedenti vengono pagate. Nel calcolo dell’importo della prestazione concorrono: • l’anzianità contributiva maturata fino alla domanda; • un ulteriore bonus di contribuzione figurativa, che va dalla decorrenza della pensione fino al raggiungimento dell’età pensionabile, per un’anzianità contributiva massima cumulata di 40 anni. La pensione d’inabilità è diversa dalla soppressa pensione d’invalidità, precedente alla Legge n. 222/1984, per requisiti, contribuzione e calcolo. La pensione d’inabilità è incompatibile (pena la revoca della prestazione) con: • i compensi derivanti da attività di lavoro subordinato di qualsiasi natura in Italia e all’estero; • l’iscrizione negli elenchi nominativi degli operai agricoli, dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri) e negli albi professionali; • i trattamenti sostitutivi o integrativi della retribuzione (disoccupazione, mobilità, cassa integrazione guadagni). Decorrenza: dal mese successivo a quello di presentazione della domanda, oppure dal mese successivo a quello di cessazione dell’attività lavorativa, oppure dal mese successivo dalla cancellazione dagli elenchi su menzionati. 20 Assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa E’ una prestazione complementare alla pensione d’inabilità, simile all’indennità d’accompagnamento degli invalidi civili, quindi prevede l’impossibilità alla deambulazione senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o impossibilità a compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua. Il suo importo è uguale all’analoga prestazione erogata dall’INAIL con il quale non è cumulabile. Viene sospesa se si è ricoverati presso istituti a totale carico delle istituzioni pubbliche. E’ una prestazione che non viene mai richiesta, in quanto, in sua vece, si preferisce fare domanda d’indennità d’accompagnamento per gli invalidi civili, perché d’importo maggiore. Pensione ai superstiti (Indiretta di reversibilità una tantum) La pensione indiretta spetta ai familiari superstiti di lavoratore deceduto che ha maturato, alla data del decesso, i requisiti contributivi per una delle prestazioni d’invalidità (5 anni d’anzianità assicurativa, di cui 3 negli ultimi 5 anni) o per la pensione di vecchiaia (15 anni di contribuzione). La pensione indiretta viene calcolata con la contribuzione accreditata fino alla data del decesso e liquidata in percentuale, secondo il grado di parentela, come la pensione di reversibilità. L’indennità una tantum, invece, spetta ai familiari del lavoratore deceduto che non ha maturato uno dei suddetti requisiti contributivi, e viene liquidata, una volta sola, in proporzione alla contribuzione versata. Si prescinde dai requisiti contributivi se il decesso è avvenuto per causa di lavoro. La pensione di reversibilità spetta ai familiari superstiti di pensionato/a deceduto/ a, prendendo a base l’importo della pensione aggiornato alla data del decesso: • 60% al coniuge solo, anche se separato (in misura variabile al divorziato con alimentiSentenza Cassazione sezioni unite n. 159 del 12 gennaio 1998, anche se risposato - Corte Costituzionale n. 419/1999); • 20% per ciascun figlio o equiparato a carico (per un massimo complessivo, compresa la quota del coniuge, del 100%); • 70% per figlio unico minore o inabile (se non c’è il coniuge superstite); • 40% per ciascun figlio, in assenza del coniuge, fino al 100% in caso di 3 o più figli minori o inabili6 • 15% per ciascun genitore a carico (in mancanza del coniuge superstite, dei figli o equiparati) 15% per ciascun fratello, o sorella, a carico (in mancanza del coniuge, figli e genitori). • 6 in assenza di figli, il diritto alla pensione di reversibilità spetta ai nipoti a carico - Sentenza Corte Costituzionale n. 180/1999 21 La quota percentuale spettante al coniuge superstite, può essere ridotta, o aumentata, in presenza o assenza di redditi propri, in quanto è assoggettata alle norme sul cumulo e sulla integrazione al trattamento minimo: tale norma non si applica se tra gli eredi ci sono figli minori, studenti o inabili. La pensione ai superstiti è corrisposta ai figli minori, o inabili, non autosufficienti economicamente. La non cumulabilità tra pensione di reversibilità e rendita INAIL (spettante in caso di decesso per infortunio o malattia professionale - art. 1, comma 43 della legge n. 335/1995- non è più operante dal 1° luglio 2000 (D.L. n. 346/2000, in G.U. 27/11/2000 - Legge Finanziaria n. 388/2000, art. 73, comma 1): la cessazione del divieto di cumulo riguarda anche tutte le pensioni indirette liquida te o da liquidarsi anteriormente a tale data, sempre con decorrenza dal 1° luglio 2000. Link d’interesse sull’ Handicap Ufficio H CGIL NAZIONALE: www.cgil.it/ufficiohandicap/ Dipartimento politiche del lavoro CGIL: www.cgil.it/politiche-lavoro Patronato INCA - CGIL: www.inca.it Ufficio H Auser: www.auser.it/linkutili/linkutili_3.htm Fiadda: http://www.fiadda.it/ Superabile: http://www.superabile.it/ Disabili: http://www.disabili.com/ Handimatica: www.handimatica.it Leggi a portata di mano: www.handylex.org/ Onlus - Unione Italiana ciechi: www.uiciechi.it Handimpresa: www.handimpresa.it Comitato Paralimpico: www.comitatoparalimpico.it Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro: www.anmil.it Fondazione Don Gnocchi: www.dongnocchi.it Ausilioteca: www.ausilioteca.org/ AIES: http://www.aies.it/ B.I.C. Italia (Basket In Carrozzina Italia): http://www.basketincarrozzina.it/ Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili: www.anmic-italia.org/ Ente Nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordomuti: www.ens.it/ 22