Employer Branding

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Employer Branding
Employer Branding
Master
Risorse Umane e Orgnizzazione
XIX edizione
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nei
stu
d.i
Salvatore Di Iulio, Maria Carmela Florio, Rocco
Fontana, Silvia Gregorio, Vincenzo Sabato
2013-2014
“People work for money, but they work even more for getting meaning out of their lives.
In fact, they work to have fun. Companies that ignore this fact are essentially bribing their employees
and will pay the price in lack of loyalty and commitment”
Jeffrey Pfeffer
Professor of Organizational Behaviour
Stanford Business School
INDICE
1. Employer branding, questo sconosciuto
1
1.1 Attraction e retention attraverso le generazioni
2
1.2 Talenti: pronti alla guerra
3
1.3 Parole d’ordine: sinergia & coerenza
4
1.4 Un piano d’azione
5
1.5 Employee Value Proposition
6
2. Modelli di Employer Branding
8
2.1 Il modello di Talent Magnet™
8
2.2 Il modello di Backhaus e Tikoo
9
2.3 Il modello di Brett Minchington e Ryan Estis
10
2.4 Il modello di E. Amendola: Employer Brand Global Framework©
11
3. Monitoraggio e misurazione
13
3.1 ROI (Return On Investement)
13
3.2 Talent Brand Index
14
3.3 BCI Index ©
15
3.4 Web page carrier
15
3.5 Web 2.0
15
4. Trend ed Evoluzioni
17
4.1 Point Of Difference: Fattori tangibili e intangibili
17
4.2 Frontiere comunicative: l'esplosione mobile web
17
4.3 Marketing esperienziale e Employer Branding
18
4.4 Employer Branding oltre il ROI: l'importanza della EVP sul lungo periodo
19
4.5 Leader della trasformazione: ruolo strategico delle HR
20
5. Great place to work: esempi di best practises
22
5.1 Il caso Ferrero
23
5.2 Il caso Loccioni
25
5.3 General Electric Company
27
5.4 The New Traditionalists
28
“The War for Talent is over, and the Talent won”
30
Sintesi
31
Bibliografia
32
Sitografia
33
1. Employer branding, questo sconosciuto
L’attuale mercato del lavoro, congestionato e compresso da spinte diversificate, spesso
diametralmente opposte nei contenuti e negli intenti, richiede mai come prima un grande supporto
e intervento del settore Human Resources di qualsiasi Azienda.
I professionisti del settore sono chiamati ad approcciarsi con l’esigenza di personale altamente
qualificato e di talento, ma d’altra parte le disponibilità in termini di retribuzione offerta e prospettive
di contratti a lungo termine spesso sono troppo distanti dalle aspettative e desideri di chi,
potenzialmente, potrebbe essere il candidato giusto per l’Azienda in questione, o ancora di chi già
presta la propria opera, ma non per questo si sente più soddisfatto e facente parte
dell’Organizzazione in senso stretto. È dunque logico e consequenziale pensare e sperare che le
Organizzazioni pongano le risorse umane (in senso lato, non strettamente legato all’ufficio HR) al
primo posto.
In questo contesto, il concetto di Employer Branding (da qui EB, n.d.r.) prende forma secondo
schemi e modelli che inevitabilmente dovranno confrontarsi con le esigenze organizzative e
funzionali dell’Organizzazione in questione.
Come punto di partenza, può essere sicuramente importante fornire un accenno di quella che è
stata l’origine e la storia dell’EB, in modo tale da avere un background di riferimento utile per
meglio comprenderne le evoluzioni presenti e future.
Si pensi a quanto, specie dalla seconda metà degli anni ’80, il concetto di ‘tempo’ in azienda sia
diverso: le lavorazioni sono molto più rapide, complice primario lo sviluppo frenetico delle
tecnologie, che hanno inevitabilmente ridotto la necessità di manodopera poco specializzata. Si
aggiunga poi il dato che vede un calo netto della natalità tra il 1966 e il 1977: la ‘Generazione X’,
ovvero le persone nate in questo arco temporale, non è stata quantitativamente sufficiente a
ricoprire le necessità di risorse con professionalità specifiche, in parte anche per via dell’impatto
sul sistema formativo, il quale ha visto un crollo delle iscrizioni all’Università. Questo fenomeno
demografico ha avuto come diretta conseguenza un altro fenomeno, questa volta di taglio
sociologico: la workforce shortage (carenza di forza lavoro) si è fatta sentire a cominciare dalla fine
degli anni ’80, quando appunto l’esigenza di talenti iniziava ad essere sempre più primaria. Fu poi
a partire dagli Anni ’90 che l’EB iniziò ad essere teorizzato, e i primi modelli strategici iniziarono a
farsi strada tra le politiche organizzative delle Aziende più all’avanguardia in termini di innovazione
nel settore HR.
La necessità che ne deriva è quella di attrarre (attraction), impiegare e mantenere (retention)
risorse ad elevata competenza, di talento appunto, che sappiano fornire all’Organizzazione quel
valore aggiunto tale da permettere all’Azienda di essere competitiva e ottenere successo.
A queste considerazioni appare utile aggiungere un ulteriore dato, questa volta facendo riferimento
in particolare al panorama italiano. E’ ormai conoscenza diffusa il fatto che in Italia il numero di
1
persone anziane sia in continuo aumento, con tutta una serie di conseguenze sul sistema
pensionistico, sanitario ed economico: da uno studio di Mckinsey del 2005, emerge come in Italia
l’aumento del numero di anziani sia decisamente più consistente rispetto ad altri Paesi dell’area
Europa. Gli ultrasessantacinquenni sono aumentati del 55% tra il 1986 e il 2003, e questo trend
non accenna a modificarsi. In effetti già nel 1998 fu lo stesso Mckinsey, nel suo ormai celeberrimo
lavoro “The war of talent”, a riscontrare come già all’epoca si notasse la carenza di Dirigenti di
talento: si prospettava allora il 2015 come momento di massima criticità. L’argomento risulta
dunque di grande attualità oggi.
Da questi dati si può dedurre come il precedente e largamente diffuso metodo e concetto per cui
l’Azienda assume, il lavoratore presta la propria opera silenziosamente e quasi con rassegnazione,
non funziona più. Oggi essere un good, se non best, place to work è fondamentale, e contribuisce
in maniera assolutamente non sottovalutabile a quella che è la credibilità, la forza e l’immagine di
un’Azienda.
Ora, facendo per un momento nostre le parole di Lloyd (2002), possiamo definire l’EB come “the
sum of a company’s efforts to communicate to existing and prospective staff, that it is a desirable
place to work”. Questa definizione racchiude in sé tutti gli aspetti che l’EB implica: fidelizzazione
del lavoratore all’Organizzazione, attrattività per i potenziali lavoratori, affinché considerino
l’Azienda un luogo di lavoro desiderabile e ammirevole. Sono dunque tre le dimensioni cui una
strategia di EB dovrà fare capo: comunicazione dell’identità e cultura aziendali, marketing interno e
considerazione dell’Azienda dall’esterno.
1.1 Attraction e retention attraverso le generazioni
Tenendo ben presente le premesse fino ad ora elencate, si ritiene utile entrare più nel merito di
quelle che sono due tematiche fondamentali nel processo di EB: attraction e retention.
Si è detto in precedenza come l’EB abbia come dimensioni principali l’attrazione di nuovi talenti
esterni all’Organizzazione (attraction, appunto), e la conservazione di questi ultimi, affinché i
lavoratori siano fedeli e fidelizzati all’Azienda in questione (retention). Ora, tenendo in grande
considerazione lo stretto legame che inevitabilmente si prospetta tra le strategie di EB e il
marketing, e che si vedrà più avanti nel dettaglio, risulta interessante a questo punto aggiungere
una ulteriore considerazione sulla differenziazione dei potenziali lavoratori da attrarre, per
comprendere quali possano essere le criticità con le quali i professionisti HR si scontrano.
Esattamente come accade per una strategia di marketing, per la quale il necessario punto di
partenza è comprendere il pubblico (target) di riferimento, così accade per la pianificazione di una
strategia di EB: i potenziali talenti esterni all’Azienda sono, statisticamente, le persone nate tra gli
anni ’50 e i primi anni ’80, con le dovute differenziazioni interne. La generazione post seconda
guerra mondiale, la baby boom generation, porta ad oggi risorse con elevata esperienza, spesso
maturata presso la stessa Azienda; esiste poi la ‘Generazione X’, cui si è fatto riferimento in
2
precedenza, numericamente inferiore alla precedente, nella quale si trovano persone mediamente
più propense al cambiamento; infine, è ancora possibile ricordare la ‘Generazione Y’, vale a dire
tutti quei lavoratori nati tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 (convenzionalmente tra 1978 e
1983), in media conoscitori delle tecnologie e disposti ad una maggiore elasticità.
Questa è solo una delle possibili differenziazioni da tenere in considerazione nel momento in cui
un’Organizzazione decida di applicare strategie di attraction o di retention, affinché si valutino le
migliori tecniche operative utili a raggiungere il risultato prefissato.
A questa prima differenziazione è possibile aggiungerne almeno un’altra, vale a dire quella che
vede il focus sulla propensione o meno dei talenti a cercare una nuova posizione lavorativa, o a
valutare un cambiamento. Statisticamente, e secondo la classificazione di Lou Adler1, è possibile
considerare la passività dei lavoratori nei confronti della ricerca di un nuovo impiego. La passività è
data dalla ricerca attiva di una nuova attività: più un lavoratore sarà soddisfatto del proprio
impiego, meno ne cercherà uno alternativo, e più il suo tasso di passività sarà alto. Chiaramente, i
candidati passivi saranno quelli più difficilmente rintracciabili, ed è a questo punto che le strategie
di attraction di un’Organizzazione saranno fondamentali per raggiungere il risultato prefissato;
d’altra parte, se in Azienda le politiche di retention risultano efficaci, il tasso di passività dei
collaboratori sarà più elevato, scoraggiando la fuga dei talenti.
1.2 Talenti: pronti alla guerra
Ad oggi le Aziende si trovano spesso in enorme difficoltà nel reperire il candidato gusto per la
posizione vacante in questione. Si ricerca il talento, quella risorsa così scarsa, e inevitabilmente
così preziosa, che rappresenta, in potenza, un concentrato di abilità e caratteristiche ben più
importanti di un altisonante titolo accademico. E’ proprio su queste risorse che la ‘guerra’ tra
Aziende ha inizio, al fine di accaparrarsi e riuscire a mantenere, con un efficace progetto di EB,
quelle risorse che contribuiranno, in larga parte, al successo.
E’ molta la letteratura che fa riferimento alla ‘guerra dei talenti’ come ispirazione che le Aziende
dovrebbero cogliere per occuparsi concretamente di EB, e dedicare buona parte dell’attività delle
Risorse Umane allo sviluppo e alla messa in atto di quelle strategie che non possono più essere
meramente teoriche. Ad oggi, non è ancora stata raggiunta una unicità metodologica che possa
essere condivisa da ogni Organizzazione: gli studi sono in continuo sviluppo ed evoluzione, e sono
anche molte le fonti autorevoli che si sono occupate della questione, fornendo diversi modelli di
riferimento. Nei prossimi capitoli verranno infatti analizzati i principali riferimenti in termini di
strategie operative, utili per comprendere in chiave pratica l’applicazione dei concetti fino ad ora
esposti. Resta fermo il concetto per cui ogni Organizzazione ha poi il compito di rivedere i modelli
di riferimento più adatti alla propria situazione ed esigenze, per poi tarare al meglio il progetto
strategico. Ad ogni modo, la ‘guerra dei talenti’ incontra e ha incontrato, come si accennava in
1
Lou Adler, 2005
3
precedenza, diverse criticità: attraction e retention sono continuamente messe alla prova dalle
resistenze che i candidati avanzano in termini di disponibilità al cambiamento e fedeltà all’Azienda.
Più avanti nella trattazione si vedrà come si evolveranno queste tendenze in uno scenario futuro, e
quali saranno le risposte che le Aziende si presteranno ad offrire in termini strategici.
1.3 Parole d’ordine: sinergia & coerenza
Abbiamo fino ad ora trattato della nascita dell’esigenza di avere delle strategie di EB, delle
motivazioni storiche alla base di questa esigenza, e del fatto che, ad oggi, è in atto una lotta tra
Aziende per trovare e attrarre i migliori talenti presenti sul mercato del lavoro, al fine di ottimizzare i
risultati della propria Organizzazione.
Ma dal punto di vista pratico, come si agisce per attuare fattivamente una strategia di EB?
Sebbene a questo aspetto sarà riservato il dovuto spazio più avanti nella trattazione, si ritiene
comunque doveroso dare qui delle linee guida utili a comprendere le ragioni profonde dietro alle
scelte aziendali.
Si è detto in precedenza che l’EB prevede sostanzialmente due aree di azione: la fidelizzazione
del lavoratore nei confronti dell’Organizzazione presso la quale presta la propria opera, e la
costruzione di un’immagine e una reputazione accattivante e attrattiva per quei talenti esterni, non
ancora lavoratori effettivi, di cui l’Organizzazione potrebbe avere necessità a breve o lungo temine.
Puntualizzato ciò, non può passare inosservata l’impronta di strategia di marketing che l’EB reca
con sé. In effetti, si può affermare che l’EB è una strategia di marketing applicata alle Risorse
Umane. A questo proposito, affinché una strategia di EB sia effettivamente efficace e di successo,
è necessario che all’interno di una medesima Organizzazione le funzioni di Marketing,
Comunicazione e Risorse Umane collaborino in sinergia costante.
La funzione Marketing saprà fornire alle Risorse Umane quel supporto tecnico che, insieme al
know how chiaramente compito dell’HR, darà modo al progetto di EB di essere efficace ed
efficiente. La comunicazione è ciò che lega questi due rami dell’Organizzazione, e che deve
controllare e vigilare affinché la comunicazione interna ed esterna all’Azienda siano coerenti.
Si pensi a cosa accadrebbe se, ragionando per assurdo, la comunicazione interna seguisse una
linea e dei messaggi chiave da trasmettere non coerenti con l’immagine esterna che circola sul
mercato, e di cui è in gran parte responsabile il Marketing. Indubbiamente, l’immagine aziendale
esterna ne risentirebbe, e i lavoratori percepirebbero di lavorare in un ambiente non lineare nelle
proprie intenzioni e visione. Questa mancata coerenza porterebbe a delle criticità non
sottovalutabili.
Resta comunque interessante sottolineare come, a poco a poco, le teorie di EB stiano prendendo
sempre più piede in Azienda, e di come la sinergia tra reparti diversi dell’Organizzazione dimostri
la diffusione della cultura dell’EB.
4
1.4 Un piano d’azione
Fino ad ora si è però fatto riferimento solo a ciò che le aziende possono, o dovrebbero mettere in
pratica, affinché una strategia di EB sia efficace e porti con sé i risultati di efficacia sperati. Non va
però dimenticato che i lavoratori già effettivamente
effettivamente impiegati in Azienda sono una delle parti
coinvolte in causa direttamente, e che il loro supporto e apporto non può che essere
indispensabile. I suggerimenti, le segnalazioni, la percezione che i lavoratori riportano, rimangono
delle fonti primarie di informazioni
nformazioni per il lavoro di sinergia che Risorse Umane, Marketing e
Comunicazione devono affrontare per la propria strategia di EB.
Ora, come si è detto in precedenza, l’EB ha una forte componente di marketing,, che si ritrova nelle
fasi che, in linea generale,
rale, rendono l’azione di EB completa ed efficace.
A questo proposito, può essere utile considerare l’EB
come un processo circolare, che preveda una decisione
iniziale precisa e misurata di quello che è il target di
riferimento (come accennato in preceden
precedenza), per poi
passare ad una scelta di quella che è la posizione e i
valori che si vogliono trasmettere; fondamentale poi è la
scelta
del
come
comunicare
internamente
ed
esternamente i propri contenuti, per poi infine analizzare i
risultati e gli eventuali cambiamenti da apportare.
Figura 1 E. Amendola, L'employer Branding
Process, in Padula A., Marketing Interno
Interno,
Hoepli 2007
Il grafico qui riportato rende molto chiaro il concetto di
processo circolare con cui una strategia di EB prende
vita.
La strategia risulta vincente se ciascuna delle fasi viene affrontata con metodo e successivamente
verificata: senza un’analisi dei risultati ottenuti sarà difficile fare previsioni per i futuri interventi.
Inoltre, un progetto di EB ben strut
strutturato
turato porta ad avere dei vantaggi a moltissimi livelli:
ottimizzazione dei tempi, migliore gestione delle candidature, maggior semplicità nel comprendere
le necessità organizzative dell’Azienda.
Inoltre, non è da dimenticare che una strategia efficace di EB non può che portare benefici al
Product Brand in quanto, come più volte ribadito, immagine aziendale esterna e interna esigono
coerenza.
A questo punto, può dunque essere utile una breve panoramica di quelli che sono effettivamente
gli aspetti pratici che l’EB considera. Sicuramente l’aspetto del salario e dei benefit sono tra i più
rilevanti: soprattutto per determinate categorie di lavoratori, che a questo punto potremmo definire
‘passivi’, il salario e le prospettive di carriera, i benefit previsti, sono ciò su cui l’Azienda interessata
spinge per attirare i talenti esterni. Insieme a questo aspetto più prettamente pratico, sicuramente
è da considerare anche il contesto di lavoro, affinché sia il più rilassato e stimolante possibile, e
che consenta un equilibrio tra le esigenze della vita lavorativa e quella personale (work/life
(
5
balance). Esiste poi la dimensione dell’immagine dell’Azienda, composta dalla cultura aziendale, le
sue visioni, obiettivi e atteggiamenti, e quel particolare aspetto che è il product brand, legato a
come l’organizzazione cura, innova e rende prestigioso il proprio prodotto. Da questo punto di
vista, come per i prodotti di un’azienda esiste una precisa Value Proposition, si può parlare anche
per una proposta lavorativa di “valore” della posizione, che include l’insieme dei fattori sopracitati.
Questa banalmente prende il nome di Employee Value Proposition.
1.5 Employee Value Proposition
Brett Minchington2, la voce più autorevole in tema di EB, definisce la Employee Value Proposition
(EVP) come l'insieme delle associazioni e benefici forniti da un'azienda in cambio delle skills,
capabilities ed esperienze che un impiegato apporta, mentre Tandehill
3
rafforza questa
affermazione spiegando il perché l'esperienza lavorativa in un'azienda sia complessivamente
superiore rispetto ai competitors. L'EVP dovrebbe identificare l'unicità di quei processi, programmi
e policies che dimostrano l'impegno dell'employer nei confronti del lavoratore in termini di crescita,
sviluppo e riconoscimento dei meriti, elencando le ragioni principali in grado di spingere il
dipendente all'impegno verso l'Azienda.
In questo senso, l'EVP influisce sulla percezione, sia interna, sia esterna della Compagnia,
cosicché risulti fondamentale che da parte della funzione HR si attui un processo di allineamento
ed integrazione tra questi due aspetti. Risulta quindi utile, se non necessario, tentare di
formalizzare all'interno di una cornice di riferimento tale EVP: è ciò che la Sibson Consulting4 ha
creato attraverso il modello "Reward of Work" (ROW).
Il modello si basa su cinque elementi: Compensation, ritorno economico in cambio della
prestazione; Benefits, le ricompense indirette del welfare aziendale; Work content, la soddisfazione
del lavoratore nello svolgere
il proprio lavoro; Career, le
opportunità di sviluppo e
crescita;
Affiliation,
il
sentimento di appartenenza
nei confronti dell'Azienda.
Una tale formalizzazione ha
un suo ritorno in termini
complessivi di performance,
Figura 2 Classificazione delle aziende con EVP formalizzata. Fonte: Creating a
sustainable Rewards and Talent Management Model, Global Talent Management
and Rewards Study, Tower Watson 2010
dovuta a fattori di maggiore
attrattività, commitment della
2
B. Minchington, Your Employer Brand – attract, engage, retain, Collective Learning Australia, 2006
The Employment Value Proposition, by Tandehill Human Capital. Workspan Magazine 10/06 http://www.tandehill.com/pdfs/TotalRewards.pdf
4
Dal sito http://www.sibson.com/services/organization-and-talent/employee-value-proposition/
3
6
risorsa e risparmi in termini della compensation necessaria ad attrarre nuovi lavoratori, come
risulta dal grafico a fianco.
A questo proposito, esistono diverse opinioni in letteratura in merito a quale componente dell’EB
sia più opportuno sviluppare, in che ordine e con quale priorità. Le decisioni sul come operare nel
singolo caso vanno lasciate all’Organizzazione in sé, alle singole esigenze del momento e ai mezzi
che si hanno a disposizione volta per volta. Resta comunque invariato e stabile il concetto secondo
cui l’EB va visto in ottica di progresso, non solo di tattica.5
Nel prossimo capitolo si vedranno i principali modelli strategici di riferimento cui le Aziende si
rifanno maggiormente, chiarendone gli aspetti caratterizzanti fondamentali.
5
G. Lizzani, G.M. Mussino, M. Bonaiuto, L’employer branding tra ricerca e innovazione, FrancoAngeli, pag. 12
7
2. Modelli di Employer Branding
Adottare una strategia di EB offre all’Azienda dei benefici che negli ultimi decenni si sono fatti
sempre più evidenti. Reclutamento e mantenimento dei candidati, coinvolgimento e impegno da
parte dei dipendenti, sarebbero le dimensioni maggiormente potenziate secondo ricerche
effettuate da Hewitt Associates (2000/2001), The Conference Board (2001) e The Economist
(2003). Questi vantaggi non si limitano a migliorare le performance solo dal punto di vista
aziendale, ma anche economico. Quando si pensa a strategie di branding, l’obiettivo primario è
quello di creare valore; l’employer branding, invece, contribuisce a ridurre i costi. Ad un turn over
più basso rispetto alle medie delle aziende del settore, corrisponde infatti un vantaggio competitivo
a disposizione dell’azienda che sviluppa bene la propria immagine di datore di lavoro. Aumentando
la motivazione dei dipendenti diminuirebbero anche i giorni di malattia (ISR, 2003) e si avrebbe un
effetto positivo anche sui clienti, come dimostrato da numerosi studi, uno su tutti, un’autorevole
indagine effettuata dal distributore Sears Roebuck negli USA (1990), nella quale ad un aumento
del 5% della motivazione dei dipendenti corrispondeva un aumento del 1.5% della soddisfazione
dei clienti e un +0.5% del fatturato.
Si rende necessaria, quindi, una comprensione dei modelli di EB che ricerchi la relazione esistente
tra il successo aziendale ed i vari modelli sviluppati.
All’interno dei paragrafi successivi illustreremo i modelli di maggior successo, adattati a diversi
contesti aziendali.
È da tener presente che non esistono modelli validi per tutte le situazioni, ma che i modelli variano
al mutare delle condizioni e del settore in cui l’Azienda opera.
2.1 Il modello di Talent Magnet™
Il modello strategico Talent Magnet™, concepito dalla società di consulenza The Right Group6, ha
il vantaggio di essere flessibile in quanto riesce ad adattarsi ad ogni necessità del cliente.7
Il Talent Magnet™ si compone di cinque fasi, sviluppate secondo un ordine contingente che
prevede un graduale e crescente sviluppo. Si parte da un’analisi della situazione iniziale fino ad
arrivare alla misurazione dei risultati ottenuti, il tutto attraverso un processo progettato e testato in
ogni dettaglio. In tal senso, i migliori talenti verranno attratti da un datore di lavoro che è in grado
di valorizzare le loro capacità individuali e distintive.
6
La società di consulenza The Right Group viene fondata nel 1995: si occupa di offrire brand strategy attraverso dei consigli di gestione
pratica nell’ambito dell’EB.
7
Il grafico è ripreso dal sito: http://www.therightgroup.com.au/our-expertise/employer-branding-and-recruitment-marketing/
8
La prima fase è quella di Audit &
Analisys, nella quale vengono
definiti gli obiettivi e le strategia:
in questo stato di incubazione si
evidenzia
situazione
zione
lo
spread
iniziale
e
tra
la
quella
desiderata.
Con lo sviluppo di una strategia
di Employer Value Position, si
passa alla seconda fase, l’EVP,
che deve essere in linea con la
Figura 3 Il modello di Talent Magnet, The right Group
vision e la mission aziendali, ma
soprattutto deve essere in grado di differenziare il datore di lavoro rispetto ai suoi competitors per
attrarre talenti e riuscire a trattenere i dipendenti con il maggior potenziale.
La fase successiva, Testing & Approval,
Approval prevede
ede di effettuare dei test dell’EVP attraverso le
sezioni aziendali, nonché sviluppare una strategia di comunicazione.
La quarta fase, Allignment & Communcation
Communcation,, consiste in un allineamento del processo di EVP in
tutta l’Organizzazione, per agevolare le pr
pratiche
atiche di assunzione del personale e delle modalità di
gestione dei talenti. Infine, con il Management & Metrics
Metrics,, l’EVP si conclude con una misurazione
dei risultati ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati.
Dal modello si evince che la fase intermedia dell’EVP risulta concentrata sulle condizioni
contrattuali che regolano il rapporto di lavoro. È importante comprendere come il processo debba
essere supportato da più funzioni (HR e Marketing),
), ed i contenuti da comunicare debbano
riguardare le best practices aziendali.
2.2 Il modello di Backhaus e Tikoo
Il modello ideato nel 20048 da K.Backhau, docente di Management presso la New Platz Business
School (NY) e da S.Tikoo, docente di Marketing presso la Monarch Swiss Business School
School, si
basa su due assets imprescindibili: marketing interno e marketing esterno.
Per marketing interno si intende la capacità
dell’Azienda di trattenere i propri dipendenti; per
marketing esterno, invece, la capacità di
attrarre nuovi talenti.
Il modello pone al centro l’associazione che si
crea tra i futuri dipendenti e il brand, la quale
Figura 4 Il modello di Backaus e Tikoo
8
Kristin Backhaus, Surinder Tikoo, (2004) Conceptualizing and researching employer branding
branding,, Career Development International, Vol.
9 Iss: 5, pp.501 - 517
9
permette di mettere in relazione l’Organizzazione e la qualità del lavoro al suo interno: “le
associazioni con la marca sono i pensieri e le idee che il nome di un marchio evoca nella mente di
un consumatore.”
9
Tale associazione, quando in sintonia con i valori dell’Azienda, invoglia i
potenziali dipendenti a preferire un’Organizzazione rispetto ad un’altra.
Il brand, in tal senso,
so, presenta dei vantaggi “funzionali” e “simbolici”, laddove i vantaggi funzionali
sono i termini oggettivi di paragone (ad esempio benefit,, stipendio), mentre i vantaggi simbolici
sono percepiti in maniera differente dai lavoratori e rappresentati dall’attrattività
dall’attrattività di un marchio.
E’ facile comprendere come sussista una forte interdipendenza tra marketing interno ed esterno,
interdipendenza che si traduce in influenza sostanziale.10
2.3 Il modello di Brett Minchington e Ryan Estis
Brett Minchington è la massima autorità al mondo in materia di EB, inoltre è il CEO di Employer
Brand International (EBI) 11 . Egli ha condiviso le migliori intuizioni di EB attraverso il suo libro,
Employer Brand Leadership - A Global Perspective,
Perspective, una risorsa di gestione pra
pratica destinata ai
managers di ogni livello e che comprende quadri, modelli, strumenti, strategie e suggerimenti per
aiutare a definire la strategia di EB.
All’interno dell’opera
opera si sottolinea come le funzioni HR, Marketing e Comunicazione debbano
operare per stimolare il dipendente ad un maggiore impegno, favorendone una migliore
performance e rendimenti aziendali, che si convertono in profitti più alti per gli azionisti.
Il modello di strategia sviluppato da Minchigton e Ryan Estis12 propone di concentrarsi, dunque,
dunq
su
sei aree chiave al fine di garantire lo sviluppo di una strategia di E.B. chiara e di successo13.
Tali aree seguono un processo chiaro
che inizia con il determinare come l’EB
venga percepito all’interno dell’Azienda,
quindi
definendone
gli
obiettivi
e,
conseguentemente, l’uopo del progetto;
in seguito precisando il rapporto tra le
funzioni
HR,
comunicazione
omunicazione
Figura 5 Il modello di Brett Minchington e Ryan Estis
e
marketing
per
permettere
un
approccio multisettoriale alla materia.
Il quarto punto da attuare è la comprensione globale della cultura organizzativa aziendale, ossia
comprendere in che modo viene percepito il marchio, sia all’interno che all’esterno. Sono
So
9
Aaker, David S. (1991), Managing Brand Equity,
Equity San Francisco: Free press
Dal sito http://employerbrandingmarketing.wordpress.com/thesis/
11
EBI si occupa di fornire consulenze, pubblicazioni, eventi e formazione, a tutte le società che ricercano delle strategie di EB: esso è
composto da professionisti aziendali e accademici di tutto il m
mondo.
ondo. EBI presiede dei forum globali di ricerca per contribuire al progresso
della scienza della employer branding.. Nel 2011 ha pubblicato il più grande studio di ricerca indipendente a livello mondiale sull’
Employer Branding.
12
Ryan Estis è un esperto di Business Performance: aiuta le aziende, i dirigenti e venditori a creare un collegamento tra i dipendenti ed
i clienti. Egli è considerato uno dei Top 100 Keynote Speakers in America.
13
Dal sito: http://www.ere.net/2009/05/18/6-steps
steps-to-an-employer-brand-strategy/
10
10
indispensabili, inoltre, un impegno costante e propositivo da parte delle alte sfere dirigenziali (CEO
e Senior Manager)) ed una comunicazione lucida insieme ad un’attenta pianificazione che si
riflettano anche su tutti i gruppi satellite, soprattutto su
sugli ex dipendenti.
In assenza di una programmazione chiaramente definita, la strategia di EB rischia di non produrre
effetti.
È interessante notare come all’interno del modello presentato venga considerato l’intero ciclo di
vita dell’EB, dalla sua nascita alla realizzazione del progetto.
Adottare un approccio strategico al programma significa aumentare le risorse necessarie per
conseguire un vantaggio competitivo.
2.4 Il modello di E. Amendola: Employer Brand Global Framework©
Eugenio Amendola è Managing Director
rector di Anthea Consulting e Director di EBI Italy. E’ inoltre co
cofondatore e chairman dell’International
International EB Summit e del Social Recruiting Forum.
Forum Egli ha seguito
diversi progetti di EB per importanti aziende multinazionali e ha presenziato come speaker a
numerose conferenze; in più, è stato docente in alcuni corsi e Master universitari, ricevendo una
speciale menzione nel libro "Employer
Employer Brand Leadership" scritto da Brett Minchington. Nel Marzo
2012 gli è stato consegnato l'Innovation
Innovation Award da ETLINE e Associati per l'impegno profuso, in
oltre 10 anni, nella ricerca sull'EB e per la sua diffusione in Italia.14
Il modello di Amendola, dunque, si delinea in quattro aree concettuali15, le quali sono collegate tra
di loro in modo non cronologico.
La prima area viene definita
come
Employer
Brand
Experience e descrive come
l’influenza dei fattori tangibili
(contratto, salario, benefit) e dei
fattori
intangibili
aziendale,
determini
(cult
(cultura
organizzazione)
l’esperienza
dei
Figura 6 Il Modello di E. Amendola: Employer Brand Global Framework
lavoratori all’interno dell’azienda. Questi fattori contribuiscono a definire un’
un’Employer
Employer Identity che
trova riscontro nella proposta di lavoro fatta al candidato di maggior interesse.
Si presuppone
e l’esistenza di due marchi distinti, uno che si rivolge ai customers dei beni e/o
servizi, l’altro ai lavoratori dell’azienda. In tal senso, l’importanza del marchio chiarisce i vantaggi
tangibili e intangibili offerti ai talenti.
14
Dal sito: http://www.employerbrandingacademy.it/1/docenti_2455838.html
E. Amendola, Corporate recruiting. Employer
loyer branding e nuove tendenze Ed. Anthea Consulting 2008
15
11
In un’altra posizione troviamo l’Employer Brand Positioning: esso assicura, attraverso il
posizionamento del marchio, la conseguente individuazione di un target di candidati.
Successivamente, l’Employer Brand Action, dove si mostra il ventaglio di attività che possono
essere effettuate per la realizzazione del modello (analisi iniziale, prospettiva, monitoraggio e
sviluppo).
Infine, troviamo l’Employer Brand Benefits, con il quale si individua il risultato finale; se una
strategia di EB è stata condotta con successo è in grado, non solo di richiamare i candidati oggetto
del target, ma comporta anche dei benefici sui costi del processo (minor tempo di reclutamento,
maggior coinvolgimento dei dipendenti nelle dinamiche aziendali).
12
3. Monitoraggio e misurazione
È chiaro che a testimoniare
stimoniare i benefici, e, quindi, il buon esito di un progetto di EB, è necessario
attuare una fase di monitoraggio e, di conseguenza, la misurazione di indicatori di prestazione o di
performance.. Tali indicatori, quantitativi o qualitativi che siano, vann
vanno
o prefissati nella fase di
costruzione del progetto allo scopo di renderli coerenti con gli obiettivi prefissati ed evitare un
inutile spreco di risorse e tempo derivante dall’osservazione di un numero infinito di indicatori. È
inoltre importante considerare
re che esistono sistemi di misurazione a breve termine, come ad
esempio i costi relativi alla pubblicità per il reclutamento o per le inserzioni di lavoro, ma anche
sistemi di misurazione che devono necessariamente essere a lungo termine, come la qualità d
del
candidato, il trattenimento, la motivazione, dimensioni queste, che forniscono un punto di vista più
lungimirante del valore creato dalle strategie di EB.
Nel grafico successivo è riportato un modello costruito da Katherine Buttenberg, indicante le
diverse dimensioni e i relativi indicatori di performance.
Figura 7 Il modello di Katherine Buttenberg
Nei paragrafi successivi verranno presi in considerazione, uno per uno, alcuni degli indicatori tra i
più comuni in letteratura, adattabili a qualsiasi progetto di EB.
3.1 ROI (Return
Return On Investement)
Il ROI (Return On Investment)) è un indicatore di performance utile per misurare l’efficacia di un
dato investimento e per comparare la sua efficacia con quella di altri investimenti. Permette
all’azienda di capire se può permettersi tale investimento, soprattutto nel lungo termine. Per
P
13
calcolare questo indicatore si misura il rapporto tra il ritorno (o beneficio) e il costo
dell’investimento:
Dove:
Vf = guadagno dell’investimento o benefici
Vi = costo dell’investimento
Motivazione e produttività dei dipendenti, employee matching, velocità di assunzione, attrattività
dell’azienda come datore di lavoro, costo medio per dipendente: questi e tanti altri possono essere
misurati come valori utili per calcolare il ROI, laddove i costi possono essere: sviluppo di strategie
rivolte ai talenti, attività di reclutamento, sviluppo di materiale pubblicitario, attività di
comunicazione, etc.
Per concludere, è importante sottolineare uno dei grossi limiti di questo indicatore.
indicatore. Nel campo
dell’EB ci sono molte sinergie con altre attività all’interno dell’organizzazione per cui risulterà
difficile isolare le cause ed effetto di ogni singolo fattore e ottenere un ROI asettico, specifico del
progetto di EB applicato.
3.2 Talent Brand Index
Il Talent Brand Index è un innovativo indicatore di performance proposto dal social network
LinkedIn,, molto utile alle aziende che intendono migliorare i risultati attesi dalle campagne di
acquisizione dei nuovi talenti. Le spese di assunzi
assunzione
one sono molto consistenti, specie nel caso dei
senior manager,, per questa ragione è fondamentale avere uno strumento che permetta di misurare
quanto un datore di lavoro è attrattivo per lo specifico bacino di talenti a cui è interessato. LinkedIn
offre la possibilità di analizzare miliardi di interazioni tra le centinaia di milioni di utenti di cui
dispone.
Il Talent Brand Index è definito dal rapporto tra:
●
Talent Brand Engagement:: rappresenta il numero di iscritti che proattivamente si sono
interessati al marchio seguendo la pagina dell’azienda, facendo ricerche a riguardo,
visualizzando le inserzioni e inviando la candidatura
●
Talent Brand Reach:: indica il numero di iscritti che sono familiari con il datore di lavoro.
Corrisponde al bacino di talenti che è possibile influenzare. È misurabile attraverso le visite
dei profili dei dipendenti e le loro connessioni.
Più alto sarà questo punteggio, maggiori saranno le possibilità di ricoprire posizioni con candidati
di talento. Il vantaggio del Talent Brand Index consiste nell’ essere estratto per posizione
aziendale, per area geografica o per confronto con altre realtà aziendali a seconda dell’esigenza.
14
3.3 BCI Index ©
L’indicatore di performance BCI Index © (Brand Communication Interactive Index) permette di
osservare in che misura l’interazione tra Corporate Branding ed EB eserciti un effetto in termini di
posizionamento del brand sul mercato di interesse anche in confronto agli altri marchi. L’indicatore
esprime anche l’interazione tra Brand Awareness e EB. Da queste due interazioni si ricavano dei
grafici che attraverso il posizionamento dell’azienda permettono di capire progetti specifici per le
esigenze della stessa.
3.4 Web page carrier
Ormai tutte le aziende posseggono un sito internet all’interno del quale è allestita la cosiddetta
“Web page carrier”. Queste pagine sono una miniera di dati e permettono di ampliare
notevolmente il bacino di possibili candidati. Non meno degli altri, l’utilizzo di questo strumento va
monitorato attraverso l’utilizzo di specifici indicatori:
1) Tasso a rimbalzo: percentuale di visitatori della pagina che la abbandonano
immediatamente senza cliccare altrove.
2) Pagina di ingresso: la prima pagina del sito visitata da un visitatore. Permette di capire
cosa prendere in considerazione per migliorare i risultati.
3) Successione di click: analisi sofisticata di come i visitatori si muovono nel sito.
4) Tasso di conversione: rapporto tra visitatori unici del sito e candidature ricevute attraverso il
sito.
5) Tasso di abbandono: percentuale di soggetti che abbandonano il sito prima di completare
la candidatura.
6) Visitatori: permette di focalizzarsi su coloro i quali entrano più volte nel sito
Conoscere come variano questi dati permette di includere efficacemente il web nel proprio
progetto di EB.
3.5 Web 2.0
In quest’ultimo paragrafo si vuole ribadire l’utilità della rete come fonte inesauribile di feedback
attraverso i quali un’azienda può modulare le proprie strategie di EB, in particolare focalizzando la
lente sulla caratteristica peculiare del Web 2.0, la sua interattività, quindi la sua intrinseca dote di
essere il luogo perfetto per creare comunità.
Nel grafico seguente è riportato uno schema concettuale in cui è possibile osservare la relazione
tra i social network con i criteri di attrattività e l’EB.
Come si vede dal grafico, i social network propriamente detti (Twitter, Facebook, etc) permettono
di creare consapevolezza e di pubblicizzare
aprendo la strada verso social più di stampo
lavorativo come LinkedIn, nei quali è possibile comunicare con chi già lavora per il marchio, che a
sua volta diventa promotore dello stesso, raccontando esperienze positive, l’ambiente di lavoro, le
15
best practices aziendali e last but not le
least l’Employer Value Proposition,, ossia la proposta di
lavoro, anche dal punto di vista contrattuale, compresi benefits e vantaggi tangibili e intangibili
Figura 8 Relazione tra Social Network ed Employer Branding
16
4. Trend ed Evoluzioni
4.1 Point Of Difference: Fattori tangibili e intangibili
Nella costruzione della propria immagine come datore di lavoro è facile credere che i benefits
tangibili, i cosiddetti perks, costituiscano l'elemento più rilevante nella scelta da parte del lavoratore
nel valutare una proposta di lavoro.
La realtà è che, mentre la corsa a questo tipo di gratifiche è perseguita da certe aziende fino a
livelli difficilmente raggiungibili da altri – si pensi a Google o a Facebook tra tutti – l'aspetto di
work/life balance non risulta per questo necessariamente bilanciato16 e, anzi, spesso lavorare in
questo tipo di aziende high-tech significa sottostare a un flusso di lavoro ininterrotto in cui non tutti
si sentono a loro agio.
Ciò non vuol dire che questi fattori non comportino un enorme valore di attraction e, almeno nel
primo periodo, di retention, ma non sono di per sé sufficienti: è importante comprende che,
nell'ottica di un EB orientato al Talent Management, l'aspetto motivazionale per un lavoratore non
è tanto o solamente quello dettato dalla sicurezza economica o dal comfort offerto dal posto di
lavoro.
Se osserviamo le analisi condotte sulla job satisfaction condotta da Kelly Services nel 2013 infatti,
solo l'11% si dichiara disponibile a cambiare lavoro per una migliore retribuzione, mentre è doppia
la percentuale di coloro che lo farebbero per potenziare le proprie competenze o per ottenere un
avanzamento di carriera. Ciò ben si collega alle principali cause di insoddisfazione nei confronti del
proprio posto di lavoro, che annovera tra le principali motivazioni la delusione delle aspettative
(19%), e lavoro poco stimolante (13%).
Invece, per quanto riguarda la ricerca attiva di lavoro, brand (53%) e cultura aziendale (51%)
rappresentano i maggiori fattori di influenza dopo l'elemento geografico (54%). Essenziale risulta,
quindi, investire sugli aspetti intangibili che caratterizzano il luogo di lavoro, promuovendo un
ambiente collaborativo in cui siano presenti pratiche e mezzi in grado di valorizzare e sviluppare le
capacità degli impiegati.
In questo, l'aspetto comunicativo costituisce uno strumento essenziale per il diffondersi di una
cultura aziendale all'interno e riuscire a promuovere all'esterno questo ambiente per mezzo della
strategia EB.
4.2 Frontiere comunicative: l'esplosione mobile web
Affermare che “Il futuro è social” è un refrain ormai scontato e ovvio: Facebook ha superato il
miliardo di utenti, Twitter e GooglePlus ne contano circa 500 milioni mentre LinkedIn conta ormai
più di 250 milioni di profili17.
16
17
M. Checketts, Why perks don't result in employee engagement, http://www.decision-wise.com/, 2013.
I valori riportati sono presi dal sito www.statista.net e fanno riferimento ai dati forniti al sito direttamente dalle compagnie di riferimento.
17
Accanto a questi sono nate, negli ultimi tre anni, altre nuove realtà social: è il caso di Istagram (100
milioni di utenti) e Pinterest (48 milioni) che si concentrano sulla condivisione di immagini, per non
parlare di communities come TripAdvisor e 4square.
Dal 2010 ad oggi, in pratica, le reti sociali hanno subito un'esplosione demografica senza
precedenti e hanno trasformato radicalmente le nostre abitudini. Il social è il presente ed è
presente nelle nostre vite sopratutto per via della crescente connettività portata dalla diffusione di
smartphone e tablet.
Questo infatti si rivela il dato di maggior rilevanza: il 17% del traffico web nel 2013 è stato generato
da dispositivi mobile, un trend in crescita che comporta già ora una trasformazione delle modalità
d'accesso ai contenuti multimediali e che merita una particolare attenzione soprattutto per chi si
occupa di EB e di recruiting.
Il processo comunicativo si trasformata una dimensione unidirezionale in cui è l'employer a dirigere
la comunicazione nei confronti dei candidati – attraverso annunci, bacheche o anche career page
– ad una omnidirezionale, dove tale posizione privilegiata viene meno.
La facilità di reperire informazioni sull'employer attraverso canali trasversali e che eccedono quelli
messi a disposizione della stessa azienda – come community e social network – ha reso l'EB un
processo molto più delicato che richiede il coinvolgimento dell'azienda nel suo complesso.
La consistenza e la coerenza del brand con l'immagine che l'azienda possiede è fondamentale e
non può che essere ottenuta attraverso processi di collaborazione estesi e non semplicemente
top-down.
Questo ultimo periodo ha impresso un'accelerazione sia alla velocità che al numero di informazioni
scambiate producendo una sorta di immediatezza del contenuto; la comunicazione testuale è
ridotta all'essenza (Twitter), mentre sembra diventare sempre più rilevante una comunicazione più
immediata attraverso l'utilizzo di differenti medium, come avviene con le immagini (Istagram,
Pinterest) o i video (Youtube,Vimeo).
Non è sufficiente comunicare, ma serve comunicare efficacemente. Questo significa anche fare
affidamento a dei contenuti che non trasmettano solo i vantaggi di una posizione lavorativa in una
determinata azienda; in parole povere, bisogna essere in grado di trasmettere l'esperienza che
lavorare per l'azienda produce in chi vi lavora oltre che la descrizione della mansione in sé.
4.3 Marketing esperienziale e Employer Branding
Un nuovo modello di marketing si è sviluppato all'interno di questo modello comunicativo: se i
consumatori (intesi come i destinatari di una comunicazione marketing) sono più informati e hanno
una maggiore consapevolezza nei confronti dei prodotti che gli vengono proposti, il punto focale
diventa allora riuscire a comunicare qualcosa di più delle semplici caratteristiche del prodotto:
l'esperienza che quel prodotto comporta.
18
Per le strategie di EB, questo tipo di comunicazione assume sempre maggiore rilevanza per dare
un carattere unico all'employer: è importante comunicare efficacemente quegli aspetti intangibili
precedentemente detti, trasmettere il complesso di valori ed emozioni vissute all'interno
dell'ambiente lavorativo.
Significa quindi trasmettere contenuti che eccedono la dimensione lavorativa dei ruoli e delle
mansioni svolti nell'azienda, ma di comunicare quell'aspetto di motivazione e di ispirazione
collegati a questa, offrire una narrazione delle “storie” che si sviluppano nel contesto aziendale,
valorizzandone il fattore umano. In questo la nuova diffusione di social network come, ad esempio
Pinterest, favorisce un contesto comunicativo di questo genere, una strada che si è cominciato già
come dimostrano gli esempi di General Electric e The New Traditionalists, che hanno fatto uso
delle bacheche di Pinterest sia per promuovere il loro employer brand (GE) che per promuovere
attivamente la propria attività di recruiting (New Traditionalists).
4.4 Employer Branding oltre il ROI: l'importanza della EVP sul lungo periodo
All'interno del contesto aziendale, fatto di budget e bilanci, spese e profitti, l'indicatore più
comunemente usato è il Return Over Investment (ROI) che, dal conto economico fino al singolo
progetto o prodotto di un'azienda, fornisce un indicatore di performance chiaro e semplice.
Due problemi, già menzionati nella sezione precedente, sorgono nel momento in cui ci si affida a
questa metrica per misurare le pratiche di EB:
1. Che cosa misurare?
Nel corso di questo lavoro è emerso che, nonostante una certa somiglianza tra i modelli,
non è possibile identificare LA strategia, ovvero una tecnica in qualche modo universale da
applicare, senza troppe modifiche, a qualsiasi contesto. Diversi sono in ogni caso gli aspetti
intangibili, in certi casi difficilmente misurabili, di una strategia di branding efficace e solida
che rischiano di non essere valutati dentro un indice quantitativo di questo genere.
2. Breve periodo vs. lungo periodo
Il ROI è un efficace indicatore di performance sul breve periodo ma sul medio o lungo
periodo presenta numerose insidie – sono noti a chi si occupa di contabilità finanziaria sia
le modalità sia numerosi esempi pratici di manipolazione di questo indice. Affidarsi a questo
indicatore come parametro di riferimento del successo di una strategia può quindi risultare,
in combinazione con le criticità del punto precedente, controproducente e non fornire una
fotografia fedele dello stato del processo di EB.
Al di là di quanto già detto in precedenza sugli indici di monitoraggio, è importante che l'aspetto di
ritorno economico, elemento imprescindibile di ogni realtà aziendale, sia messo in relazione con gli
aspetti di coinvolgimento e motivazione dei lavoratori dell'azienda.
19
4.4.1 Oltre il Commitment: l'Engagement
La fedeltà di un dipendente al proprio datore di lavoro non è un aspetto esaustivo degli obiettivi
dell'EB. Non bastano le indagini di clima o i sondaggi d'opinione per avere un quadro chiaro del
rapporto tra i lavoratori e il loro ambiente di lavoro, né si tratta di un puro esercizio comunicativo
cercare di comprendere il livello di engagement dei propri dipendenti: impiegati con alti livelli di
motivazione e coinvolgimento hanno un impatto sensibile sia sul fatturato (tra il 2% e il 4% –
secondo lo studio di Hay Group del 2009) e un tasso di turnover sensibilmente più basso (tra il
40% e il 54%).
L'engagement, la motivazione dei dipendenti a dare di più o a profondere un maggior impegno
rispetto a quello richiesto dallo svolgimento del proprio compito, da come risultato un
miglioramento in termini di performance e di produttività. In esso confluiscono una molteplicità di
aspetti: relazionale, di reward, procedurale, nonché l'attività lavorativa in sé, le opportunità di
sviluppo e di carriera oltre che la qualità della vita (secondo la classificazione proposta da Hewitt
Associated [vedi allegato 1]).
Oltre il mero espediente retorico, fattori quali la disponibilità di opportunità formative (54%),
chiarezza sulle proprie mansioni (47%), autonomia (24%) ed un adeguato riconoscimento (21%)
sono condizioni che impattano positivamente sulla complessiva soddisfazione nei confronti del
proprio lavoro, che in Italia rimane sensibilmente al di sotto dell'area EMEA18 (-4%).
Fornire un'analisi puntuale ed efficace dei fattori di engagement è utile sia nella fase di
individuazione della propria EVP, fornendo un’efficace sintetizzazione dei principali aspetti da
considerare, sia in fase di sviluppo che di comunicazione nei confronti dell'esterno risultando
quindi anche un efficace strumento di verifica per le strategie EB.
4.5 Leader della trasformazione: ruolo strategico delle HR
I trend di EB si intersecano sempre più con trend generali delle HR, per questo è importante
richiamare alcun importanti cambiamenti che investiranno la funzione HR nel prossimo futuro –
secondo le analisi portate avanti dall'Osservatiorio HR Innovation Practice del MIP. La necessità di
includere la funzione nell'insieme delle risorse strategiche dell'azienda andando oltre il ruolo di
semplice supporto amministrativo comporta delle necessarie modifiche, sia nel cosa, sia nel come
dei ruoli e dei compiti assegnati.
4.5.1 Integrazione dei processi
Abbiamo avuto modo di vedere come col tempo nelle aziende, in una prospettiva strategica, l'EB
non sia più appannaggio esclusivo di una singola funzione, ma tragga vantaggio e anzi debba
avvalersi di una pianificazione interfunzionale: HR, Marketing, Comunicazione e DG possono e
18
Acronimo che si riferisce a Europa, Medio Oriente e Africa.
20
devono lavorare insieme per fornire all'Employer Brand un contenuto coerente e solido in grado di
fornire non solo valori di attraction ma anche di retention.
In generale, le indagini condotte dall'Employer Branding Global Research Institute tra il 2009 e il
2011 hanno mostrato già uno spostamento in questa direzione a livello di pianificazione; l’ufficio
Risorse Umane è incaricato dei processi di EB nel 31% dei casi, ma è in sostanziale calo rispetto
alle statistiche precedenti (-19%) mentre sono altrettanto frequenti i casi in cui tali processi sono
coordinati tra due o più dipartimenti (30%). È importante notare anche che è in sostanziale
aumento il coinvolgimento della direzione generale e dei dirigenti (13% e 15% rispettivamente).
L’integrazione di processi è utile, in primo luogo, sia per diffondere con maggiore efficacia i
messaggi e i contenuti all’interno dell’azienda, attraverso un coinvolgimento diretto di differenti
funzioni nei progetti, sia per ridurre la ridondanza dei messaggi o dei flussi di informazioni (sia in
entrata che in uscita). Da questo punto di vista, l’integrazione deve avvenire non solo a livello
procedurale ma anche a livello di trattamento ed elaborazione dei dati.
4.5.2 Business Intelligence & Analytics
In generale, è necessario procedere in direzione del consolidamento delle strutture dati a
disposizione delle aziende sia per quanto riguarda le risorse interne esistenti sia per quanto
riguarda le potenziali acquisizioni.
La creazione di un TRM (Talent Relationship Management), simile al CRM (Customer Relationship
Management) appare un passaggio necessario nella creazione di una ormai necessaria Talent
pool all'interno della quale costruire una connessione privilegiata tra l'azienda e le risorse di
talento, costruendo relazioni di lunga durata con i candidati nella prospettiva di future posizioni
disponibili. Il principio sotteso è che il costo di mantenere queste relazioni è inferiore a quello di
ricominciare di volta in volta il processo.
Il processo di recruiting cambia le sue coordinate di riferimento e non si tratta più, ormai, di
attivarlo solo quando emerge la necessità di riempire eventuali vacancies nell'organigramma,
quanto di instaurare un rapporto costante. Ciò significa anche favorire l'implementazione e
l'integrazione delle basi di dati aziendali con i dati provenienti da differenti canali.
L'utilizzo di differenti canali per l'acquisizione e la diffusione di informazioni, l'orientamento verso
un processo di relazione con le risorse attuali e potenziali talenti di tipo community-oriented
richiede uno sforzo di implementazione al fine di poter effettivamente ottenere un'ottimizzazione
dei processi.
21
5. Great place to work: esempi di best practises
Come fatto riferimento in precedenza, rientrare nella classifica annuale del Great place to work®
rappresenta uno dei traguardi più ambiziosi e soddisfacenti che un’azienda possa raggiungere.
Nato da un’idea di due giornalisti americani, Levering e Moskowitz, il Great Place to Work Institute
è una società di consulenza che deve la propria autorità alla sua storia. E’ il 1981 quando ai due
giornalisti venne proposto da un editore newyorkese di stilare una classifica delle 100 migliori
Aziende in termini di politiche HR. Nonostante la difficoltà del lavoro richiesto, i due iniziarono una
ricerca costante che li portò a scrivere diverse pubblicazioni durante tutti gli anni ’80, fino ad
arrivare al loro più importante lavoro, A great place to Work: what makes some employers so
good- and most so bad, nel 1988. Le ricerche proseguirono fino al 1997 quando, in collaborazione
con Fortune (USA) ed Exame (Brasile), elaborarono la prima classifica delle 100 Best Companies
to Work for. La credibilità e l’autorevolezza dell’Istituto sono cresciute negli anni, portando
all’apertura di numerose sedi in tutto il mondo; nel 2001, venne aperta a Milano la sede italiana, la
quale collabora stabilmente con Il Sole 24 Ore, che pubblica annualmente la classifica delle 100
migliori aziende in Italia. Il Great Place to Work Institute conta ad oggi 47 sedi operative,
collaborazioni con oltre 6000 organizzazioni in tutto il mondo con più di 11 milioni di dipendenti
coinvolti, ed un pubblico di 25 milioni di lettori.
Da quanto affermato dallo stesso Levering, “un ambiente di lavoro eccellente è quello in cui ti fidi
delle persone per cui lavori, sei orgoglioso di ciò che fai e hai un buon rapporto con i colleghi”.
Tenendo presente tale affermazione, i parametri di valutazione in base ai quali un’azienda viene
classificata rispecchiano i principi promossi dai fondatori dell’Istituto, ovvero, fiducia, orgoglio e
buon clima aziendale. In tal senso, i consulenti analizzano le practices aziendali principalmente in
base a due criteri: il Trust Index e il Culture Audit. Il primo si basa su un’attenta analisi di quella
che è la percezione di fiducia dei collaboratori all’interno dell’Organizzazione; vengono evidenziati
così i margini di possibile miglioramento nel caso in cui vengano riscontrate delle criticità, tenendo
come riferimento le best practices dello stesso segmento aziendale. Il secondo criterio, invece, si
basa su un confronto tra la percezione concreta dei lavoratori di ciò che in fase progettuale era
stato previsto come obiettivo finale, in termini di formazione, investimenti, pratiche e programmi
aziendali. Anche in questo caso i consulenti avranno il compito di confrontare la situazione in
esame con le migliori di riferimento, e collaborare al miglioramento delle performances.
Considerando dunque la forte autorità dell’Istituto, si è ritenuto utile fornire in seguito due esempi
italiani di Aziende che si sono distinte per la qualità del loro lavoro. L’azienda Loccioni Group è già
nella classifica del Great Place to Work Institute per l’anno 2014.
Si è poi scelta l’azienda Ferrero S.p.a. per il suo respiro internazionale, la presenza dei suoi
prodotti sul mercato mondiale e le politiche innovative in termini di EB.
22
5.1 Il caso Ferrero
La Ferrero S.p.a. nasce ad Alba nel 1942 per opera di Pietro Ferrero.
Negli anni rimasta fedele ai principi della famiglia, la Mission del gruppo affonda le sue radici in tre
fondamentali proposizioni che possono riassumersi in tre significativi enunciati: “qualità
elevatissima” - “cura artigianale” - “considerazione del cliente”.
Mantenendo costante l’attenzione alla proposition value aziendale (e familiare), la strutturazione
delle HR rispecchia e mette in pratica un certo modello di EB che si basa principalmente sulla
persona in quanto portatrice di valore aggiunto per l’azienda.
Sebbene da sempre riconosciuta come un modello da seguire per quel che riguarda la gestione
del proprio capitale umano, è sotto la guida di Fabio Dioguardi, direttore delle HR dell’azienda dal
2007, che Ferrero riesce ad inquadrare la strada che porta al successo, ovvero il reclutamento di
nuovi talenti in grado di focalizzare e centralizzare il proprio brand all’interno del mercato.
La policy in merito di EB è stata costruita su due leve fondamentali: da una parte, la valorizzazione
degli argomenti e dei principi Ferrero, rivolti all’interno, ai propri dipendenti, e, all’esterno, ai futuri
candidati; dall’altra parte, il potenziamento dell’immagine corporate traguardando il piano d’azione
all’obiettivo di realizzare un luogo eccellente in cui lavorare.
Come ha affermato lo stesso Dioguardi in un’intervista per JobMeeting.it, Ferrero è “un’azienda
leader di mercato che deve assumersi la responsabilità di indicare la strada ed essere un
riferimento per tutte le altre”.
5.1.1 Ferrero Careers: lavorare è questione di click!
Il primo strumento di contatto veloce ed efficace con i lavoratori, potenziali e non, è rappresentato
da Ferrero Careers, la piattaforma 2.0 sulla quale vengono costantemente aggiornate e pubblicate
le offerte di lavoro mirate ai profili ricercati, sia a livello locale, sia a livello internazionale.
Grazie a Ferrero Careers, lavorare in Ferrero è questione di click!
L’invio del proprio C.V. permette agli addetti di ricercare continuamente nuovi talenti, che, una
volta entrati a far par parte dell’azienda, saranno parte di una grande rete formativa attraverso la
quale Ferrero forma ed aggiorna costantemente il proprio personale.
A tal proposito, di focale importanza diventa la Ferrero Corporate University, una scuola per i
Managers e i Professionals di Ferrero che ha lo scopo di far conoscere ed apprendere tutti quegli
strumenti utili per il miglioramento continuo dell’azienda.
5.1.2 Rivolti al potenziale
L’azione di Ferrero verso il “potenziale”, ossia, verso l’esterno e i futuri lavoratori, si è concretizzata
attraverso la realizzazione e la partecipazione a job meeting, career day e testimonianze aziendali
nelle migliori Università italiane con la sponsorizzazione di Master in Marketing Management per Il
23
Sole 24 Ore e Publitalia80 e l’assegnazione di stage certificati per la qualità “ok stage” che sono
diventati il bacino più ampio al quale attingere per le nuove assunzioni.
5.1.3 Ferrero Care
Le strategie di potenziamento delle tematiche HR messe a punto hanno portato ad un grande
investimento da parte dell’azienda per quello che ha preso il nome di Ferrero Care, un piano di
Work Life Balance suddiviso in quattro aree (Work Life Balance - Azienda Trasparente - Sviluppo
Professionale - Ambiente di Lavoro) atto a rendere la vita in azienda il più agevole ed eccellente
possibile. Il programma Ferrero Care è un sistema di attività e iniziative dedicate agli oltre 20.000
dipendenti che ritrovano in azienda il clima più adatto per svolgere al meglio il proprio lavoro.
5.1.4.Cerchiamoli all’Università!
Il motto di Dioguardi, citato nel titolo del seguente paragrafo, riassume qual è stato il progetto che il
direttore delle HR Ferrero ha strutturato sulla base della collaborazione avviata nel 2007 con La
Sapienza di Roma, in modo particolare con Gabriele Lizzani, docente di Employer Branding presso
lo stesso ateneo.
Il lavoro con il mondo universitario ha permesso a Ferrero di dar vita a nuovi progetti, i cosiddetti
Company Project, grazie ai quali gli studenti possono cimentarsi in progetti orientati
all’innovazione in partnership con managers e professionisti dell’azienda.
L’esperienza aziendale si è aperta, così, ad un respiro più ampio che va incontro all’esigenze dei
giovani e dell’azienda, allo stesso tempo, in modo tale da ottenere una forte comunicazione del
brand che renda quest’ultimo desiderabile agli occhi di chi vuol entrare a far parte del mercato.
Basti pensare che, solo nel 2009-2010, il 70% delle assunzioni consta di neolaureati e studenti
Master.
5.1.5 Bollino ok stage
L’adesione, dal 2009, al Bollino ok stage si muove nella stessa direzione delle iniziative sopra
citate; la tutela degli stagisti, ricompensati secondo quanto stabilito, e la trasparenza delle best
practices diventano, così, ulteriori cavalli di battaglia dell’azienda torinese che prevede un rimborso
spese di 1.000 euro per chi risiede a oltre 50 km dalla sede e 750 euro per gli altri, più mensa
aziendale e pc portatile. Negli ultimi anni, la percentuale di assunti al termine dello stage è sempre
stata superiore al 50%.
5.1.6 Ferrero Awards
L’innovazione in campo di EB ha garantito a Ferrero riconoscimenti a più livelli in quelle che sono
le classifiche più accreditate in materia di comunicazione del brand, nazionale ed internazionale.
24
Tra i casi di spicco ricordiamo il primo posto di Ferrero, sia all’Employer Branding Survey Monster
2013, sia al contest The Italy’s most attractive employers (Universum), dove ha strappato il podio a
Google.
E ancora, è il 15 marzo 2012 quando Ferrero si aggiudica il primo posto alla Randstad Awards
risultando l’azienda “made in Italy” più all’avanguardia e quindi più per l’EB a livello internazionale.
5.2 Il caso Loccioni
La Loccioni Group nasce nel 1968 ad Angeli di Rosora dalla volontà di Enrico Loccioni.
L’approccio di una “sartoria tecnologica” in grado di poter apportare significativi miglioramenti nel
campo della misurazione e della produzione di processi industriali si collega strettamente alla
Mission dell’azienda che si fonda su pilastri fondamentali quali l’integrazione d’idee, persone,
tecnologie, insieme ad una coerente trasformazione di dati in valore.
Questi i concetti che accompagnano e strutturano quelle che sono le iniziative che l’azienda
marchigiana da sempre mette in atto per quel che riguarda l’EB.
Uno sguardo più attento a quest’ultime pratiche ci consente di constatare nell’immediato l’impegno
che Loccioni dedica nell’attirare a sé nuovi talenti al fine di migliorare le prestazioni e l’efficienza
dei propri prodotti.
In tal senso, la politica di EB targata Loccioni si costituisce sulla “rete” che l’azienda, negli anni, ha
costruito fin dagli inizi della propria attività; una rete le cui maglie sono rappresentate dai rapporti
intrapresi e consolidati con le imprese e le scuole presenti sul territorio al fine di perseguire un
unico obiettivo: il miglioramento della conoscenza e delle pratiche imprenditoriali.
Il mix derivante da questi valori e principi ha fatto sì che le modalità operative dell’azienda fossero
improntate allo stile dell’Open Company e della Play Factory.
In questo senso, Loccioni, non è un posto di lavoro, ma un posto in cui poter lavorare.
La struttura Open consente il continuo flusso in azienda di clienti, giovani, nuovi talenti, la comunità
scientifica, in vista di un migliore e sempre sviluppo tecnologico.
Una tale apertura permette, così, la creazione di nuovi business e di nuove relazioni con le quali
creare mercati efficaci.
Guardando a queste caratteristiche, l’organizzazione del gruppo si struttura, non in modo
gerarchico, bensì, in modo “orizzontale” di modo tale che il dialogo e la condivisione di pratiche e
saperi diventino i punti cardine del brand.
5.2.1 A scuola con Loccioni!
Da questi presupposti sono nati progetti quali Bluezone, U-net, Crossworlds e Nexus.
Rete aperta alla collaborazione con scuole e università marchigiane, Bluezone è il primo modello
che Loccioni “sfrutta” al fine di preparare e formare gli studenti all’interno del proprio gruppo.
Un’occasione che Bluezone fornisce alla propria rete è quella che permette la frequentazione di
25
Master pre-ingresso, percorsi formativi per diplomati e laureati volti a trasferire informazioni
organizzative sul gruppo, conoscenze sul mercato e sui clienti, sviluppare soft skills necessarie per
ottimizzare l’inserimento lavorativo.
Di simile stampo, U-net si apre al contesto universitario per diventare un progetto di collaborazione
multidisciplinare con le Università ed i centri di ricerca nazionali per sviluppare competenze nel
campo della ricerca scientifica ed applicata.
Dando uno sguardo ai numeri, nel 2012, il Gruppo ha contato 1270 studenti in orientamento, 54
testimonianze aziendali in scuole e Università, 12 tesi di laurea, 8 dottorandi e 7120 ore di
formazione in aula.
Verso gli stessi traguardi è orientato il progetto Business Marketing Lab, nato nel 2006 dalla
collaborazione con la Facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche con lo scopo di
valorizzare il know how scientifico attraverso la realizzazione di project work al fine di concretizzare
la conoscenza universitaria in vista del marketing e del business aziendali.
All’interno di questo laboratorio, riveste un ruolo fondamentale il progetto Grown on Loccioni, nella
sua terza edizione nel 2014. Il progetto formativo prevede tre momenti principali, il primo dedicato
alla formazione, durante il quale gli studenti incontrano responsabili d’impresa e consulenti, i quali
espongono le proprio esperienze reali d’azienda; il secondo momento, durante il quale il project
work permette un’attualizzazione dei concetti appresi, ed infine, il terzo ed ultimo momento di
tutoraggio individuale, dove ogni studente è accompagnato nei primi passi fondamentali verso il
mondo del lavoro.
Inoltre, è la stessa Loccioni a pagare le tasse universitarie di ogni partecipante.
Oltre i confini nazionali troviamo Crossworlds, la rete di ricerca internazionale che, in
collaborazione con ATA - Associazione Tecnica dell’Automobile, è volta a stimolare il trasferimento
tecnologico tra settori differenti.
Infine Nexus, la rete locale plurisettoriale che ha lo scopo di diffondere al meglio le potenzialità che
un lavoro interdisciplinare può attivare sul territorio.
5.2.2 Attirare e Condividere
Ai progetti sopra citati, che di anno in anno incontrano un grande successo sul mercato, nazionale
e non, si aggiungono altre due iniziative che arricchiscono il modo di fare impresa di Loccioni, Leaf
community e Silverzone.
Il primo piano d’azione si concretizza in un progetto di condivisione con altre imprese di altissimo
livello, mentre il secondo consta della collaborazione di figure “senior” con le quali l’azienda ha
lavorato affinché la rete di saperi e di conoscenza del gruppo venga messa a disposizione dei
giovani che intraprendono un cammino lavorativo all’interno dell’impresa.
26
5.2.3 Employer Branding & Territorio
L’innovazione di Loccioni in EB si attualizza anche in due piani volti alla valorizzazione della
propria azienda legata alla valorizzazione del proprio territorio.
Si tratta, nello specifico, del progetto LOV, “Land of Value”, e del progetto Marche Style.
LOV è nato per diventare una vera e propria esperienza della convivialità e della familiarità del
gruppo Loccioni a 360° insieme ad un percorso enogastronomico proprio delle Marche.
Un progetto che è “cura verso l’ospite”, accoglienza ed illustrazione didascalica del modus
operandi aziendale rivolto ai nuovi talenti affinché l’esperienza aziendale si trasformi in momento
unico ed irripetibile.
Nella stessa direzione si muove Marche Style, il progetto Loccioni nato nel 2012 con lo scopo
ultimo di attirare nuovi talenti dotati di capacità scientifiche e tecnologiche maturate già in altre
aziende strutturate. Requisito fondamentale del candidato deve essere un forte spirito di
conciliazione tra la vita lavorativa e quella più “intima” legata alla dimensione territoriale.
Vivere il territorio marchigiano seguendo la tradizione mantenendo un profilo lavorativo volto alla
innovazione e al miglioramento, le basi del progetto, hanno fatto sì che, nel 2012, Marche Style
fosse su trentadue testate, online e offline, in meno di sessanta giorni insieme ad un numero di
1260 candidature pervenute.
5.2.4 Loccioni Awards
Stando così le cose, non è un caso se la Loccioni Group si trova oggi sul podio della classifica
“Great Place to Work” come unica impresa totalmente italiana, sia tra le piccole, sia tra le più
grandi aziende.
Inoltre, è nel 2003 che il Gruppo si vede riconoscere da Confindustria il premio Impresa Cultura, e,
nel 2009 il premio Orientagiovani.
5.3 General Electric Company
Pinterest e la costruzione dell’Employer Brand
La General Electric è una multinazionale statunitense del settore tecnologia e servizi fondata nel
1892: visitando il profilo aziendale su Pinterest – social network nato per la condivisione di foto e
immagini – si può leggere questa descrizione: “#Pinning things that inspire us to build, power,
move and cure the world. Welcome to the official GE Pinterest page!”
Nella pagina di GE sono presenti 24 differenti board, e gli argomenti trattati variano enormemente:
si va dalle grandi macchine agli “archivi” che mostrano immagini prese dal racconto della storia e
dell’eredità di GE, passando per la board del concorso “#GEInspiredME”, interamente dedicata alle
foto dei fans. Questa azienda è un ottimo esempio di come dovrebbero essere organizzati, gestiti e
mostrati i contenuti all’interno di una pagina “brandizzata”, sia a livello di semplice strategia di
branding aziendale sia, soprattutto, in un’ottica di EB.
27
Tra queste tavole, alcune meritano quindi una particolare attenzione:
1
"The Archives": una collezione di immagini che raccontano la storia della nascita dell’azienda,
attraverso le prime pubblicità e le idee, per far capire come le creazioni - spesso futuristiche di GE abbiano cambiato il mondo e la qualità della vita di molte persone. Un modo avvincente
per dire al potenziale candidato che guarda queste immagini “Vieni a bordo, partecipa anche tu
ai nostri successi e aiutaci a migliorare il mondo in cui viviamo!”.
2
“#GEInspiredME”: in questa tavola sono riunite le migliori foto di un concorso indetto da GE al
fine di trovare “the next GE Intagrapher”. Il concorso prevedeva di scattare fotografie col
cellulare e condividerle apponendo l’etichetta “#GEInspiredME”. Le fotografie dovevano
ispirarsi alle quattro aree di innovazione di General Electrics: movimento, costruzione, cure
mediche, energia. Inserire una board come questa significa far leva sul valore della cultura
aziendale e dell’innovazione attraverso canali nuovi, rendendolo più appetibile e riconoscibile
per quelle generazioni, giovani, che, nella proposta di lavoro si aspettano una proposta di
valore, comporti anche una crescita personale e professionale del singolo.
3
“Badass Machines”: è una raccolta delle più incredibili ed enormi macchine costruite da
General Electrics e degli elementi a cui i costruttori di queste meraviglie tecnologiche si
ispirano. Alcune delle didascalie di queste immagini giocano su un tono “da bar”, come se
fossero parte di una conversazione tra amici sulla potenza delle macchine che la fabbrica
costruisce, con un entusiasmo che solo il tono informale può rendere. Questo è un modo di
avvicinarsi agli appassionati come se si parlasse lo stesso linguaggio, informale, crudo e
potente dell’argomento di cui si parla; in questo modo, l'interessato sentirà in queste parole un
invito rivolto proprio a lui. Percepirà chiaramente che l’azienda sta operando una proposta di
valore, e non solo di lavoro, invitandolo a provare ad unirsi ai suoi team di lavoro, qualora
ritenesse di avere lo stesso entusiasmo dell’ingegnere che, fiero del suo lavoro in GE, ne ha
ritratto la maestosità e ha deciso di condividerla con gli altri appassionati.
4
“That’s Genius!”: è una board in cui sono raccolte immagini che riportano frasi e citazioni
brillanti dei più grandi geni del campo. Anche questo è un modo di parlare vicino al target
giovanile che lo avvicina al brand grazie alla condivisione dello stesso codice espressivo. Brevi
frasi, motivanti e pronunciate dai presunti eroi di coloro che dovrebbero rappresentare
l’obiettivo, in termini di personale, dell’azienda.
5.4 The New Traditionalists
Recruiting ai tempi di Pinterest
The New Traditionalists produce mobili di pregio in un laboratorio di New York, ed è un esempio
efficace dell’utilizzo di Pinterest per ricercare nuovi talenti in maniera innovativa e non
convenzionale: tra le varie bacheche dedicate infatti ai prodotti – come “White Linen”,
“Summertime” e “The Devil in the Details” – realizzate attraverso un codice comunicativo informale
28
atto a costruire una narrazione delle ispirazioni che guidano la produzione dell’azienda più che i
prodotti in sé spicca anche la board denominata “HELP WANTED!”: In questa si legge "We are
The New Traditionalists and we are looking to expand our wolfpack! We need a Client Services
Specialist to join us [...]. Traditional postings are boring so we made this board detailing our
desired criteria. Are you the Client Services Superstar that we are seeking? [...]".
La strategia adottata colpisce per originalità e potenza espressiva. E’ operata una costruzione
magistrale dell’employer brand, della figura del datore di lavoro, che attraverso le immagini si
racconta come un giovane talentuoso JFK con grandi piani, come un bambino che non vede l’ora
di crescere, ma anche un adolescente con un bagaglio di sogni e l’entusiasmo di puntare in alto.
Inoltre, le immagini sono fruibili, sono scelte ad arte e rispecchiano vere e proprie ispirazioni (quasi
tutte sono immagini tratte da diversi film), sempre mantenendo un tono amichevole, accomodante,
entusiasta, ma non per questo dimenticando di fornire anche il minimo dettaglio sulla personalità e
le caratteristiche ricercate.
29
“The War for Talent is over, and the Talent won”
Se l'EB viene ad identificare la strategia condotta dalle aziende per affrontare quella che è la
“Guerra dei Talenti” descritta all'inizio di questo lavoro, il 2014 rappresenta, prendendo a prestito le
parole usate da Josh Bersin nelle sue Prediction per l'agenzia Deloitte, la fine di questa guerra e
l'affermarsi di un paradigma di competitività che ha il suo fulcro in questi talenti.
Ci troviamo di fronte ad un progressivo allargamento degli orizzonti in materia, in cui non si tratta
più solamente di riempire i vuoti nell'organigramma attraverso forme di comunicazione
unidirezionali, di stabilire retribuzioni ed eventuali benefits sulla base di un valore attuale della
risorsa. Quello che si richiede alle risorse umane è un impegno costante nel Talent Management
che richiede una prospettiva di lungo periodo, il coordinamento tra differenti funzioni e la capacità
di osservare al quadro generale: in altri termini, la funzione HR va ad inserirsi all'interno della più
generale business strategy dell'azienda.
Da questo punto di vista l’incontro con realtà italiane che hanno da poco cominciato a dotarsi di
progetti del genere per l’acquisizione di talenti, come nel caso di Nice S.p.a. di cui abbiamo
intervistato la responsabile del progetto Nice for Talent in occasione della loro testimonianza in
ISTUD, ci ha fornito un utile confronto e una conferma degli aspetti fin qui elencati, sia in termini di
strategie che di tendenze.
30
Sintesi
Senza entrare qui nel dettaglio delle tattiche attivabili di volta in volta per supportare un piano
strategico di EB, possiamo quantomeno indicare alcuni elementi importanti che rappresentano una
sfida cruciale nella realtà italiana:
1. L'EB non è appannaggio delle sole realtà multinazionali, delle grandi o grandissime
imprese e, anzi, un utilizzo efficace dello stesso è possibile anche, e soprattutto, per le
piccole e medie imprese, le quali costituiscono la parte più rilevante del nostro panorama
industriale (Loccioni costituisce, forse, l'esempio).
2. Il carattere omnidirezionale della comunicazione social e web mette ancora più sotto
scacco la dimensione tradizionale di proprietà19 – basata su potere e controllo – che ancora
governa diverse realtà manageriali italiane. L'impossibilità di controllare la diffusione della
propria immagine rende, di fatto, necessario un approccio profondamente collaborativo e
partecipativo: All'interno dell'azienda per la costruzione di un Employee Value Proposition
(EVP) coerente e all'esterno, attraverso l'interazione costante con il “pubblico” e i differenti
stakeholders al fine di valorizzare.
3. La competizione per l'acquisizione dei talenti si svolge, in una realtà iper-connessa come la
nostra, su scala globale e, con l'emergere di qualche timido indicatore di ripresa
economica, questa competizione non può che aumentare. Da parte di un'azienda risulta
sempre meno un'opzione quella di sviluppare una strategia di EB e allo stesso tempo è
necessario dotarsi di una certa esperienza e professionalità in merito.
4. L'immagine di Best Place to Work è prodotta anche e sopratutto attraverso un'opera di
narrazione condivisa in grado di raccontare efficacemente l'esperienza del vivere in
azienda. Per raggiungere questo obbiettivo, affidarsi a tecnologie di storytelling nuove
rappresenta sicuramente un'opportunità; la diffusione e l'utilizzo dei social media consente
delle opportunità precedentemente sconosciute. Si pensi al fenomeno della viralità dei
contenuti che può produrre risultati inaspettati, come nel caso dello spot di Volvo Trucks:
Epic split, che attraverso un efficace utilizzo di un ambasciatore del brand (Jean-Claud Van
Damme) ha realizzato il maggior numero assoluto di visualizzazioni nel segmento.
19
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31
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