Al "Lirico" l`evento Maurizio Pollini Ritorno dopo quasi mezzo secolo

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Al "Lirico" l`evento Maurizio Pollini Ritorno dopo quasi mezzo secolo
Al "Lirico" l'evento Maurizio Pollini
Ritorno dopo quasi mezzo secolo dal concerto all'Alfieri
di STEFANO LENZA Quarantamila copie in Italia e tra i cento Cd più venduti al mondo. I suoi
Notturni sono qualcosa di più di un successo. Un caso, forse unico. Merito di Chopin ma anche suo.
Maurizio Pollini è riuscito a portare la musica classica nella hit parade. Il concerto di stasera a
Cagliari (Teatro Lirico alle 20,30) ha il sapore di un evento più che di un appuntamento. Milanese,
sessantanove anni, considerato tra i migliori pianisti al mondo, Pollini ritorna a Cagliari dopo 43
anni. Appena ventiduenne, nel 1964 suonò al Teatro Alfieri. «Ricordo l'allora direttore del
Conservatorio, Tito Aprea, che mi fece un trabocchetto chiedendomi a che altezza, rispetto all'Italia
continentale si trovava Cagliari. Io, naturalmente sbagliai in modo clamoroso». Un ritorno non
casuale. «Limito il numero annuale di concerti, una quarantina, non di più e seleziono le città.
L'idea di suonare a Cagliari è una cosa del tutto speciale. Avevo alcuni giorni liberi, prima di una
registrazione e di partire in tournée negli Stati Uniti. Da tempo desideravo fare un concerto in
questo teatro di cui mi avevano parlato molto bene. Mi sono proposto e tutto è stato organizzato in
tempi strettissimi. Così sono qui». In questa parentesi di quasi mezzo secolo, qual è stato il suo
rapporto con la Sardegna? «Sono venuto moltissime volte da turista, soprattutto d'estate perché
adoro il mare che è senz'altro il migliore d'Italia e del mondo. Poi il paesaggio di quest'Isola,
bellissimo». Al lirico proporrà qualcosa di speciale? «Sono opere del mio programma di questo
periodo, che ho eseguito e eseguirò in altre città. Fanno parte del mio repertorio da molti anni e per
ognuna ho un amore particolare. Sia Kreisleriana di Schumann che la sonata opera 106 di
Beethoven sono fra le composizioni grandiose e più significative dei loro autori. A inizio concerto
c'è l'Allegro opera 8 di Schumann che, secondo me, è assolutamente un capolavoro ed è invece
normalmente trascurata e eseguita molto raramente. Dimostra una straordinaria capacità
compositiva del giovanissimo Schumann». Sono due autori che lei suona da sempre. Nel tempo
cosa è cambiato nel suo modo di interpretarli? «Sono rapporti permanenti che si evolvono nel
tempo. C'è la riconferma di un'infinità di elementi ma c'è anche la scoperta costante di qualcosa di
nuovo. In modo particolare, per l'opera 106, non basta una vita intera per conoscerla a fondo».
Ricorda la prima emozione suscitata dalle note? «Arrivo con dei dischi che ascoltai da bambino.
Ricordo che erano delle sinfonie di Beethoven dirette da Toscanini» A che età ha iniziato a studiare
pianoforte? «A sei anni con il maestro Carlo Lonati. Mi portarono da lui e cominciò col darmi i
primi rudimenti». Lei ama molto anche la fisica e la matematica. «Mi ha sempre interessato la fisica
ma non ho fatto studi specifici. Mi affascina la ricerca sui misteri dell'Universo, mi impressiona il
genio di uomini come Einstein». All'impegno artistico unisce quello politico: musicista militante?
«Ritengo che l'esperienza artistica sia così densa di significato da rendere non indispensabile
l'impegno politico in senso stretto. Un artista si esprime compiutamente nelle sue opere anche se,
qualche volta, il messaggio non viene compreso. Penso che per tutti gli uomini l'impegno politico
sia una componente importante della personalità. E un fatto positivo, ad esempio, in un Paese come
il nostro, visto il diffuso scetticismo nei riguardi del mondo politico. Il fenomeno ha sicuramente le
sue ragioni storiche ma provoca uno scollamento tra istituzioni e cittadini a tutto danno della
collettività. Se molta più gente si occupasse dei problemi della società potrebbe indurre i politici ad
affrontare i problemi e a risolverli». Intimamente, vive in modo diverso suonare in un teatro o per
una causa come ha fatto per il referendum sulle modifiche costituzionali? «Nel corso del concerto,
l'esperienza artistica prende assolutamente il sopravvento. Naturalmente, gli elementi
sull'organizzazione contano molto». Il successo dei Notturni la gratifica. «La cosa mi fa molto
piacere visto il fatto che oggi la diffusione della musica classica è molto limitata. Però, vorrei che
tanto consenso non riguardasse soltanto un titolo estremamente popolare. Musica meravigliosa, sia
chiaro. Mi spiace, però, che non accada per altri momenti meno conosciuti del repertorio. Mi
farebbe ancora più piacere se si potesse parlare di un progresso dell'importanza di tutta la musica.
Sarebbe un arricchimento, soprattutto per i giovani che potrebbero frequentare delle opere di grande
qualità e non, come fanno attualmente, esempi di musica leggera che, per la maggior parte dei casi,
sono invece artisticamente insignificanti. La musica dovrebbe far parte del bagaglio culturale di
tutti, come la letteratura o le arti figurative. Non solo quella del passato ma anche quella degli autori
contemporanei». Nella formazione del gusto pesa parecchio anche la televisione. In video molte
belle signorine e poca cultura? «È un errore ragionare solo in termini di audience. Si dovrebbero
fare altre scelte perché la televisione ha un compito importante, ha un'influenza formidabile sulla
società e la sua commercializzazione totale è un elemento fortissimamente negativo» Il problema,
forse, è a monte, nella politica culturale. Prima Berlusconi, ora Prodi: cambierà qualcosa? «Il tema
si inquadra in una situazione generale dell'Italia. Io ho sempre pensato che Berlusconi costituisse
una minaccia per la democrazia e un elemento enormemente negativo per il Paese. Pertanto,
considero un fatto assolutamente positivo l'alternanza e l'esistenza dell'attuale governo. Sappiamo
che il precedente ha tagliato i fondi allo spettacolo mentre il nuovo, sia pure lentamente, sta
cominciando ad aumentare le sovvenzioni e in due o tre anni dovrebbe riportare i finanziamento al
livello precedente i tagli». Oltre che suonare lei ha voluto dirigere: la tastiera le stava stretta? «No.
Il periodo della direzione d'orchestra risale a molti anni fa. È stata un'esperienza limitata nel tempo.
A un certo punto ho smesso perché ho pensato che avrebbe danneggiato il mio impegno principale,
il pianoforte». Ha visto il Festival di Sanremo? «No, grazie a Dio, no. Ascolto altro. Mi piace il
jazz. I suoi esponenti leggendari avevano una vera genialità. Duke Ellington o Louis Armstrong
erano dotati di una fantasia musicale vivissima e ammirevole, a tutta differenza dei personaggi della
musica leggera di oggi che mi sembra di un'elementarità impressionante».
02/04/2007
Il maestro Maurizio Pollini suonerà stasera a Cagliari dopo quasi mezzo secolo dal precedente, e
unico, concerto del 1964. Biglietti esauriti.