l`isis pronto ad attaccare le navi italiane. ecco il
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d’Italia L’ISIS PRONTO AD ATTACCARE LE NAVI ITALIANE. ECCO IL DOCUMENTO ANNO LXIII N.41 Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 WWW.SECOLODITALIA.IT Redazione La denuncia dell’ambasciatore egiziano Nasser Kamel («c’è il rischio che barconi di terroristi arrivino sulle coste italiane») è solo uno dei tanti elementi che delineano il pericolo per il nostro Paese. A rilanciare l’allarme – come si legge su congedatifolgore.com – è in particolare un documento dell’Isis trovato sul web e tradotto dalla Quilliam Foundation, think tank antijihadista inglese. Il documento dell’Isis «La Libia, scrive Abu Ahim al Libim, ha una lunga linea di costa che affaccia sugli Stati crociati del sud Europa, che possono essere raggiunti anche con imbarcazioni rudimentali. L’immigrazione illegale dalle coste libiche è massiccia e secondo molti di questi immigrati è facile passare attraverso le maglie della vigilanza marittima e arrivare nelle città. Se questo fosse anche solo parzialmente sfrut- tato e sviluppato strategicamente, il caos potrebbe essere portato nell’Europa del Sud. E potrebbe anche accadere che si arriverebbe ad una chiusura del traffico marittimo a causa degli attacchi alle navi crociate e alle petroliere». L’ipotesi di attacchi alle navi da crociera è remota, perché, come ricorda l’ad di Msc Crociere «non abbiamo navi che incrociano in quella zona». venerdì 20/2/2015 Ecco quali sono le navi italiane a rischio Più concreta l’ipotesi che possano essere attaccate navi mercatili dirottate dalla Marina militare o dalla Guardia Costiera italiana o maltese o greca per prestare assistenza ai barconi. Non può essere escluso – continua congedati.com – neppure l’attacco a pescherecci oppure a navi dello stesso dispositivo di soccorso. Non a quelle della Marina militare italiana, ben difese, ma a unità civili come la Phoenix I nave di 43 metri gestita dall’ong maltese Moas, creata dall’imprenditrice italiana Regina Catrambone e dal marito Christoper, americano che fino all’11 novembre (ma a primavera pianifica di ripartire) ha prestato assistenza a migliaia di migranti nel canale di Sicilia. E che era assolutamente disarmata. Egitto, raid delle forze di terra contro l’Isis: uccisi 155 tagliatori di teste Redazione Dopo aver messo in guardia l’Italia sul rischio di infiltrazioni terroristiche attraverso gli sbarchi di migranti sulle nostre coste, l’Egitto compie la sua prima azione sul terreno, impiegando forze speciali della task force 777 e 999, partite in elicottero da Marsa Matrouh, dove hanno una delle basi di addestramento. Dopo i raid aerei di lunedì e martedì, le forze egiziane hanno compiuto dunque anche un‘incursione via terra e secondo alcune fonti avrebbero «ucciso 155 combattenti dell’Isis» e ne avrebbero «catturati altri 55». Intanto all’Onu il governo egiziano insiste affinché venga quantomeno revocato l‘embargo sulle armi per il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, cioè quello costretto ad operare da Tobruk poiché a Tripoli la fa da padrone un governo «pa- scopo di non permettere loro una risposta all’azione di terra». rallelo» formato dalle milizie islamiche. Egitto, incursioni via terra fino a Derna Dunque «l’Egitto – spiega sul web il sito www.congedatifolgore.com – entra nel vivo dell’avanzata anti- Isis inviando una forza di terra: forze speciali delle unità 777 e 999 hanno compiuto un’incursione a Derna, roccaforte del Califfato nel paese nord africano. Parallelamente, l’aeronautica del Cairo ha compiuto nuovi raid contro le postazioni dei miliziani allo La strategia contro lo Stato Islamico «L’obiettivo era duplice», si legge ancora sul sito www.congedatifolgore.com, che poi prosegue: «Da una parte raccogliere informazioni e valutare sul terreno quale sia la capacità difensiva/offensiva dei jihadisti, nonché l’armamento e i sistemi di cui dispongono. Dall’altra, colpire lo Stato Islamico in Libia al cuore, inviando un messaggio molto chiaro: siamo pronti a colpirvi ovunque e duramente. Un raid perfetto, secondo fonti del Cairo: condotto “da 30 militari”, con 155 miliziani dello Stato Islamico uccisi, altri 55 catturati, nessun soldato egiziano ferito». Libia, Putin in campo: la Russia pronta a combattere contro l’Isis Secolo 2 d’Italia VENERDì 20 FEBBRAIO 2015 Francesco Signoretta In Libia entra in campo Putin, nonostante ci sia una parte dell’Occidente che – anche di fronte al pericolo dell’estremismo islamico – continui a considerare il leader russo come il principale nemico. I tagliatori di teste dell’Isis vanno fermati, costi quel che costi, e Mosca non è disposta a rimanere alla finestra. E probabilmente il suo appoggio potrebbe rivelarsi fondamentale. Anzi, decisivo. Putin pronto a impegnarsi in Libia Il rappresentante permanente russo all’Onu, Vitali Ciurkin, non ha escluso la partecipazione di Mosca a un’eventuale coalizione internazionale contro lo Stato islamico in Libia, in particolare garantendo un blocco navale per impedire l’arrivo di forniture di armi ai terroristi. L’ha riferito la Tass, dopo la riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza Onu sull’emergenza libica. Le parole del rappresentante russo all’Onu «Da un punto di vista politico – ha dichiarato Ciurkin – non lo escluderei. Ma questa non è una mia decisione. Se la Russia ha potuto partecipare alle operazioni al largo delle coste somale, perché non potrebbe fare lo stesso nel Mediterraneo?», ha aggiunto, ricordando che l’Isis ha colpito l’Egitto, con il quale la Russia ha rapporti di amicizia. I paletti messi da Londra Una mossa da scacco al re. Che induce molti Paesi europei a mettere ancora paletti. Da Londra arriva un allarme: c’e’ un pericolo reale ed attuale che la Russia cerchi di destabilizzare Estonia, Lituania e Lettonia»., avverte il ministro della Difesa britannico Michael Fallon. A suo giudizio il rischio è che Mosca utilizzi nei paesi del Baltico «la stessa tattica» aggressiva usata in Ucraina. Niente musica dove comanda l’Isis: solo inni ad Allah Ezio Miles Isis, è un mondo cupo, senza gioia e senza canti quello che vuole imporre al mondo l’integralismo islamico. Anche la musica finisce infatti nel mirino dell’ideologismo cieco dei seguaci del Califfato. Nelle loro terre solo inni ad Allah. I miliziani dell’Isis in Libia hanno postato immagini sul web in cui si vede un gruppo di loro, tutti armati e incappucciati, che danno alle fiamme degli strumenti musicali, come sassofoni, bonghi, batterie e tamburi. Lo riferisce il Mail online, aggiungendo che le foto sarebbero state scattate nel deserto della Cirenaica vicino a Derna, città ‘fedele’ al Califfato. Un messaggio dell’Isis che accompagna le immagini spiega che gli strumenti musicali sono stati sequestrati perché “non-islamici” e che sono stati bruciati “in base alla sha- ria”. L’Isis e il peccato. Che cosa dice il Corano Vale la pena sottolineare che l’islam la musica è peccato. Secondo quanto stabilito dal Corano e dalla sharia, è infatti proibito l’ascolto della musica e dei canti che non siano religiosi (in particolare se provenienti da apparecchi elettronici, come radio o stereo). È assolutamente proibita la professione di cantante o musicista (in quanto permette di guadagnare de- naro dalla produzione di musica). Sul sito al–shia.org è scritto che L’islam permette gli atti musicali solo a condizione che non siano dannosi alla morale islamica. Nella Sunna (la tradizione islamica codificata) è scritto: “La musica corrompe le menti della nostra gioventù. Non vi è differenza tra musica e oppio. Entrambe, ognuna a modo suo, creano una sorta di ottundimento dei sensi. Se volete che il vostro paese sia indipendente, allora bandite la musica, come un tradimento per la nostra nazione e per la nostra gioventù”. Non in tutti i Paesi islamici è ovviamente così. Anzi diciamo che decenni di evoluzione moderna hanno reso meno rigide le prescrizioni della tradizione. Ma il fanatismo dell’Isis è annullamento della storia, nel folle sogno di una “purezza” che produce solo violenza, miseria e tristezza. Luigi Di Maio, il grillino in blu elettrico che riscopre la Casta VENERDì 20 FEBBRAIO 2015 Secolo d’Italia 3 Mario Aldo Stilton «Certi protocolli sono fatti per essere infranti». Letta così, questa frase di Luigi Di Maio sembra quella di un militante rivoluzionario. Uno duro e puro. Come Grillo probabilmente ha vagheggiato dovessero essere i suoi discepoli. Ma, valutato luogo e contesto, l’affare s’ammoscia. E scappa pure da ridere. Perché il giovanotto a cinque stelle, che insieme ai suoi colleghi avrebbe dovuto aprire il Parlamento come una scatola di sardine, non si riferisce alla volontà di cambiare regole e procedure del detestato Palazzo, ma soltanto al colore del suo abito sartoriale. Blu elettrico per Mattarella Trattasi del vestito su misura, blu elettrico, indossato per il discorso in Aula del neo presidente Mattarella. Argomento di cui il pentastellato ha meticolosamente reso partecipi i lettori di “Chi“. È infatti dalle colonne del settimanale di gossip che scopriamo il perché della sua rivoluzionaria decisione di indossare un “blu elettrico”, anticipando addirittura – si legge nella nota a margine – la “stagione primavera estate 2015″. Insomma come un indossatore, un modello. Ora, va bene tutto. Ed è pur vero che quell’aula sorda e grigia ne ha viste di tutti i colori. Blu elettrico compreso. Così come è vero che il carnevale è terminato da poco. Tuttavia, in tempi così difficili, un po’ di misura non guasterebbe. Soprattutto da uno che dovrebbe essere arrivato lì, sull’onda dei Vaffa, per rappresentare il disagio della Nazione. Contro la Casta e i suoi riti. Blu elettrico e protocolli infranti Ma probabilmente bisognava aspettarselo. Curatissimo, sbarbato di fresco, giacca e cravatta d’ordinanza e con quell’atteggiamento da maestrino che “mò te lo spiego io“, Luigi Di Maio, sarebbe stato bene ovunque: ma non tra chi era arrivato per rovesciare il sistema. Uno tanto voglioso di esserci, di apparire e di farsi ammirare che la pagina di “Chi” la riproduce e la posta sul profilo Facebook. Giusto per chiamare a raccolta i suoi fan. E per far capire a tutti gli altri in che razza di mani siamo. Così, più lo guardi e lo senti questo eroe del cambiamento, più leggi e rileggi le autentiche perle pubblicate sul settimanale e quasi ti viene nostalgia della Casta tutta intera e dei vecchi dinosauri della politica. E pensi pure a quante illusioni e speranze hanno suscitato Grillo e Casaleggio. E al loro puntuale infrangersi. Proprio come i “protocolli infranti” di Di Maio. Rissa tra collettivi a Bologna: c’era pure il militante che aggredì Salvini Gabriele Farro Botte da orbi tra collettivi a Bologna. Come documentato dalle riprese di alcune telecamere di sorveglienza gli attivisti di due collettivi studenteschi antagonisti, Cua e Hobo, si sono affrontati scatenando una rissa avvenuta nel campus universitario di via Filippo Re. Rissa tra Cua e Hobo Grazie ai filmati e alle indagini della Digos, la polizia ha già identificato tutti i partecipanti alla violenta scazzottata: una dozzina di persone che rischiano di finire indagate per rissa, tutte già conosciute e fra le quali almeno quattro ragazze. Nel parapiglia c’è stato anche un ferito: è un attivista di Hobo, lo stesso giovane che fu protagonista lo scorso novembre dell’assalto all’auto del se- Re. gretario della Lega, Matteo Salvini. Il giovane si è fratturato una mano, a quanto pare mentre colpiva con un casco da moto il lunotto posteriore dell’auto degli “avversari”, e ne avrà per 30 giorni. La dinamica dei fatti è stata inviata dalla polizia alla Pro- cura, che valuterà come procedere. Ad affrontarsi, secondo la ricostruzione della Digos, sono stati da una parte una decina di ragazzi e ragazze del collettivo Hobo, dall’altra due appartenenti al Cua, che sono stati attesi dai “rivali” in via Filippo Ferito l’aggressore di Salvini Quando questi sono arrivati in macchina è scattata l’aggressione, che poco dopo avrebbe visto le due vittime diventare parte attiva nella zuffa. Oltre alle botte sono stati usati anche alcuni attrezzi (un cric e una chiave per pneumatici), trovati con tracce di sangue dalla polizia, che li ha sequestrati. A quanto si apprende, a scatenare la lite sarebbe stata la sovrapposizione di due eventi in programma in zona universitaria: un aperitivo del Cua in piazza Verdi e un party di Hobo in via Zamboni 38. A fine gennaio, un’altra zuffa aveva coinvolto ragazzi del Cua e attivisti del collettivo Làbas. Tartassati e senza soldi: gli italiani “ringrazino” Monti e Letta. I dati Istat Secolo 4 Girolamo Fragalà Tartassati, in forti difficoltà economiche, alla ricerca quasi disperata di un lavoro. È la fotografia degli italiani. O meglio, è la fotografia di come il trio che si è alternato al governo – Monti, Letta e Renzi – ha ridotto gli italiani. Scelte politiche sbagliate, promesse andate in fumo, prospettive negate. Basta leggere i dati dell’Istat per averne conferma. «La pressione fiscale in Italia raggiunge il 43,3 per cento nel 2013, collocando il nostro Paese al sesto posto nella “Ue-28″. Rispetto ai principali partner europei il valore italiano risulta inferiore solo a quello della Francia». Il che dimostra la politica solo lacrime e sangue del centrosinistra e dei tecnici. Le conseguenze della politica di Monti e Renzi VENERDì 20 FEBBRAIO 2015 d’Italia Il 23,4 per cento delle famiglie vive in una situazione di disagio economico, per un totale di 14,6 milioni di individui. Circa la metà, il 12,4% dei nuclei, si trova in grave difficoltà. In Italia sono oltre 10 milioni le persone in condizioni di povertà relativa, che presentano una spesa per consumi inferiore alla soglia di Stato-Mafia, un prete rivela: «Da Scalfaro confessione sconvolgente» Carlo Marini «È finita l’ora di Nicolò Amato, si deve cambiare», con queste parole l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro avrebbe comunicato, nel 1993, a due sacerdoti, la rimozione dall’incarico del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Nicolò Amato. A riferire l’episodio è monsignor Fabio Fabbri, ex vice-ispettore generale dei cappellani delle carceri, che sta deponendo al processo Stato-mafia sulla presunta trattativa nel periodo delle stragi. L’ex capo dello Stato avrebbe convocato monsignor Cesare Curioni, suo amico di vecchia data e capo dei cappellani delle carceri, insieme a Fabbri. «Io e Curioni rimanemmo sconvolti – ha spiegato – Comunque era chiaro che Scalfaro non stimava Amato. Disse che era una “prima donna». Poi c’erano i veti posti da Scalfaro che avrebbe indicato una lista di tre persone, tenuta nel cassetto, che non voleva al Dap. «Finché sono capo dello Stato questi qui non li voglio», avrebbe detto. La Procura vede nella sostituzione del direttore del Dap il tentativo di mettere alla guida del Dipartimento un uomo che, a differenza di Amato, riferimento. Si tratta del 16,6% della popolazione. La povertà assoluta, che non consente di avere standard di vita accettabili, coinvolge invece il 7,9% delle famiglie, per un totale di circa 6 milioni di cittadini I dati Istat: non c’è lavoro, non ci sono quattrini avrebbe garantito il suo sostegno al dialogo sul carcere duro ai boss avviato da parte dello Stato con la mafia. Scalfaro fece scegliere l’erede di Amato ai due preti Furono addirittura i due prelati, monsignor Cesare Curioni, amico di vecchia data dell’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e capo dei cappellani delle carceri, e Fabio Fabbri, vice di Curioni, a indicare il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: colui che doveva succedere a Nicolò Amato, che fu sostituito a giugno 1993 da Adalberto Capriotti. «Quando andammo al Quirinale – ha spiegato Fabbri – nel 1993, ricevemmo dal capo dello Stato l’indicazione di dare una mano al Guardasigilli, Giovanni Conso, per indivi- In Italia lavorano meno di sei persone su dieci in età compresa tra i 20 e i 64 anni. Nel 2013, infatti, il tasso di occupazione per questa fascia d’età è calato, scendendo sotto quota 60% (si è fermato al 59,8%). Nella graduatoria europea, solamente Grecia, Croazia e Spagna presentano valori inferiori. duare il nuovo direttore generale del Dap. Quando andammo da Conso, il ministro era agitato, non sapeva come procedere per la sostituzione di Amato. Si mise le mani nei capelli. Io e Curioni manifestammo le nostre perplessità sulla sostituzione di Amato, ma Conso tagliò corto: «Il presidente ha detto così e così bisogna fare». Tra i nomi che i due sacerdoti e Conso vagliarono per la successione, ci sarebbe stato anche quello di Giuseppe Falcone, ex presidente del tribunale dei minorenni. Ma, racconta Fabbri, per il ministro era «uno troppo duro». Alla fine la scelta ricadde su Adalberto Capriotti, all’epoca magistrato a Trento. Si sondò la sua disponibilità e lui accettò. «Se io non avessi fatto quel nome – ha spiegato Fabbri – Capriotti se ne stava a Trento. Io feci quel nome, Conso controllò su un librone e disse che si poteva fare». Dal “Fatto” fango contro Verro, il consigliere Rai che dice no a Renzi Secolo VENERDì 20 FEBBRAIO 2015 d’Italia Mariano Folgori Resiste alla normalizzazione della Rai voluta da Renzi e dalla sinistra. E il Fatto Quotidiano gli rivolge contro la solita macchina del fango. Travaglio & Company attaccano pesantemente Antonio Verro, il consigliere di viale Mazzini espresso dal centrodestra, pubblicando il testo di una “lettera” dell’agosto 2010 all’allora premier Silvio Berlusconi per segnalare otto trasmissioni “fortemente connotate da teoremi pregiudizialmente antigovernativi”. Decisamente iperbolico il titolo di prima: “L’Editto bulgaro bis”. I programmi elencati sono: An- nozero, Parla con me, Che tempo che fa, In mezz’ora, Report, Ballarò, Lineanotte e Glob. Una voce fuori dal coro Di “macchina del fango” parla espressamente Il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera dei deputati. Secondo la nota la vera “colpa” di Verro è quella di essere l’unica voce fuori dal coro, all’interno del Cda, circa il piano di riassetto dell’informazione Rai. Si legge sul Mattinale: “Verro, nella fantomatica lettera tutta da verificare nella sua au- tenticità, ma pubblicata con il tono grave che si riserva ad un corpo del reato – quale poi? – non fa altro che ipotizzare la presenza in studio di un pubblico che sia semplicemente bipartisan e cioè equilibrato, invece che composto dalla solita claque di amici de sinistra tanto cara a Santoro & Co., nei programmi di approfondimento smaccatamente anti governo Berlusconi”. “E perché Il Fatto si sveglia adesso e dopo ben 5 anni decide di pubblicare una corrispondenza privata che non ha alcun tipo di rilevanza, spacciandola per prova inconfutabile di non si sa che cosa? La spiegazione è molto semplice – prosegue la nota -: siamo alla vigilia di un Cda Rai importante, che il prossimo 26 febbraio sarà chiamato a deliberare in ordine al piano di riforma dell’informazione Rai. Smentita “al 102 per cento” Intervistato dallo stesso quotidiano di Travaglio, Verro conferma che il suo rapporto con Berlusconi è “quarantennale” e che è “plausibile” gli abbia potuto scrivere una lettera. Smentisce però il contenuto della lettera datata Roma, 25 agosto 2010: “E in agosto lei pensa potessi essere a Roma?”, replica al giornalista. E ancora: “Impossibile che abbia potuto scrivere questo. Indicare il nome della Petruni poi! Smentisco al 100 per cento. No: al 102 per cento” Molti nemici molto onore: il “razzista” Sacchi come il “fascista” Ancelotti Federico Morbegno «Molti nemici, molto onore». A difendere Arrigo Sacchi dalle accuse (ingiustificate) di razzismo ci ha pensato il suo amico di sempre, Carlo Ancelotti, dopo la vittoria in Champions del suo Real contro lo Shalke. Intervistato al termine del match, “Carletto” ha voluto mandare il suo messaggio di solidarietà a quello che è stato il suo allenatore e con il quale ha vinto tutto. Proferendo quella da molti è considerato uno slogan fascista. Come se non bastassero infatti le accuse e le critiche infondate a Sacchi, anche Ancelotti è stato additato di essere un ammiratore del Duce. Secondo i soliti criticoni, i due ex rossoneri sarebbero così soltanto dei nostalgici del ventennio di Mussolini. Ormai, bisogna sem- pre stare attenti a ciò che si dice, perché ogni frase potrebbe essere strumentalizzata. A dire il vero, però, quello che ha detto Arrigo Sacchi è sacrosanto. Se si vuole salvare il calcio nel nostro Paese bisogna ripartire dai 5 vivai. Ed è logico che, se la squadre giovanili sono imbottite di stranieri, vedere sbocciare talenti italiani sarà sempre più difficile. Un pensiero ovvio e condivisibile, ma che è costato all’allenatore – che ha cambiato radical- mente il calcio dei primi anni ’90 – l’etichetta di razzista. Anche Ancelotti fu nel vortice delle critiche E dopo di lui anche il suo ex pupillo, Carlo Ancelotti, è entrato nel vortice delle critiche per il suo “molti nemici molto onore”. “Sono stupito ma neanche troppo perché so benissimo che il populismo e il non avere una memoria storica sono una cosa molto radicata in questo mondo – ha dichiarato Sacchi– Sono 42 anni che sono nel calcio e nessuno mi ha mai dato del razzista. Non ho mai guardato ai colori, ad esempio sono stato io a volere Gullit al Milan e non Borghi che non era di colore. Ho detto e confermo che c’è un’affluenza di giocatori stranieri e modesti da troppo tempo in questo Paese”. Non te la prendere Arrigo – conclude lultimaribattuta.it – perché non sanno quello che fanno. E nemmeno tu Carletto. Voi siete vincenti, altri, forse, solo invidiosi. Pisapia sconfitto sui matrimoni gay: cancellate tutte le trascrizioni Secolo 6 d’Italia VENERDì 20 FEBBRAIO 2015 Anna Clemente Sono state tutte cancellate le trascrizioni dei matrimoni gay contratti all’estero che erano state fatte dal Comune di Milano. Il provvedimento è stato preso da un commissario ad acta nominato dal prefetto Francesco Paolo Tronca. La notizia della cancellazione è stata comunicata alle coppie con una lettera e rappresenta l’ultimo passaggio di un braccio di ferro istituzionale durato mesi e segnato anche da qualche colpo di scena. Un lungo braccio di ferro istituzionale Così come richiesto dal Viminale, già in ottobre Tronca aveva chiesto a Giuliano Pisapia di procedere alla cancellazione di un atto che, comunque, di fronte alla legge non aveva alcun valore. Il sindaco di Milano, però, così come avvenuto anche in altre città, aveva deciso di proseguire sulla strada intrapresa e di non cancellare il registro, rivendicando come «legittime» le tra- scrizioni. L’inchiesta e l’archiviazione lampo Ne era scaturita anche una denuncia da parte di un gruppo di cittadini cattolici, intorno alla quale si sono consumate polemiche e un piccolo giallo. “Pisapia indagato per il registro delle Trans drogato e violentato da migranti nigeriani: scene da Arancia meccanica Redazione E’ stato drogato con un micidiale cocktail di coca ed eroina, probabilmente violentato, trascinato come un sacco e lasciato in agonia in mezzo alla strada in una fredda notte di febbraio. E’ morto così a Castel Volturno (Caserta) il trans brasiliano Marcio Henrique Barbosa Cruz, il cui cadavere fu rinvenuto dai carabinieri il 3 febbraio scorso. La circostanza è emersa durante un’ indagine antidroga del pm della Procura Vincenzo Quaranta ed è stata resa nota nel corso della conferenza stampa alla presenza del procuratore facente funzioni Raffaella Capasso e del comandante provinciale dei carabinieri di Caserta Giancarlo Scafuri. L’inchiesta ha portato in carcere 10 persone con l’accusa di spaccio di droga. Per l’omicidio sono stati arrestati due immigrati nigeriani, Snuel Ajayi e Fidelis Ezeani; quest’ultimo è stato bloccato dai carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere a Trani mentre cercava di raggiungere il porto di Bari. L’ immigrato nigeriano aveva spento il cellulare ma l’ha riacceso poco prima di giungere al porto ed è stato così catturato. Gli investigatori hanno anche acquisito drammatiche immagini dalle telecamere poste al piano terra dell’abitazione in via Poliziano a Castel Volturno (Caserta ) dove si era tenuto il “festino” a base di alcol nel quale ha trovato la morte il transessuale brasiliano. Nei fotogrammi si notano i due responsabili dell’ omicidio mentre trascinano il corpo del brasiliano. In quel momento – ha accertato il medico legale – ancora in vita. L’omicidio del transessuale scoperto intercettando i telefoni degli spacciatori Il delitto del transessuale brasi- unioni civili”, è la notizia circolata a metà gennaio e che per un paio di giorni, in qualche modo, ha fatto del primo cittadino una sorta di “martire” dei diritti negati o presunti tali. In realtà, come poi è stato chiarito dalla stessa Procura, il fascicolo per abuso d’ufficio non era stato aperto a carico di Pisapia, ma a carico di ignoti. Qualche giorno fa, infine, la decisione di chiudere l’inchiesta con l’archiviazione, perché la trascrizione – per la Procura – «non costituisce reato». Resta il fatto che non trova coperture nella legge italiana e da oggi, nonostante la giunta Pisapia, non può nemmeno più avere la copertura del Comune di Milano. liano è stato scoperto intercettando gli spacciatori che agivano sul litorale domiziano, arrestati nel corso dell’operazione eseguita oggi dai carabinieri. I militari, diretti dal capitano Vincenzo Macera, avevano cominciato ad indagare sulla piazza di spaccio a Castel Volturno (Caserta) nel novembre 2014, quando erano stati fermati alcuni acquirenti a Grazzanise (Caserta). Pochi giorni fa, uno degli indagati, ora arrestato, ha fatto riferimento in una telefonata alla morte di una persona che era stata drogata e forse violentata. I militari hanno subito sospettato che l’uomo stesse parlando del trans, il cui corpo era stato ritrovato per strada il 3 febbraio. Inizialmente la vittima era stata scambiata per donna, poi si è scoperto che si trattava di un trans che si era sottoposto ad operazione. Sul corpo erano stati trovati segni evidenti di trascinamento. Gli investigatori hanno controllato varie abitazioni in zona, quindi sono arrivati alla casa in via Poliziano, traversa della statale Domiziana, occupata dai due nigeriani. Al piano terreno vi erano delle telecamere, installate probabilmente per poter prevenire interventi delle forze dell’ordine. Esaminando le immagini contenute in memoria i carabinieri hanno trovato i fotogrammi che mostrano i due immigrati nigeriani mentre si disfano del trans, ancora agonizzante. Non è ancoro chiaro il motivo della morte, perché gli accertamenti medicolegali non sono ancora conclusi. “Potrebbe essere morto per asfissia o soffocamento in seguito anche alle violenze di carattere sessuale subite”, ha detto il procuratore facente funzioni di S. Maria Capua Vetere, Raffaella Capasso. L’indagine sul traffico di droga a Castel Volturno ha portato in cella 6 spacciatori italiani residenti tra Minturno, Cassino, San Giuseppe Vesuviano e San Gennaro Vesuviano, accusati di acquistare la droga a Castel Volturno e di rivenderla nelle città di residenza, e 4 stranieri, due ghanesi, un indiano e un nigeriano, che – secondo gli inquirenti – tagliavano la droga in un palazzo disabitato ubicato a Castel Volturno di fronte alla sede della Caritas. Gino Paoli indagato per evasione fiscale: «Portò in Svizzera due milioni» Secolo VENERDì 20 FEBBRAIO 2015 d’Italia Redazione La procura di Genova ha indagato il cantautore Gino Paoli per evasione fiscale. In queste ore è in corso un blitz della Guardia di finanza nella casa genovese del cantante, nel Quartiere azzurro di Nervi. Secondo gli inquirenti il cantante avrebbe fatto arrivare in Svizzera due milioni di euro. Paoli è attualmente presidente della Siae. L’inchiesta sul cantautore genovese nasce da alcune intercettazioni fatte nell’ambito dell’inchiesta sulla maxi truffa ai danni di banca Carige. Nell’inchiesta gli inquirenti ascoltano le telefonate del commercialista Andrea Vallebuona, professionista del quale si è avvalso anche l’ex presidente di Carige Giovanni Berneschi, che parla con il cantautore, suo cliente. Nelle telefonate i due parlerebbero di trasferire i soldi (circa due milioni di euro) in Svizzera attraverso il Centro fiduciario di Carige. Vallebuona era finito in carcere nell’inchiesta Carige. Gino Paoli, ex deputato Pci Il cantautore genovese, da sempre militante di sinistra, è stato anche parlamentare del Partito comunista italiano e per i suoi cinque anni alla Camera dei deputati, dal 1987 al 1992, un solo intervento in aula in tutta la legislatura, percepisce tuttora un vitalizio di oltre tremila euro al mese. Secondo quanto emerso nelle indagini, Gino Paoli avrebbe portato in Svizzera due milioni di euro nel 2008. I soldi non sono stati scudati ne’ sono stati oggetto di dichiarazione di reddito. L’evasione fiscale, secondo gli investigatori, ammonterebbe quindi a circa 800 mila euro e non sarebbero stati dichiarati nel 2009. Gli inquirenti vogliono capire in quale banca svizzera sarebbero stati portati i soldi, per questo sono in corso le perquisizioni. Paoli non è l’unico cantante idolo della sinistra indagato per evasione fiscale: il 3 marzo Gianna Nannini, che ha scritto anche l’inno del Partito democratico, dovrà presentarsi davanti al giudice con l’accusa di avere sottratto al fisco quasi 4 milioni di euro. Il Volo prende la prima stecca: rinnegano Tony Renis. Da ingrati Priscilla Del Ninno Triangolazione di polemiche intorno al terzetto del Volo: e l’unico elemento chiaro che emerge nel caos generato dalle rivendicazioni della paternità artistica del tris di talenti è una univoca tendenza all‘ingraditudine, tipica di vecchie star consumate che, una volta all’apice del successo, dimenticano chi le ha aiutate a raggiungere la vetta. La querelle sulla paternità artistica Il primo ad avocare a sé il ruolo di indiscusso talent scout dei tre tenori in erba è stato Tony Renis, che oggi ribadisce: «Senza di me non staremmo qui a parlare di loro», E che già all’indomani dell’ffermazione sanremese del Volo aveva rimarcato in diverse interviste pubblicate sui principali quotidiani la mancata telefonata di ringramento del trio vincitore del Festival: un gesto dovuto, a detta dell’artista e manager italiano naturalizzato negli States, che grazie alle sue conoscenze americane e a una credibilità imprenditoriale conquistata sul campo (discografico) con i risultati di una vita di successi, avrebbe permesso ai tre di approdare, prima, e di sfondare poi, sul mercato americano. Mai si sarebbe aspettato però, “Mister Quando Quando Quando”, che semplicemente lamentando l’assenza di quella fatidica chiamata e definendosi il “papà artistico” del Volo – co-genitore accanto a Roberto Cenci, regista di Ti lascio una canzone a cui i tre tenori junior dovrebbero, a detta di Cenci e Renis, la riconoscibilità mediatica e il sodalizio artistico – di scatenare un putiferio polemico che non accenna a diminuire. Un clamore polemico di cui certo Tony Renis non ha bisogno per far parlare di sé, in cui l’unica certezza di- venta l’ingratitudine dimostrata dalle tre giovani star. Il fulcro delle polemiche Una bagarre in cui si è immediatamente inserito il manager dei ragazzi, Michele Torpedine, già produttore di altri big del calibro di Zucchero e Giorgia che, riporta in queste ore La Stampa, «sarebbe il grande burattinaio di tutta l’operazione, colui che avrebbe «sbianchettato» i nomi di Cenci e Renis dalle biografie ufficiali del trio». Non un referimento sul palco dell’Ariston ai due “pigmalioni”. Non una citazione successiva all’incoronazione festivaliera. Anzi, il trio, in questi giorni di botta e risposta tra i contendenti in campo, in nome della più tipica e spietata ingratitudine da star, non hanno fatto altro che prendere le distanze con un lapidario «sono problemi tra loro», correggendo il tiro poco dopo solo per fare quadrato in- Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO D’ITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Ugo Lisi (Vicepresidente) Antonio Giordano (Amministratore delegato) Italo Bocchino Antonio Tisci 7 torno al manager Torpedine: «È lui che si è occupato di noi e che ci ha portati a Sanremo». Una presa di posizione dovuta, probabilmente, ma di sicuro non correetta fino in fondo: se non fosse stato per Cenci, infatti, difficilmente i tre ragazzini si sarebbero incontrati e fatti notare già nel 2009. E se non fosse stato per Tony Renis e i suo agganci a stelle e strisce, difficilmente tre talenti acerbi come loro avrebbero potuto duettare con un’artista del calibro di Barbra Streisand, o avrebbero potuto avere accesso a tg e salotti e talk show d’oltreoceano per essere intervistati da grandi anchorman americani, arrivando sulla scia dei riscontri mediatici ottenuti a riempire i palazzetti di mezza America, dal sud al nord del continente. Ma si sa, come recita il proverbio, «quando arriva la gloria, svanisce la memoria». Direttore Editoriale Italo Bocchino Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà Vicecaporedattore Francesco Signoretta Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171 mail: [email protected] Abbonamenti Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250