Dicembre 2009 - Society for Psychotherapy Research
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Dicembre 2009 - Society for Psychotherapy Research
1 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ RICERCA IN PSICOTERAPIA RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY: PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS AND OUTCOME Rivista Della Sezione Italiana della Society for Psychotherapy Research Volume 12 Numero 1/2 Novembre – Dicembre 2009 P S Italia R 2 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ RICERCA IN PSICOTERAPIA RRESEARCH IN PSYCHOTHERAPY: PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS AND OUTCOME Rivista semestrale della SPR-Italia Sezione italiana della Society for Psichotherapy Research Volume 12 – Numero 1/2 Novembre – Dicembre 2009 3 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ RICERCA IN PSICOTERAPIA RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY: PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS AND OUTCOME ISSN: 1592 – 8543 EDITORE:SPR ITALIA (P. IVA 06491871007) Foro Buonaparte 57, 20121 Milano Tel/Fax: 02/36554099 e-mail: [email protected] 4 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ RICERCA IN PSICOTERAPIA RESEARCH IN PSYCHOTHERAPY: PSYCHOPATHOLOGY, PROCESS AND OUTCOME Rivista semestrale della spr-Italia Sezione italiana della Society for Psychotherapy Research Editors-in-chief Sandra Sassaroli, Studi Cognitivi, Milano Nino Dazzi, "Sapienza" Università di Roma Co-editors Giancarlo Dimaggio, Terzo Centro, Roma Emilio Fava, Università degli Studi di Milano Vittorio Lingiardi, "Sapienza" Università di Roma Adriana Lis, Università degli Studi di Padova Gianluca Lo Coco, Università degli Studi di Palermo Giovanni M. Ruggiero, Studi Cognitivi, Milano Sergio Salvatore, Università degli Studi di Lecce Past President SPR-Italia Salvatore Freni, Università degli Studi di Milano Girolamo Lo Verso, Università degli Studi di Palermo Antonio Semerari, Terzo Centro, Roma Nino Dazzi, "Sapienza" Università di Roma Scientific Board Antonino Carcione, Terzo Centro, Roma Giovanni Castellini, Scuola Cognitiva Firenze Livia Colle, Università Politecnico di Torino Antonello Colli, Università degli Studi di Urbino Martina Conte, Università degli Studi di Milano-Bicocca Rino Capo, Associazione di Psicoterapia Cognitiva, Roma Francesco De Bei, "Sapienza" Università di Roma Alessandra de Coro, "Sapienza" Università di Roma Franco Del Corno, Università della Valle d'Aosta, Associazione per la Ricerca in Psicologia clinica, Milano Stefano Blasi, Università degli Studi di Urbino Rocco Diego, Università degli Studi di Padova Santo Di Nuovo, Università degli Studi di Catania Francesca Fiore, Studi Cognitivi, Milano Francesco Gazzillo, "Sapienza" Università di Roma Omar Gelo, Università di Lecce Paul H. Lysaker, Indiana University, Roudebush VA Medical Center, Indianapolis, USA Marzio Maglietta , Scuola Cognitiva Firenze Francesco Mancini, Associazione di Psicoterapia Cognitiva, Roma Paolo Migone, Università di Parma Giuseppe Nicolò, Terzo Centro, Roma Marco Innamorati, Università degli Studi di Bari Osmano Oasi, Università Cattolica, Milano Katerine Osatuke, National Center for Organization Development, Cincinnati, USA Piero Porcelli, Università di Bari Claudia Prestano, Università degli Studi di Messina Michele Procacci, Terzo Centro, Roma Giuseppe Romano, Associazione di Psicoterapia Cognitiva, Roma Silvia Salcuni, Università degli Studi di Padova Diego Sarracino, Università di Milano Bicocca Hans Schadee, Università degli Studi di Milano-Bicocca Annamaria Speranza, "Sapienza" Università di Roma Stijn Vanheule, Ghent University, Belgio Marta Vigorelli, Università degli Studi di Milano-Bicocca Riccardo Williams, "Sapienza" Università di Roma Alessandro Zennaro, Università della Valle d'Aosta Adam Horvath, Professor Emeritus of Counseling /Psychology Simon Fraser, University, Vancouver, Canada 5 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ INDICE Dissociazione e alessitimia in un campione di pazienti con Disturbo del Comportamento Alimentare Dissociation and alexithymia in a sample of patients with eating disorders Marco La Marra, Walter Sapuppo, Giorgio Caviglia 6 Autostima, metarimuginio, perfezionismo, responsabilità e rimuginio nei disturbi alimentari Self-esteem, meta-worry, perfectionism, responsibility and worry in eating disorders Sandra Sassaroli, Sara Bertelli, Francesca Fiore, Luca Boccalari, Gianluigi 21 Luxardi, Silvio Scarone, Patrizia Todisco, Giovanni Maria Ruggiero Le funzioni metacognitive nei pazienti con disturbi del comportamento alimentare. Uno studio sul trattamento di gruppo psicodinamico Metacognitive functions in patients with eating disorders. A study about psychodynamic group therapy Claudia Prestano, Viviana Cicero, Salvatore Gullo, Grazia Alcuri, Gianluca Lo Coco, Antonino Carcione 37 Minaccia dell’autostima e fantasie grandiose nel narcisismo non patologico Self-esteem threatened and grandiose fantasies in non pathological narcissism Guido Veronese, Giovanni M. Ruggiero, Sandra Sassaroli, Marco Castiglioni 55 Aspetti relazionali ed organizzativi delle comunità terapeutiche per adolescenti quali fattori di trattamento: validazione di uno strumento Relational and organizational aspects in adolescent therapeutic communities as treatment factors: validation of an instrument Stefania Cristofanelli, Omar Fassio, Laura. Ferro, Alessandro Zennaro 67 6 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Dissociazione e alessitimia in un campione di pazienti con disturbo del comportamento alimentare. Marco La Marra1, Walter Sapuppo2, Giorgio Caviglia3 Sommario: Lo scopo del presente studio è stato quello di indagare i fenomeni dissociativi e le difficoltà relative al percepire, comprendere e descrivere verbalmente i propri e gli altrui stati emotivi (alessitimia) in un campione di 53 pazienti con diagnosi di Disturbo del Comportamento Alimentare. Il campione reclutato è costituito da 14 soggetti con Anoressia Nervosa (AN), 15 con Bulimia Nervosa (BN), 12 con DCA Non Altrimenti Specificato (DCA NAS) e 12 con Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI). A tutti i soggetti è stato somministrato l’Eating Disorder Inventory-2, la Dissociative Experiences Scale e la Scala Alessitimica Romana. I dati emersi dalla nostra ricerca non disconfermano le relazioni riportate in letteratura tra i Disturbi del Comportamento Alimentare, i fenomeni dissociativi e le difficoltà relative all’espressione delle emozioni (alessitimia). Abstract: The aim of this study has been to investigate the dissociative phenomena and the difficulties related to perceive, understand and describe the proper ones and other people's emotional states in a sample of 53 patients with Eating Disorders. The recruited sample is made by 14 Anorexia Nervosa (AN) patients, 15 with Bulimia Nervosa (BN), 12 with Eating Disorder Non Otherwise Specified (EDNOS) and 12 with Binge Eating Disorder (BED). To all subjects was administred the Eating Disorder Inventory-2, the Dissociative Experiences Scale and the Scala Alessitimica Romana. In according with literature, we confirme the relationships among Eating Disorders, the dissociative phenomena and Alexithymia. Parole chiave: Disturbi del Comportamento Alimentare, Dissociazione, Alessitimia. ____________________________________________________________ Dipartimento di Medicina Sperimentale, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Seconda Università degli Studi di Napoli; 2 Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva, SPC-Napoli, 3 Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Psicologia, Seconda Università degli Studi di Napoli 1 Corrispondenza: Prof. Giorgio Caviglia, Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Psicologia, S.U.N, via Vivaldi n° 43 81100 Caserta (CE); e-mail: [email protected] 7 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 1. Introduzione L’attuale campo nosografico della psicopatologia delle condotte alimentari si articola in Anoressia Nervosa (AN), Bulimia Nervosa (BN) e Disturbi del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificati (DCA NAS) (APA, 2000). Tra questi ultimi, compare una condizione definita Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI), caratterizzata da ricorrenti episodi di abbuffate in assenza delle regolari condotte compensatorie inappropriate tipiche della Bulimia Nervosa. Negli ultimi decenni, numerosi studi empirici hanno valutato la possibile associazione tra dissociazione e Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) riscontrando, rispetto ai gruppi di controllo, la notevole incidenza di questo meccanismo di difesa negli individui affetti da una psicopatologia di tipo alimentare (Torem, 1986; Demitrack et al., 1990; Everill et al., 1995); solo recentemente (Eizaguirre et al., 2004), è stato implementato lo studio sistematico relativo alla presenza di deficit associati all’identificazione e all’espressione delle emozioni (alessitimia) nei DCA. La dissociazione è classicamente e fenomenologicamente definita come “l’interruzione della reciproca integrazione tra funzioni superiori di coscienza, identità, memoria, percezione dell’ambiente circostante e controllo dei movimenti del corpo” (APA, 2000). Da un punto di vista psicodinamico, la dissociazione viene considerata come un meccanismo di difesa che agisce in modo da sottrarre contenuti psichici intollerabili alla memoria consapevole e di scinderli in una coscienza parallela. Vi è un’ampia evidenza empirica del fatto che la dissociazione si sviluppi in difesa da un trauma, permettendo di creare un compartimento in cui nascondere l’esperienza e il carico affettivo che si accompagna a essa, sotto la spinta anche di un bisogno autoconservativo, che consiste nel procrastinare il momento della dolorosa elaborazione. La dissociazione sembra, quindi, avere un potenziale patogeno significativo, in quanto può compromettere in maniera stabile la soggettività, e può modificare le possibilità di integrazione tra diverse aree cerebrali nonché rendere discontinuo il processo di registrazione ed elaborazione dei ricordi (Solomon, 2004; Krystal, 1996). Il costrutto di alessitimia, sviluppatosi in campo psicosomatico fra gli anni ’60 e gli anni ‘70 (Marty & M’Uzan, 1963; Sifneos, 1977), è caratterizzato da un insieme di caratteristiche cognitivo-affettive. Queste includono: una significativa difficoltà a identificare, distinguere e comunicare gli stati emotivi propri e altrui, uno stile di pensiero concreto e orientato verso la realtà esterna, povertà di immaginazione, mancanza di introspezione, scarsa attività onirica, conformismo sociale e tendenza a esprimere le emozioni attraverso l’azione (Taylor et al., 1997; Todarello & Porcelli, 2002). L’ipotesi eziologica multifattoriale dei DCA vede l’alessitimia come un deficit della regolazione degli affetti. La mancata condivisione degli affetti, su cui il bambino costruisce le proprie esperienze di autoefficacia e consapevolezza, può determinare confusione ogni qual volta tenti di distinguere i suoi bisogni fisiologici (come fame e sazietà), dalle esperienze emotive e interpersonali. 8 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ A tal proposito, dunque, il fenomeno dell’abbuffata sembrerebbe essere un tentativo di autoregolazione, da parte del paziente, che segue questo andamento: 1. si attiva un sistema motivazionale (Lichtenberg, 1989) (ad esempio il “Sistema dell’Attaccamento” con la richiesta di vicinanza o il “Sistema Avversativo” con l’attivazione della rabbia) in seguito ad un pensiero, a una sensazione, a una percezione o a un evento; 2. lo scopo del sistema motivazionale non può essere soddisfatto, sia per elementi strutturali di personalità, che per dati di realtà. L’attivazione emotiva dello scopo, che il soggetto non può soddisfare o gestire, crea profondo disagio; 3. nei pazienti affetti da DCA, che hanno una notevole difficoltà a riconoscere e gestire le emozioni negative, questa attivazione si traduce in comportamenti alimentari disfunzionali; 4. come tentativo di modulare/gestire l’emozione negativa, questi pazienti attivano il “Sistema della regolazione psicologica dei bisogni fisiologici”. In quest’ottica, dunque, la dissociazione permetterebbe al paziente con bulimia di “confondersi”, per iniziare e continuare l’abbuffata, senza dover prendere coscienza delle conseguenze negative del suo comportamento (aumento di peso, senso di colpa, successivo disgusto di sé per aver mangiato troppo) e della contraddittorietà e inutilità dello stesso, rispetto ai propri obiettivi (Caviglia & Cecere, 2007). In quest’ottica, gli stati dissociativi diventano anche (oltre che un meccanismo di difesa) un meccanismo più complesso che permette il mantenimento del sintomo. Lo scopo del presente studio è quello di indagare i fenomeni dissociativi e le difficoltà relative al percepire, comprendere e descrivere verbalmente i propri e gli altrui stati emotivi, in un campione di 53 pazienti con diagnosi di DCA. In particolare, ci proponiamo di valutare le relazioni che intercorrono tra i risultati ottenuti all’ Eating Disorder Inventory-2 (EDI-2, Garner, 1991), alla Dissociative Experiences Scale (DES, Bernstein & Putnam, 1986) e alla Scala Alessitimica Romana (SAR, Baiocco et al., 2005) in un gruppo di pazienti che presentano rispettivamente le diagnosi di AN, BN, DCA NAS e DAI. 2. Materiali e Metodi Hanno partecipato allo studio 53 soggetti, tutti di sesso femminile, reclutati presso l’Ambulatorio dei Disturbi del Comportamento Alimentare dei Distretti 26/27 della ASL CE1 e presso l’Unità Operativa per i Disturbi del Comportamento Alimentare dell’ASL Roma E. L’età media dei soggetti è di 30.13 anni (Ds = 10.11 anni; età minima = 16 anni; età massima = 53 anni) di cui 14 (dai 18 ai 37 anni: M 25.57, Ds 6.94) con diagnosi di AN, 15 (dai 16 ai 34 anni: M 25, Ds 6) con diagnosi di BN, 12 (dai 17 ai 53 anni: M 38.83, Ds 9.83) con diagnosi di DCA NAS e 12 (dai 18 ai 53 anni: M 33.16, Ds 11.36) con diagnosi di DAI. Il livello di scolarizzazione è medio alto, il 30% ha un diploma di licenza media inferiore, il 50% ha un diploma di licenza media superiore e il restante 20% ha conseguito un titolo universitario. Oltre alla diagnosi primaria di DCA, 9 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ nel nostro campione si riscontra una comorbilità psichiatrica pari al 37,73% (20 soggetti) con Disturbi dell’Umore e 11,32% (6 soggetti) con Disturbi d’Ansia. A tutti i soggetti è stato somministrato, previo consenso informato, l’EDI2, la DES e la SAR. L’EDI-2 è un questionario di autovalutazione utile per delineare e misurare, in modo preciso, alcuni tratti psicologici e gruppi di sintomi rilevanti per la comprensione e il trattamento dei disturbi dell’alimentazione. Le scale che compongono il test, sono: Impulso alla Magrezza (IM), Bulimia (BU), Insoddisfazione per il Corpo (IC), Inadeguatezza (IN), Perfezionismo (P), Sfiducia Interpersonale (SI), Consapevolezza Enterocettiva (CE), Paura della Maturità (PM), Ascetismo (ASC), Impulsività (I) e Insicurezza Sociale (IS). La DES è una misura di tratto psicologico costruita utilizzando, come criterio operativo di dissociazione, l’ assenza della normale integrazione di pensieri, sentimenti ed esperienze nel flusso della coscienza e della memoria (Fabbri Bombi et al., 1996). La scala è composta da 28 item che forniscono una definizione delle esperienze dissociative, quali: depersonalizzazione, déjà vu, disturbi d’identità, derealizzazione, disturbi cognitivi, di memoria e della coscienza. Secondo gli autori della scala (Bernstein & Putnam, 1986), i soggetti che ottengono un punteggio uguale o superiore al cutoff, utilizzano la dissociazione come modalità difensiva. Più elevato è il punteggio, maggiore è l’utilizzo della dissociazione. La SAR operazionalizza il costrutto dell’alessitimia e le scale che compongono il test sono: Espressione Somatica delle Emozioni (ESE), Difficoltà ad Identificare le proprie Emozioni (DIE), Difficoltà a Comunicare agli altri le proprie Emozioni (DCE), Pensiero Orientato Esternamente (POE), Difficoltà ad essere Empatici (EMP) e Punteggio totale di scala (TOT); quest’ ultima scala, definibile come un indice generale di alessitimia, si ottiene sommando il punteggio ottenuto dal soggetto in ognuna delle altre 5 scale. Per sottoporre ad analisi statistica la nostra ipotesi abbiamo sottoposto ciascuna variabile dipendente (punteggi riportati all’EDI-2, alla DES e alla SAR) ad un’Analisi della Correlazione mediante il calcolo dei coefficienti r di Pearson. Successivamente, per verificare la presenza di differenze statisticamente significative, abbiamo eseguito un’Analisi della Varianza Multivariata i cui fattori sono rappresentati dalla categoria clinica di appartenenza (AN vs. BN vs. NAS vs. DAI) e dai punteggi riportati alla DES e alla SAR. I confronti post hoc sono stati eseguiti utilizzando il test di Bonferroni. L’analisi dei dati è stata compiuta con l’ausilio del package statistico S.P.S.S. 17.0 per Windows. 3. Risultati Nelle Tabelle 1, 2 e 3 sono riportate le statistiche descrittive contenenti le medie e le deviazioni standard relative ai punteggi ottenuti nelle diverse scale dell’EDI-2, della DES e della SAR. 10 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 1. Statistiche descrittive: medie e deviazioni standard dei punteggi riportati all’EDI-2 EDI-2 IM BU IC IN P SI Ce PM ASC I IS N Media ds. Minimo Massimo AN 14 14,57 6,48 3 21 BN 15 14,40 5,94 6 20 DAI 12 13,25 5,46 5 21 NAS 12 14,91 4,87 7 21 AN 14 2,57 5,73 0 16 BN 15 10,00 5,31 2 17 DAI 12 8,50 3,63 0 12 NAS 12 6,91 4,96 1 15 AN 14 11,71 6,55 3 21 BN 15 15,20 5,29 6 21 DAI 12 16,50 7,39 7 27 NAS 12 15,58 5,88 5 24 AN 14 10,00 9,98 0 28 BN 15 10,80 5,90 3 18 DAI 12 9,66 5,72 3 17 NAS 12 5,75 7,18 0 27 AN 14 9,00 5,40 2 18 BN 15 6,80 4,36 3 14 DAI 12 4,00 3,81 0 11 NAS 12 5,50 2,84 2 11 AN 14 9,42 5,19 2 18 BN 15 6,60 4,56 2 14 DAI 12 5,75 2,83 2 13 NAS 12 4,75 4,88 0 13 AN 14 12,00 9,93 0 25 BN 15 9,00 4,48 3 16 DAI 12 11,50 7,57 1 20 NAS 12 7,50 5,48 1 19 AN 14 7,71 5,42 1 16 BN 15 6,80 3,16 2 10 DAI 12 6,41 2,39 2 12 NAS 12 7,83 5,54 0 20 AN 14 8,00 5,20 3 19 BN 15 7,40 2,74 4 11 DAI 12 7,50 4,58 3 16 NAS 12 7,83 3,83 2 15 AN 14 5,14 5,24 0 15 BN 15 10,60 4,65 4 17 DAI 12 10,50 6,65 1 17 NAS 12 7,75 6,53 0 24 AN 14 7,71 4,95 1 15 BN 15 7,80 1,20 6 9 DAI 12 8,6 3,17 3 13 NAS 12 7,41 4,90 2 19 11 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 2. Statistiche descrittive: medie e deviazioni standard dei punteggi riportati alla DES DES N Media AN 14 15,74 BN 15 32,14 DAI 12 56,91 NAS 12 24,57 Deviazione std. Minimo Massimo 9,25 5,00 28,21 18,02 10,36 53,60 25,42 12,00 91,00 17,22 7,85 61,78 Tabella 3. Statistiche descrittive: medie e deviazioni standard dei punteggi riportati alla SAR ESE DIE DCE POE EMP TOT N Media Deviazione std. Minimo Massimo AN 14 13,00 3,50 9 18 BN 15 13,20 4,01 7 19 DAI 12 12,91 4,46 7 19 NAS 12 10,83 4,34 6 20 AN 14 17,85 4,75 11 24 BN 15 19 1,30 18 21 DAI 12 14,58 3,65 9 19 NAS 12 11,58 4,07 6 19 AN 14 13,42 1,55 12 16 BN 15 10,2 3,02 5 14 DAI 12 11,25 3,76 5 17 NAS 12 11 3,64 5 19 AN 14 9,71 2,12 6 13 BN 15 13,2 2,21 11 17 DAI 12 11,58 2,46 7 16 NAS 12 10,08 3,17 5 16 AN 14 9,42 2,34 7 14 BN 15 12,4 1,91 9 14 DAI 12 12,08 2,77 6 16 NAS 12 11,75 3,07 8 18 AN 14 63,42 8,99 49 77 BN 15 68 5,07 61 74 DAI 12 62,41 8,81 41 71 NAS 12 54,91 10,05 42 77 Dalla matrice di correlazione (Tabella 4) dei coefficienti r di Pearson, emergono correlazioni statisticamente significative tra la scala DES e alcune delle scale dell’EDI-2, quali IM, BU, IC, CE, ASC, I e IS. 12 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 4. Correlazioni di Person tra le scale dell’EDI-2, della DES e della SAR IM IM BU IC IN P SI CE PM I IS DES ESE DIE DCE POE EMP TOT 1 BU ,384** 1 IC ,513** ,459** 1 IN ,224 ,328* ,309* P ,008 ,263 ,105 ,366** SI ,346 ,154 ,239 ,545 ,435** * CE ,382 ** 1 1 ** 1 ,409** ,306* ,705** ,477** ,667** 1 PM ,330* ,264 ,329* ,447** ,256 ,494** ,453** 1 ASC ,563** ,268 ,429** ,292* ,209 ,306* ,563** ,402** I ASC 1 ,210 ,432** ,421** ,605** ,003 ,377** ,465** ,434** ,217 1 IS ,377** ,365** ,355** ,601** ,173 ,426** ,601** ,545** ,453** ,546** 1 DES ,356** ,387** ,362** ,232 -,160 -,027 ,441** ,182 ,440** ,483** ,442** 1 ESE ,257 ,316 ,282 ,534 ,228 ,374 ,674 ,300 DIE ,224 ,292 ,408 ,402 ,078 ,043 ,120 ,307* -,147 ,256 * * ** ,064 -,004 ,406 ** ** * ** ** ** DCE ,049 -,209 -,198 ,026 ,090 ,423** ,136 * ,249 ,593 ,465 ,662** ** ** 1 1 ,095 ,160 ,025 -,249 -,192 ,059 ,308* POE ,223 ,411** ,200 ,142 -,146 ,059 ,152 ,300* ,104 ,492** ,328* ,412** ,407** ,300* EMP -,060 -,031 -,107 -,119 1 ,138 1 -,010 -,194 -,157 -,120 ,134 -,067 -,123 -,231 ,081 ,087 ,159 ,402** 1 TOT ,290* ,221 ,073 ,455** ,109 ,525** ,537** ,258 ,184 ,403** ,454** ,221 ,558** ,745** ,269 ,642** ,308* 1 Da tali risultati, in particolare, si evince una marcata associazione tra dissociazione e alcuni tratti psicologici e gruppi di sintomi rilevanti per la diagnosi e il trattamento dei disturbi alimentari come la ricerca incessante della magrezza, la tendenza del soggetto a pensare, e ad avere, attacchi di incontrollabile sovralimentazione (abbuffate) ed un’eccessiva insoddisfazione per la forma in generale, e per la dimensione di quelle parti corporee che sono maggiormente coinvolte nei disturbi alimentari. Tale correlazione, inoltre, si evince anche con la scala CE che valuta il grado di confusione e di incertezza del soggetto, nel riconoscere e rispondere in modo preciso sia agli stati emotivi, sia a certe sensazioni viscerali collegate alla fame e alla sazietà. Inoltre, dalla suddetta tabella è possibile riscontrare correlazioni significative tra i punteggi ottenuti alla scala TOT della SAR e le scale IM, IN, SI, CE, I e IS dell’EDI-2. Si evidenzia, infine, la presenza di relazioni significative tra dissociazione e alcuni tratti che contribuiscono a definire il costrutto dell’alessitimia quali la tendenza a esprimere le proprie emozioni, specie quelle di natura negativa, attraverso il proprio corpo (scala ESE) e la presenza di uno stile cognitivo caratterizzato da un pensiero aderente agli aspetti pratici della vita e poco interessato agli elementi simbolici (scala POE). Dall’Analisi della Varianza Multivariata (Tabelle 5 e 6) si evince che i quattro gruppi presentano differenze statisticamente significative nei punteggi riportati alla DES [F(3, 49) = 12.026 p<.05] e nelle scale DIE [F(3, 49) = 11.134 p<.05], DCE [F(3, 49) = 2.868 p<.05], POE [F(3, 49) = 5.762 p<.05], EMP [F(3, 49) = 4.001 p<.05] e TOT [F(3, 49) = 5.590 p<.05] della SAR. Dai confronti post hoc si evince che i soggetti con DAI presentano aspetti dissociativi maggiori rispetto ai soggetti con AN, BN e NAS (Tabella 7). 13 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 5. Analisi della varianza eseguita sui punteggi riportati alla DES (I) diagn DES (J) diagn Differenza fra medie (I-J) Errore std. Sig. Somme dei quadrati Df Media dei quadrati F Sig 12,026 ,000 Fra gruppi 11808,291 3 3936,097 Entro gruppi 16037,194 49 327,290 Totale 27845,485 52 Tabella 6. Analisi della varianza eseguita sui punteggi riportati alla SAR Somme dei quadrati ESE DIE DCE POE EMP TOT Media dei quadrati Df Fra gruppi 46,149 3 15,383 Entro gruppi 810,983 49 16,551 Totale 857,132 52 Fra gruppi 441,434 3 147,145 Entro gruppi 647,548 49 13,215 Totale 1088,981 52 Fra gruppi 81,129 3 27,043 Entro gruppi 462,079 49 9,430 Totale 543,208 52 Fra gruppi 107,627 3 35,876 Entro gruppi 305,090 49 6,226 Totale 412,717 52 Fra gruppi 76,484 3 25,495 Entro gruppi 312,195 49 6,371 Totale 388,679 52 Fra gruppi 1155,757 3 385,252 Entro gruppi 3377,262 49 68,924 Totale 4533,019 52 F Sig ,929 ,434 11,134 ,000 2,868 ,046 5,762 ,002 4,001 ,013 5,590 ,002 14 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 7. Test di Bonferroni eseguito sui punteggi riportati alla DES AN BN DES DAI NAS BN -16,40800 6,72288 DAI -41,17667* 7,11702 ,110 ,000 NAS -8,83833 7,11702 1,000 ,110 AN 16,40800 6,72288 DAI -24,76867* 7,00667 ,005 NAS 7,56967 7,00667 1,000 AN 41,17667* 7,11702 ,000 BN 24,76867* 7,00667 ,005 NAS 32,33833* 7,38568 ,000 AN 8,83833 7,11702 1,000 BN -7,56967 7,00667 1,000 DAI -32,33833* 7,38568 ,000 Le bulimiche, invece, presentano maggiori livelli di alessitimia rispetto ai NAS (Tabella 8.1). In particolare, i soggetti con AN hanno maggiori difficoltà a identificare le emozioni rispetto ai NAS e maggiori difficoltà a comunicarle rispetto ai BN. I soggetti con BN, inoltre, presentano maggiori difficoltà a identificare le emozioni rispetto a DAI e NAS (Tabella 8.2), un maggior pensiero orientato all’esterno rispetto agli AN e NAS e una mancanza di empatia maggiore rispetto agli AN (Tabella 8.3). Tabella 8.1 Test di Bonferroni eseguito sui punteggi riportati alla scala TOT della SAR Variabile dipendente (I) diagn (J) diagn Differenza fra medie (I-J) Errore std. BN -4,57143 3,08513 ,869 AN DAI 1,01190 3,26600 1,000 NAS 8,51190 3,26600 ,073 AN 4,57143 3,08513 ,869 DAI 5,58333 3,21536 ,533 NAS 13,08333* 3,21536 ,001 AN -1,01190 3,26600 1,000 BN TOT DAI NAS Sig. BN -5,58333 3,21536 ,533 NAS 7,50000 3,38929 ,190 AN -8,51190 3,26600 ,073 BN -13,08333* 3,21536 ,001 DAI -7,50000 3,38929 ,190 15 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 8.2 Test di Bonferroni eseguito sui punteggi riportati alle scale DIE e DCE della SAR Variabile dipendente (I) diagn (J) diagn Differenza fra medie (I-J) Errore std. BN -4,57143 3,08513 ,869 AN DAI 1,01190 3,26600 1,000 NAS 8,51190 3,26600 ,073 BN TOT DAI NAS AN BN DIE DAI NAS AN BN DCE DAI NAS Sig. AN 4,57143 3,08513 ,869 DAI 5,58333 3,21536 ,533 NAS 13,08333* 3,21536 ,001 AN -1,01190 3,26600 1,000 BN -5,58333 3,21536 ,533 NAS 7,50000 3,38929 ,190 AN -8,51190 3,26600 ,073 BN -13,08333* 3,21536 ,001 DAI -7,50000 3,38929 ,190 BN -1,14286 1,35091 1,000 ,158 DAI 3,27381 1,43011 NAS 6,27381* 1,43011 ,000 AN 1,14286 1,35091 1,000 DAI 4,41667* 1,40794 ,017 NAS 7,41667* 1,40794 ,000 AN -3,27381 1,43011 ,158 BN -4,41667* 1,40794 ,017 NAS 3,00000 1,48410 ,292 AN -6,27381* 1,43011 ,000 BN -7,41667* 1,40794 ,000 DAI -3,00000 1,48410 ,292 BN 3,22857* 1,14117 ,040 DAI 2,17857 1,20807 ,465 NAS 2,42857 1,20807 ,300 AN -3,22857* 1,14117 ,040 DAI -1,05000 1,18934 1,000 NAS -,80000 1,18934 1,000 AN -2,17857 1,20807 ,465 BN 1,05000 1,18934 1,000 NAS ,25000 1,25367 1,000 AN -2,42857 1,20807 ,300 BN ,80000 1,18934 1,000 DAI -,25000 1,25367 1,000 16 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 8.3 Test di Bonferroni eseguito sui punteggi riportati alle scale POE ed EMP della SAR Variabile dipendente (I) diagn AN BN POE DAI NAS AN BN EMP DAI NAS (J) diagn Differenza fra medie (I-J) Errore std. Sig. BN -3,48571* ,92727 ,003 DAI -1,86905 ,98163 ,377 NAS -,36905 ,98163 1,000 AN 3,48571* ,92727 ,003 DAI 1,61667 ,96641 ,604 NAS 3,11667* ,96641 ,013 AN 1,86905 ,98163 ,377 BN -1,61667 ,96641 ,604 NAS 1,50000 1,01869 ,884 AN ,36905 ,98163 1,000 BN -3,11667* ,96641 ,013 DAI -1,50000 1,01869 ,884 BN -2,97143* ,93800 ,016 DAI -2,65476 ,99300 ,061 NAS -2,32143 ,99300 ,141 AN 2,97143* ,93800 ,016 DAI ,31667 ,97760 1,000 NAS ,65000 ,97760 1,000 AN 2,65476 ,99300 ,061 BN -,31667 ,97760 1,000 NAS ,33333 1,03048 1,000 AN 2,32143 ,99300 ,141 BN -,65000 ,97760 1,000 DAI -,33333 1,03048 1,000 4. Conclusioni Come affermano recenti studi (Beato, 2003; Hallings-Pott et al., 2005), i fenomeni dissociativi, ricoprono un ruolo significativo per la genesi, lo sviluppo e il mantenimento di una psicopatologia di tipo alimentare. In particolare, in uno studio condotto su 30 pazienti affette da DCA, Torem (1986), utilizzando la DIS-Q (Dissociation Questionnaire), riscontrò che 12 di esse presentavano stati dell’Io dissociati. Sanders (1986), autore di una nuova scala per misurare la dissociazione, la scala PAS (Perceptual Alteration Scale), evidenziò come alcune studentesse universitarie che praticavano abbuffate, riportavano un più alto grado di fenomeni dissociativi, rispetto ai gruppi di controllo composti da ragazze normali. Demitrack et al. (1990) studiarono le esperienze dissociative di 30 pazienti affette da DCA, confrontandole con 30 donne normali, scoprendo così che le pazienti presentavano livelli decisamente più alti di fenomeni dissociativi rispetto al gruppo di controllo; questo risultato fu replicato da Covino et al.(1994), i quali riscontrarono che le pazienti affette da BN riportavano punteggi più alti alla DES, rispetto al gruppo di controllo. Rosen e Petty (1994), in uno studio condotto su 142 studentesse, sottolinearono come il trattamento degli individui affetti da DCA dovrebbe comprendere una componente didattica per insegnare alle pazienti a riconoscere la loro tendenza alla dissociazione. Everill et al. (1995), riportarono correlazioni significative tra i 17 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ punteggi ottenuti ad una scala sulla dissociazione e la frequenza delle abbuffate e studiarono il legame tra dissociazione e disturbi alimentari in un gruppo clinico di donne bulimiche e in un gruppo non clinico composto da studentesse universitarie: nel gruppo clinico emergeva una correlazione significativa tra sintomi dissociativi e frequenza delle abbuffate, invece, nel gruppo non clinico, venne riscontrato che quando vi erano episodi bulimici, questi erano associati a esperienze dissociative. In uno studio relativo a 103 pazienti affette da DCA, Dalle Grave et al. (1995) riscontrarono, in tale campione, sia la netta prevalenza di sintomi dissociativi rispetto al gruppo di controllo (il 20% delle donne con disturbi alimentari riportava alti livelli di sintomatologia dissociativa) che una correlazione tra dissociazione e DCA, soprattutto nelle pazienti che presentavano una componente bulimica. Vanderlinden e Vandereycken (1998), indagarono la relazione tra esperienze traumatiche e fenomeni dissociativi in un gruppo di 98 pazienti affette da DCA. Vennero prese in considerazione, perché considerate gravemente traumatiche, le seguenti situazioni: violenza sessuale (intra ed extra familiare), maltrattamenti fisici, completa trascuratezza affettiva o abbandono durante l’infanzia e perdita di un familiare stretto. La percentuale complessiva di prevalenza del trauma generale risultò del 28% e il 20% di queste riportava violenze sessuali subite nell’infanzia. In particolare, le pazienti anoressiche del Sottotipo con Abbuffate/Condotte di Eliminazione, le pazienti bulimiche e quelle con disturbi atipici presentavano percentuali di esperienze traumatiche nettamente più alte rispetto alle anoressiche di tipo restrittivo. Questi dati dimostrano dunque l’esistenza di una stretta relazione tra la presenza di un’esperienza traumatica e il tipo di patologia alimentare, ricordando la frequente associazione tra traumi e dissociazione (Nijenhuis, 2004; Caretti & Craparo, 2008). I dati emersi dalla nostra ricerca non disconfermano le relazioni riportate in letteratura tra i Disturbi del Comportamento Alimentare, i fenomeni dissociativi e le difficoltà relative all’espressione delle emozioni (alessitimia). Come affermano Taylor et al. (1997), le persone affette da disturbi alimentari sono fondamentalmente alessitimiche, in quanto presentano deficit nel riconoscimento dei propri stati interni (fame, sazietà, senso di vuoto), nell’esplorazione del proprio mondo interiore e nella competenza necessaria per riconoscere ed esprimere le proprie emozioni. La mancanza d’informazioni sul proprio stato di benessere e sui propri desideri e bisogni, ostacola la creazione di confini stabili con gli altri incrementando, di conseguenza, la dipendenza dall’ambiente esterno per avere conferme e sicurezze (op. cit.). La dipendenza, infatti, costituisce un tratto fondamentale nelle persone affette da disturbi alimentari: la psicopatologia, se da un lato può configurarsi come una inconscia rivendicazione della propria autonomia dalla famiglia, dall’altro tende a ricreare rapporti simbiotici con le figure di riferimento (Bruch, 1987; Humphrey & Stern, 1988). Anche se l’“analfabetismo emotivo” non risulta essere esclusivamente correlato alle abbuffate, ai disturbi dell'immagine corporea o a una ricerca ossessiva della magrezza, esistono tuttavia evidenze empiriche del fatto che il costrutto dell’alessitimia sia legato a tratti psicologici tipici delle persone affette da Disturbi del Comportamento Alimentare. In particolare, la mancanza di consapevolezza enterocettiva, caratterizzata da confusione e incertezza nel riconoscere e rispondere in modo preciso sia agli stati emotivi, sia 18 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ a certe sensazioni viscerali collegate alla fame e alla sazietà (Garner, 1991), può essere ricondotto ad un errato riconoscimento delle proprie emozioni e sensazioni. La confusione relativa al funzionamento delle emozioni e alle percezioni del proprio corpo, è stata ripetutamente descritta come elemento importante nello sviluppo e nella persistenza dei casi di AN e BN (Garner & Bemis, 1985). In questo modo, il corpo assume una funzione vicariante, in quanto condensa nell’agito anoressico-bulimico contenuti psichici difficilmente comunicabili e scarsamente mentalizzati. Oggi tale deficit può essere concettualizzato anche all'interno della teoria del codice multiplo della Bucci (1984; 1997; De Coro & Caviglia, 2000), secondo cui gli schemi emotivi comprendono elementi subsimbolici (insiemi di sensazioni sensoriali, viscerali e cinestesiche) e simbolici (immagini e parole) legati fra loro da connessioni referenziali, la cui qualità è riflessa nei discorsi e nella narrativa degli individui. L'alessitimia implica l'assenza totale o la parziale disconnessione referenziale e, per questa ragione, le emozioni risultano collegate molto debolmente con le immagini e con le parole, venendo così vissute come elementi subsimbolici, quali: sensazioni somatiche, percezioni o impulsi agiti poco differenziati. Secondo le moderne teorie biopsicosociali, tali deficit possono essere spiegati - a livello dei fattori eziopatogenetici - da fattori ambientali relazionali precoci quali, in particolare, l'incapacità del caregiver di facilitare - attraverso la Funzione Riflessiva - un pattern di attaccamento sicuro nei propri figli, determinando un’insufficiente maturazione della mentalizzazione e della regolazione emotiva (Fonagy & Target, 2001; Schore, 2001; Caretti & La Barbera, 2005). 5. Bibliografia American Psychiatric Association (APA) (2000). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM-IV-TR. Tr. it. Milano: Masson, 2002. Baiocco, R., Giannini A. M., Laghi F. (2005). 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Accettato: 10 novembre 2009. 21 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Autostima, metarimuginio, perfezionismo, responsabilità e rimuginio nei disturbi alimentari Sandra Sassaroli1, Sara Bertelli2, Francesca Fiore1, Luca Boccalari2, Gianluigi Luxardi3, Silvio Scarone2, Patrizia Todisco4, Giovanni Maria Ruggiero5 Sommario: OBIETTIVO: il perfezionismo patologico e la bassa autostima risultano essere i fattori cognitivi principalmente coinvolti nei disturbi alimentari (DA). Questo lavoro si proponeva di verificare la modalità secondo cui alcuni costrutti cognitivi come la responsabilità patologica, l’autostima, il perfezionismo, il rimuginio, il metarimuginio e la metacognizione agiscono sull’impulso alla magrezza. METODI: Un gruppo di soggetti con DA e un gruppo di controllo hanno compilato un pacchetto di questionari per valutare diverse variabili cognitive. I dati sono stati elaborati calcolando la regressione gerarchica e la MANOVA. RISULTATI: Responsabilità, rimuginio e metarimuginio sono risultate presenti in misura maggiore nei soggetti con disturbo alimentare rispetto al gruppo di controllo, ma il loro effetto predittivo è risultato non significativo quando si controllava per il perfezionismo e la bassa autostima. Parole chiave: autostima, disturbi alimentari, metarimuginio, perfezionismo, responsabilità, rimuginio. Abstract: AIM: pathological perfectionism and low self-esteem are the cognitive factors involved in eating disorders (ED). This study aims to explore the role played by other cognitive factors like inflated responsibility, worry, meta-worry in the development of ED. METHODS: The study tested the predictive power of the above mentioned cognitive factors in a sample of individualks affected by ED and normal controls using self-report instruments and implementing hierachical regression and MANOVA. RESULTS: Responsibility, worry and meta-worry were higher in individuals with ED than in controls. However, their preddictive power was not significant when controlling for perfectionsim and low self-esteem. Key words: eating disorders, meta-worry, perfectionism, responsibility, selfesteem, worry. ____________________________________________________________ 1“Studi Cognitivi”, scuola di specializzazione post-laurea in psicoterapia cognitiva Milano, Italia; 2Ospedale San Paolo, Milano; 3Centro Psicosociale di San Vito al Tagliamento, Italia; 4“Spedali Civili” ospedale, Brescia, Italia; 5“Psicoterapia Cognitiva e Ricerca”, scuola di specializzazione post-laurea in psicoterapia cognitiva, Milano, Italia Corrispondenza: Sandra Sassaroli, “Studi Cognitivi”, Scuola di specializzazione post-lauream in psicoterapia cognitiva, Foro Buonaparte 57, 20121, Milano, Italia. E-mail: [email protected] 22 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 1.1 I fattori cognitivi classici dei disturbi alimentari: perfezionismo e bassa autostima Il perfezionismo è uno stile di personalità connesso ai Disturbi dell’Alimentazione (DA), (Bauer e Anderson, 1989; Bruch, 1973; Casper, 1983; Halmi et al., 2000) e ai comportamenti ad essi legati, come le restrizioni alimentari, le preoccupazioni rispetto alla forma fisica, al peso e all’impulso alla magrezza (Bastiani et al., 1995; Davis, 1997; Hewitt, Flett e Ediger, 1995; Joiner et al., 1997; McLaren, Gauvin e White, 2001). Esso rappresenta un costrutto multidimensionale in quanto caratterizzato da alti standard, dal timore degli errori, dal criticismo genitoriale, dalle aspettative genitoriali, dai dubbi sulle azioni e dell’organizzazione (Frost et al., 1990). La caratteristica distintiva del perfezionismo patologico è rappresentata dal timore dell’errore. Infatti, i soggetti che mostrano questa peculiarità percepiscono come inaccettabile, foriero di danni futuri, anche il minimo errore e non ritengono le azioni, messe in atto, complete tanto da accompagnarle da un forte senso di auto-critica e di inefficacia (Frost et al., 1990). La dimensione di alti standard personali è presente sia in soggetti clinici sia in soggetti non-clinici e non è discriminativa per i perfezionisti patologici e per coloro che tendono all’alta competenza e al successo (Frost et al., 1990; Hamachek, 1978). Recentemente, è stata proposta una descrizione unidimensionale del perfezionismo definito come Perfezionismo Clinico, ossia un'iper-dipendenza della valutazione di sé sul perseguimento di obiettivi personalmente impegnativi, auto-imposti, in almeno un campo importante, nonostante conseguenze negative (Shafran, Cooper e Fairburn, 2002). I dubbi sulle azioni presentati da questi soggetti consistono nell’incertezza esperita sull’aver fatto o meno una determinata azione, che porta gli stessi ad organizzare, pianificare in maniera ossessiva quanto dovrebbero realizzare (Frost et al., 1990). La critica genitoriale e le aspettative parentali sono collegate alla tendenza dei perfezionisti di ritenere l'amore genitoriale come conseguenza delle loro capacità di soddisfare le aspettative (Burns, 1980; Hamachek, 1978; Patch, 1984). Dunkley et al. (2006) hanno dimostrato che la dimensione valutativa delle preoccupazioni legate al perfezionismo è rilevante da un punto di vista clinico, mentre possedere livelli elevati di standard personali non è di per sé maladattivo. La bassa autostima è un costrutto unidimensionale che riguarda il giudizio sul proprio valore personale (Rosenberg, 1965), ed è considerata come un fattore importante nello sviluppo della vulnerabilità dei DA. Le persone affette da DA tendono a giudicarsi esclusivamente nell’ambito della forma, del peso e del grasso corporeo (Button et al., 1996; Fairburn, Cooper e Shafran, 2003). Inoltre, sono condizionate da una sensazione pervasiva, generica e vaga di non essere sufficientemente adeguati e competenti e in relazione alle richieste della vita e per questo spendono molto tempo focalizzando la propria attenzione sulle sensazioni negative (Vitousek e Hollon, 1990). 1.2 Altri possibili fattori cognitivi dei disturbi alimentari: senso di responsabilità La relazione che intercorre fra la responsabilità eccessiva e DA è determinato da una relazione psicopatologica con il disturbo ossessivo 23 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ compulsivo (Halmi et al., 2000; Thornton e Russell, 1997), in quanto la responsabilità eccessiva è considerata la credenza centrale dell’ossessività (Salkovskis, 1985). Rachman e Shafran (1999) hanno applicato il concetto di responsabilità ai DA assumendo che questi pazienti considerassero l'eccesso di cibo immorale e il desiderio del cibo come moralmente inaccettabile. 1.3 Altri possibili fattori cognitivi dei disturbi alimentari: rimuginio e metarimuginio Storicamente il rimuginio è stato poco studiato nel campo dei DA, nonostante la definizione del DSM-IV di timore della grassezza prevede delle relazioni con lo stesso. Il rimuginio è un'attività di pensiero caratterizzata da una prevalenza di previsioni ansiose e di timori di possibili futuri eventi negativi (Borkovec, 1994). A sua volta, il timore della grassezza è una predizione su possibili futuri eventi negativi riguardo al peso e al grasso. Alcuni studi empirici hanno supportato l'ipotesi che il rimuginio svolga un ruolo psicopatologico nei DA. È stato osservato che le ragazze senza disturbi clinici mostravano in modo significativo più rimuginio sul peso e sul cibo rispetto a ragazzi senza disturbi clinici (Wadden et al., 1991). Inoltre, i soggetti con disturbi alimentari mostrano misure più elevate di rimuginio rispetto al gruppo di controllo (Kerkhof, Hermas, Figee, Laeremans, Pieters e Aardema, 2000), mentre il consumo di cibo in un campione non clinico di soggetti cronicamente a dieta e inclini al rimuginio era stimolato da pensieri ricorrenti sul rango sociale e sulle prestazioni scolastiche (Scattolon e Nicky, 1995). Sassaroli et al. (2005) hanno dimostrato che esiste una relazione di causa ed effetto tra rimuginio e disturbi alimentari. Studi recenti hanno rilevato la presenza della ruminazione (rumination) nei DA. La rumination indica un rimuginio presente nella depressione e in altri disturbi dell'umore (Nolen-Hoeksema, 2000). È legata ad eventi negativi passati, mentre il rimuginio è una preoccupazione su futuri eventi negativi. È stato osservato che l'insorgere della bulimia è associato alla ruminazione in risposta ad eventi di vita (Troop e Treasure, 1997), mentre i soggetti che seguono una dieta mostrano in modo significativo più ruminazioni rispetto al mangiare e al cibo, rispetto ai soggetti non a dieta (Hart e Chiovari, 1998). Il rimuginio patologico è mantenuto da credenze metacognitive positive e negative riguardanti i vantaggi e i pericoli del rimuginare (Wells, 2000), che, in seguito, diventeranno loro stesse oggetto di rimuginio. Quest’ultimo prende il nome di meta-rimuginio (Wells, 2000). La metacognizione comprende ogni conoscenza coinvolta nei processi di pensiero,valutazione e credenze sulla cognizione stessa e sugli stati mentali altrui (Flavell, 1979). Mentre Ardovini (2002) ipotizza una connessione tra deficit metacognitivo e sviluppo dei disturbi alimentari, Tchanturia et al. (2004) sostengono che non ci sono evidenze di una qualche riduzione specifica dell’efficienza dei processi metacognitivi in chi soffre di anoressia. 1.4 Obiettivi dello studio Riassumendo, nella ricerca recente il perfezionismo e la bassa autostima sono stati considerati come delle variabili predittive nella genesi dei DA. Lo 24 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ scopo del seguente studio è di dimostrare le modalità secondo le quali il perfezionismo, la bassa autostima, la credenza della responsabilità e i contenuti metacognitivi del rimuginio determinano il DA. Più precisamente, l’obiettivo è verificare se esistano delle relazioni tra le variabili prima citate nei due gruppi di pazienti, anoressici e bulimici rispetto ad un gruppo di controllo. Per semplificare la nostra analisi è stata considerata un’unica misura di DA, la sotto scala per l’impulso alla magrezza del questionario EDI II che valuta la preoccupazione eccessiva di stare a dieta, la preoccupazione per il peso e il timore di aumento del peso (Garner, Olmsted e Polivy, 1983). La suddetta scala comprende una delle caratteristiche cardini del DA ed è essenziale per effettuare una diagnosi sia di anoressia nervosa sia di bulimia nervosa. 2. Studio 1: Il senso di responsabilità eccessiva nei DA 2.1. Metodo 2.1.1 Partecipanti Allo studio hanno partecipato 40 soggetti italiani afferenti al centro di psicoterapia cognitiva di Milano, “Studi Cognitivi”, al Centro Psicosociale di S. Vito al Tagliamento al Centro DA dell'ospedale dello S. Paolo di Milano, al centro DA dell’Ospedale Civile di Brescia. Il reclutamento è stato effettuato durante la fase iniziale di valutazione del trattamento. Durante questa fase sono stati somministrati, da parte di specializzandi psicologi opportunamente addestrati, un pacchetto di test self-report e intervista clinica strutturata per l'asse I del DSM-IV (SCID, Spitzer, Gibbon, e Williams, 1997; versione italiana Mazzi, Morosini, De Girolamo, Bussetti, e Guaraldi, 2000), grazie alla quale è stato possibile individuare 23 pazienti anoressici e 17 bulimici. Tutti i partecipanti erano di sesso femminile tranne uno. L’età media del campione era di 31,65 anni (Dev. St.= 9,99). I soggetti di controllo, di sesso femminile, sono stati reclutati da tra gli allievi della scuola di specializzazione in psicoterapia cognitiva “Studi Cognitivi” di Milano e da una popolazione di operai di Cuneo, Italia. Il gruppo di controllo è costituito da 44 soggetti, tre dei quali sono stati esclusi perché in psicoterapia. Tutti i partecipanti hanno ricevuto informazioni dettagliate sulle procedure e sugli obiettivi dello studio. I criteri di verifica per l'inclusione allo studio erano: diagnosi del DSM basata su SCID I di anoressia o di bulimia per il gruppo DA, mentre il gruppo di controllo non doveva comprendere soggetti con DA o con disturbi d’ansia. Lo scopo del primo studio è di esplorare e confrontare il potere predittivo del senso di responsabilità, del perfezionismo e della bassa autostima e delle interazioni di queste credenze su una misura di DCA come l’impulso alla magrezza. 2.1.2. Misure La SCID è un'intervista strutturata basata sui criteri di valutazione del DSM che danno la diagnosi per i disturbi psichiatrici di asse I. L’impulso alla magrezza è una sottoscala costituita da 7 item dell’Eating Disorders Inventory (EDI, Garner, Olmsted e Polivy, 1983), self report 25 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ destinato a valutare le dimensioni cognitive e comportamentali dei DA. La versione italiana del questionario è stata ritradotta in inglese da una persona dagli U.S.A. non pratica dello strumento. L'autore originale dell’EDI ha confrontato la versione originale e la versione ritradotta in inglese dello strumento e non ha trovato differenze significative (Garner, comunicazione personale, 24 giugno 1997). L’MPS-F (Multidimensional Perfectionism Scale, Frost et al., 1990), è un questionario di 35 item autosomministrato sul perfezionismo. Le scale dell’MPS misurano il timore dell’errore, gli alti standard personali, il criticismo genitoriale, le aspettative genitoriali, i dubbi sulle azioni e l'organizzazione. L’RSES (Rosenberg Selef-Esteem Scale, Rosenberg, 1965) valuta la bassa autostima e il senso globale del proprio valore. La RAS (Responsibility Attitude Scale, Salkovskis et al., 2000), valuta la tendenza a rimuginare sulle proprie responsabilità e sul timore di fare del male. La RAS è una scala auto-somministrata di 26 items. La coerenza interna misurata attraverso l’α di Cronbach per ciascuno dei test somministrati è compresa tra 0,71 e 0,85. 2.2. Risultati 2.2.1. Analisi dei dati Per esaminare il contributo predittivo del timore degli errori, dell’autostima e della responsabilità, sono state condotte alcune analisi gerarchiche di regressione usando l’impulso alla magrezza dell’EDI come variabile dipendente. Per avere una scala comune con cui valutare il contributo di ciascuna delle variabili indipendenti, abbiamo usato i valori standardizzati. I dati sono stati elaborati attraverso il software SPSS 13.0 ( citazione). Nella prima regressione gerarchica, il timore degli errori è stati inserito come variabile predittiva nella fase uno, mentre, la bassa autostima è stata inserita nella seconda fase. Nella fase uno, il timore degli errori ha predetto significativamente l’impulso alla magrezza (modificazione di R2 = .29, p < .001). Nella fase due, la bassa autostima non ha predetto significativamente l’impulso alla magrezza in aggiunta al timore degli errori (modificazione di R2 = .02, p > .05). Nella seconda regressione gerarchica, la bassa autostima è stata inserita come variabile predittiva nella fase uno e il timore degli errori è stato inserito nella fase due. Nella fase uno, la bassa autostima ha predetto significativamente l’impulso alla magrezza (modificazione di R2 = .22, p < .001) e nella fase due il timore degli errori ha predetto significativamente l’impulso alla magrezza in aggiunta alla bassa autostima (modificazione di R2 = .32, p < .05). Nella seconda fase di questa analisi si è voluto studiare il contributo predittivo della responsabilità rispetto al timore degli errori e alla bassa autostima. In una prima regressione gerarchica, la responsabilità è stata inserita come variabile del predittiva in fase uno e il timore degli errori e la bassa autostima sono stati inseriti in fase due. In fase uno, la responsabilità ha predetto significativamente l’impulso alla magrezza (R2 = .19, p < .05) e in fase due il timore degli errori e la bassa autostima hanno predetto significativamente l’impulso alla magrezza rispetto al gruppo di controllo (modificazione di R2 = .29, p > .05). In una seconda regressione gerarchica, il timore degli errori e la 26 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ bassa autostima sono stati inseriti come variabili predittive in fase uno e la responsabilità è stata inserita in fase due. In fase uno, il timore degli errori e la bassa autostima hanno predetto significativamente l’impulso alla magrezza (modificazione di R2 = .48; timore degli errori: b = .72, p < .05; bassa autostima: b = -.05, p > .05) mentre in fase due, la responsabilità non ha significativamente previsto l’impulso alla magrezza (modificazione di R2 = .01, p > .05). Tabella 1: Statistiche descrittive e t-test Gruppi Timore degli errori Bassa autostima Responsabilità Impulso alla magrezza Disturbi alimentari Controlli Disturbi alimentari Controlli Disturbi alimentari Controlli Disturbi alimentari Controlli N Media Dev. Std. 40 34.90 8.28 38 20.08 5.51 40 22.33 7.08 38 27.82 6.79 40 4.78 .91 38 3.64 1.20 40 15.28 3.60 38 3.00 3.78 t Sig. 9.34 .000 -3.50 .001 4.73 .000 14.5 .000 I risultati derivanti dalla prima fase indicano che il timore degli errori abbia un più grande contributo predittivo che la bassa autostima. Infatti, il timore degli errori ha predetto una varianza supplementare significativa connessa con l’impulso alla magrezza dopo il controllo per bassa autostima, mentre la bassa autostima non ha predetto alcuna varianza supplementare connessa con l’impulso alla magrezza dopo il controllo per il timore degli errori. I risultati inerenti alla seconda fase indicato che la responsabilità esercita un minore contributo predittivo che il timore degli errori e la bassa autostima. Infatti, il timore degli errori e la bassa autostima hanno predetto una varianza supplementare significativa connessa con l’impulso alla magrezza dopo il controllo per la responsabilità, mentre la responsabilità non ha predetto alcuna varianza supplementare connessa con l’impulso alla magrezza dopo il controllo per il timore degli errori e la bassa autostima. Per concludere, i risultati dalle analisi gerarchiche di regressione indicano che, in questo campione, la responsabilità ha un reale potere predittivo su una misura di DA come l’impulso alla magrezza, ma che questo potere predittivo è minore di quello del timore degli errori (perfezionismo patologico) e della bassa autostima 2.2.4 Effetti di interazione fra credenze È stata condotta un'analisi di regressione multipla usando timore degli errori, bassa autostima e responsabilità come variabili indipendenti e l’impulso 27 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ alla magrezza come dipendente e abbiamo misurato sia gli effetti principali sia gli effetti di interazione fra le tre variabili indipendenti (Aiken e West, 1991). Per avere una scala comune con cui valutare il contributo di ciascuna delle variabili indipendenti, abbiamo usato i valori standardizzati. Il timore degli errori hanno avuti un effetto principale significativo su l’impulso alla magrezza (F = 19.28; p < .001), mentre tenendo conto delle interazioni bidirezionali e a tre vie, nessun'interazione tra le variabili predittive ha rivelato un effetto significativo sull’impulso alla magrezza. 3. Studio 2: Il metarimuginio nei DA 3.1 Metodo 3.1.1. Partecipanti. I partecipanti erano 84 soggetti italiani affetti da disturbi alimentari e 54 soggetti italiani appartenenti al gruppo di controllo. I soggetti sono stati reclutati dagli stessi centri precedentemente citati e tutti sono stati sottoposti alla stessa batteria di test sopra descritti. Usando la SCID I, abbiamo diagnosticato 48 pazienti bulimici e 36 pazienti anoressici. Tutti e 84 i soggetti con disturbi alimentari erano donne. L’età media era di 23,39 anni (Dev. St..= 4,75). L'età media dell'esordio del disturbo era 18,83 anni (Dev. St..= 2,22). Il gruppo di controllo è formato da 38 soggetti italiani, di sesso femminile con età media pari a 25,31 anni (Dev. St..= 5,4). Lo scopo del secondo studio consiste nell’esplorare e confrontare il potere predittivo delle variabili metacognitive, del perfezionismo e della bassa autostima e delle interazioni di queste credenze su una misura di DCA come l’impulso alla magrezza. 3.1.2. Misure Nel secondo studio, oltre EDI, MPSI e RSES già descritti, sono stati usati il PSWQ (Penn State Worry Questionnaire, Meyer, Miller, Metzger e Borkovec, 1990) che valuta il livello di rimuginio e l’MQ (Metacognition Questionnaire, Cartwright e Wells, 1994), che valuta le seguenti variabili: credenze positive sul rimuginio, credenze negative sul rimuginio, efficienza e fiducia metacognitiva, credernze negative geneali e automonitoraggio. 28 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 3.2 Risultati 3.2.1 Analisi delle dimensioni cognitive e metacognitive tra gruppi. La tabella 2 riporta le medie e le deviazioni standard di ciascun campione. Tabella 2: Medie e deviazioni standard Controlli M Dev St Timore degli errori Anoressiche M Dev Bulimiche M Dev St St 21.05 5.17 33.17 9.39 29.50 7.74 29.61 5.32 18.22 5.69 24.50 7.02 36.24 4.72 63.14 11.37 58.28 10.95 32.26 6.92 40.56 14.91 38.62 10.44 25.66 4.20 42.22 8.01 36.46 11.55 17.02 4.15 21.11 7.59 19.17 5.45 21.58 5.20 26.08 4.66 25.88 6.42 16.53 3.14 20.36 3.96 19.65 3.52 (Multidimensional Perfectionism Scale) Autostima (Rosenberg Self-esteem Scale) Rimuginio (Penn State Worry Questionnaire) Credenze positive sul rimuginio (Metacognition Questionnaire) Credenze negative sul rimuginio (Metacognition Questionnaire) Efficienza e fiducia metacognitiva (Metacognition Questionnaire) Credenze negative generali (Metacognition Questionnaire) Automonitoraggio (Metacognition Questionnaire) Le tabelle 3 riporta la MANOVA tra gruppo di controllo e gruppi con disturbi alimentari. La scala "timore degli errori" dell'MPS, l'RSES e il PSWQ, hanno distinto il gruppo di controllo dal gruppo con DA. Le variabili metacognitive hanno differenziato il gruppo di controllo da quello con DA. Nella scala "convinzioni sulla competenza cognitiva", solo le anoressiche hanno ottenuto punteggi significativamente diversi dai soggetti di controllo. Tabella 3: MANOVA in rimuginio, autostima, perfezionismo e credenze meta cognitive Controlli (CON) Anoressiche (AN) Bulimiche (BN) PSWQ Rimuginio 36.24 (4.72)a 63.14 (11.37)b 58.28 (10.95)b F(2, 119) = 85.09, p < .001; Con – AN: p < .001; Con – BN: p < .001 RSES Autostima 29.61 (5.32)a 18.22 (5.69)b 24.50 (7.02)c F(2, 119) = 31.78, p < .001; Con – AN: p < .001; Con – BN: p < .01; AN – BN: p < .001 MPS Timore degli errori 21.05 (5.17)a 33.17 (9.39)b F(2, 119) = 25.06, p < .001; Con – AN: p < .001; Con – BN: p < .001 29.50 (7.74)b 29 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 3 (continua): MANOVA in rimuginio, autostima, perfezionismo e credenze metacognitive Controlli (CON) Anoressiche (AN) Bulimiche (BN) MQ Credenze positive sul rimuginio 32.26 (6.92)a 40.56 (14.91)b 38.62 (10.44)b F(2, 119) = 5.79, p < .01; Con – AN: p < .05; Con – BN: p < .01 Tabella 3 (continua): MANOVA in rimuginio, autostima, perfezionismo e credenze metacognitive MQ Credenze negative 25.66 (4.20)a 42.22 (8.01)b 36.46 (11.55)c sul rimuginio F(2, 119) = 34.37, p > .001; Con – AN: p < .001; Con – BN: p < .001; AN – BN: p < .05 MQ Efficienza e fiducia metacognitiva 17.02 (4.15)a 21.11 (7.59)b 19.17 (5.45)a 26.08 (4.66)b 25.88 (6.42)b F(2, 119) = 4.54: p > .05; Con – AN: p < .05 MQ Credenze negative generali 21.58 (5.20)a F(2, 119) = 8.12, p < .001; Con – AN: p < .01; Con – BN: p < .01 MQ Automonitoraggio 16.53 (3.14)a 20.36 (3.96)b 19.65 (3.52)b F(2, 119) = 12.64, p < .001; Con – AN: p < .001; Con – BN: p < .05 Attraverso la Regressione Lineare Semplice, è stato misurato l’effetto complessivo delle credenze cognitive e metacognitive (predittori) sull’impulso alla magrezza (variabile dipendente) (tabella 4). I risultati hanno mostrato che le variabili cognitive, timore degli errori, bassa autostima e rimuginio, avevano un effetto predittivo significativo sulla misura dei disturbi alimentari. Invece, per quanto riguarda le variabili metacognitive, nessuna di esse ha mostrato un effetto globale significativo. Tabella 4: Regressione lineare, effetti delle credenze cognitive e metacognitive (predittori) su impulso alla magrezza dell’EDI (variabile dipendente) Predittori Rimuginio (Penn State Worry Questionnaire) Autostima (Rosenberg Self Esteem Questionnaire) Timore degli errori (Multidimensional Perfectionism Scale) Credenze positive sul rimuginio (Metacognition Questionnaire) R R2 F Sig. .281 .079 7.021 .010* .255 .065 5.696 .019* .463 .215 22.411 .000*** .203 .043 3.674 .059+ + = Sig. < .1; * = Sig. < .05; ** = Sig. < .01; *** = Sig. < .001 Le variabili indipendenti esplorate in questa ricerca erano altamente correlate le une con le altre. Questo potrebbe tradursi, in particolare per piccoli campioni, in una multicollinearità, che porta ad una mancanza di significatività statistica delle singole variabili indipendenti mentre il modello complessivo 30 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ potrebbe essere fortemente significativo. Per ridurre l'effetto della multicollinearità tra le variabili predittrici, sono state centrate le variabili, ovvero è stata tolta la media da una variabile, lasciando i punteggi di deviazione (Aiken e West, 1991). Per esaminare gli effetti dell'interazione tra le variabili timore degli errori, autostima e rimuginio è stata realizzata un’analisi di Regressione Lineare Multipla usando tutte le precedentemente menzionate variabili cognitive centrate come variabili indipendenti e l’impulso alla magrezza come dipendente e sono misurati gli effetti di interazione a 2 e a 3 vie tra le variabili indipendenti (Aiken e West, 1991). I risultati mostrano che le interazioni con effetto significativo sui soggetti con disturbi alimentari erano quelle a tre vie tra rimuginio timore degli errori e autostima. L'effetto di interazione a 2 vie tra timore degli errori e autostima ha mostrato un effetto lievemente significativo (tabella 5). Tabella 5: Regressione lineare multipla, effetti interattivi delle credenze cognitive (predittori) su impulso alla magrezza dell’EDI (variabile dipendente) Predittori Sig. F Timore degli errori * Autostima 7.021 .010* Timore degli errori * Autostima * Rimuginio 5.696 .019* R2 = .162 (R2 modificato = .119) 4. Discussione I risultati del primo studio suggeriscono che il senso la responsabilità mostra avere un ruolo psicopatologico importante nel modello cognitivo dei DA. Tuttavia, dati ottenuti suggeriscono un ridimensionamento del ruolo della responsabilità. Infatti, dimostrano come il perfezionismo, sotto forma di timore degli errori, sia un predittore più forte dell’impulso alla magrezza che la responsabilità. Inoltre, è stato dimostrato che l'effetto della responsabilità è derivante dal timore degli errori. Tuttavia, tale risultato indicherebbe che la credenza della responsabilità sia presente nel DA, nonostante svolga un ruolo psicopatologico minore rispetto al perfezionismo patologico. In conclusione i dati fin ora attenuti suggeriscono che gli individui con DA tenderebbero a temere il cibo e l’aumento di peso anche per una sorta di senso esagerato e disfunzionale di responsabilità (Rachman e Shafran, 1999), malgrado il perfezionismo patologico rimanga la credenza centrale dei DA. La regressione gerarchica rileva che nel perfezionismo è presente una componente cognitiva collegata alla responsabilità e alla moralità, ma tale componente è lontana dallo spiegare il nucleo psicopatologico del DA. I risultati del secondo studio confermano il ruolo del perfezionismo, della bassa autostima e del rimuginio nella psicopatologia dei disturbi alimentari (Vitousek e Hollon, 1990), ed offre spunti interessanti sul possibile ruolo di una dimensione metacognitiva come le credenze positive sul rimuginio. 31 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Il lavoro conferma che il timore degli errori potrebbe essere un modo clinicamente rilevante per concettualizzare il perfezionismo, anche se i risultati non possono essere usati come argomento per falsificare le altre definizioni di perfezionismo,come la definizione di Hewitt e Flett (1991), o il Perfezionismo Clinico di Shafran, Cooper e Fairburn (2003). Si osserva che la credenza "Timore degli Errori" potrebbe essere interpretata come un modo di pensare dello stile ansioso. Infatti, il Timore degli Errori potrebbe essere considerata come una sovra-stima di eventi minacciosi, una paura intensa e ansiosa di fallimento dopo importanti prestazioni. La dimensione del perfezionismo "Timore degli Errori" è importante per capire la psicologia dei soggetti con disturbi alimentari, perché suggerisce come poter interpretare ogni errore e ogni imperfezione corporea o di peso come fallimenti catastrofici (Hewitt e Flett, 1991). Riguardo all'autostima, il nostro studio conferma il ruolo significativo nel DA (Button, Sonuga-Barke, Davies e Thompson, 1996; Fairburn, Cooper e Shafran 2003; Fairburn, Welch, Doll, Davies e O’Connor, 1997). Dunque, i soggetti con DA hanno un caratteristico schema di sé dipendente dal peso (Vitousek e Hollon, 1990). Questo schema di sé generale è la seconda caratteristica cognitiva centrale dei disturbi alimentari ed è stato chiamato come duratura valutazione negativa di sé (Vitousek e Hollon, 1990). Il lavoro conferma anche il ruolo svolto dal rimuginio come fattore alla base dei disturbi alimentari. Da un punto di vista clinico il rimuginio può essere utile per interpretare e capire i disturbi alimentari. Si noti che un criterio diagnostico centrale dell'anoressia, la paura della grassezza del DSM-IV, ha molto in comune col Rimuginio. La paura della grassezza, come il rimuginio, è intesa come una previsione di possibili futuri eventi negativi. Probabilmente, i soggetti con DA rimuginano sul peso, sul grasso, sulla forma del corpo, perché prevedono una lunga catena di conseguenze negative legate ad essi. Queste conseguenze negative possono riguardare problemi interpersonali, il senso di autoefficacia, la paura di essere biasimati o disprezzati da genitori o coetanei. La relazione tra Rimuginio e disturbi alimentari è confermata non solo da studi che hanno esaminato direttamente questa variabile (Kerkhof et al., 2000; Scattolon e Nicky, 1995; Sassaroli et al., 2005; Wadden, Brown, Foster e Linowitz, 1991), ma anche da altri articoli. Infatti Godley, Tchanturia, MacLeod e Schmidt (2001) hanno mostrato che sia pazienti con anoressia che pazienti con bulimia nervosa avevano più cognizioni negative dei soggetti del gruppo di controllo. Il tema negativo più comunemente menzionato da anoressici e bulimici era quello riguardo alla loro salute seguita dal campo sociale-interpersonale. Non è necessario sottolineare ulteriormente che il concetto di cognizioni orientate al futuro negative è molto simile al Rimuginio. L'analisi di interazione chiarifica il ruolo svolto dal Rimuginio. Infatti, tali risultati suggeriscono che l'effetto del Timore degli Errori o dell'Autostima sull’impulso alla magrezza vari in funzione del mutare del Rimuginio. Comunque, gli effetti di interazione rivelati dalla Regressione Lineare Multipla suggeriscono che le variabili cognitive siano strettamente intrecciate le une alle altre e che sia difficile distinguere il loro effetto. Probabilmente il Timore degli errori incrementa una bassa autostima e viceversa. Inoltre, sia il Timore degli 32 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Errori che l'Autostima (bassa) sono incrementate dal Rimuginio. Tutti questi elementi concorrono allo sviluppo dei DA. Riguardo alla metacognizione, 4 delle 5 scale dell'MQ hanno mostrato punteggi significativamente più alti nei disturbi alimentari che nei soggetti del gruppo di controllo. Tale risultato supporta l'ipotesi che nei disturbi alimentari il Rimuginio su grasso, peso e il mangiare diventa l'oggetto di credenze e valutazioni negative. Quando il rimuginare è valutato come pericoloso, il livello di preoccupazione su cibo, peso e grasso aumenta ed è difficile per i soggetti con disturbi alimentari raggiungere uno stato interno che segnali che è meglio smettere di rimuginare. Tuttavia, non è possibile dire che questo modello metacognitivo dei disturbi alimentari sia del tutto confermato dai dati riportati. In effetti, nessuna variabile metacognitiva ha mostrato un qualche effetto predittivo sui DA e nessuna variabile metacognitiva ha mostrato effetti di interazione. Tali scoperte suggeriscono che credenze metacognitive sono effettivamente presenti nei soggetti con DA, ma che non presentano un effetto predittivo su un sintomo centrale come l’impulso alla magrezza. Probabilmente, significa che né il metaRimuginio né le altre variabili metacognitive svolgano un ruolo psicopatologico nei DA. In conclusione, il metarimuginio nei disturbi alimentari potrebbe essere un effetto collaterale del rimuginio. I risultati potrebbero essere più robusti con un campione clinico più numeroso e diviso equamente nelle diverse tipologie dei DA. Inoltre, nello studio non sono presenti soggetti con diagnosi NAS, ormai molto comune nei pazienti che richiedono un intervento psicologico per i DA. Potrebbe essere utile in futuro valutare altre variabili dipendenti oltre l’impulso alla magrezza e capire l’effetto delle variabili cognitive su indicatori di esito differenti. Per poter valutare effetti diversi. 5. Limiti dello studio e conclusioni Il principale limite dello studio è l’assenza di misurazioni della personalità Questo dipende dall’impostazione cognitiva del lavoro, che privilegia l’esplorazione delle singole variabili cognitive e trascura l’analisi diretta di strutture più complesse come la personalità. Tuttavia le variabili da noi studiate appartengono a costellazioni ben precise che comunque configurano indirettamente uno stile di personalità frequentemente associato con i disturbi alimentari, che sarebbe lo stile denominato da Thompson-Brenner, Eddy, Satir, Boisseau e Westen (2008) ad Alto Funzionamento/Perfezionista e individuato da Wonderlich, Swift, Slotnick e Goodman (1990) come personalità ossessiva. In realtà, secondo Holliday, Uher, Landau, Collier e Treasure (2006) si tratta di soggetti che nascondono, dietro la rigidità ossessiva, una grave carenza nella capacità di padroneggiare e regolare gli stati emotivi di conflitto e di inadeguatezza rispetto alle richieste relazionali e prestazionali del mondo esterno. Tuttavia questi pazienti riescono a gestire in maniera parzialmente efficiente la loro disregolazione emotiva attraverso condotte perfezionistiche ossessivamente stereotipate e meccanismi di controllo rigido e che costruisce un senso fittizio di adeguatezza focalizzato su un unico parametro controllabile, come il peso o l’alimentazione o una qualche 33 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ prestazione eseguita perfezionisticamente. Naturalmente questo modello invece non si applica a pazienti di funzionamento più basso. Altri limiti dello studio sono il reclutamento di un campione costituito da studenti universitari e operai, e quindi non del tutto rappresentativo di tutte le varie tipologie sociali. Gli studenti, inoltre, potrebbero condividere con il campione di pazienti tratti perfezionistici legati allo studio e alla loro fase di vita. Inoltre non abbiamo misurato l’influenza che lo stato sociale e livello d’istruzione potrebbe avere avuto sulle variabili indagate e in particolar modo i valori forniti dal Multidimensional Perfectionism Scale. Anche il campione clinico non era del tutto rappresentativo, mancando di soggetti con diagnosi di disturbo alimentare non altrimenti specificato (NAS). Questo dipendeva forse dalla provenienza ospedaliera dei soggetti, che forse ha impedito il reclutamento di soggetti con un disturbo sintomatologicamente come i NAS. Tutto questo impedisce una piena generalizzazione dei risultati e suggerisce una replica dello studio che superi questi limiti. 6. Bibliografia Aiken, L. S., & West, S. G. (1991). Multiple Regression: Testing and interpreting interactions. Thousand Oaks: Sage. Ardovini, C. (2002). Attachment theory, metacognitive functions and the therapeutic relationship in eating disorders. Eating and Weight Disorders, 7, 32831. Bastiani, A. M., Rao, R., Weltzin T., & Kaye W. H. (1995). Perfectionism in anorexia nervosa. International Journal of Eating Disorders, 17, 147-152. Bauer, B. G., & Anderson, W. P. (1989). Bulimic beliefs: Food for thought. Journal of Counseling and Development, 67, 416-419. Borkovec, T.D. (1994). The nature, functions, and origins of worry. In G. Davey & F. Tallis (Eds.), Worrying: Perspectives on Theory, Assessment and Treatment (pp. 5-33). Chichester, England: Wiley. Bruch, H. (1973). Eating Disorders: Obesity, Anorexia Nervosa and the Person within. 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Accettato: 1 novembre 2009. 37 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Le funzioni metacognitive nei pazienti con disturbi del comportamento alimentare. Uno studio sul trattamento di gruppo psicodinamico Claudia Prestano1, Viviana Cicero2, Salvatore Gullo2, Grazia Alcuri2, Gianluca Lo Coco2, Antonino Carcione3 Sommario: Evidenze cliniche ed empiriche mostrano che i pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare (DCA) presentano gravi disfunzioni di tipo metacognitivo nell’esecuzione di operazioni intellettive, e nella possibilità di riflettere su di esse. Questo lavoro descrive i risultati preliminari di uno studio single-case sulla relazione tra deficit delle funzioni metacognitive e pazienti con DCA ed il cambiamento di tali funzioni nel corso di una psicoterapia. Sono state studiate sei pazienti (tre con anoressia nervosa e tre con bulimia nervosa) che hanno partecipato ad una psicoterapia di gruppo ad orientamento psicodinamico presso un servizio di Neuropsichiatria Infantile. La valutazione delle funzioni metacognitive delle pazienti è stata effettuata utilizzando la Scala di Valutazione della Metacognizione (SVaM; Carcione et al., 1997), applicata ai trascritti integrali delle sedute. Dai risultati preliminari riguardanti il primo anno di terapia, si evince che le disfunzioni metacognitive più evidenti in questo gruppo di pazienti, riguardano sottofunzioni dell’ Autoriflessività e della capacità di Mastery. Come rivela la quasi totale assenza di fallimenti, invece, le pazienti presentano un buon funzionamento metacognitivo rispetto alla Comprensione della mente altrui. Lo studio non ha identificato significative differenze tra le pazienti affette da anoressia nervosa e da bulimia nervosa. Parole chiave: autoriflessività, comprensione della mente altrui, disturbi alimentari, mastery, metacognzione, SVaM. Abstract: There is an emerging empirical evidence that patients with eating disorders have severe metacognitive concerns, i.e. ability to reflect on mental states. This single-case study aims to explore the relationship between limited metacognition and eating symptoms in six patients who attended a long-term group treatment. This study also aims at analysing the change of patients’ metacognition over the course of treatment. All the patients were female, with a mean age of 17 years. Three patients have a diagnosis of anorexia nervosa, and three have a diagnosis of bulimia nervosa. The group treatment was delivered in a outpatient clinic of the hospital of Acireale (CT). The SVaM (Carcione et al., 1997) was used to measure metacognition of patients, by analysing the transcripts of group sessions. The preliminary findings, which included the first year of the group treatment (N = 27 group sessions) showed that metacognitive dysfunctions more evident concern Understanding One’s Own Mind and Mastery. The first concerns abilities to reflect on the own mental states; the second concerns ability of regulation and control. Data show that patients don’t present failures in the Understanding Other’s Minds. The study has not identified meaningful differences between anorexic patients and bulimic patients. Key words: Eating disorders, Mastery, Metacognition, SVaM, Understanding One’s Own Mind, Understanding Other’s Minds ___________________________________________________________ 1 Facoltà di medicina e chirurgia, dipartimento di scienze pediatriche, mediche e chirurgiche, Università degli studi di Messina. 2 Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Palermo; 3 Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva, Roma. Corrispondenza: Claudia Prestano, Contrada Khazzen, snc 91017 Pantelleria; e-mail: [email protected] 38 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ “ Severo narro. Penso quanto sento. Parole sono idee. Rumoroso il fiume passa, ma il rumore non passa, poiché è nostro, non del fiume.” F. Pessoa (1994) 1. Introduzione L’inconsapevolezza interocettiva venne identificata dalla Bruch (1962) come uno dei nuclei patogenetici fondamentali dell’anoressia, definita come l’incapacità ad interpretare gli stimoli interiori (1978), ovvero di identificare accuratamente, rispondere e descrivere le esperienze interne, in particolare gli stati emozionali. Tale concettualizzazione sembra avere rappresentato per la comunità scientifica uno stimolo ad intraprendere un filone di ricerca che mettesse insieme le funzioni metacognitive ed i disturbi alimentari. Negli ultimi anni, infatti, molti studi empirici (Overton, Selway, Strongman e Houston, 2005; Bydlowski et al., 2005; Carano, 2007; Corcos et al., 2000; Zonnevylle-Bender et al., 2004), pur utilizzando metodologie diverse e/o valutando aspetti emotivi diversi, convergono nell’affermare che la mancanza di consapevolezza emotiva rappresenta un fattore predominante nei disturbi del comportamento alimentare (DCA). Anche le credenze autovalutative negative, derivanti soprattutto dalla convinzione di non poter fronteggiare emozionalmente le situazioni temute, giocano un ruolo importante nell’eziologia di questi disturbi (Sassaroli, Ruggiero, 2002; Kreitler et al., 2003; Apparigliato, Ruggiero e Sassaroli, 2004; Meyer et al., 2005). Alcuni studi (Dugas, Freeston e Ladoucer, 1997) mostrano come il rimuginio, il perfezionismo patologico ed il bisogno di controllo, ampiamente evidenziati nei soggetti con disturbi del comportamento alimentare (Vervaet, Audenaert e van Heeringen, 2003; Apparigliato, Ruggiero, Sassaroli, 2004; Tchanturia et al., 2004; Yellowlees, 1997) abbiano una funzione protettiva dinanzi alla difficoltà di fronteggiare situazioni problematiche. Nel corso degli ultimi anni, molti studi sui fattori eziopatogenetici dell’anoressia e della bulimia (Petterson, 2004) si sono focalizzati sul senso di inadeguatezza connesso alle credenze negative su di sé e all’ intolleranza alle emozioni, che caratterizza i soggetti con tali disturbi, individuando nei comportamenti alimentari patologici un tentativo, seppur doloroso e poco efficace, di auto-terapia. Tali disfunzioni che caratterizzano i disturbi alimentari rientrano nell’area della Metacognizione (Carcione, 2007), ossia della Funzione Metacognitiva, definita come la capacità di riconoscere e regolare gli stati mentali, nonché emotivi, e le credenze su se stessi (Carcione, 2007; Semerari, 1999; Wells, 2002). 39 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 1.2 La metacognizione Il concetto di “metacognizione”, può essere inteso come “autoconsapevolezza distaccata”, uno stato in cui si è coscienti dei propri pensieri e delle proprie sensazioni ed in cui si riesce a mantenere una certa distanza (Wells, 2002). Alcuni studi (Dweck, 2000) hanno mostrato che le persone sviluppano teorie del sé, (meaning systems) ovvero convinzioni sulla propria intelligenza, motivazione e personalità, attraverso cui organizzano il proprio mondo e danno significato alle esperienze. Tali funzioni rientrano nella definizione di metacognizione (Carcione et al., 1997; Carcione, Falcone, 1999; Fonagy, Gergely, Jurist e Target, 2002) ed includono ogni operazione della mente permettendo di rispondere alle domande “chi sono”, “cosa provo”, “chi voglio essere”, compiti particolarmente importanti durante l'adolescenza, periodo in cui è presente una grande confusione rispetto alla propria identità personale e nel quale generalmente hanno esordio i disturbi alimentari (Mattei, 2002). Di contro, la carenza di queste attitudini può gravemente compromettere la possibilità di vivere una normale vita sociale e relazionale (Carcione e Semerari, 2006). Nello specifico, la funzione metacognitiva è stata definita come la capacità dell’individuo di compiere operazioni cognitive ed euristiche sulle proprie ed altrui condotte psicologiche, nonchè la capacità di utilizzare tali conoscenze a fini strategici per la soluzione di compiti e per padroneggiare specifici stati mentali fonte di sofferenza soggettiva (Carcione et al., 1997). Karasu (1994) sottolinea che una maggiore consapevolezza di sé e un aumento della padronanza cognitiva delle proprie problematiche psicologiche rappresentino l’obiettivo principale cui tendono la maggior parte delle psicoterapie indipendentemente dal modello teorico di riferimento. L’incremento della metacognizione, quindi, potrebbe essere inteso come un importante fattore terapeutico, strettamente connesso con la stabilità dei miglioramenti ottenuti (Carcione et al., 1997; Nicolò, Centenero, Nobile e Porcari, 2002). 1.3 Disfunzioni metacognitive come disturbi dell’autoregolazione nei DCA Numerosi autori concettualizzano i DCA come disturbi dell’autoregolazione (Taylor, 1997; Aquilar, 2005; Migliozzi et al., 2006; Carano, 2007), e sempre maggiori evidenze cliniche ed empiriche evidenziano gravi difficoltà nella comprensione degli stati mentali propri ed altrui (Liotti, 2001; Busato, Rossi, 2004) e nel mettere in atto adeguate strategie per gestire e regolare stati e rappresentazioni mentali fonte di sofferenza soggettiva (Dingemans, Spinhoven e van Furth, 2006; Van Vreckem e Vandereycken, 1995; Leung, Waller, Thomas, 2000; Kreitler, Bachar, Canetti, Berry e Bonne, 2003). Tale inconsapevolezza e la conseguente incapacità di regolazione di tali stati (Overton, Selway, Strongman e Houston, 2005; Caviglia e Cecere, 2007; Petterson et al., 2004) conduce, tanto nella bulimia quanto nell’anoressia, a 40 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ comportamenti tesi ad evitare il contatto con le esperienze emotive, mantenendo uno stato di inconsapevolezza emotiva o soprattutto, qualora sorgano le emozioni, a comportamenti impulsivi tesi a scaricare gli stati affettivi esperiti come negativi1 (Van Vreckem e Vandereycken, 1995; Briere e Runtz, 1988; Heatherton e Baumeister, 1991; Lane e Schwarz, 1987). Di questi due pattern comportamentali, il primo è generalmente più associato alla condizione anoressica ed il secondo a quella bulimica (Caviglia e Cecere, 2007). Coerentemente a queste osservazioni, studi empirici hanno ampiamente mostrato che le pazienti anoressiche utilizzerebbero l’autodeterminazione, il perfezionismo e l’autocontrollo per gestire l’alterazione della regolazione emozionale (Halmi et al., 2000; Lilenfeld, Kaye e Strober, 1997; Lilenfeld e Kaye, 1998; Pryor e Wiederman, 1996), mentre le pazienti bulimiche tenderebbero maggiormente a mettere in atto comportamenti impulsivi (DiazMarsa, Carrasco e Saiz, 2000; Bulik et al., 1992; Casper, Hedeker e McKlough, 1992; Bell, 1999; Vitousek e Manke, 1994; Montecchi, 1998). Oltre all’incapacità di riconoscimento delle emozioni, spesso è stata riscontrata nei pazienti con anoressia o bulimia anche una marcata mancanza di consapevolezza delle proprie sensazioni corporee (Garfinkel e Garner, 1984) e della capacità di distinguerle dalle emozioni (Bruch, 1973; Carano, 2007). Ciò evidenzia sia l’impossibilità a riflettere su alcuni contenuti dell’esperienza che la condizione di anosognosia2 che caratterizza tali pazienti (Vervaet, Audenaert, Van Heeringen, 2003; Mucci, 2002). L’anosognosia, infatti, è legata in modo significativo con le capacità metacognitive di regolazione (Carcione e Semerari, 2006) ed è un presupposto fondamentale per il cambiamento terapeutico (Yalom, 1990). Diversi autori hanno connesso la resistenza al cambiamento e i frequenti drop-out che si osservano nel corso del lavoro psicoterapeutico con questa tipologia di pazienti, con il deficit delle funzioni metacognitive (Schumann e Ballardini, 2002; Falcone, Marraffa e Carcione, 2003; Jeammet et al., 1991; Le Grange, 1999). I soggetti affetti da DCA non solo non riescono a descrivere verbalmente il contenuto degli stati mentali problematici e a descriverne le diverse componenti (Aquilar, 2005) ma considerano i loro comportamenti patogeni come la soluzione di un problema (Puliatti, 2007). Talvolta, il sintomo è ricondotto ad un generico non accettarsi a livello fisico, piuttosto che ad un senso del Sé negativo (Mucci, Sorrentino, Merlotti e Galderisi, 2005). Spesso è stata sottolineata l’impossibilità di queste pazienti a collegare il sintomo con il contesto emotivo ed interpersonale in cui esso si realizza e con un negativo senso del Sé (Mucci, 2002). Infine, nel lavoro clinico con pazienti affetti da anoressia e bulimia emerge spesso la difficoltà ad effettuare operazioni relative alla “comprensione della mente altrui”, cioè l’assenza di comprensione di come l’Altro regoli il proprio mondo affettivo e relazionale (Mucci, Sorrentino, Merlotti e Galderisi, 2005) che sottostà alla tendenza a cogliere gli atteggiamenti dell’Altro come informazioni su di sé. 1 Per molti soggetti affetti da DCA il problema non è la positività o negatività delle emozioni quanto la loro intensità (Stice, 2001; Dalle Grave, 2003; Montecchi, 2006). 2 L’anosognosia è l’incapacità di riconoscere certi eventi mentali come patologici. 41 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Nella nostra esperienza clinica, in particolare in terapie gruppali ad orientamento gruppoanalitico, le pazienti anoressiche e bulimiche, soprattutto durante la prima fase del trattamento, presentano grandi difficoltà a distinguere le proprie emozioni da quelle degli altri membri del gruppo, attivando processi di identificazione che non permettono lo scambio interpersonale come fattore terapeutico (Prestano et al, 2005b). Alcuni autori rimandano le difficoltà interpersonali di tali soggetti ad un deficit selettivo della Teoria della Mente3 (Tchanturia et al., 2004) e all’incapacità di riconoscere gli stati emotivi altrui attraverso le espressioni del volto (Zonnevylle-Bender et al., 2004; Frigerio et al., 2000). Diversi studi hanno mostrato in soggetti affetti da DCA, in particolare da anoressia nervosa, la presenza di difficoltà nella mentalizzazione, incapacità ad empatizzare (Gillberg et al., 1996), bassa funzione riflessiva4 (Ward et al., 2001), disfunzioni della Teoria della Mente (Tchanturia et al., 2004). Tali alterazioni metacognitive risultavano, peraltro, indipendenti dalla durata della malattia (Tchanturia et al., 2004), dal peso corporeo e permanevano a follow-up di 10 anni (Nilsson et al., 1999). Secondo quanto suggerito da Tchanturia et al. (2004), la disfunzione della Teoria della Mente sarebbe maggiormente evidenziabile ponendo i pazienti dinanzi a compiti che richiedono un’elaborazione emotivamente più “calda”, come per esempio l’interpretazione delle espressioni facciali delle emozioni. Particolarmente esemplificativo di tale difficoltà di lettura della mente altrui sembra lo studio di Frigerio et al. (2000) in cui venne valutata in questi pazienti la capacità di interpretare le emozioni altrui. L’ipotesi dello studio era che la difficoltà di lettura dei propri stati interni (Schmidt et al., 1993), fosse associata anche ad un’incapacità di riconoscere e decodificare le emozioni ed i segnali delle emozioni nelle altre persone. I risultati indicarono che tali soggetti presentavano notevoli difficoltà nel decodificare le espressioni facciali delle emozioni altrui. Gli autori, considerando le espressioni facciali delle emozioni quali fonti importanti di informazioni nella gestione dei rapporti interpersonali, ritennero che in queste pazienti tali difficoltà a livello emotivo influenzassero la loro capacità di gestire in modo adeguato le relazioni interpersonali (Apple, 1999; Fairburn et al., 1995; Bell, 1999; Puliatti, 2007). Da queste premesse prende avvio questo studio sulla relazione tra funzionamento metacognitivo e psicopatologia dei disturbi alimentari, a partire da una collaborazione di ricerca tra il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Palermo ed il Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva di Roma. In questo lavoro porremo la nostra attenzione sulle disfunzioni metacognitive associate ai 3 La Teoria della Mente (TdM) è stata definita come l’abilità di attribuire stati mentali a sé stessi e agli altri in modo tale da poterne predire e comprendere il comportamento (Premack e Woodruff, 1978). 4 La funzione riflessiva (FR) si riferisce alla capacità di riconoscere gli stati mentali propri ed altrui (Fonagy, Target e Steele, 1998). I criteri che definiscono la funzione riflessiva includono la consapevolezza della natura dei propri stati mentali e di quelli altrui, lo sforzo di identificare gli stati mentali sottesi a un comportamento, la capacità di riconoscere l’evoluzione di uno stato mentale nel tempo e l’abilità di tenere conto, nel corso delle conversazioni, degli stati mentali altrui. Un basso livello di FR è indicativo di un problema generale nella capacità di mentalizzare (Fonagy, Target e Steele, 1998). 42 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ disturbi del comportamento alimentare (DCA), riportando i risultati preliminari di uno studio sulle funzioni metacognitive in pazienti anoressiche e bulimiche inserite in una terapia che utilizza un setting gruppale ad orientamento psicodinamico; tale studio è, a nostra conoscenza, il primo in Italia che esamini l’efficacia clinica della terapia gruppale in relazione alla dimensione metacognitiva. Questo lavoro si pone i seguenti obiettivi specifici: • analizzare le caratteristiche metacognitive di un gruppo di pazienti con disturbo alimentare durante un trattamento psicodinamico di gruppo a lungo termine; • valutare il cambiamento del funzionamento metacognitivo delle pazienti con DCA durante il trattamento; • verificare l’esistenza di differenze nell’utilizzo delle funzioni metacognitive tra pazienti AN e BN. 2. Terapia di gruppo psicodinamica e funzioni metacognitive: risultati preliminari di uno studio clinico 2.1 Metodo I risultati del presente lavoro si riferiscono allo studio (single-case) di un trattamento psicodinamico di gruppo con pazienti con DCA svolto all’interno di un servizio ambulatoriale dell’AUSL 3 di Catania. La terapia è stata condotta da una terapeuta gruppoanalista esperta nel trattamento dei disturbi alimentari. Il trattamento terapeutico, a cadenza settimanale, è stato studiato per l’intera durata di 2 anni, adottando un disegno di tipo naturalistico. I risultati in termini di effectiveness della terapia sono già esposti in un precedente lavoro (Prestano et al., 2008). Ai fini degli obiettivi di questa ricerca, tutte le sedute sono state audioregistrate ed integralmente trascritte. I pazienti hanno fornito il loro consenso al trattamento dei dati e all’utilizzo per scopi di ricerca prima dell’inizio della terapia. 2.2 Partecipanti Lo studio ha coinvolto sei pazienti, di sesso femminile, con un’età media di 17 anni. Tutte le pazienti avevano al momento della presa in carico una diagnosi di Disturbo del Comportamento Alimentare secondo i criteri del DSM-IV (APA, 1994), specificamente tre pazienti presentavano criteri sufficienti per una diagnosi di anoressia nervosa (AN) e tre per una diagnosi di bulimia nervosa (BN). Il BMI delle pazienti anoressiche era compreso tra 16.2 e 16.9, il tempo trascorso dall’insorgenza del disturbo alimentare era mediamente di due anni. 2.3 Strumenti La Scala di Valutazione della Metacognizione (SVaM; Carcione et al., 1997), è uno strumento che valuta le capacità metacognitive attraverso diverse sottofunzioni, rilevando quali di esse per uno stesso paziente risultano poco 43 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ utilizzate o inutilizzate, e permettendo di monitorare il loro utilizzo nel corso della psicoterapia. La SVaM permette di valutare le funzioni metacognitive attraverso l’analisi trascritti delle sedute effettuata da raters esperti nella siglatura della scala. Essa è suddivisa in tre sezioni che valutano altrettante rispettive componenti della funzione metacognitiva: Autoriflessività, Comprensione della mente altrui/Decentramento e Mastery. Le prime due sezioni si riferiscono alle abilità di riflettere sugli stati mentali propri ed altrui; la terza sezione comprende l’insieme delle abilità di regolazione e controllo. Ciascuna sezione è composta da un numero variabile di items che valutano aspetti progressivamente più complessi della funzione metacognitiva. Per ciascun item vengono siglati successi o fallimenti, che non indicano la presenza o meno di una capacità, ma la presenza di un successo o di un fallimento nell’abilità di utilizzare quella funzione. I risultati relativi alle diverse sottofunzioni, dell’Autoriflessività e della Comprensione Mente Altrui, sono stati aggregati intorno a tre aree: il Monitoraggio che comprende la capacità di distinguere, riconoscere e definire i propri stati interni, cognitivi ed emotivi; e la capacità di stabilire relazioni tra componenti mentali separate e tra stati mentali e comportamenti. La Differenziazione, cioè la capacità di cogliere le differenze tra rappresentazione mentale e realtà esterna, e di riconoscere la natura rappresentazionale del pensiero. L’Integrazione intesa come capacità di astrarre gli elementi che caratterizzano o differenziano i propri stati mentali. La Scala di Valutazione della Metacognizione sarà applicata ai trascritti delle sedute dell’intero percorso terapeutico, tuttavia il presente lavoro si riferisce ai dati preliminari rilevati nel primo anno di terapia (27 rilevazioni). Il lavoro di siglatura è stato effettuato da tre giudici indipendenti e supervisionato da uno degli autori dello strumento. 2.4 Analisi dei dati I dati riportati nel presente studio rappresentano percentuali di fallimento nelle diverse funzioni. Tali percentuali sono ottenute dal rapporto tra frequenze assolute di fallimenti su frequenze totali (successi + fallimenti). Le percentuali di successi, essendo complementari ai fallimenti, non vengono ovviamente riportate. Le differenze tra i due gruppi di pazienti sono state calcolate utilizzando il test del Χ2 sulle frequenze di successi/fallimenti riportate in tutte le sedute. La descrizione del trend delle funzioni è stata effettuata attraverso un’ispezione visiva dei risultati. Va sottolineato che i risultati presentati forniscono solo indicazioni rispetto all’uso delle funzioni suddette poiché, a causa della scarsa produzione verbale di alcune pazienti in gruppo, essi fanno riferimento a basse frequenze di siglatura. Per gli stessi motivi non sono stati rilevati dati sufficienti nelle aree Integrazione e Decentramento che pertanto non vengono riportati nello studio. 44 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 3. Risultati Relativamente alle caratteristiche metacognitive delle pazienti con DCA, rilevate complessivamente durante il primo anno di terapia, la Tabella 1 mostra che alcune funzioni risultano più compromesse di altre. In particolare, rispetto alla componente Autoriflessività il Monitoraggio dei propri stati emotivi e cognitivi, e la possibilità di metterli in relazioni tra loro e con eventi esterni non sembra particolarmente compromessa, e ciò vale tanto per le tre pazienti con diagnosi di anoressia quanto per le tre pazienti bulimiche. Viceversa, una percentuale più consistente di fallimenti si rileva nell’aria della Differeziazione, cioè nella capacità di distinguere tra rappresentazioni interne e realtà esterna. Qui, nonostante la percentuale di fallimenti raddoppi nelle anoressiche rispetto all’area del monitoraggio, sono soprattutto le bulimiche a mostrare vistosi deficit, con fallimenti nell’utilizzo di queste funzioni che si verificano quasi ogni 3 affermazioni su 4 (χ2 = 9.97, p < .01). Nell’area della Comprensione della Mente Altrui i risultati mostrano un tasso di fallimenti elevato (quasi 1 affermazione su 2), senza peraltro significative differenze tra AN e BN. Infine, anche rispetto alle capacità di Mastery, cioè di gestione e regolazione degli stati emotivi e cognitivi, le pazienti mostrano spesso comportamenti disfunzionali, con una maggiore compromissione presenti nelle pazienti bulimiche rispetto alle anoressiche (χ2 = 1.31, p = .n.s.). Tab. 1 Percentuali fallimenti SVaM per AN e BN nel 1° anno di terapia. Fallimenti AN BN Autoriflessività – Monitoraggio 15% 21% Autoriflessività – Differenziazione 38% 71% Comprensione Mente Altrui 42% 44% Mastery 49% 61% Per nessuna delle pazienti, inoltre, sono rilevabili, nel periodo considerato, dati relativi alle capacità di Differenziazione, Integrazione e Decentramento, della sezione Comprensione della Mente Altrui e di Integrazione della sezione Autoriflessività. Relativamente al cambiamento delle funzioni metacognitive delle pazienti durante il primo anno di terapia, i risultati si presentano piuttosto disomogenei. Nella componente Autoriflessività, l’area del Monitoraggio evidenzia un miglioramento, con un numero di fallimenti ridotti dopo il primo anno di terapia, per entrambi i gruppi AN e BN (Figura 1). 45 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Figura 1. Tendenza fallimenti Autoriflessività – Monitoraggio per AN e BN nel 1° anno di terapia 100% 80% 60% 40% 20% 0% 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 Tale miglioramento è più marcato intorno ai sei mesi di terapia (rilevazioni: 10-16) e si mantiene al termine del primo anno di trattamento, anche se in maniera più ridotta. Nella Differenziazione, invece, solo le pazienti anoressiche mostrano una netta riduzione di fallimenti dopo un anno, mentre le pazienti bulimiche mantengono i valori iniziali, pur con oscillazioni durante l’arco temporale esaminato (Figura 2). Figura 2. Trend fallimenti Autoriflessività – Differenziazione per AN e BN nel 1° anno di terapia 100% 80% 60% 40% 20% 0% 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 Nella Comprensione Mente Altrui, relativamente all’area del Monitoraggio, si assiste ad un tendenziale miglioramento dopo un anno di terapia sia per il gruppo AN sia per quello BN, anche qui caratterizzato da forti oscillazioni tra la prima e la seconda metà dell’anno considerato (Figura 3). 46 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Figura 3. Trend fallimenti Comprensione Mente Altrui – Monitoraggio per AN e BN nel 1° anno di terapia 100% 80% 60% 40% 20% 0% 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 Risultati più incerti si rilevano nelle capacità di Mastery dove entrambi i gruppi, dopo un anno di trattamento, mantengono gli stessi valori iniziali dopo una prima fase di decremento dei fallimenti (Figura 4). Figura 4. Trend fallimenti Mastery per AN e BN nel 1° anno di terapia 100% 80% 60% 40% 20% 0% 1 4. 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 Discussione La letteratura psicopatologica sui disturbi alimentari ha ampiamente dimostrato come nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa siano presenti deficit relativi all’inconsapevolezza dei propri stati emotivi (e di quelli altrui) e all’incapacità di regolazione di tali stati interni. Pochi lavori, soprattutto in Italia, hanno studiato però come tali funzioni possano migliorare nel corso di un trattamento psicoterapeutico, soprattutto nel caso di terapie ad orientamento psicodinamico. Sulla base dei primi risultati emersi dal nostro studio è possibile affermare che i maggiori deficit metacognitivi del nostro gruppo clinico sono: 47 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ • la difficoltà a concepire le proprie convinzioni come ipotetiche e personali, differenziando la realtà esterna dalla realtà interna, e nell’assumere, conseguentemente, un distacco critico dalle proprie credenze disfunzionali (vedi fallimenti area SVaM Differenziazione); • la difficoltà a riconoscere la natura patogena e problematica del proprio disturbo e a gestire i propri problemi; l’incapacità a regolare volontariamente il proprio assetto mentale, dirigendo l’attenzione, in modo da evitare i pensieri ossessivi che ostacolano le capacità dei soggetti di distrarsi nel tempo libero o di concentrarsi adeguatamente nello svolgere le attività lavorative; la difficoltà a regolare volontariamente il proprio comportamento, che fa supporre la natura impulsiva di certi comportamenti patologici; la carente accettazione dei propri limiti personali nel padroneggiare se stessi o nel determinare il corso degli eventi, con la conseguente tendenza a porsi standard di prestazione eccessivamente elevati e difficilmente conseguibili (vedi fallimenti area SVaM Mastery). I dati preliminari hanno identificato alcune differenze tra le pazienti affette da anoressia nervosa e le pazienti affette da bulimia nervosa, soprattutto nella capacità di differenziare tra rappresentazioni interne e realtà esterna e nella capacità di cogliere la natura problematica dei propri atteggiamenti e comportamenti anomali. In entrambi i casi le pazienti bulimiche mostrano maggiori difficoltà rispetto alle pazienti anoressiche. I risultati di questa ricerca sono coerenti con i risultati di altri studi e con le descrizioni cliniche di alcune difficoltà frequentemente riscontrate nell’anoressia e nella bulimia. Studi empirici hanno infatti evidenziato in soggetti affetti da questi disturbi delle difficoltà nel riconoscere la natura soggettiva delle credenze disfunzionali alla base del loro disturbo (Turner e Cooper, 2002) e nella capacità di regolare l’attenzione filtrando gli stimoli irrilevanti al fine di risolvere determinati compiti (Rieger et al., 1998; Dodin e Nandrino, 2003). Molti autori hanno mostrato in questi pazienti una notevole difficoltà nel gestire i propri stati intrapsichici problematici, in particolare relativi a stati emotivi e ad autovalutazioni negative (Fabrizio, Pizzutelli e Ruggieri, 2001; Kreitler et al., 2003), e la tendenza ad utilizzare comportamenti alimentari anomali o altri comportamenti tipicamente associati al loro disturbo come strategie per fronteggiare tali stati negativi (Dalle Grave, 2003; Bydlowski et al., 2005; Meyer et al., 2005). Dati clinici e sperimentali mostrano, inoltre, nei soggetti affetti da DCA una notevole mancanza di autocontrollo sui propri comportamenti (Waller et al., 2000) ed una intensa intolleranza verso i propri difetti, che condurrebbe al caratteristico perfezionismo patologico che, sovente, caratterizza questi soggetti (Fairburn et al., 1997; Sassaroli e Ruggiero, 2002; Halmi et al., 2000). Relativamente al cambiamento evidenziatosi durante il primo anno di trattamento possiamo osservare che sia il gruppo AN sia quello BN migliora nell’area del Monitoraggio (Autoriflessività) cioè nella capacità di riconoscere e connettere i propri stati emotivo-cognitivi. Va anche evidenziato che il gruppo AN, a differenza del gruppo BN, riporta un trend positivo sia nella capacità di distinguere stati interni da realtà esterna (Differenziazione – Autoriflessività) e 48 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ nella capacità di riconoscere e distinguere stati mentali altrui (Monitoraggio – Comprensione Mente Altrui). Potremmo ipotizzare che il miglioramento di quest’ultima funzione possa essere associato alla specificità del trattamento di gruppo psicodinamico, focalizzato sull’espressione e sulla condivisione dei propri stati emotivi. Ulteriori ricerche sono però necessarie per comprendere perché tale cambiamento si rileva solo per le pazienti anoressiche e non per le bulimiche. Da questo punto di vista, nonostante siano sempre più numerosi i dati che dimostrano l’efficacia della psicoterapia di gruppo per pazienti con disturbi del comportamento alimentare (Burlingame, MacKenzie e Strauss, 2004; Mitchell et al., 1990; Davis et al., 1997; Burlingame et al., 2003), spesso le ricerche si riferiscono a gruppi eterogenei per diagnosi in cui le differenze tra le diverse tipologie di DCA non vengono adeguatamente attenzionate (Prestano e Lo Coco, 2008). Ad ogni modo, il gruppo terapeutico ad orientamento analitico sembra costituire uno strumento privilegiato nel trattamento di questi disturbi. Alcuni studi hanno mostrato che queste pazienti ottengono dei cambiamenti significativi a livello di adattamento interpersonale, stile dei meccanismi di difesa, funzionamento relazionale, evidenziando come il lavoro analitico a lungo termine agisca su dimensioni ben più ampie della sola remissione sintomatica (Prestano et al., 2005a; Prestano et al., 2008; McKisac e Waller, 1997). Lo spazio terapeutico può divenire, dunque, il luogo della costruzione di un pensiero e della possibilità di sentire e vivere le emozioni (Ustica, 2002), accostandosi a queste pazienti con la consapevolezza che i loro sintomi sono gli unici canali possibili di comunicazione di un malessere profondo; solo così potrà avviarsi la strada verso la “guarigione”. A partire dai nostri risultati relativi alla mancanza di cambiamenti rilevanti nelle capacità di Mastery e, viceversa, nel trend positivo delle funzioni di autoriflessività e differenziazione, possiamo ipotizzare che nelle prime fasi di una terapia ad orientamento psicodinamico sia importante lavorare maggiormente sul riconoscimento dei propri stati interni, aprendo solo successivamente una possibilità di cambiamento relativa alle capacità di regolare e gestire tali stati. I dati definitivi di questo studio, sull’intera durata del trattamento, dovranno confermare tale ipotesi e fornire ulteriori spunti di riflessione sulle modalità di cambiamento delle funzioni metacognitive in una terapia a lungo termine. Un ulteriore spunto di riflessione dovrà provenire dal confronto tra deficit del funzionamento metacognitivo e andamento sintomatico alimentare delle pazienti nel corso della terapia. La letteratura sulle principali difficoltà di queste pazienti evidenzia come, dinanzi ad una carente capacità di mentalizzazione delle esperienze di vita, esse utilizzino i comportamenti alimentari anomali come strategie di evitamento di ciò che sarebbe altrimenti non gestibile. Questi comportamenti, seppur altamente distruttivi e dolorosi, si configurano, in quest’ottica, come indispensabili strategie di fronteggiamento tese a ridurre la consapevolezza di sé, in quanto connessa ad un pervasivo senso di inadeguatezza e di inferiorità (Kreitler et al., 2003; Heatherton e Baumeister, 1991; Everill e Waller, 1995), e delle emozioni (Van der Kolk et al., 1991; Petterson e Nameless, 2004; Corcos et al., 2001), che a fronte dell’alterazione 49 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ della funzione di regolazione tenderebbero a manifestarsi con eccessività intensità (Linehan, 1993). In quest’ottica, solo guardando in maniera integrata ai disagi profondi che sostengono il sintomo può essere avviato un percorso di cambiamento, che sia luogo di costruzione di un pensiero e della possibilità di sentire e vivere le emozioni. Il nostro studio, ancora a livello preliminare, presenta diverse limitazioni, legate principalmente al numero ridotto di soggettie di terapie che sono state incluse e che più che consentire una generalizzabilità dei risultati, permettono di offrire spunti di lavoro per successive ricerche. Un altro limite è relativo all’utilizzo di statistiche descrittive e non inferenziali nell’analisi dei dati, dovuto alla numerosità e tipologia dei dati in nostro possesso. Nonostante tali limiti, riteniamo che questo lavoro possa offrire delle utili indicazioni cliniche e di ricerca relative al trattamento a lungo termine di pazienti con DCA, analizzando particolarmente pattern di cambiamento a lungo termine delle funzioni metacognitive in trattamenti ad orientamento psicodinamico. 5. Bibliografia Apparigliato M., Ruggiero, G. M., & Sassaroli, S. (2004). Il criticismo: un’analisi cognitiva. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 10, 3, 197-210. Apple, R. (1999). Interpersonal therapy for bulimia nervosa. Journal of Clinical Psychology, 55, 715-725. Aquilar, F., Del Castello, E., & Esposito, R. (2005), Psicoterapia dell’anoressia e della bulimia, Franco Angeli, Milano. Bell, L. (1999), The Spectrum of Psychological Problems in People with Eating Disorders, an Analysis of 30 Eating Disordered Patients Treated with Cognitive Analytic Therapy. Clinical Psychology and Psychotherapy, 6, 29-38. Briere, J., & Runtz, M. (1988). 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Le memorie di minaccia all’autostima e le fantasie grandiose presentavano un contenuto soprattutto relazionale, mentre gli scenari rilassanti erano caratterizzati da elementi relazionali e biologici. Per quanto riguarda la dimensione biologica, è emersa una correlazione significativa tra memorie di minaccia e fantasie grandiose. Parole chiave: Fattori socio-relazionali, Minaccia all’autostima, Fantasie grandiose, Narcisismo. Abstract: The study explored the qualitative features of: a) memories of threat to self-esteem, b) grandiose fantasies and c) relaxing scenarios, experimentally induced in a non-clinical participant sample. A group of 103 young university students produced and transcribed personal memories of threat to self-esteem, grandiose fantasies and relaxing scenes. A five point scale was designed ad hoc to enable three independent raters to assess the biological, psychological and relational contents of each of the texts. Inter-rater agreement was satisfactory. Memories of threat to self-esteem and grandiose fantasies were mainly sociorelational, while relaxing scenarios were characterised by both relational and biological elements. With reference to the biological dimension, there was also significant correlation between memories of threat to self-esteem and grandiose fantasies. ____________________________________________________________ Facoltà Scienze della Formazione, Università Milano Bicocca; 2 “Studi Cognitivi”, scuola di specializzazione post-laurea in psicoterapia cognitiva Milano, Italia; 5“Psicoterapia Cognitiva e Ricerca”, scuola di specializzazione post-laurea in psicoterapia cognitiva, Milano, Italia 1 Corrispondenza: Guido Veronese, Facoltà di Scienze della Formazione, Università Milano Bicocca, Piazza dell’Ateneo 1, 20126, Milano, Italia. E-mail: [email protected] 56 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 1. Introduzione Secondo il DSM IV-TR (APA, 2000), tra i caratteri distintivi dei pazienti sofferenti di Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP) vi sono fantasie grandiose di potere, successo e superiorità, il sentimento che tutto sia loro dovuto e la mancanza di apprezzamento verso i successi e qualità altrui (Dimaggio, Fiore, Salvatore e Carcione, 2007). Horowitz (1989) ha rilevato come lo stato di grandiosità sembri essere una manovra difensiva contro vissuti di bassa autostima e come tale stato maschererebbe un profondo senso di inferiorità e vergogna. Attraverso fantasie grandiose il narcisista tenterebbe disperatamente di evitare vissuti di critica e umiliazione per lui insopportabili (Bateman 1998; Bursten, 1989; Dimaggio et al., 2006; Kernberg, 1975; Kohut, 1971, 1977; Modell, 1984; Ryle e Kerr, 2002; Twenge e Campbell, 2003; Westen, 1990). I soggetti narcisisti si sentono profondamente esclusi, disprezzati e ostracizzati (Dimaggio et al., 2007; Dimaggio e Semerari, 2003; Dimaggio et al,. 2002). Ruggiero, Tudisco e Sassaroli (2007) hanno fornito evidenze sperimentali circa la interconnessione di fantasie grandiose e fantasie di minaccia dell’autostima in un campione non clinico. L’esperimento consisteva nella richiesta di segnalare, alzando una mano, le intrusioni ideative di bassa autostima durante stati mentali autoindotti di grandiosità e neutralità rilassata. Gli stati grandiosi mostravano un numero di intrusioni significativamente più elevato dell’evocazione di scenari rilassanti. Questo dato appoggia l’ipotesi della connessione tra grandiosità narcisistica e dubbi di autostima. In una recente rassegna della letteratura teorica e empirica viene discussa l’ipotesi di una autostima fragile nelle personalità narcisistiche (Bosson, Lakey, Campbell, Zeiger-Hill, Jordan e Kernis, 2008). Gli autori notano come, nonostante molti studi confermino come un’alta autostima manifesta mascheri un’autostima implicita bassa, altri studi non siano riusciti a replicare questo modello. Alcuni studi hanno rilevato una relazione inversa tra narcisismo e autostima (Rose, 2002; Soyer et al., 2002), mentre altri studi hanno riportato un’associazione positiva (Raskin, Terry, 1998; Raskin, Novacek e Hogan, 1991). Bosson e collaboratori propongono alcune ipotesi alternative per spiegare risultati altrimenti inconsistenti: a) un’ipotesi alternativa è quella che esistano due sottotipi di narcisismo, grandioso e vulnerabile; b) una seconda ipotesi è che il narcisista mostri una forte e solida autostima in compiti di performance (es. nello studio e al lavoro) e una fragile autostima nel dominio affettivo e relazionale (Crocker, Luhtanen e Cooper, 2003). Un’ulteriore spiegazione è che il narcisista possa mostrare autostima sia bassa che alta, lasciando immaginare che la sua autostima possa essere buona anche se facilmente minacciabile e fluttuante, in costante ricerca di validazione e fluttuante e mantenute attraverso strategie di auto-illusione (Kernis, 2003). Perciò è possibile che il narcisismo correli con un’autostima molto alta ma instabile (Kernis et al., 1993). Inoltre questa instabilità è associata a una reattività emozionale molto alta nell’affrontare eventi con implicazioni negative per il sé (Rhodewalt, Madrian e Cheney, 1998; Westen, 1990). Riassumendo, le ricerche empiriche non danno una definitiva conferma dell’ipotesi di una bassa autostima mascherata nel narcisista, impedendo di 57 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ tracciare una definitiva generalizzazione di questo modello. Tuttavia alcuni dati confermano come individui con alti livelli di narcisismo mostrino componenti di fragilità nella loro autostima, suggerendo la possibilità di estendere a un determinato sottogruppo di narcisisti l’ipotesi. Riteniamo possibile che a questo sottogruppo appartengano quegli individui che accedono alla psicoterapia. A prescindere dalle differenti interpretazioni qui esposte, sembra esserci un ampio consenso rispetto al ruolo cruciale giocato dai domini interpersonale e sociale nel determinare le dinamiche di autostima del narcisista. Non si conosce molto rispetto alla qualità delle fantasie grandiose e delle cadute di autostima in individui con DPN. Seguendo quelle teorie che enfatizzano l’importanza delle relazioni sociali nel determinare l’origine, sviluppo e mantenimento del Sé e dell’identità personale, sia essa tipica o atipica (Bateson, 1972; FivazDepeursinge e Corboz-Warnery, 2000; Haley, 1971 ; Schaffer, 1989; Ugazio, 1998; Ugazio et al., 2008; Ugazio e Castiglioni, 1998), obiettivo di questo lavoro è investigare se la dimensione interpersonale giochi un ruolo preminente di altre dimensioni, e nello specifico della dimensione biologico-corporea e psicologicointrapsichica, nella costruzione di memorie di minaccia dell’auto-stima, di fantasie grandiose e di scenari rilassanti. Le tre dimensioni considerate sono estratte a partire dal modello biopsico-sociale di Engel (1977, 1980), una teoria generale del funzionamento umano utile nel descrivere e comprendere l’esperienza soggettiva della malattia (Epstein e Borrell-Carrio, 2005). Il modello identifica dimensioni biologiche, psicologiche e sociali come categorie per classificare e esplorare la realtà esterna come gli stati interni (Gabbard, 2000, 2005; Engel, 1977; Epstein e BorrellCarrio, 2005). La nostra idea di fondo è che l’individuo non sia un passivo spettatore di ciò che gli accade – internamente e esternamente - (realtà oggettiva), ma che esso conosca e esperisca attraverso processi mentali attivi e costruttivi (Toomey e Eker, 2009, 2007; Eker e Toomey, 2008). Percezioni del sé biologico, psicologico e relazionale sono la risultante di una personale attività interpretativa cerebrale, che consente all’individuo di anticipare eventi interni ed esterni grazie a attività di specifici campi recettivi neurali (Toomey e Eker, 2007). Il sistema cervellomente-corpo è ingaggiato in una continua attività costruttiva e ri-costruttiva informata dall’ esperienza, per controllare, tollerandole, contraddizioni senza che esse disconfermino la struttura portante del sistema costruttivo personale (Eker e Toomey, 2008). Un approccio costruttivita ci consente di considerare la complessità del sé evitando dicotomie riduzioniste implicite nella polarizzazione del dibattito scientifico quali mente versus cervello, processi top-down versus processi bottom-up (Toomey e Eker, 2009). Abbiamo utilizzato un modello tridimensionale bio-psico-sociale per effettuare una analisi qualitativa delle esperienze soggettive di: a) fantasie grandiose, b) memorie di minaccia dell’autostima, c) scenari rilassanti. Tutte e tre le scene erano indotte in un campione subclinico durante un esperimento descritto nella sezione Metodo. Nell’ambito di tale cornice teorica, le nostre ipotesi erano: 1. La dimensione relazionale dovrebbe essere prominente in tutte e tre i tipi di scena (minaccia, grandiosa, rilassante). 58 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 2. Le fantasie grandiose e le scene di minaccia dell’autostima dovrebbero avere un’analogia di struttura e risultare differenti dallo scenario rilassante. Nello specifico riteniamo che tale analogia si evidenzi attraverso una distribuzione quantitativa delle dimensioni biologica, psicologica e relazionale simile nella scena di minaccia e grandiosa, una distribuzione completamente diversa delle dimensioni biologica, psicologica e relazionale nella scena rilassante. 3. Infine si ipotizza che i soggetti tendano più frequentemente a connettere scene di minaccia e fantasie grandiose, mantenendo lo stesso contenuto narrativo nelle scene grandiose e di minaccia ( per es.: alla descrizione di un fallimento scolastico, segue la fantasia grandiosa di ricevere un premio scientifico internazionale che riscatti l’individuo dalla cocente delusione). Di contro ci aspettiamo che il contenuto narrativo delle scene rilassanti sia del tutto differente rispetto alle scene di minaccia e rilassanti. 2. Metodo 2.1 Soggetti, Strumenti e procedura A 130 studenti universitari milanesi sono stati preliminarmente valutati con il colloquio clinico basato sui criteri del DSM-IV al fine di eliminare i soggetti con livelli patologici di disturbo psichico. Sono stati esclusi 27 soggetti con disturbo d’ansia e/o dell’umore. In un caso era presente un disturbo di adattamento. I 103 soggetti selezionati (età media 22 anni, range 21-27 anni; 94 femmine e 9 maschi) dovevano quindi, su indicazione di uno sperimentatore, rievocare mentalmente l’episodio della loro vita in cui avevano sentito maggiormente minacciata la loro autostima; dopo un minuto veniva loro chiesto di produrre una fantasia grandiosa e di concentrarsi intensamente su di essa per altrettanto tempo. Infine, trascorsi i successivi sessanta secondi, lo sperimentatore richiedeva di concentrarsi su una scena altamente rilassante. Si chiedeva a ogni soggetto di segnare su una griglia costruita ad hoc il numero di intrusioni della scena di minaccia dell’autostima percepite durante l’immaginazione della fantasia grandiosa e della scena rilassante. I soggetti infine dovevano descrivere dettagliatamente per iscritto su un apposito foglio il contenuto delle scene da essi immaginate. Le descrizioni così ottenute sono state codificate, in accordo con il modello bio-psico-sociale (Engel, 1977, 1980; Epstein e Borrell-Carrio, 2005; Gabbard, 2000, 2005), da 3 giudici indipendenti (due psicologi sistemico-costruzionisti e uno psicologo cognitivista) in relazione a 3 macrodimensioni: 1) biologicocorporea; 2) psicologico-intrapsichica; 3) relazionale-sociale. Il grado di accordo intergiudici è risultato pari a 0.80. Tale accordo è il risultato dell’accordo medio tra dimensioni macro e accordo medio delle sottodimensioni (vedi tabella 1) nelle scene di minaccia, grandiosa e di rilassamento. Per quanto riguarda le dimensioni biologico, psicologico e relazionale nelle tre scene l’accordo medio tra giudici era rispettivamente di 0,81, 0,80 e 0,78. 59 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 1: Accordo intergiudici di tutte le sottodimensioni nelle scene grandiosa, di minaccia e rilassante Scena grandiosa Scena di minaccia Scena rilassante Descrizione corporea 0,90 0,65 0,88 Sensazione corporea 0,80 0,78 0,77 Arousal fisiologico/attivazione 0,78 0,82 0,76 Auto-efficacia percepita 0,72 0,90 0,80 Stabilità emotiva 0,71 0,73 0,78 Sviluppo intellettualee cultura 0, 81 0,88 0,84 Internalizzazione 0, 70 0,65 0,81 Esternalizzazione 0,86 0,60 0,80 Relazioni professionali e del tempo libero 0,85 0,88 0,78 Relazioni sentimentali 0,80 0,82 0,80 Relazioni Familiari 0,80 0,85 0,77 Relazioni con altri significativi 0,83 0,89 0,81 Riconoscimento professionale e successo 0,82 0,78 0,81 Altre relazioni 0,83 0,76 0,73 Ciascuna macrodimensione constava di alcuni sottolivelli che ne specificano i differenti aspetti. La macrodimensione biologico-corporea si articolava in 3 sottolivelli: a) descrizioni del corpo; b) sensazioni corporee; c) attivazione fisiologica (es: “vedo il mio corpo grasso”; “sento il sole scaldarmi la pelle”; “il cuore mi batte all’impazzata”). All’interno della dimensione psicologica intrapsichica cadevano le scene in cui si rilevavano elementi descrittivi significativamente connessi a fattori interni all’individuo, quali aspetti cognitivi, emotivi, caratteristiche di personalità e di temperamento (es. “sono timido”, “mi sento stupida”, ecc.). 60 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Questa macrodimensione si articolava in 5 livelli, ispirandosi alla letteratura sui “Big Five” (Eysenck e Eysenck, 1985; Eysenck, 1991): a) autoefficacia percepita; b) emotività; c) intelligenza/cultura; d) internalizzazione; e) esternalizzazione. All’interno della dimensione relazionale-sociale rientravano infine le scene in cui erano presenti persone in interazione significativa con il soggetto, ovvero tutte le situazioni sociali che contestualizzassero o determinassero l’immagine di sé del protagonista nella scena descritta (es. “le critiche di mia madre mi fanno sentire uno schifo”; “sono attorniato da persone che mi esaltano per la mia bellezza” ecc.). Erano 6 i sottolivelli in cui si articolava questa dimensione: a) relazioni professionali/ludiche/sportive; b) relazioni sentimentali; c) relazioni familiari; d) relazione con altri significativi (amici); e) Successo e autoaffermazione; f) altre relazioni. Veniva inoltre introdotta in questa macrodimensione un’ulteriore distinzione tra interazioni diadiche vs. interazioni triadiche/poliadiche. Si tratta di una variabile dicotomica per indicare se la scena descrivesse un’interazione a due (es. “la maestra mi umilia dicendomi che sono un asino”; “Il mio ragazzo non mi saluta perché ce l’ha con me”) o più partecipanti (“la maestra mi umilia di fronte a tutta la classe”; “Il mio ragazzo non mi saluta perché è con un’altra”). Una quarta categoria, “altro”, che si è rivelata statisticamente non rilevante, raccoglieva le descrizioni non ascrivibili alle tre precedentemente elencate. Le tre dimensioni di categorizzazione delle scene non erano mutualmente escludentesi. Esse potevano coesistere con un grado minore o maggiore di prevalenza, valutato su una scala Likert a 5 punti. Il punteggio zero indicava l’assenza della dimensione o sottodimensione biologica, psicologica e relazionale, il punteggio 5 (molto) indicava un netto emergere della dimensione biologica, psicologica e relazionale. Dalla descrizione delle scene potevano emergere più dimensioni e più sottodimensioni contemporaneamente. 3. Risultati I dati ottenuti sono stati sottoposti ad ANOVA con analisi post hoc di Tukey (variabile indipendente: “tipo di scena”; variabile dipendente: “dimensioni” rilevate nelle descrizioni delle diverse scene), con i risultati qui sintetizzati. La dimensione relazionale-sociale risulta statisticamente preminente rispetto alle altre due sia nella scena di minaccia sia nella scena grandiosa (vedi tab. 1 e figura 1); nella scena rilassante non si rilevano invece differenze statisticamente significative tra la dimensione relazionale-sociale e quella biologico-corporea. 61 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ In figura 1 vengono rappresentati gli andamenti delle tre macrodimensioni nella scena di minaccia e nelle fantasie grandiose e rilassante. Figura 1: Medie delle tre dimensioni, biologica, psicologica e relazionale, nelle diverse scene. La tabella 2 illustra i livelli di significatività delle differenze tra le tre dimensioni (Biologico/Psicologico/Relazionale) nelle scena di minaccia e nelle fantasie grandiose e rilassante. Tabella 2: ANOVA delle macrodimensioni nella scena di minaccia. N Insiemi di punteggi * Psicologica Biologica Sociale Minaccia 103 0,21a 1,38b 3,57c a b Grandiosa 103 0,19 0,87 2,99c Rilassante 103 0,08a 0,92b 1,03b Punteggi significativamente differenti hanno p < 0,05 La descrizione di interazioni “triadiche/poliadiche” risulta minoritaria rispetto alla descrizione di interazioni diadiche. Si evidenzia però una differenza tra scene di minaccia (dove le interazioni tradico-poliadiche rasentano il 25%), scene grandiose (scene triadico–poliadiche pari all’8%) e scene rilassanti (scene tradico–poliadiche assenti). Per studiare le eventuali analogie strutturali tra i diversi tipi di scene, è stata inoltre effettuata, attraverso l’indice r di Pearson un’analisi delle correlazioni tra le dimensioni e le scene confrontate a due a due, che consentiva di rilevare l’andamento delle tre macrodimensioni rispetto ai tre tipi di scena 62 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ L’andamento delle singole macrodimensioni nelle scene di minaccia e nelle fantasie di grandiosità risulta analogo, mentre differisce dall’andamento nella scena rilassante. In altre parole, esiste una sistematica correlazione tra le variazioni riscontrate nella scena di minaccia e nella fantasia grandiosa, mentre la scena rilassante risulta a se stante. La figura 1 mostra l’evidente analogia strutturale della scena di minaccia e della fantasia grandiosa. Le seguenti tabelle (Tabelle 3-5) mostrano correlazioni delle scene rispetto alle tre dimensioni (corporea, psicologica e relazionale). La significatività delle covariazioni tra fantasie grandiose e scene di minaccia, fa pensare ad un’analogia di struttura tra le due scene. Tale significatività non è presente nelle correlazioni delle prime due con la scena rilassante che perciò appare “distaccata” dalle altre. Tabella 3: Correlazione tra le dimensioni biologica, psicologica e relazionale nelle scene di minaccia e fantasie grandiose Minaccia Minaccia Biologic Psicologi Minaccia a ca Sociale 0,733** -0,114 -0,209 * Grandiosa Biologica 0,006 0,073 -0,088 Grandiosa Psicologica 0,045 0,015 0,237 * Grandiosa Sociale ** p< 0,01; * p < 0.05 Tabella 4: Correlazione tra le dimensioni biologica, psicologica e relazionale nelle scene di minaccia e scena rilassante Minaccia Minaccia Biologic Psicologi Minaccia a ca Sociale 0,092 0,004** Rilassante Biologica -0,155 0,088 0,064 Rilassante Psicologica -0,046 -0,014 -0,71 Rilassante Sociale 0,025 ** p< 0,01; * p < 0.05 Un terzo dei soggetti ha stabilito, a livello di contenuti descritti, connessioni tra scena di minaccia e scena grandiosa (34%), mentre la scena rilassante risulta pressoché “isolata” (un solo soggetto stabiliva la connessione). Anche questo dato rivela una maggiore facilità nei soggetti a interrelare le fantasie grandiose e le scene di minaccia e la tendenza ad interrompere la continuità narrativa del processo di immaginazione durante il rilassamento. Le stesse analisi di correlazione sono state effettuate sul solo sottocampione di soggetti che connettevano spontaneamente le scene. Sono stati rilevati risultati sovrapponibili a quelli forniti dall’intero gruppo di soggetti, seppure con un grado maggiore di significatività . Tabella 5: Correlazione tra le dimensioni biologica, psicologica e relazionale nelle fantasie grandiose e scena rilassante Minaccia Minaccia Minaccia Biologica Psicologica Sociale 0,028 -0,054 Rilassante Biologica - 0,164 0,186 -0,049 Rilassante Psicologica -0,042 0,021 0,087 Rilassante Sociale 0,055 ** p< 0,01; * p < 0.05 63 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Infine, come ultima verifica dell’analogia strutturale tra scene di minaccia e fantasie grandiose e distanziamento delle scene rilassanti dalle prime due, sono state estratte e messe a confronto le sottodimensioni più pregnanti dei livelli corporeo, psicologico e relazionale per ciascuna scena. Le prime due descrizioni, di minaccia e grandiosa, mostrano perfetta sovrapponibilità anche per quanto riguarda le sottodimensioni salienti. La scena rilassante mostra, invece, una salienza dei sottolivelli del tutto autonoma. Se infatti per quanto riguarda il livello biologico la sottodimensione “Descrizione corporea” prevale nel ricordo minacciante l’autostima (M = 0,28; ds = 0,98) e nella scena grandiosa (M = 0,17; ds = 0,8), nella scena rilassante prevale la “Sensazione corporea” (M = 0,96; ds = 1,61). La sottodimensione prevalente del livello psicologico è l’ “autoefficacia percepita” sia nella memoria di minaccia (M = 1,24; ds = 1,74) sia nella scena di grandiosità (M = 0,56; ds = 1,33), sia nella scena rilassante (M = 0,11; ds = 0,62). Infine, la sottodimensione socio-relazionale prevalente nelle memorie minaccianti l’autostima (M = 1,44; ds = 1,93) e nelle fantasie grandiose (M = 1,55; ds = 1,96) è “Relazioni professionali, ludiche e sportive”, mentre nella scena rilassante (M=0,18; ds = 0,82) è la relazione con “Altri significativi”. 4. Conclusioni I risultati sembrano confermare l’ipotesi circa la pregnanza della dimensione relazionale-sociale, in particolare per quanto concerne l’immaginazione di scene di minaccia e le fantasie di grandiosità. Tale pregnanza viene conservata anche nella fantasia rilassante, ma viene in questo caso affiancata e pareggiata da contenuti di tipo biologico e corporeo che appaiono altrettanto salienti. A livello clinico-interpretativo sembrerebbe possibile inferire come il “pubblico” (sia esso costituito da una o più persone) rivesta un ruolo fondamentale, tanto nelle situazioni di minaccia dell’autostima quanto in quelle di grandiosità (Cancrini, 2006; Dimaggio e Semerari, 2003; Dimaggio et al. 2002 ). I soggetti per rilassarsi si concentrano invece su fantasie che coinvolgono, oltre a quella relazionale, la dimensione fisica e corporea. Per quanto concerne i dati riguardanti le interazioni triadiche/poliadiche, i risultati confermano come i contesti triadici siano sostanzialmente estranei al “senso comune” (Ugazio, 1998; Ugazio et al., 2008): le persone pensano alle interazioni prevalentemente in termini diadici. Interessante però notare che la frequenza più alta di interazioni tradiche/poliadiche si registra sulla scena di minaccia dell’autostima. Le analogie strutturali tra fantasie grandiose e scene di minaccia dell’autostima sono confermate (Horowitz, 1989). Le scene rilassanti rivelano, invece, una distribuzione delle dimensioni diversa. Ciò potrebbe fare presupporre che il tentativo del narcisista di proteggersi dalle conseguenze della minaccia alla propria autostima con manovre di tipo grandioso, non farebbe che rafforzare il senso di minaccia e il sentimento di inadeguatezza da cui cerca di proteggersi a ogni costo. Una strategia di distanziamento potrebbe essere invece individuata nel progressivo addestramento all’ utilizzo di scenari di rilassamento. Molto probabilmente il narcisista si “rifugia” nella fantasia di 64 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ grandiosità proprio perché fatica a proteggersi dall’incombente minaccia alla propria autostima attraverso strategie immaginative che lo aiutino a rilassarsi L’intento della nostra ricerca esplorativa non era quello di individuare qualità e analogie strutturali di fantasie narcisistiche patologiche, ma di considerare le qualità di fantasie narcisistiche non patologiche e di rilassamento indotte in un campione di individui con personalità tipica. Qualità analoghe e funzionamenti diversi dovrebbero essere verificati in soggetti con DPN. Dunque, i risultati emersi, sebbene possano risultare utili per formulare ipotesi applicabili anche ad una popolazione di pazienti, non vanno generalizzati in quanto provenienti da un campione non clinico e nemmeno possono essere considerati definitivi sia per la distribuzione di genere del campione sia per la giovane età del gruppo di soggetti presi in esame. 5. Bibliografia American Psychiatric Association. (2000). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (4th ed., text rev. ed.) Washington DC: Author. Bateman, A. W. (1998). Thick- and thin-skinned organisations and enactment in borderline and narcissistic disorders. International Journal of Psychoanalysis, 79, 13–22. Bateson, G. (1972). Steps to an Ecology of Mind, London: Chandler Publishing Company. Bosson, J. K., Lakey, C. E., Campbell, W. K. Zeigler-Hill, V., Jordan, C.H., & Kernis, M.H. (2008). Untangling the Links between Narcissism and Self esteem: A Theoretical and Empirical Review. 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Ricevuto: 20 gennaio 2009. Revisionato: 3 marzo 2009. Accettato: 25 settembre 2009. 67 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Aspetti relazionali ed organizzativi delle comunità terapeutiche per adolescenti quali fattori di trattamento: validazione di uno strumento Stefania Cristofanelli1, Omar Fassio2, Laura Ferro1, Alessandro Zennaro1 Sommario: Questo contributo intende porre il costrutto d clima organizzativo quale fattore terapeutico specifico di trattamento nei contesti residenziali di cura, contesto in cui la qualità dell’ambiente, le atmosfere emotive e l’abitare stesso diventano la materia del lavoro comunitario. In tal senso, l’équipe terapeutica-educativa diventa Lo Strumento principale di cura. L’obiettivo è dunque quello di costruire un questionario in grado di funzionare come una sorta di “termometro” per misurare lo stato di salute/malessere dell’équipe di lavoro, ponendo le basi per un successivo percorso di riflessioni e possibilità di intervento sulle criticità emerse (supervisione/formazione). Tale strumento è stato somministrato a 173 soggetti, operatori di CT per adolescenti, distribuite su tutto il territorio nazionale. Sulla base delle procedure statistiche di validazione, la versione finale risulta composta da 119 item. Parole chiave: ambiente emotivo, ambiente organizzativo, comunità terapeutica, relazione terapeutica. Abstract: The aim of this work is to propose a new instrument to investigate organizational characteristics in Therapeutic Communities for adolescents. “Organizational Climate” is considered as a specific therapeutic factor in a residential care treatment where the quality of the environment and the emotional atmosphere become essential aspects of communitarian work. In such a context, the working team is the main instrument of the treatment (educational and therapeutic). The questionnaire has been administered to 173 subjects, working in therapeutic communities for adolescents, searched in the whole of the Italian territory. The last version of the statistic, that has been carried out, enhanced 119 items. Key words: emotional environment, organizational environment, therapeutic community, therapeutic relationship. ____________________________________________________________ 1Università della Valle d’Aosta; Tiarè Onlus, Torino; 2 Università di Torino Corrispondenza: Dr.ssa Cristofanelli Stefania, Facoltà di Psicologia, Università della Valle d’Aosta, Strda dei Cappuccini, 2/a, 11100, Aosta, [email protected] 68 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 1.1 Introduzione La riflessione sui fattori terapeutici all’interno dei contesti residenziali di cura non può non essere ricondotta nell’alveo di ricerca più ampia che fa riferimento al confronto tra l’efficacia clinica dei fattori specifici e aspecifici della relazione di cura attraverso la revisione di studi di meta-analisi su tali componenti, condotti tra il 1970 e il 1998 (Ahn e Wampold, 2001). Per fattori specifici di cura si intendono quelle componenti riconducibili ad un orientamento e ad un modello specifico di intervento rispetto ad un altro. Per quanto concerne i fattori aspecifici e trasversali di cura, sebbene siano stati descritti in letteratura in maniera differente (Karasu, 1986; Greencavage e Norcross, 1990; Weinberger, 1995), se si prende in considerazione la classificazione di Lambert (2004), possono essere ordinati in: fattori di apprendimento, fattori supportivi, fattori di azione. Gli studi di meta-analisi, in tali contesti, hanno rilevato una sorta di equivalenza rispetto all’efficacia dei differenti fattori specifici di cura, ovvero hanno dimostrato come questi ultimi non siano direttamente responsabili dell’outcome, indicando, al contrario, come i fattori aspecifici contribuiscano con effetti più significativi all’esito del trattamento. Tale contraddizione è alimentata dal fatto che diversi studi (Martin, Garske e Davis, 2000; Horvath e Bedi, 2002; Lambert e Barley, 2002) hanno indicato, inoltre, come né i fattori specifici né quelli aspecifici siano in grado di influire in modo significativo sugli esiti del trattamento. I fattori aspecifici, dunque, sembrano essere condizioni necessarie ma non sufficienti per consentire il cambiamento. Nel complesso, l’unica componente che pare, in tali studi, venire trascurata è l’interazione tra le due tipologie di fattori, la loro influenza e potenziamento reciproci (Dazzi, Lingiardi e Colli, 2006). Si ritiene, dunque, che questo lavoro possa essere letto in tale prospettiva di analisi. La valutazione del processo terapeutico e dei suoi risultati presenta ad oggi problemi di notevole complessità e difficoltà. È, infatti, possibile rilevare tale componente critica dalla natura prevalentemente descrittiva piuttosto che teorico-esplicativa di molte analisi relative alle dinamiche interne alla comunità terapeutica e, nello specifico, relativamente ai fattori terapeutici coinvolti. In tale analisi emerge come particolarmente rilevante la funzione della qualità del clima e dell’abitare come possibili fattori di cura, parallelamente alle criticità che di volta in volta caratterizzano tali dimensioni all’interno del lavoro gruppale. Nonostante i progressi ed i risultati raggiunti dal filone di studi relativo alla valutazione dell’intervento terapeutico durante gli ultimi cinquanta anni, il focus d’interesse, che ha connotato tali lavori è stato, per lo più volto ad approfondire quasi esclusivamente la componente, per così dire “nobile”, dell’intervento, ovvero la componente “psi”, tralasciando spesso di considerare le dimensioni per così dire più quotidiane dell’intervento ovvero l’abitare dei pazienti ospiti di strutture residenziali, le ventiquattro ore che questi ultimi trascorrono in struttura con gli operatori e la ricchezza delle relazioni che quotidianamente consente loro di sperimentare nuovi modelli di relazione. Questo lavoro di ricerca intende prendere in considerazione, riconoscere e valorizzare la componente educativa-psicologica nei diversi aspetti che caratterizzano il suo funzionamento, sia in termini di ruolo che di quotidianità 69 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ che, ancora, rispetto alla relazione con le altre professionalità che operano all’interno delle comunità stessa. Costituisce, pertanto, oggetto peculiare di indagine l’analisi del clima organizzativo quale potenziale fattore terapeutico specifico all’interno dei contesti residenziali di cura. Tale costrutto teorico, prevalentemente studiato nell’ambito dei contesti organizzativi aziendali riguardo alla soddisfazione e all’efficienza dei processi organizzativi, assume una connotazione psicologica e clinica nuova in un contesto in cui la qualità dell’ambiente, delle atmosfere emotive e dell’abitare costituiscono la materia prima del lavoro comunitario. In tale contesto, l’équipe di lavoro diventa “Lo Strumento” principale di cura, responsabile della costruzione di un clima più o meno di qualità entro cui possono prendere forma e svilupparsi le quotidiane esperienze relazionali dei pazienti come in un laboratorio di sperimentazione di nuovi modelli relazionali di cui gli operatori si fanno attori partecipi. In tale ambiente sono prevalentemente gli atti a dare forma al cambiamento, secondo la felice espressione di Racamier (1997) di atti parlanti, rispetto a cui è la qualità dell’abitare che funge da catalizzatore. Tale qualità emotiva e climatica, è determinata, nello specifico, prevalentemente dalla possibilità di contenere e sciogliere il malessere, i conflitti, le dinamiche collusive e regressive che sfociano spesso in forme di burnout, in cui il “contagio” della patologia prende forma in pericolose spirali distruttive tipiche di un funzionamento antiterapeutico che si esprime attraverso la specularità delle complesse dinamiche tra gruppo-équipe e gruppo-pazienti. Preservare l’équipe, in quanto strumento principe di cura, da tali tipologie di funzionamento costituisce, pertanto, oltre che un fondamentale obiettivo di lavoro, una questione etica. Date tali premesse, occorre considerare, infine, la complessa e inafferrabile natura dei “fenomeni climatici” analizzati dalla letteratura di settore nazionale ed internazionale. Tra la fine degli anni ’80 e la prima metà degli anni ’90 si assiste ad una sorta di accettazione del fatto che non possa esistere un’unica definizione ed un unico modello di clima, valorizzando cioè la differenziazione delle proposte, e abbandonando l’idea di poter trovare un clima omogeneo all’interno della stessa realtà organizzativa, rafforzando sempre più l’idea di un’articolazione del concetto stesso (Quaglino, 2001). Si può dunque individuare, in modo trasversale, un chiaro percorso dalle atmosfere di gruppo lewiniane al clima organizzativo stesso in cui la “resistenza al cambiamento” costituisce una riproposizione della tematica originaria, percorso che può essere sovrapposto ed arricchito da tutti i contributi teorici che si sono focalizzati sull’analisi delle qualità dell’atmosfera e dell’ambiente anche nei contesti residenziali di cura. L’ambizione rimane, comunque, quella di trovare un’integrazione tra le componenti del clima più superficiali e quelle più profonde legate alla cultura e al “non detto” che in modo così sistematico e pervasivo sembrano influire sulle dinamiche operative quotidiane (Schneider, 1973). Sul piano metodologico il focus di interesse diventa il fatto che non esistono indicatori di clima in grado di essere generalizzabili a tutte le realtà organizzative, ma che occorra considerare i fattori ritenuti più coerenti rispetto alla realtà oggetto di studio. 70 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Considerata, pertanto, l’estrema carenza, in particolare nell’ambito dei contesti di cura, di strumenti appositamente ideati per rilevare le caratteristiche del clima organizzativo, costituisce obiettivo principale del presente lavoro la costruzione di uno strumento specifico in grado di rilevare le criticità peculiari che connotano tali dinamiche, ovvero un questionario in grado di funzionare come una sorta di “termometro”, al fine, cioè, di misurare le polarità dello stato di salute/malessere dell’équipe di lavoro attraverso cui, escludendo qualsiasi intento valutativo, poter porre le basi per un successivo percorso di riflessioni e possibilità di intervento per mezzo di un eventuale lavoro di supervisione/formazione all’interno delle differenti strutture comunitarie. 1.2 Costruzione del questionario Il disegno di ricerca relativo al processo di formulazione e costruzione di tale strumento si è articolato in più fasi. In primo luogo si è ritenuto necessario procedere con un inquadramento storico e teorico delle dinamiche indagate, ripercorrendo il background culturale, sociale, ed ideologico che ha scandito la costituzione delle Comunità Terapeutiche (CT), dagli albori fino allo stato attuale. Ci si è soffermati, nello specifico, sui modelli ed i costrutti psicologici che le hanno connotate nel tempo, nell’ambito della tradizione inglese e americana, della tradizione francese e, infine, del panorama italiano (Vigorelli, 2006a, 2006b, 2008). Il lavoro è proseguito con una disamina di alcuni concettichiave, ovvero che cosa si intende per fattore terapeutico, funzionamento terapeutico e fenomeni comunitari all’interno dei contesti residenziali di cura, attraverso una lettura diacronica degli stessi a partire dai primi “esperimenti” che segnano il nascere di tali strutture, fino alla considerazione del panorama attuale nella sua complessità ed eterogeneità. È stato, infine, analizzato il costrutto del clima organizzativo e di diagnosi organizzativa, sia all’interno dell’alveo dei contesti profit in cui è stato prevalentemente studiato, sia nelle sue caratterizzazioni specifiche e sfumate assunte nei contesti residenziali di cura, entro cui, tale costrutto, emerge arricchito e potenziato delle complesse dinamiche di propagazione della psicopatologia che popolano in modo profondo i vissuti quotidiani degli operatori. A livello empirico, tale approfondimento è stato proficuo al fine di contestualizzare gli item del questionario relativamente alla cultura implicita che connota tali realtà terapeutiche. Il disegno di ricerca si esplica in una fase successiva attraverso l’analisi degli strumenti di rilevazione di clima esistenti in letteratura in grado di soddisfare i requisiti ed i presupposti teorici descritti precedentemente. Di tali strumenti, è stato individuato come riferimento il Majer-D’Amato Organizational Questionnaire (M-DOQ, Majer e D’Amato, 2001), a partire dal quale, dopo un’attenta contestualizzazione degli item, ne sono stati selezionati alcuni più salienti che sono stati successivamente integrati con un’ulteriore serie di item: in parte estrapolati dall’analisi qualitativa dei trascritti di alcuni Focus Group condotti con operatori che lavorano in CT; in parte ricavati da un contributo di consulenza clinica; in parte, infine, selezionati da altre scale già disponibili in letteratura per rilevare le dinamiche di gruppo. 71 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ 1.3 Majer-D’Amato Organizational Questionnaire Il Majer-D’Amato Organizational Questionnaire (M-DOQ, 2001) si presenta come un questionario multidimensionale, costituito da 120 item con rilevazione di tipo scala Likert a 4 punti in grado di fornire una stima differenziata delle componenti principali del costrutto del clima in ambito aziendale. La struttura fattoriale si articola in 13 fattori: team, leadership, job involvement, autonomia, libertà, coerenza, dinamismo, job description, equità, sviluppo, comunicazione, environment e incentivazione. Tale strumento, inoltre si pregia di un impianto sofisticato in termini di verifica della validità e dell’attendibilità attraverso una standardizzazione italiana che ha previsto un campionamento di organizzazioni di tipo aziendale dislocate su tutto il territorio nazionale (in particolare nel Nord e Centro Italia) costituite da soggetti appartenenti a molteplici settori di organizzazioni differenti (Quaglino, 2001). La versione attuale del questionario è stata somministrata a 1837 soggetti. Può, dunque, essere definito come uno strumento valido da un punto di vista scientifico, snello nella sua utilizzabilità empirica e adatto alle diverse culture organizzative. 1.4 Focus Group Tenendo come riferimento tale strumento, al fine di ampliare il processo di contestualizzazione degli item del questionario, sono stati condotti una serie di Focus Group con i coordinatori e gli educatori esperti di alcune CT. I focus group si sono articolati sull’approfondimento della tematica centrale della definizione del concetto di clima organizzativo all’interno della realtà operativa delle CT al fine di declinare il più possibile il concetto di clima nelle singole componenti che lo qualificano in modo specifico. In particolare è stato richiesto di riferire alcuni momenti di lavoro vissuti in prima persona dagli operatori che sono risultati significativi relativamente alla percezione di un clima organizzativo adeguato o non adeguato rispetto alla richieste contestuali del setting comunitario, nel tentativo di esplicitare le problematiche ed i vissuti ad esso inerenti e le eventuali ricadute terapeutiche sui pazienti (Cortese, 2004). Tutti i focus group sono stati audio-registrati e sbobinati al fine di estrapolare alcuni item da includere nella versione finale del questionario da somministrare. I gruppi erano composti da un minimo di cinque ad un massimo di sette soggetti, suddivisi in modo eterogeneo per età, sesso, e anni di lavoro presso la struttura di pertinenza. Affrontare tali tematiche attraverso le modalità di rilevazione sopra descritte, ha consentito di creare un ambiente sufficientemente libero e non saturo al fine di fare emergere criticità specifiche per il contesto di lavoro indagato, contribuendo a dare un senso all’oggetto di ricerca in modo collettivo e producendo una versione della realtà nel tentativo preciso di comprenderla, partendo dall’idea che “un’organizzazione non è un qualcosa di dato, ma deriva dalle rappresentazioni che i diversi attori coinvolti hanno di essa” (Masoni, Balducci, Coratti, Hansen e Melgiovanni, 2000). 72 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Il materiale ottenuto è stato elaborato attraverso l’applicativo informatico Atlas.ti, all’interno dell’inquadramento teorico della Ground Theory e successivamente per mezzo dell’applicativo Monoconc Pro al fine di estrarre le occorrenze dei lemmi che sono comparsi con una frequenza più elevata all’interno dei differenti trascritti. Dall’analisi dei verbatim sono emersi alcuni temi principali tra cui: criticità relative al turnover degli operatori; problemi rispetto al carico eccessivo; problematiche relative all’inserimento di nuovi pazienti; difficoltà a tradurre nella quotidianità il progetto terapeutico complessivo; criticità nella gestione dei momenti di crisi; problematiche rispetto al ruolo; criticità specifiche relative alla psicopatologia dei pazienti, da cui sono stati estrapolati tre fattori: “criticità organizzative relative alla struttura”, “criticità organizzative relative alla psicopatologia” e “professionalità” (vedi tabella 1). 1.5 Item componente clinica In seconda battuta alcuni item sono stati formulati sulla base di una consulenza fornita dall’estensore clinico del Progetto Minori all’interno dell’Associazione di Servizi per la Salute Mentale Tiarè onlus. Da questa componente sono stati estrapolati due fattori: “chiarezza ed efficacia della collaborazione tra equipe e clinici” e “criticità dei rapporti con i servizi” (vedi tabella 1). 1.6 Altre Scale Attraverso un’accurata analisi della letteratura nazionale e internazionale relativa a strumenti di analisi affini ai nostri interessi in questo settore, sono state individuate alcune scale da cui sono stati selezionati gli item che potevano essere integrati in seguito ad un’attenta contestualizzazione e traduzione. Di seguito verranno presentate le fonti da cui sono stati estratti gli item della versione del questionario somministrata: 1 QUESTIONARIO SUL CLIMA DI GRUPPO (MacKenzie, 1981; traduzione a cura della Prof.ssa Francesca Giannone, Università degli studi di Palermo, utilizzato all’interno di comunità educative). 2 COHESION SCALE (Piper, 1983; traduzione nostra). 3 BASIC NEEDS SATISFACTION AT WORK SCALE (Deci, Ryan, Gagné, Leone, Usunov e Kornazheva, 2001; traduzione nostra). 4 MCDERMOTT BURNOUT INVENTORY (McDermott, 1984; tratto da Majer e D’Amato, 2001) 5 RELATIONSHIP QUESTIONNAIRE (Bartholomew & Horowitz, 1991). 73 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Da tali scale sono stati ricavati quattro fattori: “problemi nella disponibilità alla relazione”, “soddisfazione sul lavoro”, “paura, pesantezza e assenza di investimento”, “collaborazione e disponibilità tra colleghi” (vedi tabella 1). 1.7 Accordo Inter-Giudice La prima versione del questionario, ottenuta dalla giustapposizione degli item provenienti dagli strumenti sopra esposti, si compone di 144 item Successivamente si è proceduto con la valutazione dell’accordo intergiudice relativamente all’attribuzione di ogni singolo item rispetto alla struttura fattoriale del questionario di Mayer e D’Amato. I 144 item ottenuti sono stati sottoposti alla valutazione da parte di 7 giudici esperti con la consegna di lavorare individualmente per ricondurre ciascun item ai 13 fattori caratterizzanti la struttura fattoriale dell’M-DOQ, segnalando eventualmente gli item che non potevano essere ricondotti a nessun fattore all’interno della categoria “altro”. Considerata la presenza di un considerevole numero di item aggiuntivi rispetto a quelli ricavati dall’M-DOQ, l’accordo intergiudice non è risultato elevato, seppur adeguato per quanto concerne i fattori previsti da Mayer. Utilizzando l’ indice di concordanza per variabili categoriali Kappa di Cohen (Cohen, 1960), i risultati ottenuti dai confronti a coppie hanno confermato un’adeguata attendibilità delle ricodifiche (0.300 < K di Cohen < 0.536; p < .001). In tal senso è parso plausibile prevedere una struttura dello strumento finale riconducibile ad un numero superiore di fattori. Prima della somministrazione definitiva, la versione finale del questionario è stata sottoposta, infine, ad una revisione da parte di 5 operatori psicologi al fine di verificare la presenza di eventuali errori nella formulazione degli item stessi (a livello semantico, sintattico e ortografico) che avrebbero potuto andare a discapito della comprensione finale dello strumento. 1.8 Fattori totali estrapolati In totale, oltre ai fattori previsti dall’M-DOQ di Mayer e D’Amato, sono stati analizzati i seguenti fattori: Tabella 1. Fattori estrapolati dai Focus group, dalla consulenza dei clinici e da altre scale disponibili in letteratura 74 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ FATTORE FONTE CHIAREZZAed EFFICACIAdella COLLABORAZIONEtra EQUIPEE CLINICI (8item) ITEM PROBLEMI NELLADISPONIBILITA' COMPONENTE ALLARELAZIONE(4item) CLINICA CRITICITA' RAPPORTI con i SERVIZI ITEM FATTORE SODDISFAZIONESUL LAVORO (3item) COMPONENTE (3item) CLINICA CRITICITA' ORGANIZZATIVE RELATIVEALLASTRUTTURA FOCUSGROUP PAUREPESANTEZZAEASSENZAdi INVESTIMENTO(9item) (6item) FOCUSGROUP COLLABORAZIONEEDISPONIBILITA' CRITICITA' ORGANIZZATIVE RELATIVEALLAPSICOPATOLOGIA FRACOLLEGHI (3item) FONTE RELATIONSHIP QUESTIONNAIRE COHESIONSCALE MCDERMOTTBURNOUT INVENTORY BASICNEEDSSATISFACTION AT WORKSCALE QUESTIONARIOSUL CLIMADI GRUPPO (6item) PROFESSIONALITA' FOCUSGROUP (4item) 1. Materiali e Metodi La metodologia di costruzione del questionario si articola attraverso una pre-ricerca esplorativa. La procedura di reclutamento dei soggetti e delle strutture da coinvolgere per la somministrazione del questionario ha costituito motivo di empasse per il presente lavoro, se si considera che non esiste, a livello nazionale, un elenco ufficiale delle strutture terapeutiche residenziali per minori, che in alcuni casi decidono di “non svelarsi”. Tale “ostacolo” è stato, del resto, per lo più condiviso con alcuni dei referenti delle strutture stesse che hanno partecipato al progetto, nella misura in cui è stata espressa la sensazione di lavorare “in solitudine” ovvero di non poter contare o fare riferimento ad un modello a rete più esplicito che coinvolga tutte le strutture presenti sul territorio nazionale. Per alcune realtà esiste la necessità di non essere accessibili in quanto strutture protette, considerata l’età degli ospiti e le dinamiche familiari fortemente compromesse. Rimane il fatto che tra professionisti del settore, talvolta, emerge il vissuto di “isolamento” che condiziona le possibilità/potenzialità di intervento. 1.1 Campione Complessivamente il gruppo preso in esame è costituito da 173 soggetti diversificati per profili professionali ed accomunati dal fatto di lavorare all’interno di CT per adolescenti dislocate in modo non omogeneo sul territorio nazionale (Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio, Campania). 75 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 2. Variabili socio anagrafiche del campione della ricerca Categorie %/n Sesso operatori Maschi femmine 39.1% 60.9% Titolo di studio Diploma scuola media inferiore Diploma scuola media superiore Corso di formazione post diploma Laurea Post laurea 2% 11% 12% 50% 25% Ruolo Educatori Operatori Coordinatori Psicologi Operatori Socio Sanitari Psichiatri Psicoterapeuti Psicopedagogisti Tirocinanti volontari 50% 20% 11% 10% 4% 1.16% 1,16% 1,16% 1,16% Nome comunità Asso Cavanà Crisalide Eimì Il Delfino Il Faro Il Porto L'Imprevisto La Soffitta Liberitutti Passaggi *** Rosa dei Venti San Maurizio Sogni di loro UONPIA Desio Capena Mondo piccolo Tuga 17 11 7 11 6 6 20 15 7 8 13 2 5 9 6 5 14 6 5 Nota: la struttura contrassegnata da *** ha richiesto esplicitamente di mantenere l’anonimato Il campione è stato descritto sulla base delle caratteristiche socioanagrafiche (vedi tabella 2) che sono state tenute in considerazione per le successive analisi statistiche. Per quanto riguarda la variabile sesso, il campione è costituito da un 60,9% di donne e da un 39,1% di uomini. Per quanto concerne la variabile titolo di studio, il campione possiede un livello di scolarizzazione medio-alto, se si considera che l’11% possiede un diploma di scuola Media Superiore, il 12% dispone di corsi di formazione post diploma, ed in particolare il 50% ha conseguito la Laurea insieme ad un 25% che ha un livello di formazione post-universitaria; il restante 2%, infine, è in possesso del diploma di scuola Media Inferiore. Rispetto alla variabile ruolo, considerata l’eterogeneità delle diciture rilevate dalla compilazione della parte anagrafica 76 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ del questionario, le differenti definizioni sono state raggruppate in 7 categorie. Il campione si caratterizza per una prevalenza di profili educativi, ovvero si compone per il 50% di educatori e per il 20% di operatori; la restante parte si suddivide tra un 11% di soggetti costituito da coordinatori, un 10% di psicologi, un 4% di operatori socio sanitari (OSS), un 1.16% di psichiatri, un 1.16% di psicoterapeuti, un 1.16% di psicopedagogisti ed infine un 1.16% tra tirocinanti e volontari. Complessivamente l’età media del campione è di 34,2 anni (min = 21; Max = 56; Dev. St. = 7.64). Mediamente i soggetti hanno dichiarato di lavorare nella comunità di pertinenza da circa 4 anni, con un valore minimo di un mese ed un valore massimo di 20 anni, mentre, per quanto riguarda il lavoro in contesti di équipe in generale, il valore medio indicato è stato di circa 6 anni e mezzo, con un valore minimo di un mese ed un valore massimo di 20 anni. Analisi dei risultati Le procedure statistiche di validazione preliminare dello strumento hanno compreso analisi descrittive, analisi fattoriali e analisi dell’affidabilità interna (alpha di Cronbach) dei singoli item del questionario e delle scale di fattori proposte. Le analisi fattoriali sono state condotte utilizzando il metodo Unweighted Least Squares, ponendo il loading a .40, e considerando come criterio di scelta per il numero dei fattori lo Scree Test di Cattel con eigenvalue > 1. Sulla base della lettura incrociata dei dati delle precedenti analisi, si è proceduto, con l’eliminazione degli item (vedi tabella 3) che non soddisfacevano i rispettivi requisiti. La struttura fattoriale finale del questionario prevede 22 fattori articolati (vedi tabella 3). Il successivo livello di analisi è stato lo studio delle correlazioni tra i punteggi fattoriali individuati. Da queste è risultato che i fattori appaiono essere complessivamente sufficientemente ortogonali, pur sovrapponendosi in parte rispetto ad alcune dimensioni. Le correlazioni tra i fattori sono le seguenti: “criticità organizzative patologia” con “coerenza” (r =.210), con “incentivazione” (r = -.233) e con “sviluppo” (r =.190); “chiarezza efficacia collaborazione equipe-clinici” con “job involvement” (r = -.185); “problemi disponibilità alla relazione” con “coerenza” (r =.178) ed infine “leadership” con “sviluppo” (r =-.230). Sulla scorta delle analisi statistiche effettuate emerge una versione definitiva dello strumento costituito da 119 item (l’elenco completo di questi item viene riportato nell’Appendice finale). 77 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Tabella 3. Elenco dei 22 fattori, delle Alpha di Cronbach e degli item eliminati FATTORE α Numero Item 1. CHIAREZZA EFFICACIA COLLAB. EQUIPE E CLINICI 2. CRITICITA' RAPPORTI SERVIZI 3. CRITICITA' ORGANIZZATIVE STRUTTURA 4. CRITICITA' ORGANIZZATIVE PSICOPATOLOGIA 5. PROFESSIONALITA' 6. PROBLEMI DISPONIBILITA' ALLA RELAZIONE 7. PAURE PESANTEZZA E ASSENZA INVESTIMENTO 0.772 1, 4, 3, 6, 2, 5, 7*,, 8**,, 9*, 12, 14 0.608 10**, 11**,, 13*, 16, 15, 17 0.712 135, 126, 141, 129**,133*, 143, 139, 136 0.677 144, 132, 137, 142, 127, 134, 138* 0.349 0.173 34, 128, 130, 131***,, 140** 36, 37**, 38*, 39, 40, 41, 42** 0.795 8. SODDISFAZIONE SUL LAVORO 9. COLLABORAZIONE E DISPONIBILITA' FRA COLLEGHI 10. COERENZA 0.434 28, 32, 33*, 31*, 123, 26, 35**,, 27**, 124, 24, 29, 30, 25, 125* 18, 19, 20 0.665 21, 22, 23 0.746 0.253 0.779 0.899 43, 56, 75, 81, 115* 44, 64, 85***, 116, 83, 107, 88, 45, 70, 97 104, 109, 73, 69, 51, 113, 59, 106, 46, 95, 50, 86, 101, 66, 52, 48 53, 47, 57, 90, 120, 61, 111 99, 54, 76, 77, 93, 103, 96 55, 112, 58, 116*, 117, 119, 79 60, 92, 80, 87, 65 62, 78, 82, 91, 114, 98 108, 72, 94, 102, 63, 105** 110, 67, 68 71, 74, 113, 89, 118 64*, 122, 84, 121, 100*** 11. INCENTIVAZIONE 12. JOB DESCRIPTION 13. LEADERSHIP 14. COESIONE DI GRUPPO 15. COMUNICAZIONE 16. JOB INVOLVEMENT 17. AUTONOMIA 18. LIBERTA' 19. DINAMISMO 20. ENVIRONMENT 21. EQUITA' 22. SVILUPPO 0.825 0.543 0.653 0.141 - 0.369 0.619 0.590 0.739 0.98 Note: - gli item indicati con * sono stati eliminati poichè hanno evidenziato una varianza ridotta (range di risposta: 2-4 o 1-3); - gli item indicati con ** sono stati eliminati poichè hanno presentato un numero di missing tra 15 e 21; - gli item indicati con *** sono stati eliminati poiché, caratterizzati da scarse caratteristiche psicometriche sulla base delle informazioni provenienti dalle Analisi Fattoriali e dal calcolo dell’Alpha di Cronbach. Discussione e conclusioni L’obiettivo finale del lavoro si è composto di due finalità complementari: da un lato la predisposizione di uno strumento specifico, teoricamente e psicometricamente affidabile ai fini dell’indagine del clima organizzativo all’interno delle CT, dall’altro la verifica dello stesso, quale strumento di rilevazione in progress degli elementi che connotano e definiscono tale costrutto, attraverso una pre-ricerca limitata e del tutto preliminare. 78 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ Il lavoro svolto ha prodotto come risultato operativo la disponibilità della versione finale di un questionario di rilevazione, fruibile ai fini dell’indagine del clima organizzativo, nelle sue differenti articolazioni, all’interno delle CT. Lo strumento individuato andrà, quindi, successivamente validato, secondo le procedure già presentate, allo scopo di delinearne le caratteristiche psicometriche essenziali per procedere ad un suo utilizzo su più ampia scala. I dati provenienti dalla pre-ricerca condotta appaiono confortanti in merito alla capacità dello strumento di indagare gli aspetti di funzionamento delle équipe educative all’interno dei contesti terapeutici (coverage). Esso appare altresì esaustivo delle diverse componenti di significato implicate nel costrutto. I limiti del presente lavoro sono, in parte, riconducibili alla complessità e ”inafferrabilità” del costrutto indagato, ampiamente denunciata dalla letteratura di settore, il quale implica il tenere in considerazione un modello di rilevazione multidimensionale che si esplica attraverso una struttura fattoriale che contempla numerose dimensioni (22 fattori). Le procedure statistiche di validazione preliminare dello strumento, inoltre, sono state applicate ad un gruppo di soggetti con una numerosità relativamente limitata (173 soggetti), pur corrispondendo alla quasi totalità degli operatori che lavorano all’interno delle strutture terapeutiche per adolescenti presenti sul territorio nazionale, limite imposto, pertanto, dalla situazione attuale relativa alla realtà delle Comunità Terapeutiche per adolescenti e dal tentativo di applicare tale metodologia di analisi ad un contesto reale di cura. All’interno della scheda anagrafica, sulla base dei risultati della prima somministrazione, ci riproponiamo, per una futura versione, di raggruppare le descrizioni dei profili degli operatori in categorie discrete al fine di limitare l’estrema eterogeneità dei profili emersi dalla compilazione degli stessi, difficile da gestire per le analisi successive. Tale strategia è stata, infatti, adottata già nella fase di elaborazione preliminare del presente lavoro, raggruppando i profili in 9 categorie. Infine, una componente perfettibile è da individuarsi a livello della numerosità stessa degli item che, nella versione somministrata, costituita da 144 item, ha potuto determinare un potenziale bias di attenzione e capacità di concentrazione da parte degli operatori, appesantendo, talvolta, la comprensione degli item stessi, andando chiaramente ad influire sui tempi di compilazione del questionario. Ci proponiamo, pertanto, di ridurre tale componente attraverso la presentazione della versione definitiva dello strumento composta da 119 item (vedi Appendice finale). Sarà nostro obiettivo, a questo punto, proseguire il lavoro impostato attraverso un’applicazione sistematica dell’inventario ad un campione più vasto di operatori che lavorano all’interno di CT, finalizzata ad una sua validazione definitiva e, soprattutto, alla sua implementazione all’interno delle routine di ricerca attive nei contesti residenziali di cura. La valutazione dell’influenza del costrutto di clima all’interno dei possibili fattori terapeutici operanti in tali servizi potrebbe infatti costituirsi quale importante elemento di innovazione rispetto alla ricerca ma anche alla clinica. Una clinica che possa riconoscere oltre ai tradizionali fattori specifici, anche l’importanza della quotidianità relazionale quale possibile fattore interveniente nella modificazione comportamentale e strutturale dei pazienti trattati presso tali contesti. Auspichiamo, dunque, che 79 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ questo possa costituire un ulteriore passo nella direzione di avvicinare la ricerca alla pratica clinica nei contesti reali in cui questa viene esercitata. Bibliografia Ahn, H., & Wampold B. E. (2001). Where are the specific ingredients? A meta-analysis of component studies in counseling and psychoterapy. Journal of Counseling Psychology, 48, 251-257. Bartholomew, K., & Horowitz L. M. (1991). Attachment styles among young adults: A test of a four-category model. Journal of Personality and Social Psychology, 61, 226-244. Cohen, J. (1960). A coefficient of agreement for nominal scales. Educational and Psychological Measurement, 20, 37–46. Cortese, C. G. (2004). La soddisfazione per il lavoro. Sviluppo & Organizzazione, 206, 89-104. 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Accettato: 13 luglio 2009. 82 Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf ______________________________________________________________________________ APPENDICE: Media e deviazione standard degli item totali (prima versione) ITEM 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 M 2.97 2.65 1.98 3.21 2.07 3.65 3.17 1.54 3.58 3.29 2.79 3.37 1.82 1.78 2.34 2.71 3.17 2.57 2.55 3.34 3.24 1.81 1.99 1.61 1.36 2.22 2.15 2.31 1.94 0.97 3.13 2.29 1.72 2.81 1.65 2.06 2.17 2.19 1.8 1.6 1.68 2.42 1.85 2.64 2.27 1.75 1.85 0.51 2.38 1.87 DS 0.845 0.856 0.979 0.818 0.964 0.583 0.73 0.744 0.743 0.725 0.985 0.738 0.937 0.975 0.857 1.046 0.813 0.913 0.799 0.882 0.788 1.026 0.975 0.798 0.586 0.936 0.986 0.933 0.896 0.908 0.795 1.101 0.993 0.985 0.917 0.918 1.068 1.041 0.819 0.725 0.739 0.994 0.981 1.013 0.905 0.986 0.9 0.765 0.885 0.953 ITEM 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 M 1.05 1.01 1.39 1.97 3.09 1.73 1.63 2.98 1.81 3.22 0.81 3.29 2.83 2.96 3.39 1.65 2.76 3.03 1.85 2.17 1.65 1.7 1.82 1.79 1.66 2 0.83 0.97 1.84 0.99 2.08 0.66 2.97 3.46 2.32 1.8 2.66 2.15 2.1 1.7 2.33 3.59 1.8 2.86 1.92 1.19 3.15 3.53 1.9 2.83 DS 1.016 0.975 0.835 0.881 0.858 0.946 0.833 0.982 0.873 0.74 0.727 0.84 0.808 0.836 0.679 0.821 0.886 1.095 0.97 0.928 0.964 0.996 0.825 0.926 0.884 0.931 0.817 0.975 1.09 0.865 0.951 0.834 0.9 0.789 1.002 0.821 1.042 0.88 1.035 0.898 0.84 0.619 0.852 0.89 0.94 0.833 0.742 0.764 0.929 0.96 ITEM 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 M 1.87 1.9 2.19 1.88 3.39 2.07 2.91 2.63 1.82 2.82 0.44 3.43 1.71 3.2 3.15 2.37 3.78 1.8 2.57 2.31 3.44 3.61 1.64 1.55 1.27 2.57 2.03 2.7 1.99 2.36 2.31 2.65 3.23 2.96 2.52 1.92 2.1 3.01 1.92 1.61 1.09 2.34 2.81 3.32 DS 0.912 0.875 1.016 0.889 0.729 0.939 0.889 0.776 0.966 0.884 0.714 0.84 0.796 0.86 0.985 1 0.508 1.011 0.714 1.06 0.631 0.658 0.867 0.889 0.708 1.091 0.967 1.021 1.02 1.065 1.044 1.108 0.771 0.881 1.074 0.92 1.013 0.996 0.914 0.638 0.889 0.97 1.064 0.866 24 81 61 49 12 126 44 59 103 48 127 46 111 108 22 14 47 73 60 117 32 29 58 36 41 109 62 82 135 Ho paura di essere aggredito/a quando sono in comunità La direzione prende le decisioni riguardanti l’organizzazione del lavoro senza consultare il personale Nella mia équipe c’è un forte spirito di cooperazione Qui è difficile ottenere che le decisioni vengano prese in tempo breve Credo che i clinici siano adeguatamente formati al loro lavoro Penso che all'interno della mia comunità il turnover degli operatori sia troppo elevato Si favorisce lo sviluppo di risorse all’interno della comunità piuttosto che l’assunzione dall’esterno di altri operatori Gli ordini vengono impartiti senza tenere conto del lavoro che si sta già svolgendo Nella mia comunità gli operatori non vengono sufficientemente informati sulle decisioni prese dal vertice Posso avere facilmente dei colloqui personali con i miei responsabili Trovo difficile e stancante seguire l'ingresso di nuovi operatori rispetto alla gestione dei pazienti I miei responsabili ignorano i miei problemi personali quando ho delle difficoltà nel mio lavoro Gli operatori della mia équipe cercano di mettere a proprio agio i nuovi arrivati (operatori e pazienti) Nella mia équipe le decisioni che si prendono vengono realizzate molto rapidamente I membri dell’équipe spesso evitano di prendere in considerazione problemi importanti che possono talvolta verificarsi tra loro Le conflittualità di natura amministrativa tra l’organizzazione dell’équipe e quella dei clinici ricadono anche sulla qualità dei progetti inficiandoli Nella mia équipe l’atmosfera è tesa Ricevo l’ordine di fare un lavoro senza che mi si diano i mezzi e le risorse per eseguirlo correttamente Nel mio lavoro dispongo di una certa autonomia Penso che il mio lavoro sia utile Spero di trovare un altro lavoro Consentiamo troppa libertà ai pazienti in comunità Il mio lavoro mi permette di usare ogni mia capacità e conoscenza Mi risulta abbastanza facile lasciarmi coinvolgere emotivamente in relazioni intime Mi sento a mio agio se sono coinvolto/a in relazioni emotive intime, ma talvolta penso che gli altri non attribuiscano a me sufficiente importanza I miei responsabili non mi informano prima di prendere una decisione riguardante il mio lavoro Le persone hanno la possibilità di esprimersi liberamente Nella mia équipe gli operatori possono permettersi di esprimere i propri sentimenti Ritengo che gli orari ed il monte ore lavoro siano eccessivi e troppo pesanti per i compiti svolti APPENDICE 2: Il questionario definitivo (119 item) Leggi ciascuna affermazione e scegli, tra le quattro alternative di risposta, quella più vicina al tuo modo di percepire il tuo lavoro e la tua organizzazione. Contrassegna, apponendo una crocetta nell’apposito spazio, il numero corrispondente alla risposta da te prescelta secondo la seguente scala: 1 = falso 2 = abbastanza falso 3 = abbastanza vero 4 = vero Falso 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Abbastanza falso 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 Abbastanza vero 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 Vero 69 107 57 70 93 16 65 143 83 142 25 72 43 66 76 132 120 119 91 89 137 79 74 68 122 98 114 94 I miei responsabili diretti esitano a sostenere le mie rivendicazioni presso la direzione Le funzioni connesse al mio ruolo sono chiaramente definite Nella mia équipe le ambizioni personali di ciascuno contano più dello spirito di gruppo Ricevo ordini contraddittori da differenti persone E’ difficile sapere dove ottenere informazioni chiare, precise e certe Il Sistema Sanitario non è sufficientemente consapevole del lavoro che svolgiamo con i pazienti Mi viene permesso di assumermi un certo numero di responsabilità Penso che i clinici dovrebbero tenere in maggiore considerazione l'opinione dell'équipe educativa nella gestione degli inserimenti dei nuovi pazienti Il mio lavoro è definito in modo chiaro Mi capita di sentire degli "scollamenti" rispetto al modo di intendere il progetto terapeutico da seguire tra clinici ed équipe Ho paura dei pazienti con cui lavoro La direzione esita ad introdurre dei cambiamenti anche quando essi sono necessari Nella mia comunità viene considerato prima di tutto l’aspetto economico a scapito degli aspetti sociali e umani Quando ne ho bisogno ho delle difficoltà nell’ottenere dai miei responsabili un supplemento di informazione I responsabili sembrano sempre bene informati ma trascurano d’informare gli altri Ritengo che la figura del coordinatore si trovi spesso a gestire conflitti d'interesse rispetto alle dinamiche tra la direzione, l'équipe, i clinici e i Servizi Alcuni colleghi della mia équipe “sparlano” facilmente di altri Il mio è un lavoro di routine E’ malvisto manifestare i propri sentimenti e le proprie emozioni Non è piacevole il modo in cui si evidenziano gli errori commessi sul lavoro Ho la sensazione che la patologia dei pazienti sia "contagiosa" rispetto al funzionamento della mia équipe Ho un ruolo più importante nelle mie attività esterne che nel mio lavoro La comunicazione verso l’alto consiste unicamente nel rispondere alle richieste La mia comunità è situata in un luogo piacevole e comodo Nella mia comunità si pensa che l’aiuto reciproco fra i membri dell'équipe favorisca un rendimento migliore Nella mia équipe è possibile esprimere i propri bisogni di formazione Posso manifestare apertamente il mio dissenso su problemi di lavoro ai miei colleghi, pur rimanendo in buoni rapporti Qui le persone sono fiere della loro comunità Leggi ciascuna affermazione e scegli, tra le quattro alternative di risposta, quella più vicina al tuo modo di percepire il tuo lavoro e la tua organizzazione. Contrassegna, apponendo una crocetta nell’apposito spazio, il numero corrispondente alla risposta da te prescelta secondo la seguente scala: 1 = falso 2 = abbastanza falso 3 = abbastanza vero 4 = vero ______________________________________________________________________________ Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf 84 Falso 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Abbastanza falso 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 Abbastanza vero 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 Vero 39 52 1 121 51 40 101 63 95 71 20 21 67 113 26 50 15 124 6 92 17 75 139 128 2 28 84 34 Vorrei coinvolgermi in relazioni emotivamente intime, ma mi risulta difficile fidarmi completamente degli altri, o dipendere da loro Ho dei rapporti amichevoli con i miei responsabili La collaborazione con l'équipe clinica è chiara rispetto alle mansioni concernenti l'attualità clinica, sanitaria e psicologica Nella mia comunità si cerca di fare tutto il possibile per accogliere bene i nuovi assunti mostrando loro il funzionamento della struttura Posso facilmente esprimere ai miei responsabili i miei problemi personali Vorrei coinvolgermi completamente nelle relazioni emotive intime, ma spesso sento che gli altri sono riluttanti ad avvicinarsi quanto io vorrei Nella mia équipe i responsabili rifiutano ogni critica alle loro decisioni Qui vengono incoraggiate le idee innovatrici ed originali I responsabili non sono presenti quando servono Nella mia équipe un certo numero di colleghi beneficiano di vantaggi non giustificati Ritengo che molti membri di questa équipe corrispondano all’idea che ho di “buon” collega I membri dell’équipe cercano di volta in volta di riflettere e di comprendere il perché delle proprie azioni Le condizioni di lavoro sono buone Nella mia équipe i responsabili si approfittano della loro posizione per imporre le proprie idee Regolarmente quando sono in turno sento di essere sottoposto/a ad una quantità eccessiva di stress Davanti ai miei responsabili mi è difficile dire ciò che realmente penso Il rapporto con gli enti invianti è spesso di delega e disinteresse rispetto alle azioni terapeutiche ed educative da intraprendere Mi sento tormentato/a e isolato/a nelle relazioni interpersonali sul lavoro Penso che gli strumenti che ho imparato ad utilizzare in questo contesto potranno essermi utili per il mio sviluppo professionale Sono responsabile delle decisioni che prendo nel mio lavoro Il confronto con i Servizi potrebbe essere più utile per i pazienti di quanto non lo sia stato fino ad ora Le sole attività formative che vengono attivate sono quelle che portano un vantaggio economico alla comunità Nella quotidianità faccio fatica ad avere una visione complessiva del progetto terapeutico di ciascun paziente Ritengo di aver bisogno di supervisioni più frequenti sul funzionamento di gruppo dell'équipe Il confronto con i clinici è adeguato rispetto al tempo ad esso dedicato nell’attuale modello organizzativo Le richieste al lavoro sono troppo pesanti Nella mia équipe viene incoraggiato il lavoro di gruppo Ritengo di aver bisogno di supervisioni più frequenti sui casi in trattamento Leggi ciascuna affermazione e scegli, tra le quattro alternative di risposta, quella più vicina al tuo modo di percepire il tuo lavoro e la tua organizzazione. Contrassegna, apponendo una crocetta nell’apposito spazio, il numero corrispondente alla risposta da te prescelta secondo la seguente scala: 1 = falso 2 = abbastanza falso 3 = abbastanza vero 4 = vero ______________________________________________________________________________ Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf 85 Falso 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Abbastanza falso 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 Abbastanza vero 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 Vero 55 141 5 123 110 99 77 23 3 45 30 19 18 86 78 53 144 97 112 106 130 56 96 102 4 80 104 88 I miei suggerimenti vengono raramente trasmessi alla direzione Gli operatori possono senza timore dire cosa pensano riguardo all’équipe Nella mia équipe gli operatori si capiscono senza problemi Ritengo che il burn-out costituisca il rischio principale nella mia professione Conosco perfettamente la portata ed i limiti delle mie responsabilità Il mio lavoro mi appassiona Mi è difficile prevedere l’ascolto che riceverò quando ho una richiesta da fare ai miei responsabili Sento che la gestione dell'emergenza in comunità ostacola la realizzazione del progetto terapeutico Gli incentivi economici si ottengono più per conoscenze personali che per i risultati che si conseguono con l’impegno e le capacità L’informazione circola rapidamente Troppe persone devono essere consultate prima di poter intraprendere qualsiasi cosa L’équipe clinica ha ruoli chiari e ben definiti Nel mio lavoro ho l’occasione di prendere iniziative personali I responsabili trascurano di considerare i suggerimenti dei subordinati Le regole ed i comportamenti da seguire sono vaghi e poco chiari Sento di influenzare con la mia opinione ciò che il gruppo decide Il mio lavoro mi procura molte soddisfazioni Mi sento adeguatamente supportato/a nell'affrontare i momenti di crisi sul lavoro dall'équipe clinica Non sono soddisfatto/a del valore attribuito alle mie opinioni da parte dell’équipe clinica Sento che sto diventando infastidito/a da quello che faccio Gli ambienti di lavoro sono confortevoli L’informazione arriva essenzialmente da voci di corridoio Nel momento del bisogno l’informazione è disponibile Tra i colleghi spesso c’è rabbia e attrito Credo che i clinici prevarichino gli educatori nella formulazione dei progetti terapeutici Il mio ruolo nell’équipe non è ben stabilito Mi sento di condividere il modo in cui vengono gestiti attualmente i progetti terapeutici dei pazienti Non sono soddisfatto/a di essere entrato/a a far parte di questa équipe Leggi ciascuna affermazione e scegli, tra le quattro alternative di risposta, quella più vicina al tuo modo di percepire il tuo lavoro e la tua organizzazione. Contrassegna, apponendo una crocetta nell’apposito spazio, il numero corrispondente alla risposta da te prescelta secondo la seguente scala: 1 = falso 2 = abbastanza falso 3 = abbastanza vero 4 = vero ______________________________________________________________________________ Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf 86 Falso 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Abbastanza falso 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 Abbastanza vero 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 Vero 90 134 136 87 54 118 Nella mia équipe vi è molta rivalità fra gli operatori Ritengo di aver bisogno di aggiornamenti costanti rispetto alla psicopatologia dei pazienti Ho la sensazione di non "staccare mai" emotivamente e che il lavoro coincida con tutta la mia vita Posso organizzarmi il lavoro come desidero purché lo concluda nei tempi prefissati La diffusione dell’informazione avviene spesso in modo confidenziale Nella mia comunità si preferisce dequalificare il personale piuttosto che licenziarlo Leggi ciascuna affermazione e scegli, tra le quattro alternative di risposta, quella più vicina al tuo modo di percepire il tuo lavoro e la tua organizzazione. Contrassegna, apponendo una crocetta nell’apposito spazio, il numero corrispondente alla risposta da te prescelta secondo la seguente scala: 1 = falso 2 = abbastanza falso 3 = abbastanza vero 4 = vero ______________________________________________________________________________ Ricerca in Psicoterapia / Research in Psychotherapy: Psychopathology, Process and Outcome 2009; 1-2 (12): www.spr-italia.it/pdf/spr_volume_12.pdf 87 Falso 1 1 1 1 1 1 Abbastanza falso 2 2 2 2 2 2 Abbastanza vero 3 3 3 3 3 3 4 4 4 4 4 4 Vero